2. CHE COSA SONO GLI
INCENERITORI
• Qualsiasi unità e attrezzatura tecnica fissa o
mobile destinata al trattamento termico dei
rifiuti con o senza recupero del calore prodotto
dalla combustione.
• I termini “Termovalorizzatore” ed “Inceneritore”
sono neologismi per indicare la stessa tecnologia
di trattamento dei rifiuti con o senza recupero
di energia.
3. L’OBIETTIVO DELLA NORMATIVA
SULL’INCENERIMENTO
• …… è quello di evitare o di limitare per
quanto praticabile gli effetti negativi
dell’incenerimento dei rifiuti
sull’ambiente, in particolare
l’inquinamento dovuto alle emissioni in
atmosfera, nel suolo, nelle acque
superficiali e sotterranee nonché i
rischi per la salute umana che ne
risultano.
4. COME E’ FATTO UN INCENERITORE
Sezione di accumulo e stoccaggio, in cui i
rifiuti vengono accumulati prima della
combustione.
Sezione di combustione, costituita da una
camera di ossidazione (forno) realizzata in
forme e tecnologie differenti a seconda
della tipologia del rifiuto (contenuto
energetico, caratteristiche chimico-fisiche
ecc.).
Sezione di post-combustione (camera
secondaria di combustione), al fine di
completare la combustione dei rifiuti.
5. Sezione di raffreddamento fumi, che nei
vecchi impianti avveniva senza recupero di
energia, oggi è diventato obbligatorio.
Sezione di trattamento fumi a sua volta
suddivisa in tre parti:
1. depolverizzazione, per la rimozione
delle polveri effettuata mediante filtri;
2. abbattimento dei gas acidi (acido
cloridrico, fluoridrico, ossidi di zolfo);
3. rimozione degli ossidi di azoto.
6. Tipi di forni
Forni a griglia: il supporto per la combustione è formato da griglie metalliche sulle
quali viene portata la massa di rifiuti in modo che avvenga la combustione. E
griglie sono di vari tipi come a elementi orizzontali, disposte a scalini, oppure
inclinate fisse o mobili.
Forni multipiani: sono costituiti da un corpo cilindrico di acciaio di altezza di 8-20
m e diametro di 4-8 m rivestiti da materiale refrattario e provvisti di un certo
numero di piani orizzontali (6-12) che dividono il forno in piani intercomunicanti.
L rifiuto viene immesso nella parte superiore del forno dove avviene l’essicamento
a temperature di 200-500 gradi Celsius. L’essicamento avviene dall’incontro del
rifiuto con i gas di combustione che provengono dalla parte bassa del forno. I
bracci collegati all’albero rotante provvedono al rimescolamento del rifiuto e a
farlo scendere all’interno del cilindro fino a raggiungere la camera sottostante dove
la temperatura raggiunge gli 800-1000 gradi celsius. Le ceneri calde sono evacuate
dalla parte inferiore del cilindro a temperature di 200-400 gradi Celsius.
7. Tipi di forni
Forni a letto fluido: sono costituiti da un corpo cilindrico del diametro di 0.5-7 m
all’interno della quale una corrente di aria proveniente dal forno mantiene in
sospensione silicea alla temperatura di 750-1000 gradi Celsius. Il rifiuto
precedentemente disidratato viene immesso nel forno e vengono a contatto con la
sabbia incandescente fino a divenire cenere. Le ceneri sono trasportate dai gas caldi e
dopo la separazione dalla sabbia sono allontanate mediante idrocicloni.
I principali vantaggi di questo tipo di forno sono:
Riduzione dell’eccesso di aria per combustione completa;
Aumento del carico termico specifico volumetrico con riduzione del volume dei fumi
Risparmio energetico
Possibilità di utilizzare anche fanghi biologici
Costo di manutenzione limitato
Riduzione di emissioni inquinanti (HCl, Sox)
I principali svantaggi sono:
Difficoltà di rimozione residui
Alto costo di gestione
8. T i d forni
ip i
Forni a tamburo rotante: sono costituiti da un cilindro rotante, leggermente
inclinato. Con questo tipo di forno e possibile trattare una vasta gamma di
rifiuti. Si ha una maggiore turbolenza che provoca una maggiore presenza di
particolato nei fumi. La rotazione del cilindro fa scende i rifiuti dall’alto verso il
basso incontrando il flusso di gas caldi in controcorrente. Nel basso del cilindro
si raggiungono i 900-1000 gradi Celsius.
I vantaggi principali sono:
Trattamento di notevoli tipologie di rifiuto;
Adattabilità a molti sistemi di alimentazione
Costi contenuti di manutenzione per l’assenza di parti in movimento all’interno.
Gli svantaggi principali sono:
Elevati costi di impianto;
Efficienza termica bassa
Problemi di manutenzione per tenuta testa del forno.
9. T i d forni
ip i
Nella tabella sono riportati schematicamente le condizioni
operative previste dalla normativa nei forni di incenerimento
10. Abbattimento di inquinanti
I principali inquinanti sono:
Polveri: costituite da silicati e ossidi con presenza di metalli pesanti;
Gas tossici: (anidride solforosa, ossido di azoto, ossido di carbonio, cloro
ed acidi come acido cloridrico e fluoridrico, gas ad effetto serra come
CO2);
Microinquinanti organici.
Il particolato viene abbattuto con cicloni pneumatici, seguiti da filtri a
maniche o da filtri elettrostatici. Sono utilizzati anche sistemi ad umido.
In quest’ultimo caso si può abbattere sia il particolato che alcuni gas.
11. Camera di post-combustione
I gas di combustione sono convogliati in una zona ad elevata
temperatura in modo da completare l’ossidazione dei composti
organici presenti nei fumi.
Le camere di post-combustione sono di tre tipi:
A fiamma diretta: la corrente di gas passa nella zona di fiamma a
elevata temperatura;
Catalitiche: dotate di un catalizzatore generalmente a platino o palladio
che accellera l’ossidazione
A post combustione termica: sono le più utilizzate, in essa i gas
passano a elevata temperatura (650-1300 gradi celsius) con tempi di
permanenza variabili (0.2-6 sec) in funzione delle reazioni di
ossidazione.
12. Schema di un impianto di incenerimento
14
4 11 12
5
1 2 9 13
17
3
16
13. Alternative allo stud i
io:
pirogassificatori
• Per un corretto funzionamento, i Pirogassificatori, richiedono un
trattamento preventivo del rifiuto
• Il processo è semplice e si sviluppa in due fasi: la Pirolisi e la
Gassificazione
• La Pirogassificazione è una tecnologia innovativa la cui realizzazione
può portare al nostro territorio prospettive certe di sviluppo
• La tecnologia permette dimensioni più compatibili alle esigenze del
nostro territorio e l’impianto è estremamente modulare
• I costi di sviluppo sono inferiori rispetto alle tecnologie proposte
dalla provincia, di conseguenza anche i costi di conferimento sono
notevolmente inferiori
• L’impatto ambientale è minimo si possono collocare ovunque e non
servono finanziamenti di compensazione
17. RACCOLTA DIFFERENZIATA DI RU
IN ITALIA
in termini di percentuali relative alla produzione
totale rifiuti urbani:
• 17,4 % nel 2001
• 19,1% nel 2002
• 21,5% nel 2003
Dati Rapporto Rifiuti 2002, 2003, 2004 ONR-APAT
18. …EPPURE LA RACCOLTA
DIFFERENZIATA
Secondo il Decreto Ronchi (D.Lgs 22/97)
doveva raggiungere obiettivi:
• 15% entro il 1999
• 25% entro il 2000
• 35% entro il 2001
19. Raccolta differenziata e riutilizzo
• Il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero di
materia prima debbono essere considerati
preferibili rispetto alle altre forme di
recupero. (art. 4 comma 2)
• Le autorita' competenti adottano… iniziative
dirette a favorire, in via prioritaria, la
prevenzione e la riduzione della produzione e
della pericolosita' dei rifiuti mediante: lo
sviluppo di tecnologie pulite, in particolare
quelle che consentono un maggiore risparmio
di risorse naturali…. (art. 3 comma 1)
20. Inceneritori e termovalorizzatori in
Italia
• Il quadro impiantistico va progressivamente
aumentando e, nel 2007, si prevede la
presenza di 58 impianti di incenerimento, di
cui 32 nel nord Italia, 12 al centro e 14
nel sud;
21. Miglioramenti della combustione
Modifica camera di post-combustione
CO , COT
Potenziamento dei bruciatori di post-
combustione COT
Ottimizzazione iniezione d’aria
secondaria CO , COT
Dosaggio di ossigeno per arricchire
l’aria di combustione CO , COT
Installazione sistema di riserva per il
dosaggio di bicarbonato di sodio HCl
22. Miglioramenti della combustione
SEZIONE LONGITUDINALE FORNO
Modifica camera di
Migliora le condizioni post-combustione
fluidodinamiche Potenziamento dei
all’interno della camera bruciatori di post-
di post combustione
combustione
NUOVA INIEZIONE DI
ARIA SECONDARIA
BRUCIATORI
Consente una maggiore
capacità di controllo delle
Ottimizzazione temperature nella camera
iniezione aria di post-combustione
secondaria
d
Migliora l’immissione di aria
secondaria anche a seguito
delle modifiche della camera
di post-combustione
Sistema di
riserva per il
dosaggio di
bicarbonato di
d sodio
Dosaggio di
ossigeno per
Aumenta la capacità di
arricchire l’aria di intervento in caso di
combustione avarie dei sistemi di
Migliora la flessibilità della gestione
dosaggio del
delle condizioni di combustione
bicarbonato di sodio
23. Sistemi di gestione delle
emissioni
• gestione del sistema di monitoraggio delle emissioni
• gestione dell’impianto di incenerimento nelle fasi di criticità
• individuazione di soglie di attivazione di procedure interne per il
gestore sulle emissioni degli inquinanti, avente funzione di soglie
di attenzione, con valori comunque inferiori ai limiti di legge,
raggiunte le quali si attivano delle procedure operative tese a
ripristinare una ottimale condizione di funzionamento
• comunicazioni tra gestore e autorità di controllo
• accesso on line dei dati delle emissioni registrate in continuo da
parte degli organi di controllo
24. LE EMISSIONI DEGLI
INCENERITORI
•GAS
•CENERI VOLANTI
•CENERI DI FONDO
•ACQUE DI LAVAGGIO
•ALTRI RESIDUI
•EMISSIONI INCONTROLLATE
SONO UN POTENZIALE
PERICOLO PER LA
SALUTE UMANA
25. Esempio di impianto di termovalorizzazione
L’impianto in esame è stato dotato di tutte le più moderne ed
affidabili tecnologie, perseguendo i seguenti obiettivi in termini di
impatto ambientale:
• minimizzazione delle emissioni inquinanti;
• minimizzazione delle sorgenti di rumore;
• massima riduzione del ricorso alla discarica;
• massimo recupero energetico;
• minimizzazione del traffico veicolare indotto.
26. Esempio di impianto di termovalorizzazione
Che cosa brucia un impianto di termovalorizzazione?
Rifiuti urbani (RSU):
rifiuti domestici
spazzamento stradale
rifiuti giacenti sulle strade ed aree pubbliche
rifiuti vegetali provenienti da aree verdi
Rifiuti speciali (RSA):
rifiuti da attività agricole e agro-industriali
rifiuti da lavorazioni industriali
rifiuti da lavorazioni artigianali
rifiuti da attività commerciali
27. Esempio di impianto di termovalorizzazione
Alla rete
elettrica
Teleriscaldamento
Turbina
Alternatore
Ciclo a vapore Degasatore
Ricevimento
e stoccaggio
rifiuti Reagenti
Trattamento
Caldaie
fumi
Trattamento
fumi
Fumi
Rifiuti Ceneri al
trattamento PSR alla
rigenerazione
Scorie alla
discarica
28. Esempio di impianto di termovalorizzazione
Numero di linee 3
Carico rifiuti totale 421.000 t/anno
PCI nominale 11 MJ/Kg
Carico termico nominale totale 206 MWT
Capacità nominale totale 67 t/h
Produzione vapore totale 220 t/h
Pressione vapore 60 bar
Temperatura vapore 420 °C
29. Esempio di impianto di termovalorizzazione
— Business Model del sistema integrato di smaltimento—
Ricavi • Tariffa
- Energia termica
conferimento - Energia elettrica
• Vendita energia
- Certificati verdi
• Costi di realizzazione e gestione impianti
Costi
scarti
Termovalorizzator Discarica di
e servizio
Il conto economico sviluppato considera il complesso
impiantistico composto dai due impianti
30. Il contesto economico - Certificati Verdi
La Legge Finanziaria 2007 prevede che possano accedere agli incentivi per
le fonti rinnovabili solo le sostanze definite tali dalla direttiva 2001/77/CE,
ossia potrà ottenere i certificati verdi esclusivamente l’energia prodotta
utilizzando la parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani.
In linea con la recente normativa, il termovalorizzatore del Gerbido potrà
beneficiare della vendita dei Certificati Verdi per i primi 12 anni di
produzione, in considerazione della percentuale di frazione “rinnovabile” dei
rifiuti in ingresso al termovalorizzatore, si è assunto, prudenzialmente, che
solo il 48% dell’energia prodotta potrà beneficiare dei CV nel periodo
considerato.
31. Il contesto economico - ricavi da produzione di
energia
Il Piano Economico Finanziario - PEF - prevede che l’energia elettrica
prodotta sarà ceduta ad un prezzo stimato sulla base delle attuali proiezioni di
mercato già prese a riferimento nella valutazione di altri progetti nel settore
energia. All’interno di tale Piano il prezzo di cessione dell’energia elettrica
rappresenta un ricavo e può quindi andare ad incidere sulla tariffa di
conferimento del rifiuto, che è il costo pagato dai cittadini.
Grazie all’incentivazione, ancorchè ridotta dal 2007, la tariffa di
conferimento del rifiuto risulta di ca. 96 €/t (comprensiva di contributi ed
ecotasse) che risulta competitiva se si considera che ad oggi il costo di
smaltimento in discarica comprensivo di ecotassa si aggira sui 119 €/t.
32. Produzione di energia
L’impianto di termovalorizzazione del Gerbido è progettato in modo da poter
fornire sia energia elettrica che energia termica:
Producibilità elettrica netta in assetto cogenerativo circa 300.000 MWh/
a; per soddisfare circa 150.000 utenze medie
Producibilità energia termica circa 140.000 MWh/anno; per soddisfare
circa 14.000 utenze medie
La produzione annua dell’impianto consente un risparmio di idrocarburi
convenzionali pari a:
Circa 75.000 TEP/a (tonnellate equivalenti di petrolio) in assetto solo
elettrico
34. Bilancio energetico di un chilo di
carta
(chilocalorie)
Potere calorifico 3.500
– Produzione - 6.000
– Riciclaggio - 2.400
– Termovalorizzazione + 910
35. QUALI DI QUESTI DUE
“COMBUSTIBILI” HA RICHIESTO PIU’
ENERGIA PER ESSERE PRODOTTO?
“non tutto quello che brucia è un buon combustibile”
36. • L’energia che si recupera termovalorizzando un
chilo di carta è nettamente inferiore a quella
necessaria per produrre la stessa quantità di carta
termodistrutta
37. Bilancio energetico di un chilo di
carta
Se un chilo di carta è riciclato,
invece che termovalorizzato,
si risparmiano
2.790 chilocalorie
38. I BILANCI ENERGETICI
CORRETTI
SI FANNO SULL’INTERA VITA
DEL PRODOTTO
(DALLA CULLA ALLA TOMBA)
40. Energia risparmiata gestendo
una tonnellata di MPC
(kcal)
• Termovalorizzazione 1.193.000
• Riciclaggio 4.234.000
(Denison, 1996)
41. LA REALTA’
N°1
Il rischio di “black out”
aumenta
se si preferisce
l’incenerimento al
riciclaggio
42. Leggenda o realtà?
N° 2
• Il rispetto dei limiti alle emissioni è
una garanzia di sicurezza per la
popolazione
43. La realtà N° 2
• Nessun impianto può operare se non rispetta
i limiti alle emissioni
• I limiti sono fissati in base alle migliori
tecnologie di disinquinamento disponibili al
momento dell’autorizzazione
• Anche gli inceneritori della penultima
generazione (oggi giudicati inquinanti)
rispettavano i limiti alle emissioni
allora in vigore
44. Altre realtà
• Gli inceneritori dell’ultima
generazione sono in grado di
rispettare concentrazioni di
inquinanti nei fumi più basse di
quelli della penultima generazione
• Ma sono più grandi e quindi
emettono più fumi
45. LA REALTA’
• L’inceneritore di Brescia, nel 1992, aveva una
capacità di
• 266.000 tonnellate/anno
• Nel 2004, realizzate nuove linee di combustione,
la capacità è di
• 700.000 tonnellate/anno
• La quantità di fumi (e di inquinanti)
emessi nel 2004 è aumentata nella
stessa proporzione
46. Volume fumi emessi
e quantità di rifiuti inceneriti
Tonnellate rifiuti metri cubi fumi /giorno
inceneriti/giorno
729 4.374.000
1.918 11.508.000
47. LA REALTA’
• Per i composti tossici
persistenti
(diossine, furani, PCB, IPA, metalli)
bisogna fissare limiti
alla
quantità emessa giornalmente
(e non alla concentrazione nei fumi)
48. Un possibile scenario
per l’impatto di diossine
(la persistenza)
• Ricaduta giornaliera al suolo:
• 10 picogrammi/metro quadrato
• Tempo di dimezzamento delle diossine
nel suolo:
• 5 anni
49. Un possibile scenario
per l’impatto di diossine
(la persistenza)
tempo Picogrammi/m2
1 giorno 10
1 anno 3.422
5 anni 13.164
10 anni 19.746
15 anni 23.038
20 anni 24.683
50. Diossine e bio-accumulo
(campioni di latte a confronto)
Diossine nel latte
(picogrammi/grammo di grasso)
Mucche tedesche 0.7
Mucche belghe 0,6
Mucche belghe con 4.5
inceneritore
Mamme svedesi 18
Mamme tedesche 41
Mamme New York 189
51. Quantità di “diossine”
che emetterà giornalmente
il termovalorizzatore di Acerra
(valore garantito)
548.000.000 picogrammi
53. La quantità di diossine che sarà
giornalmente emessa dal
termovalorizzatore di Acerra, equivale alla
dose giornalmente tollerabile per:
3.914.000 persone adulte
• La popolazione di Acerra è di
44.412 abitanti
55. Le diossine sono una classe di composti organici
aromatici clorurati la cui struttura consiste di due anelli
benzenici legati da due atomi di ossigeno e con legati uno
o più atomi di cloro.
Figura 1. formula di struttura delle diossine
56. Come vengono prodotte
Le diossine non esistono pure in natura ma vengono
generate come sottoprodotti non voluti di numerosi
processi di produzione, utilizzazione e smaltimento
del cloro e dei suoi derivati. Le emissioni industriali di
diossine possono essere trasportate per grandi
distanze dalle correnti atmosferiche, e, in misura
minore, dai fiumi e dalle correnti marine.
In base al più recente (1995) inventario delle
emissioni di diossine, le maggiori fonti industriali di
diossine in Europa , in grado di coprire il 62% delle
diossine immesse in atmosfera, sono:
57. • Inceneritori per rifiuti urbani (26%)
• Fonderie (18%)
• Inceneritori rifiuti ospedalieri (14%)
• Attività metallurgiche diverse dal ferro (4%)
Il restante 38% è attribuito a:
• Impianti riscaldamento domestico a legna (legna
trattata)
• incendi
• Traffico
58. Tabella I
• Inceneritori rifiuti urbani 1641
• Fonderie 1125
• Riscaldamento domestico a legna 945
• Inceneritori rifiuti ospedalieri 816
• Conservazione legno 381
• Incendi 380
• Produzione metalli non ferrosi 136
• Trasporto veicolare non catalizzato 111
59. DOVE POSSIAMO
TROVARE LE DIOSSINE
Essendo principalmente prodotti della
combustione degli inceneritori,le diossine le
possiamo trovare ovunque nell’ambiente
(e nell’uomo) e quindi destano grosse
preoccupazioni.
60. Diossine nel terreno e nei sedimenti
E’ stato possibile studiare l’ accumulo progressivo di
diossine nel terreno analizzando un archivio di campioni
di suolo raccolti, a partire dal 1856 provenienti da un
campo mai adibito ad uso agricolo. Nel 1856 , in un chilo
di terreno raccolto in questo campo si potevano trovare
31 nanogrammi di diossine (un nanogrammo equivale ad
un milionesimo di milligrammo, mille volte più grande di
un pico grammo). Nei campioni raccolti negli anni
successivi le diossine aumentavano progressivamente
(1.2 % all’ anno), fino a raggiungere la concentrazione
massima nell’ 1986 (92 ng/kg).
61. Pertanto, in 130 anni, la contaminazione da diossine di
questo campo è aumentata del 300%, un risultato che
conferma come un terreno contaminato da diossine
resta tale molto a lungo, in quanto sono trascurabili
fenomeni di decontaminazione naturale.
Questi dati, relativi alla contaminazione di terreno e di
sedimenti sono stati interpretati come l’ effetto del
trasporto, a lunga distanza, di diossine prodotte da
attività industriali o di incenerimento.
La concentrazione di diossine in un terreno diminuisce
esponenzialmente man mano che ci allontaniamo dalla
fonte(es. un inceneritore).
62. Diossine nell’ erba
Anche l’ erba può essere contaminata dalla diossina.
Campioni d’ erba raccolti sistematicamente in
Inghilterra, nello stesso campo in cui si sono analizzate
le diossine nel terreno, hanno permesso di verificare
che per un intero secolo, dal 1860 al 1960, la
concentrazione di diossine è rimasta stabile e pari a
circa 12 ng/kg. Successivamente, nei campioni d’ erba
raccolti nello stesso campo, tra il 1961 ed il 1965 e in
quelli tra il 1976 e il 1980, si registravano due netti
aumenti della concentrazione di diossine, pari a 96 e 85
ng/kg . Questo aumento della concentrazione di
diossine pari a circa sette volte rispetto al valore
iniziale, era attribuito, rispettivamente, al maggior uso
di pesticidi clorurati e all’ aumento della quantità di
rifiuti inceneriti, fatti avvenuti in quello stesso periodo.
63. Diossine nel latte
Se l’ erba contaminata è mangiata da erbivori, le
diossine si trasferiscono dall’ erba ai tessuti grassi di
questi animali. In questo caso lo strato adiposo
funziona come "serbatoio" di diossine, da cui tali
sostanze sono "prelevate" durante l’allattamento, per
passare nel latte. Ovviamente questo fenomeno
riguarda tutti i mammiferi.
64. Diossine nell’uomo
Le diossine”bio-ingrandiscono”,nel senso che, tramite la catena
alimentare, passano da preda a predatore, concentrandosi nella
carne e nei prodotti caseari, per raggiungere infine l’uomo.
La quantità di diossine nell’ uomo è maggiore di tutti gli altri
mammiferi in quanto l’uomo è l’ ultimo tassello della catena
alimentare, quindi concentra le diossine nei propri grassi a livelli
maggiori di quelli che si trovano nel cibo con cui si alimenta, in
particolare latticini, carne e pesce.
Si può fare l’esempio di uno studio condotto sul latte delle mucche
tedesche e su quello delle mamme svedesi i risultati sono:
• mucche tedesche 2002 0.7 picogram/gr di grasso
• mamme svedesi 2003 18 picogram/gr di grass
65. Questa tabella evidenzia che la quantità di diossine nel
latte delle mamme svedesi è circa 25 volte più elevato
di quello che si trova nel latte delle mucche tedesche.
Tuttavia, le mamme non sono l’ ultimo anello della catena
alimentare a base di diossine, questo primato spetta ai
loro figli. Per questo motivo si ritiene che la quantità
maggiore di diossine che si assimila nel corso della vita
sia proprio quella ricevuta attraverso l’ allattamento al
seno materno .
INCENERITORE TERRENO ERBA
UOMO ERBIVORI
66. EFFETTI DELLE
DIOSSINE
L'esposizione dell'uomo alle diossine ha luogo quasi
esclusivamente attraverso l'assunzione di cibo,
soprattutto carne, pesce e latticini. In casi di esposizione
di soggetti a concentrazioni particolarmente elevate di
diossine (ad esempio per esposizione accidentale o sul
lavoro), si è potuto constatare la capacità di questi
composti a ridurre la fertilità, le capacità di sviluppo e
quelle di immunodifesa oltre che l'insorgenza di tumori. I
risultati di recenti studi dimostrano che le concentrazioni
di diossine nei tessuti umani nella popolazione, in
particolare dei paesi industrializzati,
hanno già raggiunto o quasi livelli ai quali si possono
verificare effetti negativi sulla salute.
67. Le più recenti ricerche sugli effetti delle diossine sugli
organismi viventi includono :
• elevata sensibilità degli embrioni e dei feti di pesci,
uccelli, mammiferi e uomo agli effetti tossici delle
diossine.Per quanto riguarda l'uomo, gli effetti sullo
sviluppo, osservati dopo un'esposizione accidentale
elevata, comprendono: mortalità prenatale,
riduzione della crescita, disfunzione di organi quali
il sistema nervoso centrale (ad esempio, danni allo
sviluppo intellettivo), alterazioni funzionali, ivi
inclusi effetti sul sistema riproduttivo maschile.