1. L’Italia bio nel 2012
L’agricoltura biologica in Italia, nel 2012, ha registrato, sulla base dei dati Sinab, una crescita delle superfici
coltivate del 6,4% su base annua, che interessano 1.167.362 ettari di territorio agricolo italiano; nello stesso
anno, gli operatori bio sono cresciuti del 3% rispetto al 2011. Dei 49.709 operatori biologici certificati, la
quota prevalente è costituita dai produttori, 40.146 coltivatori agricoli e zootecnici, pari all’81% (figura 1);
5.597 sono preparatori (comprese le aziende che effettuano attività di vendita al dettaglio); 3.669 sono
aziende che effettuano sia attività di produzione che di preparazione e 297 sono operatori che effettuano
anche attività di importazione.
Tale andamento ha permesso, dopo il calo registrato nel 2009 e 2010, di riposizionare il numero di
operatori bio quasi ai livelli del 2007 (figura 2). La riapertura dei bandi dei Piani di Sviluppo Rurale PSR che si
è avuta molte Regioni ha sicuramente influenzato la crescita del settore in termini di numero di operatori e
di superfici destinate al bio.
Fonte: elaborazioni Firab su dati Sinab
Produttoriesclusivi;
40.146; 81%
Preparatori
esclusivi; 5.597;
11%
Produttori
/Preparatori; 3.669;
7%
Prod / Prep / Imp;
297; 1%
Figura 1: Distribuzionedegli operatori bio per
attività nel 2012
Fonte:elaborazioniFirabsudatiSinab
46.000
46.500
47.000
47.500
48.000
48.500
49.000
49.500
50.000
50.500
2007 2008 2009 2010 2011 2012
50.276
49.654
48.509
47.663
48.269
49.709
Figura 2: Andamentodel numero di
aziende bio, 2007-2012
2. L’Italia bio nel 2012
Principalmente dedicata soprattutto alla coltivazione di seminativi, oltre 506 mila ettari di cereali, legumi
secchi, piante da radice, colture foraggere, e ai prati e pascoli utilizzati per il comparto zootecnico, che
rappresentano insieme il 61% della superficie ad agricoltura biologica nel 2012 (figure 3 e 4).
Seguono le superfici coltivate ad olivicoltura e viticoltura, con 164.488 ha di oliveti e 57.347 ha di vigneti,
una estensione che porta l’Italia tra i maggiori produttori al mondo, ma anche le superfici a coltivazioni
permanenti, come i frutteti da zona temperata e subtropicale, i piccoli frutti, la frutta in guscio e gli agrumi.
*agli ortaggi sono accorpate le voci “fragole” e “funghi coltivati”;
**la frutta comprende frutta da zona temperata e subtropicale, piccoli frutti e frutta in guscio;
Fonte: elaborazioni Firab su dati Sinab
Seminativi (cereali,
colture foraggere e
altre); 506.157; 43%
Ortaggi*; 21.336; 2%
Frutta**; 53.104; 5%
Agrumi; 25.340; 2%
Vite; 57.347; 5%
Olivo; 164.488; 14%
Altro 6.386; 0,5%
Pratie pascoli;
205.156; 18%
Pascolo magro;
85.545; 7%
Terreno a riposo;
42.504; 4%
Figura 3: Distribuzioneper tipologia colturale bio,
per SAU (in ha)nel 2012
Cereali; 210.543;
42%
Colture proteiche,
leguminose, da
granella; 20.837; 4%
Colture industriali;
13.568; 3%
Altre colture da
seminativi; 6.206;
1%
Colture foraggere;
255.003; 50%
Figura 4: Distribuzioneper SAU bio (in ha) per
coltivazionida seminativi nel 2012
Fonte: elaborazione Firab su dati Sinab
506.157 ha coltivati a
seminativi bionel 2012
3. L’Italia bio nel 2012
Per le produzioni animali, distinte sulla base delle principali specie allevate, i dati Sinab evidenziano rispetto
allo scorso anno un aumento consistente, in particolare per i suini (+32,2% del numero di capi) e per le api
(+29,2% del numero di arnie).
Anche i dati provenienti dal mercato confermano l’ottima performance del settore bio.
Secondo i dati del Panel delle famiglie Ismea/GFK-Eurisko, infatti, i consumi domestici di prodotti biologici
confezionati nella GDO sono cresciuti nel 2012 del 7,3% in valore, dopo l’incremento del 9% circa del 2011.
Il carrello della spesa è particolarmente ricco di frutta e ortaggi, sia freschi che trasformati (30,5% sul valore
totale dei prodotti biologici confezionati acquistati nel 2012), di prodotti lattiero-caseari (22,6%), di uova
(12,5%), biscotti, dolciumi e snack (9,4%), pasta, riso e sostituti del pane (8,3%), meno di carni fresche e
trasformate (2%). Frutta e verdura prevalentemente al Centro, mentre un italiano su 7 ha ridotto il
consumo di carne.
Tre italiani su quattro consumano prodotti bio e sono mediamente residenti al Nord Ovest, in piccoli centri,
mentre si registra, dal 2011, un crescente avvicinamento al biologico da parte del consumatore del Centro-
Sud, i cui acquisti sono notoriamente più contenuti.
I prodotti biologici arrivano ai consumatori attraverso una molteplicità di canali commerciali,
principalmente attraverso GDO e negozi specializzati; nel 2012 boom di vendite tramite discount (+25,5%,
dati Ismea). Stanno prendendo sempre più piede i canali di vendita alternativi, mettendo in luce come le
scelte dei consumatori, in un periodo di crisi, siano indirizzate verso canali di acquisto che presentano un
più equo processo di determinazione dei prezzi dei prodotti acquistati. Incrementi significativi per numero
assoluto degli operatori della filiera corta (dati BioBank 2013): negli ultimi cinque anni, +44% gli spacci
aziendali (2.795 nel 2012), +86% i gruppi d'acquisto solidale (891), +31% gli agriturismi (1.541), +13% i
mercatini (+ 234), +60% i siti di e-commerce (130), +51% sia i ristoranti (301) che le mense scolastiche
(1.196). Forte presenza di giovani e sviluppo di una cultura del “fare rete” tra aziende agricole, anche per
completare la gamma dei prodotti freschi o trasformati. La vendita diretta potrebbe rendere più
“accessibile” il prodotto bio a tutti andando a erodere quella barriera culturale e di prezzo che
probabilmente è ancora troppo sentita in Italia, tanto da far avere una posizione di secondo piano al
consumatore italiano di prodotti biologici rispetto a quello d’Oltralpe.
Perché se il cliente finale realmente riuscisse a percepire che cosa c’è dietro il prodotto biologico non
avrebbe esitazioni su cosa consumare. In tal senso la filiera corta, oltre ad essere la via più efficace per
riconquistare da parte dei produttori la giusta quota di valore aggiunto, permette di stabilire un rapporto
diretto con i consumatori e di comunicare con loro, di specificare la qualità e la specificità e la qualità del
prodotto.
In conclusione, nel 2012, con quasi 50mila operatori e oltre il milione di ettari di terreno coltivati, il mercato
del biologico italiano vale 3 miliardi di euro, facendo dell’Italia una delle protagoniste del settore a livello
mondiale ed in particolare a livello europeo (si colloca al quarto posto, dopo Germania, Francia e Regno
Unito). Peraltro, l’Italia ha presentato in questi ultimi anni un andamento del mercato bio più favorevole
rispetto a importanti nazioni, registrando soprattutto performance superiori a quelle di Germania, Regno
Unito, Stati Uniti e Svizzera.
Emerge, però, ancora una debolezza sul fronte del mercato interno: la quota del bio sul totale delle vendite
agroalimentari è del 2% risentendo di una spesa pro-capite per prodotti biologici ancora non troppo elevata
rispetto ad altri Paesi europei (quali ad esempio la Svizzera e la Danimarca); diversamente l’Italia continua a
primeggiare tra i principali Paesi esportatori di prodotti bio, con vendite stimate di circa 1 miliardo di euro.