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BILANCIO DI GENERE 2011
Comune di Udine
Realizzato con il finanziamento della Regione F.V.G.
Indice


Presentazione del Bilancio di Genere 2011                          3

I dati socio-economici                                             6
La popolazione                                                     7
Il mondo del lavoro al femminile                                  13
L’imprenditoria al femminile                                      17
Università: le laureate ed il loro futuro                         22
Udine nel 2025: previsioni demografiche                           26

Riclassificazione delle spese di bilancio del
Comune di Udine                                                   30
Il bilancio rivisto in ottica di genere                           31
Le cifre                                                          33
Le opere del verde pubblico                                       37

Noi, donne fuori dal Comune?                                      38
Le risorse umane nel Comune di Udine                              39
E’ difficile conciliare famiglia e lavoro al Comune di Udine      40
I commenti all’iniziativa, le proposte e le priorità da
realizzare                                                        44
I progetti in fase di attivazione a supporto dello sviluppo
professionale di genere                                           45
La costituzione del nuovo Comitato: gli obiettivi da realizzare   45

Costruiamo la nostra città                                        48
Il contesto della ricerca                                         49
Una città a misura di donna: priorità per la Città di Udine       50


Indice                                                             3
Una conciliazione family friendly                        53
Città, tempo per sé, tempo libero, socialità e svago     54
Tre priorità per la città                                54
Conclusioni                                              57

Bilancio di Genere e Piano Regolatore                   59

Esperienze a confronto: il caso norvegese               65




4                                                      Indice
Presentazione del Bilancio di Genere 2011

Qualunque scelta un’Amministrazione compia ha un impatto sulla vita
quotidiana. Ecco perché un’Amministrazione attenta a tutti i suoi cittadini
deve valutare se garantire pari opportunità oppure, anche inconsciamente,
discriminare tra i generi.

Il Bilancio di Genere è lo strumento per valutare l’impatto delle politiche
adottate e per comunicare ai cittadini e alle cittadine le azioni che questo
Comune compie per le pari opportunità, oltre a stimolare comportamenti
consapevoli.

Il Bilancio di Genere sviluppa anche un concetto di “interrelazione”. Pur
soffermandosi prevalentemente sui servizi resi dal Comune di Udine,
integra i relativi dati con quelli del contesto territoriale. In questo modo
riferisce, nel contempo, anche di alcune iniziative che, in parallelo, sono
state condotte dai privati, come associazioni e altri portatori di interesse,
e da altri Enti e strutture, quali la Camera di Commercio, l’Università, la
Provincia di Udine.

Rispetto alle passate edizioni, il Bilancio di Genere di quest’anno presenta
tre elementi di novità.

Prima di tutto vuole superare la fase della mera rendicontazione da
affiancare al Bilancio Consuntivo, avviando un processo finalizzato a
contribuire alla redazione del Bilancio di Previsione, che si concreterà
il prossimo anno. Vengono analizzate, attraverso strumenti di
programmazione/pianificazione, le istanze delle donne in relazione alla
“Udine di domani” (alla “città delle donne”), in rapporto al nuovo Piano
Regolatore Generale che, dopo l’adozione a luglio da parte del Consiglio
Comunale, sarà approvato il prossimo anno dopo oltre 40 anni dall’ultima
versione.

Il secondo aspetto di novità è rappresentato dal fatto che, nell’ambito della
riclassificazione del bilancio in ottica di genere, non solo si rivaluta la spesa
corrente, ma anche alcune voci della spesa in conto capitale, come ad


Presentazione del Bilancio di Genere 2011                                     5
esempio le opere di valorizzazione nel verde pubblico. Gli interventi operati
hanno tenuto in considerazione ciò che le donne ritengono essenziali per
garantire un buon livello di qualità della vita in città, come ad esempio la
sostenibilità ambientale come valore primario da difendere e implementare.

Il terzo aspetto, infine, riduce la distanza fra il dato rilevato e la pubblicazione
del testo, in modo tale da rendere quest’ultimo più interessante proprio
perché più vicino alla realtà attuale. I dati statistici, ad esempio, non sono
la fotografia dell’anno scorso, né quella di quest’anno, ma la proiezione
dei dati attuali in prospettiva futura (non chi eravamo, o chi siamo, ma chi/
come saremo nel prossimo futuro).

In questo senso si chiude il cerchio fra la Udine di ieri, quella di oggi e
quella di domani.
E nel frattempo, come è giusto che sia, se ne apre un altro.



 La Consigliera Delegata al Bilancio di Genere              Il Sindaco
                Cinzia Del Torre                           Furio Honsell




6                                      Presentazione del Bilancio di Genere 2011
Presentazione del Bilancio di Genere 2011   7
I dati socio-economici
     • La popolazione
     • Il mondo del lavoro al femminile
     • L’imprenditoria al femminile
     • Università: le laureate ed il loro futuro
     • Udine nel 2025: previsioni demografiche




8
La popolazione

La popolazione del Comune di Udine, proseguendo il trend di crescita
iniziato oltre 10 anni fa, nel 2010 ha raggiunto i 99.439 residenti. Rispetto
l’anno precedente l’incremento è stato dello 0,2% ed è frutto del saldo
migratorio positivo (differenza tra iscritti e cancellati all’Anagrafe) pari a
444 persone, con un saldo migratorio femminile di 381 unità. La presenza
femminile è costante negli anni e si attesta al 53,4% con un incremento di
193 residenti a fronte di un decremento di 5 residenti maschili. Le nascite
sono state 830, di cui il 51% bambine, ed i decessi 1.086, determinando
così un saldo naturale negativo (-256), come ormai si verifica da anni.

     Tab. 1. Movimento e calcolo della popolazione residente al 31 dicembre 2010




                                  Fonte: elaborazione su dati Anagrafe Comune di Udine


Per quanto riguarda la struttura della popolazione, si osserva omogeneità
numerica tra uomini e donne nelle classi fino ai 54 anni (nelle classi da 5
a 40 anni, il numero di maschi supera leggermente quello femmine). Dopo
quest’età, c’è una maggior presenza femminile, che supera il migliaio di
unità di differenza (dopo i 75 anni il divario è di oltre 4.000 persone).
La popolazione con più di 60 anni rappresenta quasi un terzo della totale,
conseguenza del processo di invecchiamento che ha fatto aumentare
l’incidenza delle classi più anziane. Il 60% dei residenti over 60 sono
donne e considerando solo gli over 80 (che rappresentano l’8% del totale),
la percentuale femminile raggiunge il 69%. Questa prevalenza del genere
femminile è dovuta principalmente alla maggiore speranza di vita alla
nascita delle donne.


I dati socio-economici                                                                   9
Fig. 1. Popolazione residente nel Comune di Udine per fasce d’età al 31 dicembre
     2010




                                      Fonte: elaborazione su dati Anagrafe Comune di Udine


La popolazione residente straniera nel 2010 rappresenta il 13,5%
(13.488) del totale, con un aumento del 3,5% rispetto l’anno precedente.
La popolazione residente con cittadinanza straniera è aumentata
costantemente nell’ultimo decennio (+250,5% rispetto al 2000).
Contemporaneamente, negli ultimi anni è cresciuta anche la presenza
femminile, riuscendo a superare quella maschile nel 2009. Fino ad allora il
numero delle donne è risultato sempre inferiore, nel 2000 rappresentavano
il 46,6% mentre ora rappresentano il 51,7% e, visto il trend di crescita, è
immaginabile che la percentuale sia destinata ad aumentare nei prossimi
anni.

I residenti stranieri più numerosi sono i rumeni (2.424), seguiti dagli albanesi
(2.190) e dai ghanesi (1.178). Si osserva che la distribuzione tra i generi
non è omogenea: ad esempio, considerando le 10 cittadinanze più presenti
ad Udine, risulta che le donne kosovare rappresentano solo il 39,1% e le
algerine solo il 37,6%, mentre le ucraine raggiungono il 78,3%. Si osserva
una maggior presenza di residenti femminili nelle cittadinanze dei paesi
dell’Europa orientale: le russe sono l’84%, seguite dalle polacche (72,3%)
e dalle moldave (65%). Invece, l’opposto caratterizza principalmente le
cittadinanze del nord Africa: tunisine (20,1%), del Bangladesh (25,5%),
senegalesi (31%) e algerine (32,5%).


10                                                                  I dati socio-economici
Tab. 2. Residenti con cittadinanza straniera nel Comune di Udine per stato di
      provenienza (primi 10). Anno 2010




                                           Fonte: elaborazione su dati Anagrafe Comune di Udine


Le famiglie anagrafiche nel 2010 sono 49.802, in leggera crescita (0,5%)
rispetto l’anno precedente. Gli aumenti, risultato della tendenza negli
anni alla riduzione della numerosità dei nuclei familiare, si registrano per
le famiglie unipersonali (quasi 300 unità) e per quelle di due componenti
(quasi 100 unità).

                Tab. 3. Famiglie residenti per numerosità del nucleo. Anno 2010




                                           Fonte: elaborazione su dati Anagrafe Comune di Udine




1
    Comprende i residenti con cittadinanza della ex Serbia-Montenegro



I dati socio-economici                                                                        11
Il 60% delle famiglie monocomponenti è costituito da donne (12.784), di
cui circa la metà (6.689) ha oltre 65 anni, mentre gli uomini della stessa
fascia d’età, che formano una famiglia mononucleo, sono 1.798. Invece,
per le altre fasce si osserva una situazione abbastanza omogenea, anche
se nella fascia dai 20 ai 39 anni vi è una prevalenza (58%) di uomini che
vivono soli.

     Fig.2. Famiglie unipersonali nel Comune di Udine per classe d’età e genere. Anno
     2010




                                      Fonte: elaborazione su dati Anagrafe Comune di Udine


Le famiglie di due componenti sono 13.827 e di queste il 59% è costituito
da marito-moglie, mentre il 25,8% da famiglie genitore-figlio. Si riscontra in
quest’ultima tipologia familiare una scarsità di padri con figli, solo il 14,7%
a fronte di un 85,3% di madri con figli.

         Tab. 4. Famiglie di due componenti per tipologia familiare – Anno 2010




                                      Fonte: elaborazione su dati Anagrafe Comune di Udine




12                                                                  I dati socio-economici
Un fenomeno che può contribuire a questa differenza, è la tendenza, nelle
sentenze di divorzio, all’affido dei figli alla madre, come testimoniano anche
i dati nel Comune di Udine: nel 2009 le madri hanno avuto l’affidamento
dei figli minorenni nel 35% dei casi, i padri nel 3%; nel 2010 le madri hanno
avuto l’affido nel 27% delle sentenze mentre i padri in nessun caso.
Riguardo ai divorzi, nel 2010 ad Udine sono stati 131, in aumento del
45,6% rispetto al 2000. Il numero di matrimoni è cresciuto rispetto l’anno
precedente del 3,1%, mentre sono diminuiti del 5,5% i matrimoni civili, che
comunque restano in aumento del 10% rispetto 10 anni fa.

       Tab. 5. Matrimoni e fecondità nel comune di Udine. Anni 2000-2009-2010




                                   Fonte: elaborazione su dati Anagrafe Comune di Udine


Anche il tasso natalità è in leggero calo negli ultimi anni, ma sostanzialmente
vicino al dato del 2000, mentre si osserva un leggero aumento del tasso
di fecondità generico nell’ultimo decennio, seppur con un calo rispetto al
2009.
Il numero di nati negli ultimi dieci anni si mantiene oltre gli 800. Nel 2010
sono 830, di cui 297 bimbi nati da coppie in cui almeno un genitore ha
cittadinanza non italiana (i bambini nati da madre non italiana sono stati
273).

Considerando gli indicatori di natalità e fecondità delle residenti, si
osservano differenze nei comportamenti riproduttivi tra donne italiane
e donne straniere. Per le prime il numero di figli medio è leggermente
inferiore ad uno (nel 2009 erano 1,1) mentre per le seconde è il doppio
delle italiane (anch’esso comunque in calo dal 2,2 dell’anno precedente).
Stesso discorso vale per il tasso di natalità e di fecondità, per i quali le
differenze sono più marcate.



I dati socio-economici                                                                    13
Diversa situazione invece per l’età media alla maternità. Nel 2010 l’età è
simile e, negli ultimi anni, la differenza si è annullata velocemente se si
pensa che nel 2008 l’età al parto per le straniere era 27,7 anni e per le
italiane 33,3 anni.

     Tab. 6. Indicatori di fecondità e maternità per cittadinanza. Anni 2009-2010




                                    Fonte: elaborazione su dati Anagrafe Comune di Udine


Questi dati potrebbero essere la conseguenza o di un avvicinamento dei
comportamenti delle straniere in fatto di maternità e fecondità alle donne
italiane o semplicemente di una conseguenza della crisi economica.




14                                                                I dati socio-economici
Il mondo del lavoro al femminile

Nel 2010 sono scaduti i tempi per il raggiungimento degli obiettivi della
Strategia di Lisbona. Gli obiettivi occupazionali erano portare il tasso di
occupazionale al 70% e quello femminile al 60% e l’Italia è risultata lontana
dal raggiungerli.
A livello nazionale il tasso occupazionale nel 2010 è del 56,9%, questo dato
è fortemente influenzato alla scarsa occupazione femminile che raggiunge
solo il 46,1%, a fronte di un tasso maschile del 67,7%.
Il dato femminile italiano pare preoccupante perché, dal confronto tra
gli stati europei, il tasso occupazionale femminile italiano risulta essere
notevolmente distante dal dato fatto registrare dai paesi del nord Europa e
risulta essere tra i più bassi, maggiore solo a quello di Malta. Preoccupante
è anche la differenza di oltre 21 punti percentuali tra l’indicatore maschile
e femminile, dato minore solo a quanto si riscontra in Grecia e a Malta.
A livello territoriale si osserva una forte eterogeneità dei tassi occupazionali
femminili. Mentre i tassi delle province del Sud Italia sono sotto, anche
di molti punti percentuali, alla media nazionale, quelli delle province del
centro e soprattutto del nord superano, anche abbondantemente, il 50%
(in alcuni casi è stato raggiunto il 60%).

   Fig. 3. Tasso di occupazione per la provincia di Udine per genere. Anni 2000/2010




                         Fonte: elaborazione su dati ISTAT – Rilevazione Continua Forze Lavoro




I dati socio-economici                                                                           15
È così anche per la provincia di Udine, con il tasso di occupazione femminile
al 54,5% e quello maschile al 72,5%.
I dati provinciali, pur essendo migliori di quelli nazionali, non sono
confortanti perché la differenza tra i generi rimane comunque marcata (18
punti di differenza) ed il tasso occupazionale femminile è oltre 5 punti più
basso dell’obiettivo di Lisbona. Un segnale confortante emerge dall’analisi
storica dei tassi occupazionali femminili: rispetto al 2000 si ha un aumento
di 7 punti percentuali, con due soli anni di calo. L’ultimo calo si è verificato
nel 2009 in coincidenza con il periodo della crisi economica, ma nell’ultimo
anno l’andamento si è subito invertito, con un aumento di quasi 3 punti. Lo
stesso non si può dire del tasso di occupazione maschile, che negli ultimi
due anni è sceso di 4 punti percentuali.

      Tab. 7. Indicatori del mercato del lavoro a livello provinciale. Anni 2009/2010




                       Fonte: elaborazione su dati ISTAT – Rilevazione Continua Forze Lavoro




16                                                                   I dati socio-economici
La disparità di genere è evidente anche prendendo in considerazione gli
altri indicatori sulle Forze di Lavoro. Pur mantenendo differenze accentuate,
nell’ultimo anno si è verificato un avvicinamento tra i generi, dovuto al
contemporaneo miglioramento dei dati della componente femminile ed un
peggioramento di quella maschile. Oltre al tasso di occupazione, di cui si è
già discusso, un forte miglioramento si osserva nei tassi di disoccupazione
che negli ultimi anni si sono notevolmente avvicinati (nel 2010 la differenza
è di mezzo punto percentuale, mentre nel 2000 era di 4,5 punti), effetto
della diminuzione di 1,5 punti del tasso femminile e dell’aumento di quasi
2 di quello maschile.

   Tab. 8. Saldo assunzioni/cessazioni nelle aziende con sede nel comune di Udine
   per genere e classe d’età. Anno 2010




            Fonte: elaborazione su dati Provincia di Udine – Osservatorio Mercato del Lavoro


Le assunzioni in aziende con sede nel comune di Udine nel 2010 sono
state 19.040, 7.652 assunzioni maschili e 11.388 assunzioni femminili. Le
19.367 cessazioni determinano un saldo negativo (-327), nel quale pesa
maggiormente il saldo negativo maschile (-218) rispetto a quello femminile
(-109). Il saldo negativo assunzioni-cessazioni è dovuto ai saldi negativi
registrati nelle classi d’età superiori ai 30 anni. Nelle classi d’età sotto i 30
anni invece, il saldo tra assunzioni e cessazioni risulta positivo (637).
La maggioranza degli assunti possiede o il diploma di medie superiori
(34,9%) o la licenza elementare o di medie inferiori (32,2%).




I dati socio-economici                                                                         17
Tra i due generi si osservano delle differenze: in percentuale, oltre il 70%
delle assunte sono in possesso di licenza elementare o media e diploma
rispetto al 66% dei maschi assunti con questi titoli. Gli uomini assunti
senza titolo di studio sono il 12,3%, cinque punti percentuali in più delle
donne, e quelli assunti che possiedono una laurea sono il 23,6%, contro il
21,1% delle assunte.

              Fig. 4. Assunzioni per titolo di studio e genere. Anno 2010




            Fonte: elaborazione su dati Provincia di Udine – Osservatorio Mercato del Lavoro




18                                                                   I dati socio-economici
L’imprenditoria al femminile

Le imprese femminili2 attive con sede nel comune di Udine nel 2010
sono 2.055, pari al 24,1% delle imprese totali (percentuale leggermente
inferiore al dato provinciale, 25,1%). Dal 2008, a causa della crisi, si sono
registrati due anni di calo che hanno interrotto il trend crescente degli anni
precedenti. Nonostante questo, rispetto al 2005 si riscontra un aumento di
oltre 100 imprese (pari ad un aumento del 5,5%).

         Fig. 5. Imprese femminili con sede nel comune di Udine. Anni 2005/2010




                                           Fig. 6. Distribuzione % delle imprese femminili per
                                           macrosettore di attività economica. Anno 2010


La maggioranza delle imprese
femminili opera nel settore dei
servizi (43,8%) ed in quello
del commercio e alberghi
(39,7%), mentre solo il 16,5%
è attivo nei restanti settori
dell’industria, dell’agricoltura e
delle costruzioni.

                                           Fonte: elaborazione su dati Infocamere e CCIAA di Udine
2
  Lo status di impresa femminile si attribuisce a quelle imprese nelle quali la partecipazione femmini-
le è superiore al 50%.



I dati socio-economici                                                                             19
Le imprese femminili si distinguono in tre categorie in base al tipo di presenza
delle donne3. L’85,1% delle imprese udinesi rientra nella categoria delle
“imprese a presenza femminile esclusiva”, che include anche le imprese
individuali con titolare donna.
I settori economici con maggior numero di imprese femminili sono i servizi
(900 imprese) e il commercio e alberghi (815). Per quanto riguarda invece
l’incidenza delle imprese femminili sul totale, al primo posto troviamo il
settore agricolo (nel quale le imprese femminili sono il 39,5% del totale),
seguito da commercio e alberghi (27,5 %) e servizi (25,4%); la presenza
femminile è invece molto bassa nel settore costruzioni (8,5%).

     Tab. 9. Presenza femminili nelle imprese nel comune di Udine per macrosettore di
     attività economica. Anno 2010




                                          Fonte: elaborazione su dati Infocamere e CCIAA di Udine


A livello di singole attività economiche che compongono i diversi settori, la
maggior presenza di imprese femminili si riscontra, oltre che nell’agricoltura,
nell’attività sanità e assistenza sociale (46,4%) e in altre attività di servizi4
(49,9%); le attività a minor presenza sono trasporto e magazzinaggio
(7,8%) e costruzioni (8,5%).
Nel suo rapporto annuale sull’artigianato per la provincia di Udine, la
Confartigianato riporta il numero di persone, divise per genere, che
ricoprono cariche nelle imprese artigiane.
3
 La presenza femminile nelle imprese è stata definita e gerarchizzata nelle diverse forme giuridiche
societarie individuando tre diverse categorie:
•	 Presenza maggioritaria: per le società di capitali, se la partecipazione al capitale sociale è maggiore
     del 50% e se c’è la maggioranza degli amministratori, se l’elenco dei soci è presente nel Registro
     imprese, mentre se l’elenco dei soci non è presente nel Registro imprese è sufficiente il requisito
     relativo agli amministratori. Per le società di persone e cooperative se la presenza femminile
     rappresenta oltre il 50% dei soci. Per tutte le altre forme societarie, se c’è la maggioranza degli
     amministratori.
•	 Presenza forte: per le società di capitali, se la partecipazione al capitale sociale è maggiore del
     66% e se ci sono oltre i due terzi degli amministratori, se l’elenco dei soci è presente nel Registro
     imprese, mentre se l’elenco dei soci non è presente nel Registro imprese è sufficiente il requisito
     relativo agli amministratori. Per le società di persone e cooperative se la presenza femminile


20                                                                           I dati socio-economici
Le donne con cariche nelle imprese artigiane sono il 21% (4.136 su
19.838), ma le percentuali variano molto in base al tipo di carica. Infatti,
le socie sono il 44,3%, le amministratrici il 22,2% e le titolari solo il 16,9%.

       Tab. 10. Cariche nelle imprese artigiane per genere e tipo nella provincia di Udine.
       Anno 2010.




                                                Fonte: elaborazione su dati Confartigianato di Udine


Rispetto al 2008, complessivamente si è verificata una flessione del
numero di cariche nelle imprese artigiane, causata dalla diminuzione
dell’1,2% delle cariche maschili.

       Fig. 7. Variazione percentuale del numero delle cariche nelle imprese artigiane per
       genere e tipo, nella provincia di Udine. Anni 2008/2010.




                                                Fonte: elaborazione su dati Confartigianato di Udine

       rappresenta il 60% dei soci. Per tutte le altre forme societarie se c’è il 60% degli amministratori.
•	     Presenza esclusiva: se la partecipazione al capitale sociale e la presenza femminile raggiungono
       il 100%, se l’elenco dei soci è presente nel Registro imprese, mentre se l’elenco dei soci non
       è presente nel Registro imprese è sufficiente il requisito relativo agli amministratori. Per le
       società di persone e cooperative se la presenza femminile rappresenta il 100% dei soci. Per le
       imprese individuali, se il titolare è donna. Per tutte le altre forme societarie se c’è il 60% degli
       amministratori.
4
    Attività economica che include servizi come lavanderia, pulitura, parrucchieri e trattamenti estetici


I dati socio-economici                                                                                 21
Situazione inversa per le cariche femminili, che sono incrementate dello
0,9%. Nel dettaglio si osserva che c’è stata una flessione, per entrambi i
generi, in tutte le tipologie di carica, tranne per le titolari che sono aumentate
del 3,5%, determinando l’aumento generale delle cariche femminili.

Considerando solo i titolari d’impresa per fasce d’età, si nota che le
percentuali più alte di presenza femminile si hanno sotto i 50 anni (18%)
e che rispetto al 2008 il numero di donne titolari è aumentato in tutte le
fasce, sia in termini di numerosità sia di incidenza sul totale. E’ interessante
osservare che mentre cresce il numero di donne, diminuisce il numero
di uomini titolari (in particolare sotto i 50 anni) e questo contribuisce ad
aumentare di tre punti della presenza femminile nella fascia più giovane
(da 14,4% a 17,6%).

     Tab. 11. Titolari di imprese individuali artigiane in provincia di Udine. Anno 2010




     Tab. 12. Titolari di imprese individuali artigiane in provincia di Udine. Anno 2008




                                         Fonte: elaborazione su dati Confartigianato di Udine


Il 50% delle cariche femminili sono ricoperte da donne impegnate in
imprese del settore dei servizi, mentre solo lo 0,3% da donne in imprese
del settore agricolo. Quasi un terzo delle cariche sono ricoperte in imprese
del settore industriale (30,8%), mentre le restanti si dividono tra il settore
delle costruzioni (9,9%) e del commercio e alberghi (9%).
Infine, uno sguardo all’incidenza della presenza femminile nelle imprese
artigiane nei diversi settori economici. La presenza di cariche femminili
è maggiore nel settore dei servizi (42,5%), dell’industria (22,8%) e del
commercio e alberghi (22,3%), mentre le percentuali sono molto basse nel
settore dell’agricoltura e delle costruzioni.


22                                                                    I dati socio-economici
Considerando solo i titolari d’impresa, la situazione risulta simile. Il settore
dei servizi è quello con il maggior numero di più titolari donna (43,9%),
seguito sempre, però con percentuali più basse, dall’industria (16%) e dal
commercio alberghi (13,9%).

   Fig. 8. Percentuale della presenza femminile e delle titolari donna nei macrosetto-
   ri economici. Anno 2010




                                       Fonte: elaborazione su dati Confartigianato di Udine




I dati socio-economici                                                                        23
Università: le laureate ed il loro futuro

Nell’anno accademico 2009-2010 i laureati dell’Università di Udine sono
stati 2.964, numero in aumento rispetto l’anno precedente (7,6%) ed in
linea con gli anni precedenti l’a.a. 2008-2009. Mentre il numero di laureati
maschi è sceso negli ultimi anni (nonostante un +10,9% nell’ultimo anno), il
numero delle laureate è rimasto costante (sempre sopra le 1.600 unità). In
termini di incidenza delle laureate sul totale, la percentuale è leggermente
cresciuta negli anni fino all’attuale 57%.

     Fig. 9. Laureati a Università di Udine per genere. Anni accademici da 2003/2004
     a 2009/2010




                       Fonte: elaborazione su dati Università di Udine – Ripartizione Didattica


Le facoltà con il maggior numero di laureate sono Lingue e Letterature
Straniere, Economia, Medicina e Lettere e Filosofia. Le facoltà con una
maggior presenza di laureate sono Lingue e Letterature Straniere (85,1%),
Scienze della Formazione (76,5%), Lettere e Filosofia (73,1%) e Medicina e
Chirurgia (72,4%). Invece, le tre facoltà che registrano le minori percentuali
di laureate donne sono Agraria (37,5%), Ingegneria (27,3%) e Scienze
Matematiche, Fisiche e Naturali (18,3%).




24                                                                      I dati socio-economici
Fig. 10. Incidenza percentuale delle laureate per facoltà. Anno 2010




                      Fonte: elaborazione su dati Università di Udine – Ripartizione Didattica


Rispetto l’anno accademico precedente, nel numero di laureate si
registrano molte variazioni positive, le più marcate si osservano per la
facoltà di Medicina Veterinaria (aumento del 141,7%), Lettere e Filosofia
(+29,4%), Medicina e Chirurgia (+21,3%) ed Economia (+16,7%). Le
variazioni negative si hanno nell’Interfacoltà (-26,5%) e nella facoltà di
Lingue e Letterature Straniere (-10,1%).

              Fig. 13. Numero di laureati per facoltà e genere. Anno 2010




                      Fonte: elaborazione su dati Università di Udine – Ripartizione Didattica




I dati socio-economici                                                                           25
Spostiamo ora l’attenzione ai risultati emersi dall’indagine annuale
condotta dal Consorzio AlmaLaurea che, oltre mettere in contatto il mondo
universitario con il mondo del lavoro, mira a raccogliere informazioni sui
risultati dei laureati durante i loro percorsi di studio e sulla loro condizione
post-laurea. La tabella riporta le informazioni raccolte sui laureati
dell’ateneo friulano nell’anno 2010. I laureati che sono stati intervistati
sono il 93,7% e dai dati complessivi di tutte le facoltà dell’università si
riscontra che le donne ottengono risultati migliori ed in tempi più rapidi:
il voto medio di laurea (103,2) è superiore di tre punti rispetto i maschi,
l’età media al conseguimento della laurea (25,6 anni contro 25,8) è più
bassa, la durata del periodo di studi (3,8 anni contro 4) è inferiore e il
valore dell’indice di ritardo5 (0,27 contro 0,41) è più basso.
Inoltre, dal confronto con i laureati del 2009 si riscontra per tutte e
quattro le variabili un peggioramento dei valori dei laureati maschi ed un
miglioramento di quelli femminili, aumentando il divario tra i due generi.

       Fig. 14. Risultati dei laureati dell’Università di Udine per genere. Anni 2009/2010




                                 Fonte: elaborazione su dati Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea


Dal confronto tra i risultati delle lauree di primo e di secondo livello, si
osserva che tra i due generi il divario maggiore si ha nei risultati delle lauree
triennali. Il dato che maggiormente sottolinea questo, è il voto medio, che
risulta essere superiore di 4 punti per le laureate (105,2) mentre nelle
lauree specialistiche è maggiore solamente di un punto. Inoltre, le donne
conseguono la laurea triennale con minor ritardo rispetto agli uomini, come
evidenzia l’indice di ritardo (0,28 contro lo 0,47).



5
    Indice misurato attraverso il rapporto tra il ritardo alla laurea e la durata legale del corso di laurea.



26                                                                                I dati socio-economici
Fig. 15. Risultati e tempi dei laureati dell’Università di Udine per livello di laurea e
   genere. Anno 2010




                          Fonte: elaborazione su dati Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea



Passando alla condizione post lavorativa dei laureati, nel 2010 ad un
anno dal conseguimento della laurea si osserva che è maggiore il numero
di laureate che hanno trovato occupazione ma, nonostante ottengano
risultati migliori negli studi, trovano con più facilità lavori con contratti
atipici (51,4% con il 45% degli uomini) e con guadagni minori rispetto agli
uomini (mediamente le donne guadagnano quasi 150 euro in meno).
Rispetto all’indagine del 2009, si osserva nel 2010 che il tempo per trovare
il primo lavoro dopo la laurea è stato lo stesso per entrambi i generi. Un’altra
differenza è che nel 2010 i laureati che lavorano ad un anno dalla laurea
sono il 57% contro il 50% dell’anno precedente e che risultano le laureate
maggiormente occupate, il 60% (mentre l’anno prima la situazione era
inversa), seppur la metà con contratti atipici.

   Fig. 16. Risultati post-laurea dei laureati dell’Università di Udine per genere. Anno
   2010




                          Fonte: elaborazione su dati Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea




I dati socio-economici                                                                          27
Udine nel 2025: previsioni demografiche

Le previsioni demografiche possono essere, per l’amministratore pubblico,
un utile strumento per decidere come ridefinire gli indirizzi programmatici
e adeguare l’azione politico-amministrativa sulla base delle trasformazioni
della consistenza e della struttura della popolazione.
Ovviamente, basandosi su ipotesi fatte partendo da dati relativi alla
situazione presente e passata, l’affidabilità delle previsioni demografiche
dipende dalla logica con cui sono costruite. Per questo vanno previsti più
scenari prendendo in considerazione il comportamento di diversi fattori, in
modo da poter scegliere quello che risulta essere più plausibile.
Le stime che si riportano, e che sono utilizzate per la stima del numero
di nuclei familiari, sono riprese dalla studio Chiavon - Fornasin6. Questo
lavoro, basato sui dati della popolazione al 1° gennaio 2008, propone
tre scenari di previsione relativi al 2025. I fattori che sono stati presi in
considerazione per la stima riguardano: la fecondità ipotizzata in aumento
per ciascuno scenario; la speranza di vita alla nascita, che nello scenario
basso è stimata in linea con l’attuale ed in aumento nella previsione alta;
la migratorietà, mantenuta constante sulla base della media dei valori nel
periodo 2002-2006 e le iscrizioni all’Anagrafe. Per ottenere le previsione
dello scenario centrale sono stati utilizzati i valori medi di fecondità e
speranza di vita. Generalmente lo scenario centrale viene ritenuto il più
plausibile e verosimile.
L’ipotesi centrale per Udine prevede 101.666 residenti all’anno 2025, con
un aumento rispetto al 2011 di 2.000 residenti, pari ad una variazione
del 2%. L’aumento maggiore riguarderà il numero di residenti maschi che
aumenterà del 3,8% (solo lo 0,5% le residenti donne), facendo si che
l’incidenza delle residenti scenda dal 53,4% al 52,6%. Gli aumenti maggiori
sono previsti per le fasce di popolazione più giovane.
Come si vede nel grafico in fig. 1, sotto i 24 anni gli aumenti sono superiori
al 10% e raggiungono il 40% nella fascia dai 14 ai 17 anni. In tutte le fasce
d’età gli aumenti maggiori si osservano per gli uomini. Complessivamente,
l’aumento dei residenti maschi sotto i 24 anni è del 30,1% mentre quello
delle donne è del 23,7%.
6
 Chiavon E.-Fornasin A., La popolazione di Udine nel 2030. Scenari a confronto, Congiuntura, Udine,
2008, pp. 37 - 52



28                                                                       I dati socio-economici
Nelle fasce d’età oltre i 24 anni, si registrano invece dei decrementi.
Fanno eccezione la fascia dai 55 ai 64 anni e quella dei residenti con più
di 75 anni. Rispetto alla situazione attuale, si ipotizza un incremento del
numero delle persone anziane in seguito all’aumento della speranza di
vita. In particolare l’aumento più rilevante dovrebbe riguardare gli uomini
con più di 75 anni, che secondo lo studio dovrebbero aumentare quasi del
20%, rappresentando così nel 2025 il 10,6% della popolazione maschile
(attualmente rappresentano il 9,2%).

   Fig. 1. Variazione percentuali 2011/2025 del numero di residenti nelle classi d’età
   per genere.




                  Fonte: elaborazione su dati Anagrafe Comune di Udine e Fornasin - Chiavon


Partendo dalle previsioni della popolazione residente si è passati alla stima
dei nuclei familiari sempre all’anno 2025. La popolazione residente in
famiglia stimata per l’anno 2025 risulta pari a 100.650. Inoltre, si ipotizza
che il numero medio di residenti per nucleo familiare rimanga costante
e pari a 2 persone. Questo permette di ottenere il numero complessivo
famiglie, 50.325, che viene mantenuto come vincolo fisso. Sono state
fatte due ipotesi di stima: nella prima si tiene conto della variazione media
(calcolata in un periodo lungo, 10 anni) subita dall’incidenza percentuale
di ciascuna tipologia familiare sul totale delle famiglie, nella seconda,
per ciascuna tipologia familiare, si ipotizza l’andamento attraverso la
metodologia di interpolazione dei dati attraverso una curva e si ricava
l’incidenza percentuale.



I dati socio-economici                                                                        29
La prima ipotesi è ritenuta la più plausibile, tenendo anche conto degli
aspetti che caratterizzano attualmente lo scenario demografico locale e
nazionale: processo di atomizzazione delle famiglie, diminuzione della
forbice della speranza di vita alla nascita tra i generi e una lieve ripresa
della fecondità, legata al fenomeno migratorio.
Per il 2025 si prevede un aumento del 2,5% del numero delle famiglie, con
un notevole incremento delle famiglie unipersonali (25,4%). Le numerosità
delle altre tipologie si prevedono tutte in calo, conseguenza delle ragioni
esposte in precedenza. In particolare, le riduzioni più consistenti si
prevedono per il numero di famiglie da tre e da quattro componenti.
In termini di incidenza percentuale, le famiglie unipersonali nel 2025
rappresenteranno il 53,5% del totale, in aumento di quasi 10 punti
percentuali rispetto al 2011 e di 17 rispetto al 2001. La conseguenza di
questo notevole incremento sarà il calo dell’incidenza delle famiglie con
più di due componenti. Rispetto al 2001, le famiglie da tre componenti
caleranno di 9 punti e quelle da quattro di 5 punti percentuali. Per le
famiglie composte da due persone il calo è contenuto e questo si può
immaginare sia dovuto alla diminuzione della forbice tra la speranza di
vita alla nascita per i due generi, che potrà portare all’aumento dei nuclei
familiari composti da due persone in età avanzata, bilanciano un possibile
calo delle famiglie nelle fasce più giovani.

     Fig. 2. Incidenza percentuale delle tipologie familiari. Anni 2001 - 2011 - 2025




                  Fonte: elaborazione su dati Anagrafe Comune di Udine e Fornasin - Chiavon



30                                                                   I dati socio-economici
I dati socio-economici   31
Riclassificazione delle spese di
 bilancio del Comune di Udine
     • Il bilancio rivisto in ottica di genere
     • Le cifre
     • Le opere del verde pubblico




32
Il bilancio rivisto in ottica di genere

L’obiettivo primario di quest’analisi è render conto alla cittadinanza
dell’operato l’Amministrazione e in particolare di come “ha speso i soldi”
a sua disposizione. Il Bilancio del Comune è un documento pubblico e
consultabile da tutti i cittadini, ma spesso di difficile comprensione per i
“non addetti ai lavori”. Inoltre, dalla sua lettura, non emerge una ripartizione
delle spese in base ai destinatari dei servizi erogati, approfondimento che
ci si propone invece di fare in questa sede. In particolare, i destinatari
considerati sono le donne che vivono nel Comune di Udine. Quindi,
l’obiettivo è far emergere la spesa sostenuta per i servizi, direttamente o
indirettamente, a loro rivolti.
Il documento analizzato è il rendiconto di esercizio 2010. Dal conto del
bilancio (in parte riportato di seguito) sono state analizzate le spese e più
specificatamente le spese correnti, cioè quelle riferite al funzionamento dei
pubblici servizi.
Visto l’interesse delle donne per l’ecologia in generale e per le opere del
verde emerso in sede di predisposizione del P.R.G.C. (Piano Regolatore
Generale Comunale), nonché dalle interviste somministrate alle donne
over 60 e dallo studio regionale sui bisogni delle donne (tema che verrà
approfondito in seguito), sono state inoltre esaminate, ancorché si tratti
di spese pluriennali, anche alcune spese in conto capitale (titolo II), cioè
le opere inerenti il verde pubblico che hanno avuto almeno una fase di
avanzamento nel 2010.

   Tab. 1. Spese del Comune di Udine scomposte per titolo di spesa. Anni 2009-2010




Riclassificazione delle spese di bilancio del Comune di Udine                        33
Le spese correnti sono suddivise per aree di intervento, disposte secondo
un ordinamento decrescente, in base alla maggiore/minore incidenza sulle
pari opportunità. Rispetto al Bilancio “ufficiale”, quello impostato facendo
attenzione al genere implica una disaggregazione delle voci a livello di
centri di costo e una successiva riaggregazione secondo aree tematiche
e macrocategorie di genere, rispetto alle quali verificare i presupposti
finanziari ed economici.
Sono state individuate quattro aree di “inerenza” rispetto al genere:

     1)	 L’area direttamente di genere che evidenzia gli impegni di spesa
assunti per attività espressamente e direttamente indirizzate alle donne,
finalizzate alle pari opportunità e al superamento delle disuguaglianze tra
uomini e donne.
     2)	 L’area indirettamente di genere riguarda le politiche di conciliazione
e comprende tutte quelle attività destinate a specifiche fasce di utenti, (quali
i bambini, gli anziani, ecc.) che hanno un forte impatto sulle differenze di
genere, in modo “indiretto”, poiché apportano notevoli benefici non solo
al diretto fruitore del servizio, ma anche a chi si occupa di dargli cura e
assistenza (compito che il più delle volte è svolto dalle donne).
     3)	 Le spese di contesto: si riferiscono a tutta una serie di servizi
prestati dall’ente che incidono sulla qualità della vita femminile ma che,
rispetto all’area precedente, impattano in misura inferiore sui bisogni delle
donne e sulle pari opportunità.
     4)	 L’ultimo segmento, quello delle spese neutre per il genere,
comprende spese per servizi che non sono sensibili al genere.

Rispetto agli anni precedenti, sono state estrapolate dalle spese
indirettamente di genere, e inserite nelle spese di contesto, quelle riferite
a cultura, sport e tempo libero e partecipazione e decentramento; un tanto
è stato fatto per omogeneità di classificazione con altri Bilanci di Genere
realizzati in Regione. Le cifre, relative al 2009 ed al 2010, sono state
comunque riclassificate in modo coerente per permettere un confronto.




34                  Riclassificazione delle spese di bilancio del Comune di Udine
Le cifre

                     ANALISI DI GENERE DEL BILANCIO
        Riclassificazione delle spese correnti del Comune di Udine
                              Anni 2009-2010




Riclassificazione delle spese di bilancio del Comune di Udine        35
1
  La voce non comprende i costi di “Zero Tolerance” e per l’accoglienza in strutture protette
2
  La voce non comprende le spese legate all’iniziativa “Calendidonna” che sono state inserite nelle
spese direttamente di genere.
3
  La voce non comprende le spese per i tirocini formativi e i costi di formazione del personale che sono
stati inseriti nelle spese di contesto.



36                        Riclassificazione delle spese di bilancio del Comune di Udine
Riclassificazione delle spese di bilancio del Comune di Udine   37
Fig. 1. Scomposizione delle spese correnti Fig. 2. Scomposizione della spesa per le
per aree di “inerenza” delle voci di spese politich di conciliazione per aree di intervento
rispetto al genere




38                     Riclassificazione delle spese di bilancio del Comune di Udine
Le risultanze della riclassificazione del Bilancio, riportate in fig.1, evidenziano
che nel 2010 il Comune di Udine ha speso, per le iniziative direttamente di
genere, lo 0,1% del totale con un calo rispetto al 2009, quando l’incidenza
di queste spese era dello 0,2%. Un calo si è registrato anche nelle spese
per politiche di conciliazione che rappresentano il 37,2% del totale delle
spese correnti, a fronte di un 39,5% del 2009. Nonostante queste riduzioni
e considerando anche l’attuale situazione di crisi economica, si può
affermare che l’impegno del Comune, per mantenere elevati standard di
qualità e attenzione ai servizi alla persona, rimane comunque forte.



Le opere del verde pubblico
Come si può notare dalla tabella, le opere elencate soddisfano le istanze
manifestate, come si vedrà più avanti, che sono emerse dai questionari
somministrati per rilevare i bisogni delle donne, in quanto riguardano
parchi, rogge e orti urbani (dedicati in particolare agli anziani).

              Tab. 2. Stato al 31/12/2010 delle opere del verde pubblico




Riclassificazione delle spese di bilancio del Comune di Udine                  39
Noi, donne fuori dal Comune?
     • Le risorse umane nel Comune di Udine
     • E’ difficile conciliare famiglia e lavoro al
        Comune di Udine
     • I commenti all’iniziativa, le proposte e le
        priorità da realizzare
     • I progetti in fase di attivazione a supporto
        dello sviluppo professionale di genere
     • La costituzione del nuovo Comitato: gli
        obiettivi da realizzare




40
Le risorse umane del Comune di Udine

L’organico del Comune di Udine è da sempre caratterizzato da una netta
prevalenza di personale di sesso femminile . Il personale in organico al
31.12.2010 era di 952 persone di cui 317 uomini e 581 donne, pari al 61%.
Il dato è sostanzialmente immutato rispetto agli anni precedenti ed è un
elemento in comune con la maggioranza degli Enti della P.A.. Per un’analisi
approfondita della ripartizione delle categorie professionali relative al
genere, si rimanda al sito del Comune di Udine, sezione Pari Opportunità,
dove verrà pubblicato il dettaglio dei dati sinteticamente illustrati in questo
volume.
Alcuni elementi interessanti da sottolineare:
   •	 la prevalenza di dipendenti di genere maschile nell’area Dirigenziale
       ( 4 donne - 15 uomini);
   •	 una percentuale significativa di donne nelle categorie D, C, B,
       impiegate in attività prevalentemente amministrative;
   •	 la ripartizione del personale nelle diverse strutture/servizi
       dell’Amministrazione vede ancora una netta prevalenza di uomini nei
       servizi tecnici e nel servizio della polizia municipale rispetto ad altri
       Uffici ( Servizi Sociali, Servizi alla Persona e alla Comunità, Attività
       Culturali…)
   •	 l’esiguità degli uomini che usufruiscono del part-time (22, ovvero il
       6%), rispetto a 135 donne,che costituiscono il 24% del personale in
       servizio complessivo;
   •	 le dipendenti laureate sono il 29 %, quelle diplomate il 50%;
   •	 la percentuale relativa delle donne che ha partecipato alle iniziative
       formative è esattamente corrispondente alla percentuale delle
       dipendenti di sesso femminile e ciò ad indicare che nonostante gli
       impegni extralavorativi le donne del Comune di Udine sono sempre
       molto attive e interessate alla preparazione e alle possibilità di
       sviluppo professionale;
   •	 le giornate di assenza delle donne per congedo facoltativo e malattie
       figli, nel corso del 2010 sono state 3.011 (rispetto alle 318 usufruite
       dagli uomini), 1.586 le giornate di permessi orari per allattamento
       fruiti dalle donne (zero quelle richieste e concesse agli uomini);
   •	 i permessi concessi per assistenza e cura di parenti affetti da gravi


Noi, donne fuori dal Comune?                                                41
patologie, previsti dalla L.104/92, sono stati utilizzati dal 6,9 % delle
     dipendenti contro il 3,7 % dei dipendenti di sesso maschile.
  •	 E’ evidente quindi che i dipendenti che utilizzano in maniera
     preponderante i congedi parentali, i permessi per malattia figli e per
     l’assistenza siano per lo più ancora di sesso femminile.


È difficile conciliare famiglia e lavoro al Comune di Udine?
Conciliare in maniera soddisfacente sfera lavorativa e familiare è un fattore
determinante per la qualità della vita delle persone e per mantenere una
buona motivazione e produttività in ambito lavorativo.
Per questo, a fine 2010, il Comitato Pari Opportunità del Comune di Udine,
ha avviato un’indagine per rilevare le criticità nella conciliazione tra impegni
lavorativi e impegni familiari dei dipendenti e delle dipendenti comunali e
verificare la presenza e/o percezione di situazioni di discriminazione sul
lavoro.
L’indagine, rivolta a tutti i 952 dipendenti del Comune di Udine (582 donne
e 370 uomini), prevedeva questionari a compilazione anonima, strutturati
con domande chiuse, che potevano essere compilati online (sull’intranet
comunale) o in forma cartacea.
I questionari compilati sono stati in tutto 316 (234 donne, 79 uomini e 3
non specificato), pari al 33,2% dei dipendenti.
Si tratta di una buona percentuale; è infatti ragionevole ritenere che, chi
ha compilato il questionario rappresenti soprattutto coloro che riscontrano
delle criticità nella gestione dell’equilibrio lavoro-famiglia; per cui, le più
interessate all’argomento sono sembrate le donne, che hanno risposto in
234 (il 40,2% del totale delle dipendenti), contro 79 uomini (pari al 21,3%).

Il lavoro
In ambito lavorativo, le differenze di genere si osservano soprattutto nelle
domande sul lavoro (scelta del part-time e la penalizzazione sul lavoro a
causa dei figli).
Una donna su quattro ha un contratto part-time, contro il solo 6% degli
uomini; per l’85% delle donne la ragione della scelta è dedicare più tempo
all’assistenza e la cura di figli e parenti.
Nel 71,6% dei casi, le donne sostengono che avere figli è penalizzante sul


42                                                Noi, donne fuori dal Comune?
lavoro, contro il 43,8% degli uomini. Per conciliare lavoro e vita privata, le
soluzioni ritenute dalle donne più efficaci sono quelle legate alla flessibilità:
in primis la possibilità di orario flessibile in entrata/uscita dal lavoro e il
part-time.
Le dipendenti ritengono che professionalmente siano avvantaggiati gli
uomini nel 37,2% dei casi (la percentuale sale al 55,1% se si escludono le
risposte “non so”); i dipendenti invece, nella quasi metà dei casi, ritengono
che nessuno dei due generi sia avvantaggiato, mentre 25% pensa che lo
siano le donne.

    Fig. 1. Chi è professionalmente avvantaggianto all’interno del Comune di Udine?




Infine, il 17,5% delle dipendenti afferma di essere stata vittima di
discriminazioni legate al genere (nella fascia delle over 50, la percentuale
sale a 23,5%) contro il 15% degli uomini. I dati sono abbastanza in linea tra
uomini e donne; ma dalle risposte emerge che le cause di discriminazione
più indicate sono la maternità e la gravidanza.

La gestione di casa e famiglia
Dalle risposte è emerso che la gestione della casa e della famiglia è ancora
prerogativa delle donne.
Alla domanda su chi si occupa delle incombenze domestiche il 68% delle
donne risponde che sono loro a farsene carico, mentre solo il 18% degli
uomini risponde nello stesso modo (e di questi la gran parte vivono soli).


Noi, donne fuori dal Comune?                                                          43
Solo l’1% delle donne risponde che queste attività sono svolte dal partner,
mentre il 28% degli uomini afferma che le incombenze domestiche sono
svolte completamente dalla partner.

Nella gestione quotidiana dei figli minori, le criticità sono avvertite in
maniera analoga tra i due sessi (il 57% delle donne ed il 54% degli uomini),
ma le risposte successive mostrano con chiarezza come siano ancora le
madri le figure incaricate della cura e dell’assistenza dei figli; e questo si
lega chiaramente al maggior ricorso al part-time da parte delle donne per
conciliare l’attività lavorativa e quella familiare.
Le donne dichiarano di accompagnare i figli a scuola nel 36% dei casi, nel
20% lo fa il partner; nel caso dei dipendenti, il 33% accompagna i figli a
scuola ed il 33% risponde che sono le partner ad occuparsene.

             Fig. 2. Chi porta i figli a scuola nella maggior parte dei casi?




Analogamente nel caso dei figli ammalati, le donne rispondono di
occuparsene in prima persona nel 46,6% dei casi, contro l’8,3% degli
uomini. E se nel tempo extrascolastico e durante le vacanze scolastiche
prevale il supporto di nonni o strutture private, nel caso se ne occupino i
genitori, sono prevalentemente le donne a dedicare il loro tempo ai figli.
Un altro aspetto che emerge da questa sessione è lo scarso utilizzo dei
congedi parentali dei padri, in linea con i dati che emergono a livello
nazionale.


44                                                        Noi, donne fuori dal Comune?
Il 78% delle donne e il 29% degli uomini rispondono di aver utilizzato i
congedi; spostando l’attenzione sul partner, emerge che le donne con figli
conviventi affermano che solo nel 7,4% dei casi i padri hanno usufruito del
congedo parentale (nel 50% dei casi non ne hanno usufruito, pur avendone
diritto), mentre il 65% dei padri afferma che le partner ne hanno usufruito.

Anche l’assistenza ad anziani e disabili è per lo più un “affare di donne”:
in buona percentuale (e in misura nettamente superiore a quello
che dichiarano di fare gli uomini) le donne o si fanno carico da sole
dell’assistenza (33% delle donne, contro 25% degli uomin) o supportano il
partner nell’assistenza (il 17,8% delle donne risponde che è aiutata, contro
il 30,8% degli uomini che dichiara di poter contare sull’aiuto della partner).

Il tempo libero
Anche nella sezione che indaga la quantità di tempo dedicata agli impegni
familiari e casalinghi ed al tempo libero emerge la disomogeneità tra le
dipendenti ed i dipendenti.
Il 60% delle donne risponde di dedicare al lavoro di casa e famiglia più di
16 ore la settimana (di queste, il 23% dedica più di 35 ore); la percentuale
degli uomini che dedicano la stessa quantità di ore è più bassa (39%). Più
interessante è la differenza tra percentuale di donne che rispondono di
dedicare più di 35 ore alla settimana e la percentuale degli uomini, 23%
contro il 9% (la maggior parte dei quali abitano da soli).

In linea con questi risultati, le domande sulla quantità di tempo libero a
disposizione mostrano risposte speculari: le dipendenti sostengono di
avere molto meno tempo libero da dedicare ai propri interessi; oltre la metà
afferma di meno di 7 ore a disposizione per il tempo libero (77,4%, di cui il
19,7% risponde di non averne affatto), mentre la percentuale degli uomini
che risponde in questo modo è il 57% (il 10,1% risponde di non averne). Il
31,6% dei dipendenti risponde di avere tra le 8 e le 15 ore di tempo libero
a disposizione, contro il 18,8% delle donne.
Analizzando nel dettaglio i rispondenti con figli conviventi, si osserva che
le percentuali per gli uomini non mutano di molto, mentre per le donne
crescono di oltre 5 punti percentuali le dipendenti che affermano di non
aver tempo libero a disposizione.



Noi, donne fuori dal Comune?                                              45
Fig. 3. Quanto ore la settimana sono dedicate al lavoro di cura della famiglia e della
     casa?




I commenti all’iniziativa, le proposte e le priorità da
realizzare
I risultati del questionario, oltre a fotografare le difficoltà di conciliazione
delle dipendenti, hanno costituito un ottimo spunto per fornire indicazioni
anche sulla percezione del clima, delle soddisfazioni e delle criticità
vissute nell’ambito lavorativo. Oltre all’interesse e all’apprezzamento
suscitati dall’iniziativa, le dipendenti hanno chiesto l’applicazione di
ulteriori strumenti per favorire la conciliazione, alcuni dei quali già applicati
dall’Amministrazione, altri in fase di attivazione, in correlazione ai progetti
di valorizzazione delle risorse umane attualmente in atto.
Gli strumenti di tutela di genere già utilizzati dall’Amministrazione:

  •	 possibilità di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a
        tempo parziale, nei limiti consentiti dalle vigenti disposizioni;
  •	 concessione dei benefici previsti dalla normativa attuale (L.104/92,
     D.lgs.n.151/01, disposizioni contrattuali varie);
  •	 flessibilità oraria.



46                                                          Noi, donne fuori dal Comune?
I progetti in fase di attivazione a supporto dello sviluppo
professionale di genere
Tra le proposte rilevate dal questionario, emerge la richiesta di poter
usufruire dell’istituto del TELE-LAVORO, coerentemente con quanto previsto
dalla vigente normativa e dal C.C.R.L. del personale del comparto unico
dd. 6.5.2008. L’Amministrazione del Comune di Udine ha recentemente
presentato un progetto, denominato “Ide@lavoro: sperimentiamo il
Tele-Lavoro nel Comune di Udine”, per usufruire dei contributi regionali
previsti nell’ambito della realizzazione dei Piani di Azioni Positive mirate
a supportare il percorso professionale di genere. Il Progetto rappresenta
un’azione concreta per favorire la conciliazione tra tempi di lavoro e tempi
di vita, ovvero tra attività lavorativa e responsabilità familiari. Obiettivi
specifici della attivazione di tale strumento sono:

  •	 introdurre nuove forme di lavoro flessibile;
  •	 migliorare la qualità della vita delle lavoratrici;
  •	 rendere più efficientI i processi organizzativi dell’Ente.

Terminata la fase sperimentale, l’istituto potrà essere regolamentato ed
entrare a regime entro i primi mesi del 2012

La costituzione del nuovo Comitato: gli obiettivi da
realizzare

Il questionario relativo alla conciliazione dei tempi lavoro-famiglia è stato
interamente progettato e somministrato dal Comitato delle Pari Opportunità
(C.P.O.) che ne ha elaborato anche i dati rilevati, senza alcun onere aggiunto
a carico dell’Amministrazione. Dai risultati emersi e sinteticamente illustrati
in questo capitolo prenderà spunto, per iniziare l’attività di competenza, il
nuovo Comitato sostitutivo del C.P.O., denominato C.U.G. - Comitato Unico
di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di
chi lavora e contro le discriminazioni - istituito con la legge n° 183 del
4.11.2010, le cui Direttive emanate il 4.3.2011 prevedono appunto la
costituzione di un unico organismo, designato all’interno dell’Ente, per il
raggiungimento dei seguenti obiettivi:



Noi, donne fuori dal Comune?                                               47
•	 assicurare, nell’ambito del lavoro pubblico, parità e pari opportunità
     di genere, rafforzando la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori e
     garantendo l’assenza di qualunque forma di violenza morale o
     psicologia e di discriminazione, diretta e indiretta relativa al genere,
     all’età, all’orientamento sessuale, alla razza, all’origine etnica, alla
     disabilità, alla religione, alla lingua;
  •	 favorire l’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico
     migliorando l’efficienza delle prestazioni lavorative, anche attraverso
     la realizzazione di un ambiente di lavoro caratterizzato da un clima di
     benessere organizzativo;
  •	 razionalizzare e rendere efficace l’organizzazione della PA, mediante
     l’unificazione di competenze nell’ottica della semplificazione
     organizzativa e della riduzione dei costi.

Il C.U.G. nominato direttamente dal Dirigente del Servizio Organizzazione e
Gestione delle Risorse Umane ha una composizione paritetica di genere, è
formato da un uguale numero di dipendenti in servizio e da rappresentanti
sindacali, resterà in carica per quattro anni e avrà compiti propositivi,
consultivi e di verifica sulle tematiche specifiche definite dalle Direttive.




48                                              Noi, donne fuori dal Comune?
Noi, donne fuori dal Comune?   49
Costruiamo la nostra città
     • Il contesto della ricerca
     • Una città a misura di donna: priorità per la
        città di udine
     • Una conciliazione family friendly
     • Città, tempo per sé, tempo libero, socialità
        e svago
     • Tre priorità per la città
     • Conclusioni




50
Il contesto della ricerca
La Commissione per le Pari Opportunità tra Uomo e Donna del Comune
di Udine ha aderito alla proposta di collaborare alla trasformazione che,
nel corso del biennio 2011/2012, vedrà il Bilancio di Genere del Comune
di Udine modificarsi da strumento di rendicontazione a strumento
di governance e si è impegnata a collaborare alla presente indagine
“Costruiamo la nostra città”.
L’obiettivo generale dell’indagine è di proporre uno spaccato sui diversi
aspetti concernenti la percezione delle problematiche e la valutazione
della qualità della vita nella città di Udine, filtrato dal punto di vista delle
donne con più di 60 anni.

L’indagine prende spunto dalle risultanze del lavoro di ricerca promosso
nel 2010 dalla Commissione Pari Opportunità della Regione Friuli Venezia
Giulia, “Costruiamo la nostra città - I principali centri urbani del Friuli
Venezia Giulia attraverso lo sguardo delle donne”, presentata a Udine il 9
giugno 2011. L’indagine regionale coinvolgeva le donne con meno di 60
anni e per questo si è voluto svilupparla, ampliando la ricerca alle donne
appartenenti alle fasce di età superiori, che a Udine rappresentano il 18,7%
della popolazione residente, e integrare la lettura di genere della città con il
loro punto di vista, sicuramente diverso da quello delle donne più giovani.
Le tematiche affrontate nell’indagine sono: la città “desiderata”, il
gradimento delle politiche sociali rivolte ai bambini, agli adolescenti e alle
persone anziane, l’utilizzo del tempo libero, e tre temi considerati prioritari
per la città:

•       la sicurezza,
•       l’ambiente ed il verde urbano,
•       la mobilità e l’offerta commerciale.

Il campione intervistato è formato da 156 donne, divise in cinque fasce
d’età (60-64, 65-69, 70-74, 75-79, 80 e oltre). La numerosità campionaria
delle fasce è stata definita cercando di mantenere una proporzione rispetto
al numero di donne residenti al 31 dicembre 2010 nelle diverse classi
d’età.



Costruiamo la nostra città                                                  51
Per quanto riguarda la classe delle donne over 80, nonostante sia quella
con il numero maggiore di residenti, la numerosità campionaria scelta è
la più bassa perché si è considerato che in quest’ultima fascia il numero
delle residenti che effettivamente sono “attive” e che “vivono la città” siano
inferiore alle altre classi d’età.
Le risposte sono state raccolte attraverso la somministrazione di questionari
cartacei effettuata nel mese di luglio 2011.


Una città a misura di donna: priorità per la città di Udine

La qualità della vita al femminile
Intervistare donne di età maggiore ai 60 anni ha significato avere una visione
della città che supera i temi classici della conciliazione dei ruoli (madre,
moglie e lavoratrice), dei compiti che le donne quotidianamente assolvono
(lavoro di cura, lavoro domestico e lavoro extra familiare) e dei tempi che
questi compiti impongono. Infatti, quasi il 70% delle donne intervistate sono
pensionate e quindi, essendo svincolate da obblighi lavorativi, possono
gestire e organizzare in modo differente la loro maggior disponibilità di
tempo libero. Inoltre, più del 55% delle intervistate appartiene a nuclei
familiari composti da due o più persone contro il 39% di donne che vivono
da sole. Questi aspetti fanno emergere diverse sensibilità riguardo aspetti
come la percezione, la preoccupazione sulla criminalità e l’esigenza di
sicurezza sociale in città.
Nel chiedere quali fosse i tre aspetti che vorrebbero vedere migliorati e
potenziati nella città “sognata”, ovvero le aspettative nei confronti del
luogo in cui vivono, esito di un incrocio di tradizioni che si sono sviluppate
attraverso diverse generazioni, di pratiche e di abitudini comuni, le
intervistate hanno espresso il desiderio che Udine fosse una città:

•        “più italiana, con meno immigrati” (37,8%). Questo desiderio può
essere dovuto dall’aumento del numero di immigrati e dal conseguente
sentimento di timore e di sospetto che nasce nei confronti dello sconosciuto
e del diverso, che può essere superato promuovendo e sviluppando,
accanto alle misure classiche di rafforzamento e tutela dell’ordine pubblico,
iniziative che favoriscano l’incontro con l’altro (straniero e non) creando reti
di relazioni per incentivare e sviluppare la socialità degli anziani.


52                                                    Costruiamo la nostra città
Questo rappresenta il carattere maggiormente dissonante rispetto al dato
emerso dalla ricerca regionale, nella quale la percentuale di donne che
vorrebbe meno immigrati è molto più bassa e la richiesta principalmente
era di una città più “dinamica” (40%), aspetto che nella nostra indagine
non rientra nelle prime cinque “richieste”, risultando in ogni caso segnalato
da quasi un’intervistata su quattro.
•         “più accogliente, aperta e moderna” (34%), ovvero una città pronta
ad interpretare positivamente la domanda e l’offerta di innovazione che,
in diversi ambiti, proviene dalla società sia in termini di organizzazione dei
servizi, sia per quanto riguarda il recepimento di nuovi stimoli proposti a
livello internazionale dal mondo scientifico, tecnologico e culturale.
•         “più ecologica”(34%), vale a dire più attenzione agli aspetti
riguardanti la tutela e la preservazione dell’ambiente. Le donne intervistate,
anche se si dichiarano sufficientemente soddisfatte del verde in città
(fruibilità di parchi e di giardini), chiedono comunque dei miglioranti ed una
maggior cura, che si esplicitano nella richiesta di spazi adeguatamente
dotati di servizi igienici attrezzati, di panchine e una maggior illuminazione;
esprimendo, anche in tal caso, la preoccupazione per la presenza di
persone indesiderabili o semplicemente percepite come pericolose (39%
delle intervistate).

   Fig.1. Aspetti che le donne di Udine con più di 60 anni vorrebbero nella loro città
   desiderata




Costruiamo la nostra città                                                               53
•        “più sicura” (30,8%). Anche tra gli aspetti della città desiderata,
riemerge il tema della preoccupazione sulla sicurezza per le donne con più
di 60 anni, che probabilmente dipende peraltro da fattori diversi da quelli
segnalati dalle donne under 60 anni nell’ambito della ricerca regionale
(nella quale questo aspetto era indicato dal 20% delle intervistate). Si
tratta di una preoccupazione che probabilmente riguarda il timore di
essere scippate o importunate, piuttosto che molestate o violentate, ma
che certamente impone una riflessione complessa al decisore pubblico in
quanto, non sentirsi a proprio agio negli spazi urbani, condiziona fortemente
la vita di tutti i cittadini.

Gli aspetti positivi della città
Per quanto riguarda la mobilità, le donne nelle fasce d’età considerate
rientrano nella categoria delle persone che, per gli spostamenti, utilizzano
meno l’auto e maggiormente i mezzi pubblici, le zone pedonali e le piste
ciclabili. Vista l’età hanno dei tempi di vita più rilassati e dunque una
maggiore propensione per gli “spostamenti lenti”. Per questa ragione è
interessante la valutazione che queste persone danno sui servizi citati e
sulla loro capacità di facilitare gli spostamenti.

      Fig.2. Aspetti della città che le donne con più di 60 anni considerano positivi




Come emerge dal grafico, tra i primi tre aspetti della città segnalati come
positivi, due sono riconducibili a queste tematiche: le brevi distanze cittadine
e la rapidità negli spostamenti, che risulta il più segnalato (il 65,2% delle


54                                                            Costruiamo la nostra città
intervistate) e la buona presenza di servizi (40%). Tra questi due aspetti,
è indicata la tranquillità della città, declinata nelle diverse caratteristiche,
dalla bassa invadenza del traffico alla scarsa rumorosità cittadina.


Una conciliazione family friendly
Adeguatezza dei servizi per bambini/adolescenti e anziani
Considerando l’età delle donne del campione non si deve ragionare in
un’ottica di “accudimento” dei figli, bensì dei nipoti, spostando quindi
l’attenzione sull’aiuto e sul supporto che queste donne possono fornire a
figli e figlie, nel consentire loro di conciliare la vita familiare e lavorativa,
problematica emersa anche nell’ambito dei focus group dell’indagine
regionale. Infatti, il 45% delle intervistate ha nipoti di età media di 7 anni e
di queste, il 75% ritiene che il loro sia un contributo utile, se non addirittura
importante, ai genitori dei bimbi accuditi.
Complessivamente, più della metà del campione è soddisfatta dei
servizi cittadini per bambini e adolescenti, pur rilevando la necessità
di implementare i centri di aggregazione per adolescenti, segnalando
l’attenzione e l’interesse del benessere dei nipoti anche quando questi non
sono più bambini.

I tre servizi ritenuti essenziali per migliorare la qualità della
vita delle famiglie
L’analisi delle risultanze evidenzia la necessità di implementare i servizi di
supporto alla cura e alla relazionalità degli anziani, che sono ritenuti meno
soddisfacenti rispetto a quelli dedicati ai giovani.
In particolare le donne intervistate rilevano insufficienti, nell’ordine,
l’offerta di servizi di assistenza domiciliare, l’offerta di iniziative ed attività
che favoriscano la socializzazione e l’incontro e, infine l’offerta di attività
diurne. Questi dati mettono in luce, così come già evidenziato nell’indagine
regionale e in sintonia con la stessa, che la domanda di servizi e supporto,
dato il progressivo invecchiamento della popolazione, è in aumento e la
risposta, richiede inevitabilmente un forte e mirato impiego di risorse
economiche e non.




Costruiamo la nostra città                                                     55
Città, tempo per sé, tempo libero, socialità e svago

Le donne intervistate si ritengono abbastanza soddisfatte del tempo libero
di cui dispongono (64,7%) e, nell’ordine, lo vorrebbero utilizzare per sé
stesse (82,7%), per svolgere attività finalizzate a sviluppare i propri interessi
culturali ed artistici (73,1%), per frequentare amici, per fare attività fisica e
mantenersi in forma. L’offerta culturale della città (teatri, concerti, incontri)
risponde ai gusti e alle esigenze per il 75% delle intervistate, che però, per
rendere migliore e più accessibile l’offerta, desidererebbero usufruire di
maggiori agevolazioni e sconti (60%), nonostante in molti casi siano già
previste per la fascia d’età over 65.


Le tre priorità per la città

In questa sezione del rapporto, sulla traccia dell’indagine regionale,
vengono riportate le risultanze dell’analisi dei dati relativi a tre macroaree
che meritano un’attenzione particolare: sicurezza, ambiente e verde
pubblico, mobilità e commercio.

Città e sicurezza
Nonostante le preoccupazioni segnalate, le donne intervistate hanno, in
prevalenza, la percezione di una città abbastanza sicura (il 74.4% risponde
abbastanza o molto sicura), anche se il timore di muoversi la sera è alto.
Infatti, il 73% non si sente sicura ed ha paura a spostarsi da sola in città
e questo timore aumenta al crescere dell’età, caratteristica in linea con
quanto già era emerso nell’indagine regionale.

     Tab. 1. Percentuale di risposte positive (abbastanza - molto) su diversi aspetti della
     sicurezza




I sentimenti di timore e insicurezza percepiti camminando da sole di
notte nella città sono probabilmente riconducibili, come segnalato anche


56                                                               Costruiamo la nostra città
nell’indagine regionale, a due fattori: da un lato l’aumento del numero degli
immigrati in città (13% sul totale della popolazione) e la conseguente paura
di cui si è già discusso in precedenza e d’altro lo spopolamento del centro
storico; fattori che amplificano un senso di vulnerabilità nelle persone più
deboli (soprattutto nelle fasce di età più “anziane”), e aumentano la loro
preoccupazione anche per la sicurezza dei nipoti.
Un altro aspetto legato alla sicurezza dei luoghi è la loro adeguata
illuminazione: complessivamente il 66% delle intervistate ha un giudizio
positivo sull’ adeguatezza dell’illuminazione cittadina, anche se si osserva
che il gradimento cala all’aumentare dell’età dell’intervistate.
Come si vede dal grafico in fig. 3., l’intervento per aumentare la sicurezza,
che è indicato da più intervistate, è il potenziamento dei controlli
(70,5%). Altri interventi segnalati sono la videosorveglianza (39,7%)
e il potenziamento dell’illuminazione (37,2%). Inoltre, per eliminare la
percezione di insicurezza, le donne intervistate indicano anche due
interventi non finalizzati esclusivamente alla sicurezza: la riqualificazione
di specifiche aree ed il potenziamento della fruibilità dei luoghi pubblici.

   Fig. 3. Interventi segnlati dalle donne con più di 60 anni per aumentare la sicurezza




Città e ambiente
Le donne, sia over che under 60 anni, ritengono fondamentale, per la
qualità della vita, il tema dell’inquinamento, rispetto a tre specifici elementi:
inquinamento dell’aria, inquinamento acustico e sporcizia. Dall’analisi dei
dati emerge la preoccupazione per l’inquinamento dell’aria (il 69.2% delle
intervistate ritiene che l’aria di Udine sia molto o abbastanza inquinata).


Costruiamo la nostra città                                                                 57
I giudizi emersi invece rispetto alla rumorosità, alla pulizia della città sono
mediamente positivi. Un ulteriore aspetto, ritenuto importante per la buona
qualità della vita, è la presenza in città di spazi verdi pubblici.
A questo proposito il 76.3% delle intervistate ritiene che ci siano abbastanza
aree verdi, anche se non distribuite in modo omogeneo nella città. Sempre
a questo proposito, emergono alcune criticità, su cui l’amministratore
pubblico potrebbe agire in modo concreto, che riguardano: l’assenza di
servizi igienici adeguati (segnalata dal 63.7% delle intervistate), la scarsa
illuminazione (50%), la presenza di persone percepite come pericolose
(39.1%).

     Tab. 2. Percentuale di risposte positive (abbastanza - molto) su diversi aspetti
     della sicurezza




Città, mobilità e commercio
Sui servizi di trasporto pubblico, poco più della metà delle intervistate
esprimono un giudizio positivo (abbastanza o molto). Nel dettaglio, l’aspetto
più apprezzato è il numero di linee degli autobus (il 68,6% esprime un
giudizio positivo), seguono la puntualità (64,7%) e la qualità delle fermate
(57,7%). Sono di poco superiore al 50% le donne che reputano positivo il
numero di corse, mentre solo il 30% esprime un giudizio positivo sul costo
di biglietti e abbonamenti.

     Tab. 3. Percentuale di risposte positive (abbastanza - molto) su diversi aspetti dei
     mezzi pubblici




Quanto emerso dalla ricerca conferma lo stretto legame che intercorre fra
l’offerta commerciale della città e gli aspetti relativi alla mobilità (ridefinizione


58                                                              Costruiamo la nostra città
dei rapporti centro - periferia): infatti, il primo degli interventi che le donne
intervistate evidenziano, per migliorare la vocazione commerciale della
città, riguarda la richiesta di aumentare i collegamenti pubblici ai punti di
vendita esistenti (50,4%), richiesta legittima se si considera che il solo 40%
utilizza anche la macchina per gli spostamenti e che la maggior parte dei
punti vendita fuori città sono raggiungibili solo con mezzi propri.


Conclusioni
In sintesi, dalla ricerca emerge che le donne over 60 si discostano dalle
donne under 60 per una preoccupazione più accentuata riguardo la
percezione della sicurezza e per il fatto di disporre di maggior tempo libero.
Elementi comuni risultano invece l’esigenza di una città “a misura d’uomo”,
o meglio, “a misura di donna”: vitale, ma non caotica, funzionale ma
anche solidale e attenta ai problemi delle fasce deboli (anziani e minori in
particolare), una città da percorrere in bicicletta, o magari passeggiando a
piedi.
Esigenze non diverse, come vedremo, da quelle espresse anche da
altri cittadini (maschi e femmine), “portatori di interessi” coinvolti nelle
audizioni effettuate dal Comune nel percorso finalizzato all’adozione del
nuovo PRGC.




Costruiamo la nostra città                                                   59
60   Bilancio di Genere e Piano Regolatore
Bilancio di Genere e Piano Regolatore

Nel capitolo precedente abbiamo evidenziato i “desiderata” delle donne, in
relazione alla città di Udine.
Ora verificheremo se, e in che misura, le esigenze espresse dalle donne,
siano state recepite dall’Amministrazione Comunale nel documento che,
più di ogni altro, è finalizzato a ridisegnare Udine in prospettiva futura,
ovvero il Nuovo Piano Regolatore Generale Comunale, adottato dal Consiglio
Comunale con deliberazione n.67 d’ord. in data 25/07/2011.
In primo luogo ci siamo chiesti se, quanto emerso dalle indagini effettuate
dalla Commissione Pari Opportunità della Regione FVG, integrate con
l’interpello delle donne residenti a Udine di età pari o superiore ai 60
anni, corrispondano o meno alle esigenze esposte dalla Commissione Pari
Opportunità del Comune di Udine nell’ambito del tavolo di lavoro promosso
dal Comune stesso per acquisire indicazioni e proposte, da parte dei diversi
“portatori di interessi”, per l’elaborazione del P.R.G.C.
A tale proposito evidenziamo una sostanziale sovrapponibilità delle
suddette istanze (il che conferma la rappresentatività dell’organismo di cui
trattasi, in rapporto al genere femminile).
Il documento presentato dalla Commissione Comunale Pari Opportunità, al
tavolo interdisciplinare di cui sopra, evidenzia infatti le medesime criticità
emerse dall’analisi dei questionari del progetto “Costruiamo la nostra città”:
criticità, della Udine di oggi, che si chiede vengano affrontate e risolte.
E in tal senso, la Commissione rivendica il ruolo importante delle donne
nella formulazione di proposte concrete, che siano lo spunto per decisioni
politiche oculate e lungimiranti, partendo dall’assunto che “la donna che
combatte con le sconnessioni di un marciapiede in cui si impennano le
rotelline piroettanti del passeggino che spinge, è molto più vicina alla
comprensione delle difficoltà che incontra un portatore di handicap di
quanto non lo sia l’uomo che incede solitario e veloce”.
A questo punto abbiamo esaminato la corposa e complessa documentazione
che compone il nuovo P.R.G.C. e abbiamo riscontrato molteplici “punti di
incontro” fra le previsioni urbanistiche introdotte ex novo, e le esigenze
esposte dai cittadini di genere femminile.
La Relazione Generale al Piano, in particolare, illustra i principi a cui il
documento si ispira, gli obiettivi che si propone di conseguire, e le linee di


Bilancio di Genere e Piano Regolatore                                     61
sviluppo in cui si articola il nuovo P.R.G.C., ed espone concetti certamente
condivisibili, che traducono, in sede di pianificazione territoriale, l’esigenza
espressa dalle donne di vivere in una città intesa come “organismo
solidale”, che agevola l’incontro e il confronto, che punta a migliorare la
qualità della vita dei cittadini e a salvaguardare l’ambiente.
Il tema della qualità edilizia e della tutela del patrimonio architettonico,
dell’identità anche culturale dei luoghi (in particolare con riferimento
ai borghi storici e rurali), il previsto ampliamento e la valorizzazione
delle aree verdi scoperte (orti, giardini, braide, ecc.) e, prima ancora, la
scelta di contenere e limitare le aree di possibile espansione edificatoria
(lottizzazioni), minimizzando l’utilizzo di aree non ancora urbanizzate, sono
certamente scelte politiche in sintonia con il “sentire delle donne”.
Donne che si riconoscono nella cosiddetta filosofia della “città dei 500
passi” (circa 300 metri), che è la distanza massima da percorrere, partendo
da un qualunque punto della città, per raggiungere sedi di Enti Pubblici,
strutture di interesse pubblico (ospedale, stadio, università parchi, istituti
scolastici superiori ecc.) e fruire dei relativi servizi. Il Piano inoltre, individua
nelle zone carenti –soprattutto in periferia-, aree che si prevede vengano
dotate di verde pubblico attrezzato, piste ciclabili o percorsi pedonali di
verde pubblico (in modo da creare, nel tempo, un sistema integrato di spazi
fra loro collegati, accessibili e fruibili da tutti), che siano anche luoghi di
ritrovo e di aggregazione, valorizzando il patrimonio naturale esistente (es.
con la salvaguardia dei corsi d’acqua che attraversano la città, ovvero le
rogge).
Ciò che non viene recepito sono invece, ad esempio, l’esigenza di migliori
infrastrutture (ad esempio maggiori spazi-parcheggio dinnanzi alle scuole
dove sostare quando si accompagnano i bambini), piuttosto che es. una
maggiore sicurezza in città (che consenta alle donne di muoversi con
maggior tranquillità, soprattutto in ore serali ed in periferia).
Peraltro, più che di “carenze del Piano” o della dimostrazione di una scarsa
sensibilità dell’Amministrazione rispetto ai predetti temi, la mancanza di
indicazioni in tal senso si giustifica per il fatto che si tratta di questioni non
risolvibili attraverso questo strumento di programmazione.
In particolare es. realizzare o meno nuovi parcheggi prospicienti le scuole, è
certamente anch’essa una decisione politica, ma che si esprime attraverso
l’approvazione del Bilancio (Annuale e Triennale) e del Programma triennale
e Piano Annuale delle opere pubbliche.


62                                           Bilancio di Genere e Piano Regolatore
In tali documenti quindi, e non nel P.R.P.G., dovrebbero, e dovranno, essere
inseriti i predetti interventi (e noi esamineremo quegli atti, il prossimo anno,
per verificare se la questa esigenza è stata/viene/verrà accolta).
Per quanto concerne “la sicurezza”, vi sono specifiche deliberazioni
Giuntali che hanno approvato un piano per l’installazione di telecamere
in diversi punti della città, che sarà soggetto a progressive integrazioni ed
implementazioni.
Ritornando però alla questione “parcheggi dinanzi alle scuole”, ci
permettiamo una breve digressione che esprime una nostra opinione
personale (ovvero delle componenti del tavolo interdisciplinare per la
redazione del Bilancio di Genere del Comune di Udine, o meglio “dei
componenti” del predetto tavolo visto che, in attuazione del principio
delle pari opportunità, quest’anno abbiamo cooptato anche un esperto di
statistica di genere maschile!).
Non si può disconoscere il fatto che, per le donne che accompagnano i
figli a scuola, soprattutto se sono donne che lavorano, poter parcheggiare
nelle immediate vicinanze dell’Istituto, consenta di ridurre il tempo di
“espletamento di tale incombenza” e lo stress che deriva dal parcheggiare
invece dove possibile, e magari anche in doppia fila, con la preoccupazione
di prendere la multa e/o di non arrivare in tempo in ufficio.
Ma il problema forse si deve affrontare in un altro modo, ad esempio favorendo
l’utilizzo dei mezzi pubblici (valutando, ed eventualmente modificando, la
frequenza delle corse in alcune fasce orarie e il posizionamento di alcune
fermate (cosa che peraltro implica un ragionamento da condividere con
SAF S.p.A., ovvero la società, per inciso partecipata anche dal Comune di
Udine, che attualmente gestisce il trasporto pubblico locale).
Parallelamente, si dovrebbero incentivare forme alternative al traffico
veicolare, attraverso la realizzazione di piste ciclabili che consentano a
mamme e bambini, di raggiungere in sicurezza le scuole, o l’individuazione
di percorsi “protetti” per favorirne l’arrivo a piedi (e in tal senso esistono
già, ma andrebbero forse implementate e incentivate forme di mobilità
“eco-sostenibili” nell’ambito del P.U.T. (Piano Urbano del Traffico) o del
futuro P.U.M. (Piano Urbano della Mobilità), piuttosto che essere attuati,
in forma sistematica e continuativa, progetti quali “Pedibus”, che invece
vengono attuati in modo discontinuo e frammentario, per carenza di fondi
a Bilancio).
Infine, si dovrebbe sicuramente rivedere e rendere più funzionali gli “orari


Bilancio di Genere e Piano Regolatore                                       63
della città” (negozi, uffici ecc.) per evitare il congestionamento del traffico
in alcuni orari (obiettivo non facile perché presuppone accordi fra Enti, con
diverse Istituzioni, i rappresentanti delle categorie economiche ecc.).
Ma, a monte, come di consueto, dovremmo porci un’altra domanda
(peraltro retorica), ovvero: ma perché sono soprattutto le donne a portare
e riprendere i bambini a scuola?
Questo ci rimanda automaticamente al tema essenziale della “conciliazione
fra tempi di cura e custodia/tempi da dedicare al lavoro/tempi per sé
stesse” e ci impone, ancora una volta, una riflessione sulla divisione dei
compiti-oneri fra uomini e donne, nell’esercizio delle incombenze familiari.
Si tratta di un problema ovviamente anche “culturale”, di mentalità, che va
cambiata.
Ci sono, in alcuni casi in Italia, ma soprattutto all’estero, esempi “illuminanti/
illuminati”.
L’esempio della Norvegia, a cui si fa riferimento nel capitolo finale, ne è un
esempio che dovrebbe far riflettere la classe politica a livello nazionale e
locale.




64                                         Bilancio di Genere e Piano Regolatore
Bilancio di Genere e Piano Regolatore   65
66   Esperienze a confronto: il caso norvegese
Esperienze a confronto: il caso norvegese

“Stretta tra il sacro e il naturale, la madre è il primo e l’ultimo tabù della cultura
maschile dominante, e, per le donne, l’esperienza che rischia di vederle divise.
Oppure – perché no? – l’inizio di un movimento capace di spingersi più a fondo
nell’analisi del rapporto tra i sessi.”
(“Amore e violenza”, Lea Melandri)

Nell’autunno 2010 il ministro dell’infanzia e dell’uguaglianza Audun
Lysbakken ha utilizzato un congedo di paternità di quattro mesi per
dedicarsi completamente a pannolini e passeggini, mentre la neo madre
è tornata al lavoro. A distanza di poche settimane un congedo di paternità
di tre mesi è stato preso del ministro della giustizia Knut Storberget.
Questa consuetudine, che in Italia farebbe sorridere alcuni e storcere il
naso ad altri, è diffusa in Norvegia dove ogni anno sono 40.000 (su una
popolazione di 14,6 milioni di abitanti) i padri che lasciano il lavoro per
dedicarsi alla cura dei loro neonati. I posti temporaneamente vacanti sono
stati affidati a due donne ed il primo Ministro laburista Jens Stoltenberg
(che a sua volta usufruì del congedo nel 1989, quando era solo uno dei
400 a richiederlo) è tutt’altro che preoccupato per il suo esecutivo, anzi
è felice che i due colleghi possano usufruire del congedo ed ha aggiunto
che “non può essere che noi uomini siamo più indispensabili sul posto di
lavoro, o al governo, delle donne”.
Questa rivoluzione familiare e culturale è stata possibile grazie alla legge
sul pappapermisjon approvata nel 1993 dal governo socialdemocratico
che guidava il paese. L’allora ministro dell’infanzia Grete Berget ricorda di
come all’epoca la società norvegese fosse caratterizzata da una profonda
divisione dei ruoli tra i due generi: gli uomini si occupavano del lavoro, le
donne della casa e della famiglia. Il progressivo inserimento delle donne
nel mondo del lavoro, ha portato a constatare che per ottenere una
vera uguaglianza, oltre al superamento della rigida divisione dei ruoli, le
responsabilità familiari dovessero essere condivise.
Queste considerazioni condussero ad una revisione della legge che fin dal
1977 dava la possibilità di dividere il congedo di maternità tra madre e
padre, opportunità che era stata sfruttata solo dal 2,3% dei padri. La nuova
legge introdusse per i genitori il diritto di poter suddividere e gestire, alla


Esperienze a confronto: il caso norvegese                                         67
nascita del figlio, un periodo di permesso di 46 settimane retribuito al 100%
o di 56 settimane all’80% ed il diritto per entrambi di poter beneficiare di
un congedo di 15 giorni subito dopo il parto. Per incoraggiare i padri ad
assentarsi dal lavoro per allevare il figlio, la legge ha introdotto la “quota
paterna”; essa consiste in 10 settimane (aumentate dall’attuale governo
dalle 6 settimane stabilite nel 1993) del congedo riservate ai padri, che
vanno perdute se questi decidono di rimanere al lavoro, con conseguente
danno per l’intera famiglia.
I risultati sono stati sorprendenti: due anni dopo l’introduzione della legge,
il 70% dei padri utilizzava la quota paterna e nel 2008 si è raggiunto
l’attuale 90%. Negli anni è aumentata anche la percentuale di padri che
usufruiscono di un congedo più lungo, nel 2000 erano l’11%, saliti al 16,5%
nel 2008.
Sembra però che questo non sia ancora sufficiente per l’attuale governo
norvegese, che proseguendo sulla strada imboccata nel 1993, dal 1°
luglio 2011 ha portato a 12 settimane la quota paterna con l’intenzione di
raggiungere le 14 settimane nel 2012.
Non sufficiente è anche per la confederazione sindacale e per la
confindustria norvegesi che, nonostante i progressi fatti, vorrebbero andare
oltre, chiedendo un congedo di maternità diviso in tre: una parte riservata
al padre, una alla madre e la restante a scelta tra i due genitori. Su questo
punto però, il governo sembra restio, considerandola una suddivisione
troppo rigida.
Gli effetti di questa riforma sono molteplici e toccano sia il neonato e la
sua crescita, sia l’uguaglianza e le pari opportunità tra uomini e donne.
Per quanto riguarda gli effetti sui neonati, vi è la consapevolezza che la
partecipazione, presente ed attiva della figura paterna, sia estremamente
positiva per la crescita del bimbo e per la costruzione di un forte legame col
figlio che si protenderà nel corso della vita. Inoltre, il comportamento del
padre sarà per il bambino il primo contatto con l’idea di uguaglianza e di
condivisione dei diversi ruoli della vita, sviluppando perciò, fin dall’infanzia,
la cultura della parità e dell’uguaglianza tra i sessi.
Oltre che nella condivisione della maternità, si possono generare degli
effetti percepibili anche in altri ambiti della sfera sociale e lavorativa che
hanno portato, nella cultura norvegese, al superamento delle vecchie
convenzioni sociali ed ad una parità tra i generi, sentita come un valore
condiviso e non opinabile, senza necessità di essere ricordata ed imposta


68                                     Esperienze a confronto: il caso norvegese
dalla legge.
Un beneficio di questa legge si potrà riscontrare nel superamento degli
eventuali ostacoli, che talvolta compromettono l’assunzione o la carriera
delle donne, dovuti alla maternità o ad una futura. Una legge come quella
norvegese è un buon modo anche per evitare che le donne, seppur
meritevoli, vengano discriminate al momento dell’assunzione solo per
la possibilità di una maternità che agli occhi del datore di lavoro può
rappresentare un problema. Infatti, spingendo anche i padri ad assentarsi
dal lavoro per crescere il neonato, si fa in modo che questa discriminante
della maternità perda peso, favorendo e facilitando così la partecipazione
femminile al mondo del lavoro (infatti la Norvegia ha il secondo tasso
occupazionale femminile d’Europa, 73,3%).
Il pappapermisjon ha contribuito anche a portare il tasso di natalità tra i più
elevati dell’Unione Europea ed a mantenere costante negli anni il numero
di divorzi (crescente nella maggior parte dei paesi europei), che spesso
sono dovuti alle tensioni che possono crearsi all’interno delle famiglie a
causa delle disuguaglianze tra i generi.
Mentre altri stati europei (Germania, Portogallo, Islanda) sembrano
intenzionati a seguire l’esempio norvegese, l’Italia pare lontana e non
particolarmente interessata ad un cambiamento.
L’attuale normativa italiana stabilisce un congedo di maternità obbligatorio
di 5 mesi (di norma 2 prima e 3 dopo il parto) per la madre con un’indennità
pari all’80% dello stipendio ed un congedo parentale retribuito al 30% di
10 mesi frazionabili, da suddividere tra i due genitori (con un massimo di 6
mesi per ciascuno) e da utilizzare entro gli otto anni del bambino (mentre
l’indennità è riconosciuta solo fino ai tre anni). L’unico incentivo affinché
il padre utilizzi il congedo parentale è l’estensione a 7 mesi, se questi ne
fruisce per un periodo di almeno 3 mesi, portando a 11 i mesi totali a
disposizione dei genitori.
Alla luce di queste norme, pur essendoci una buona tutela della madre,
si constata che non vi è alcun incentivo affinché il padre resti a casa ad
allevare il neonato nei primi mesi di vita. La legge così strutturata, non
contribuisce a superare la cultura della divisione dicotomica dei ruoli tra i
coniugi (soprattutto in alcune aree del paese) e le difficoltà delle donne nel
mondo del lavoro (il tasso di occupazione femminile italiano raggiunge il
46,1%, risultando tra i paesi europei migliore solo al dato di Malta). Infatti,
non è ancora scomparsa l’idea, magari solo velata, secondo la quale


Esperienze a confronto: il caso norvegese                                  69
debba esse la donna ad occuparsi della cura e dell’allevamento dei figli,
addossandosi il peso dell’impiego familiare, rendendo così impossibile la
conciliazione con la vita lavorativa e creando tra i generi una disomogeneità
di possibilità ed opportunità nella vita.
Nel mondo del lavoro, una legge come l’attuale, continua ad alimentare le
difficoltà per le donne di partecipare completamente ed in modo realizzante
alle attività lavorative, in quanto permette ancora che la maternità possa
essere una discriminate nell’assunzione di una donna; facendo sì che la
preferenza sia rivolta agli uomini che, molto difficilmente, si astengono dal
lavoro per congedi legati alla crescita del figlio. Questo è confermato dai
dati INPS relativi al 2010 per i lavoratori dipendenti: il numero di lavoratori
che hanno beneficiato del congedo parentale sono solo il 9% (pari a 27.418
a fronte di 256.971 lavoratrici), dato comunque in crescita rispetto al 4%
del 2003.
Un altro fattore, non secondario nella ricerca della parità e dell’uguaglianza,
che determina questa disparità nella richiesta di congedi parentali, è la
differenza di salario tra uomini e donne, che porta la coppia a privarsi del
reddito più basso, generalmente quello della madre.
Il cambiamento dovrebbe arrivare con la direttiva approvata dal parlamento
europeo il 20 ottobre 2010 ed ora all’esame del Consiglio dei Ministri
dell’Unione Europea. La direttiva, in materia di congedi di maternità,
introduce l’importante novità del congedo di paternità obbligatorio per
almeno due settimane. Le novità per le donne sono un congedo obbligatorio
di 20 settimane con retribuzione al 100% dello stipendio. Se per le donne
italiane la direttiva andrà ad influire principalmente solo sulla retribuzione,
per gli uomini la nascita del bambino rappresenterà un momento per essere
maggiormente responsabilizzati, e determinerà un importante mutamento
culturale nel coinvolgimento dei padri nella cura della famiglia e dei figli.
Qualora entrasse in vigore la direttiva, il governo dovrebbe cambiare una
legge che negli ultimi anni ha avuto alcune proposte di modifica, nella
direzione che sta tracciando l’Unione Europa, dibattute alla Camera,
ma che non hanno portato al cambiamento della normativa vigente;
probabilmente anche per lo scarso interesse e la scarsa considerazione
per questa materia.
La strada imboccata con questa legge dalla Norvegia sembra quella giusta,
anche se ovviamente non può essere la bacchetta magica che cancella
tutte le disuguaglianze. Infatti, nello stato scandinavo il divario salariale tra


70                                     Esperienze a confronto: il caso norvegese
uomini e donne è del 15% (comunque basso rispetto agli altri stati europei)
e le donne, principalmente impegnate nella pubblica amministrazione,
fanno maggior ricorso al part-time.
Oltre a questo, a rallentare la corsa alla piena uguaglianza, contribuiscono
le critiche che arrivano dai partiti di destra sui principi ispiratori che
regolano questa legge. Il partito conservatore sostiene che questa legge
(definita “femminismo di stato”) sia un’intromissione nella vita famigliare
sull’organizzazione della crescita dei figli, che dovrebbe spettare ai
genitori e non allo stato. A questo sistema, che considerano troppo rigido,
preferiscono gli incentivi fiscali mirati alle famiglie.
Come nel caso norvegese, le critiche mosse solitamente contro una
normativa (come possono essere le quote rosa) per favorite l’uguaglianza e la
partecipazione delle donne, si scagliano proprio contro quella che reputano
un’imposizione “calata dall’altro”, mentre questi valori dovrebbero nascere
spontaneamente, anche per la spinta della determinazione femminile.
In linea teorica queste critiche possono anche trovare un fondamento, ma
la questione va considerata a livello di ciò che si osserva nella società,
dove la mentalità, sviluppatasi su convenzioni sociali di disuguaglianza e
divisione dei ruoli, difficilmente può venir superata senza una “forzatura”
iniziale, quale una legge, che valga da punto di partenza per porre le basi
per un rapido superamento di questa mentalità ed il raggiungimento di una
piena uguaglianza e parità.




Esperienze a confronto: il caso norvegese                                71
72   Bilancio di Genere 2011
Non lasciare che la paura
                             cancelli
                         la tua libertà!


                     Sede: Distretto Sanitario di Udine
                      Via San Valentino 20, III piano
                                   Udine

                           NUMERO VERDE
                            800.531.135




Bilancio di Genere 2011                                   73
Bilancio di Genere 2011
Bilancio di Genere 2011
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Bilancio di Genere 2011

  • 1. U mo D nna BILANCIO DI GENERE 2011 Comune di Udine Realizzato con il finanziamento della Regione F.V.G.
  • 2.
  • 3. Indice Presentazione del Bilancio di Genere 2011 3 I dati socio-economici 6 La popolazione 7 Il mondo del lavoro al femminile 13 L’imprenditoria al femminile 17 Università: le laureate ed il loro futuro 22 Udine nel 2025: previsioni demografiche 26 Riclassificazione delle spese di bilancio del Comune di Udine 30 Il bilancio rivisto in ottica di genere 31 Le cifre 33 Le opere del verde pubblico 37 Noi, donne fuori dal Comune? 38 Le risorse umane nel Comune di Udine 39 E’ difficile conciliare famiglia e lavoro al Comune di Udine 40 I commenti all’iniziativa, le proposte e le priorità da realizzare 44 I progetti in fase di attivazione a supporto dello sviluppo professionale di genere 45 La costituzione del nuovo Comitato: gli obiettivi da realizzare 45 Costruiamo la nostra città 48 Il contesto della ricerca 49 Una città a misura di donna: priorità per la Città di Udine 50 Indice 3
  • 4. Una conciliazione family friendly 53 Città, tempo per sé, tempo libero, socialità e svago 54 Tre priorità per la città 54 Conclusioni 57 Bilancio di Genere e Piano Regolatore 59 Esperienze a confronto: il caso norvegese 65 4 Indice
  • 5. Presentazione del Bilancio di Genere 2011 Qualunque scelta un’Amministrazione compia ha un impatto sulla vita quotidiana. Ecco perché un’Amministrazione attenta a tutti i suoi cittadini deve valutare se garantire pari opportunità oppure, anche inconsciamente, discriminare tra i generi. Il Bilancio di Genere è lo strumento per valutare l’impatto delle politiche adottate e per comunicare ai cittadini e alle cittadine le azioni che questo Comune compie per le pari opportunità, oltre a stimolare comportamenti consapevoli. Il Bilancio di Genere sviluppa anche un concetto di “interrelazione”. Pur soffermandosi prevalentemente sui servizi resi dal Comune di Udine, integra i relativi dati con quelli del contesto territoriale. In questo modo riferisce, nel contempo, anche di alcune iniziative che, in parallelo, sono state condotte dai privati, come associazioni e altri portatori di interesse, e da altri Enti e strutture, quali la Camera di Commercio, l’Università, la Provincia di Udine. Rispetto alle passate edizioni, il Bilancio di Genere di quest’anno presenta tre elementi di novità. Prima di tutto vuole superare la fase della mera rendicontazione da affiancare al Bilancio Consuntivo, avviando un processo finalizzato a contribuire alla redazione del Bilancio di Previsione, che si concreterà il prossimo anno. Vengono analizzate, attraverso strumenti di programmazione/pianificazione, le istanze delle donne in relazione alla “Udine di domani” (alla “città delle donne”), in rapporto al nuovo Piano Regolatore Generale che, dopo l’adozione a luglio da parte del Consiglio Comunale, sarà approvato il prossimo anno dopo oltre 40 anni dall’ultima versione. Il secondo aspetto di novità è rappresentato dal fatto che, nell’ambito della riclassificazione del bilancio in ottica di genere, non solo si rivaluta la spesa corrente, ma anche alcune voci della spesa in conto capitale, come ad Presentazione del Bilancio di Genere 2011 5
  • 6. esempio le opere di valorizzazione nel verde pubblico. Gli interventi operati hanno tenuto in considerazione ciò che le donne ritengono essenziali per garantire un buon livello di qualità della vita in città, come ad esempio la sostenibilità ambientale come valore primario da difendere e implementare. Il terzo aspetto, infine, riduce la distanza fra il dato rilevato e la pubblicazione del testo, in modo tale da rendere quest’ultimo più interessante proprio perché più vicino alla realtà attuale. I dati statistici, ad esempio, non sono la fotografia dell’anno scorso, né quella di quest’anno, ma la proiezione dei dati attuali in prospettiva futura (non chi eravamo, o chi siamo, ma chi/ come saremo nel prossimo futuro). In questo senso si chiude il cerchio fra la Udine di ieri, quella di oggi e quella di domani. E nel frattempo, come è giusto che sia, se ne apre un altro. La Consigliera Delegata al Bilancio di Genere Il Sindaco Cinzia Del Torre Furio Honsell 6 Presentazione del Bilancio di Genere 2011
  • 7. Presentazione del Bilancio di Genere 2011 7
  • 8. I dati socio-economici • La popolazione • Il mondo del lavoro al femminile • L’imprenditoria al femminile • Università: le laureate ed il loro futuro • Udine nel 2025: previsioni demografiche 8
  • 9. La popolazione La popolazione del Comune di Udine, proseguendo il trend di crescita iniziato oltre 10 anni fa, nel 2010 ha raggiunto i 99.439 residenti. Rispetto l’anno precedente l’incremento è stato dello 0,2% ed è frutto del saldo migratorio positivo (differenza tra iscritti e cancellati all’Anagrafe) pari a 444 persone, con un saldo migratorio femminile di 381 unità. La presenza femminile è costante negli anni e si attesta al 53,4% con un incremento di 193 residenti a fronte di un decremento di 5 residenti maschili. Le nascite sono state 830, di cui il 51% bambine, ed i decessi 1.086, determinando così un saldo naturale negativo (-256), come ormai si verifica da anni. Tab. 1. Movimento e calcolo della popolazione residente al 31 dicembre 2010 Fonte: elaborazione su dati Anagrafe Comune di Udine Per quanto riguarda la struttura della popolazione, si osserva omogeneità numerica tra uomini e donne nelle classi fino ai 54 anni (nelle classi da 5 a 40 anni, il numero di maschi supera leggermente quello femmine). Dopo quest’età, c’è una maggior presenza femminile, che supera il migliaio di unità di differenza (dopo i 75 anni il divario è di oltre 4.000 persone). La popolazione con più di 60 anni rappresenta quasi un terzo della totale, conseguenza del processo di invecchiamento che ha fatto aumentare l’incidenza delle classi più anziane. Il 60% dei residenti over 60 sono donne e considerando solo gli over 80 (che rappresentano l’8% del totale), la percentuale femminile raggiunge il 69%. Questa prevalenza del genere femminile è dovuta principalmente alla maggiore speranza di vita alla nascita delle donne. I dati socio-economici 9
  • 10. Fig. 1. Popolazione residente nel Comune di Udine per fasce d’età al 31 dicembre 2010 Fonte: elaborazione su dati Anagrafe Comune di Udine La popolazione residente straniera nel 2010 rappresenta il 13,5% (13.488) del totale, con un aumento del 3,5% rispetto l’anno precedente. La popolazione residente con cittadinanza straniera è aumentata costantemente nell’ultimo decennio (+250,5% rispetto al 2000). Contemporaneamente, negli ultimi anni è cresciuta anche la presenza femminile, riuscendo a superare quella maschile nel 2009. Fino ad allora il numero delle donne è risultato sempre inferiore, nel 2000 rappresentavano il 46,6% mentre ora rappresentano il 51,7% e, visto il trend di crescita, è immaginabile che la percentuale sia destinata ad aumentare nei prossimi anni. I residenti stranieri più numerosi sono i rumeni (2.424), seguiti dagli albanesi (2.190) e dai ghanesi (1.178). Si osserva che la distribuzione tra i generi non è omogenea: ad esempio, considerando le 10 cittadinanze più presenti ad Udine, risulta che le donne kosovare rappresentano solo il 39,1% e le algerine solo il 37,6%, mentre le ucraine raggiungono il 78,3%. Si osserva una maggior presenza di residenti femminili nelle cittadinanze dei paesi dell’Europa orientale: le russe sono l’84%, seguite dalle polacche (72,3%) e dalle moldave (65%). Invece, l’opposto caratterizza principalmente le cittadinanze del nord Africa: tunisine (20,1%), del Bangladesh (25,5%), senegalesi (31%) e algerine (32,5%). 10 I dati socio-economici
  • 11. Tab. 2. Residenti con cittadinanza straniera nel Comune di Udine per stato di provenienza (primi 10). Anno 2010 Fonte: elaborazione su dati Anagrafe Comune di Udine Le famiglie anagrafiche nel 2010 sono 49.802, in leggera crescita (0,5%) rispetto l’anno precedente. Gli aumenti, risultato della tendenza negli anni alla riduzione della numerosità dei nuclei familiare, si registrano per le famiglie unipersonali (quasi 300 unità) e per quelle di due componenti (quasi 100 unità). Tab. 3. Famiglie residenti per numerosità del nucleo. Anno 2010 Fonte: elaborazione su dati Anagrafe Comune di Udine 1 Comprende i residenti con cittadinanza della ex Serbia-Montenegro I dati socio-economici 11
  • 12. Il 60% delle famiglie monocomponenti è costituito da donne (12.784), di cui circa la metà (6.689) ha oltre 65 anni, mentre gli uomini della stessa fascia d’età, che formano una famiglia mononucleo, sono 1.798. Invece, per le altre fasce si osserva una situazione abbastanza omogenea, anche se nella fascia dai 20 ai 39 anni vi è una prevalenza (58%) di uomini che vivono soli. Fig.2. Famiglie unipersonali nel Comune di Udine per classe d’età e genere. Anno 2010 Fonte: elaborazione su dati Anagrafe Comune di Udine Le famiglie di due componenti sono 13.827 e di queste il 59% è costituito da marito-moglie, mentre il 25,8% da famiglie genitore-figlio. Si riscontra in quest’ultima tipologia familiare una scarsità di padri con figli, solo il 14,7% a fronte di un 85,3% di madri con figli. Tab. 4. Famiglie di due componenti per tipologia familiare – Anno 2010 Fonte: elaborazione su dati Anagrafe Comune di Udine 12 I dati socio-economici
  • 13. Un fenomeno che può contribuire a questa differenza, è la tendenza, nelle sentenze di divorzio, all’affido dei figli alla madre, come testimoniano anche i dati nel Comune di Udine: nel 2009 le madri hanno avuto l’affidamento dei figli minorenni nel 35% dei casi, i padri nel 3%; nel 2010 le madri hanno avuto l’affido nel 27% delle sentenze mentre i padri in nessun caso. Riguardo ai divorzi, nel 2010 ad Udine sono stati 131, in aumento del 45,6% rispetto al 2000. Il numero di matrimoni è cresciuto rispetto l’anno precedente del 3,1%, mentre sono diminuiti del 5,5% i matrimoni civili, che comunque restano in aumento del 10% rispetto 10 anni fa. Tab. 5. Matrimoni e fecondità nel comune di Udine. Anni 2000-2009-2010 Fonte: elaborazione su dati Anagrafe Comune di Udine Anche il tasso natalità è in leggero calo negli ultimi anni, ma sostanzialmente vicino al dato del 2000, mentre si osserva un leggero aumento del tasso di fecondità generico nell’ultimo decennio, seppur con un calo rispetto al 2009. Il numero di nati negli ultimi dieci anni si mantiene oltre gli 800. Nel 2010 sono 830, di cui 297 bimbi nati da coppie in cui almeno un genitore ha cittadinanza non italiana (i bambini nati da madre non italiana sono stati 273). Considerando gli indicatori di natalità e fecondità delle residenti, si osservano differenze nei comportamenti riproduttivi tra donne italiane e donne straniere. Per le prime il numero di figli medio è leggermente inferiore ad uno (nel 2009 erano 1,1) mentre per le seconde è il doppio delle italiane (anch’esso comunque in calo dal 2,2 dell’anno precedente). Stesso discorso vale per il tasso di natalità e di fecondità, per i quali le differenze sono più marcate. I dati socio-economici 13
  • 14. Diversa situazione invece per l’età media alla maternità. Nel 2010 l’età è simile e, negli ultimi anni, la differenza si è annullata velocemente se si pensa che nel 2008 l’età al parto per le straniere era 27,7 anni e per le italiane 33,3 anni. Tab. 6. Indicatori di fecondità e maternità per cittadinanza. Anni 2009-2010 Fonte: elaborazione su dati Anagrafe Comune di Udine Questi dati potrebbero essere la conseguenza o di un avvicinamento dei comportamenti delle straniere in fatto di maternità e fecondità alle donne italiane o semplicemente di una conseguenza della crisi economica. 14 I dati socio-economici
  • 15. Il mondo del lavoro al femminile Nel 2010 sono scaduti i tempi per il raggiungimento degli obiettivi della Strategia di Lisbona. Gli obiettivi occupazionali erano portare il tasso di occupazionale al 70% e quello femminile al 60% e l’Italia è risultata lontana dal raggiungerli. A livello nazionale il tasso occupazionale nel 2010 è del 56,9%, questo dato è fortemente influenzato alla scarsa occupazione femminile che raggiunge solo il 46,1%, a fronte di un tasso maschile del 67,7%. Il dato femminile italiano pare preoccupante perché, dal confronto tra gli stati europei, il tasso occupazionale femminile italiano risulta essere notevolmente distante dal dato fatto registrare dai paesi del nord Europa e risulta essere tra i più bassi, maggiore solo a quello di Malta. Preoccupante è anche la differenza di oltre 21 punti percentuali tra l’indicatore maschile e femminile, dato minore solo a quanto si riscontra in Grecia e a Malta. A livello territoriale si osserva una forte eterogeneità dei tassi occupazionali femminili. Mentre i tassi delle province del Sud Italia sono sotto, anche di molti punti percentuali, alla media nazionale, quelli delle province del centro e soprattutto del nord superano, anche abbondantemente, il 50% (in alcuni casi è stato raggiunto il 60%). Fig. 3. Tasso di occupazione per la provincia di Udine per genere. Anni 2000/2010 Fonte: elaborazione su dati ISTAT – Rilevazione Continua Forze Lavoro I dati socio-economici 15
  • 16. È così anche per la provincia di Udine, con il tasso di occupazione femminile al 54,5% e quello maschile al 72,5%. I dati provinciali, pur essendo migliori di quelli nazionali, non sono confortanti perché la differenza tra i generi rimane comunque marcata (18 punti di differenza) ed il tasso occupazionale femminile è oltre 5 punti più basso dell’obiettivo di Lisbona. Un segnale confortante emerge dall’analisi storica dei tassi occupazionali femminili: rispetto al 2000 si ha un aumento di 7 punti percentuali, con due soli anni di calo. L’ultimo calo si è verificato nel 2009 in coincidenza con il periodo della crisi economica, ma nell’ultimo anno l’andamento si è subito invertito, con un aumento di quasi 3 punti. Lo stesso non si può dire del tasso di occupazione maschile, che negli ultimi due anni è sceso di 4 punti percentuali. Tab. 7. Indicatori del mercato del lavoro a livello provinciale. Anni 2009/2010 Fonte: elaborazione su dati ISTAT – Rilevazione Continua Forze Lavoro 16 I dati socio-economici
  • 17. La disparità di genere è evidente anche prendendo in considerazione gli altri indicatori sulle Forze di Lavoro. Pur mantenendo differenze accentuate, nell’ultimo anno si è verificato un avvicinamento tra i generi, dovuto al contemporaneo miglioramento dei dati della componente femminile ed un peggioramento di quella maschile. Oltre al tasso di occupazione, di cui si è già discusso, un forte miglioramento si osserva nei tassi di disoccupazione che negli ultimi anni si sono notevolmente avvicinati (nel 2010 la differenza è di mezzo punto percentuale, mentre nel 2000 era di 4,5 punti), effetto della diminuzione di 1,5 punti del tasso femminile e dell’aumento di quasi 2 di quello maschile. Tab. 8. Saldo assunzioni/cessazioni nelle aziende con sede nel comune di Udine per genere e classe d’età. Anno 2010 Fonte: elaborazione su dati Provincia di Udine – Osservatorio Mercato del Lavoro Le assunzioni in aziende con sede nel comune di Udine nel 2010 sono state 19.040, 7.652 assunzioni maschili e 11.388 assunzioni femminili. Le 19.367 cessazioni determinano un saldo negativo (-327), nel quale pesa maggiormente il saldo negativo maschile (-218) rispetto a quello femminile (-109). Il saldo negativo assunzioni-cessazioni è dovuto ai saldi negativi registrati nelle classi d’età superiori ai 30 anni. Nelle classi d’età sotto i 30 anni invece, il saldo tra assunzioni e cessazioni risulta positivo (637). La maggioranza degli assunti possiede o il diploma di medie superiori (34,9%) o la licenza elementare o di medie inferiori (32,2%). I dati socio-economici 17
  • 18. Tra i due generi si osservano delle differenze: in percentuale, oltre il 70% delle assunte sono in possesso di licenza elementare o media e diploma rispetto al 66% dei maschi assunti con questi titoli. Gli uomini assunti senza titolo di studio sono il 12,3%, cinque punti percentuali in più delle donne, e quelli assunti che possiedono una laurea sono il 23,6%, contro il 21,1% delle assunte. Fig. 4. Assunzioni per titolo di studio e genere. Anno 2010 Fonte: elaborazione su dati Provincia di Udine – Osservatorio Mercato del Lavoro 18 I dati socio-economici
  • 19. L’imprenditoria al femminile Le imprese femminili2 attive con sede nel comune di Udine nel 2010 sono 2.055, pari al 24,1% delle imprese totali (percentuale leggermente inferiore al dato provinciale, 25,1%). Dal 2008, a causa della crisi, si sono registrati due anni di calo che hanno interrotto il trend crescente degli anni precedenti. Nonostante questo, rispetto al 2005 si riscontra un aumento di oltre 100 imprese (pari ad un aumento del 5,5%). Fig. 5. Imprese femminili con sede nel comune di Udine. Anni 2005/2010 Fig. 6. Distribuzione % delle imprese femminili per macrosettore di attività economica. Anno 2010 La maggioranza delle imprese femminili opera nel settore dei servizi (43,8%) ed in quello del commercio e alberghi (39,7%), mentre solo il 16,5% è attivo nei restanti settori dell’industria, dell’agricoltura e delle costruzioni. Fonte: elaborazione su dati Infocamere e CCIAA di Udine 2 Lo status di impresa femminile si attribuisce a quelle imprese nelle quali la partecipazione femmini- le è superiore al 50%. I dati socio-economici 19
  • 20. Le imprese femminili si distinguono in tre categorie in base al tipo di presenza delle donne3. L’85,1% delle imprese udinesi rientra nella categoria delle “imprese a presenza femminile esclusiva”, che include anche le imprese individuali con titolare donna. I settori economici con maggior numero di imprese femminili sono i servizi (900 imprese) e il commercio e alberghi (815). Per quanto riguarda invece l’incidenza delle imprese femminili sul totale, al primo posto troviamo il settore agricolo (nel quale le imprese femminili sono il 39,5% del totale), seguito da commercio e alberghi (27,5 %) e servizi (25,4%); la presenza femminile è invece molto bassa nel settore costruzioni (8,5%). Tab. 9. Presenza femminili nelle imprese nel comune di Udine per macrosettore di attività economica. Anno 2010 Fonte: elaborazione su dati Infocamere e CCIAA di Udine A livello di singole attività economiche che compongono i diversi settori, la maggior presenza di imprese femminili si riscontra, oltre che nell’agricoltura, nell’attività sanità e assistenza sociale (46,4%) e in altre attività di servizi4 (49,9%); le attività a minor presenza sono trasporto e magazzinaggio (7,8%) e costruzioni (8,5%). Nel suo rapporto annuale sull’artigianato per la provincia di Udine, la Confartigianato riporta il numero di persone, divise per genere, che ricoprono cariche nelle imprese artigiane. 3 La presenza femminile nelle imprese è stata definita e gerarchizzata nelle diverse forme giuridiche societarie individuando tre diverse categorie: • Presenza maggioritaria: per le società di capitali, se la partecipazione al capitale sociale è maggiore del 50% e se c’è la maggioranza degli amministratori, se l’elenco dei soci è presente nel Registro imprese, mentre se l’elenco dei soci non è presente nel Registro imprese è sufficiente il requisito relativo agli amministratori. Per le società di persone e cooperative se la presenza femminile rappresenta oltre il 50% dei soci. Per tutte le altre forme societarie, se c’è la maggioranza degli amministratori. • Presenza forte: per le società di capitali, se la partecipazione al capitale sociale è maggiore del 66% e se ci sono oltre i due terzi degli amministratori, se l’elenco dei soci è presente nel Registro imprese, mentre se l’elenco dei soci non è presente nel Registro imprese è sufficiente il requisito relativo agli amministratori. Per le società di persone e cooperative se la presenza femminile 20 I dati socio-economici
  • 21. Le donne con cariche nelle imprese artigiane sono il 21% (4.136 su 19.838), ma le percentuali variano molto in base al tipo di carica. Infatti, le socie sono il 44,3%, le amministratrici il 22,2% e le titolari solo il 16,9%. Tab. 10. Cariche nelle imprese artigiane per genere e tipo nella provincia di Udine. Anno 2010. Fonte: elaborazione su dati Confartigianato di Udine Rispetto al 2008, complessivamente si è verificata una flessione del numero di cariche nelle imprese artigiane, causata dalla diminuzione dell’1,2% delle cariche maschili. Fig. 7. Variazione percentuale del numero delle cariche nelle imprese artigiane per genere e tipo, nella provincia di Udine. Anni 2008/2010. Fonte: elaborazione su dati Confartigianato di Udine rappresenta il 60% dei soci. Per tutte le altre forme societarie se c’è il 60% degli amministratori. • Presenza esclusiva: se la partecipazione al capitale sociale e la presenza femminile raggiungono il 100%, se l’elenco dei soci è presente nel Registro imprese, mentre se l’elenco dei soci non è presente nel Registro imprese è sufficiente il requisito relativo agli amministratori. Per le società di persone e cooperative se la presenza femminile rappresenta il 100% dei soci. Per le imprese individuali, se il titolare è donna. Per tutte le altre forme societarie se c’è il 60% degli amministratori. 4 Attività economica che include servizi come lavanderia, pulitura, parrucchieri e trattamenti estetici I dati socio-economici 21
  • 22. Situazione inversa per le cariche femminili, che sono incrementate dello 0,9%. Nel dettaglio si osserva che c’è stata una flessione, per entrambi i generi, in tutte le tipologie di carica, tranne per le titolari che sono aumentate del 3,5%, determinando l’aumento generale delle cariche femminili. Considerando solo i titolari d’impresa per fasce d’età, si nota che le percentuali più alte di presenza femminile si hanno sotto i 50 anni (18%) e che rispetto al 2008 il numero di donne titolari è aumentato in tutte le fasce, sia in termini di numerosità sia di incidenza sul totale. E’ interessante osservare che mentre cresce il numero di donne, diminuisce il numero di uomini titolari (in particolare sotto i 50 anni) e questo contribuisce ad aumentare di tre punti della presenza femminile nella fascia più giovane (da 14,4% a 17,6%). Tab. 11. Titolari di imprese individuali artigiane in provincia di Udine. Anno 2010 Tab. 12. Titolari di imprese individuali artigiane in provincia di Udine. Anno 2008 Fonte: elaborazione su dati Confartigianato di Udine Il 50% delle cariche femminili sono ricoperte da donne impegnate in imprese del settore dei servizi, mentre solo lo 0,3% da donne in imprese del settore agricolo. Quasi un terzo delle cariche sono ricoperte in imprese del settore industriale (30,8%), mentre le restanti si dividono tra il settore delle costruzioni (9,9%) e del commercio e alberghi (9%). Infine, uno sguardo all’incidenza della presenza femminile nelle imprese artigiane nei diversi settori economici. La presenza di cariche femminili è maggiore nel settore dei servizi (42,5%), dell’industria (22,8%) e del commercio e alberghi (22,3%), mentre le percentuali sono molto basse nel settore dell’agricoltura e delle costruzioni. 22 I dati socio-economici
  • 23. Considerando solo i titolari d’impresa, la situazione risulta simile. Il settore dei servizi è quello con il maggior numero di più titolari donna (43,9%), seguito sempre, però con percentuali più basse, dall’industria (16%) e dal commercio alberghi (13,9%). Fig. 8. Percentuale della presenza femminile e delle titolari donna nei macrosetto- ri economici. Anno 2010 Fonte: elaborazione su dati Confartigianato di Udine I dati socio-economici 23
  • 24. Università: le laureate ed il loro futuro Nell’anno accademico 2009-2010 i laureati dell’Università di Udine sono stati 2.964, numero in aumento rispetto l’anno precedente (7,6%) ed in linea con gli anni precedenti l’a.a. 2008-2009. Mentre il numero di laureati maschi è sceso negli ultimi anni (nonostante un +10,9% nell’ultimo anno), il numero delle laureate è rimasto costante (sempre sopra le 1.600 unità). In termini di incidenza delle laureate sul totale, la percentuale è leggermente cresciuta negli anni fino all’attuale 57%. Fig. 9. Laureati a Università di Udine per genere. Anni accademici da 2003/2004 a 2009/2010 Fonte: elaborazione su dati Università di Udine – Ripartizione Didattica Le facoltà con il maggior numero di laureate sono Lingue e Letterature Straniere, Economia, Medicina e Lettere e Filosofia. Le facoltà con una maggior presenza di laureate sono Lingue e Letterature Straniere (85,1%), Scienze della Formazione (76,5%), Lettere e Filosofia (73,1%) e Medicina e Chirurgia (72,4%). Invece, le tre facoltà che registrano le minori percentuali di laureate donne sono Agraria (37,5%), Ingegneria (27,3%) e Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali (18,3%). 24 I dati socio-economici
  • 25. Fig. 10. Incidenza percentuale delle laureate per facoltà. Anno 2010 Fonte: elaborazione su dati Università di Udine – Ripartizione Didattica Rispetto l’anno accademico precedente, nel numero di laureate si registrano molte variazioni positive, le più marcate si osservano per la facoltà di Medicina Veterinaria (aumento del 141,7%), Lettere e Filosofia (+29,4%), Medicina e Chirurgia (+21,3%) ed Economia (+16,7%). Le variazioni negative si hanno nell’Interfacoltà (-26,5%) e nella facoltà di Lingue e Letterature Straniere (-10,1%). Fig. 13. Numero di laureati per facoltà e genere. Anno 2010 Fonte: elaborazione su dati Università di Udine – Ripartizione Didattica I dati socio-economici 25
  • 26. Spostiamo ora l’attenzione ai risultati emersi dall’indagine annuale condotta dal Consorzio AlmaLaurea che, oltre mettere in contatto il mondo universitario con il mondo del lavoro, mira a raccogliere informazioni sui risultati dei laureati durante i loro percorsi di studio e sulla loro condizione post-laurea. La tabella riporta le informazioni raccolte sui laureati dell’ateneo friulano nell’anno 2010. I laureati che sono stati intervistati sono il 93,7% e dai dati complessivi di tutte le facoltà dell’università si riscontra che le donne ottengono risultati migliori ed in tempi più rapidi: il voto medio di laurea (103,2) è superiore di tre punti rispetto i maschi, l’età media al conseguimento della laurea (25,6 anni contro 25,8) è più bassa, la durata del periodo di studi (3,8 anni contro 4) è inferiore e il valore dell’indice di ritardo5 (0,27 contro 0,41) è più basso. Inoltre, dal confronto con i laureati del 2009 si riscontra per tutte e quattro le variabili un peggioramento dei valori dei laureati maschi ed un miglioramento di quelli femminili, aumentando il divario tra i due generi. Fig. 14. Risultati dei laureati dell’Università di Udine per genere. Anni 2009/2010 Fonte: elaborazione su dati Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea Dal confronto tra i risultati delle lauree di primo e di secondo livello, si osserva che tra i due generi il divario maggiore si ha nei risultati delle lauree triennali. Il dato che maggiormente sottolinea questo, è il voto medio, che risulta essere superiore di 4 punti per le laureate (105,2) mentre nelle lauree specialistiche è maggiore solamente di un punto. Inoltre, le donne conseguono la laurea triennale con minor ritardo rispetto agli uomini, come evidenzia l’indice di ritardo (0,28 contro lo 0,47). 5 Indice misurato attraverso il rapporto tra il ritardo alla laurea e la durata legale del corso di laurea. 26 I dati socio-economici
  • 27. Fig. 15. Risultati e tempi dei laureati dell’Università di Udine per livello di laurea e genere. Anno 2010 Fonte: elaborazione su dati Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea Passando alla condizione post lavorativa dei laureati, nel 2010 ad un anno dal conseguimento della laurea si osserva che è maggiore il numero di laureate che hanno trovato occupazione ma, nonostante ottengano risultati migliori negli studi, trovano con più facilità lavori con contratti atipici (51,4% con il 45% degli uomini) e con guadagni minori rispetto agli uomini (mediamente le donne guadagnano quasi 150 euro in meno). Rispetto all’indagine del 2009, si osserva nel 2010 che il tempo per trovare il primo lavoro dopo la laurea è stato lo stesso per entrambi i generi. Un’altra differenza è che nel 2010 i laureati che lavorano ad un anno dalla laurea sono il 57% contro il 50% dell’anno precedente e che risultano le laureate maggiormente occupate, il 60% (mentre l’anno prima la situazione era inversa), seppur la metà con contratti atipici. Fig. 16. Risultati post-laurea dei laureati dell’Università di Udine per genere. Anno 2010 Fonte: elaborazione su dati Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea I dati socio-economici 27
  • 28. Udine nel 2025: previsioni demografiche Le previsioni demografiche possono essere, per l’amministratore pubblico, un utile strumento per decidere come ridefinire gli indirizzi programmatici e adeguare l’azione politico-amministrativa sulla base delle trasformazioni della consistenza e della struttura della popolazione. Ovviamente, basandosi su ipotesi fatte partendo da dati relativi alla situazione presente e passata, l’affidabilità delle previsioni demografiche dipende dalla logica con cui sono costruite. Per questo vanno previsti più scenari prendendo in considerazione il comportamento di diversi fattori, in modo da poter scegliere quello che risulta essere più plausibile. Le stime che si riportano, e che sono utilizzate per la stima del numero di nuclei familiari, sono riprese dalla studio Chiavon - Fornasin6. Questo lavoro, basato sui dati della popolazione al 1° gennaio 2008, propone tre scenari di previsione relativi al 2025. I fattori che sono stati presi in considerazione per la stima riguardano: la fecondità ipotizzata in aumento per ciascuno scenario; la speranza di vita alla nascita, che nello scenario basso è stimata in linea con l’attuale ed in aumento nella previsione alta; la migratorietà, mantenuta constante sulla base della media dei valori nel periodo 2002-2006 e le iscrizioni all’Anagrafe. Per ottenere le previsione dello scenario centrale sono stati utilizzati i valori medi di fecondità e speranza di vita. Generalmente lo scenario centrale viene ritenuto il più plausibile e verosimile. L’ipotesi centrale per Udine prevede 101.666 residenti all’anno 2025, con un aumento rispetto al 2011 di 2.000 residenti, pari ad una variazione del 2%. L’aumento maggiore riguarderà il numero di residenti maschi che aumenterà del 3,8% (solo lo 0,5% le residenti donne), facendo si che l’incidenza delle residenti scenda dal 53,4% al 52,6%. Gli aumenti maggiori sono previsti per le fasce di popolazione più giovane. Come si vede nel grafico in fig. 1, sotto i 24 anni gli aumenti sono superiori al 10% e raggiungono il 40% nella fascia dai 14 ai 17 anni. In tutte le fasce d’età gli aumenti maggiori si osservano per gli uomini. Complessivamente, l’aumento dei residenti maschi sotto i 24 anni è del 30,1% mentre quello delle donne è del 23,7%. 6 Chiavon E.-Fornasin A., La popolazione di Udine nel 2030. Scenari a confronto, Congiuntura, Udine, 2008, pp. 37 - 52 28 I dati socio-economici
  • 29. Nelle fasce d’età oltre i 24 anni, si registrano invece dei decrementi. Fanno eccezione la fascia dai 55 ai 64 anni e quella dei residenti con più di 75 anni. Rispetto alla situazione attuale, si ipotizza un incremento del numero delle persone anziane in seguito all’aumento della speranza di vita. In particolare l’aumento più rilevante dovrebbe riguardare gli uomini con più di 75 anni, che secondo lo studio dovrebbero aumentare quasi del 20%, rappresentando così nel 2025 il 10,6% della popolazione maschile (attualmente rappresentano il 9,2%). Fig. 1. Variazione percentuali 2011/2025 del numero di residenti nelle classi d’età per genere. Fonte: elaborazione su dati Anagrafe Comune di Udine e Fornasin - Chiavon Partendo dalle previsioni della popolazione residente si è passati alla stima dei nuclei familiari sempre all’anno 2025. La popolazione residente in famiglia stimata per l’anno 2025 risulta pari a 100.650. Inoltre, si ipotizza che il numero medio di residenti per nucleo familiare rimanga costante e pari a 2 persone. Questo permette di ottenere il numero complessivo famiglie, 50.325, che viene mantenuto come vincolo fisso. Sono state fatte due ipotesi di stima: nella prima si tiene conto della variazione media (calcolata in un periodo lungo, 10 anni) subita dall’incidenza percentuale di ciascuna tipologia familiare sul totale delle famiglie, nella seconda, per ciascuna tipologia familiare, si ipotizza l’andamento attraverso la metodologia di interpolazione dei dati attraverso una curva e si ricava l’incidenza percentuale. I dati socio-economici 29
  • 30. La prima ipotesi è ritenuta la più plausibile, tenendo anche conto degli aspetti che caratterizzano attualmente lo scenario demografico locale e nazionale: processo di atomizzazione delle famiglie, diminuzione della forbice della speranza di vita alla nascita tra i generi e una lieve ripresa della fecondità, legata al fenomeno migratorio. Per il 2025 si prevede un aumento del 2,5% del numero delle famiglie, con un notevole incremento delle famiglie unipersonali (25,4%). Le numerosità delle altre tipologie si prevedono tutte in calo, conseguenza delle ragioni esposte in precedenza. In particolare, le riduzioni più consistenti si prevedono per il numero di famiglie da tre e da quattro componenti. In termini di incidenza percentuale, le famiglie unipersonali nel 2025 rappresenteranno il 53,5% del totale, in aumento di quasi 10 punti percentuali rispetto al 2011 e di 17 rispetto al 2001. La conseguenza di questo notevole incremento sarà il calo dell’incidenza delle famiglie con più di due componenti. Rispetto al 2001, le famiglie da tre componenti caleranno di 9 punti e quelle da quattro di 5 punti percentuali. Per le famiglie composte da due persone il calo è contenuto e questo si può immaginare sia dovuto alla diminuzione della forbice tra la speranza di vita alla nascita per i due generi, che potrà portare all’aumento dei nuclei familiari composti da due persone in età avanzata, bilanciano un possibile calo delle famiglie nelle fasce più giovani. Fig. 2. Incidenza percentuale delle tipologie familiari. Anni 2001 - 2011 - 2025 Fonte: elaborazione su dati Anagrafe Comune di Udine e Fornasin - Chiavon 30 I dati socio-economici
  • 32. Riclassificazione delle spese di bilancio del Comune di Udine • Il bilancio rivisto in ottica di genere • Le cifre • Le opere del verde pubblico 32
  • 33. Il bilancio rivisto in ottica di genere L’obiettivo primario di quest’analisi è render conto alla cittadinanza dell’operato l’Amministrazione e in particolare di come “ha speso i soldi” a sua disposizione. Il Bilancio del Comune è un documento pubblico e consultabile da tutti i cittadini, ma spesso di difficile comprensione per i “non addetti ai lavori”. Inoltre, dalla sua lettura, non emerge una ripartizione delle spese in base ai destinatari dei servizi erogati, approfondimento che ci si propone invece di fare in questa sede. In particolare, i destinatari considerati sono le donne che vivono nel Comune di Udine. Quindi, l’obiettivo è far emergere la spesa sostenuta per i servizi, direttamente o indirettamente, a loro rivolti. Il documento analizzato è il rendiconto di esercizio 2010. Dal conto del bilancio (in parte riportato di seguito) sono state analizzate le spese e più specificatamente le spese correnti, cioè quelle riferite al funzionamento dei pubblici servizi. Visto l’interesse delle donne per l’ecologia in generale e per le opere del verde emerso in sede di predisposizione del P.R.G.C. (Piano Regolatore Generale Comunale), nonché dalle interviste somministrate alle donne over 60 e dallo studio regionale sui bisogni delle donne (tema che verrà approfondito in seguito), sono state inoltre esaminate, ancorché si tratti di spese pluriennali, anche alcune spese in conto capitale (titolo II), cioè le opere inerenti il verde pubblico che hanno avuto almeno una fase di avanzamento nel 2010. Tab. 1. Spese del Comune di Udine scomposte per titolo di spesa. Anni 2009-2010 Riclassificazione delle spese di bilancio del Comune di Udine 33
  • 34. Le spese correnti sono suddivise per aree di intervento, disposte secondo un ordinamento decrescente, in base alla maggiore/minore incidenza sulle pari opportunità. Rispetto al Bilancio “ufficiale”, quello impostato facendo attenzione al genere implica una disaggregazione delle voci a livello di centri di costo e una successiva riaggregazione secondo aree tematiche e macrocategorie di genere, rispetto alle quali verificare i presupposti finanziari ed economici. Sono state individuate quattro aree di “inerenza” rispetto al genere: 1) L’area direttamente di genere che evidenzia gli impegni di spesa assunti per attività espressamente e direttamente indirizzate alle donne, finalizzate alle pari opportunità e al superamento delle disuguaglianze tra uomini e donne. 2) L’area indirettamente di genere riguarda le politiche di conciliazione e comprende tutte quelle attività destinate a specifiche fasce di utenti, (quali i bambini, gli anziani, ecc.) che hanno un forte impatto sulle differenze di genere, in modo “indiretto”, poiché apportano notevoli benefici non solo al diretto fruitore del servizio, ma anche a chi si occupa di dargli cura e assistenza (compito che il più delle volte è svolto dalle donne). 3) Le spese di contesto: si riferiscono a tutta una serie di servizi prestati dall’ente che incidono sulla qualità della vita femminile ma che, rispetto all’area precedente, impattano in misura inferiore sui bisogni delle donne e sulle pari opportunità. 4) L’ultimo segmento, quello delle spese neutre per il genere, comprende spese per servizi che non sono sensibili al genere. Rispetto agli anni precedenti, sono state estrapolate dalle spese indirettamente di genere, e inserite nelle spese di contesto, quelle riferite a cultura, sport e tempo libero e partecipazione e decentramento; un tanto è stato fatto per omogeneità di classificazione con altri Bilanci di Genere realizzati in Regione. Le cifre, relative al 2009 ed al 2010, sono state comunque riclassificate in modo coerente per permettere un confronto. 34 Riclassificazione delle spese di bilancio del Comune di Udine
  • 35. Le cifre ANALISI DI GENERE DEL BILANCIO Riclassificazione delle spese correnti del Comune di Udine Anni 2009-2010 Riclassificazione delle spese di bilancio del Comune di Udine 35
  • 36. 1 La voce non comprende i costi di “Zero Tolerance” e per l’accoglienza in strutture protette 2 La voce non comprende le spese legate all’iniziativa “Calendidonna” che sono state inserite nelle spese direttamente di genere. 3 La voce non comprende le spese per i tirocini formativi e i costi di formazione del personale che sono stati inseriti nelle spese di contesto. 36 Riclassificazione delle spese di bilancio del Comune di Udine
  • 37. Riclassificazione delle spese di bilancio del Comune di Udine 37
  • 38. Fig. 1. Scomposizione delle spese correnti Fig. 2. Scomposizione della spesa per le per aree di “inerenza” delle voci di spese politich di conciliazione per aree di intervento rispetto al genere 38 Riclassificazione delle spese di bilancio del Comune di Udine
  • 39. Le risultanze della riclassificazione del Bilancio, riportate in fig.1, evidenziano che nel 2010 il Comune di Udine ha speso, per le iniziative direttamente di genere, lo 0,1% del totale con un calo rispetto al 2009, quando l’incidenza di queste spese era dello 0,2%. Un calo si è registrato anche nelle spese per politiche di conciliazione che rappresentano il 37,2% del totale delle spese correnti, a fronte di un 39,5% del 2009. Nonostante queste riduzioni e considerando anche l’attuale situazione di crisi economica, si può affermare che l’impegno del Comune, per mantenere elevati standard di qualità e attenzione ai servizi alla persona, rimane comunque forte. Le opere del verde pubblico Come si può notare dalla tabella, le opere elencate soddisfano le istanze manifestate, come si vedrà più avanti, che sono emerse dai questionari somministrati per rilevare i bisogni delle donne, in quanto riguardano parchi, rogge e orti urbani (dedicati in particolare agli anziani). Tab. 2. Stato al 31/12/2010 delle opere del verde pubblico Riclassificazione delle spese di bilancio del Comune di Udine 39
  • 40. Noi, donne fuori dal Comune? • Le risorse umane nel Comune di Udine • E’ difficile conciliare famiglia e lavoro al Comune di Udine • I commenti all’iniziativa, le proposte e le priorità da realizzare • I progetti in fase di attivazione a supporto dello sviluppo professionale di genere • La costituzione del nuovo Comitato: gli obiettivi da realizzare 40
  • 41. Le risorse umane del Comune di Udine L’organico del Comune di Udine è da sempre caratterizzato da una netta prevalenza di personale di sesso femminile . Il personale in organico al 31.12.2010 era di 952 persone di cui 317 uomini e 581 donne, pari al 61%. Il dato è sostanzialmente immutato rispetto agli anni precedenti ed è un elemento in comune con la maggioranza degli Enti della P.A.. Per un’analisi approfondita della ripartizione delle categorie professionali relative al genere, si rimanda al sito del Comune di Udine, sezione Pari Opportunità, dove verrà pubblicato il dettaglio dei dati sinteticamente illustrati in questo volume. Alcuni elementi interessanti da sottolineare: • la prevalenza di dipendenti di genere maschile nell’area Dirigenziale ( 4 donne - 15 uomini); • una percentuale significativa di donne nelle categorie D, C, B, impiegate in attività prevalentemente amministrative; • la ripartizione del personale nelle diverse strutture/servizi dell’Amministrazione vede ancora una netta prevalenza di uomini nei servizi tecnici e nel servizio della polizia municipale rispetto ad altri Uffici ( Servizi Sociali, Servizi alla Persona e alla Comunità, Attività Culturali…) • l’esiguità degli uomini che usufruiscono del part-time (22, ovvero il 6%), rispetto a 135 donne,che costituiscono il 24% del personale in servizio complessivo; • le dipendenti laureate sono il 29 %, quelle diplomate il 50%; • la percentuale relativa delle donne che ha partecipato alle iniziative formative è esattamente corrispondente alla percentuale delle dipendenti di sesso femminile e ciò ad indicare che nonostante gli impegni extralavorativi le donne del Comune di Udine sono sempre molto attive e interessate alla preparazione e alle possibilità di sviluppo professionale; • le giornate di assenza delle donne per congedo facoltativo e malattie figli, nel corso del 2010 sono state 3.011 (rispetto alle 318 usufruite dagli uomini), 1.586 le giornate di permessi orari per allattamento fruiti dalle donne (zero quelle richieste e concesse agli uomini); • i permessi concessi per assistenza e cura di parenti affetti da gravi Noi, donne fuori dal Comune? 41
  • 42. patologie, previsti dalla L.104/92, sono stati utilizzati dal 6,9 % delle dipendenti contro il 3,7 % dei dipendenti di sesso maschile. • E’ evidente quindi che i dipendenti che utilizzano in maniera preponderante i congedi parentali, i permessi per malattia figli e per l’assistenza siano per lo più ancora di sesso femminile. È difficile conciliare famiglia e lavoro al Comune di Udine? Conciliare in maniera soddisfacente sfera lavorativa e familiare è un fattore determinante per la qualità della vita delle persone e per mantenere una buona motivazione e produttività in ambito lavorativo. Per questo, a fine 2010, il Comitato Pari Opportunità del Comune di Udine, ha avviato un’indagine per rilevare le criticità nella conciliazione tra impegni lavorativi e impegni familiari dei dipendenti e delle dipendenti comunali e verificare la presenza e/o percezione di situazioni di discriminazione sul lavoro. L’indagine, rivolta a tutti i 952 dipendenti del Comune di Udine (582 donne e 370 uomini), prevedeva questionari a compilazione anonima, strutturati con domande chiuse, che potevano essere compilati online (sull’intranet comunale) o in forma cartacea. I questionari compilati sono stati in tutto 316 (234 donne, 79 uomini e 3 non specificato), pari al 33,2% dei dipendenti. Si tratta di una buona percentuale; è infatti ragionevole ritenere che, chi ha compilato il questionario rappresenti soprattutto coloro che riscontrano delle criticità nella gestione dell’equilibrio lavoro-famiglia; per cui, le più interessate all’argomento sono sembrate le donne, che hanno risposto in 234 (il 40,2% del totale delle dipendenti), contro 79 uomini (pari al 21,3%). Il lavoro In ambito lavorativo, le differenze di genere si osservano soprattutto nelle domande sul lavoro (scelta del part-time e la penalizzazione sul lavoro a causa dei figli). Una donna su quattro ha un contratto part-time, contro il solo 6% degli uomini; per l’85% delle donne la ragione della scelta è dedicare più tempo all’assistenza e la cura di figli e parenti. Nel 71,6% dei casi, le donne sostengono che avere figli è penalizzante sul 42 Noi, donne fuori dal Comune?
  • 43. lavoro, contro il 43,8% degli uomini. Per conciliare lavoro e vita privata, le soluzioni ritenute dalle donne più efficaci sono quelle legate alla flessibilità: in primis la possibilità di orario flessibile in entrata/uscita dal lavoro e il part-time. Le dipendenti ritengono che professionalmente siano avvantaggiati gli uomini nel 37,2% dei casi (la percentuale sale al 55,1% se si escludono le risposte “non so”); i dipendenti invece, nella quasi metà dei casi, ritengono che nessuno dei due generi sia avvantaggiato, mentre 25% pensa che lo siano le donne. Fig. 1. Chi è professionalmente avvantaggianto all’interno del Comune di Udine? Infine, il 17,5% delle dipendenti afferma di essere stata vittima di discriminazioni legate al genere (nella fascia delle over 50, la percentuale sale a 23,5%) contro il 15% degli uomini. I dati sono abbastanza in linea tra uomini e donne; ma dalle risposte emerge che le cause di discriminazione più indicate sono la maternità e la gravidanza. La gestione di casa e famiglia Dalle risposte è emerso che la gestione della casa e della famiglia è ancora prerogativa delle donne. Alla domanda su chi si occupa delle incombenze domestiche il 68% delle donne risponde che sono loro a farsene carico, mentre solo il 18% degli uomini risponde nello stesso modo (e di questi la gran parte vivono soli). Noi, donne fuori dal Comune? 43
  • 44. Solo l’1% delle donne risponde che queste attività sono svolte dal partner, mentre il 28% degli uomini afferma che le incombenze domestiche sono svolte completamente dalla partner. Nella gestione quotidiana dei figli minori, le criticità sono avvertite in maniera analoga tra i due sessi (il 57% delle donne ed il 54% degli uomini), ma le risposte successive mostrano con chiarezza come siano ancora le madri le figure incaricate della cura e dell’assistenza dei figli; e questo si lega chiaramente al maggior ricorso al part-time da parte delle donne per conciliare l’attività lavorativa e quella familiare. Le donne dichiarano di accompagnare i figli a scuola nel 36% dei casi, nel 20% lo fa il partner; nel caso dei dipendenti, il 33% accompagna i figli a scuola ed il 33% risponde che sono le partner ad occuparsene. Fig. 2. Chi porta i figli a scuola nella maggior parte dei casi? Analogamente nel caso dei figli ammalati, le donne rispondono di occuparsene in prima persona nel 46,6% dei casi, contro l’8,3% degli uomini. E se nel tempo extrascolastico e durante le vacanze scolastiche prevale il supporto di nonni o strutture private, nel caso se ne occupino i genitori, sono prevalentemente le donne a dedicare il loro tempo ai figli. Un altro aspetto che emerge da questa sessione è lo scarso utilizzo dei congedi parentali dei padri, in linea con i dati che emergono a livello nazionale. 44 Noi, donne fuori dal Comune?
  • 45. Il 78% delle donne e il 29% degli uomini rispondono di aver utilizzato i congedi; spostando l’attenzione sul partner, emerge che le donne con figli conviventi affermano che solo nel 7,4% dei casi i padri hanno usufruito del congedo parentale (nel 50% dei casi non ne hanno usufruito, pur avendone diritto), mentre il 65% dei padri afferma che le partner ne hanno usufruito. Anche l’assistenza ad anziani e disabili è per lo più un “affare di donne”: in buona percentuale (e in misura nettamente superiore a quello che dichiarano di fare gli uomini) le donne o si fanno carico da sole dell’assistenza (33% delle donne, contro 25% degli uomin) o supportano il partner nell’assistenza (il 17,8% delle donne risponde che è aiutata, contro il 30,8% degli uomini che dichiara di poter contare sull’aiuto della partner). Il tempo libero Anche nella sezione che indaga la quantità di tempo dedicata agli impegni familiari e casalinghi ed al tempo libero emerge la disomogeneità tra le dipendenti ed i dipendenti. Il 60% delle donne risponde di dedicare al lavoro di casa e famiglia più di 16 ore la settimana (di queste, il 23% dedica più di 35 ore); la percentuale degli uomini che dedicano la stessa quantità di ore è più bassa (39%). Più interessante è la differenza tra percentuale di donne che rispondono di dedicare più di 35 ore alla settimana e la percentuale degli uomini, 23% contro il 9% (la maggior parte dei quali abitano da soli). In linea con questi risultati, le domande sulla quantità di tempo libero a disposizione mostrano risposte speculari: le dipendenti sostengono di avere molto meno tempo libero da dedicare ai propri interessi; oltre la metà afferma di meno di 7 ore a disposizione per il tempo libero (77,4%, di cui il 19,7% risponde di non averne affatto), mentre la percentuale degli uomini che risponde in questo modo è il 57% (il 10,1% risponde di non averne). Il 31,6% dei dipendenti risponde di avere tra le 8 e le 15 ore di tempo libero a disposizione, contro il 18,8% delle donne. Analizzando nel dettaglio i rispondenti con figli conviventi, si osserva che le percentuali per gli uomini non mutano di molto, mentre per le donne crescono di oltre 5 punti percentuali le dipendenti che affermano di non aver tempo libero a disposizione. Noi, donne fuori dal Comune? 45
  • 46. Fig. 3. Quanto ore la settimana sono dedicate al lavoro di cura della famiglia e della casa? I commenti all’iniziativa, le proposte e le priorità da realizzare I risultati del questionario, oltre a fotografare le difficoltà di conciliazione delle dipendenti, hanno costituito un ottimo spunto per fornire indicazioni anche sulla percezione del clima, delle soddisfazioni e delle criticità vissute nell’ambito lavorativo. Oltre all’interesse e all’apprezzamento suscitati dall’iniziativa, le dipendenti hanno chiesto l’applicazione di ulteriori strumenti per favorire la conciliazione, alcuni dei quali già applicati dall’Amministrazione, altri in fase di attivazione, in correlazione ai progetti di valorizzazione delle risorse umane attualmente in atto. Gli strumenti di tutela di genere già utilizzati dall’Amministrazione: • possibilità di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, nei limiti consentiti dalle vigenti disposizioni; • concessione dei benefici previsti dalla normativa attuale (L.104/92, D.lgs.n.151/01, disposizioni contrattuali varie); • flessibilità oraria. 46 Noi, donne fuori dal Comune?
  • 47. I progetti in fase di attivazione a supporto dello sviluppo professionale di genere Tra le proposte rilevate dal questionario, emerge la richiesta di poter usufruire dell’istituto del TELE-LAVORO, coerentemente con quanto previsto dalla vigente normativa e dal C.C.R.L. del personale del comparto unico dd. 6.5.2008. L’Amministrazione del Comune di Udine ha recentemente presentato un progetto, denominato “Ide@lavoro: sperimentiamo il Tele-Lavoro nel Comune di Udine”, per usufruire dei contributi regionali previsti nell’ambito della realizzazione dei Piani di Azioni Positive mirate a supportare il percorso professionale di genere. Il Progetto rappresenta un’azione concreta per favorire la conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita, ovvero tra attività lavorativa e responsabilità familiari. Obiettivi specifici della attivazione di tale strumento sono: • introdurre nuove forme di lavoro flessibile; • migliorare la qualità della vita delle lavoratrici; • rendere più efficientI i processi organizzativi dell’Ente. Terminata la fase sperimentale, l’istituto potrà essere regolamentato ed entrare a regime entro i primi mesi del 2012 La costituzione del nuovo Comitato: gli obiettivi da realizzare Il questionario relativo alla conciliazione dei tempi lavoro-famiglia è stato interamente progettato e somministrato dal Comitato delle Pari Opportunità (C.P.O.) che ne ha elaborato anche i dati rilevati, senza alcun onere aggiunto a carico dell’Amministrazione. Dai risultati emersi e sinteticamente illustrati in questo capitolo prenderà spunto, per iniziare l’attività di competenza, il nuovo Comitato sostitutivo del C.P.O., denominato C.U.G. - Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni - istituito con la legge n° 183 del 4.11.2010, le cui Direttive emanate il 4.3.2011 prevedono appunto la costituzione di un unico organismo, designato all’interno dell’Ente, per il raggiungimento dei seguenti obiettivi: Noi, donne fuori dal Comune? 47
  • 48. • assicurare, nell’ambito del lavoro pubblico, parità e pari opportunità di genere, rafforzando la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori e garantendo l’assenza di qualunque forma di violenza morale o psicologia e di discriminazione, diretta e indiretta relativa al genere, all’età, all’orientamento sessuale, alla razza, all’origine etnica, alla disabilità, alla religione, alla lingua; • favorire l’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico migliorando l’efficienza delle prestazioni lavorative, anche attraverso la realizzazione di un ambiente di lavoro caratterizzato da un clima di benessere organizzativo; • razionalizzare e rendere efficace l’organizzazione della PA, mediante l’unificazione di competenze nell’ottica della semplificazione organizzativa e della riduzione dei costi. Il C.U.G. nominato direttamente dal Dirigente del Servizio Organizzazione e Gestione delle Risorse Umane ha una composizione paritetica di genere, è formato da un uguale numero di dipendenti in servizio e da rappresentanti sindacali, resterà in carica per quattro anni e avrà compiti propositivi, consultivi e di verifica sulle tematiche specifiche definite dalle Direttive. 48 Noi, donne fuori dal Comune?
  • 49. Noi, donne fuori dal Comune? 49
  • 50. Costruiamo la nostra città • Il contesto della ricerca • Una città a misura di donna: priorità per la città di udine • Una conciliazione family friendly • Città, tempo per sé, tempo libero, socialità e svago • Tre priorità per la città • Conclusioni 50
  • 51. Il contesto della ricerca La Commissione per le Pari Opportunità tra Uomo e Donna del Comune di Udine ha aderito alla proposta di collaborare alla trasformazione che, nel corso del biennio 2011/2012, vedrà il Bilancio di Genere del Comune di Udine modificarsi da strumento di rendicontazione a strumento di governance e si è impegnata a collaborare alla presente indagine “Costruiamo la nostra città”. L’obiettivo generale dell’indagine è di proporre uno spaccato sui diversi aspetti concernenti la percezione delle problematiche e la valutazione della qualità della vita nella città di Udine, filtrato dal punto di vista delle donne con più di 60 anni. L’indagine prende spunto dalle risultanze del lavoro di ricerca promosso nel 2010 dalla Commissione Pari Opportunità della Regione Friuli Venezia Giulia, “Costruiamo la nostra città - I principali centri urbani del Friuli Venezia Giulia attraverso lo sguardo delle donne”, presentata a Udine il 9 giugno 2011. L’indagine regionale coinvolgeva le donne con meno di 60 anni e per questo si è voluto svilupparla, ampliando la ricerca alle donne appartenenti alle fasce di età superiori, che a Udine rappresentano il 18,7% della popolazione residente, e integrare la lettura di genere della città con il loro punto di vista, sicuramente diverso da quello delle donne più giovani. Le tematiche affrontate nell’indagine sono: la città “desiderata”, il gradimento delle politiche sociali rivolte ai bambini, agli adolescenti e alle persone anziane, l’utilizzo del tempo libero, e tre temi considerati prioritari per la città: • la sicurezza, • l’ambiente ed il verde urbano, • la mobilità e l’offerta commerciale. Il campione intervistato è formato da 156 donne, divise in cinque fasce d’età (60-64, 65-69, 70-74, 75-79, 80 e oltre). La numerosità campionaria delle fasce è stata definita cercando di mantenere una proporzione rispetto al numero di donne residenti al 31 dicembre 2010 nelle diverse classi d’età. Costruiamo la nostra città 51
  • 52. Per quanto riguarda la classe delle donne over 80, nonostante sia quella con il numero maggiore di residenti, la numerosità campionaria scelta è la più bassa perché si è considerato che in quest’ultima fascia il numero delle residenti che effettivamente sono “attive” e che “vivono la città” siano inferiore alle altre classi d’età. Le risposte sono state raccolte attraverso la somministrazione di questionari cartacei effettuata nel mese di luglio 2011. Una città a misura di donna: priorità per la città di Udine La qualità della vita al femminile Intervistare donne di età maggiore ai 60 anni ha significato avere una visione della città che supera i temi classici della conciliazione dei ruoli (madre, moglie e lavoratrice), dei compiti che le donne quotidianamente assolvono (lavoro di cura, lavoro domestico e lavoro extra familiare) e dei tempi che questi compiti impongono. Infatti, quasi il 70% delle donne intervistate sono pensionate e quindi, essendo svincolate da obblighi lavorativi, possono gestire e organizzare in modo differente la loro maggior disponibilità di tempo libero. Inoltre, più del 55% delle intervistate appartiene a nuclei familiari composti da due o più persone contro il 39% di donne che vivono da sole. Questi aspetti fanno emergere diverse sensibilità riguardo aspetti come la percezione, la preoccupazione sulla criminalità e l’esigenza di sicurezza sociale in città. Nel chiedere quali fosse i tre aspetti che vorrebbero vedere migliorati e potenziati nella città “sognata”, ovvero le aspettative nei confronti del luogo in cui vivono, esito di un incrocio di tradizioni che si sono sviluppate attraverso diverse generazioni, di pratiche e di abitudini comuni, le intervistate hanno espresso il desiderio che Udine fosse una città: • “più italiana, con meno immigrati” (37,8%). Questo desiderio può essere dovuto dall’aumento del numero di immigrati e dal conseguente sentimento di timore e di sospetto che nasce nei confronti dello sconosciuto e del diverso, che può essere superato promuovendo e sviluppando, accanto alle misure classiche di rafforzamento e tutela dell’ordine pubblico, iniziative che favoriscano l’incontro con l’altro (straniero e non) creando reti di relazioni per incentivare e sviluppare la socialità degli anziani. 52 Costruiamo la nostra città
  • 53. Questo rappresenta il carattere maggiormente dissonante rispetto al dato emerso dalla ricerca regionale, nella quale la percentuale di donne che vorrebbe meno immigrati è molto più bassa e la richiesta principalmente era di una città più “dinamica” (40%), aspetto che nella nostra indagine non rientra nelle prime cinque “richieste”, risultando in ogni caso segnalato da quasi un’intervistata su quattro. • “più accogliente, aperta e moderna” (34%), ovvero una città pronta ad interpretare positivamente la domanda e l’offerta di innovazione che, in diversi ambiti, proviene dalla società sia in termini di organizzazione dei servizi, sia per quanto riguarda il recepimento di nuovi stimoli proposti a livello internazionale dal mondo scientifico, tecnologico e culturale. • “più ecologica”(34%), vale a dire più attenzione agli aspetti riguardanti la tutela e la preservazione dell’ambiente. Le donne intervistate, anche se si dichiarano sufficientemente soddisfatte del verde in città (fruibilità di parchi e di giardini), chiedono comunque dei miglioranti ed una maggior cura, che si esplicitano nella richiesta di spazi adeguatamente dotati di servizi igienici attrezzati, di panchine e una maggior illuminazione; esprimendo, anche in tal caso, la preoccupazione per la presenza di persone indesiderabili o semplicemente percepite come pericolose (39% delle intervistate). Fig.1. Aspetti che le donne di Udine con più di 60 anni vorrebbero nella loro città desiderata Costruiamo la nostra città 53
  • 54. “più sicura” (30,8%). Anche tra gli aspetti della città desiderata, riemerge il tema della preoccupazione sulla sicurezza per le donne con più di 60 anni, che probabilmente dipende peraltro da fattori diversi da quelli segnalati dalle donne under 60 anni nell’ambito della ricerca regionale (nella quale questo aspetto era indicato dal 20% delle intervistate). Si tratta di una preoccupazione che probabilmente riguarda il timore di essere scippate o importunate, piuttosto che molestate o violentate, ma che certamente impone una riflessione complessa al decisore pubblico in quanto, non sentirsi a proprio agio negli spazi urbani, condiziona fortemente la vita di tutti i cittadini. Gli aspetti positivi della città Per quanto riguarda la mobilità, le donne nelle fasce d’età considerate rientrano nella categoria delle persone che, per gli spostamenti, utilizzano meno l’auto e maggiormente i mezzi pubblici, le zone pedonali e le piste ciclabili. Vista l’età hanno dei tempi di vita più rilassati e dunque una maggiore propensione per gli “spostamenti lenti”. Per questa ragione è interessante la valutazione che queste persone danno sui servizi citati e sulla loro capacità di facilitare gli spostamenti. Fig.2. Aspetti della città che le donne con più di 60 anni considerano positivi Come emerge dal grafico, tra i primi tre aspetti della città segnalati come positivi, due sono riconducibili a queste tematiche: le brevi distanze cittadine e la rapidità negli spostamenti, che risulta il più segnalato (il 65,2% delle 54 Costruiamo la nostra città
  • 55. intervistate) e la buona presenza di servizi (40%). Tra questi due aspetti, è indicata la tranquillità della città, declinata nelle diverse caratteristiche, dalla bassa invadenza del traffico alla scarsa rumorosità cittadina. Una conciliazione family friendly Adeguatezza dei servizi per bambini/adolescenti e anziani Considerando l’età delle donne del campione non si deve ragionare in un’ottica di “accudimento” dei figli, bensì dei nipoti, spostando quindi l’attenzione sull’aiuto e sul supporto che queste donne possono fornire a figli e figlie, nel consentire loro di conciliare la vita familiare e lavorativa, problematica emersa anche nell’ambito dei focus group dell’indagine regionale. Infatti, il 45% delle intervistate ha nipoti di età media di 7 anni e di queste, il 75% ritiene che il loro sia un contributo utile, se non addirittura importante, ai genitori dei bimbi accuditi. Complessivamente, più della metà del campione è soddisfatta dei servizi cittadini per bambini e adolescenti, pur rilevando la necessità di implementare i centri di aggregazione per adolescenti, segnalando l’attenzione e l’interesse del benessere dei nipoti anche quando questi non sono più bambini. I tre servizi ritenuti essenziali per migliorare la qualità della vita delle famiglie L’analisi delle risultanze evidenzia la necessità di implementare i servizi di supporto alla cura e alla relazionalità degli anziani, che sono ritenuti meno soddisfacenti rispetto a quelli dedicati ai giovani. In particolare le donne intervistate rilevano insufficienti, nell’ordine, l’offerta di servizi di assistenza domiciliare, l’offerta di iniziative ed attività che favoriscano la socializzazione e l’incontro e, infine l’offerta di attività diurne. Questi dati mettono in luce, così come già evidenziato nell’indagine regionale e in sintonia con la stessa, che la domanda di servizi e supporto, dato il progressivo invecchiamento della popolazione, è in aumento e la risposta, richiede inevitabilmente un forte e mirato impiego di risorse economiche e non. Costruiamo la nostra città 55
  • 56. Città, tempo per sé, tempo libero, socialità e svago Le donne intervistate si ritengono abbastanza soddisfatte del tempo libero di cui dispongono (64,7%) e, nell’ordine, lo vorrebbero utilizzare per sé stesse (82,7%), per svolgere attività finalizzate a sviluppare i propri interessi culturali ed artistici (73,1%), per frequentare amici, per fare attività fisica e mantenersi in forma. L’offerta culturale della città (teatri, concerti, incontri) risponde ai gusti e alle esigenze per il 75% delle intervistate, che però, per rendere migliore e più accessibile l’offerta, desidererebbero usufruire di maggiori agevolazioni e sconti (60%), nonostante in molti casi siano già previste per la fascia d’età over 65. Le tre priorità per la città In questa sezione del rapporto, sulla traccia dell’indagine regionale, vengono riportate le risultanze dell’analisi dei dati relativi a tre macroaree che meritano un’attenzione particolare: sicurezza, ambiente e verde pubblico, mobilità e commercio. Città e sicurezza Nonostante le preoccupazioni segnalate, le donne intervistate hanno, in prevalenza, la percezione di una città abbastanza sicura (il 74.4% risponde abbastanza o molto sicura), anche se il timore di muoversi la sera è alto. Infatti, il 73% non si sente sicura ed ha paura a spostarsi da sola in città e questo timore aumenta al crescere dell’età, caratteristica in linea con quanto già era emerso nell’indagine regionale. Tab. 1. Percentuale di risposte positive (abbastanza - molto) su diversi aspetti della sicurezza I sentimenti di timore e insicurezza percepiti camminando da sole di notte nella città sono probabilmente riconducibili, come segnalato anche 56 Costruiamo la nostra città
  • 57. nell’indagine regionale, a due fattori: da un lato l’aumento del numero degli immigrati in città (13% sul totale della popolazione) e la conseguente paura di cui si è già discusso in precedenza e d’altro lo spopolamento del centro storico; fattori che amplificano un senso di vulnerabilità nelle persone più deboli (soprattutto nelle fasce di età più “anziane”), e aumentano la loro preoccupazione anche per la sicurezza dei nipoti. Un altro aspetto legato alla sicurezza dei luoghi è la loro adeguata illuminazione: complessivamente il 66% delle intervistate ha un giudizio positivo sull’ adeguatezza dell’illuminazione cittadina, anche se si osserva che il gradimento cala all’aumentare dell’età dell’intervistate. Come si vede dal grafico in fig. 3., l’intervento per aumentare la sicurezza, che è indicato da più intervistate, è il potenziamento dei controlli (70,5%). Altri interventi segnalati sono la videosorveglianza (39,7%) e il potenziamento dell’illuminazione (37,2%). Inoltre, per eliminare la percezione di insicurezza, le donne intervistate indicano anche due interventi non finalizzati esclusivamente alla sicurezza: la riqualificazione di specifiche aree ed il potenziamento della fruibilità dei luoghi pubblici. Fig. 3. Interventi segnlati dalle donne con più di 60 anni per aumentare la sicurezza Città e ambiente Le donne, sia over che under 60 anni, ritengono fondamentale, per la qualità della vita, il tema dell’inquinamento, rispetto a tre specifici elementi: inquinamento dell’aria, inquinamento acustico e sporcizia. Dall’analisi dei dati emerge la preoccupazione per l’inquinamento dell’aria (il 69.2% delle intervistate ritiene che l’aria di Udine sia molto o abbastanza inquinata). Costruiamo la nostra città 57
  • 58. I giudizi emersi invece rispetto alla rumorosità, alla pulizia della città sono mediamente positivi. Un ulteriore aspetto, ritenuto importante per la buona qualità della vita, è la presenza in città di spazi verdi pubblici. A questo proposito il 76.3% delle intervistate ritiene che ci siano abbastanza aree verdi, anche se non distribuite in modo omogeneo nella città. Sempre a questo proposito, emergono alcune criticità, su cui l’amministratore pubblico potrebbe agire in modo concreto, che riguardano: l’assenza di servizi igienici adeguati (segnalata dal 63.7% delle intervistate), la scarsa illuminazione (50%), la presenza di persone percepite come pericolose (39.1%). Tab. 2. Percentuale di risposte positive (abbastanza - molto) su diversi aspetti della sicurezza Città, mobilità e commercio Sui servizi di trasporto pubblico, poco più della metà delle intervistate esprimono un giudizio positivo (abbastanza o molto). Nel dettaglio, l’aspetto più apprezzato è il numero di linee degli autobus (il 68,6% esprime un giudizio positivo), seguono la puntualità (64,7%) e la qualità delle fermate (57,7%). Sono di poco superiore al 50% le donne che reputano positivo il numero di corse, mentre solo il 30% esprime un giudizio positivo sul costo di biglietti e abbonamenti. Tab. 3. Percentuale di risposte positive (abbastanza - molto) su diversi aspetti dei mezzi pubblici Quanto emerso dalla ricerca conferma lo stretto legame che intercorre fra l’offerta commerciale della città e gli aspetti relativi alla mobilità (ridefinizione 58 Costruiamo la nostra città
  • 59. dei rapporti centro - periferia): infatti, il primo degli interventi che le donne intervistate evidenziano, per migliorare la vocazione commerciale della città, riguarda la richiesta di aumentare i collegamenti pubblici ai punti di vendita esistenti (50,4%), richiesta legittima se si considera che il solo 40% utilizza anche la macchina per gli spostamenti e che la maggior parte dei punti vendita fuori città sono raggiungibili solo con mezzi propri. Conclusioni In sintesi, dalla ricerca emerge che le donne over 60 si discostano dalle donne under 60 per una preoccupazione più accentuata riguardo la percezione della sicurezza e per il fatto di disporre di maggior tempo libero. Elementi comuni risultano invece l’esigenza di una città “a misura d’uomo”, o meglio, “a misura di donna”: vitale, ma non caotica, funzionale ma anche solidale e attenta ai problemi delle fasce deboli (anziani e minori in particolare), una città da percorrere in bicicletta, o magari passeggiando a piedi. Esigenze non diverse, come vedremo, da quelle espresse anche da altri cittadini (maschi e femmine), “portatori di interessi” coinvolti nelle audizioni effettuate dal Comune nel percorso finalizzato all’adozione del nuovo PRGC. Costruiamo la nostra città 59
  • 60. 60 Bilancio di Genere e Piano Regolatore
  • 61. Bilancio di Genere e Piano Regolatore Nel capitolo precedente abbiamo evidenziato i “desiderata” delle donne, in relazione alla città di Udine. Ora verificheremo se, e in che misura, le esigenze espresse dalle donne, siano state recepite dall’Amministrazione Comunale nel documento che, più di ogni altro, è finalizzato a ridisegnare Udine in prospettiva futura, ovvero il Nuovo Piano Regolatore Generale Comunale, adottato dal Consiglio Comunale con deliberazione n.67 d’ord. in data 25/07/2011. In primo luogo ci siamo chiesti se, quanto emerso dalle indagini effettuate dalla Commissione Pari Opportunità della Regione FVG, integrate con l’interpello delle donne residenti a Udine di età pari o superiore ai 60 anni, corrispondano o meno alle esigenze esposte dalla Commissione Pari Opportunità del Comune di Udine nell’ambito del tavolo di lavoro promosso dal Comune stesso per acquisire indicazioni e proposte, da parte dei diversi “portatori di interessi”, per l’elaborazione del P.R.G.C. A tale proposito evidenziamo una sostanziale sovrapponibilità delle suddette istanze (il che conferma la rappresentatività dell’organismo di cui trattasi, in rapporto al genere femminile). Il documento presentato dalla Commissione Comunale Pari Opportunità, al tavolo interdisciplinare di cui sopra, evidenzia infatti le medesime criticità emerse dall’analisi dei questionari del progetto “Costruiamo la nostra città”: criticità, della Udine di oggi, che si chiede vengano affrontate e risolte. E in tal senso, la Commissione rivendica il ruolo importante delle donne nella formulazione di proposte concrete, che siano lo spunto per decisioni politiche oculate e lungimiranti, partendo dall’assunto che “la donna che combatte con le sconnessioni di un marciapiede in cui si impennano le rotelline piroettanti del passeggino che spinge, è molto più vicina alla comprensione delle difficoltà che incontra un portatore di handicap di quanto non lo sia l’uomo che incede solitario e veloce”. A questo punto abbiamo esaminato la corposa e complessa documentazione che compone il nuovo P.R.G.C. e abbiamo riscontrato molteplici “punti di incontro” fra le previsioni urbanistiche introdotte ex novo, e le esigenze esposte dai cittadini di genere femminile. La Relazione Generale al Piano, in particolare, illustra i principi a cui il documento si ispira, gli obiettivi che si propone di conseguire, e le linee di Bilancio di Genere e Piano Regolatore 61
  • 62. sviluppo in cui si articola il nuovo P.R.G.C., ed espone concetti certamente condivisibili, che traducono, in sede di pianificazione territoriale, l’esigenza espressa dalle donne di vivere in una città intesa come “organismo solidale”, che agevola l’incontro e il confronto, che punta a migliorare la qualità della vita dei cittadini e a salvaguardare l’ambiente. Il tema della qualità edilizia e della tutela del patrimonio architettonico, dell’identità anche culturale dei luoghi (in particolare con riferimento ai borghi storici e rurali), il previsto ampliamento e la valorizzazione delle aree verdi scoperte (orti, giardini, braide, ecc.) e, prima ancora, la scelta di contenere e limitare le aree di possibile espansione edificatoria (lottizzazioni), minimizzando l’utilizzo di aree non ancora urbanizzate, sono certamente scelte politiche in sintonia con il “sentire delle donne”. Donne che si riconoscono nella cosiddetta filosofia della “città dei 500 passi” (circa 300 metri), che è la distanza massima da percorrere, partendo da un qualunque punto della città, per raggiungere sedi di Enti Pubblici, strutture di interesse pubblico (ospedale, stadio, università parchi, istituti scolastici superiori ecc.) e fruire dei relativi servizi. Il Piano inoltre, individua nelle zone carenti –soprattutto in periferia-, aree che si prevede vengano dotate di verde pubblico attrezzato, piste ciclabili o percorsi pedonali di verde pubblico (in modo da creare, nel tempo, un sistema integrato di spazi fra loro collegati, accessibili e fruibili da tutti), che siano anche luoghi di ritrovo e di aggregazione, valorizzando il patrimonio naturale esistente (es. con la salvaguardia dei corsi d’acqua che attraversano la città, ovvero le rogge). Ciò che non viene recepito sono invece, ad esempio, l’esigenza di migliori infrastrutture (ad esempio maggiori spazi-parcheggio dinnanzi alle scuole dove sostare quando si accompagnano i bambini), piuttosto che es. una maggiore sicurezza in città (che consenta alle donne di muoversi con maggior tranquillità, soprattutto in ore serali ed in periferia). Peraltro, più che di “carenze del Piano” o della dimostrazione di una scarsa sensibilità dell’Amministrazione rispetto ai predetti temi, la mancanza di indicazioni in tal senso si giustifica per il fatto che si tratta di questioni non risolvibili attraverso questo strumento di programmazione. In particolare es. realizzare o meno nuovi parcheggi prospicienti le scuole, è certamente anch’essa una decisione politica, ma che si esprime attraverso l’approvazione del Bilancio (Annuale e Triennale) e del Programma triennale e Piano Annuale delle opere pubbliche. 62 Bilancio di Genere e Piano Regolatore
  • 63. In tali documenti quindi, e non nel P.R.P.G., dovrebbero, e dovranno, essere inseriti i predetti interventi (e noi esamineremo quegli atti, il prossimo anno, per verificare se la questa esigenza è stata/viene/verrà accolta). Per quanto concerne “la sicurezza”, vi sono specifiche deliberazioni Giuntali che hanno approvato un piano per l’installazione di telecamere in diversi punti della città, che sarà soggetto a progressive integrazioni ed implementazioni. Ritornando però alla questione “parcheggi dinanzi alle scuole”, ci permettiamo una breve digressione che esprime una nostra opinione personale (ovvero delle componenti del tavolo interdisciplinare per la redazione del Bilancio di Genere del Comune di Udine, o meglio “dei componenti” del predetto tavolo visto che, in attuazione del principio delle pari opportunità, quest’anno abbiamo cooptato anche un esperto di statistica di genere maschile!). Non si può disconoscere il fatto che, per le donne che accompagnano i figli a scuola, soprattutto se sono donne che lavorano, poter parcheggiare nelle immediate vicinanze dell’Istituto, consenta di ridurre il tempo di “espletamento di tale incombenza” e lo stress che deriva dal parcheggiare invece dove possibile, e magari anche in doppia fila, con la preoccupazione di prendere la multa e/o di non arrivare in tempo in ufficio. Ma il problema forse si deve affrontare in un altro modo, ad esempio favorendo l’utilizzo dei mezzi pubblici (valutando, ed eventualmente modificando, la frequenza delle corse in alcune fasce orarie e il posizionamento di alcune fermate (cosa che peraltro implica un ragionamento da condividere con SAF S.p.A., ovvero la società, per inciso partecipata anche dal Comune di Udine, che attualmente gestisce il trasporto pubblico locale). Parallelamente, si dovrebbero incentivare forme alternative al traffico veicolare, attraverso la realizzazione di piste ciclabili che consentano a mamme e bambini, di raggiungere in sicurezza le scuole, o l’individuazione di percorsi “protetti” per favorirne l’arrivo a piedi (e in tal senso esistono già, ma andrebbero forse implementate e incentivate forme di mobilità “eco-sostenibili” nell’ambito del P.U.T. (Piano Urbano del Traffico) o del futuro P.U.M. (Piano Urbano della Mobilità), piuttosto che essere attuati, in forma sistematica e continuativa, progetti quali “Pedibus”, che invece vengono attuati in modo discontinuo e frammentario, per carenza di fondi a Bilancio). Infine, si dovrebbe sicuramente rivedere e rendere più funzionali gli “orari Bilancio di Genere e Piano Regolatore 63
  • 64. della città” (negozi, uffici ecc.) per evitare il congestionamento del traffico in alcuni orari (obiettivo non facile perché presuppone accordi fra Enti, con diverse Istituzioni, i rappresentanti delle categorie economiche ecc.). Ma, a monte, come di consueto, dovremmo porci un’altra domanda (peraltro retorica), ovvero: ma perché sono soprattutto le donne a portare e riprendere i bambini a scuola? Questo ci rimanda automaticamente al tema essenziale della “conciliazione fra tempi di cura e custodia/tempi da dedicare al lavoro/tempi per sé stesse” e ci impone, ancora una volta, una riflessione sulla divisione dei compiti-oneri fra uomini e donne, nell’esercizio delle incombenze familiari. Si tratta di un problema ovviamente anche “culturale”, di mentalità, che va cambiata. Ci sono, in alcuni casi in Italia, ma soprattutto all’estero, esempi “illuminanti/ illuminati”. L’esempio della Norvegia, a cui si fa riferimento nel capitolo finale, ne è un esempio che dovrebbe far riflettere la classe politica a livello nazionale e locale. 64 Bilancio di Genere e Piano Regolatore
  • 65. Bilancio di Genere e Piano Regolatore 65
  • 66. 66 Esperienze a confronto: il caso norvegese
  • 67. Esperienze a confronto: il caso norvegese “Stretta tra il sacro e il naturale, la madre è il primo e l’ultimo tabù della cultura maschile dominante, e, per le donne, l’esperienza che rischia di vederle divise. Oppure – perché no? – l’inizio di un movimento capace di spingersi più a fondo nell’analisi del rapporto tra i sessi.” (“Amore e violenza”, Lea Melandri) Nell’autunno 2010 il ministro dell’infanzia e dell’uguaglianza Audun Lysbakken ha utilizzato un congedo di paternità di quattro mesi per dedicarsi completamente a pannolini e passeggini, mentre la neo madre è tornata al lavoro. A distanza di poche settimane un congedo di paternità di tre mesi è stato preso del ministro della giustizia Knut Storberget. Questa consuetudine, che in Italia farebbe sorridere alcuni e storcere il naso ad altri, è diffusa in Norvegia dove ogni anno sono 40.000 (su una popolazione di 14,6 milioni di abitanti) i padri che lasciano il lavoro per dedicarsi alla cura dei loro neonati. I posti temporaneamente vacanti sono stati affidati a due donne ed il primo Ministro laburista Jens Stoltenberg (che a sua volta usufruì del congedo nel 1989, quando era solo uno dei 400 a richiederlo) è tutt’altro che preoccupato per il suo esecutivo, anzi è felice che i due colleghi possano usufruire del congedo ed ha aggiunto che “non può essere che noi uomini siamo più indispensabili sul posto di lavoro, o al governo, delle donne”. Questa rivoluzione familiare e culturale è stata possibile grazie alla legge sul pappapermisjon approvata nel 1993 dal governo socialdemocratico che guidava il paese. L’allora ministro dell’infanzia Grete Berget ricorda di come all’epoca la società norvegese fosse caratterizzata da una profonda divisione dei ruoli tra i due generi: gli uomini si occupavano del lavoro, le donne della casa e della famiglia. Il progressivo inserimento delle donne nel mondo del lavoro, ha portato a constatare che per ottenere una vera uguaglianza, oltre al superamento della rigida divisione dei ruoli, le responsabilità familiari dovessero essere condivise. Queste considerazioni condussero ad una revisione della legge che fin dal 1977 dava la possibilità di dividere il congedo di maternità tra madre e padre, opportunità che era stata sfruttata solo dal 2,3% dei padri. La nuova legge introdusse per i genitori il diritto di poter suddividere e gestire, alla Esperienze a confronto: il caso norvegese 67
  • 68. nascita del figlio, un periodo di permesso di 46 settimane retribuito al 100% o di 56 settimane all’80% ed il diritto per entrambi di poter beneficiare di un congedo di 15 giorni subito dopo il parto. Per incoraggiare i padri ad assentarsi dal lavoro per allevare il figlio, la legge ha introdotto la “quota paterna”; essa consiste in 10 settimane (aumentate dall’attuale governo dalle 6 settimane stabilite nel 1993) del congedo riservate ai padri, che vanno perdute se questi decidono di rimanere al lavoro, con conseguente danno per l’intera famiglia. I risultati sono stati sorprendenti: due anni dopo l’introduzione della legge, il 70% dei padri utilizzava la quota paterna e nel 2008 si è raggiunto l’attuale 90%. Negli anni è aumentata anche la percentuale di padri che usufruiscono di un congedo più lungo, nel 2000 erano l’11%, saliti al 16,5% nel 2008. Sembra però che questo non sia ancora sufficiente per l’attuale governo norvegese, che proseguendo sulla strada imboccata nel 1993, dal 1° luglio 2011 ha portato a 12 settimane la quota paterna con l’intenzione di raggiungere le 14 settimane nel 2012. Non sufficiente è anche per la confederazione sindacale e per la confindustria norvegesi che, nonostante i progressi fatti, vorrebbero andare oltre, chiedendo un congedo di maternità diviso in tre: una parte riservata al padre, una alla madre e la restante a scelta tra i due genitori. Su questo punto però, il governo sembra restio, considerandola una suddivisione troppo rigida. Gli effetti di questa riforma sono molteplici e toccano sia il neonato e la sua crescita, sia l’uguaglianza e le pari opportunità tra uomini e donne. Per quanto riguarda gli effetti sui neonati, vi è la consapevolezza che la partecipazione, presente ed attiva della figura paterna, sia estremamente positiva per la crescita del bimbo e per la costruzione di un forte legame col figlio che si protenderà nel corso della vita. Inoltre, il comportamento del padre sarà per il bambino il primo contatto con l’idea di uguaglianza e di condivisione dei diversi ruoli della vita, sviluppando perciò, fin dall’infanzia, la cultura della parità e dell’uguaglianza tra i sessi. Oltre che nella condivisione della maternità, si possono generare degli effetti percepibili anche in altri ambiti della sfera sociale e lavorativa che hanno portato, nella cultura norvegese, al superamento delle vecchie convenzioni sociali ed ad una parità tra i generi, sentita come un valore condiviso e non opinabile, senza necessità di essere ricordata ed imposta 68 Esperienze a confronto: il caso norvegese
  • 69. dalla legge. Un beneficio di questa legge si potrà riscontrare nel superamento degli eventuali ostacoli, che talvolta compromettono l’assunzione o la carriera delle donne, dovuti alla maternità o ad una futura. Una legge come quella norvegese è un buon modo anche per evitare che le donne, seppur meritevoli, vengano discriminate al momento dell’assunzione solo per la possibilità di una maternità che agli occhi del datore di lavoro può rappresentare un problema. Infatti, spingendo anche i padri ad assentarsi dal lavoro per crescere il neonato, si fa in modo che questa discriminante della maternità perda peso, favorendo e facilitando così la partecipazione femminile al mondo del lavoro (infatti la Norvegia ha il secondo tasso occupazionale femminile d’Europa, 73,3%). Il pappapermisjon ha contribuito anche a portare il tasso di natalità tra i più elevati dell’Unione Europea ed a mantenere costante negli anni il numero di divorzi (crescente nella maggior parte dei paesi europei), che spesso sono dovuti alle tensioni che possono crearsi all’interno delle famiglie a causa delle disuguaglianze tra i generi. Mentre altri stati europei (Germania, Portogallo, Islanda) sembrano intenzionati a seguire l’esempio norvegese, l’Italia pare lontana e non particolarmente interessata ad un cambiamento. L’attuale normativa italiana stabilisce un congedo di maternità obbligatorio di 5 mesi (di norma 2 prima e 3 dopo il parto) per la madre con un’indennità pari all’80% dello stipendio ed un congedo parentale retribuito al 30% di 10 mesi frazionabili, da suddividere tra i due genitori (con un massimo di 6 mesi per ciascuno) e da utilizzare entro gli otto anni del bambino (mentre l’indennità è riconosciuta solo fino ai tre anni). L’unico incentivo affinché il padre utilizzi il congedo parentale è l’estensione a 7 mesi, se questi ne fruisce per un periodo di almeno 3 mesi, portando a 11 i mesi totali a disposizione dei genitori. Alla luce di queste norme, pur essendoci una buona tutela della madre, si constata che non vi è alcun incentivo affinché il padre resti a casa ad allevare il neonato nei primi mesi di vita. La legge così strutturata, non contribuisce a superare la cultura della divisione dicotomica dei ruoli tra i coniugi (soprattutto in alcune aree del paese) e le difficoltà delle donne nel mondo del lavoro (il tasso di occupazione femminile italiano raggiunge il 46,1%, risultando tra i paesi europei migliore solo al dato di Malta). Infatti, non è ancora scomparsa l’idea, magari solo velata, secondo la quale Esperienze a confronto: il caso norvegese 69
  • 70. debba esse la donna ad occuparsi della cura e dell’allevamento dei figli, addossandosi il peso dell’impiego familiare, rendendo così impossibile la conciliazione con la vita lavorativa e creando tra i generi una disomogeneità di possibilità ed opportunità nella vita. Nel mondo del lavoro, una legge come l’attuale, continua ad alimentare le difficoltà per le donne di partecipare completamente ed in modo realizzante alle attività lavorative, in quanto permette ancora che la maternità possa essere una discriminate nell’assunzione di una donna; facendo sì che la preferenza sia rivolta agli uomini che, molto difficilmente, si astengono dal lavoro per congedi legati alla crescita del figlio. Questo è confermato dai dati INPS relativi al 2010 per i lavoratori dipendenti: il numero di lavoratori che hanno beneficiato del congedo parentale sono solo il 9% (pari a 27.418 a fronte di 256.971 lavoratrici), dato comunque in crescita rispetto al 4% del 2003. Un altro fattore, non secondario nella ricerca della parità e dell’uguaglianza, che determina questa disparità nella richiesta di congedi parentali, è la differenza di salario tra uomini e donne, che porta la coppia a privarsi del reddito più basso, generalmente quello della madre. Il cambiamento dovrebbe arrivare con la direttiva approvata dal parlamento europeo il 20 ottobre 2010 ed ora all’esame del Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea. La direttiva, in materia di congedi di maternità, introduce l’importante novità del congedo di paternità obbligatorio per almeno due settimane. Le novità per le donne sono un congedo obbligatorio di 20 settimane con retribuzione al 100% dello stipendio. Se per le donne italiane la direttiva andrà ad influire principalmente solo sulla retribuzione, per gli uomini la nascita del bambino rappresenterà un momento per essere maggiormente responsabilizzati, e determinerà un importante mutamento culturale nel coinvolgimento dei padri nella cura della famiglia e dei figli. Qualora entrasse in vigore la direttiva, il governo dovrebbe cambiare una legge che negli ultimi anni ha avuto alcune proposte di modifica, nella direzione che sta tracciando l’Unione Europa, dibattute alla Camera, ma che non hanno portato al cambiamento della normativa vigente; probabilmente anche per lo scarso interesse e la scarsa considerazione per questa materia. La strada imboccata con questa legge dalla Norvegia sembra quella giusta, anche se ovviamente non può essere la bacchetta magica che cancella tutte le disuguaglianze. Infatti, nello stato scandinavo il divario salariale tra 70 Esperienze a confronto: il caso norvegese
  • 71. uomini e donne è del 15% (comunque basso rispetto agli altri stati europei) e le donne, principalmente impegnate nella pubblica amministrazione, fanno maggior ricorso al part-time. Oltre a questo, a rallentare la corsa alla piena uguaglianza, contribuiscono le critiche che arrivano dai partiti di destra sui principi ispiratori che regolano questa legge. Il partito conservatore sostiene che questa legge (definita “femminismo di stato”) sia un’intromissione nella vita famigliare sull’organizzazione della crescita dei figli, che dovrebbe spettare ai genitori e non allo stato. A questo sistema, che considerano troppo rigido, preferiscono gli incentivi fiscali mirati alle famiglie. Come nel caso norvegese, le critiche mosse solitamente contro una normativa (come possono essere le quote rosa) per favorite l’uguaglianza e la partecipazione delle donne, si scagliano proprio contro quella che reputano un’imposizione “calata dall’altro”, mentre questi valori dovrebbero nascere spontaneamente, anche per la spinta della determinazione femminile. In linea teorica queste critiche possono anche trovare un fondamento, ma la questione va considerata a livello di ciò che si osserva nella società, dove la mentalità, sviluppatasi su convenzioni sociali di disuguaglianza e divisione dei ruoli, difficilmente può venir superata senza una “forzatura” iniziale, quale una legge, che valga da punto di partenza per porre le basi per un rapido superamento di questa mentalità ed il raggiungimento di una piena uguaglianza e parità. Esperienze a confronto: il caso norvegese 71
  • 72. 72 Bilancio di Genere 2011
  • 73. Non lasciare che la paura cancelli la tua libertà! Sede: Distretto Sanitario di Udine Via San Valentino 20, III piano Udine NUMERO VERDE 800.531.135 Bilancio di Genere 2011 73