SlideShare una empresa de Scribd logo
1 de 2
numero 131 gennaio/febbraio 2012 8
attualità
Fisionomia dell’export bio italiano
La Fondazione Italiana per la
Ricerca in Agricoltura Biologica
e Biodinamica ha svolto per
conto dell’ISMEA un’indagine
sull’export intra UE del biologico
italiano. Comprenderne
caratteristiche e dimensioni,
a partire dal principale sbocco
di mercato costituito dalla
Germania, può essere utile
anche per meglio reagire
al danno di immagine causato
dalla grande truffa emersa
a fine 2011.
Il mercato biologico italiano è stato
scosso dallo scandalo della truffa legata
a false certificazioni e fatturazioni di ini-
zio dicembre 2011. Dopo il caos sui
mercati creatosi nei giorni immediata-
mente successivi alla notizia dello scan-
dalo, le ripercussioni negative hanno
fatto sì che gli importatori esteri abbiano
mantenuto alta la guardia sulla sicu-
rezza del biologico italiano, colpendo
anche indirettamente tutte quelle
aziende dell’agroalimentare italiano bio,
la maggior parte, che lavorano nel ri-
spetto delle regole e offrono da sempre
garanzie di qualità ai loro clienti.
A fronte di una debolezza dei consumi
interni di prodotti biologici, nonostante
la recente crescita della spesa domestica
in prodotti biologici (quelli confezionati
sono cresciuti dell’11,6% in valore nel
2010, dati ISMEA), mettere a repentaglio
con un malaffare l’importante canale di
commercializzazione offerto dall’espor-
tazione del biologico nostrano può in-
di Alba Pietromarchi
durre a confermare cliché di inaffidabilità
del nostro sistema Paese. A maggior ra-
gione se ricordiamo che l’Italia nasce nel
biologico come Paese esportatore.
Tuttora la domanda interna è, seppure
in espansione in questi anni, ancora de-
bole rispetto a Paesi quali Francia e
Germania, caratterizzati da forti poten-
zialità commerciali del biologico. Orto-
frutta e prodotti tipici, come olio, vino,
pasta o prodotti da forno, rappresen-
tano l’asse portante dell’export bio. Tutti
comparti che registrano una domanda
in crescita per prodotti con forti valenze
salutistiche, di sostenibilità, di qualità,
ma anche di gusto e valore nutrizionale.
Prodotti che fanno da traino a un’ampia
gamma di alimenti meno conosciuti al-
l’estero perché meno connotati in
chiave di made in Italy.
All’interno dell’Unione Europea i mercati
principali sono quelli consolidati di Ger-
mania, Francia e Gran Bretagna, ma si
rivelano dinamici anche quelli di Dani-
marca, Paesi Bassi, Austria, Belgio e dei
Paesi scandinavi. La Svizzera spicca
quale importante opzione di esporta-
zione tra gli europei non-UE, USA e
Giappone sono i Paesi Terzi più consoli-
dati, mentre Cina, Russia, America Latina
(in particolare Brasile e Argentina) rap-
presentano i maggiori mercati emergenti.
Il principale Paese di sbocco per le
esportazioni di prodotti biologici italiani
è da sempre quello tedesco caratteriz-
zato dal più alto fatturato europeo per il
settore biologico, con 5,8 miliardi di
euro nel 2009 cresciuti a 5,9 miliardi di
euro nel 2010, nonostante il rallenta-
mento causato dalla crisi economica.
L’ortofrutta, sia fresca che trasformata,
è la prima voce commerciale del bio ita-
liano commercializzato in Germania,
Paese che importa l’80% della frutta
fresca, in gran parte nostrana. Tra la
frutta bio italiana esportata in terra te-
desca spiccano per volumi venduti le
mele, soprattutto dall’Alto Adige, e gli
9
agrumi dalla Sicilia. Anche kiwi, pere,
pesche, nettarine e molti ortaggi, tra cui
carote, pomodori, zucchine e cavolfiori,
trovano spazio su quei mercati. Lo
stesso dicasi per l’uva da tavola biolo-
gica, diventata una voce importante del
nostro export verso la Germania.
Va apprezzato il dato significativo relativo
ai grandi volumi trattati dai maggiori
clienti tedeschi, volumi che consentono
un abbattimento dei costi tale da poter
godere di prezzi competitivi per il con-
sumatore e remunerativi per il produttore.
L’ortofrutta e la frutta fresca bio made in
Italy in Germania, pur soffrendo rispetti-
vamente la competizione di altri Paesi
UE, come la Spagna e l’Olanda, e di Stati
del Centro e Sud America, come Costa
Rica e Ecuador, ha infatti sempre attirato
i consumatori tedeschi sia per le minori
distanze coperte dagli alimenti, che per
la qualità intrinseca garantita.
Nel caso dell’ortofrutta, dunque, la Ger-
mania resta un punto di riferimento, cui
seguono Regno Unito, Belgio, Paesi
Bassi, Danimarca e Austria mentre emer-
gono sempre più i Paesi scandinavi; tra
gli Stati europei extra UE, invece, è sem-
pre rilevante l’export verso la Svizzera.
La Germania è un mercato che offre di-
verse possibilità di posizionare i nostri
prodotti biologici. Questo è dovuto a
più fattori: la moderna distribuzione ha
fatto scelte molto significative sul bio-
logico; i negozi specializzati sono molto
evoluti; la domanda interna è in forte
crescita e la produzione agroalimentare
biologica tedesca non sembra in grado
di soddisfare tale richiesta.
Uno spazio ulteriore di mercato si è
aperto nel 2010 a causa dello scandalo
relativo alle contaminazioni di diossina
che ha investito il comparto delle uova
tedesche, portando molti consumatori
d’oltralpe a orientare i propri acquisti
verso prodotti biologici di qualità. Ne
hanno particolarmente beneficiato i pro-
dotti nostrani, contraddistinti anche
come made in Italy. Le ripercussioni
dello scandalo della maxitruffa che in
dicembre ha coinvolto il bio italiano po-
trebbe rappresentare un pesante rove-
scio della medaglia.
Le aziende storiche del bio che indiriz-
zano una parte delle loro vendite sui
mercati esteri scelgono soprattutto il
commercio alimentare al dettaglio, men-
tre le imprese che si sono affacciate al
mercato estero negli anni più recenti
utilizzano i distributori finali della Grande
Distribuzione Organizzata (GDO); in par-
ticolare stanno emergendo i maggiori
gruppi di discount, che in Germania
sono in grado di condizionare tutta la
grande distribuzione, avendo ormai rag-
giunto il 55% del mercato.
Le ditte che accedono al canale della
GDO estera sono generalmente aziende
‘modello’, soprattutto ortofrutticole, oli-
vicole, viticole e di trasformazione che,
forti anche delle dimensioni tendenzial-
mente elevate, riescono a garantire qua-
lità e assortimenti. Molte volte si tratta
di realtà che fanno ‘rete’ tra produttori
in questo modo aumentando le aree
coltivate, differenziando le produzioni,
offrendo prodotti più rispondenti al gusto
dei consumatori di Paesi terzi.
Seppure la vendita all’estero per opera
di imprese di maggiori dimensioni rap-
presenti il grosso del valore delle espor-
tazioni, dai nostri studi emerge come
non sia comunque tanto la dimensione
aziendale quanto la cultura d’impresa a
indicare una maggiore propensione al-
l’export. Quella cultura d’impresa che
caratterizza i produttori più attivi nel
mercato, più portati all’innovazione, con
disponibilità ad associarsi e a coope-
rare, nonché con capacità di comuni-
cazione che si traducono in abilità com-
merciali.

Más contenido relacionado

Más de Firab

Firab aiab biodomenica_13
Firab aiab biodomenica_13Firab aiab biodomenica_13
Firab aiab biodomenica_13Firab
 
L'Italia bio nel 2012
L'Italia bio nel 2012L'Italia bio nel 2012
L'Italia bio nel 2012Firab
 
Conferenze su Agroecologia nel quadro in un'agenda trasformativa su cibo e ag...
Conferenze su Agroecologia nel quadro in un'agenda trasformativa su cibo e ag...Conferenze su Agroecologia nel quadro in un'agenda trasformativa su cibo e ag...
Conferenze su Agroecologia nel quadro in un'agenda trasformativa su cibo e ag...Firab
 
Workshop Internazionale sulla Democratizzazione della Ricerca Agricola. Fores...
Workshop Internazionale sulla Democratizzazione della Ricerca Agricola. Fores...Workshop Internazionale sulla Democratizzazione della Ricerca Agricola. Fores...
Workshop Internazionale sulla Democratizzazione della Ricerca Agricola. Fores...Firab
 
Contributo aiab firab su horizon 2020
Contributo aiab firab su horizon 2020Contributo aiab firab su horizon 2020
Contributo aiab firab su horizon 2020Firab
 
INDAGINE SUI CENTRI SPERIMENTALI E DI TRASFERIMENTO DELL’INNOVAZIONE IN AGRIC...
INDAGINE SUI CENTRI SPERIMENTALI E DI TRASFERIMENTO DELL’INNOVAZIONE IN AGRIC...INDAGINE SUI CENTRI SPERIMENTALI E DI TRASFERIMENTO DELL’INNOVAZIONE IN AGRIC...
INDAGINE SUI CENTRI SPERIMENTALI E DI TRASFERIMENTO DELL’INNOVAZIONE IN AGRIC...Firab
 
Invito conferenza cgil firab e legambiente 2 marzo 2012
Invito conferenza cgil firab e legambiente 2 marzo 2012Invito conferenza cgil firab e legambiente 2 marzo 2012
Invito conferenza cgil firab e legambiente 2 marzo 2012Firab
 
Lettera a istat su censimento agricolo e bio
Lettera a istat su censimento agricolo e bioLettera a istat su censimento agricolo e bio
Lettera a istat su censimento agricolo e bioFirab
 
EFSA: 10 anni discutibili
EFSA: 10 anni discutibiliEFSA: 10 anni discutibili
EFSA: 10 anni discutibiliFirab
 
Workshop Internazionale di St. Ulrich sulla Democratizzazione della Ricerca A...
Workshop Internazionale di St. Ulrich sulla Democratizzazione della Ricerca A...Workshop Internazionale di St. Ulrich sulla Democratizzazione della Ricerca A...
Workshop Internazionale di St. Ulrich sulla Democratizzazione della Ricerca A...Firab
 
Si stringe la cinghia ma non sulla sana alimentazione
Si stringe la cinghia ma non sulla sana alimentazioneSi stringe la cinghia ma non sulla sana alimentazione
Si stringe la cinghia ma non sulla sana alimentazioneFirab
 
Bio in cifre 2011
Bio in cifre 2011Bio in cifre 2011
Bio in cifre 2011Firab
 

Más de Firab (12)

Firab aiab biodomenica_13
Firab aiab biodomenica_13Firab aiab biodomenica_13
Firab aiab biodomenica_13
 
L'Italia bio nel 2012
L'Italia bio nel 2012L'Italia bio nel 2012
L'Italia bio nel 2012
 
Conferenze su Agroecologia nel quadro in un'agenda trasformativa su cibo e ag...
Conferenze su Agroecologia nel quadro in un'agenda trasformativa su cibo e ag...Conferenze su Agroecologia nel quadro in un'agenda trasformativa su cibo e ag...
Conferenze su Agroecologia nel quadro in un'agenda trasformativa su cibo e ag...
 
Workshop Internazionale sulla Democratizzazione della Ricerca Agricola. Fores...
Workshop Internazionale sulla Democratizzazione della Ricerca Agricola. Fores...Workshop Internazionale sulla Democratizzazione della Ricerca Agricola. Fores...
Workshop Internazionale sulla Democratizzazione della Ricerca Agricola. Fores...
 
Contributo aiab firab su horizon 2020
Contributo aiab firab su horizon 2020Contributo aiab firab su horizon 2020
Contributo aiab firab su horizon 2020
 
INDAGINE SUI CENTRI SPERIMENTALI E DI TRASFERIMENTO DELL’INNOVAZIONE IN AGRIC...
INDAGINE SUI CENTRI SPERIMENTALI E DI TRASFERIMENTO DELL’INNOVAZIONE IN AGRIC...INDAGINE SUI CENTRI SPERIMENTALI E DI TRASFERIMENTO DELL’INNOVAZIONE IN AGRIC...
INDAGINE SUI CENTRI SPERIMENTALI E DI TRASFERIMENTO DELL’INNOVAZIONE IN AGRIC...
 
Invito conferenza cgil firab e legambiente 2 marzo 2012
Invito conferenza cgil firab e legambiente 2 marzo 2012Invito conferenza cgil firab e legambiente 2 marzo 2012
Invito conferenza cgil firab e legambiente 2 marzo 2012
 
Lettera a istat su censimento agricolo e bio
Lettera a istat su censimento agricolo e bioLettera a istat su censimento agricolo e bio
Lettera a istat su censimento agricolo e bio
 
EFSA: 10 anni discutibili
EFSA: 10 anni discutibiliEFSA: 10 anni discutibili
EFSA: 10 anni discutibili
 
Workshop Internazionale di St. Ulrich sulla Democratizzazione della Ricerca A...
Workshop Internazionale di St. Ulrich sulla Democratizzazione della Ricerca A...Workshop Internazionale di St. Ulrich sulla Democratizzazione della Ricerca A...
Workshop Internazionale di St. Ulrich sulla Democratizzazione della Ricerca A...
 
Si stringe la cinghia ma non sulla sana alimentazione
Si stringe la cinghia ma non sulla sana alimentazioneSi stringe la cinghia ma non sulla sana alimentazione
Si stringe la cinghia ma non sulla sana alimentazione
 
Bio in cifre 2011
Bio in cifre 2011Bio in cifre 2011
Bio in cifre 2011
 

Fisionomia dell'export bio italiano

  • 1. numero 131 gennaio/febbraio 2012 8 attualità Fisionomia dell’export bio italiano La Fondazione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica e Biodinamica ha svolto per conto dell’ISMEA un’indagine sull’export intra UE del biologico italiano. Comprenderne caratteristiche e dimensioni, a partire dal principale sbocco di mercato costituito dalla Germania, può essere utile anche per meglio reagire al danno di immagine causato dalla grande truffa emersa a fine 2011. Il mercato biologico italiano è stato scosso dallo scandalo della truffa legata a false certificazioni e fatturazioni di ini- zio dicembre 2011. Dopo il caos sui mercati creatosi nei giorni immediata- mente successivi alla notizia dello scan- dalo, le ripercussioni negative hanno fatto sì che gli importatori esteri abbiano mantenuto alta la guardia sulla sicu- rezza del biologico italiano, colpendo anche indirettamente tutte quelle aziende dell’agroalimentare italiano bio, la maggior parte, che lavorano nel ri- spetto delle regole e offrono da sempre garanzie di qualità ai loro clienti. A fronte di una debolezza dei consumi interni di prodotti biologici, nonostante la recente crescita della spesa domestica in prodotti biologici (quelli confezionati sono cresciuti dell’11,6% in valore nel 2010, dati ISMEA), mettere a repentaglio con un malaffare l’importante canale di commercializzazione offerto dall’espor- tazione del biologico nostrano può in- di Alba Pietromarchi durre a confermare cliché di inaffidabilità del nostro sistema Paese. A maggior ra- gione se ricordiamo che l’Italia nasce nel biologico come Paese esportatore. Tuttora la domanda interna è, seppure in espansione in questi anni, ancora de- bole rispetto a Paesi quali Francia e Germania, caratterizzati da forti poten- zialità commerciali del biologico. Orto- frutta e prodotti tipici, come olio, vino, pasta o prodotti da forno, rappresen- tano l’asse portante dell’export bio. Tutti comparti che registrano una domanda in crescita per prodotti con forti valenze salutistiche, di sostenibilità, di qualità, ma anche di gusto e valore nutrizionale. Prodotti che fanno da traino a un’ampia gamma di alimenti meno conosciuti al- l’estero perché meno connotati in chiave di made in Italy. All’interno dell’Unione Europea i mercati principali sono quelli consolidati di Ger- mania, Francia e Gran Bretagna, ma si rivelano dinamici anche quelli di Dani- marca, Paesi Bassi, Austria, Belgio e dei Paesi scandinavi. La Svizzera spicca quale importante opzione di esporta- zione tra gli europei non-UE, USA e Giappone sono i Paesi Terzi più consoli- dati, mentre Cina, Russia, America Latina (in particolare Brasile e Argentina) rap- presentano i maggiori mercati emergenti. Il principale Paese di sbocco per le esportazioni di prodotti biologici italiani è da sempre quello tedesco caratteriz- zato dal più alto fatturato europeo per il settore biologico, con 5,8 miliardi di euro nel 2009 cresciuti a 5,9 miliardi di euro nel 2010, nonostante il rallenta- mento causato dalla crisi economica. L’ortofrutta, sia fresca che trasformata, è la prima voce commerciale del bio ita- liano commercializzato in Germania, Paese che importa l’80% della frutta fresca, in gran parte nostrana. Tra la frutta bio italiana esportata in terra te- desca spiccano per volumi venduti le mele, soprattutto dall’Alto Adige, e gli
  • 2. 9 agrumi dalla Sicilia. Anche kiwi, pere, pesche, nettarine e molti ortaggi, tra cui carote, pomodori, zucchine e cavolfiori, trovano spazio su quei mercati. Lo stesso dicasi per l’uva da tavola biolo- gica, diventata una voce importante del nostro export verso la Germania. Va apprezzato il dato significativo relativo ai grandi volumi trattati dai maggiori clienti tedeschi, volumi che consentono un abbattimento dei costi tale da poter godere di prezzi competitivi per il con- sumatore e remunerativi per il produttore. L’ortofrutta e la frutta fresca bio made in Italy in Germania, pur soffrendo rispetti- vamente la competizione di altri Paesi UE, come la Spagna e l’Olanda, e di Stati del Centro e Sud America, come Costa Rica e Ecuador, ha infatti sempre attirato i consumatori tedeschi sia per le minori distanze coperte dagli alimenti, che per la qualità intrinseca garantita. Nel caso dell’ortofrutta, dunque, la Ger- mania resta un punto di riferimento, cui seguono Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Danimarca e Austria mentre emer- gono sempre più i Paesi scandinavi; tra gli Stati europei extra UE, invece, è sem- pre rilevante l’export verso la Svizzera. La Germania è un mercato che offre di- verse possibilità di posizionare i nostri prodotti biologici. Questo è dovuto a più fattori: la moderna distribuzione ha fatto scelte molto significative sul bio- logico; i negozi specializzati sono molto evoluti; la domanda interna è in forte crescita e la produzione agroalimentare biologica tedesca non sembra in grado di soddisfare tale richiesta. Uno spazio ulteriore di mercato si è aperto nel 2010 a causa dello scandalo relativo alle contaminazioni di diossina che ha investito il comparto delle uova tedesche, portando molti consumatori d’oltralpe a orientare i propri acquisti verso prodotti biologici di qualità. Ne hanno particolarmente beneficiato i pro- dotti nostrani, contraddistinti anche come made in Italy. Le ripercussioni dello scandalo della maxitruffa che in dicembre ha coinvolto il bio italiano po- trebbe rappresentare un pesante rove- scio della medaglia. Le aziende storiche del bio che indiriz- zano una parte delle loro vendite sui mercati esteri scelgono soprattutto il commercio alimentare al dettaglio, men- tre le imprese che si sono affacciate al mercato estero negli anni più recenti utilizzano i distributori finali della Grande Distribuzione Organizzata (GDO); in par- ticolare stanno emergendo i maggiori gruppi di discount, che in Germania sono in grado di condizionare tutta la grande distribuzione, avendo ormai rag- giunto il 55% del mercato. Le ditte che accedono al canale della GDO estera sono generalmente aziende ‘modello’, soprattutto ortofrutticole, oli- vicole, viticole e di trasformazione che, forti anche delle dimensioni tendenzial- mente elevate, riescono a garantire qua- lità e assortimenti. Molte volte si tratta di realtà che fanno ‘rete’ tra produttori in questo modo aumentando le aree coltivate, differenziando le produzioni, offrendo prodotti più rispondenti al gusto dei consumatori di Paesi terzi. Seppure la vendita all’estero per opera di imprese di maggiori dimensioni rap- presenti il grosso del valore delle espor- tazioni, dai nostri studi emerge come non sia comunque tanto la dimensione aziendale quanto la cultura d’impresa a indicare una maggiore propensione al- l’export. Quella cultura d’impresa che caratterizza i produttori più attivi nel mercato, più portati all’innovazione, con disponibilità ad associarsi e a coope- rare, nonché con capacità di comuni- cazione che si traducono in abilità com- merciali.