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S&T-2001
Giornata di Studio - Workshop
Dipartimento di Ingegneria Civile,
Università degli Studi di Firenze
16 Marzo 2001
Firenze, Italia
MODELLI STRUT-AND-TIE EMERGENTI DALL’OTTIMIZZAZIONE
TOPOLOGICA EVOLUTIVA DI STRUTTURE COMPOSITE
Fabio Biondini
Dipartimento di Ingegneria Strutturale, Politecnico di Milano
e−mail: biondini@stru.polimi.it
Franco Bontempi
Dipartimento di Ingegneria Strutturale e Geotecnica, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
e−mail: franco.bontempi@uniroma1.it
Pier Giorgio Malerba
Dipartimento di Ingegneria Civile, Università degli Studi di Udine
e−mail: piergiorgio.malerba@dic.uniud.it
Parole chiave: Strutture in c.a., ricerca di modelli Strut-and-Tie, ottimizzazione evolutiva.
Abstract.
The problem in searching for optimal structural schemes by means of evolutionary
procedures called ESO (Evolutionary Structural Optimisation) is considered. Such
procedures operate on the basis of the general heuristic principle that by slowly removing
regions of inefficient material, belonging to a given over-designed structure, its shape and
topology evolve toward an optimal configuration. In this work, after the evolutionary
principles and the algorithms on which the method is based have been recalled, the ESO
procedures for homogeneous structures are extended to the case of structures composed
by several materials and applied to the identification of consistent Strut-and-Tie models
in reinforced concrete elements.
Sommario.
Si esamina il problema della ricerca di schemi strutturali ottimali mediante l’impiego di
procedure evolutive denominate ESO (Evolutionary Structural Optimisation). Queste
procedure operano in accordo con un principio generale di natura euristica in base al
quale, eliminando gradualmente porzioni di materiale inefficiente da un assegnata
struttura sovradimensionata, la forma e la topologia della struttura risultante evolvono
verso una configurazione ottimale. In questo lavoro, dopo aver richiamato i principi
evolutivi e gli algoritmi alla base del metodo, le procedure ESO per strutture omogenee
vengono estese al caso delle strutture composte da più materiali ed applicate
all’identificazione di modelli Strut-and-Tie consistenti in elementi di cemento armato.
Fabio Biondini, Franco Bontempi, Pier Giorgio Malerba
1. Introduzione
L’ottimizzazione strutturale ha conosciuto negli ultimi anni notevoli sviluppi e l’interesse
riguardo alle sue applicazioni pratiche sta progressivamente crescendo in molti settori
dell’ingegneria. Nel passato, la ricerca si è concentrata prevalentemente sulla natura matematica
del problema, cercando di adattare i metodi analitici e numerici disponibili alla soluzione di
determinate classi di problemi strutturali. Questo a causa della complessità del problema
matematico, spesso associato a funzioni non convesse e formulato con riferimento a grandezze
variabili di diversa natura, continua e discreta. Tali caratteristiche infatti, rendono in genere
ardua la soluzione del problema di ottimizzazione, soprattutto per la possibile presenza di punti di
estremo locale (Rao 1996). Queste difficoltà hanno di frequente portato ad una semplificazione,
spesso drastica, del modello strutturale, in modo che le ipotesi di base e le restrizioni necessarie
per l’applicabilità dei metodi di soluzione potessero essere soddisfatte. Un tale approccio
tuttavia, benché possa consentire una robusta formulazione del problema matematico, può a
volte condurre ad una eccessiva alterazione del problema iniziale, il quale non si identifica più
con il problema reale di partenza. La soluzione così ottenuta risulta quindi solo apparentemente
esatta, in quanto associata ad un problema diverso da quello che si intendeva risolvere. In
ambito ingegneristico nasce così l’esigenza di individuare delle procedure alternative a quelle
più classiche di impostazione prettamente matematica che consentano di mantenere una certa
generalità e accuratezza nella descrizione dei problemi reali, quindi anche molto complessi, e
conducano a soluzioni che si possano ritenere ragionevolmente prossime a quelle considerate
rigorosamente ottimali. Si perviene così a soluzioni in generale approssimate, ma associate al
problema strutturale effettivo e, quindi, di maggiore significato applicativo.
Proprio sulla base di queste considerazioni, a partire dai primi anni Novanta l’attenzione
si è spostata in maniera significativa dall’ambito strettamente matematico del problema verso
lo sviluppo di nuove metodologie di carattere essenzialmente numerico, seppure sempre
supportate da solide basi teoriche. In questo contesto, uno spazio rilevante è stato dedicato
alle tecniche di ottimizzazione di tipo evolutivo, in cui il processo di ricerca della soluzione
ottimale segue regole di tipo euristico basate su alcune analogie con i meccanismi di crescita e
sviluppo dei sistemi biologici. A differenza dei metodi classici, queste nuove strategie hanno
infatti evidenziato un elevato grado di efficienza per una vasta classe di problemi strutturali.
Nell’ambito di queste procedure numeriche, particolare rilievo assumono quelle finalizzate
all’ottimizzazione di forma e topologica di strutture continue. Queste procedure si rivelano in
genere molto utili soprattutto nella fase iniziale del processo progettuale, fase in cui avviene
generalmente la concezione dello schema strutturale (Baseggio et al. 2000, 2001). Operata infatti
la scelta dello schema, gli sviluppi progettuali successivi riguardano soltanto degli affinamenti
di una soluzione già delineata nei suoi tratti essenziali. La scelta dello schema comunque non
sempre implica la ricerca di forme ottimali. In alcuni casi infatti la configurazione geometrica
della struttura risulta già assegnata, mentre occorre definire degli opportuni schemi strutturali
per il progetto di alcune caratteristiche topologiche interne. È il caso ad esempio delle strutture
in cemento armato, per le quali la disposizione delle armature può essere dedotta dall’analisi
di opportuni modelli Strut-and-Tie (S&T), che ai fini della valutazione dei flussi di forza
interni alla struttura possono considerarsi costituiti da schemi a traliccio equilibrati (Schlaich
et al. 1987, Schlaich & Schäfer 1991). Dato che le strutture ottimali tendono in genere a
conformarsi proprio secondo schemi di tipo reticolare, il ricorso a queste tecniche può quindi
costituire un valido ausilio anche nella scelta dei modelli S&T. In questo contesto si possono
ad esempio collocare alcune proposte in letteratura per il riconoscimento semiautomatico dei
modelli S&T (Angotti & Spinelli 1995, Liang et al. 2000, Orlando et al. 2000).
S&T 2001, Firenze, 16 marzo 2001
Le tecniche di ottimizzazione richiamate sono in genere applicate a continui omogenei,
isotropi e a comportamento elastico lineare. Nella scelta di uno schema S&T adeguato occorre
comunque tenere conto anche di alcune condizioni di progetto, fra cui la consistenza del
modello con il flusso tensionale effettivo. Pertanto, anche se ai fini progettuali si fa in genere
riferimento alla situazione di esercizio, in genere ben rappresentata dai risultati di un’analisi
elastica lineare, nella ricerca di un modello S&T consistente occorre tenere conto anche della
natura composita del materiale. In questo lavoro si propone quindi una procedura evolutiva
che considera, seppure nell’ambito di un modello a comportamento elastico lineare, il caso di
strutture composite e composte da materiali aventi un comportamento asimmetrico in trazione
ed in compressione (Gambini 2000). Si fa in particolare riferimento a strutture in stato piano
di sforzo. Le tecniche di analisi si sviluppano nell'ambito del Metodo degli Elementi Finiti e
fanno riferimento alle proprietà interpolanti di un elemento triangolare a 6 nodi del tipo LST
(Linear Strain Triangle). La tecnica evolutiva si sviluppa come un’estensione delle procedure
denominate ESO, acronimo di Evolutionary Structural Optimisation (Xie & Steven 1993, 1994).
Queste procedure operano in accordo con un principio generale di natura euristica in base al
quale, eliminando gradualmente porzioni di materiale inefficiente da un assegnata struttura
sovradimensionata, la forma e la topologia della struttura risultante evolvono verso una
configurazione ottimale. È chiaro che il livello di ottimalità della soluzione così ottenuta
dipende sia dal criterio di efficienza, in genere riferito allo stato di sollecitazione del materiale,
sia dalla velocità del processo evolutivo. Nel seguito, dopo aver richiamato i principi evolutivi
e gli algoritmi alla base del metodo, si estendono le procedure ESO al caso delle strutture
composte da più materiali e si applicano all’identificazione di modelli S&T consistenti.
2. Procedure ESO per strutture omogenee e materiali simmetrici
Come già accennato, le procedure evolutive ESO (Evolutionary Structural Optimisation)
operano modificando la topologia di una assegnata struttura sovradimensionata attraverso la
graduale rimozione di porzioni di materiale considerato inefficiente (Xie & Steven 1993, 1994).
Si esamina dapprima il caso delle strutture omogenee. Dopo che la struttura iniziale è stata
suddivisa in elementi finiti, si esegue un’analisi strutturale e si confronta, all’interno di una
regione associata ad uno o più elementi finiti (unità minima di eliminazione), il valore di un
parametro rappresentativo della risposta strutturale, ad esempio la tensione di Von Mises
media VM
σ , con un’aliquota RR (Rejection Ratio) di un suo valore di riferimento, per esempio
la tensione massima sulla struttura VM
maxσ . Se in qualche unità il materiale non soddisfa questo
criterio di efficienza, ovvero se localmente risulta:
VMVM
RR maxσσ ≤ Criterio 1 (1)
la regione corrispondente viene eliminata dalla struttura degradando le proprietà costitutive del
materiale, tipicamente il modulo di Young. Il procedimento si ripete iterativamente fino al
raggiungimento di uno stato di stazionarietà (Steady State) in cui il criterio di efficienza
risulta soddisfatto in tutti gli elementi attivi. Per favorire la gradualità del processo evolutivo,
il parametro RR che determina la velocità del processo viene in genere fissato come segue:
SSAASSRR ⋅+= 10)( (2)
in cui 0A e 1A sono costanti numeriche e SS un contatore intero, inizialmente pari ad uno, che
si incrementa di una unità ogni volta che il processo raggiunge uno stato di stazionarietà.
Valori appropriati delle costanti numeriche sembrano essere 0A ≅ 0.0 and 1A ≅ 0.005. Spesso
Fabio Biondini, Franco Bontempi, Pier Giorgio Malerba
comunque il controllo della gradualità del processo richiede anche un limite sulla percentuale
RRM (Rate of Removed Material) di volume rimosso VREM rispetto al volume corrente V:
maxRRM
V
V
RRM REM
≤= (3)
Il criterio di efficienza così introdotto si riferisce al caso di una sola condizione di carico, ma
può chiaramente essere agevolmente esteso anche al caso di condizioni di carico multiple, ad
esempio eliminando il materiale solo se risulta inefficiente in tutte le condizioni di carico.
Ad ogni iterazione la procedura evolutiva modifica quindi la struttura corrente in modo
che la nuova configurazione possa essere considerata, perlomeno nei riguardi del criterio di
efficienza, migliore rispetto alle precedenti. Non sempre comunque i criteri che definiscono
l’efficienza del materiale coincidono con i criteri di progetto scelti per rappresentare la qualità
della soluzione. Osservando che in Natura le strutture tendono a conformarsi in modo da
minimizzare il lavoro compiuto dai carichi applicati, un parametro in genere rappresentativo
della qualità della soluzione è il seguente indice PSI (Performance Structural Index):
WV
WV
PSI
⋅
⋅
= 00
(4)
essendo W il lavoro per unità di volume V ed in cui il pedice 0 denota i valori riferiti alla
configurazione iniziale (Zhao et al. 1997). Anche questo indice fa riferimento ad una singola
condizione di carico. Per l’estensione al caso di condizioni di carico multiple si può ad esempio
considerare una media pesata degli indici PSIi
associati alle singole condizioni i=1,…,N:
∑
∑
∑
=
=
=
⋅=
⋅
=
N
i
i
iN
i
i
N
i
i
i
PSI
w
PSIw
PSI
1
1
1
ω (5)
Attraverso un monitoraggio dell’indice PSI, è così possibile individuare la soluzione ottimale
fra le diverse alternative che emergono dal processo evolutivo. Naturalmente, a seconda dei
requisiti di progetto, si possono definire altri indici di ottimalità significativi. Accanto a questi
indici poi, spesso è utile monitorare anche alcune grandezze rappresentative della risposta, ad
esempio per verificare il rispetto di vincoli progettuali sugli spostamenti o sulle tensioni.
Al fine di evidenziare le potenzialità delle procedure ESO, soprattutto nella fase iniziale
del processo progettuale in cui avviene la concezione dello schema strutturale, si considera ora
un problema di particolare interesse applicativo (Baseggio et al. 2000, 2001). Si vuole definire la
morfologia ottimale di una struttura da ponte soggetta a sei condizioni di carico (Ito 1996).
Come dati di progetto si fissano la luce da superare, la posizione dell’impalcato, il numero e
la posizione dei vincoli a terra, la presenza di uno spazio libero per la navigazione. Di queste
restrizioni si tiene conto nella scelta della struttura iniziale sovradimensionata. Su questa
struttura si dispongono inoltre due piloni assialmente rigidi per favorire l’eventuale
attivazione di schemi strallati. La Fig. 1 mostra le caratteristiche geometriche, le condizioni di
vincolo e di carico, i vincoli di progetto e la struttura iniziale. In particolare, nella finestra A
sono riportate due configurazioni ottenute durante il processo evolutivo adottando il criterio di
efficienza introdotto (criterio 1). La seconda è in particolare associata ad un valore ottimale
dell’indice PSI. Come si può notare, dal processo evolutivo emerge uno schema ad arco
bilanciato, che in questo caso risulta quindi più efficiente rispetto ad una soluzione strallata.
S&T 2001, Firenze, 16 marzo 2001
DESIGN REQUIREMENTS
LOAD CONDITIONS
B/4 B/4 B/4 B/4
B/4
LC 1
LC 2
LC 3
LC 4
LC 5
LC 6
B
H=0.22B
B
H=0.22B
0.3 B 0.4 B 0.3 B
0.35H0.65B
t
DESIGN DOMAIN
NON DESIGN DOMAIN
EMPTY SPACE
FOR SHIPWAY
A
B
H=0.22B
0.3 B 0.4 B 0.3 B
0.35H0.65H
0.04 B 0.04 B
CRITERION 1
B
B
H=0.22B
0.3 B 0.4 B 0.3 B
0.35H0.65H
0.04 B 0.04 B
CRITERION 3
C
B
H=0.22B
0.3 B 0.4 B 0.3 B
0.35H0.65H
0.04 B 0.04 B
CRITERION 3
CRITERION 2
Figura 1. Alcune morfologie strutturali ottimali per una struttura da ponte.
Fabio Biondini, Franco Bontempi, Pier Giorgio Malerba
3. Procedure ESO per strutture omogenee e materiali asimmetrici
Il criterio di efficienza introdotto (criterio 1) è appropriato solo per materiali aventi un
comportamento simmetrico in trazione ed in compressione. Molti materiali esibiscono comunque
un comportamento asimmetrico, spesso associato a bassi valori di resistenza a trazione e/o a
compressione. In questi casi occorre quindi modificare il criterio di efficienza in modo da
limitare la presenza di materiale soggetto a stati di sforzo che possono risultare critici. Si
introduce a questo scopo il concetto di stato di sforzo prevalente (Guan et al. 1999). Con
riferimento alla Fig. 2, un materiale si considera prevalentemente teso (compresso) quando la
tensione principale massima (minima) è di trazione (compressione). Ad ogni passo evolutivo
il dominio Ω definito dalla struttura corrente può così essere suddiviso in due parti, ΩT e ΩC,
costituite da materiale prevalentemente teso e compresso, rispettivamente. Si controlla quindi
l’efficienza del materiale all’interno di queste partizioni adottando un criterio differenziato a
seconda dello stato di sforzo che si vuole privilegiare. In particolare, con riferimento alle
tensioni principali, un materiale poco resistente a trazione si considera inefficiente se risulta:
max,2222 σσ RR≤ , in ΩT Criterio 2 (6)
mentre, in analogia, per un materiale poco resistente a compressione il criterio diventa:
max,1111 σσ RR≤ , in ΩC Criterio 3 (7)
Con queste modifiche al criterio di efficienza, la procedura evolutiva viene ora applicata
nuovamente al caso esaminato in Fig. 1. Come mostrato in Fig. 1B, se nel processo si sceglie
di privilegiare il materiale prevalentemente teso (criterio 3), la procedura evolve questa volta
verso configurazioni di tipo strallato. Si nota comunque che in queste soluzioni alcuni
elementi tesi tendono ad ancorarsi direttamente sui supporti laterali. A schemi più razionali si
può giungere allora differenziando il criterio di efficienza all’interno della struttura, ad
esempio privilegiando il materiale prevalentemente compresso nella zona sotto l’impalcato,
come mostrato in Fig. 1C.
Figura 2. Definizione di materiale prevalentemente teso e compresso.
S&T 2001, Firenze, 16 marzo 2001
4. Estensione delle procedure ESO al caso delle strutture composite ed
applicazione al riconoscimento di modelli S&T consistenti
Si estendono ora le procedure ESO al caso delle strutture non omogenee, in modo che il
processo evolutivo consenta di ottimizzare non solo la distribuzione, ma anche il tipo di
materiale da impiegare nelle diverse parti della struttura, sfruttando così al meglio anche le
caratteristiche dei materiali costituenti. Dato che il campo applicativo di interesse in questo
lavoro riguarda il riconoscimento di modelli S&T in elementi di cemento armato, l’estensione
proposta fa riferimento al caso di strutture composte da due materiali. Gli sviluppi presentati
hanno comunque carattere generale e possono considerarsi validi anche nel caso di strutture
composte da più materiali (Gambini 2000).
Si assume che ciascuno dei due materiali, calcestruzzo e acciaio, sia omogeneo, isotropo
e a comportamento elastico lineare con moduli di elasticità rispettivamente Ec ed Es. Si parte
per semplicità con una struttura iniziale omogenea, ad esempio caratterizzata da un modulo
Ec, e ad ogni passo del processo evolutivo si aggiorna la distribuzione dei materiali in Ω
assegnando i moduli Es al materiale prevalentemente teso e Ec al materiale prevalentemente
compresso. Si adotta quindi un criterio di efficienza differenziato nei due sottodomini ΩT
(criterio 2) e ΩC (criterio 3) così individuati. Questa modifica del processo evolutivo dovrebbe
garantire di per sé una ripartizione adeguata delle funzioni resistenti fra calcestruzzo ed acciaio.
Si osserva tuttavia che prima della fase di aggiornamento si possono presentare delle zone di
calcestruzzo prevalentemente teso e di acciaio prevalentemente compresso. Per garantire allora
la gradualità del processo evolutivo, è preferibile verificare l’efficienza del solo materiale
stabilizzato, ovvero dell’acciaio teso e del calcestruzzo compresso, mentre il materiale in fase di
riconversione non viene rimosso fino alla sua stabilizzazione. In particolare, se si indica con
ΩT1 e ΩC1 le porzioni dei sottodomini ΩT e ΩC costituite da materiale stabile, il criterio di
efficienza per il caso delle strutture composte da calcestruzzo ed acciaio diventa il seguente:
max,2222 σσ RR≤ , in ΩT1 Criterio 2′ (8)
max,1111 σσ RR≤ , in ΩC1 Criterio 3′ (9)
Nel seguito si applica la procedura proposta al riconoscimento di modelli S&T in alcuni
elementi tipici delle zone diffusive delle strutture in cemento armato. Si mostra in particolare
come la procedura conduca all’individuazione di schemi S&T che appaiono maggiormente
consistenti con l’effettiva natura del problema rispetto a quelli ottenuti con riferimento ai
criteri introdotti per le strutture omogenee. In tutti gli esempi si assume Es = 15Ec.
4.1. Nodo trave-colonna
Si considera il nodo trave-colonna di Fig. 3 soggetto ad una azione flettente M che tende
in un caso le fibre interne (M>0) ed in un caso le fibre esterne (M<0). Il materiale che occupa
lo spessore di copriferro può essere eliminato durante la procedura evolutiva, ma non può
essere riconvertito in acciaio. In Fig. 3 si pongono a confronto le soluzioni ottimali ottenute
nei due casi esaminati sia con il criterio per strutture omogenee e materiale simmetrico, sia
con il criterio per strutture composite. Come era naturale attendersi, per la struttura omogenea
le soluzioni che si ottengono nei due casi con M>0 e M<0 sono esattamente duali, mentre per
la struttura composita gli schemi si differenziano in modo evidente, esaltando il diverso ruolo
dei materiali calcestruzzo ed acciaio. Come si può notare, i modelli così ottenuti sono anche
in buon accordo con alcuni schemi classici proposti in letteratura.
Fabio Biondini, Franco Bontempi, Pier Giorgio Malerba
1000
2000
1000
2000
850
850
50
50
copriferro
M<0
COPRIFERRO
(Non Design)
Struttura omogenea Struttura composita (Schlaich et al. 1987)
CASO:
M > 0
CASO:
M < 0
Figura 3.Schemi S&T ottimali per un nodo trave-colonna soggetto ad una azione flettente.
S&T 2001, Firenze, 16 marzo 2001
4.2. Testata di ancoraggio
Si considera la testata di ancoraggio di un cavo di precompressione in posizione eccentrica
rispetto al baricentro della sezione (Fig. 4). Si isola la parte terminale della trave per un tratto
di lunghezza pari all’altezza della sezione e all’estremità si applica una distribuzione di sforzi
lineare e tale da rendere l’elemento autoequilibrato. Il materiale che occupa lo spessore di
copriferro può essere eliminato durante la procedura evolutiva, ma non può essere riconvertito
in acciaio. Anche in questo caso si esaminano le soluzioni ottimali ottenute sia con il criterio
per strutture omogenee e materiale simmetrico, sia con il criterio per strutture composite. Che
la soluzione associata alla struttura composita possa ritenersi migliore può essere messo in
luce mediante un confronto con i risultati ottenuti in Biondini et al. (1999), dove si propone
un metodo per la ricerca automatica dei modelli S&T. Come mostrato in Fig. 4, la soluzione
associata alla struttura omogenea sembra trovare maggiore rispondenza con il modello di
massima rigidezza, dedotto senza alcun riferimento allo stato di sforzo interno all’elemento,
mentre la soluzione associata alla struttura composita appare invece in buon accordo con il
modello ricavato introducendo anche un criterio di affinità con il flusso tensionale effettivo.
4.3. Trave con luce di taglio variabile
Si considera una trave di lunghezza B ed altezza H semplicemente appoggiata e soggetta
all’azione di due carichi concentrati a distanza a dagli appoggi. Si vuole esaminare l’influenza
della luce di taglio λ=a/H sullo schema S&T ottimale. A tale scopo si fa riferimento ai valori
λ=4.00, λ=2.00 e λ=1.25. Per quanto riguarda il rapporto di forma AR=H/B (Aspect Ratio), si
assume AR=0.1 nei primi due casi e AR=0.2 nel terzo. La Fig. 5 mostra le soluzioni ottimali
ottenute sia con il criterio per strutture omogenee e materiale simmetrico, sia con il criterio
per strutture composite. Il confronto evidenzia anche in questo caso la maggiore attitudine di
quest’ultimo nel cogliere il diverso ruolo nello schema resistente di calcestruzzo ed acciaio.
4.4. Trave alta con un foro
Si considera la trave alta con un foro e soggetta all’azione di un carico localizzato in Fig. 6
(Schlaich et al. 1987). L’esame delle soluzioni ottimali ottenute mostra come il criterio per
strutture composite consenta di cogliere bene la necessità di prolungare le armature longitudinali
anche nella zona inferiore al foro (Schlaich et al. 1987), aspetto invece trascurato dal criterio
per strutture omogenee e materiale simmetrico.
4.5. Trave alta con due fori
Si considera la trave alta con due fori e soggetta all’azione di due carichi concentrati in
Fig. 7 (Liang et al. 2000). L’esame delle soluzioni ottimali ottenute mostra come il modello
associato al criterio per strutture composite, oltre a richiedere delle armature in posizione più
prossima alle aperture, risulta caratterizzato da una minore distanza fra il puntone orizzontale
superiore ed il tirante inferiore e, quindi, dalla richiesta di un maggiore quantitativo di armatura
longitudinale. Il carattere maggiormente conservativo di questo schema è comunque in accordo
con la filosofia su cui si fonda la modellazione S&T. Infatti, dato che in linea generale le forze
che operano la diffusione dei carichi acquistano un braccio di leva maggiore andando verso la
crisi e che il realizzarsi dello schema resistente può essere impedito dalla capacità deformativa
dei materiali, dal punto di vista progettuale è spesso preferibile orientare il modello in accordo
con la situazione di esercizio, caratterizzata appunto da minori bracci di leva.
Fabio Biondini, Franco Bontempi, Pier Giorgio Malerba
0.95 l
0.45 l
l
P
P
lt1.7
3.7 P
lt 0.315 l
l l
0.95 l
0.45 l
P
0.27P
0.27P
0.105 l
0.525 l0.162 l
l
copriferro
ESO – Struttura omogenea ESO – Struttura composita
Modello di massima rigidezza (Biondini et al. 1999) Modello affine al flusso di sforzi (Biondini et al. 1999)
Figura 4. Schemi S&T ottimali per una testata di ancoraggio di un cavo di precompressione eccentrico.
S&T 2001, Firenze, 16 marzo 2001
AR=H/B=0.1
l=a/H =2.0
AR=H/B=0.2
Struttura composita
l=a/H =1.25
AR=H/B=0.1
l=a/H =4.0
Struttura omogenea
B
H
H
a
a
H
a
F F
F F
F F
Figura 5. Schemi S&T ottimali per una trave appoggiata con luce di taglio variabile.
F
600
1000
350
200
200
66.7
66.7
20
20
20
20
H=750
F F
300150300
125 150 700 150 125
375 500 375
B=1250 5050
StrutturaomogeneaStrutturacomposita
Figura 6. Schemi S&T ottimali per una
trave alta con un foro.
Figura 7. Schemi S&T ottimali per una
trave alta con due fori.
Fabio Biondini, Franco Bontempi, Pier Giorgio Malerba
Ringraziamenti
Questo lavoro è stato finanziato con fondi del Dipartimento di Ingegneria Civile
dell’Università degli Studi di Udine, stanziamento Anno 2000.
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MODELLI STRUT-AND-TIE EMERGENTI DALL’OTTIMIZZAZIONE TOPOLOGICA EVOLUTIVA DI STRUTTURE COMPOSITE

  • 1. S&T-2001 Giornata di Studio - Workshop Dipartimento di Ingegneria Civile, Università degli Studi di Firenze 16 Marzo 2001 Firenze, Italia MODELLI STRUT-AND-TIE EMERGENTI DALL’OTTIMIZZAZIONE TOPOLOGICA EVOLUTIVA DI STRUTTURE COMPOSITE Fabio Biondini Dipartimento di Ingegneria Strutturale, Politecnico di Milano e−mail: biondini@stru.polimi.it Franco Bontempi Dipartimento di Ingegneria Strutturale e Geotecnica, Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e−mail: franco.bontempi@uniroma1.it Pier Giorgio Malerba Dipartimento di Ingegneria Civile, Università degli Studi di Udine e−mail: piergiorgio.malerba@dic.uniud.it Parole chiave: Strutture in c.a., ricerca di modelli Strut-and-Tie, ottimizzazione evolutiva. Abstract. The problem in searching for optimal structural schemes by means of evolutionary procedures called ESO (Evolutionary Structural Optimisation) is considered. Such procedures operate on the basis of the general heuristic principle that by slowly removing regions of inefficient material, belonging to a given over-designed structure, its shape and topology evolve toward an optimal configuration. In this work, after the evolutionary principles and the algorithms on which the method is based have been recalled, the ESO procedures for homogeneous structures are extended to the case of structures composed by several materials and applied to the identification of consistent Strut-and-Tie models in reinforced concrete elements. Sommario. Si esamina il problema della ricerca di schemi strutturali ottimali mediante l’impiego di procedure evolutive denominate ESO (Evolutionary Structural Optimisation). Queste procedure operano in accordo con un principio generale di natura euristica in base al quale, eliminando gradualmente porzioni di materiale inefficiente da un assegnata struttura sovradimensionata, la forma e la topologia della struttura risultante evolvono verso una configurazione ottimale. In questo lavoro, dopo aver richiamato i principi evolutivi e gli algoritmi alla base del metodo, le procedure ESO per strutture omogenee vengono estese al caso delle strutture composte da più materiali ed applicate all’identificazione di modelli Strut-and-Tie consistenti in elementi di cemento armato.
  • 2. Fabio Biondini, Franco Bontempi, Pier Giorgio Malerba 1. Introduzione L’ottimizzazione strutturale ha conosciuto negli ultimi anni notevoli sviluppi e l’interesse riguardo alle sue applicazioni pratiche sta progressivamente crescendo in molti settori dell’ingegneria. Nel passato, la ricerca si è concentrata prevalentemente sulla natura matematica del problema, cercando di adattare i metodi analitici e numerici disponibili alla soluzione di determinate classi di problemi strutturali. Questo a causa della complessità del problema matematico, spesso associato a funzioni non convesse e formulato con riferimento a grandezze variabili di diversa natura, continua e discreta. Tali caratteristiche infatti, rendono in genere ardua la soluzione del problema di ottimizzazione, soprattutto per la possibile presenza di punti di estremo locale (Rao 1996). Queste difficoltà hanno di frequente portato ad una semplificazione, spesso drastica, del modello strutturale, in modo che le ipotesi di base e le restrizioni necessarie per l’applicabilità dei metodi di soluzione potessero essere soddisfatte. Un tale approccio tuttavia, benché possa consentire una robusta formulazione del problema matematico, può a volte condurre ad una eccessiva alterazione del problema iniziale, il quale non si identifica più con il problema reale di partenza. La soluzione così ottenuta risulta quindi solo apparentemente esatta, in quanto associata ad un problema diverso da quello che si intendeva risolvere. In ambito ingegneristico nasce così l’esigenza di individuare delle procedure alternative a quelle più classiche di impostazione prettamente matematica che consentano di mantenere una certa generalità e accuratezza nella descrizione dei problemi reali, quindi anche molto complessi, e conducano a soluzioni che si possano ritenere ragionevolmente prossime a quelle considerate rigorosamente ottimali. Si perviene così a soluzioni in generale approssimate, ma associate al problema strutturale effettivo e, quindi, di maggiore significato applicativo. Proprio sulla base di queste considerazioni, a partire dai primi anni Novanta l’attenzione si è spostata in maniera significativa dall’ambito strettamente matematico del problema verso lo sviluppo di nuove metodologie di carattere essenzialmente numerico, seppure sempre supportate da solide basi teoriche. In questo contesto, uno spazio rilevante è stato dedicato alle tecniche di ottimizzazione di tipo evolutivo, in cui il processo di ricerca della soluzione ottimale segue regole di tipo euristico basate su alcune analogie con i meccanismi di crescita e sviluppo dei sistemi biologici. A differenza dei metodi classici, queste nuove strategie hanno infatti evidenziato un elevato grado di efficienza per una vasta classe di problemi strutturali. Nell’ambito di queste procedure numeriche, particolare rilievo assumono quelle finalizzate all’ottimizzazione di forma e topologica di strutture continue. Queste procedure si rivelano in genere molto utili soprattutto nella fase iniziale del processo progettuale, fase in cui avviene generalmente la concezione dello schema strutturale (Baseggio et al. 2000, 2001). Operata infatti la scelta dello schema, gli sviluppi progettuali successivi riguardano soltanto degli affinamenti di una soluzione già delineata nei suoi tratti essenziali. La scelta dello schema comunque non sempre implica la ricerca di forme ottimali. In alcuni casi infatti la configurazione geometrica della struttura risulta già assegnata, mentre occorre definire degli opportuni schemi strutturali per il progetto di alcune caratteristiche topologiche interne. È il caso ad esempio delle strutture in cemento armato, per le quali la disposizione delle armature può essere dedotta dall’analisi di opportuni modelli Strut-and-Tie (S&T), che ai fini della valutazione dei flussi di forza interni alla struttura possono considerarsi costituiti da schemi a traliccio equilibrati (Schlaich et al. 1987, Schlaich & Schäfer 1991). Dato che le strutture ottimali tendono in genere a conformarsi proprio secondo schemi di tipo reticolare, il ricorso a queste tecniche può quindi costituire un valido ausilio anche nella scelta dei modelli S&T. In questo contesto si possono ad esempio collocare alcune proposte in letteratura per il riconoscimento semiautomatico dei modelli S&T (Angotti & Spinelli 1995, Liang et al. 2000, Orlando et al. 2000).
  • 3. S&T 2001, Firenze, 16 marzo 2001 Le tecniche di ottimizzazione richiamate sono in genere applicate a continui omogenei, isotropi e a comportamento elastico lineare. Nella scelta di uno schema S&T adeguato occorre comunque tenere conto anche di alcune condizioni di progetto, fra cui la consistenza del modello con il flusso tensionale effettivo. Pertanto, anche se ai fini progettuali si fa in genere riferimento alla situazione di esercizio, in genere ben rappresentata dai risultati di un’analisi elastica lineare, nella ricerca di un modello S&T consistente occorre tenere conto anche della natura composita del materiale. In questo lavoro si propone quindi una procedura evolutiva che considera, seppure nell’ambito di un modello a comportamento elastico lineare, il caso di strutture composite e composte da materiali aventi un comportamento asimmetrico in trazione ed in compressione (Gambini 2000). Si fa in particolare riferimento a strutture in stato piano di sforzo. Le tecniche di analisi si sviluppano nell'ambito del Metodo degli Elementi Finiti e fanno riferimento alle proprietà interpolanti di un elemento triangolare a 6 nodi del tipo LST (Linear Strain Triangle). La tecnica evolutiva si sviluppa come un’estensione delle procedure denominate ESO, acronimo di Evolutionary Structural Optimisation (Xie & Steven 1993, 1994). Queste procedure operano in accordo con un principio generale di natura euristica in base al quale, eliminando gradualmente porzioni di materiale inefficiente da un assegnata struttura sovradimensionata, la forma e la topologia della struttura risultante evolvono verso una configurazione ottimale. È chiaro che il livello di ottimalità della soluzione così ottenuta dipende sia dal criterio di efficienza, in genere riferito allo stato di sollecitazione del materiale, sia dalla velocità del processo evolutivo. Nel seguito, dopo aver richiamato i principi evolutivi e gli algoritmi alla base del metodo, si estendono le procedure ESO al caso delle strutture composte da più materiali e si applicano all’identificazione di modelli S&T consistenti. 2. Procedure ESO per strutture omogenee e materiali simmetrici Come già accennato, le procedure evolutive ESO (Evolutionary Structural Optimisation) operano modificando la topologia di una assegnata struttura sovradimensionata attraverso la graduale rimozione di porzioni di materiale considerato inefficiente (Xie & Steven 1993, 1994). Si esamina dapprima il caso delle strutture omogenee. Dopo che la struttura iniziale è stata suddivisa in elementi finiti, si esegue un’analisi strutturale e si confronta, all’interno di una regione associata ad uno o più elementi finiti (unità minima di eliminazione), il valore di un parametro rappresentativo della risposta strutturale, ad esempio la tensione di Von Mises media VM σ , con un’aliquota RR (Rejection Ratio) di un suo valore di riferimento, per esempio la tensione massima sulla struttura VM maxσ . Se in qualche unità il materiale non soddisfa questo criterio di efficienza, ovvero se localmente risulta: VMVM RR maxσσ ≤ Criterio 1 (1) la regione corrispondente viene eliminata dalla struttura degradando le proprietà costitutive del materiale, tipicamente il modulo di Young. Il procedimento si ripete iterativamente fino al raggiungimento di uno stato di stazionarietà (Steady State) in cui il criterio di efficienza risulta soddisfatto in tutti gli elementi attivi. Per favorire la gradualità del processo evolutivo, il parametro RR che determina la velocità del processo viene in genere fissato come segue: SSAASSRR ⋅+= 10)( (2) in cui 0A e 1A sono costanti numeriche e SS un contatore intero, inizialmente pari ad uno, che si incrementa di una unità ogni volta che il processo raggiunge uno stato di stazionarietà. Valori appropriati delle costanti numeriche sembrano essere 0A ≅ 0.0 and 1A ≅ 0.005. Spesso
  • 4. Fabio Biondini, Franco Bontempi, Pier Giorgio Malerba comunque il controllo della gradualità del processo richiede anche un limite sulla percentuale RRM (Rate of Removed Material) di volume rimosso VREM rispetto al volume corrente V: maxRRM V V RRM REM ≤= (3) Il criterio di efficienza così introdotto si riferisce al caso di una sola condizione di carico, ma può chiaramente essere agevolmente esteso anche al caso di condizioni di carico multiple, ad esempio eliminando il materiale solo se risulta inefficiente in tutte le condizioni di carico. Ad ogni iterazione la procedura evolutiva modifica quindi la struttura corrente in modo che la nuova configurazione possa essere considerata, perlomeno nei riguardi del criterio di efficienza, migliore rispetto alle precedenti. Non sempre comunque i criteri che definiscono l’efficienza del materiale coincidono con i criteri di progetto scelti per rappresentare la qualità della soluzione. Osservando che in Natura le strutture tendono a conformarsi in modo da minimizzare il lavoro compiuto dai carichi applicati, un parametro in genere rappresentativo della qualità della soluzione è il seguente indice PSI (Performance Structural Index): WV WV PSI ⋅ ⋅ = 00 (4) essendo W il lavoro per unità di volume V ed in cui il pedice 0 denota i valori riferiti alla configurazione iniziale (Zhao et al. 1997). Anche questo indice fa riferimento ad una singola condizione di carico. Per l’estensione al caso di condizioni di carico multiple si può ad esempio considerare una media pesata degli indici PSIi associati alle singole condizioni i=1,…,N: ∑ ∑ ∑ = = = ⋅= ⋅ = N i i iN i i N i i i PSI w PSIw PSI 1 1 1 ω (5) Attraverso un monitoraggio dell’indice PSI, è così possibile individuare la soluzione ottimale fra le diverse alternative che emergono dal processo evolutivo. Naturalmente, a seconda dei requisiti di progetto, si possono definire altri indici di ottimalità significativi. Accanto a questi indici poi, spesso è utile monitorare anche alcune grandezze rappresentative della risposta, ad esempio per verificare il rispetto di vincoli progettuali sugli spostamenti o sulle tensioni. Al fine di evidenziare le potenzialità delle procedure ESO, soprattutto nella fase iniziale del processo progettuale in cui avviene la concezione dello schema strutturale, si considera ora un problema di particolare interesse applicativo (Baseggio et al. 2000, 2001). Si vuole definire la morfologia ottimale di una struttura da ponte soggetta a sei condizioni di carico (Ito 1996). Come dati di progetto si fissano la luce da superare, la posizione dell’impalcato, il numero e la posizione dei vincoli a terra, la presenza di uno spazio libero per la navigazione. Di queste restrizioni si tiene conto nella scelta della struttura iniziale sovradimensionata. Su questa struttura si dispongono inoltre due piloni assialmente rigidi per favorire l’eventuale attivazione di schemi strallati. La Fig. 1 mostra le caratteristiche geometriche, le condizioni di vincolo e di carico, i vincoli di progetto e la struttura iniziale. In particolare, nella finestra A sono riportate due configurazioni ottenute durante il processo evolutivo adottando il criterio di efficienza introdotto (criterio 1). La seconda è in particolare associata ad un valore ottimale dell’indice PSI. Come si può notare, dal processo evolutivo emerge uno schema ad arco bilanciato, che in questo caso risulta quindi più efficiente rispetto ad una soluzione strallata.
  • 5. S&T 2001, Firenze, 16 marzo 2001 DESIGN REQUIREMENTS LOAD CONDITIONS B/4 B/4 B/4 B/4 B/4 LC 1 LC 2 LC 3 LC 4 LC 5 LC 6 B H=0.22B B H=0.22B 0.3 B 0.4 B 0.3 B 0.35H0.65B t DESIGN DOMAIN NON DESIGN DOMAIN EMPTY SPACE FOR SHIPWAY A B H=0.22B 0.3 B 0.4 B 0.3 B 0.35H0.65H 0.04 B 0.04 B CRITERION 1 B B H=0.22B 0.3 B 0.4 B 0.3 B 0.35H0.65H 0.04 B 0.04 B CRITERION 3 C B H=0.22B 0.3 B 0.4 B 0.3 B 0.35H0.65H 0.04 B 0.04 B CRITERION 3 CRITERION 2 Figura 1. Alcune morfologie strutturali ottimali per una struttura da ponte.
  • 6. Fabio Biondini, Franco Bontempi, Pier Giorgio Malerba 3. Procedure ESO per strutture omogenee e materiali asimmetrici Il criterio di efficienza introdotto (criterio 1) è appropriato solo per materiali aventi un comportamento simmetrico in trazione ed in compressione. Molti materiali esibiscono comunque un comportamento asimmetrico, spesso associato a bassi valori di resistenza a trazione e/o a compressione. In questi casi occorre quindi modificare il criterio di efficienza in modo da limitare la presenza di materiale soggetto a stati di sforzo che possono risultare critici. Si introduce a questo scopo il concetto di stato di sforzo prevalente (Guan et al. 1999). Con riferimento alla Fig. 2, un materiale si considera prevalentemente teso (compresso) quando la tensione principale massima (minima) è di trazione (compressione). Ad ogni passo evolutivo il dominio Ω definito dalla struttura corrente può così essere suddiviso in due parti, ΩT e ΩC, costituite da materiale prevalentemente teso e compresso, rispettivamente. Si controlla quindi l’efficienza del materiale all’interno di queste partizioni adottando un criterio differenziato a seconda dello stato di sforzo che si vuole privilegiare. In particolare, con riferimento alle tensioni principali, un materiale poco resistente a trazione si considera inefficiente se risulta: max,2222 σσ RR≤ , in ΩT Criterio 2 (6) mentre, in analogia, per un materiale poco resistente a compressione il criterio diventa: max,1111 σσ RR≤ , in ΩC Criterio 3 (7) Con queste modifiche al criterio di efficienza, la procedura evolutiva viene ora applicata nuovamente al caso esaminato in Fig. 1. Come mostrato in Fig. 1B, se nel processo si sceglie di privilegiare il materiale prevalentemente teso (criterio 3), la procedura evolve questa volta verso configurazioni di tipo strallato. Si nota comunque che in queste soluzioni alcuni elementi tesi tendono ad ancorarsi direttamente sui supporti laterali. A schemi più razionali si può giungere allora differenziando il criterio di efficienza all’interno della struttura, ad esempio privilegiando il materiale prevalentemente compresso nella zona sotto l’impalcato, come mostrato in Fig. 1C. Figura 2. Definizione di materiale prevalentemente teso e compresso.
  • 7. S&T 2001, Firenze, 16 marzo 2001 4. Estensione delle procedure ESO al caso delle strutture composite ed applicazione al riconoscimento di modelli S&T consistenti Si estendono ora le procedure ESO al caso delle strutture non omogenee, in modo che il processo evolutivo consenta di ottimizzare non solo la distribuzione, ma anche il tipo di materiale da impiegare nelle diverse parti della struttura, sfruttando così al meglio anche le caratteristiche dei materiali costituenti. Dato che il campo applicativo di interesse in questo lavoro riguarda il riconoscimento di modelli S&T in elementi di cemento armato, l’estensione proposta fa riferimento al caso di strutture composte da due materiali. Gli sviluppi presentati hanno comunque carattere generale e possono considerarsi validi anche nel caso di strutture composte da più materiali (Gambini 2000). Si assume che ciascuno dei due materiali, calcestruzzo e acciaio, sia omogeneo, isotropo e a comportamento elastico lineare con moduli di elasticità rispettivamente Ec ed Es. Si parte per semplicità con una struttura iniziale omogenea, ad esempio caratterizzata da un modulo Ec, e ad ogni passo del processo evolutivo si aggiorna la distribuzione dei materiali in Ω assegnando i moduli Es al materiale prevalentemente teso e Ec al materiale prevalentemente compresso. Si adotta quindi un criterio di efficienza differenziato nei due sottodomini ΩT (criterio 2) e ΩC (criterio 3) così individuati. Questa modifica del processo evolutivo dovrebbe garantire di per sé una ripartizione adeguata delle funzioni resistenti fra calcestruzzo ed acciaio. Si osserva tuttavia che prima della fase di aggiornamento si possono presentare delle zone di calcestruzzo prevalentemente teso e di acciaio prevalentemente compresso. Per garantire allora la gradualità del processo evolutivo, è preferibile verificare l’efficienza del solo materiale stabilizzato, ovvero dell’acciaio teso e del calcestruzzo compresso, mentre il materiale in fase di riconversione non viene rimosso fino alla sua stabilizzazione. In particolare, se si indica con ΩT1 e ΩC1 le porzioni dei sottodomini ΩT e ΩC costituite da materiale stabile, il criterio di efficienza per il caso delle strutture composte da calcestruzzo ed acciaio diventa il seguente: max,2222 σσ RR≤ , in ΩT1 Criterio 2′ (8) max,1111 σσ RR≤ , in ΩC1 Criterio 3′ (9) Nel seguito si applica la procedura proposta al riconoscimento di modelli S&T in alcuni elementi tipici delle zone diffusive delle strutture in cemento armato. Si mostra in particolare come la procedura conduca all’individuazione di schemi S&T che appaiono maggiormente consistenti con l’effettiva natura del problema rispetto a quelli ottenuti con riferimento ai criteri introdotti per le strutture omogenee. In tutti gli esempi si assume Es = 15Ec. 4.1. Nodo trave-colonna Si considera il nodo trave-colonna di Fig. 3 soggetto ad una azione flettente M che tende in un caso le fibre interne (M>0) ed in un caso le fibre esterne (M<0). Il materiale che occupa lo spessore di copriferro può essere eliminato durante la procedura evolutiva, ma non può essere riconvertito in acciaio. In Fig. 3 si pongono a confronto le soluzioni ottimali ottenute nei due casi esaminati sia con il criterio per strutture omogenee e materiale simmetrico, sia con il criterio per strutture composite. Come era naturale attendersi, per la struttura omogenea le soluzioni che si ottengono nei due casi con M>0 e M<0 sono esattamente duali, mentre per la struttura composita gli schemi si differenziano in modo evidente, esaltando il diverso ruolo dei materiali calcestruzzo ed acciaio. Come si può notare, i modelli così ottenuti sono anche in buon accordo con alcuni schemi classici proposti in letteratura.
  • 8. Fabio Biondini, Franco Bontempi, Pier Giorgio Malerba 1000 2000 1000 2000 850 850 50 50 copriferro M<0 COPRIFERRO (Non Design) Struttura omogenea Struttura composita (Schlaich et al. 1987) CASO: M > 0 CASO: M < 0 Figura 3.Schemi S&T ottimali per un nodo trave-colonna soggetto ad una azione flettente.
  • 9. S&T 2001, Firenze, 16 marzo 2001 4.2. Testata di ancoraggio Si considera la testata di ancoraggio di un cavo di precompressione in posizione eccentrica rispetto al baricentro della sezione (Fig. 4). Si isola la parte terminale della trave per un tratto di lunghezza pari all’altezza della sezione e all’estremità si applica una distribuzione di sforzi lineare e tale da rendere l’elemento autoequilibrato. Il materiale che occupa lo spessore di copriferro può essere eliminato durante la procedura evolutiva, ma non può essere riconvertito in acciaio. Anche in questo caso si esaminano le soluzioni ottimali ottenute sia con il criterio per strutture omogenee e materiale simmetrico, sia con il criterio per strutture composite. Che la soluzione associata alla struttura composita possa ritenersi migliore può essere messo in luce mediante un confronto con i risultati ottenuti in Biondini et al. (1999), dove si propone un metodo per la ricerca automatica dei modelli S&T. Come mostrato in Fig. 4, la soluzione associata alla struttura omogenea sembra trovare maggiore rispondenza con il modello di massima rigidezza, dedotto senza alcun riferimento allo stato di sforzo interno all’elemento, mentre la soluzione associata alla struttura composita appare invece in buon accordo con il modello ricavato introducendo anche un criterio di affinità con il flusso tensionale effettivo. 4.3. Trave con luce di taglio variabile Si considera una trave di lunghezza B ed altezza H semplicemente appoggiata e soggetta all’azione di due carichi concentrati a distanza a dagli appoggi. Si vuole esaminare l’influenza della luce di taglio λ=a/H sullo schema S&T ottimale. A tale scopo si fa riferimento ai valori λ=4.00, λ=2.00 e λ=1.25. Per quanto riguarda il rapporto di forma AR=H/B (Aspect Ratio), si assume AR=0.1 nei primi due casi e AR=0.2 nel terzo. La Fig. 5 mostra le soluzioni ottimali ottenute sia con il criterio per strutture omogenee e materiale simmetrico, sia con il criterio per strutture composite. Il confronto evidenzia anche in questo caso la maggiore attitudine di quest’ultimo nel cogliere il diverso ruolo nello schema resistente di calcestruzzo ed acciaio. 4.4. Trave alta con un foro Si considera la trave alta con un foro e soggetta all’azione di un carico localizzato in Fig. 6 (Schlaich et al. 1987). L’esame delle soluzioni ottimali ottenute mostra come il criterio per strutture composite consenta di cogliere bene la necessità di prolungare le armature longitudinali anche nella zona inferiore al foro (Schlaich et al. 1987), aspetto invece trascurato dal criterio per strutture omogenee e materiale simmetrico. 4.5. Trave alta con due fori Si considera la trave alta con due fori e soggetta all’azione di due carichi concentrati in Fig. 7 (Liang et al. 2000). L’esame delle soluzioni ottimali ottenute mostra come il modello associato al criterio per strutture composite, oltre a richiedere delle armature in posizione più prossima alle aperture, risulta caratterizzato da una minore distanza fra il puntone orizzontale superiore ed il tirante inferiore e, quindi, dalla richiesta di un maggiore quantitativo di armatura longitudinale. Il carattere maggiormente conservativo di questo schema è comunque in accordo con la filosofia su cui si fonda la modellazione S&T. Infatti, dato che in linea generale le forze che operano la diffusione dei carichi acquistano un braccio di leva maggiore andando verso la crisi e che il realizzarsi dello schema resistente può essere impedito dalla capacità deformativa dei materiali, dal punto di vista progettuale è spesso preferibile orientare il modello in accordo con la situazione di esercizio, caratterizzata appunto da minori bracci di leva.
  • 10. Fabio Biondini, Franco Bontempi, Pier Giorgio Malerba 0.95 l 0.45 l l P P lt1.7 3.7 P lt 0.315 l l l 0.95 l 0.45 l P 0.27P 0.27P 0.105 l 0.525 l0.162 l l copriferro ESO – Struttura omogenea ESO – Struttura composita Modello di massima rigidezza (Biondini et al. 1999) Modello affine al flusso di sforzi (Biondini et al. 1999) Figura 4. Schemi S&T ottimali per una testata di ancoraggio di un cavo di precompressione eccentrico.
  • 11. S&T 2001, Firenze, 16 marzo 2001 AR=H/B=0.1 l=a/H =2.0 AR=H/B=0.2 Struttura composita l=a/H =1.25 AR=H/B=0.1 l=a/H =4.0 Struttura omogenea B H H a a H a F F F F F F Figura 5. Schemi S&T ottimali per una trave appoggiata con luce di taglio variabile. F 600 1000 350 200 200 66.7 66.7 20 20 20 20 H=750 F F 300150300 125 150 700 150 125 375 500 375 B=1250 5050 StrutturaomogeneaStrutturacomposita Figura 6. Schemi S&T ottimali per una trave alta con un foro. Figura 7. Schemi S&T ottimali per una trave alta con due fori.
  • 12. Fabio Biondini, Franco Bontempi, Pier Giorgio Malerba Ringraziamenti Questo lavoro è stato finanziato con fondi del Dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università degli Studi di Udine, stanziamento Anno 2000. Riferimenti bibliografici D. Angotti & P. Spinelli. Alcune riflessioni per il riconoscimento di meccanismi "strut-and-tie" in strutture di cemento armato. L’Industria Italiana del Cemento, 9, 506-514, 1995. A. Baseggio, F. Biondini, F. Bontempi, M. Gambini & P. G. Malerba. Structural Morphology Optimization by Evolutionary Procedures. Proceedings of Structural Morphology Conference, 264-271, Delft, The Netherlands, August 17–19, 2000. A. Baseggio, F. Biondini, F. Bontempi, M. Gambini & P. G. Malerba. Search for Fundamental Patterns in Bridge Structural Design. Proceedings of First International Conference on Structural Engineering and Construction (ISEC-01), Honolulu, Hawaii, USA, January 24–26, 2001. F. Biondini, F. Bontempi & P. G. Malerba. Optimal Strut-and-Tie Models in Reinforced Concrete Structures, Computer Assisted Mechanics and Engineering Sciences, 6(3-4), 279-293, 1999a. M. Gambini. Identificazione ed ottimizzazione di schemi strutturali mediante procedure evolutive. Tesi di Laurea, Dipartimento di Ingegneria Strutturale, Politecnico di Milano, 2000. H. Guan, G.P. Steven, O.M. Querin, Y.M. Xie. Optimisation of Bridge Deck Positioning by the Evolutionary Procedure. Structural Engineering and Mechanics, 7(6), 551-559, 1999. M. Ito. Selection of Bridge Types from a Japanese Experiences. Proceedings of IASS International Symposium on Conceptual Design of Structures, University of Stuttgart, Stuttgart, 1, 65-72, 1996. Q.Q. Liang, Y.M.Xie & G.P. Steven. Topology Optimization of Strut-and-Tie Models in Reinforced Concrete Structures Using an Evolutionary Procedure. ACI Structural Journal, 97(2), 2000. M. Orlando, M. Severi & P. Spinelli. Ricerca di modelli Strut-and-Tie negli elementi in c.a. mediante un metodo di ottimizzazione strutturale topologica. Atti 13° Congresso C.T.E., 1, 265-274, Pisa, 9-11 novembre, 2000. S.S. Rao. Engineering Optimization. Theory and Practice. John Wiley & Sons, 1996. J. Schlaich, K. Schäfer & M. Jennewin. Toward a Consistent Design of Structural Concrete. PCI Journal, 32(3), 72-150, 1987. J. Schlaich & K. Schäfer. Design and Detailing of Structural Concrete using Strut-and-Tie Models. The Structural Engineer, 69(6), 113-125, 1991. Y.M. Xie & G.P. Steven. Optimal Design of Multiple Load Case Structures Using an Evolutionary Procedure. Engineering Computation, 11, 295-302, 1994. Y.M. Xie & G.P. Steven. A Simple Evolutionary Procedure for Structural Optimization. Computers & Structures, 49(5), 885-896, 1993. C. Zaho, P. Hornby, G.P. Steven & Y.M. Xie. A Generalized Evolutionary Method for Numerical Topology Optimization of Structures under Static Loading Conditions. Structural Optimization, 15, 251-260, 1998.