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Prof. Giuseppe Palazzolo




                         Vittorio Alfieri
                  (Asti, 16 Gennaio 1749 – Firenze 8 ottobre 1803)


Questo testo è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale
3.0 Unported.
Vita
Origine: famiglia della ricca nobiltà terriera, possibilità di dedicarsi
all'otium letterario.
Forte volontà e profonda malinconia. A nove anni frequenta la
Reale Accademia di Torino, che più tardi considererà luogo di
“ineducazione”. Ma secondo un suo biografo, Sirven, Alfieri ha esagerato
nel disprezzare gli studi fatti all’Accademia: proprio ad essi anzi, nei
quali aveva posto preminente il latino (versioni, versi, amplificazioni in
latino) egli dovrebbe la patina latineggiante poi affiorante nelle tragedie.
Grand tour (1767-1772): in Italia e in Europa, spinto da inquietudine ed
irrequietezza, bisogno di fuga e di evasione.
- Odio per la tirannide monarchica: disprezzo per la
“genuflessioncella d'uso” di Metastasio alla sovrana.
- Fascino “preromantico” per i paesaggi desolati ed orridi (paesaggio
come proiezione dell'io).
- Vari amori adulterini, tra cui a Londra quello per Penelope Pitt.
Ritorno a Torino: vita oziosa del giovin signore, “tristo amore” per la
marchesa Gabriella Turinetti di Prié.
- Evasione nella lettura degli illuministi francesi e di Plutarco.
- Primi tentativi di scrittura: Esquisse du jugement universel (1773),
Journal (1774).
Palazzo Alfieri, facciata.




                                Asti, Palazzo Alfieri, camera natale di
                                 Vittorio Alfieri. Cartolina anni '60.
Torino, Bernardo Bellotto (1745),
Torino,Galleria Sabauda




                                    Vienna nel XVIII secolo, Bernardo
                                    Bellotto, (1760), Kunsthistorisches
                                    Museum, Vienna
Penelope (Pitt), Viscountess Ligonier
Conversione e
      spiemontesizzazione
1775: “Conversione”: catarsi attraverso la scrittura poetica: successo di
Antonio e Cleopatra.
- Studio dei classici e della lingua italiana;
- necessità di “spiemontesizzarsi”: viaggio in Toscana, rinuncia ai suoi
beni in cambio di una rendita vitalizia;
- “degno amore” per Louise Stolberg, contessa d'Albany, moglie di Carlo
Edoardo Stuart, pretendente al trono d'Inghilterra, e con la quale vive
apertamente dopo la morte del marito.
1785- 1792: Parigi. Prima entusiasmo per la Rivoluzione francese
(Parigi sbastigliato), poi disgusto per le degenerazioni rivoluzionarie (il
Misogallo).
1792: fugge da Parigi e si rifugia a Firenze, dove muore nel 1803.
La contessa d'Albany
         Galeotto fu il disegno...
         « Un dolce foco negli occhi nerissimi accoppiato (che raro
         addiviene) a candidissima pelle e biondi capelli davano alla di
         lei bellezza un risalto, da cui difficile era di non rimanere
         colpito o conquisto. » (da Vita di V. Alfieri, Epoca quarta, 1777, capitolo V)




« La mia unica donna » « La vita
della mia vita » «...la dolce metà
di me stesso » «La persona che ho
sovra ogni altra cosa venerata ed
amata »



(Vittorio Alfieri, Vita scritta da esso)




                                                    Alfieri e la contessa d'Albany, F. X.
                                                    Fabre, 1796, Torino, Museo Civico di arte
                                                    antica.
La contessa d'Albany nel dipinto
di François-Xavier Fabre

                                   Firenze, Basilica di Santa Croce, il
                                   monumento funebre di Alfieri scolpito da
                                   Canova, raffigurante l'Italia afflitta per la
                                   morte del poeta.
Ideologia e poetica
- Basi illuministiche, sensistiche, materialistiche ma insofferenza per la scienza.
- Sensibilità preromantica:individualismo esasperato, “forte sentire”passionalità
    sfrenata, tensione verso l'infinito vs. acuta coscienza del limite (miseria umana).
- Rifiuto dello spirito borghese e degli ideali dei lumi (cosmopolitismo, filantropia).
- Poetica si nutre di due Muse, “due furie atroci”, Ira e Malinconia. Letteratura come
    forma d'azione.
- Sradicamento e spaesamento totale: contro l'assolutismo dell'ancien regime e contro
    l'alternativa borghese.
 - Rifiuto del potere in astratto: astratto concetto di libertà.


                               Bisogno di affermazione totale dell'io

        Titanismo
        alfieriano                       Coscienza del limite


                              Pessimismo e coscienza della sconfiitta
Alfieri tra l'Illuminismo e il
Romanticismo

« ma non mi piacque il vil mio secol mai:/e dal pesante
regal giogo oppresso,/sol nei deserti tacciono i miei
guai » (Tacito orror di solitaria selva, in Rime)


Le influenze letterarie di Alfieri provengono dagli scritti di
Montesquieu, Voltaire, Rousseau, Helvétius, che l'astigiano
conobbe nei suoi viaggi in Europa.
Lo studio ed il perfezionamento della lingua italiana
avvennero con la lettura dei classici italiani e latini (Dante e
Petrarca per la poesia, Virgilio per il verso tragico). Il suo
interesse per lo studio dell'uomo, per la concezione
meccanicistica del mondo, per l'assoluta libertà e
l'avversione verso il dispotismo, collegano Alfieri alla
dottrina illuminista.
I temi letterari illuministici, volti a chiarificare le coscienze e
ad apportare il progresso sociale e civile, sono affrontati dal
poeta non in modo distaccato, ma con l'emotività e le
inquietudini del pensiero Romantico. Alfieri è considerato
dalla critica letteraria come l'anello di congiunzione di queste
due correnti ideologiche, ma l'astigiano al contrario dei più
importanti scrittori illuministi dell'epoca, quale Parini, Verri,
Beccaria, Voltaire, che sono disposti a collaborare con i
monarchi "illuminati" (Federico di Prussia, Caterina II di
Russia, Maria Teresa d'Austria) e ad esporre le proprie idee
nei salotti europei, rimane indipendente e reputa umiliante
questo genere di compromesso. D'altronde Alfieri fu un
precursore del pensiero romantico anche nel suo stile di vita,
sempre alla ricerca dell'autonomia ideologica e nel non
accettare la netta distinzione settecentesca fra vita e
letteratura, nel nome di valori etico-morali superiori.
L’IDEOLOGIA
                        illuministi francesi                     Alfieri


Scienza                 Esaltano il razionalismo e la scienza    Rifiuta il razionalismo scientifico,
                        ritenendoli fattori di progresso         esaltando la dimensione passionale

Religione               Sottopongono la religione a una seria    È mosso da uno spirito religioso che
                        critica, approdando a posizioni atee e   si manifesta in un’oscura tensione
                        deiste                                   verso l’infinito,pur non avendo una
                                                                 grande fede

Rapporto uomo-realtà    Esprimono grande ottimismo nelle         La sua visione è pervasa dal
                        possibilità dell’uomo di migliorare la   pessimismo e dal senso di impotenza
                        propria condizione grazie al             di fronte alla realtà
                        progresso



Economia                Sostengono la necessità di               Vede nello sviluppo dei commerci e
                        incrementare le attività industriali e   dell’industria l’incentivo al
                        commerciali, fonte di ricchezza per lo   moltiplicarsi della classe borghese
                        stato




Politica                Favorevoli a forme di governo            Dopo aver auspicato alla fine
                        repubblicane che sanciscano la fine      dell’ancien regime,lo rimpiange non
                        della monarchia e dei privilegi          riconoscendosi nel nuovo assetto
                        aristocratici                            borghese

Cultura                 Il valore della cultura risiede nella    La concepisce come uno strumento di
                        sua utilità ai fini del progresso        alto sentire e non come uno
                        umano                                    strumento di divulgazione
Il titanismo


Il titanismo è un atteggiamento tipico del Romanticismo, ma fa già la sua
piena comparsa a fine Settecento, in certe tendenze della cultura
preromantica. Il termine deriva dalla mitologia greca, dai Titani che
osarono ribellarsi a Zeus e quindi all'ordine costituito. Titanismo fu
chiamato infatti un atteggiamento di ribellione e di sfida ad ogni forma
di autorità e di potere oppressivo che gravi sugli uomini. In Alfieri si
possono riscontrare atteggiamenti titanici. Vi è in lui un senso orgoglioso
della propria eccezionalità spirituale in contrapposizione ad un’umanità
mediocre e vile di schiavi, una tensione ad una grandezza sovraumana,
un’ansia d’affermazione del proprio io che si traduce in insofferenza per
ogni costrizione, in avversione esasperata nei confronti dell’oppressivo
assolutismo dei suoi tempi. Per questo nel trattato Della Tirannide e in
molte altre tragedie lo scrittore traccia le linee di una figura eroica che si
erge a sfidare la potenza avversa, anche a prezzo della vita. L’eroe anche
se vinto non è mai domato interiormente, ed affronta senza esitazione il
sacrificio e la morte pur di affermare la sua scelta di libertà.
L’individualismo alfieriano


Fin da giovane Vittorio Alfieri dimostrò un energico accanimento
contro qualsiasi forma di potere che appare iniqua e oppressiva.
Anche il concetto di libertà che egli esalta non possiede precise
connotazioni politiche o sociali, ma resta un concetto astratto. La
libertà alfieriana, infatti, è espressione di un individualismo eroico e
desiderio di una realizzazione totale di se. Questa ansia di infinito,
di illimitato è il tipico titanismo alfieriano, che caratterizza, in modo
più o meno marcato, tutte le sue opere. Ciò che viene tanto
osteggiato da Alfieri è molto probabilmente la percezione di un limite
che rende impossibile la grandezza, tanto da procurargli costante
irrequietezza, angosce e incubi che lo costringono a cercare nei suoi
innumerevoli viaggi ciò che può trovare soltanto all'interno di se
stesso. Il sogno titanico è accompagnato da un costante pessimismo
che ha le radici nella consapevolezza dell'effettiva impotenza umana.
Le tragedie
Tragedia come forma espressiva più adatta al titanismo alfieriano.
- Polemica nei confronti della tragedia francese classica (lungaggini,
patetismo, artificiosità, monotonia).
- Colore passionale e tensione incalzante.
- Pochi personaggi principali necessari all'azione tragica.
- Stile conciso, aspro, antimusicale. Enjambements, ritmo spezzato, suoni
aspri, scontri di consonanti.
- Rispetto delle unità aristoteliche: necessità di ordinare il proprio mondo
interiore, azione rapida e incalzante.
- 3 respiri: ideare, stendere, verseggiare: dall'entusiasmo irrazionale alla
disciplina formale.
- Attenzione agli aspetti della rappresentazione ma rifiuto del teatro
contemporaneo (rappresentazioni private per una ristretta cerchia di amici)
- Utopia del teatro civile, destinato a un futuro pubblico libero e animato da
forti virtù civili; disdegno del pubblico borghese e della “plebe”.
- Concezione del teatro come mezzo di educazione civile e politica e
l'artista come "sacerdote dell'umanità".
- Fulcro del teatro: scontro, al di là del tempo e delle contingenze, tra
tiranno e uomo libero; ma sono legati da una segreta complicità, perché
entrambi mirano alla libera affermazione della propria personalità e
sentono con angoscia l'esistenza del limite.
Caratteristiche formali
Le tragedie ruotano attorno a un personaggio principale; gli
altri hanno una funzione accessoria. Il finale in genere è di due
tipi: suicidio o tirannicidio. Gli argomenti sono presi dalla
storia o dalla Bibbia, con predilezione per i soggetti greco-
romani. L'azione si svolge in 5 atti. Il verso adoperato:
endecasillabo sciolto, ma è trattato in maniera molto dura,
nervosa, concisa. Alla base di ogni vicenda sta il fato, cioè una
forza al di sopra dell'uomo, che lo costringe a reagire. I
protagonisti, pur prigionieri delle loro passioni, proprio in
questa lotta con il fato rivelano la loro forza, la loro carica
emotiva. E' assente ogni preoccupazione realistica. Non c'è
sfondo teatrale che ambienti i personaggi, e neppure intreccio o
azione. Il linguaggio non è colloquiale ma oratorio, solenne. I
dialoghi son quasi dei monologhi (si è sordi alle parole altrui). In
questo Alfieri si allontana decisamente dall'Arcadia.
Evoluzione del sistema tragico

1775-77: prime tragedie; titanismo (sogno di una
  grandezza sovrumana) e scontro con la realtà ostile:
  Filippo, Polinice, Antigone, Agamennone, Oreste,
  Virginia.
1777-1780: fase di sperimentazione, abbandono del mito
  classico e avvicinamento a una materia moderna (La
  congiura de' Pazzi, Don Garzia, Maria Stuarda,
  Rosmunda), introduzione dei sentimenti di pietà e
  commozione di fronte la debolezza umana (Ottavia).
1782-1786: crisi definitiva dell'individualismo eroico
  (Saul e Mirra).
Saul
Unica tragedia alfieriana che ha come fonte la Bibbia,
   rappresenta lo scontro tra il vecchio re Saul e il giovane
   David;
Saul interiorizza il conflitto tragico: è
   contemporaneamente persecutore di quanti gli si
   oppongono e vittima del Dio biblico; si ribella a Dio, ma
   sa che in realtà lotta contro il proprio declino fisico
   (quindi la vana lotta contro i limiti umani).
David non è l'eroe antagonista, ma lo specchio in cui Saul
   vede sé stesso giovane.
Il suicidio finale è l'ultimo atto eroico dell'irresoluto Saul:
   è una conclusione non del tutto tragica, perché non
   suscita orrore bensì compassione.
La fonte biblica

Il testo biblico narra di come il valoroso guerriero Saul venga unto
    primo re d'Israele dal sommo sacerdote Samuele. Accecato dalla
    brama del potere, tuttavia, Saul si allontana progressivamente
    dalla grazia e dal favore di Dio, finché Samuele, divinamente
    ispirato, non consacra nuovo re il giovane pastore e musico David.
    In guerra con i Filistei, David si distingue in atti di valore,
    acquistando grande favore agli occhi del popolo; ma le sue vittorie
    inveleniscono il vecchio re Saul, che teme per il trono cui non
    intende rinunciare. In parte per sincera ammirazione, in parte per
    calcolo politico Saul dà in sposa la figlia Micol a David, ma al
    contempo trama per ucciderlo, giungendo, nel tempo in cui più
    avrebbe bisogno del suo valore guerriero, a bandirlo dal regno.
La trama del Saul
La tragedia alfieriana, che ha la durata “classica” di ventiquattro ore,
   si apre sulla notte in cui Gionata, fratello di Micol, di nascosto fa
   ritorno all'esercito di Saul, accampato sulle alture di Gelboè in
   attesa dello scontro con i Filistei. Saul entra in scena nel secondo
   atto, mostrando la confusione di sentimenti che violentissima lo
   domina: senso di regalità e orrore per le forze che lo
   abbandonano, ricordi del passato glorioso e preveggenza di morte,
   amore per i figli e ossessione del tradimento, ammirazione e
   invidia per la giovinezza di David. Nel terzo atto, dopo una
   temporanea riappacificazione, minaccia di morte David e lo
   induce a fuggire. Nel quarto atto Saul manda a morte il sacerdote
   Achimelech, accusando la casta sacerdotale di tradimento, e si
   appresta a combattere i Filistei senza l'aiuto di David. La
   situazione precipita nel quinto atto: i Filistei travolgono l'esercito
   israelita, Saul, sempre più sconvolto da allucinazioni e rimorsi,
   apprende della morte dei figli in battaglia, e per non cadere nelle
   mani del nemico si dà la morte, affidando la figlia Micol a David.
Le Rime
 
Accanto alle tragedie vanno subito collocate le Rime per le quali
l'Alfieri merita un posto di privilegio nella tradizione lirica del
Settecento. 
Si tratta di circa 300 componimenti (canzoni, odi, sonetti ecc).
Carattere autobiografico: diario lirico, su modello petrarchesco,
delle sue esperienze umane,dei suoi più segreti e contrastanti
sentimenti, delle sue meditazioni e delle sue riflessioni sulla realtà
contemporanea e sui miti della sua cultura, dellla sua sofferta e
complessa visione del vivere.
Temi: l'amore, inteso non come galanteria, bensì come condizione
fondamentale del vivere come sommo bene terreno, come conquista di
una più alta ed autentica umanità; la malinconia; la tematica
politica; la morte; il paesaggio come proiezione dell'io;
l'autoritratto fisico e morale.
Stile: linguaggio aspro, dissonante, coon un ritmo frequentemente
spezzato da pause, inversioni, enjambements, scontri di consonanti, a
differenza dell'armonia musicale di Petrarca.
La vita scritta da esso
Tragedia in forma di autobiografia, in cui il protagonista è l'io del
poeta. L'opera rimase incompiuta e venne pubblicata postuma nel
1804.
È la ricostruzione della vocazione poetica, che dà valore a
tutta l'esistenza, e segue lo schema naarrativo della conversione
religiosa: identificazione tra vita e poesia (tema romantico).
Il racconto venne suddiviso dallo stesso Alfieri in quattro
"epoche": puerizia, adolescenza, giovinezza e maturità:
Temi:
- ideale di magnanimità sublime: l'io del poeta in conflitto con il
mondo mediocre e banale;
- consapevolezza della miseria umana;.
- scene "forti", passioni travolgenti, tentati suicidi, ideali, enfasi,
indomabile furore e sdegno nei confronti di ogni tipo di
meschinità.
Stile:
- sovrapposizione, ma anche distacco ironico, tra l'io narrante e
l'io narrato;
« Il parlare, e molto più lo scrivere di sé stesso, nasce
senza alcun dubbio dal molto amor di sé stesso. Io
dunque non voglio a questa mia Vita far precedere né
deboli scuse, né false o illusorie ragioni, le quali non mi
verrebbero a ogni modo punto credute da altri; e della
mia futura veracità in questo mio scritto assai mal
saggio darebbero. Io perciò ingenuamente confesso, che
allo stendere la mia propria vita inducevami, misto forse
ad alcune altre ragioni, ma vie più gagliardo d'ogni
altra, l'amore di me medesimo... »


Dalla "Vita scritta da esso", Introduzione.
Alfieri scrisse sei commedie:                       Le Commedie
•
 L'uno
•
 I pochi
•
 I troppi
•
 L'antidoto
•
 La finestrina
•
 Il divorzio

Condanna la monarchia assoluta ( L'uno), l'oligarchia assoluta (I
pochi), la democrazia assoluta (I troppi). Condanna i grandi uomini,
perché nella vita privata sono incoerenti (La finestrina) e i matrimoni
nobiliari per interesse (Il divorzio). Condivide la monarchia
costituzionale di tipo inglese o della vecchia Venezia (L'antidoto).

                                                                Le satire
Pensate fin dal 1777 e riprese più volte nell'arco della sua vita, sono
componimenti sui "mali" che afflissero l'epoca del poeta. Sono diciassette.

Nelle Satire l'Alfieri condanna il commercio borghese, clericalismo e
anticlericalismo, re, nobili e militari, il popolo e i precettori.
Opere politiche
•
  Della tirannide (due libri) il primo libro mette a fuoco i puntelli della
tirannide: paura e viltà dei cittadini, ambizione,lusso, milizia, clero,
nobiltà. Il secondo libro spiega come può vivere sotto un tiranno colui
che non vuol rinunciare alla propria libertà interiore (sdegnosa
solitudine come ideale dell'uomo libero che si oppone al dispotismo e se
gli si preclude una vita dignitosa può scegliere il suicidio). Il trattato si
chiude con l'esaltazione del tirannicidio.
•
  Del principe e delle lettere è un'opera di interesse politico - letterario,
che analizza il rapporto fra potere politico e letteratura libera. Il
principe, consapevole della propria funzione politica ed il letterato
memore della propria missione, sono antagonisti inconciliabili (conflitto
tiranno / eroe delle tragedie: il letterato è l'eroe). Alfieri condanna il
mecenatismo, ritenuto dannoso e corruttore Il trattato si chiude con una
esortazione a liberare l'Italia dai barbari.
  Panegirico di Plinio a Traiano. Alfieri si propone di riscrivere
l'omonima opera di Plinio il Giovane, accusato di cortigianeria, per
mostrare come uno scrittore libero dovrebbe parlare ad un ottimo
principe consigliandolo a deporre il potere e a restituire al popolo la
libertà.

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Alfieri

  • 1. Prof. Giuseppe Palazzolo Vittorio Alfieri (Asti, 16 Gennaio 1749 – Firenze 8 ottobre 1803) Questo testo è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 3.0 Unported.
  • 2. Vita Origine: famiglia della ricca nobiltà terriera, possibilità di dedicarsi all'otium letterario. Forte volontà e profonda malinconia. A nove anni frequenta la Reale Accademia di Torino, che più tardi considererà luogo di “ineducazione”. Ma secondo un suo biografo, Sirven, Alfieri ha esagerato nel disprezzare gli studi fatti all’Accademia: proprio ad essi anzi, nei quali aveva posto preminente il latino (versioni, versi, amplificazioni in latino) egli dovrebbe la patina latineggiante poi affiorante nelle tragedie. Grand tour (1767-1772): in Italia e in Europa, spinto da inquietudine ed irrequietezza, bisogno di fuga e di evasione. - Odio per la tirannide monarchica: disprezzo per la “genuflessioncella d'uso” di Metastasio alla sovrana. - Fascino “preromantico” per i paesaggi desolati ed orridi (paesaggio come proiezione dell'io). - Vari amori adulterini, tra cui a Londra quello per Penelope Pitt. Ritorno a Torino: vita oziosa del giovin signore, “tristo amore” per la marchesa Gabriella Turinetti di Prié. - Evasione nella lettura degli illuministi francesi e di Plutarco. - Primi tentativi di scrittura: Esquisse du jugement universel (1773), Journal (1774).
  • 3. Palazzo Alfieri, facciata.  Asti, Palazzo Alfieri, camera natale di Vittorio Alfieri. Cartolina anni '60.
  • 4. Torino, Bernardo Bellotto (1745), Torino,Galleria Sabauda Vienna nel XVIII secolo, Bernardo Bellotto, (1760), Kunsthistorisches Museum, Vienna
  • 6. Conversione e spiemontesizzazione 1775: “Conversione”: catarsi attraverso la scrittura poetica: successo di Antonio e Cleopatra. - Studio dei classici e della lingua italiana; - necessità di “spiemontesizzarsi”: viaggio in Toscana, rinuncia ai suoi beni in cambio di una rendita vitalizia; - “degno amore” per Louise Stolberg, contessa d'Albany, moglie di Carlo Edoardo Stuart, pretendente al trono d'Inghilterra, e con la quale vive apertamente dopo la morte del marito. 1785- 1792: Parigi. Prima entusiasmo per la Rivoluzione francese (Parigi sbastigliato), poi disgusto per le degenerazioni rivoluzionarie (il Misogallo). 1792: fugge da Parigi e si rifugia a Firenze, dove muore nel 1803.
  • 7. La contessa d'Albany Galeotto fu il disegno... « Un dolce foco negli occhi nerissimi accoppiato (che raro addiviene) a candidissima pelle e biondi capelli davano alla di lei bellezza un risalto, da cui difficile era di non rimanere colpito o conquisto. » (da Vita di V. Alfieri, Epoca quarta, 1777, capitolo V) « La mia unica donna » « La vita della mia vita » «...la dolce metà di me stesso » «La persona che ho sovra ogni altra cosa venerata ed amata » (Vittorio Alfieri, Vita scritta da esso) Alfieri e la contessa d'Albany, F. X. Fabre, 1796, Torino, Museo Civico di arte antica.
  • 8. La contessa d'Albany nel dipinto di François-Xavier Fabre Firenze, Basilica di Santa Croce, il monumento funebre di Alfieri scolpito da Canova, raffigurante l'Italia afflitta per la morte del poeta.
  • 9. Ideologia e poetica - Basi illuministiche, sensistiche, materialistiche ma insofferenza per la scienza. - Sensibilità preromantica:individualismo esasperato, “forte sentire”passionalità sfrenata, tensione verso l'infinito vs. acuta coscienza del limite (miseria umana). - Rifiuto dello spirito borghese e degli ideali dei lumi (cosmopolitismo, filantropia). - Poetica si nutre di due Muse, “due furie atroci”, Ira e Malinconia. Letteratura come forma d'azione. - Sradicamento e spaesamento totale: contro l'assolutismo dell'ancien regime e contro l'alternativa borghese. - Rifiuto del potere in astratto: astratto concetto di libertà. Bisogno di affermazione totale dell'io Titanismo alfieriano Coscienza del limite Pessimismo e coscienza della sconfiitta
  • 10. Alfieri tra l'Illuminismo e il Romanticismo « ma non mi piacque il vil mio secol mai:/e dal pesante regal giogo oppresso,/sol nei deserti tacciono i miei guai » (Tacito orror di solitaria selva, in Rime) Le influenze letterarie di Alfieri provengono dagli scritti di Montesquieu, Voltaire, Rousseau, Helvétius, che l'astigiano conobbe nei suoi viaggi in Europa. Lo studio ed il perfezionamento della lingua italiana avvennero con la lettura dei classici italiani e latini (Dante e Petrarca per la poesia, Virgilio per il verso tragico). Il suo interesse per lo studio dell'uomo, per la concezione meccanicistica del mondo, per l'assoluta libertà e l'avversione verso il dispotismo, collegano Alfieri alla dottrina illuminista.
  • 11. I temi letterari illuministici, volti a chiarificare le coscienze e ad apportare il progresso sociale e civile, sono affrontati dal poeta non in modo distaccato, ma con l'emotività e le inquietudini del pensiero Romantico. Alfieri è considerato dalla critica letteraria come l'anello di congiunzione di queste due correnti ideologiche, ma l'astigiano al contrario dei più importanti scrittori illuministi dell'epoca, quale Parini, Verri, Beccaria, Voltaire, che sono disposti a collaborare con i monarchi "illuminati" (Federico di Prussia, Caterina II di Russia, Maria Teresa d'Austria) e ad esporre le proprie idee nei salotti europei, rimane indipendente e reputa umiliante questo genere di compromesso. D'altronde Alfieri fu un precursore del pensiero romantico anche nel suo stile di vita, sempre alla ricerca dell'autonomia ideologica e nel non accettare la netta distinzione settecentesca fra vita e letteratura, nel nome di valori etico-morali superiori.
  • 12. L’IDEOLOGIA illuministi francesi Alfieri Scienza Esaltano il razionalismo e la scienza Rifiuta il razionalismo scientifico, ritenendoli fattori di progresso esaltando la dimensione passionale Religione Sottopongono la religione a una seria È mosso da uno spirito religioso che critica, approdando a posizioni atee e si manifesta in un’oscura tensione deiste verso l’infinito,pur non avendo una grande fede Rapporto uomo-realtà Esprimono grande ottimismo nelle La sua visione è pervasa dal possibilità dell’uomo di migliorare la pessimismo e dal senso di impotenza propria condizione grazie al di fronte alla realtà progresso Economia Sostengono la necessità di Vede nello sviluppo dei commerci e incrementare le attività industriali e dell’industria l’incentivo al commerciali, fonte di ricchezza per lo moltiplicarsi della classe borghese stato Politica Favorevoli a forme di governo Dopo aver auspicato alla fine repubblicane che sanciscano la fine dell’ancien regime,lo rimpiange non della monarchia e dei privilegi riconoscendosi nel nuovo assetto aristocratici borghese Cultura Il valore della cultura risiede nella La concepisce come uno strumento di sua utilità ai fini del progresso alto sentire e non come uno umano strumento di divulgazione
  • 13. Il titanismo Il titanismo è un atteggiamento tipico del Romanticismo, ma fa già la sua piena comparsa a fine Settecento, in certe tendenze della cultura preromantica. Il termine deriva dalla mitologia greca, dai Titani che osarono ribellarsi a Zeus e quindi all'ordine costituito. Titanismo fu chiamato infatti un atteggiamento di ribellione e di sfida ad ogni forma di autorità e di potere oppressivo che gravi sugli uomini. In Alfieri si possono riscontrare atteggiamenti titanici. Vi è in lui un senso orgoglioso della propria eccezionalità spirituale in contrapposizione ad un’umanità mediocre e vile di schiavi, una tensione ad una grandezza sovraumana, un’ansia d’affermazione del proprio io che si traduce in insofferenza per ogni costrizione, in avversione esasperata nei confronti dell’oppressivo assolutismo dei suoi tempi. Per questo nel trattato Della Tirannide e in molte altre tragedie lo scrittore traccia le linee di una figura eroica che si erge a sfidare la potenza avversa, anche a prezzo della vita. L’eroe anche se vinto non è mai domato interiormente, ed affronta senza esitazione il sacrificio e la morte pur di affermare la sua scelta di libertà.
  • 14. L’individualismo alfieriano Fin da giovane Vittorio Alfieri dimostrò un energico accanimento contro qualsiasi forma di potere che appare iniqua e oppressiva. Anche il concetto di libertà che egli esalta non possiede precise connotazioni politiche o sociali, ma resta un concetto astratto. La libertà alfieriana, infatti, è espressione di un individualismo eroico e desiderio di una realizzazione totale di se. Questa ansia di infinito, di illimitato è il tipico titanismo alfieriano, che caratterizza, in modo più o meno marcato, tutte le sue opere. Ciò che viene tanto osteggiato da Alfieri è molto probabilmente la percezione di un limite che rende impossibile la grandezza, tanto da procurargli costante irrequietezza, angosce e incubi che lo costringono a cercare nei suoi innumerevoli viaggi ciò che può trovare soltanto all'interno di se stesso. Il sogno titanico è accompagnato da un costante pessimismo che ha le radici nella consapevolezza dell'effettiva impotenza umana.
  • 15. Le tragedie Tragedia come forma espressiva più adatta al titanismo alfieriano. - Polemica nei confronti della tragedia francese classica (lungaggini, patetismo, artificiosità, monotonia). - Colore passionale e tensione incalzante. - Pochi personaggi principali necessari all'azione tragica. - Stile conciso, aspro, antimusicale. Enjambements, ritmo spezzato, suoni aspri, scontri di consonanti. - Rispetto delle unità aristoteliche: necessità di ordinare il proprio mondo interiore, azione rapida e incalzante. - 3 respiri: ideare, stendere, verseggiare: dall'entusiasmo irrazionale alla disciplina formale. - Attenzione agli aspetti della rappresentazione ma rifiuto del teatro contemporaneo (rappresentazioni private per una ristretta cerchia di amici) - Utopia del teatro civile, destinato a un futuro pubblico libero e animato da forti virtù civili; disdegno del pubblico borghese e della “plebe”. - Concezione del teatro come mezzo di educazione civile e politica e l'artista come "sacerdote dell'umanità". - Fulcro del teatro: scontro, al di là del tempo e delle contingenze, tra tiranno e uomo libero; ma sono legati da una segreta complicità, perché entrambi mirano alla libera affermazione della propria personalità e sentono con angoscia l'esistenza del limite.
  • 16. Caratteristiche formali Le tragedie ruotano attorno a un personaggio principale; gli altri hanno una funzione accessoria. Il finale in genere è di due tipi: suicidio o tirannicidio. Gli argomenti sono presi dalla storia o dalla Bibbia, con predilezione per i soggetti greco- romani. L'azione si svolge in 5 atti. Il verso adoperato: endecasillabo sciolto, ma è trattato in maniera molto dura, nervosa, concisa. Alla base di ogni vicenda sta il fato, cioè una forza al di sopra dell'uomo, che lo costringe a reagire. I protagonisti, pur prigionieri delle loro passioni, proprio in questa lotta con il fato rivelano la loro forza, la loro carica emotiva. E' assente ogni preoccupazione realistica. Non c'è sfondo teatrale che ambienti i personaggi, e neppure intreccio o azione. Il linguaggio non è colloquiale ma oratorio, solenne. I dialoghi son quasi dei monologhi (si è sordi alle parole altrui). In questo Alfieri si allontana decisamente dall'Arcadia.
  • 17. Evoluzione del sistema tragico 1775-77: prime tragedie; titanismo (sogno di una grandezza sovrumana) e scontro con la realtà ostile: Filippo, Polinice, Antigone, Agamennone, Oreste, Virginia. 1777-1780: fase di sperimentazione, abbandono del mito classico e avvicinamento a una materia moderna (La congiura de' Pazzi, Don Garzia, Maria Stuarda, Rosmunda), introduzione dei sentimenti di pietà e commozione di fronte la debolezza umana (Ottavia). 1782-1786: crisi definitiva dell'individualismo eroico (Saul e Mirra).
  • 18. Saul Unica tragedia alfieriana che ha come fonte la Bibbia, rappresenta lo scontro tra il vecchio re Saul e il giovane David; Saul interiorizza il conflitto tragico: è contemporaneamente persecutore di quanti gli si oppongono e vittima del Dio biblico; si ribella a Dio, ma sa che in realtà lotta contro il proprio declino fisico (quindi la vana lotta contro i limiti umani). David non è l'eroe antagonista, ma lo specchio in cui Saul vede sé stesso giovane. Il suicidio finale è l'ultimo atto eroico dell'irresoluto Saul: è una conclusione non del tutto tragica, perché non suscita orrore bensì compassione.
  • 19. La fonte biblica Il testo biblico narra di come il valoroso guerriero Saul venga unto primo re d'Israele dal sommo sacerdote Samuele. Accecato dalla brama del potere, tuttavia, Saul si allontana progressivamente dalla grazia e dal favore di Dio, finché Samuele, divinamente ispirato, non consacra nuovo re il giovane pastore e musico David. In guerra con i Filistei, David si distingue in atti di valore, acquistando grande favore agli occhi del popolo; ma le sue vittorie inveleniscono il vecchio re Saul, che teme per il trono cui non intende rinunciare. In parte per sincera ammirazione, in parte per calcolo politico Saul dà in sposa la figlia Micol a David, ma al contempo trama per ucciderlo, giungendo, nel tempo in cui più avrebbe bisogno del suo valore guerriero, a bandirlo dal regno.
  • 20. La trama del Saul La tragedia alfieriana, che ha la durata “classica” di ventiquattro ore, si apre sulla notte in cui Gionata, fratello di Micol, di nascosto fa ritorno all'esercito di Saul, accampato sulle alture di Gelboè in attesa dello scontro con i Filistei. Saul entra in scena nel secondo atto, mostrando la confusione di sentimenti che violentissima lo domina: senso di regalità e orrore per le forze che lo abbandonano, ricordi del passato glorioso e preveggenza di morte, amore per i figli e ossessione del tradimento, ammirazione e invidia per la giovinezza di David. Nel terzo atto, dopo una temporanea riappacificazione, minaccia di morte David e lo induce a fuggire. Nel quarto atto Saul manda a morte il sacerdote Achimelech, accusando la casta sacerdotale di tradimento, e si appresta a combattere i Filistei senza l'aiuto di David. La situazione precipita nel quinto atto: i Filistei travolgono l'esercito israelita, Saul, sempre più sconvolto da allucinazioni e rimorsi, apprende della morte dei figli in battaglia, e per non cadere nelle mani del nemico si dà la morte, affidando la figlia Micol a David.
  • 21. Le Rime   Accanto alle tragedie vanno subito collocate le Rime per le quali l'Alfieri merita un posto di privilegio nella tradizione lirica del Settecento.  Si tratta di circa 300 componimenti (canzoni, odi, sonetti ecc). Carattere autobiografico: diario lirico, su modello petrarchesco, delle sue esperienze umane,dei suoi più segreti e contrastanti sentimenti, delle sue meditazioni e delle sue riflessioni sulla realtà contemporanea e sui miti della sua cultura, dellla sua sofferta e complessa visione del vivere. Temi: l'amore, inteso non come galanteria, bensì come condizione fondamentale del vivere come sommo bene terreno, come conquista di una più alta ed autentica umanità; la malinconia; la tematica politica; la morte; il paesaggio come proiezione dell'io; l'autoritratto fisico e morale. Stile: linguaggio aspro, dissonante, coon un ritmo frequentemente spezzato da pause, inversioni, enjambements, scontri di consonanti, a differenza dell'armonia musicale di Petrarca.
  • 22. La vita scritta da esso Tragedia in forma di autobiografia, in cui il protagonista è l'io del poeta. L'opera rimase incompiuta e venne pubblicata postuma nel 1804. È la ricostruzione della vocazione poetica, che dà valore a tutta l'esistenza, e segue lo schema naarrativo della conversione religiosa: identificazione tra vita e poesia (tema romantico). Il racconto venne suddiviso dallo stesso Alfieri in quattro "epoche": puerizia, adolescenza, giovinezza e maturità: Temi: - ideale di magnanimità sublime: l'io del poeta in conflitto con il mondo mediocre e banale; - consapevolezza della miseria umana;. - scene "forti", passioni travolgenti, tentati suicidi, ideali, enfasi, indomabile furore e sdegno nei confronti di ogni tipo di meschinità. Stile: - sovrapposizione, ma anche distacco ironico, tra l'io narrante e l'io narrato;
  • 23. « Il parlare, e molto più lo scrivere di sé stesso, nasce senza alcun dubbio dal molto amor di sé stesso. Io dunque non voglio a questa mia Vita far precedere né deboli scuse, né false o illusorie ragioni, le quali non mi verrebbero a ogni modo punto credute da altri; e della mia futura veracità in questo mio scritto assai mal saggio darebbero. Io perciò ingenuamente confesso, che allo stendere la mia propria vita inducevami, misto forse ad alcune altre ragioni, ma vie più gagliardo d'ogni altra, l'amore di me medesimo... » Dalla "Vita scritta da esso", Introduzione.
  • 24. Alfieri scrisse sei commedie: Le Commedie • L'uno • I pochi • I troppi • L'antidoto • La finestrina • Il divorzio Condanna la monarchia assoluta ( L'uno), l'oligarchia assoluta (I pochi), la democrazia assoluta (I troppi). Condanna i grandi uomini, perché nella vita privata sono incoerenti (La finestrina) e i matrimoni nobiliari per interesse (Il divorzio). Condivide la monarchia costituzionale di tipo inglese o della vecchia Venezia (L'antidoto). Le satire Pensate fin dal 1777 e riprese più volte nell'arco della sua vita, sono componimenti sui "mali" che afflissero l'epoca del poeta. Sono diciassette. Nelle Satire l'Alfieri condanna il commercio borghese, clericalismo e anticlericalismo, re, nobili e militari, il popolo e i precettori.
  • 25. Opere politiche • Della tirannide (due libri) il primo libro mette a fuoco i puntelli della tirannide: paura e viltà dei cittadini, ambizione,lusso, milizia, clero, nobiltà. Il secondo libro spiega come può vivere sotto un tiranno colui che non vuol rinunciare alla propria libertà interiore (sdegnosa solitudine come ideale dell'uomo libero che si oppone al dispotismo e se gli si preclude una vita dignitosa può scegliere il suicidio). Il trattato si chiude con l'esaltazione del tirannicidio. • Del principe e delle lettere è un'opera di interesse politico - letterario, che analizza il rapporto fra potere politico e letteratura libera. Il principe, consapevole della propria funzione politica ed il letterato memore della propria missione, sono antagonisti inconciliabili (conflitto tiranno / eroe delle tragedie: il letterato è l'eroe). Alfieri condanna il mecenatismo, ritenuto dannoso e corruttore Il trattato si chiude con una esortazione a liberare l'Italia dai barbari. Panegirico di Plinio a Traiano. Alfieri si propone di riscrivere l'omonima opera di Plinio il Giovane, accusato di cortigianeria, per mostrare come uno scrittore libero dovrebbe parlare ad un ottimo principe consigliandolo a deporre il potere e a restituire al popolo la libertà.