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Lead-time di un processo
Il lead-time include:

• Il tempo di attesa dei materiali (o delle parti) in coda
  prima del processo;
• Il tempo totale del processo che è costituito dal tempo di
  lavorazione più il tempo di setup dei macchinari utilizzati;
• Il tempo di attesa dopo il processo produttivo, cioè il tempo
  di attesa delle parti lavorate prima di potere essere
  trasferite al processo successivo;
• Il tempo di trasporto necessario a raggiungere il processo
  successivo.


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Cycle Time (o Takt Time)
Il Cycle time (tempo di ciclo) è l’intervallo di tempo in cui la
linea di produzione deve produrre un singolo prodotto o parte.



                           ORE DI SERVIZIO GIORNALIERE
    CYCLE TIME     =
                       PRODUZIONE GIORNALIERA RICHIESTA




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Livellamento (Smoothing) del processo
                produttivo
E’ l’adattamento della produzione alla variabilità della
domanda al fine di minimizzare la varianza quantitativa nella
linea di produzione ed eliminare i tempi morti.
Il livellamento della produzione nel TPS è ottenuto in due fasi:


 Livellamento della quantità di produzione totale;

 Livellamento della quantità di produzione del
  singolo modello.
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Livellamento della quantità di produzione totale

Mira a ridurre la varianza tra due periodi di tempo successivi,
attraverso la previsione dei picchi e delle depressioni della
domanda, per evitare sprechi nell’intero sistema di produzione.
A tal fine mensilmente viene redatto (utilizzando l’MRP) un
piano aggregato di produzione (Master Production Plan)
fornisce i dati riguardanti i quantitativi mensili di produzione a
seconda della domanda prevista.
Il Master Production Plan deve sincronizzare tutti i processi,
bilanciandoli così che ogni processo precedente termini alla
stessa velocità nel tempo di ciclo (cycle time).


                         Prof. Gandolfo Dominici               4
Livellamento della quantità di produzione totale
                         (esempio)
il cycle time è calcolato:
        dividendo il tempo di lavoro della giornata
        (960 minuti ) per la produzione giornaliera
                             [1]



     programmata nella linea finale di assemblaggio
                   (350 unità il 1°Aprile):

      960 / 350 = 2,74 minuti per unità = 165 secondi per unità

[1]   considerando due turni di lavoro di 8 ore: (8x60) x 2 = 960 min.

                                    Prof. Gandolfo Dominici              5
Livellamento della quantità di produzione totale
                   (esempio)
                          Esempio (semplificato) di Master Production Plan


                                                                                          APRILE
DATA                                             1     2     3     4     5     6     7     8 …       18       19     20     21    … 30
Quantità di produzione programmata              350   340   340   340   340   340   340   340 …      350      350    305    300   … 305
Numero di lavoratori assegnati alla linea       75     85   85    85     85   85     85    85 …       85       85    54      54   … 54
Numero di lavoratori che lavorano nella linea   73     83   83    63     63   63     63    63 …       61       62    51      52   … 52
Stop della linea (min.)                         88     80   53    53     53   53     53    53 …       90       87    83      80   … 84
Cycle time (sec.unità)                         165   169   169   169   169   169   169   169 …    164,5714   121   188,9   192   … 189




                                                        Prof. Gandolfo Dominici                                                           6
Livellamento della quantità di produzione del
               singolo modello
Determina l’appropriata sequenza di produzione della “Linea
di assemblaggio mista” (Mixed Model assembly line).
La produzione di automobili è molto varia poiché ogni tipo di
automobile ha diversi modelli, colori e specifiche. La quantità
di prodotti finiti sarebbe immensa se ogni linea di produzione
producesse solo un modello nell’intera giornata. Bisogna
evitare che il processo precedente produca componenti
quando ciò non è richiesto dalla domanda. Per ottenere ciò
linea di produzione deve produrre il giusto mix di modelli
minimizzando i tempi morti ed evitando la sovrapproduzione.
Si deve dunque programmare la giusta sequenza di prodotti
finiti livellando la quantità prodotta di ciascun modello.
                         Prof. Gandolfo Dominici              7
Livellamento della quantità di produzione del
               singolo modello
                           Un esempio:
Si supponga che lo stabilimento debba produrre 8.000
automobili al mese;
di cui:
                         4.000 modello A
                         2.000 modello B
                         2.000 modello C
In 20 giornate lavorative al mese; con un solo turno di
produzione giornaliero di 8 ore (480 minuti).

                                                          

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Livellamento della quantità di produzione del
                singolo modello

La produzione giornaliera richiesta sarà dunque :

                        8.000 / 20 = 400

di cui:
                  Modello A: 4.000 / 20 = 200
                  Modello B: 2000 / 20 = 100
                  Modello C: 2000 / 20 = 100
                                                    

                          Prof. Gandolfo Dominici   9
Livellamento della quantità di produzione del
                singolo modello

Il cycle-time medio è dato dal rapporto tra il tempo
di lavoro giornaliero (480 minuti) ed il volume di
produzione giornaliero (400 automobili):

                            480 minuti
CYCLE TIME    =                                 = 1 min.12 sec.
                         400 automobili


                                                            
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Livellamento della quantità di produzione del
               singolo modello

Il tempo entro cui è richiesta la produzione di un
Modello A è:


Tempo di richiesta             480 minuti
per un modello A     =       200 Modello A         = 2 min. e 24 sec.


                                                               
                         Prof. Gandolfo Dominici                   11
Livellamento della quantità di produzione del
               singolo modello

Confrontando il cycle-time del modello A con il
cycle-time medio si ha:




                                                  
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Livellamento della quantità di produzione del
              singolo modello

     Il tempo massimo prima che un Modello A sia
    richiesto dal mercato è di 2 minuti e 24 secondi,
    mentre il cycle-time medio (cioè il tempo medio
    necessario per produrre un’autovettura) è di un
     minuto e 12 secondi. Di conseguenza prima un
      modello A sia richiesto la linea di produzione
       può essere utilizzata per produrre un’altra
                       autovettura.
                                                        
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Livellamento della quantità di produzione del
                singolo modello

Considerando il tempo di richiesta di un modello B
e di un modello C:
Tempo di richiesta            480 minuti
per un modello C      =      100 Modello c          =    4 min. e 48 sec.



 Tempo di richiesta            480 minuti
 per un modello B     =      100 Modello B          =   4 min. e 48 sec.


                                                                   
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Livellamento della quantità di produzione del
               singolo modello

Confrontando il tempo di richiesta dei modelli A, B
e C con il cycle-time medio:




                                                      
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Livellamento della quantità di produzione del
               singolo modello
Il livellamento della produzione non si ottiene soltanto
scegliendo l’appropriata sequenza di produzione ma è
necessario estendere il controllo a tutta la linea al fine di:


  Livellare il tempo totale di produzione ed
        assemblaggio di ogni processo;
  Mantenere costante il livello di consumo
        delle parti lungo l’intera linea.

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Livellamento della quantità di produzione del
                singolo modello
  Per potere livellare il tempo totale di produzione ed
  assemblaggio di ogni processo si deve controllare se
     qualche prodotto ha un lead-time più lungo del
 cycle-time programmato. Dunque uno dei requisiti per
  ottenere il livellamento della produzione è che il lead-
               time sia inferiore al cycle-time.
Se un prodotto ha bisogno di un lead-time più lungo del
     cycle-time sarà allora necessario adottare degli
          accorgimenti per ridurre il lead-time.

                       Prof. Gandolfo Dominici         17
Livellamento della quantità di produzione del
              singolo modello

                                      n


               max
                                             Q i T il
                                     i=1                  C
            lead time                n
                                             Qi
                                    i=1



Dove:
Qi = quantità programmata per il prodotto Xi (i = 1…n) ;
Til = tempo di operatività per ogni unità di prodotto Xi;
C = Cycle-time.


                             Prof. Gandolfo Dominici            18
Mantenere il tasso di consumo di ogni parte constante
            lungo la linea di produzione




                    Prof. Gandolfo Dominici        19
Determinazione del lotto di riordino
Due logiche diverse:

  Sistema tradizionale basato su l’EOQ (Economic
    Order Quantity o lotto economico di riordino);

   Lean production che tende all’ “Ikko nagashi”
   termine giapponese che indica l’obiettivo (spesso
     teorico) di processare un solo pezzo alla volta.


                       Prof. Gandolfo Dominici          20
EOQ: rappresentazione grafica della Formula di Wilson

                    2Co x D           Co = costo di ordinazione
            EOQ =                     D = Domanda
                     Ch               Ch = Costo di stoccaggio


    COSTI


                                      Costo totale




                                      Costo di ordinazione


                                                                  Costo di stoccaggio


                                       EOQ


                              QUANTITA' DELL'ORDINAZIONE
                              Prof. Gandolfo Dominici                                   21
Limiti dell’EOQ
              (versione di Wilson)
 La domanda del periodo è prevedibile e costante
  nel tempo;
 Non vengono considerati i vincoli logistici che
  influenzano la dimensione del lotto
  (imballaggio, trasporto, ecc.);
 Tutti i costi sono considerati indipendenti e
  costanti nel tempo. In particolare il prezzo
  unitario del prodotto ed il prezzo unitario di
  trasporto sono considerati indipendenti dalle
  quantità prodotte ed acquistate;

                                                
                    Prof. Gandolfo Dominici         22
Limiti dell’EOQ
              (versione di Wilson)

 Il tempo di produzione e fornitura è considerato
  pari a zero, ipotizzando dunque che le quantità
  ordinate siano immediatamente disponibili;
 Le quantità prodotte e comprate sono trasportate
  in un'unica soluzione;
 Non vengono considerati i costi inerenti a possibili
  rotture dello stock;
 I beni sono considerati come non deperibili.

                      Prof. Gandolfo Dominici        23
Il Material Requirements Planning
Secondo la definizione dell‟ APICS (American
Production and Inventory Control Society), l‟ MRP è:


“Un insieme di tecniche che usa la distinta
 base, i dati di inventario, ed il programma
 principale di produzione (Master
 Production Schedule) per calcolare il
 fabbisogno di materiali”

                     Prof. Gandolfo Dominici           24
Origine ed evoluzione del MRP
• La paternità del sistema di programmazione MRP
  è comunemente attribuita a Joseph Oirlicky
  [1], che negli anni settanta sviluppo un programma
  per il calcolo dei fabbisogni di materiali necessari
  per specifici piani di produzione;

• La logica di base dell’ MRP è la medesima del
  metodo CPM (Critical Path Method) creato negli
  anni cinquanta dal Ministero della Difesa
  statunitense e perfezionato in seguito dalla NASA.
[1] Vedi: Oirlicky J., “Material Requirement Planning, The New Way of Life in Production and
     Inventory”, McGraw Hill, 1975.


                                           Prof. Gandolfo Dominici                             25
Origine ed evoluzione del MRP
• Il programma di Oirlicky era capace di
  determinare soltanto le quantità e non i tempi
  di produzione.

• In seguito il sistema MRP si è evoluto fino alla
  sua prima applicazione commerciale dell’ IBM
  con il programma PICS (Production
  Information and Control System) .


                    Prof. Gandolfo Dominici        26
Logica di funzionamento del
Material Requirements Planning




          Prof. Gandolfo Dominici   27
Logica di funzionamento del
       Material Requirements Planning
• Il Master Production Schedule (programma
  principale di produzione) è calcolato a
  seconda:
  – della domanda, composta da due elementi:
           » previsione della domanda
           » ordini dei clienti
  – della capacità produttiva dello stabilimento




                       Prof. Gandolfo Dominici     28
Capacity Requirement Planning
               (CRP)

E’ la programmazione che deve essere
effettuata allo scopo di tramutare gli
ordini di produzione derivanti dal MRP
in attività operative dei diversi centri di
lavoro considerando i tempi e le capacità
effettive.

                 Prof. Gandolfo Dominici   29
Capacity Requirement Planning
                   (CRP)
                         MRP


               Piano degli ordini

                                             Stato dei
  Dati di
Produzione
                        CRP                  Centri di
                                              Lavoro


                Piano dei carichi
                    di lavoro
                   Prof. Gandolfo Dominici               30
Capacity Requirement Planning
                (CRP)
• Il CRP non è un’attività staccata dal MRP
  bensì una sua estensione. Esso infatti non
  può prescindere dalla elaborazione dei
  fabbisogni ottenuta con il MRP.
• Il CRP converte il piano degli ordini di
  produzione in carichi di lavoro (espressi in
  ore) per le singole macchine o cellule
  produttive impiegate nel processo
  produttivo.
                   Prof. Gandolfo Dominici       31
MRP, note di variazione
• Un altro output del sistema MRP è
  rappresentato dalle note di variazione, usate
  per indicare le modificazioni delle
  operazioni programmate specificandone le
  date e le priorità. Le note di variazioni sono
  di due tipi con due diverse funzioni: il primo
  tipo è usato per accelerare gli ordini
  (anticipando la loro data) mentre il secondo
  tipo è usato per differire gli ordini
  (posticipando la loro data).
                   Prof. Gandolfo Dominici     32
MRP, report delle eccezioni
• Il report delle eccezioni serve a notificare
  agli utenti dell’ MRP gli scostamenti
  (differenze di conteggio del
  lavoro, differenze di inventario, parti
  difettose, ecc.) tra quanto si era
  programmato e quanto è effettivamente
  avvenuto.


                  Prof. Gandolfo Dominici    33
MRP e JIT
Il Just in Time della Toyota è un sistema in cui
entrambi i concetti di produzione pull e push sono
presenti ed è composto fondamentalmente da due
parti:

   Pianificazione mensile delle quantità di
    produzione con i sistemi di Material Requirement
    Planning (MRP/MRPII);
   Produzione giornaliera regolata dal sistema
    kanban (sistema pull di sintonizzazione).
                     Prof. Gandolfo Dominici         34
MRP e JIT
La relazione tra il sistema di pianificazione MRP e il
sistema kanban può essere schematizzata come segue:

                             livello di stock determinato con il MRP

  CLIENTI                    Processo         Processo            Processo   FORNITORI
                                A                B                   C




     Routine di produzione
     tramite kanban (pull)




                                        Prof. Gandolfo Dominici                          35
MRP, esempio
Supponendo che la quantità domandata rientri nelle capacità
dello stabilimento sviluppiamo un esempio semplificato:




   Periodo      1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

   Fabbisogno      30 25 10 5 20 10 30 10




                             Prof. Gandolfo Dominici          36
MRP, esempio
La distinta dei materiali si riferisce alla lista di materiali necessari per produrre
un componente. Essa “esplode” il prodotto in tutti i componenti e sub-
componenti da cui esso è composto. Nel nostro esempio:


                           componenti semi-lavorati per         materiali per produrre
  Prodotto finito       l''assemblaggio del prodotto finito   i semilavorati del livello 1
      livello 0                      livello 1                         livello 2

                                                                    a (quantità 1)
                                  A (quantità 1)
                                                                    b (quantità 1)
         X
                                                                    c (quantità 1)
                                  B (quantità 1)
                                                                    d (quantità 1)



                                    Prof. Gandolfo Dominici                                  37
MRP, esempio
I dati dell’inventario forniscono le informazioni circa le parti
già in stock, il lead-time ecc. Nell’esempio dato:




                            Prof. Gandolfo Dominici                38
Tabella di calcolo per X        Foglio di lavoro MRP
        Periodo            1    2     3     4      5       6    7    8    9    10

       Fabbisogno                     30    25    10       5    20   10   30   10
       Inventario          40   40    10
    Fabbisogno netto                        15    10        5   20   10   30   10
Ordinazione programmata               15    10     5       20   10   30   10

  (lead time di X= 1)



Tabella di calcolo per A

        Periodo            1    2     3     4      5       6    7    8    9    10

       Fabbisogno                     15    10     5       20   10   30   10
       Inventario          20   20     5
    Fabbisogno netto                         5     5       20   10   30   10
Ordinazione programmata         5     5     20    10       30   10

   (lead time di A =2)

Tabella di calcolo per a

        Periodo            1    2     3     4      5       6    7    8    9    10

       Fabbisogno                5    5     20    10       30   10
       Inventario          15   10    5
    Fabbisogno netto                        15    10       30   10
Ordinazione programmata         40                40

   (lead time di a=1)


                                 Prof. Gandolfo Dominici                            39
Commenti al foglio di lavoro MRP
Il lead-time del prodotto finito “X” è pari ad 1 periodo ed il
fabbisogno è di 30 unità nel terzo periodo; essendovi 40 unità di
prodotto X in inventario non è necessario ordinare
l’assemblaggio di X prima del terzo periodo (dato che il lead-time
uguale ad un periodo). La distinta base mostra che il fabbisogno del
prodotto semi-lavorato “A” per produrre un prodotto finito “X” è di
una unità di “A” e che il fabbisogno del materiale “a” necessario per
produrre A è anch’esso pari ad una unita. Seguendo la stessa logica Il
fabbisogno di A è pari a 15 unità (necessarie a produrre i 15 prodotti
X necessari) nel terzo periodo ma la produzione del fabbisogno
comincia nel secondo periodo dato che il lead-time di A è pari a due
periodi. Usando la stessa logica per tutti gli altri componenti e sub-
componenti si ottengono i fabbisogni totali ed i tempi di produzione
per tutte le parti.

                            Prof. Gandolfo Dominici                      40
Manufacturing Resource Planning
                (MRPII)
• Il Manufacturing Resource Planning (o MRP)
  rappresenta l‟evoluzione del sistema MRP;
• Nell‟ MRP gli aspetti di programmazione della
  produzione del sistema MRP vengono legati alle altre
  funzioni aziendali (in una visione di logistica integrata);
• Garantisce un‟ampia struttura di controllo che divide il
  controllo di produzione in una gerarchia basata
  sull‟orizzonte temporale e sul livello di aggregazione del
  prodotto;
• I sistemi MRP sono una estensione dell‟ MRP per
  integrare e supportare altre attività ma la logica di base
  per il calcolo dei fabbisogni dei materiali è la medesima
  in entrambi i sistemi .Prof. Gandolfo Dominici              41
Manufacturing Resource Planning
                     (MRPII)
L‟APICS [1] definisce il Manufacturing Resource
Planning come :


       “Un metodo per l’efficace pianificazione di
        tutte le risorse di un’azienda industriale”.



[1]   American Production and Inventory Control Society

                                    Prof. Gandolfo Dominici   42
Manufacturing Resource Planning
                   (MRPII)
Le caratteristiche dell‟MRP sono [1] :

   Integrazione tra sistema operativo e sistema
                    finanziario;
   Capacità di simulazione che rendono possibili
               predizioni e preventivi;
      Coinvolge ogni aspetto d’impresa dalla
            pianificazione alla gestione.

    Higgins P., Leroy P. and Tierney L., “Manufacturing Planning and
  [1]
  Control - Beyond MRP II”, Chapman & Hall, 1996.

                            Prof. Gandolfo Dominici                    43
Manufacturing Resource Planning
                 (MRPII)
L‟ MRP include dunque il programma MRP come sua parte fondamentale
integrandolo con:
• Meccanismi di feedback in grado di rivedere rapidamente i
  piani di fabbisogno e le tabelle di produzione in caso di
  cambiamenti;
• Raccolta dei dati delle vendite e dei clienti;
• Possibilità di generare Master Production Schedule
  revisionali per prodotti futuri;
• Calcolo del carico e della capacità di lavoro per ogni
  reparto;
• Produzione della documentazione per le spedizioni e per la
  fatturazione;
• Possibilità di generare report direzionali.

                            Prof. Gandolfo Dominici                    44
Manufacturing Resource Planning
               (MRPII)
Vi sono diversi tipi di gerarchie nell’ MRP,
ma comunemente esse comprendono tre parti
fondamentali:

      Pianificazione a lungo termine;
      Pianificazione a medio termine;
       Controllo a breve termine.

                  Prof. Gandolfo Dominici        45
Total Quality Management
Secondo l‟ ISO 8402 [1] , il quality management può essere
definito come segue:

           “Tutte
               le attività della funzione di management nel
         suo complesso che determinano la politica della
           qualità, gli obbiettivi e le responsabilità, e li
       implementano con mezzi quali la pianificazione della
        qualità, il quality control, la quality assurance ed il
         miglioramento qualitativo all’interno del sistema
                             della qualità”.

[1]   ISO 8402, “Quality Management and Quality Assurance”, Vocabulary, International Organization for Standardization, 1994


                                                     Prof. Gandolfo Dominici                                                   46
Total Quality Management
Il Total Quality Management si può considerare come una
filosofia manageriale per il miglioramento continuo delle
performance dell‟impresa nel suo complesso. Esso è basato su:

                   Lo stile di leadership;
                    La vision aziendale;
           La gestione della qualità dei fornitori;
        Il controllo ed il miglioramento dei processi;
                   Il design del prodotto;
     La partecipazione, valorizzazione e formazione dei
                            dipendenti;
                 La customer satisfaction.

                         Prof. Gandolfo Dominici                47
Total Quality Management
             Storia ed evoluzione
1946- Occupazione americana del Giappone sotto la
  guida del Generale Mac Arthur. Educazione dei
  giapponesi tramite la radio, ricostruzione della
  rete di comunicazione;
1947- Homer Sarasohn fu assunto per organizzare
  l’operazione mediante il ripristino e l’istallazione
  di apparecchiature, la fornitura di materiali e
  componenti, il ripristino degli stabilimenti, la
  fondazione dell’ Equipment Test Laboratory e la
  fissazione di più alti standard di prodotto.
                                                      
                      Prof. Gandolfo Dominici        48
Total Quality Management
                     Storia ed evoluzione
- 1948 Koji Kobayashi della NEC creò corsi di formazione
  nella gestione della qualità per gli alti dirigenti giapponesi;
- Prima del suo ritorno negli Stati Uniti, egli raccomandò W.
  Edwards Deming per un seminario sullo Statistical Quality
  Control (SQC) in Giappone;
- In quegli anni il concetto di Qualità Totale fu introdotto da
  Armand V. Feigenbaun [1] che lo definì come un efficace
  sistema per integrare gli sforzi dei vari gruppi in materia di
  sviluppo della qualità, quality maintenance e miglioramenti
  della qualità nell‟organizzazione, in modo da attivare
  produzione e servizio ai livelli più economici che garantiscano
  la piena soddisfazione del cliente.
                                                                  
[1] La prima edizione del libro: “Total Quality Control”, scritto dal Dr, Armand V.
    Feigenbaun, venne pubblicata nel 1951.



                                        Prof. Gandolfo Dominici                       49
Total Quality Management
          Storia ed evoluzione
• Deming svolse un seminario di trenta giorni
  sponsorizzato dalla Japanese Union of
  Scientists and Engineers (JUSE) e presentò i
  criteri per il famoso concorso giapponese
  “Deming”;
• Per il suo contributo all’industrializzazione
  del Giappone, Deming fu insignito del
  Secondo Ordine del Sacro Tesoro dal Primo
  Ministro giapponese.
                  Prof. Gandolfo Dominici     50
Il primo “guru” (americano) della
          qualità: Deming
• Deming sviluppò e strutturò il concetto di
  qualità all’interno dell’impresa. Egli
  affermò il concetto che la qualità comincia
  dal top management e rappresenta
  un’attività strategica. La filosofia di Deming
  afferma che la qualità e la produttività
  crescono al decrescere della variabilità.

                   Prof. Gandolfo Dominici     51
I 14 step verso la qualità per
                   Deming
Deming delineò 14 tappe che i manager possono seguire per
l’implementazione di un programma di qualità in qualunque tipo di
organizzazione:
1)   Creare costanza di scopi, nei campi:
     dell’innovazione, degli investimenti in ricerca e
     formazione, del miglioramento continuo di prodotto e di
     servizio, della manutenzione delle apparecchiature;
2)   Adottare una nuova filosofia. Il management deve
     affrontare una profonda trasformazione e cominciare a
     credere nell’importanza della qualità dei prodotti e dei
     servizi;
3)   Smettere di essere dipendenti dalle ispezioni di massa. I
     prodotti ed i servizi devono essere ispezionati il giusto
     necessario da permettere di identificare le modalità per
     migliorare il processo;
                           Prof. Gandolfo Dominici
                                                               52
I 14 step verso la qualità per
                  Deming
4)   Smettere di fare affari basandosi sul prezzo. I prodotti a
     minor prezzo non sempre sono quelli di migliore qualità;
     si devono scegliere i fornitori in base ai loro risultati di
     miglioramento ed instaurare con essi rapporti a lungo
     termine;
5)   Migliorare continuamente il sistema di produzione e/o di
     servizio. Il miglioramento non deve essere visto come un
     impegno una-tantum; il management ha la
     responsabilità di dirigere l’organizzazione verso la
     pratica del miglioramento continuo della qualità e della
     produttività;
6)   Istituire la formazione sul lavoro. I lavoratori hanno
     bisogno di sapere come fare il loro lavoro in maniera
     appropriata, imparando nuovi metodi a tal fine;

                          Prof. Gandolfo Dominici               53
I 14 step verso la qualità per
                  Deming
7)  Istituire lo stile di leadership. I manager hanno la
    responsabilità di individuare gli ostacoli che impediscono
    ai lavoratori di staff di essere soddisfatti del loro lavoro;
8) Eliminare la paura. I lavoratori spesso temono ritorsioni
    qualora causino problemi sul lavoro. I manager devono
    creare un ambiente dove i lavoratori possono esprimere i
    loro problemi con fiducia;
9) Abbattere le barriere tra i dipartimenti. Il lavoro di
    squadra deve essere incoraggiato aiutando i lavoratori
    dei diversi dipartimenti a lavorare insieme;
10) Eliminare gli slogan e le esortazioni per la forza lavoro. Il
    solo uso di slogan, senza un’indagine del luogo di
    lavoro, può essere offensiva per i lavoratori. I manager
    devono imparare metodi più efficaci per motivare le
    persone all’interno dell’organizzazione;
                          Prof. Gandolfo Dominici              54
I 14 step verso la qualità per
                  Deming
11) Eliminare le quote numeriche. Le quote ostacolano la
    qualità non lasciando spazio al miglioramento. I
    lavoratori hanno bisogno della flessibilità necessaria per
    dare ai clienti il livello di servizi che richiedono;
12) Dare orgoglio ai lavoratori e feedback su come stanno
    svolgendo il loro lavoro;
13) Istituire un programma di formazione e di auto-
    miglioramento. Con il miglioramento continuo, le
    definizioni delle mansioni cambiano, gli impiegati
    necessitano , dunque, della formazione necessaria per il
    successo nel loro lavoro;
14) Agire per compiere la trasformazione. Il management
    deve lavorare in team per portare a compimento i 13
    punti di cui sopra.

                         Prof. Gandolfo Dominici             55
Il secondo guru (americano):
                Juran
• 1954 - un altro americano Joseph M. Juran estese il
  concetto di quality management dalla fabbrica a tutta
  l’organizzazione sottolineando l’importanza di ripensare il
  sistema dal design del prodotto alle apparecchiature, dal
  sistema di test al processo di feedback;
• Egli modificò il modo di pensare l’organizzazione dalla
  tradizionale filosofia della qualità come “conformità alle
  specifiche tecniche” basata sulla realtà industriale ad un
  approccio basato sull’utente per il quale coniò il termine
  “fitness for use” (conformità all’utilizzo);
• Juran fece infatti notare come con il tradizionale
  approccio , un prodotto pericoloso risulterebbe “conforme
  alle specifiche tecniche”, ma non “fit for use”.
                        Prof. Gandolfo Dominici             56
Il primo guru giapponese:
               Kaoru Ishikawa
1968 - Kaoru Ishikawa, crea i “circoli di qualità” ed i
  “diagrammi causa-effetto”. Egli fece notare come si
  fosse data in passato eccessiva enfasi al controllo
  statistico della qualità, rendendo l’implementazione
  della qualità troppo complessa. La conseguente
  standardizzazione dei prodotti e dei processi era
  diventata un carico che rendeva difficile il
  cambiamento e le persone infastidite dalla eccessiva
  regolamentazione.
  Per Ishikawa la partecipazione dei lavoratori è la
  chiave per il successo nell’implementazione del Total
  Quality Management; i circoli di qualità sono uno
  strumento importante a questo scopo.
                      Prof. Gandolfo Dominici             57
Gli step verso la qualità per
              Kaoru Ishikawa
I punti chiave della qualità totale secondo Ishikawa sono:

• La qualità prima di tutto, prevalendo specialmente sulla
  logica del profitto a breve termine;
• Il cliente innanzi tutto, prima del produttore;
• I clienti sono il processo successivo, senza barriere
  organizzative;
• Le decisioni sono basate su fatti e dati;
• Il management è partecipativo e rispettoso di tutti i
  lavoratori;
• I comitati inter-funzionali devono guidare il management
  coprendo le funzioni di pianificazione di prodotto, design
  di prodotto, pianificazione della
  produzione, acquisti, vendite e distribuzione.
                          Prof. Gandolfo Dominici              58
Il “guru” manager: Crosby
• Philip B. Crosby iniziò la sua carriera come
  ispettore della qualità lavorando per diverse
  aziende fino a divenire vice presidente della
  ITT.
• Nel 1979 lasciò la ITT per fondare la “Philip
  Crosby Associates Inc.” ed il “Crosby
  Quality College”.


                  Prof. Gandolfo Dominici     59
Il contributo di Crosby
• “Zero Defects” non è solamente un programma
  motivazionale per i lavoratori ma anche uno standard
  manageriale, con un messaggio sulla qualità diretto
  anche al management;
• Strumenti per la gestione della qualità tra cui la
  misurazione dei costi della qualità, la “Management
  Maturity Grid” (griglia della maturità manageriale );
• Programma in 14 punti per il miglioramento della
  qualità;
• Stimò che il costo medio della qualità per la maggior
  parte delle imprese varia tra il 15% e il 20% del
  valore delle vendite
                      Prof. Gandolfo Dominici         60
Il Management Maturity Grid di
                 Crosby
I.     Incertezza, quando la qualità non è ancora riconosciuta
       come strumento manageriale;
II.    Risveglio, quando l‟impresa riconosce l‟importanza della
       qualità senza però agire;
III.   Illuminazione, quando il management inizia
       l‟implementazione di un programma per la qualità;
IV.    Saggezza, quando la prevenzione funziona bene, i
       problemi sono identificati in anticipo e si fanno efficaci
       azioni correttive;
V.     Certezza, quando l‟agire per la qualità diventa un elemento
       essenziale del lavoro nell‟impresa e i problemi sono meno
       frequenti.

                          Prof. Gandolfo Dominici               61
I 14 step per la qualità di Crosby
1)    Stabilire l’impegno del management; è necessario
      convincere il top management circa la necessità del
      miglioramento qualitativo e renderlo noto a tutta l‟impresa.
      Questo primo passo implica la stesura di un documento circa
      la politica per la qualità;
2)    Formare team interdipartimentali per la qualità; il
      management deve formare dei gruppi costituiti dai capi area
      e dai capi dipartimento per la supervisione del
      miglioramento qualitativo;
3)    Stabilire la misurazione della qualità; è necessario
      implementare misurazioni specifiche per ogni attività al fine
      da evidenziare le aree che devono essere migliorate;


                           Prof. Gandolfo Dominici               62
I 14 step per la qualità di Crosby
4)    Valutare il costo della qualità; l‟ufficio di controllo deve
      stimare i costi della qualità per identificare le aree dove
      necessitano miglioramenti;
5)    Accrescere la consapevolezza sulla qualità tra i dipendenti; i
      supervisori devono trasmettere a tutti i lavoratori il
      messaggio sulla importanza della conformità del prodotto
      agli standard qualitativi con strumenti quali i programmi
      formativi, l‟utilizzo di filmati didattici, opuscoli e poster;
6)    Promuovere azioni correttive; le opportunità di
      miglioramento dei punti 3 e 4 e i suggerimenti dei lavoratori
      devono essere esposte a livello di supervisione e, se
      possibile, risolte a questo livello oppure passate ai livelli
      superiori qualora necessario;
                           Prof. Gandolfo Dominici                63
I 14 step per la qualità di Crosby
7)    Istituire un comitato ad hoc per il programma “difetti zero”;
      questo comitato deve essere opportunamente formato da
      membri del team di “quality improvement” e pianificare un
      programma di “difetti zero” che sia conciliabile con la
      cultura aziendale;
8)    Formazione dei supervisori; tutti i livelli del management
      devono essere istruiti a proposito del programma qualità;
9)    Fissare una “giornata dei difetti zero”; una giornata del
      difetti zero deve essere fissata per mandare un messaggio
      chiaro a tutti i dipendenti riguardo i nuovi standard
      qualitativi dell‟azienda;



                           Prof. Gandolfo Dominici               64
I 14 step per la qualità di Crosby
10) Fissare i goal dei dipendenti; ogni dipendente deve fissare i
    suoi obiettivi e comunicarli al suo supervisore il quale
    stabilirà delle riunioni per discutere il raggiungimento di tali
    obiettivi;
11) Rimozione delle cause di errore; i lavoratori devono essere
    incoraggiati a comunicare rapidamente ai supervisori ogni
    problema che impedisce loro il raggiungimento degli
    obiettivi di performance;
12) Riconoscimento per il raggiungimento e/o il superamento
    degli obiettivi; a coloro che raggiungono o superano gli
    obiettivi di performance prefissati deve essere riconosciuto
    un apprezzamento pubblico, esplicito e non-pecuniario;


                           Prof. Gandolfo Dominici                 65
I 14 step per la qualità di Crosby
13) Costituire i Consigli di qualità; i Consigli di qualità tra
    esperti della qualità e i team-leader devono essere tenuti
    regolarmente al fine di condividere le esperienze e trovare
    soluzioni ai problemi occorsi;

14) Rifare tutto di nuovo; il programma di cui sopra dal punto 1
    al punto 13 deve essere ripetuto i modo da dare maggiore
    enfasi al processo della qualità e di rinnovare l‟impegno di
    tutti i lavoratori.




                          Prof. Gandolfo Dominici                 66
Gli stadi di evoluzione del TQM

 Tutte le funzioni ed i dipendenti sono coinvolti
 I fornitori sono coinvolti
 Teamwork                                                         TQM
 Staff empoverment
 Viene sviluppata una strategia
  della qualità                                          Quality Assurance
 Programma di manutenzione
 Quality Costing
 Problem soving
                                                         Quality Control
 Pianificazione della qualità
                                                             Ispezione
 Controllo statistico della qualità
 Performance dei processi
 Standard qualitativi

 Individuazione degli errori
 Rettificazione degli errori




                                        Prof. Gandolfo Dominici              67
La vision
• Include i concetti fondamentali del TQM nella filosofia
  aziendale contenuta nel testo della “vision”;
• La filosofia aziendale descrive come l’impresa vuole essere
  vista nel suo settore. Essa descrive valori, convinzioni e
  standard che sono la comunicazione degli elementi basilari
  dell’intenzione di implementare una politica aziendale.
• Grazie alla filosofia aziendale tutti i dipendenti sono in
  grado di capire come possono contribuire al
  raggiungimento dei fini dell’impresa.
• Una vision efficace deve essere redatta usando un
  linguaggio capace di motivare i dipendenti verso alti livelli
  di performance incoraggiando il loro coinvolgimento.

                         Prof. Gandolfo Dominici              68
La vision
La vision cambia seguendo i contesti socio-culturali. In Giappone la redazione
di un documento contenente i valori dell‟impresa non è una novità. Esempi:

• Periodo Meiji: filosofia aziendale della Mitsui: “Assicurare
  la prosperità dei discendenti attraverso il duro lavoro e
  ringraziando i nostri antenati”;
• Anni ’70 introduzione del concetto di qualità: filosofia della
  Riken Forge Co. :“Assicurare profitti che accrescono la
  felicità dei dipendenti. Assicurare prodotti di alta qualità e
  basso costo in quantità, cosi da costruire la fiducia dei
  clienti”;
• 1998 Asahi Breweries: “Il Gruppo Asahi Breweries mira a
  soddisfare i clienti con i più alti livelli di qualità ed
  integrità, nel contempo contribuendo alla promozione di uno
  stile di vita salutare e all’arricchimento della società in tutto il
  mondo”.
                               Prof. Gandolfo Dominici                       69
Il concetto del cliente e del fornitore
                interno
• Ogni componente dell’organizzazione è
  visto come un come un cliente che consuma
  e produce beni da e verso gli altri
  componenti.
• Si eliminano concettualmente i confini tra
  interno ed esterno;
• Ognuno diventa responsabile per i bisogni
  del proprio cliente, interno od esterno che
  sia.

                  Prof. Gandolfo Dominici       70
SCM e TQM
• Deming ha sottolineato come il lavorare in
  cooperazione con i fornitori, considerandoli
  partner in relazioni a lungo termine aiuta a
  migliorare la qualità dei materiali in entrata e
  dunque a diminuire i costi della qualità;
• Le imprese devono spostare l’attenzione dalla
  minimizzazione del costo di acquisto dei materiali
  alla minimizzazione del costo medio totale delle
  ispezioni e della perdita di qualità.


                     Prof. Gandolfo Dominici           71
SCM e TQM
Juran e Gryna hanno evidenziato come il compratore deve aggiungere
al prezzo d‟acquisto tutto l‟insieme dei costi della qualità quali:

               • Il costo di nuove ispezioni
          • Il costo della revisione dei materiali
     • Il costo per ritardi nelle linea di produzione
              • Il costo per fallimenti interni
            • Il costo dovuto a maggiori scorte
   • Il costo per interruzioni della linea di produzione
              • Il costo per fallimenti esterni

                           Prof. Gandolfo Dominici                    72
Autonomazione
• L’autonomazione (traduzione per sillabe del
  termine giapponese Jidoka) è alla base di
  ogni sistema di lean production sia esso il
  JIT o il Total Quality;
• Schroeder [1] definisce il JIT come:
  “l’eliminazione degli sprechi nel processo di
  produzione utilizzando la piena capacità dei
  lavoratori”.
[1] Schroeder, R.G. “Operations Management”, McGraw-Hill, 2000.


                                  Prof. Gandolfo Dominici         73
Multifunzionalità della forza lavoro
• L’utilizzo di operai multifunzionali è l’elemento chiave
  della gestione delle risorse umane al fine di migliorare
  la qualità e rendere il processo più flessibile;
• Grazie al lavoro multifunzionale, i processi operativi
  possono essere cambiati più facilmente per incontrare
  le richieste della domanda riducendo allo stesso tempo
  la sensazione di alienazione e noia dei lavoratori e d i
  problemi ergonomici;
• La flessibilità delle mansioni fa si che i lavoratori
  accettino maggiori responsabilità aumentando la loro
  stima di se stessi e la loro sensazione di valere per
  l’impresa.
                       Prof. Gandolfo Dominici          74
Routine operativa standard
Alla Toyota vige un motto:

      IL DIAVOLO STA’ NEI DETTAGLI

Ciò significa che l‟attenzione hai dettagli è considerata
fondamentale e pertanto tutte le mansioni sono meticolosamente
standardizzate in un documento per ciascuna mansione:


           la routine operativa standard

                         Prof. Gandolfo Dominici                 75
Benefici della Multifunzionalità
Grazie alla standardizzazione del lavoro è possibile,
dopo una appropriata formazione, cambiare i lavoratori
assegnati alle varie mansioni, con diversi benefici:

 I lavoratori multifunzionali possono meglio
  partecipare al processo di produzione e ridurre
  l’alienazione tipica del lavoro in fabbrica;
 La conoscenza multi-processo aumenta l’efficacia
  del lavoro di squadra e del kaizen;
                                                  
                      Prof. Gandolfo Dominici            76
Benefici della Multifunzionalità
 I lavoratori multifunzionali possono essere spostati in
  diversi processi ed operazioni rendendo il lead-time
  più flessibile ed adattabile ai cambiamenti della
  domanda evitando di dovere aumentare il numero dei
  kanban ;
 Si rende possibile la “produzione a singola unità di
  prodotto” (Ikko nagashi); il lavoratore
  multifunzionale può seguire la produzione di un
  singolo prodotto lungo tutta la linea gestendo diversi
  macchinari di diversi processi produttivi.
 Procedendo con la mansione successiva solo quando
  termina la mansione precedente l’introduzione nel
  processo successivo avviene solo quando viene
  introdotta nella linea una nuova unità.
                       Prof. Gandolfo Dominici          77
Autonomazione: Jidoka , etimologia
Il termine “Jidoka” in giapponese ha due diversi significati
poiché può essere scritto con diversi ideogrammi ( o kanji):

• 自動化 :         con il significato di processo meccanico
                 automatico;
• 自働化 :         con il significato di autocontrollo dei difetti
                effettuato da una macchina ma con l‟aiuto di una
                 mente umana.

La parola Jidoka è composta di tre ideogrammi giapponesi
(kanji)[ JI – DO – KA]. A seconda dell‟ideogramma centrale DO
cambia il significato della parola e così da “automazione” si
passa ad “autonomazione” con il significato di “automazione
con un elemento umano”. Prof. Gandolfo Dominici                 78
Autonomazione
• L’autonomazione è il risultato
  dell’evoluzione del controllo di qualità. Con
  l’autonomazione non vi è infatti bisogno di
  molte ispezioni poiché il controllo e la
  responsabilità è delegata all’operaio. Le
  ispezioni statistiche vengono comunque
  effettuate ma le decisioni del management
  non si basano su queste.

                   Prof. Gandolfo Dominici    79
Kaizen: miglioramento continuo
• Maasaki Imai definisce il kaizen nel modo
  seguente: “La filosofia kaizen presume che il
  nostro modo di vivere, la vita lavorativa o
  quella domestica, debba concentrarsi
  nell’impegno verso un costante
  miglioramento” [1] .

[1] Imai Maasaki, “Gemba Kaizen, Come ottenere crescita e profitti con l’innovazione
    continua”, pag.1, IlSole24ore, 2001.


                                  Prof. Gandolfo Dominici                          80
Le tre regole d’oro del kaizen


              Pulizia;
 Eliminazione degli sprechi (o muda in
             giapponese);
         Standardizzazione



               Prof. Gandolfo Dominici   81
Kaizen: pulizia (5S)
•   Seiri (separare): la separazione delle cose inutili da
    quelle necessarie e l‟eliminazione delle prime;
•   Seiton (riordinare): il mettere accuratamente ed
    efficientemente in ordine tutti gli oggetti non rigettati
    dal Seiri.
•   Seiso (pulire): il tenere puliti tutti i macchinari e tutte le
    attrezzature così come tutto l‟ambiente di lavoro;
•   Seiketsu (sistematizzare): mettere in pratica i
    precedenti punti estendendoli alla propria persona
•   Shitsuke (standardizzare): migliorare l‟auto-disciplina
    tramite l‟abitudine a seguire gli standard delle 5S.

                         Prof. Gandolfo Dominici                 82
Kaizen:
         eliminazione degli sprechi
• L’eliminazione degli sprechi (muda in
  giapponese) si riferisce a tutti gli sprechi
  all’interno dell’azienda come: l’eccesso di
  risorse, la sovrapproduzione, l’eccesso di
  scorte, le mansioni inutili, i tempi morti, gli
  sprechi nei trasporti, ecc.
• L’eliminazione degli sprechi è come si è
  visto, uno dei principi fondamentali del Just
  in Time.
                   Prof. Gandolfo Dominici      83
Kaizen: standardizzazione
La   procedura di standardizzazione deve essere implementata        secondo   il   ciclo   SDCA
    (Standardize, Do, Check, Act).
Qualora siano necessarie delle modificazioni del processo si deve
seguire il ciclo PDCA (Plan, Do Check, Act):




               Act                                                  Plan




              Check                                                    Do




                                     Prof. Gandolfo Dominici                                  84
Gestione dei fornitori
• Nella produzione di massa la selezione dei fornitori era
  basata sul solo criterio di costo. Era (ed in molte realtà
  ancora oggi è) considerato il miglior fornitore colui che era
  in grado di fornire il materiale al minor costo unitario;
• Secondo l’approccio snello (o lean), un minor numero di
  fornitori può essere meglio coinvolto in relazioni dirette ed
  a lungo termine con l’impresa produttrice. I fornitori
  vengono scelti in base alla performance anziché in base al
  prezzo ed i fornitori di prima linea hanno un ruolo
  importante anche nella progettazione del prodotto. Le
  relazioni a lungo termine con i fornitori migliorano la
  cooperazione e aiutano a garantire la puntualità delle
  consegne e gli standard qualitativi.

                         Prof. Gandolfo Dominici             85
Gestione dei fornitori
Crosby :
“Le relazioni con i fornitori si sviluppano in un in un
  lungo arco temporale in cui si fanno affari insieme
  […] L’effetto di ciò si sente attraverso l’intero
  processo. Questa è parte del processo di
  prevenzione” [1]

La “qualità logistica” è fondamentale per prevenire
i problemi legati agli standard qualitativi
[1] Crosby P.B., “Quality Is Still Free: Making Quality Certain in Uncertain Times” McGraw
     Hill, 1995, pagina 54.


                                         Prof. Gandolfo Dominici                             86
La gestione dei fornitori nella lean
            production

      Selezionare i fornitori;
       Valutare i fornitori;
       Gestire i fornitori;
      Sviluppare i fornitori



             Prof. Gandolfo Dominici   87
Decisione di
  esternalizzazione / integrazione del processo

Fattori positivi dell’esternalizzazione:
• Il costo: grazie alla loro minore dimensione i fornitori
  possono avere costi di minori restrizioni sindacali e dunque
  minori costi (vero in Giappone, meno nei paesi
  occidentali);
• Esperienza e know-how sviluppati da fornitori
  specializzati;
• Veloce risposta al mercato;
• Condivisione del rischio;
• Eliminazione delle attività “non- caratteristiche con
  conseguente miglioramento del controllo e della
  professionalità specifica dell’impresa;
• Cash flow derivante dalla vendita della proprietà
  intellettuale.
                        Prof. Gandolfo Dominici             88
Decisione di
  esternalizzazione / integrazione del processo

Costi ed i rischi dell’esternalizzazione:
• I costi di transazione;
• Il rischio di fallibilità del fornitore;
• Il rischio di perdita di know-how associato con lo
  spostamento della produzione di componenti;
• La riduzione del controllo sulla produzione dei
  componenti;
• La perdita di capitale intellettuale;
• L’eccessiva esternalizzazione può causare sotto-
  occupazione;
• Il rischio di liti con i fornitori.

                    Prof. Gandolfo Dominici       89
Selezione dei fornitori
La selezione dei fornitori deve tenere conto di diverse variabili :
• Estensione e profondità dell’esperienza dell’impresa;
• Capacità ed esperienza del personale;
• Solvibilità finanziaria;
• Impegno verso il miglioramento qualitativo e la customer
  satisfaction;
• Unicità delle capacità di servizio;
• Livello di comprensione del settore e del mercato del cliente;
• Impegno al miglioramento tecnologico;
• Volontà di offrire garanzie di performance;
• Impegno di servizio a lungo termine;
• Ampiezza del portafoglio di servizi;
• Reputazione del fornitore.



                          Prof. Gandolfo Dominici                90
Valutazione dei fornitori
Il modello di Grando e Sianesi [1]:

                    A                       1
                                                                                                3




 Volum di
       i
 fornitura          B




                    C
                                                                                                 2



                                        A                           B                            C

                                                          Vendor Rating

[1] Grando A. & Sianesi A., “Il Fornitore: dal prezzo alla prestazione globale”, Economia & Management”, no.22, Settembre 1991.


                                                   Prof. Gandolfo Dominici                                                    91
Valutazione dei fornitori :
                   Caso Toshiba
Una volta selezionati i fornitori le loro performance
devono essere valutate.
Alla Toshiba ad esempio, il Dipartimento Acquisti
Redige delle statistiche comparative dei fornitori
classificandoli per:

                “qualità del fornitore”

     “qualità delle relazioni del fornitore i con
                      l’azienda”

                       Prof. Gandolfo Dominici          92
Valutazione dei fornitori :
                 Caso Toshiba
La qualità del fornitore viene valutata secondo
parametri di:
              Prezzo;
              Qualità;
       Puntualità delle consegne;
        Capacità tecnologica;
       Competenze manageriali.

                   Prof. Gandolfo Dominici        93
Valutazione dei fornitori :
                   Caso Toshiba
La qualità delle relazioni con l‟azienda viene
valutata in relazione a:


       Qualità delle transazioni;
       Quantità delle transazioni
           Cooperatività;
         Prospettive future.
                   Prof. Gandolfo Dominici       94
Valutazione dei fornitori :
                Caso Toshiba

I dati vengono poi raggruppati per ogni
gruppo di prodotti acquistati e viene dato un
punteggio per ogni variabile della valutazione.
Il punteggio massimo della valutazione è 200.




                  Prof. Gandolfo Dominici     95
Valutazione dei fornitori :
      Caso Toshiba




        Prof. Gandolfo Dominici   96
Valutazione dei fornitori :
      Caso Toshiba




        Prof. Gandolfo Dominici   97
Valutazione dei fornitori :
                         Caso Toshiba
Una volta classificati secondo lo schema sopra, il risultato viene confrontato con
quello degli altri fornitori e raggruppato in cinque gruppi:


         Gruppo I Fornitori superlativi che abbisognano di
                        poco o nessun controllo
        Gruppo II       Fornitori eccellenti nel loro campo ma
                        che necessitano di alcune direttive ed aiuti
       Gruppo III       Fornitori potenzialente buoni ma
                        che necessitano di formanzione
       Gruppo IV        Fornitori che perderanno gli ordinativi se
                        non iniziano delle attività di miglioramento
        Gruppo V        Fornitori con cui le transazioni devono
                        essere ridotte o eliminate

                                  Prof. Gandolfo Dominici                            98
Valutazione dei fornitori :
        Nissan Supplier Evaluation System
Il Nissan Supplier Evaluation System (NX96) basa le
sue decisioni sui seguenti fattori:
• Qualità, valutata tramite misurazioni tecniche della capacità
   degli investimenti in termini di parti difettose per milione;
• Costo, con la fissazione del prezzo a seconda del costo di
   produzione e dei profitti ottenuti dal fornitore;
• Consegne, in termini di capacità del fornitore di essere
   preciso ed affidabile così da assicurare consegne puntuali
   con ritardi in termini di ore e non di giorni;
• Design, intesa come abilità del fornitore di proporre idee di
   miglioramento per lo sviluppo del prodotto;
• Partnership, come capacità del fornitore di integrarsi e
   svilupparsi quale elemento collaborativi della supply chain.
                         Prof. Gandolfo Dominici              99
Shigeo Shingo e la riduzione del tempo di
                 set-up
• Le tecniche di riduzione del
  tempo di set-up alla Toyota
  furono sviluppate a partire
  dagli anni ’50 da Shigeo Shingo;
• Shigeo Shingo era un consulente
  assunto nel 1955 dalla Toyota
  per studiare sistematicamente il
  set-up dello stampaggio al fine
  di ridurre i tempi di passaggio
  ed insegnare queste tecninche ai
  fornitori;
• Il suo obiettivo era di ridurre il
  tempo di cambio degli stampi a
  meno di 10 minuti.

                              Prof. Gandolfo Dominici   100
Shigeo Shingo e la riduzione del tempo di
                 set-up
• Shigeo Shingo determinò che l’operazione di
  set-up più problematica era il cambio delle
  matrici di stampaggio usate per le parti del
  corpo vettura;
• Normalmente le matrici di stampaggio
  venivano cambiate manualmente, con chiavi
  inglesi e piedi di porco; talvolta si impiegavano
  diversi giorni per installare grosse matrici di
  stampaggio con una qualità accettabile.

                    Prof. Gandolfo Dominici       101
SMED (Single Minute Exchange of Dies)
• Shingo implementò un metodo chiamato “Cambio della
  matrice di stampaggio in un minuto” (SMED);
• La qualità degli stampaggi venne standardizzata;
• Il tempo residuo venne usato per trovare gli attrezzi e
  muovere le matrici;
• L’accorgimento di spostare le nuove matrici in loco, con
  l’aiuto di vani attrezzi dedicati mentre la linea di
  produzione era ancora operante, ridusse i tempi di
  sostituzione delle matrici a circa 40 secondi;
• Quando iniziava il ciclo di produzione le matrici venivano
  cambiate in un flusso continuo lungo tutto lo stabilimento.


                        Prof. Gandolfo Dominici             102
SMED (Single Minute Exchange of Dies)
Il metodo SMED utilizzando strumenti molto semplici
ha cambiato il modo di gestire non soltanto il cambio
delle matrici ma anche di tutte le altre attività di set-up.
Il principio chiave di questo approccio è di dividere il
set-up in due parti:
   • Set-up interno: effettuato dall‟operaio quando il
                     macchinario è fermo;
   • Set-up esterno: effettuato in anticipo o mentre il
            macchinario sta ancora funzionando.
                        Prof. Gandolfo Dominici            103
SMED (Single Minute Exchange of Dies)

   Il metodo viene implementato in 3 fasi:

1. Separando il set-up interno da quello
   esterno;
2. Convertendo il set-up interno in set-up
   esterno;
3. Razionalizzando tutti gli aspetti
   dell’operazione di set-up.
                  Prof. Gandolfo Dominici    104
Evoluzione del sistema di produzione Toyota
                     (TPS).
A partire dagli anni „90 con il collasso della “bubble economy”
giapponese:
• Le imprese industriali hanno dovuto imparare ad
  essere più prudenti nella valutazione degli
  investimenti di capitale, poiché non e stato più
  possibile finanziare gli investimenti semplicemente
  sottoscrivendo obbligazioni convertibili come era
  invece uso quando le quotazioni del mercato
  azionario erano elevate;
                                                                  
                          Prof. Gandolfo Dominici                 105
Evoluzione del sistema di produzione Toyota
                       (TPS)
• L’apprezzamento dello Yen ha reso (negli anni 90) la
  competizione internazionale più dura. Il vantaggio di
  produttività del Giappone è stato eroso
  dall’apprezzamento dello Yen sul dollaro;

• La rapida crescita d’età della popolazione giapponese
  ha avuto rilevanti conseguenze sui risparmi, gli
  investimenti, la produzione e la crescita economica [1] .
  La popolazione da 18 a 28 anni (l’età di assunzione in
  fabbrica) ha avuto un drastico declino dal 1990 al
  2000, a ciò si è aggiunto dallo scarso interesse dei
  giovani giapponesi per il lavoro in fabbrica.
[1] OECD Economic Surveys: “Japan”, OECD Publications, 1997.
                                        Prof. Gandolfo Dominici   106
Evoluzione del sistema di produzione Toyota
                      (TPS)
La carenza di lavoratori nelle fabbriche è
dovuta allo stereotipo del lavoro in fabbrica
come lavoro “3D”:

              1.“Dirty” (sporco);
         2. “Damaging” (logorante);
         3. “Dangerous” (pericoloso).

                  Prof. Gandolfo Dominici       107
Evoluzione del sistema di produzione Toyota
                      (TPS)
Per far fronte allo stereotipo delle 3D la Toyota ha sviluppato un
programma di miglioramento della qualità del lavoro che si basa sui
seguenti punti:

      • Processo di assemblaggio autonomo e completo;
     • Automazione meccanica di assemblaggio in linea;
     • Verifica Toyota della linea di assemblaggio (Toyota
             Verification of Assembly Line o TVAL);
     • Equipaggiamento a basso costo per una migliore
                            ergonomia;
    • Migliore sistema motivazionale per le risorse umane .

                             Prof. Gandolfo Dominici                  108
Cellule di lavoro e layout cellulare
Una cellula di lavoro è una unità di lavoro
più grande di una singola macchina o
stazione di lavoro ma più piccola del solito
dipartimento.
Solitamente è formata da 3-12 lavoratori e
5-15 stazioni di lavoro disposti in un layout
compatto

                   Prof. Gandolfo Dominici      109
Cellula di lavoro (workcell)




          Prof. Gandolfo Dominici   110
Cellula di lavoro (workcell)




          Prof. Gandolfo Dominici   111
Cellula di lavoro (workcell)
• Idealmente una cellula di lavoro dovrebbe
  produrre una ristretta gamma di prodotti (o
  semilavorati) molto simili;
• Essa è autosufficiente avendo a disposizione
  tutte le risorse e le attrezzature necessarie ai
  compiti ad essa preposti;
• Il layout a cellule di lavoro organizza i
  dipartimenti attorno ad un prodotto o una
  ristretta gamma di prodotti simili.

                    Prof. Gandolfo Dominici     112
Funzionamento della cellula di lavoro
             (workcell)
• Iniziato il processo i materiali si muovono
  direttamente da un processo all’altro
  all’interno della cellula;
• La comunicazione è molto facile essendo
  ogni operatore vicino ai suoi colleghi di altri
  processi, ciò crea benefici di
  coordinazione, qualità e velocità;
• Si rende indispensabile la propensione al
  lavoro di squadra di tutti i lavoratori
                   Prof. Gandolfo Dominici      113
Cellula di lavoro (workcell)
La produzione cellulare è il cuore della
produzione snella. L’adozione della produzione a
cellule di lavoro apporta diversi benefici:

       • Ausilio per le politiche di qualità;
     • Semplificazione del flusso di materiali;
• Semplificazione della gestione del ciclo produttivo;
 • Semplificazione della contabilizzazione analitica
                       dei costi.

                     Prof. Gandolfo Dominici        114
Cellula di lavoro (workcell)
Il funzionamento della produzione cellulare è
solo all‟apparenza semplice ma in realtà
sottintende un sofisticato sistema “socio-tecnico”
(Trist definisce così il sistema di tecnologia e relazioni
sociali della “kaisha” giapponese). Per funzionare esso
necessita di particolare “armonia” tra gli uomini e le
macchine e tra i vari processi in un insieme in cui ogni
elemento si auto-regola e auto-migliora.


                       Prof. Gandolfo Dominici          115
Layout funzionale v/s layout cellulare




Layout   Funzionale                  Layout Cellulare


                      Prof. Gandolfo Dominici           116
Limiti del layout funzionale
Inefficienza nella movimentazione dei
 materiali
 Complessità di programmazione
 Vulnerabilità ai cambiamenti del
 mix, della routine e/o dei volumi di
 produzione
 Costi proibitivi del cambiamento di
 layout

               Prof. Gandolfo Dominici   117
Benefici del Layout cellulare
• Benefici nella movimentazione dei
               materiali;
 • Benefici di riduzione degli stock;
   • Benefici per le risorse umane;
       • Benefici per i clienti.



              Prof. Gandolfo Dominici   118
Benefici per la movimentazione dei
              materiali




             Prof. Gandolfo Dominici   119
Benefici per la movimentazione dei
              materiali




             Prof. Gandolfo Dominici   120
Benefici di qualità




     Prof. Gandolfo Dominici   121
Benefici di riduzione di stock e di
        programmazione




             Prof. Gandolfo Dominici   122
Benefici per le risorse umane




           Prof. Gandolfo Dominici   123
Benefici per i clienti




       Prof. Gandolfo Dominici   124

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Lezione logistica produzione 2012 (Levanti)

  • 1. Lead-time di un processo Il lead-time include: • Il tempo di attesa dei materiali (o delle parti) in coda prima del processo; • Il tempo totale del processo che è costituito dal tempo di lavorazione più il tempo di setup dei macchinari utilizzati; • Il tempo di attesa dopo il processo produttivo, cioè il tempo di attesa delle parti lavorate prima di potere essere trasferite al processo successivo; • Il tempo di trasporto necessario a raggiungere il processo successivo. Prof. Gandolfo Dominici 1
  • 2. Cycle Time (o Takt Time) Il Cycle time (tempo di ciclo) è l’intervallo di tempo in cui la linea di produzione deve produrre un singolo prodotto o parte. ORE DI SERVIZIO GIORNALIERE CYCLE TIME = PRODUZIONE GIORNALIERA RICHIESTA Prof. Gandolfo Dominici 2
  • 3. Livellamento (Smoothing) del processo produttivo E’ l’adattamento della produzione alla variabilità della domanda al fine di minimizzare la varianza quantitativa nella linea di produzione ed eliminare i tempi morti. Il livellamento della produzione nel TPS è ottenuto in due fasi:  Livellamento della quantità di produzione totale;  Livellamento della quantità di produzione del singolo modello. Prof. Gandolfo Dominici 3
  • 4. Livellamento della quantità di produzione totale Mira a ridurre la varianza tra due periodi di tempo successivi, attraverso la previsione dei picchi e delle depressioni della domanda, per evitare sprechi nell’intero sistema di produzione. A tal fine mensilmente viene redatto (utilizzando l’MRP) un piano aggregato di produzione (Master Production Plan) fornisce i dati riguardanti i quantitativi mensili di produzione a seconda della domanda prevista. Il Master Production Plan deve sincronizzare tutti i processi, bilanciandoli così che ogni processo precedente termini alla stessa velocità nel tempo di ciclo (cycle time). Prof. Gandolfo Dominici 4
  • 5. Livellamento della quantità di produzione totale (esempio) il cycle time è calcolato: dividendo il tempo di lavoro della giornata (960 minuti ) per la produzione giornaliera [1] programmata nella linea finale di assemblaggio (350 unità il 1°Aprile): 960 / 350 = 2,74 minuti per unità = 165 secondi per unità [1] considerando due turni di lavoro di 8 ore: (8x60) x 2 = 960 min. Prof. Gandolfo Dominici 5
  • 6. Livellamento della quantità di produzione totale (esempio) Esempio (semplificato) di Master Production Plan APRILE DATA 1 2 3 4 5 6 7 8 … 18 19 20 21 … 30 Quantità di produzione programmata 350 340 340 340 340 340 340 340 … 350 350 305 300 … 305 Numero di lavoratori assegnati alla linea 75 85 85 85 85 85 85 85 … 85 85 54 54 … 54 Numero di lavoratori che lavorano nella linea 73 83 83 63 63 63 63 63 … 61 62 51 52 … 52 Stop della linea (min.) 88 80 53 53 53 53 53 53 … 90 87 83 80 … 84 Cycle time (sec.unità) 165 169 169 169 169 169 169 169 … 164,5714 121 188,9 192 … 189 Prof. Gandolfo Dominici 6
  • 7. Livellamento della quantità di produzione del singolo modello Determina l’appropriata sequenza di produzione della “Linea di assemblaggio mista” (Mixed Model assembly line). La produzione di automobili è molto varia poiché ogni tipo di automobile ha diversi modelli, colori e specifiche. La quantità di prodotti finiti sarebbe immensa se ogni linea di produzione producesse solo un modello nell’intera giornata. Bisogna evitare che il processo precedente produca componenti quando ciò non è richiesto dalla domanda. Per ottenere ciò linea di produzione deve produrre il giusto mix di modelli minimizzando i tempi morti ed evitando la sovrapproduzione. Si deve dunque programmare la giusta sequenza di prodotti finiti livellando la quantità prodotta di ciascun modello. Prof. Gandolfo Dominici 7
  • 8. Livellamento della quantità di produzione del singolo modello Un esempio: Si supponga che lo stabilimento debba produrre 8.000 automobili al mese; di cui:  4.000 modello A  2.000 modello B  2.000 modello C In 20 giornate lavorative al mese; con un solo turno di produzione giornaliero di 8 ore (480 minuti).  Prof. Gandolfo Dominici 8
  • 9. Livellamento della quantità di produzione del singolo modello  La produzione giornaliera richiesta sarà dunque : 8.000 / 20 = 400 di cui:  Modello A: 4.000 / 20 = 200  Modello B: 2000 / 20 = 100  Modello C: 2000 / 20 = 100  Prof. Gandolfo Dominici 9
  • 10. Livellamento della quantità di produzione del singolo modello  Il cycle-time medio è dato dal rapporto tra il tempo di lavoro giornaliero (480 minuti) ed il volume di produzione giornaliero (400 automobili): 480 minuti CYCLE TIME = = 1 min.12 sec. 400 automobili  Prof. Gandolfo Dominici 10
  • 11. Livellamento della quantità di produzione del singolo modello  Il tempo entro cui è richiesta la produzione di un Modello A è: Tempo di richiesta 480 minuti per un modello A = 200 Modello A = 2 min. e 24 sec.  Prof. Gandolfo Dominici 11
  • 12. Livellamento della quantità di produzione del singolo modello  Confrontando il cycle-time del modello A con il cycle-time medio si ha:  Prof. Gandolfo Dominici 12
  • 13. Livellamento della quantità di produzione del singolo modello  Il tempo massimo prima che un Modello A sia richiesto dal mercato è di 2 minuti e 24 secondi, mentre il cycle-time medio (cioè il tempo medio necessario per produrre un’autovettura) è di un minuto e 12 secondi. Di conseguenza prima un modello A sia richiesto la linea di produzione può essere utilizzata per produrre un’altra autovettura.  Prof. Gandolfo Dominici 13
  • 14. Livellamento della quantità di produzione del singolo modello  Considerando il tempo di richiesta di un modello B e di un modello C: Tempo di richiesta 480 minuti per un modello C = 100 Modello c = 4 min. e 48 sec. Tempo di richiesta 480 minuti per un modello B = 100 Modello B = 4 min. e 48 sec.  Prof. Gandolfo Dominici 14
  • 15. Livellamento della quantità di produzione del singolo modello  Confrontando il tempo di richiesta dei modelli A, B e C con il cycle-time medio:  Prof. Gandolfo Dominici 15
  • 16. Livellamento della quantità di produzione del singolo modello Il livellamento della produzione non si ottiene soltanto scegliendo l’appropriata sequenza di produzione ma è necessario estendere il controllo a tutta la linea al fine di: Livellare il tempo totale di produzione ed assemblaggio di ogni processo; Mantenere costante il livello di consumo delle parti lungo l’intera linea. Prof. Gandolfo Dominici 16
  • 17. Livellamento della quantità di produzione del singolo modello Per potere livellare il tempo totale di produzione ed assemblaggio di ogni processo si deve controllare se qualche prodotto ha un lead-time più lungo del cycle-time programmato. Dunque uno dei requisiti per ottenere il livellamento della produzione è che il lead- time sia inferiore al cycle-time. Se un prodotto ha bisogno di un lead-time più lungo del cycle-time sarà allora necessario adottare degli accorgimenti per ridurre il lead-time. Prof. Gandolfo Dominici 17
  • 18. Livellamento della quantità di produzione del singolo modello n max  Q i T il i=1  C lead time n  Qi i=1 Dove: Qi = quantità programmata per il prodotto Xi (i = 1…n) ; Til = tempo di operatività per ogni unità di prodotto Xi; C = Cycle-time. Prof. Gandolfo Dominici 18
  • 19. Mantenere il tasso di consumo di ogni parte constante lungo la linea di produzione Prof. Gandolfo Dominici 19
  • 20. Determinazione del lotto di riordino Due logiche diverse:  Sistema tradizionale basato su l’EOQ (Economic Order Quantity o lotto economico di riordino);  Lean production che tende all’ “Ikko nagashi” termine giapponese che indica l’obiettivo (spesso teorico) di processare un solo pezzo alla volta. Prof. Gandolfo Dominici 20
  • 21. EOQ: rappresentazione grafica della Formula di Wilson 2Co x D Co = costo di ordinazione EOQ = D = Domanda Ch Ch = Costo di stoccaggio COSTI Costo totale Costo di ordinazione Costo di stoccaggio EOQ QUANTITA' DELL'ORDINAZIONE Prof. Gandolfo Dominici 21
  • 22. Limiti dell’EOQ (versione di Wilson)  La domanda del periodo è prevedibile e costante nel tempo;  Non vengono considerati i vincoli logistici che influenzano la dimensione del lotto (imballaggio, trasporto, ecc.);  Tutti i costi sono considerati indipendenti e costanti nel tempo. In particolare il prezzo unitario del prodotto ed il prezzo unitario di trasporto sono considerati indipendenti dalle quantità prodotte ed acquistate;  Prof. Gandolfo Dominici 22
  • 23. Limiti dell’EOQ (versione di Wilson)   Il tempo di produzione e fornitura è considerato pari a zero, ipotizzando dunque che le quantità ordinate siano immediatamente disponibili;  Le quantità prodotte e comprate sono trasportate in un'unica soluzione;  Non vengono considerati i costi inerenti a possibili rotture dello stock;  I beni sono considerati come non deperibili. Prof. Gandolfo Dominici 23
  • 24. Il Material Requirements Planning Secondo la definizione dell‟ APICS (American Production and Inventory Control Society), l‟ MRP è: “Un insieme di tecniche che usa la distinta base, i dati di inventario, ed il programma principale di produzione (Master Production Schedule) per calcolare il fabbisogno di materiali” Prof. Gandolfo Dominici 24
  • 25. Origine ed evoluzione del MRP • La paternità del sistema di programmazione MRP è comunemente attribuita a Joseph Oirlicky [1], che negli anni settanta sviluppo un programma per il calcolo dei fabbisogni di materiali necessari per specifici piani di produzione; • La logica di base dell’ MRP è la medesima del metodo CPM (Critical Path Method) creato negli anni cinquanta dal Ministero della Difesa statunitense e perfezionato in seguito dalla NASA. [1] Vedi: Oirlicky J., “Material Requirement Planning, The New Way of Life in Production and Inventory”, McGraw Hill, 1975. Prof. Gandolfo Dominici 25
  • 26. Origine ed evoluzione del MRP • Il programma di Oirlicky era capace di determinare soltanto le quantità e non i tempi di produzione. • In seguito il sistema MRP si è evoluto fino alla sua prima applicazione commerciale dell’ IBM con il programma PICS (Production Information and Control System) . Prof. Gandolfo Dominici 26
  • 27. Logica di funzionamento del Material Requirements Planning Prof. Gandolfo Dominici 27
  • 28. Logica di funzionamento del Material Requirements Planning • Il Master Production Schedule (programma principale di produzione) è calcolato a seconda: – della domanda, composta da due elementi: » previsione della domanda » ordini dei clienti – della capacità produttiva dello stabilimento Prof. Gandolfo Dominici 28
  • 29. Capacity Requirement Planning (CRP) E’ la programmazione che deve essere effettuata allo scopo di tramutare gli ordini di produzione derivanti dal MRP in attività operative dei diversi centri di lavoro considerando i tempi e le capacità effettive. Prof. Gandolfo Dominici 29
  • 30. Capacity Requirement Planning (CRP) MRP Piano degli ordini Stato dei Dati di Produzione CRP Centri di Lavoro Piano dei carichi di lavoro Prof. Gandolfo Dominici 30
  • 31. Capacity Requirement Planning (CRP) • Il CRP non è un’attività staccata dal MRP bensì una sua estensione. Esso infatti non può prescindere dalla elaborazione dei fabbisogni ottenuta con il MRP. • Il CRP converte il piano degli ordini di produzione in carichi di lavoro (espressi in ore) per le singole macchine o cellule produttive impiegate nel processo produttivo. Prof. Gandolfo Dominici 31
  • 32. MRP, note di variazione • Un altro output del sistema MRP è rappresentato dalle note di variazione, usate per indicare le modificazioni delle operazioni programmate specificandone le date e le priorità. Le note di variazioni sono di due tipi con due diverse funzioni: il primo tipo è usato per accelerare gli ordini (anticipando la loro data) mentre il secondo tipo è usato per differire gli ordini (posticipando la loro data). Prof. Gandolfo Dominici 32
  • 33. MRP, report delle eccezioni • Il report delle eccezioni serve a notificare agli utenti dell’ MRP gli scostamenti (differenze di conteggio del lavoro, differenze di inventario, parti difettose, ecc.) tra quanto si era programmato e quanto è effettivamente avvenuto. Prof. Gandolfo Dominici 33
  • 34. MRP e JIT Il Just in Time della Toyota è un sistema in cui entrambi i concetti di produzione pull e push sono presenti ed è composto fondamentalmente da due parti: Pianificazione mensile delle quantità di produzione con i sistemi di Material Requirement Planning (MRP/MRPII); Produzione giornaliera regolata dal sistema kanban (sistema pull di sintonizzazione). Prof. Gandolfo Dominici 34
  • 35. MRP e JIT La relazione tra il sistema di pianificazione MRP e il sistema kanban può essere schematizzata come segue: livello di stock determinato con il MRP CLIENTI Processo Processo Processo FORNITORI A B C Routine di produzione tramite kanban (pull) Prof. Gandolfo Dominici 35
  • 36. MRP, esempio Supponendo che la quantità domandata rientri nelle capacità dello stabilimento sviluppiamo un esempio semplificato: Periodo 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Fabbisogno 30 25 10 5 20 10 30 10 Prof. Gandolfo Dominici 36
  • 37. MRP, esempio La distinta dei materiali si riferisce alla lista di materiali necessari per produrre un componente. Essa “esplode” il prodotto in tutti i componenti e sub- componenti da cui esso è composto. Nel nostro esempio: componenti semi-lavorati per materiali per produrre Prodotto finito l''assemblaggio del prodotto finito i semilavorati del livello 1 livello 0 livello 1 livello 2 a (quantità 1) A (quantità 1) b (quantità 1) X c (quantità 1) B (quantità 1) d (quantità 1) Prof. Gandolfo Dominici 37
  • 38. MRP, esempio I dati dell’inventario forniscono le informazioni circa le parti già in stock, il lead-time ecc. Nell’esempio dato: Prof. Gandolfo Dominici 38
  • 39. Tabella di calcolo per X Foglio di lavoro MRP Periodo 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Fabbisogno 30 25 10 5 20 10 30 10 Inventario 40 40 10 Fabbisogno netto 15 10 5 20 10 30 10 Ordinazione programmata 15 10 5 20 10 30 10 (lead time di X= 1) Tabella di calcolo per A Periodo 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Fabbisogno 15 10 5 20 10 30 10 Inventario 20 20 5 Fabbisogno netto 5 5 20 10 30 10 Ordinazione programmata 5 5 20 10 30 10 (lead time di A =2) Tabella di calcolo per a Periodo 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Fabbisogno 5 5 20 10 30 10 Inventario 15 10 5 Fabbisogno netto 15 10 30 10 Ordinazione programmata 40 40 (lead time di a=1) Prof. Gandolfo Dominici 39
  • 40. Commenti al foglio di lavoro MRP Il lead-time del prodotto finito “X” è pari ad 1 periodo ed il fabbisogno è di 30 unità nel terzo periodo; essendovi 40 unità di prodotto X in inventario non è necessario ordinare l’assemblaggio di X prima del terzo periodo (dato che il lead-time uguale ad un periodo). La distinta base mostra che il fabbisogno del prodotto semi-lavorato “A” per produrre un prodotto finito “X” è di una unità di “A” e che il fabbisogno del materiale “a” necessario per produrre A è anch’esso pari ad una unita. Seguendo la stessa logica Il fabbisogno di A è pari a 15 unità (necessarie a produrre i 15 prodotti X necessari) nel terzo periodo ma la produzione del fabbisogno comincia nel secondo periodo dato che il lead-time di A è pari a due periodi. Usando la stessa logica per tutti gli altri componenti e sub- componenti si ottengono i fabbisogni totali ed i tempi di produzione per tutte le parti. Prof. Gandolfo Dominici 40
  • 41. Manufacturing Resource Planning (MRPII) • Il Manufacturing Resource Planning (o MRP) rappresenta l‟evoluzione del sistema MRP; • Nell‟ MRP gli aspetti di programmazione della produzione del sistema MRP vengono legati alle altre funzioni aziendali (in una visione di logistica integrata); • Garantisce un‟ampia struttura di controllo che divide il controllo di produzione in una gerarchia basata sull‟orizzonte temporale e sul livello di aggregazione del prodotto; • I sistemi MRP sono una estensione dell‟ MRP per integrare e supportare altre attività ma la logica di base per il calcolo dei fabbisogni dei materiali è la medesima in entrambi i sistemi .Prof. Gandolfo Dominici 41
  • 42. Manufacturing Resource Planning (MRPII) L‟APICS [1] definisce il Manufacturing Resource Planning come : “Un metodo per l’efficace pianificazione di tutte le risorse di un’azienda industriale”. [1] American Production and Inventory Control Society Prof. Gandolfo Dominici 42
  • 43. Manufacturing Resource Planning (MRPII) Le caratteristiche dell‟MRP sono [1] :  Integrazione tra sistema operativo e sistema finanziario;  Capacità di simulazione che rendono possibili predizioni e preventivi;  Coinvolge ogni aspetto d’impresa dalla pianificazione alla gestione. Higgins P., Leroy P. and Tierney L., “Manufacturing Planning and [1] Control - Beyond MRP II”, Chapman & Hall, 1996. Prof. Gandolfo Dominici 43
  • 44. Manufacturing Resource Planning (MRPII) L‟ MRP include dunque il programma MRP come sua parte fondamentale integrandolo con: • Meccanismi di feedback in grado di rivedere rapidamente i piani di fabbisogno e le tabelle di produzione in caso di cambiamenti; • Raccolta dei dati delle vendite e dei clienti; • Possibilità di generare Master Production Schedule revisionali per prodotti futuri; • Calcolo del carico e della capacità di lavoro per ogni reparto; • Produzione della documentazione per le spedizioni e per la fatturazione; • Possibilità di generare report direzionali. Prof. Gandolfo Dominici 44
  • 45. Manufacturing Resource Planning (MRPII) Vi sono diversi tipi di gerarchie nell’ MRP, ma comunemente esse comprendono tre parti fondamentali: Pianificazione a lungo termine; Pianificazione a medio termine; Controllo a breve termine. Prof. Gandolfo Dominici 45
  • 46. Total Quality Management Secondo l‟ ISO 8402 [1] , il quality management può essere definito come segue: “Tutte le attività della funzione di management nel suo complesso che determinano la politica della qualità, gli obbiettivi e le responsabilità, e li implementano con mezzi quali la pianificazione della qualità, il quality control, la quality assurance ed il miglioramento qualitativo all’interno del sistema della qualità”. [1] ISO 8402, “Quality Management and Quality Assurance”, Vocabulary, International Organization for Standardization, 1994 Prof. Gandolfo Dominici 46
  • 47. Total Quality Management Il Total Quality Management si può considerare come una filosofia manageriale per il miglioramento continuo delle performance dell‟impresa nel suo complesso. Esso è basato su:  Lo stile di leadership;  La vision aziendale;  La gestione della qualità dei fornitori;  Il controllo ed il miglioramento dei processi;  Il design del prodotto;  La partecipazione, valorizzazione e formazione dei dipendenti;  La customer satisfaction. Prof. Gandolfo Dominici 47
  • 48. Total Quality Management Storia ed evoluzione 1946- Occupazione americana del Giappone sotto la guida del Generale Mac Arthur. Educazione dei giapponesi tramite la radio, ricostruzione della rete di comunicazione; 1947- Homer Sarasohn fu assunto per organizzare l’operazione mediante il ripristino e l’istallazione di apparecchiature, la fornitura di materiali e componenti, il ripristino degli stabilimenti, la fondazione dell’ Equipment Test Laboratory e la fissazione di più alti standard di prodotto.  Prof. Gandolfo Dominici 48
  • 49. Total Quality Management Storia ed evoluzione - 1948 Koji Kobayashi della NEC creò corsi di formazione nella gestione della qualità per gli alti dirigenti giapponesi; - Prima del suo ritorno negli Stati Uniti, egli raccomandò W. Edwards Deming per un seminario sullo Statistical Quality Control (SQC) in Giappone; - In quegli anni il concetto di Qualità Totale fu introdotto da Armand V. Feigenbaun [1] che lo definì come un efficace sistema per integrare gli sforzi dei vari gruppi in materia di sviluppo della qualità, quality maintenance e miglioramenti della qualità nell‟organizzazione, in modo da attivare produzione e servizio ai livelli più economici che garantiscano la piena soddisfazione del cliente.  [1] La prima edizione del libro: “Total Quality Control”, scritto dal Dr, Armand V. Feigenbaun, venne pubblicata nel 1951. Prof. Gandolfo Dominici 49
  • 50. Total Quality Management Storia ed evoluzione • Deming svolse un seminario di trenta giorni sponsorizzato dalla Japanese Union of Scientists and Engineers (JUSE) e presentò i criteri per il famoso concorso giapponese “Deming”; • Per il suo contributo all’industrializzazione del Giappone, Deming fu insignito del Secondo Ordine del Sacro Tesoro dal Primo Ministro giapponese. Prof. Gandolfo Dominici 50
  • 51. Il primo “guru” (americano) della qualità: Deming • Deming sviluppò e strutturò il concetto di qualità all’interno dell’impresa. Egli affermò il concetto che la qualità comincia dal top management e rappresenta un’attività strategica. La filosofia di Deming afferma che la qualità e la produttività crescono al decrescere della variabilità. Prof. Gandolfo Dominici 51
  • 52. I 14 step verso la qualità per Deming Deming delineò 14 tappe che i manager possono seguire per l’implementazione di un programma di qualità in qualunque tipo di organizzazione: 1) Creare costanza di scopi, nei campi: dell’innovazione, degli investimenti in ricerca e formazione, del miglioramento continuo di prodotto e di servizio, della manutenzione delle apparecchiature; 2) Adottare una nuova filosofia. Il management deve affrontare una profonda trasformazione e cominciare a credere nell’importanza della qualità dei prodotti e dei servizi; 3) Smettere di essere dipendenti dalle ispezioni di massa. I prodotti ed i servizi devono essere ispezionati il giusto necessario da permettere di identificare le modalità per migliorare il processo; Prof. Gandolfo Dominici 52
  • 53. I 14 step verso la qualità per Deming 4) Smettere di fare affari basandosi sul prezzo. I prodotti a minor prezzo non sempre sono quelli di migliore qualità; si devono scegliere i fornitori in base ai loro risultati di miglioramento ed instaurare con essi rapporti a lungo termine; 5) Migliorare continuamente il sistema di produzione e/o di servizio. Il miglioramento non deve essere visto come un impegno una-tantum; il management ha la responsabilità di dirigere l’organizzazione verso la pratica del miglioramento continuo della qualità e della produttività; 6) Istituire la formazione sul lavoro. I lavoratori hanno bisogno di sapere come fare il loro lavoro in maniera appropriata, imparando nuovi metodi a tal fine; Prof. Gandolfo Dominici 53
  • 54. I 14 step verso la qualità per Deming 7) Istituire lo stile di leadership. I manager hanno la responsabilità di individuare gli ostacoli che impediscono ai lavoratori di staff di essere soddisfatti del loro lavoro; 8) Eliminare la paura. I lavoratori spesso temono ritorsioni qualora causino problemi sul lavoro. I manager devono creare un ambiente dove i lavoratori possono esprimere i loro problemi con fiducia; 9) Abbattere le barriere tra i dipartimenti. Il lavoro di squadra deve essere incoraggiato aiutando i lavoratori dei diversi dipartimenti a lavorare insieme; 10) Eliminare gli slogan e le esortazioni per la forza lavoro. Il solo uso di slogan, senza un’indagine del luogo di lavoro, può essere offensiva per i lavoratori. I manager devono imparare metodi più efficaci per motivare le persone all’interno dell’organizzazione; Prof. Gandolfo Dominici 54
  • 55. I 14 step verso la qualità per Deming 11) Eliminare le quote numeriche. Le quote ostacolano la qualità non lasciando spazio al miglioramento. I lavoratori hanno bisogno della flessibilità necessaria per dare ai clienti il livello di servizi che richiedono; 12) Dare orgoglio ai lavoratori e feedback su come stanno svolgendo il loro lavoro; 13) Istituire un programma di formazione e di auto- miglioramento. Con il miglioramento continuo, le definizioni delle mansioni cambiano, gli impiegati necessitano , dunque, della formazione necessaria per il successo nel loro lavoro; 14) Agire per compiere la trasformazione. Il management deve lavorare in team per portare a compimento i 13 punti di cui sopra. Prof. Gandolfo Dominici 55
  • 56. Il secondo guru (americano): Juran • 1954 - un altro americano Joseph M. Juran estese il concetto di quality management dalla fabbrica a tutta l’organizzazione sottolineando l’importanza di ripensare il sistema dal design del prodotto alle apparecchiature, dal sistema di test al processo di feedback; • Egli modificò il modo di pensare l’organizzazione dalla tradizionale filosofia della qualità come “conformità alle specifiche tecniche” basata sulla realtà industriale ad un approccio basato sull’utente per il quale coniò il termine “fitness for use” (conformità all’utilizzo); • Juran fece infatti notare come con il tradizionale approccio , un prodotto pericoloso risulterebbe “conforme alle specifiche tecniche”, ma non “fit for use”. Prof. Gandolfo Dominici 56
  • 57. Il primo guru giapponese: Kaoru Ishikawa 1968 - Kaoru Ishikawa, crea i “circoli di qualità” ed i “diagrammi causa-effetto”. Egli fece notare come si fosse data in passato eccessiva enfasi al controllo statistico della qualità, rendendo l’implementazione della qualità troppo complessa. La conseguente standardizzazione dei prodotti e dei processi era diventata un carico che rendeva difficile il cambiamento e le persone infastidite dalla eccessiva regolamentazione. Per Ishikawa la partecipazione dei lavoratori è la chiave per il successo nell’implementazione del Total Quality Management; i circoli di qualità sono uno strumento importante a questo scopo. Prof. Gandolfo Dominici 57
  • 58. Gli step verso la qualità per Kaoru Ishikawa I punti chiave della qualità totale secondo Ishikawa sono: • La qualità prima di tutto, prevalendo specialmente sulla logica del profitto a breve termine; • Il cliente innanzi tutto, prima del produttore; • I clienti sono il processo successivo, senza barriere organizzative; • Le decisioni sono basate su fatti e dati; • Il management è partecipativo e rispettoso di tutti i lavoratori; • I comitati inter-funzionali devono guidare il management coprendo le funzioni di pianificazione di prodotto, design di prodotto, pianificazione della produzione, acquisti, vendite e distribuzione. Prof. Gandolfo Dominici 58
  • 59. Il “guru” manager: Crosby • Philip B. Crosby iniziò la sua carriera come ispettore della qualità lavorando per diverse aziende fino a divenire vice presidente della ITT. • Nel 1979 lasciò la ITT per fondare la “Philip Crosby Associates Inc.” ed il “Crosby Quality College”. Prof. Gandolfo Dominici 59
  • 60. Il contributo di Crosby • “Zero Defects” non è solamente un programma motivazionale per i lavoratori ma anche uno standard manageriale, con un messaggio sulla qualità diretto anche al management; • Strumenti per la gestione della qualità tra cui la misurazione dei costi della qualità, la “Management Maturity Grid” (griglia della maturità manageriale ); • Programma in 14 punti per il miglioramento della qualità; • Stimò che il costo medio della qualità per la maggior parte delle imprese varia tra il 15% e il 20% del valore delle vendite Prof. Gandolfo Dominici 60
  • 61. Il Management Maturity Grid di Crosby I. Incertezza, quando la qualità non è ancora riconosciuta come strumento manageriale; II. Risveglio, quando l‟impresa riconosce l‟importanza della qualità senza però agire; III. Illuminazione, quando il management inizia l‟implementazione di un programma per la qualità; IV. Saggezza, quando la prevenzione funziona bene, i problemi sono identificati in anticipo e si fanno efficaci azioni correttive; V. Certezza, quando l‟agire per la qualità diventa un elemento essenziale del lavoro nell‟impresa e i problemi sono meno frequenti. Prof. Gandolfo Dominici 61
  • 62. I 14 step per la qualità di Crosby 1) Stabilire l’impegno del management; è necessario convincere il top management circa la necessità del miglioramento qualitativo e renderlo noto a tutta l‟impresa. Questo primo passo implica la stesura di un documento circa la politica per la qualità; 2) Formare team interdipartimentali per la qualità; il management deve formare dei gruppi costituiti dai capi area e dai capi dipartimento per la supervisione del miglioramento qualitativo; 3) Stabilire la misurazione della qualità; è necessario implementare misurazioni specifiche per ogni attività al fine da evidenziare le aree che devono essere migliorate; Prof. Gandolfo Dominici 62
  • 63. I 14 step per la qualità di Crosby 4) Valutare il costo della qualità; l‟ufficio di controllo deve stimare i costi della qualità per identificare le aree dove necessitano miglioramenti; 5) Accrescere la consapevolezza sulla qualità tra i dipendenti; i supervisori devono trasmettere a tutti i lavoratori il messaggio sulla importanza della conformità del prodotto agli standard qualitativi con strumenti quali i programmi formativi, l‟utilizzo di filmati didattici, opuscoli e poster; 6) Promuovere azioni correttive; le opportunità di miglioramento dei punti 3 e 4 e i suggerimenti dei lavoratori devono essere esposte a livello di supervisione e, se possibile, risolte a questo livello oppure passate ai livelli superiori qualora necessario; Prof. Gandolfo Dominici 63
  • 64. I 14 step per la qualità di Crosby 7) Istituire un comitato ad hoc per il programma “difetti zero”; questo comitato deve essere opportunamente formato da membri del team di “quality improvement” e pianificare un programma di “difetti zero” che sia conciliabile con la cultura aziendale; 8) Formazione dei supervisori; tutti i livelli del management devono essere istruiti a proposito del programma qualità; 9) Fissare una “giornata dei difetti zero”; una giornata del difetti zero deve essere fissata per mandare un messaggio chiaro a tutti i dipendenti riguardo i nuovi standard qualitativi dell‟azienda; Prof. Gandolfo Dominici 64
  • 65. I 14 step per la qualità di Crosby 10) Fissare i goal dei dipendenti; ogni dipendente deve fissare i suoi obiettivi e comunicarli al suo supervisore il quale stabilirà delle riunioni per discutere il raggiungimento di tali obiettivi; 11) Rimozione delle cause di errore; i lavoratori devono essere incoraggiati a comunicare rapidamente ai supervisori ogni problema che impedisce loro il raggiungimento degli obiettivi di performance; 12) Riconoscimento per il raggiungimento e/o il superamento degli obiettivi; a coloro che raggiungono o superano gli obiettivi di performance prefissati deve essere riconosciuto un apprezzamento pubblico, esplicito e non-pecuniario; Prof. Gandolfo Dominici 65
  • 66. I 14 step per la qualità di Crosby 13) Costituire i Consigli di qualità; i Consigli di qualità tra esperti della qualità e i team-leader devono essere tenuti regolarmente al fine di condividere le esperienze e trovare soluzioni ai problemi occorsi; 14) Rifare tutto di nuovo; il programma di cui sopra dal punto 1 al punto 13 deve essere ripetuto i modo da dare maggiore enfasi al processo della qualità e di rinnovare l‟impegno di tutti i lavoratori. Prof. Gandolfo Dominici 66
  • 67. Gli stadi di evoluzione del TQM Tutte le funzioni ed i dipendenti sono coinvolti I fornitori sono coinvolti Teamwork TQM Staff empoverment Viene sviluppata una strategia della qualità Quality Assurance Programma di manutenzione Quality Costing Problem soving Quality Control Pianificazione della qualità Ispezione Controllo statistico della qualità Performance dei processi Standard qualitativi Individuazione degli errori Rettificazione degli errori Prof. Gandolfo Dominici 67
  • 68. La vision • Include i concetti fondamentali del TQM nella filosofia aziendale contenuta nel testo della “vision”; • La filosofia aziendale descrive come l’impresa vuole essere vista nel suo settore. Essa descrive valori, convinzioni e standard che sono la comunicazione degli elementi basilari dell’intenzione di implementare una politica aziendale. • Grazie alla filosofia aziendale tutti i dipendenti sono in grado di capire come possono contribuire al raggiungimento dei fini dell’impresa. • Una vision efficace deve essere redatta usando un linguaggio capace di motivare i dipendenti verso alti livelli di performance incoraggiando il loro coinvolgimento. Prof. Gandolfo Dominici 68
  • 69. La vision La vision cambia seguendo i contesti socio-culturali. In Giappone la redazione di un documento contenente i valori dell‟impresa non è una novità. Esempi: • Periodo Meiji: filosofia aziendale della Mitsui: “Assicurare la prosperità dei discendenti attraverso il duro lavoro e ringraziando i nostri antenati”; • Anni ’70 introduzione del concetto di qualità: filosofia della Riken Forge Co. :“Assicurare profitti che accrescono la felicità dei dipendenti. Assicurare prodotti di alta qualità e basso costo in quantità, cosi da costruire la fiducia dei clienti”; • 1998 Asahi Breweries: “Il Gruppo Asahi Breweries mira a soddisfare i clienti con i più alti livelli di qualità ed integrità, nel contempo contribuendo alla promozione di uno stile di vita salutare e all’arricchimento della società in tutto il mondo”. Prof. Gandolfo Dominici 69
  • 70. Il concetto del cliente e del fornitore interno • Ogni componente dell’organizzazione è visto come un come un cliente che consuma e produce beni da e verso gli altri componenti. • Si eliminano concettualmente i confini tra interno ed esterno; • Ognuno diventa responsabile per i bisogni del proprio cliente, interno od esterno che sia. Prof. Gandolfo Dominici 70
  • 71. SCM e TQM • Deming ha sottolineato come il lavorare in cooperazione con i fornitori, considerandoli partner in relazioni a lungo termine aiuta a migliorare la qualità dei materiali in entrata e dunque a diminuire i costi della qualità; • Le imprese devono spostare l’attenzione dalla minimizzazione del costo di acquisto dei materiali alla minimizzazione del costo medio totale delle ispezioni e della perdita di qualità. Prof. Gandolfo Dominici 71
  • 72. SCM e TQM Juran e Gryna hanno evidenziato come il compratore deve aggiungere al prezzo d‟acquisto tutto l‟insieme dei costi della qualità quali: • Il costo di nuove ispezioni • Il costo della revisione dei materiali • Il costo per ritardi nelle linea di produzione • Il costo per fallimenti interni • Il costo dovuto a maggiori scorte • Il costo per interruzioni della linea di produzione • Il costo per fallimenti esterni Prof. Gandolfo Dominici 72
  • 73. Autonomazione • L’autonomazione (traduzione per sillabe del termine giapponese Jidoka) è alla base di ogni sistema di lean production sia esso il JIT o il Total Quality; • Schroeder [1] definisce il JIT come: “l’eliminazione degli sprechi nel processo di produzione utilizzando la piena capacità dei lavoratori”. [1] Schroeder, R.G. “Operations Management”, McGraw-Hill, 2000. Prof. Gandolfo Dominici 73
  • 74. Multifunzionalità della forza lavoro • L’utilizzo di operai multifunzionali è l’elemento chiave della gestione delle risorse umane al fine di migliorare la qualità e rendere il processo più flessibile; • Grazie al lavoro multifunzionale, i processi operativi possono essere cambiati più facilmente per incontrare le richieste della domanda riducendo allo stesso tempo la sensazione di alienazione e noia dei lavoratori e d i problemi ergonomici; • La flessibilità delle mansioni fa si che i lavoratori accettino maggiori responsabilità aumentando la loro stima di se stessi e la loro sensazione di valere per l’impresa. Prof. Gandolfo Dominici 74
  • 75. Routine operativa standard Alla Toyota vige un motto: IL DIAVOLO STA’ NEI DETTAGLI Ciò significa che l‟attenzione hai dettagli è considerata fondamentale e pertanto tutte le mansioni sono meticolosamente standardizzate in un documento per ciascuna mansione: la routine operativa standard Prof. Gandolfo Dominici 75
  • 76. Benefici della Multifunzionalità Grazie alla standardizzazione del lavoro è possibile, dopo una appropriata formazione, cambiare i lavoratori assegnati alle varie mansioni, con diversi benefici:  I lavoratori multifunzionali possono meglio partecipare al processo di produzione e ridurre l’alienazione tipica del lavoro in fabbrica;  La conoscenza multi-processo aumenta l’efficacia del lavoro di squadra e del kaizen;  Prof. Gandolfo Dominici 76
  • 77. Benefici della Multifunzionalità  I lavoratori multifunzionali possono essere spostati in diversi processi ed operazioni rendendo il lead-time più flessibile ed adattabile ai cambiamenti della domanda evitando di dovere aumentare il numero dei kanban ;  Si rende possibile la “produzione a singola unità di prodotto” (Ikko nagashi); il lavoratore multifunzionale può seguire la produzione di un singolo prodotto lungo tutta la linea gestendo diversi macchinari di diversi processi produttivi.  Procedendo con la mansione successiva solo quando termina la mansione precedente l’introduzione nel processo successivo avviene solo quando viene introdotta nella linea una nuova unità. Prof. Gandolfo Dominici 77
  • 78. Autonomazione: Jidoka , etimologia Il termine “Jidoka” in giapponese ha due diversi significati poiché può essere scritto con diversi ideogrammi ( o kanji): • 自動化 : con il significato di processo meccanico automatico; • 自働化 : con il significato di autocontrollo dei difetti effettuato da una macchina ma con l‟aiuto di una mente umana. La parola Jidoka è composta di tre ideogrammi giapponesi (kanji)[ JI – DO – KA]. A seconda dell‟ideogramma centrale DO cambia il significato della parola e così da “automazione” si passa ad “autonomazione” con il significato di “automazione con un elemento umano”. Prof. Gandolfo Dominici 78
  • 79. Autonomazione • L’autonomazione è il risultato dell’evoluzione del controllo di qualità. Con l’autonomazione non vi è infatti bisogno di molte ispezioni poiché il controllo e la responsabilità è delegata all’operaio. Le ispezioni statistiche vengono comunque effettuate ma le decisioni del management non si basano su queste. Prof. Gandolfo Dominici 79
  • 80. Kaizen: miglioramento continuo • Maasaki Imai definisce il kaizen nel modo seguente: “La filosofia kaizen presume che il nostro modo di vivere, la vita lavorativa o quella domestica, debba concentrarsi nell’impegno verso un costante miglioramento” [1] . [1] Imai Maasaki, “Gemba Kaizen, Come ottenere crescita e profitti con l’innovazione continua”, pag.1, IlSole24ore, 2001. Prof. Gandolfo Dominici 80
  • 81. Le tre regole d’oro del kaizen  Pulizia;  Eliminazione degli sprechi (o muda in giapponese);  Standardizzazione Prof. Gandolfo Dominici 81
  • 82. Kaizen: pulizia (5S) • Seiri (separare): la separazione delle cose inutili da quelle necessarie e l‟eliminazione delle prime; • Seiton (riordinare): il mettere accuratamente ed efficientemente in ordine tutti gli oggetti non rigettati dal Seiri. • Seiso (pulire): il tenere puliti tutti i macchinari e tutte le attrezzature così come tutto l‟ambiente di lavoro; • Seiketsu (sistematizzare): mettere in pratica i precedenti punti estendendoli alla propria persona • Shitsuke (standardizzare): migliorare l‟auto-disciplina tramite l‟abitudine a seguire gli standard delle 5S. Prof. Gandolfo Dominici 82
  • 83. Kaizen: eliminazione degli sprechi • L’eliminazione degli sprechi (muda in giapponese) si riferisce a tutti gli sprechi all’interno dell’azienda come: l’eccesso di risorse, la sovrapproduzione, l’eccesso di scorte, le mansioni inutili, i tempi morti, gli sprechi nei trasporti, ecc. • L’eliminazione degli sprechi è come si è visto, uno dei principi fondamentali del Just in Time. Prof. Gandolfo Dominici 83
  • 84. Kaizen: standardizzazione La procedura di standardizzazione deve essere implementata secondo il ciclo SDCA (Standardize, Do, Check, Act). Qualora siano necessarie delle modificazioni del processo si deve seguire il ciclo PDCA (Plan, Do Check, Act): Act Plan Check Do Prof. Gandolfo Dominici 84
  • 85. Gestione dei fornitori • Nella produzione di massa la selezione dei fornitori era basata sul solo criterio di costo. Era (ed in molte realtà ancora oggi è) considerato il miglior fornitore colui che era in grado di fornire il materiale al minor costo unitario; • Secondo l’approccio snello (o lean), un minor numero di fornitori può essere meglio coinvolto in relazioni dirette ed a lungo termine con l’impresa produttrice. I fornitori vengono scelti in base alla performance anziché in base al prezzo ed i fornitori di prima linea hanno un ruolo importante anche nella progettazione del prodotto. Le relazioni a lungo termine con i fornitori migliorano la cooperazione e aiutano a garantire la puntualità delle consegne e gli standard qualitativi. Prof. Gandolfo Dominici 85
  • 86. Gestione dei fornitori Crosby : “Le relazioni con i fornitori si sviluppano in un in un lungo arco temporale in cui si fanno affari insieme […] L’effetto di ciò si sente attraverso l’intero processo. Questa è parte del processo di prevenzione” [1] La “qualità logistica” è fondamentale per prevenire i problemi legati agli standard qualitativi [1] Crosby P.B., “Quality Is Still Free: Making Quality Certain in Uncertain Times” McGraw Hill, 1995, pagina 54. Prof. Gandolfo Dominici 86
  • 87. La gestione dei fornitori nella lean production Selezionare i fornitori; Valutare i fornitori; Gestire i fornitori; Sviluppare i fornitori Prof. Gandolfo Dominici 87
  • 88. Decisione di esternalizzazione / integrazione del processo Fattori positivi dell’esternalizzazione: • Il costo: grazie alla loro minore dimensione i fornitori possono avere costi di minori restrizioni sindacali e dunque minori costi (vero in Giappone, meno nei paesi occidentali); • Esperienza e know-how sviluppati da fornitori specializzati; • Veloce risposta al mercato; • Condivisione del rischio; • Eliminazione delle attività “non- caratteristiche con conseguente miglioramento del controllo e della professionalità specifica dell’impresa; • Cash flow derivante dalla vendita della proprietà intellettuale. Prof. Gandolfo Dominici 88
  • 89. Decisione di esternalizzazione / integrazione del processo Costi ed i rischi dell’esternalizzazione: • I costi di transazione; • Il rischio di fallibilità del fornitore; • Il rischio di perdita di know-how associato con lo spostamento della produzione di componenti; • La riduzione del controllo sulla produzione dei componenti; • La perdita di capitale intellettuale; • L’eccessiva esternalizzazione può causare sotto- occupazione; • Il rischio di liti con i fornitori. Prof. Gandolfo Dominici 89
  • 90. Selezione dei fornitori La selezione dei fornitori deve tenere conto di diverse variabili : • Estensione e profondità dell’esperienza dell’impresa; • Capacità ed esperienza del personale; • Solvibilità finanziaria; • Impegno verso il miglioramento qualitativo e la customer satisfaction; • Unicità delle capacità di servizio; • Livello di comprensione del settore e del mercato del cliente; • Impegno al miglioramento tecnologico; • Volontà di offrire garanzie di performance; • Impegno di servizio a lungo termine; • Ampiezza del portafoglio di servizi; • Reputazione del fornitore. Prof. Gandolfo Dominici 90
  • 91. Valutazione dei fornitori Il modello di Grando e Sianesi [1]: A 1 3 Volum di i fornitura B C 2 A B C Vendor Rating [1] Grando A. & Sianesi A., “Il Fornitore: dal prezzo alla prestazione globale”, Economia & Management”, no.22, Settembre 1991. Prof. Gandolfo Dominici 91
  • 92. Valutazione dei fornitori : Caso Toshiba Una volta selezionati i fornitori le loro performance devono essere valutate. Alla Toshiba ad esempio, il Dipartimento Acquisti Redige delle statistiche comparative dei fornitori classificandoli per:  “qualità del fornitore”  “qualità delle relazioni del fornitore i con l’azienda” Prof. Gandolfo Dominici 92
  • 93. Valutazione dei fornitori : Caso Toshiba La qualità del fornitore viene valutata secondo parametri di: Prezzo; Qualità; Puntualità delle consegne; Capacità tecnologica; Competenze manageriali. Prof. Gandolfo Dominici 93
  • 94. Valutazione dei fornitori : Caso Toshiba La qualità delle relazioni con l‟azienda viene valutata in relazione a: Qualità delle transazioni; Quantità delle transazioni Cooperatività; Prospettive future. Prof. Gandolfo Dominici 94
  • 95. Valutazione dei fornitori : Caso Toshiba I dati vengono poi raggruppati per ogni gruppo di prodotti acquistati e viene dato un punteggio per ogni variabile della valutazione. Il punteggio massimo della valutazione è 200. Prof. Gandolfo Dominici 95
  • 96. Valutazione dei fornitori : Caso Toshiba Prof. Gandolfo Dominici 96
  • 97. Valutazione dei fornitori : Caso Toshiba Prof. Gandolfo Dominici 97
  • 98. Valutazione dei fornitori : Caso Toshiba Una volta classificati secondo lo schema sopra, il risultato viene confrontato con quello degli altri fornitori e raggruppato in cinque gruppi: Gruppo I Fornitori superlativi che abbisognano di poco o nessun controllo Gruppo II Fornitori eccellenti nel loro campo ma che necessitano di alcune direttive ed aiuti Gruppo III Fornitori potenzialente buoni ma che necessitano di formanzione Gruppo IV Fornitori che perderanno gli ordinativi se non iniziano delle attività di miglioramento Gruppo V Fornitori con cui le transazioni devono essere ridotte o eliminate Prof. Gandolfo Dominici 98
  • 99. Valutazione dei fornitori : Nissan Supplier Evaluation System Il Nissan Supplier Evaluation System (NX96) basa le sue decisioni sui seguenti fattori: • Qualità, valutata tramite misurazioni tecniche della capacità degli investimenti in termini di parti difettose per milione; • Costo, con la fissazione del prezzo a seconda del costo di produzione e dei profitti ottenuti dal fornitore; • Consegne, in termini di capacità del fornitore di essere preciso ed affidabile così da assicurare consegne puntuali con ritardi in termini di ore e non di giorni; • Design, intesa come abilità del fornitore di proporre idee di miglioramento per lo sviluppo del prodotto; • Partnership, come capacità del fornitore di integrarsi e svilupparsi quale elemento collaborativi della supply chain. Prof. Gandolfo Dominici 99
  • 100. Shigeo Shingo e la riduzione del tempo di set-up • Le tecniche di riduzione del tempo di set-up alla Toyota furono sviluppate a partire dagli anni ’50 da Shigeo Shingo; • Shigeo Shingo era un consulente assunto nel 1955 dalla Toyota per studiare sistematicamente il set-up dello stampaggio al fine di ridurre i tempi di passaggio ed insegnare queste tecninche ai fornitori; • Il suo obiettivo era di ridurre il tempo di cambio degli stampi a meno di 10 minuti. Prof. Gandolfo Dominici 100
  • 101. Shigeo Shingo e la riduzione del tempo di set-up • Shigeo Shingo determinò che l’operazione di set-up più problematica era il cambio delle matrici di stampaggio usate per le parti del corpo vettura; • Normalmente le matrici di stampaggio venivano cambiate manualmente, con chiavi inglesi e piedi di porco; talvolta si impiegavano diversi giorni per installare grosse matrici di stampaggio con una qualità accettabile. Prof. Gandolfo Dominici 101
  • 102. SMED (Single Minute Exchange of Dies) • Shingo implementò un metodo chiamato “Cambio della matrice di stampaggio in un minuto” (SMED); • La qualità degli stampaggi venne standardizzata; • Il tempo residuo venne usato per trovare gli attrezzi e muovere le matrici; • L’accorgimento di spostare le nuove matrici in loco, con l’aiuto di vani attrezzi dedicati mentre la linea di produzione era ancora operante, ridusse i tempi di sostituzione delle matrici a circa 40 secondi; • Quando iniziava il ciclo di produzione le matrici venivano cambiate in un flusso continuo lungo tutto lo stabilimento. Prof. Gandolfo Dominici 102
  • 103. SMED (Single Minute Exchange of Dies) Il metodo SMED utilizzando strumenti molto semplici ha cambiato il modo di gestire non soltanto il cambio delle matrici ma anche di tutte le altre attività di set-up. Il principio chiave di questo approccio è di dividere il set-up in due parti: • Set-up interno: effettuato dall‟operaio quando il macchinario è fermo; • Set-up esterno: effettuato in anticipo o mentre il macchinario sta ancora funzionando. Prof. Gandolfo Dominici 103
  • 104. SMED (Single Minute Exchange of Dies) Il metodo viene implementato in 3 fasi: 1. Separando il set-up interno da quello esterno; 2. Convertendo il set-up interno in set-up esterno; 3. Razionalizzando tutti gli aspetti dell’operazione di set-up. Prof. Gandolfo Dominici 104
  • 105. Evoluzione del sistema di produzione Toyota (TPS). A partire dagli anni „90 con il collasso della “bubble economy” giapponese: • Le imprese industriali hanno dovuto imparare ad essere più prudenti nella valutazione degli investimenti di capitale, poiché non e stato più possibile finanziare gli investimenti semplicemente sottoscrivendo obbligazioni convertibili come era invece uso quando le quotazioni del mercato azionario erano elevate;  Prof. Gandolfo Dominici 105
  • 106. Evoluzione del sistema di produzione Toyota (TPS) • L’apprezzamento dello Yen ha reso (negli anni 90) la competizione internazionale più dura. Il vantaggio di produttività del Giappone è stato eroso dall’apprezzamento dello Yen sul dollaro; • La rapida crescita d’età della popolazione giapponese ha avuto rilevanti conseguenze sui risparmi, gli investimenti, la produzione e la crescita economica [1] . La popolazione da 18 a 28 anni (l’età di assunzione in fabbrica) ha avuto un drastico declino dal 1990 al 2000, a ciò si è aggiunto dallo scarso interesse dei giovani giapponesi per il lavoro in fabbrica. [1] OECD Economic Surveys: “Japan”, OECD Publications, 1997. Prof. Gandolfo Dominici 106
  • 107. Evoluzione del sistema di produzione Toyota (TPS) La carenza di lavoratori nelle fabbriche è dovuta allo stereotipo del lavoro in fabbrica come lavoro “3D”: 1.“Dirty” (sporco); 2. “Damaging” (logorante); 3. “Dangerous” (pericoloso). Prof. Gandolfo Dominici 107
  • 108. Evoluzione del sistema di produzione Toyota (TPS) Per far fronte allo stereotipo delle 3D la Toyota ha sviluppato un programma di miglioramento della qualità del lavoro che si basa sui seguenti punti: • Processo di assemblaggio autonomo e completo; • Automazione meccanica di assemblaggio in linea; • Verifica Toyota della linea di assemblaggio (Toyota Verification of Assembly Line o TVAL); • Equipaggiamento a basso costo per una migliore ergonomia; • Migliore sistema motivazionale per le risorse umane . Prof. Gandolfo Dominici 108
  • 109. Cellule di lavoro e layout cellulare Una cellula di lavoro è una unità di lavoro più grande di una singola macchina o stazione di lavoro ma più piccola del solito dipartimento. Solitamente è formata da 3-12 lavoratori e 5-15 stazioni di lavoro disposti in un layout compatto Prof. Gandolfo Dominici 109
  • 110. Cellula di lavoro (workcell) Prof. Gandolfo Dominici 110
  • 111. Cellula di lavoro (workcell) Prof. Gandolfo Dominici 111
  • 112. Cellula di lavoro (workcell) • Idealmente una cellula di lavoro dovrebbe produrre una ristretta gamma di prodotti (o semilavorati) molto simili; • Essa è autosufficiente avendo a disposizione tutte le risorse e le attrezzature necessarie ai compiti ad essa preposti; • Il layout a cellule di lavoro organizza i dipartimenti attorno ad un prodotto o una ristretta gamma di prodotti simili. Prof. Gandolfo Dominici 112
  • 113. Funzionamento della cellula di lavoro (workcell) • Iniziato il processo i materiali si muovono direttamente da un processo all’altro all’interno della cellula; • La comunicazione è molto facile essendo ogni operatore vicino ai suoi colleghi di altri processi, ciò crea benefici di coordinazione, qualità e velocità; • Si rende indispensabile la propensione al lavoro di squadra di tutti i lavoratori Prof. Gandolfo Dominici 113
  • 114. Cellula di lavoro (workcell) La produzione cellulare è il cuore della produzione snella. L’adozione della produzione a cellule di lavoro apporta diversi benefici: • Ausilio per le politiche di qualità; • Semplificazione del flusso di materiali; • Semplificazione della gestione del ciclo produttivo; • Semplificazione della contabilizzazione analitica dei costi. Prof. Gandolfo Dominici 114
  • 115. Cellula di lavoro (workcell) Il funzionamento della produzione cellulare è solo all‟apparenza semplice ma in realtà sottintende un sofisticato sistema “socio-tecnico” (Trist definisce così il sistema di tecnologia e relazioni sociali della “kaisha” giapponese). Per funzionare esso necessita di particolare “armonia” tra gli uomini e le macchine e tra i vari processi in un insieme in cui ogni elemento si auto-regola e auto-migliora. Prof. Gandolfo Dominici 115
  • 116. Layout funzionale v/s layout cellulare Layout Funzionale Layout Cellulare Prof. Gandolfo Dominici 116
  • 117. Limiti del layout funzionale Inefficienza nella movimentazione dei materiali  Complessità di programmazione  Vulnerabilità ai cambiamenti del mix, della routine e/o dei volumi di produzione  Costi proibitivi del cambiamento di layout Prof. Gandolfo Dominici 117
  • 118. Benefici del Layout cellulare • Benefici nella movimentazione dei materiali; • Benefici di riduzione degli stock; • Benefici per le risorse umane; • Benefici per i clienti. Prof. Gandolfo Dominici 118
  • 119. Benefici per la movimentazione dei materiali Prof. Gandolfo Dominici 119
  • 120. Benefici per la movimentazione dei materiali Prof. Gandolfo Dominici 120
  • 121. Benefici di qualità Prof. Gandolfo Dominici 121
  • 122. Benefici di riduzione di stock e di programmazione Prof. Gandolfo Dominici 122
  • 123. Benefici per le risorse umane Prof. Gandolfo Dominici 123
  • 124. Benefici per i clienti Prof. Gandolfo Dominici 124