Questo documento presenta il risultato di un lavoro realizzato dal Minotauro, in collaborazione con l’Istituto Centrale della Formazione del Dipartimento Italiano della Giustizia Minorile e con il Centro per la Giustizia Minorile della Lombardia.
Obiettivo centrale del progetto era di costituire un momento di confronto tra gli operatori, psicologi, assistenti sociali, educatori, che in Italia lavorano nei Servizi della giustizia minorile. Questo confronto si propone come premessa per uno scambio tra pratiche europee in merito alla valutazione dei minori in ingresso nel circuito penale.
In particolare il progetto intendeva favorire il confronto tra gli psicologi della Giustizia Minorile, cercando di individuare obiettivi e metodi specifici del loro intervento.
Valutare Per Decidere - The Assessment of Young Offenders within the Juvenile Justice Services - Italian
1. Ministero della Giustizia
Dipartimento Giustizia Minorile Istituto Centrale
Centro per la Giustizia Minorile di Formazione
per la Lombardia - Milano del Personale
Valutare per decidere
The Assessment of Young Offenders within the
Juvenile Justice Services
Italian Network for Young
Offenders’ Assessment and
Treatment
INYOAT
Progetto finanziato dall’Unione Europea su decisione del Consiglio del 12 febbraio
2007. “Prevenzione e lotta contro la criminalità”; parte del programma sulla sicurezza
e la tutela delle libertà, GU L 58 del 24.2.2007
I
2. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
Milano, Settembre 2010
II
3. Prefazione
Questo documento presenta il risultato di un lavoro realizzato dal
Minotauro, in collaborazione con l’Istituto Centrale della Formazione del
Dipartimento Italiano della Giustizia Minorile e con il Centro per la Giustizia
Minorile della Lombardia.
Obiettivo centrale del progetto era di costituire un momento di confronto tra
gli operatori, psicologi, assistenti sociali, educatori, che in Italia lavorano nei
Servizi della giustizia minorile. Questo confronto si propone come premessa
per uno scambio tra pratiche europee in merito alla valutazione dei minori in
ingresso nel circuito penale.
In particolare il progetto intendeva favorire il confronto tra gli psicologi della
Giustizia Minorile, cercando di individuare obiettivi e metodi specifici del loro
intervento.
Le domande che il progetto si poneva sono state:
- In che modo una valutazione psicosociale può essere utile per la presa di
decisione della magistratura?
III
4. - Con quali obiettivi specifici può essere realizzata la valutazione
psicosociale: screening, diagnosi, valutazione dell’imputabilità, valutazione
della pericolosità sociale, valutazione del rischio di recidiva?
Per rispondere a queste domande il progetto ha realizzato:
- Un confronto nella letteratura sul tema della valutazione psicosociale in
diversi sistemi penali minorili europei.
- Una ricerca, realizzata attraverso interviste individuali, sugli psicologi che in
Italia lavorano nei Servizi della giustizia minorile.
- Incontri nazionali tra dirigenti dei Servizi della giustizia minorile o referenti
istituzionali.
- Un’analisi delle relazioni che i Servizi italiani inviano alla magistratura come
aiuto per la conoscenza del minore e come base per la decisione della
misura penale da adottare.
- Incontri tra gli psicologi italiani dei servizi della giustizia minorile, per
favorire un confronto sui modelli, i metodi, gli strumenti utilizzati.
- Un seminario internazionale rivolto a Dirigenti e referenti istituzionali dei
Servizi della giustizia minorile italiani sul tema dell’assessment.
- La costituzione di una rete degli psicologi italiani dei servizi della giustizia
minorile attraverso un gruppo mail, per scambio di informazioni e di
strumenti.
Gli esiti del progetto sono illustrati da questo documento. Un volume
sull’assessment dei minori antisociali è in corso di pubblicazione in italiano.
IV
5. Questo documento, che presenta in modo sintetico l’esito delle diverse
azioni del progetto, può essere utile per gli operatori psicosociali che
lavorano con i minori nei Servizi della giustizia minorile e per i magistrati
che prendono decisioni sulla base delle valutazioni espresse dai servizi.
V
6. Indice
Document Development Gruop VII
1. Introduzione 1
2. Il sistema penale minorile italiano 13
3. Tendenze recenti nelle politiche penali in Europa 21
4. Attività di valutazione nei servizi della giustizia
minorile
27
5. L’intervento psicologico nei servizi della giustizia
Minorile 35
6. La valutazione del comportamento antisociale in
una prospettiva evolutiva 71
7. Conclusioni e prospettive 161
Bibliografia 167
VI
7. Document development group
Alfio Maggiolini
Alessandra Ciceri
Cristina Colli
Mauro Di Lorenzo
Giovanna Kluzer
Carlo Trionfi
Cristina Saottini
Veronica Scuffi
Virginia Suigo
Il Minotauro è una cooperativa sociale composta da psicologi, ricercatori e formatori. E’
stato fondato nel 1984. Presiede l’Istituto Gustavo Pietropolli Charmet. Il Minotauro
opera nell’area della prevenzione e del trattamento del disagio psicologico, sociale ed
evolutivo; gli interventi che promuove riguardano attività di consultazione e
psicoterapia, gestione di servizi psicosocioducativi, interventi di prevenzione, ricerca,
formazione e analisi istituzionale. L’approccio teorico e le esperienze pratiche
dell’Istituto sono state presentate in numerosi volumi editi a stampa (www.minotauro.it).
VII
8. Istituto Centrale di Formazione
Cira Stefanelli
Maria Grazia Castorina
Bruno Costa
Elvira Narducci,
Giuseppe Mandalari
Antonella Zanfei
L’Istituto Centrale di Formazione (ICF) ha la finalità di programmare, progettare, realizzare e
valutare le attività formative rivolte a tutto il personale appartenente alla qualifiche dirigenziali,
alle qualifiche funzionali e al comparto sicurezza in servizio presso l’amministrazione della
Giustizia Minorile.
Centro per la giustizia minorile della Lombardia
Flavia Croce
I Centri per la Giustizia Minorile (CGM) sono organi del decentramento amministrativo che
possono avere competenza sul territorio di più regioni e in questi casi fanno riferimento a
più Corti d'appello. Esercitano funzioni di programmazione tecnica ed economica, controllo
e verifica nei confronti dei Servizi minorili da essi dipendenti quali gli Uffici di Servizio
Sociale per i Minorenni, gli Istituti penali per i minorenni, i Centri di Prima Accoglienza, le
Comunità.
VIII
9. 1. Introduzione
Italian Network for Young Offenders Assessment and Treatment
Mentre in passato prevaleva un diffuso pessimismo sulle possibilità di
intervento con i minori che commettono reati e sull’efficacia dell’intervento
penale, oggi i risultati di ricerche metanalitiche dimostrano che è possibile
un intervento che riduca il rischio di recidiva, che è possibile un trattamento
per il disturbo antisociale di personalità e, contrariamente a quanto si
pensava, è anche possibile ottenere un cambiamento di tratti psicopatici di
personalità, con interventi sufficientemente intensivi e prolungati (McGuire,
1995; Salekin, 2010; Andrews, Bonta, 1998).
L’intervento precoce con i minori che sono denunciati può avere un
importante valore preventivo sullo sviluppo della carriera delinquenziale.
Per questo scopo è importante una corretta valutazione del comportamento
deviante, del minore e del suo contesto di sviluppo, per poter effettuare un
intervento efficace nel ridurre il rischio di recidiva.
La valutazione psicosociale dei minori che entrano nel circuito penale può
essere:
- orientata prevalentemente a cercare di individuare i problemi psicologici dei
minori e l’eventuale presenza di psicopatologia, in una prospettiva di cura;
1
10. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
- può essere allargata al contesto famigliare e sociale e non solo al minore,
per valutarne i fattori di rischio e protezione;
- può essere particolarmente attenta alla valutazione del rischio di recidiva;
- può essere orientata a rispondere a specifiche domande della magistratura,
come la maturità/immaturità o la pericolosità sociale.
L’attenzione privilegiata a uno o a più di questi aspetti può dipendere dal
tipo di reato, dalle caratteristiche del minore, da quelle del sistema penale,
dalla fase processuale, oltre che dal modello teorico e dagli orientamenti
metodologici degli operatori che effettuano la valutazione.
L’andamento dei reati minorili mostra che l’età e il genere (adolescenza
maschile) sono tra i fattori di rischio del comportamento trasgressivo. In una
prospettiva evolutiva i reati minorili possono essere espressione sia della
tendenza trasgressiva degli adolescenti, fisiologica, sia di disturbi del
comportamento e della personalità antisociale o di altre psicopatologie.
Possono anche essere, tuttavia, la manifestazione di una difficoltà del
contesto, la famiglia o la scuola innanzitutto, a riconoscere i bisogni
evolutivi dell’adolescente.
Un approccio di psicopatologia evolutiva (Cicchetti, Cohen, 1995;
Achenbach, 2001; Rutter, 1988) porta a dare una grande importanza al
2
Prevention and Fight Against Crime 2007
With financial support from the Prevention of and
Fight Against Crime Programme
European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security
11. 1. Introduzione
Italian Network for Young Offenders Assessment and Treatment
contesto, superando l’idea che un adolescente “abbia” un disturbo, per cui il
comportamento antisociale è interpretato piuttosto come l’effetto di
un’interazione negativa tra bisogni evolutivi e risposte dell’ambiente, in una
prospettiva in cui sono centrali le rappresentazioni del soggetto dei propri
bisogni e delle risposte dell’altro. Un comportamento delinquenziale può
essere il risultato di diversi percorsi di sviluppo e nello stesso tempo è
suscettibile ad ogni momento di possibili evoluzioni differenti.
Poiché uno degli scopi importanti, anche se non il solo, dell’intervento
penale è di ridurre i rischi di recidiva, è indispensabile chiedersi quali
caratteristiche del minore e del suo contesto di vita consentano la
formulazione di una prognosi più favorevole e su quale sia il rapporto tra
obiettivi psicologici di responsabilizzazione e sviluppo da una parte, e
obiettivi più strettamente comportamentali. Solo una maggiore capacità di
valutazione consente di evitare un tipo d’intervento che si limiti a proporre
un’unica risposta, indifferenziata, per tutti gli utenti dei Servizi della giustizia
minorile.
Anche se ai diversi reati possono essere correlati differenti psicopatologie,
in genere nella maggior parte dei casi ci si trova di fronte ad un disturbo
della condotta o a un disturbo antisociale di personalità (DSM-IVR, 2000).
Nei Servizi della giustizia minorile, tuttavia, la diagnosi di disturbo della
condotta o di disturbo antisociale proposta nel DSM-IVR (descritto come
3
12. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
caratterizzato soprattutto da una persistente inosservanza e violazione dei
diritti degli altri, che si manifesta nell’infanzia o nella prima adolescenza, e
continua nell’età adulta), si rivela insufficientemente discriminante.
Un’osservazione sistematica è particolarmente utile per raccogliere dati in
modo comunicabile e costituisce la premessa fondamentale per la
realizzazione di ricerche sull’efficacia dell’intervento del sistema dei Servizi
della giustizia minorile.
L’intervento dei Servizi, in effetti, non ha solo lo scopo di sanzionare il
comportamento e di limitarne le conseguenze negative per la società, ma si
propone anche obiettivi di cambiamento dell’adolescente e di conseguenza
costituisce una forma di trattamento.
Attraverso il lavoro psicosociale, che trova applicazione non solo nella
detenzione, ma soprattutto con misure alternative, si realizzano diversi tipi
d’interventi, che implicano un trattamento del minore e del suo contesto di
vita, attraverso una presa in carico e l’offerta di un supporto psicologico,
sociale o educativo.
La complessità dell’intervento rende difficile una valutazione dei risultati.
L’efficacia dell’intervento penale è spesso misurata in base al criterio della
riduzione delle recidive, un punto di vista necessario, ma non sufficiente,
4
Prevention and Fight Against Crime 2007
With financial support from the Prevention of and
Fight Against Crime Programme
European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security
13. 1. Introduzione
Italian Network for Young Offenders Assessment and Treatment
perché evidentemente gli adolescenti possono ben smettere di commettere
reati, pur restando antisociali o sviluppando un comportamento asociale,
più che antisociale, con marginalità, uso di sostanze, ecc.
In parte, la scarsa attenzione alla verifica dell’intervento è anche dovuta al
diffuso pessimismo sui risultati che caratterizza sia l’intervento penale, sia la
psicoterapia dei disturbi antisociali. Anche se si riconosce che il
comportamento antisociale è persistente, oggi si tende sempre più a
ritenere che sia comunque modificabile. La sua trasformazione, d’altra
parte, avviene spesso spontaneamente, poiché anche nei casi più difficili la
metà dei ragazzi che commettono reati non persiste nel comportamento
antisociale, riuscendo ad acquisire un positivo ruolo sociale, attraverso la
capacità di lavorare e di vivere una relazione di coppia. Poiché nel
determinare questo cambiamento è spesso importante il contesto, sia
familiare sia sociale, in cui il comportamento è inserito, ci si può
legittimamente chiedere in che modo anche l’intervento istituzionale del
sistema penale possa costituire un fattore protettivo e non di rischio per
l’evoluzione successiva. In effetti è stato riconosciuto il rischio di un effetto
iatrogeno della detenzione e in generale del trattamento penale (McGuire,
1995).
Un possibile obiettivo nei Servizi della giustizia minorile è di adottare una
logica che, pensando all’intervento come ad un trattamento, arrivi a
verificare l’efficacia dell’intervento stesso, sia in termini di recidiva, sia per
5
14. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
quanto riguarda l’evoluzione degli adolescenti presi in carico anche da un
punto di vista psicosociale. In questa prospettiva è fondamentale una
raccolta e analisi di dati che consenta di differenziare le caratteristiche dei
minori sottoposti a procedimenti penali, in modo da poter proporre un
intervento che sia effettivamente commisurato alle loro caratteristiche e per
questo efficace, riducendo la probabilità che l’intervento sia effettuato
prevalentemente sulla base delle esigenze istituzionali, più che su quelle
del minore.
La valutazione dei minori tra obiettivi penali e sanitari
Nella valutazione dei minori in ingresso nel circuito penale è importante da
una parte l’individuazione del rischio di recidiva, come criterio per orientare
gli interventi istituzionali, dall’altra una valutazione delle problematiche
psicologiche e sociali che possono essere alla base del loro coinvolgimento
nel circuito penale.
Le probabilità che un adolescente che entra nel circuito penale possa
commettere un nuovo reato sono in genere elevate. E’ difficile avere dati
attendibili e comparabili sulle percentuali di recidiva, per la diversità dei
campioni, per età, per gravità, per i tempi presi in considerazione nel follow
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Prevention and Fight Against Crime 2007
With financial support from the Prevention of and
Fight Against Crime Programme
European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security
15. 1. Introduzione
Italian Network for Young Offenders Assessment and Treatment
up e per i criteri utilizzati (nuova denuncia, nuovo arresto, nuova condanna).
In generale si stima, comunque, che le percentuali di recidiva negli
adolescenti che commettono reati in modo non occasionale siano
particolarmente elevate, almeno fino ai due terzi circa nei tre anni
successivi al primo reato. Nei delinquenti “cronici” (intorno al 5% di chi
commette reati) le percentuali di recidive nei cinque anni successivi sono
del 77% tra i 15-20 anni, del 50% tra 20-25 anni e del 35% tra i 25-30 anni,
con una media di 4,6 reati, per chi commette più di un reato (Rutter, Giller,
Hagell, 1998). I risultati di uno studio condotto in 15 Stati degli Stati Uniti
riportano che più dell’80% di giovani detenuti di età compresa tra i 14 e i 17
anni a tre anni dal rilascio è stato nuovamente arrestato (Langan, Levin,
2002). In uno studio condotto in Gran Bretagna l’88% dei ragazzi fra i 14 e i
16 anni ha commesso un nuovo reato entro due anni dalla data del rilascio
(Hagell, 2002). Un altro studio riporta che a distanza di un anno il 49,2% dei
giovani è stato nuovamente arrestato, il 70,8% a due anni di distanza e il
76,7% a tre anni (Mc Guire et al., 1995). Vermeiren, De Clippele, Deboutte
(2000) riportano una percentuale di recidiva del 46,2% ad un follow-up di
otto mesi.
E’ stata condotta una ricerca su un campione di 103 minori maschi (italiani,
nomadi e stranieri) sottoposti a procedimenti penali nei Servizi della
giustizia minorile di Milano, attraverso la predisposizione di una scheda di
7
16. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
valutazione del rischio di recidiva nella fase di ingresso nei Servizi (Centro
di prima accoglienza, Ufficio di servizio sociale per i minorenni, Istituto
penale minorile) (Maggiolini, Ciceri, Macchi, Marchesi, Pisa, 2009). I risultati
di questa ricerca indicano che un minore su due (54,1%) ha un rischio alto
di recidiva; uno su quattro (25,1%) un rischio medio e uno su cinque
(20,8%) basso. A due anni di distanza dalla presa in carico il 32% dei minori
ha avuto un altro procedimento penale; nessun minore valutato a basso e
medio rischio aveva avuto una recidiva; nei minori valutati all’ingresso con
un alto indice di rischio la percentuale era del 44%, in prevalenza nomadi o
minori italiani con rilevanti problemi psicopatologici.
Questa ricerca mostra che la valutazione del rischio di recidiva, appare
sufficientemente predittiva. Le decisioni della magistratura nella fase di
ingresso dei minori nel circuito penale, inoltre, appaiono sostanzialmente
coerenti con il livello di rischio di recidiva. La verifica sui gruppi più a rischio,
a due anni di distanza, porta a considerare con particolare attenzione le
necessità di intervento nei confronti dei nomadi e dei minori italiani che si
trovano in contesti famigliari difficili e che sviluppano disturbi psicopatologici
gravi. Un dato significativo che emerge dalla ricerca è che il rischio di
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Prevention and Fight Against Crime 2007
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17. 1. Introduzione
Italian Network for Young Offenders Assessment and Treatment
recidiva appare molto correlato a fattori di rischio di contesto (culturale e
famigliare).
Un’altra area importante di valutazione è relativa ai bisogni e ai problemi
psicopatologici che possono essere alla base dei reati.
Il comportamento antisociale può essere espressione di un disturbo della
condotta (disturbo antisociale di personalità) o di altre patologie psichiche
più o meno gravi. Tutte queste esprimono comunque sempre anche
difficoltà di adattamento, nel rapporto fra bisogni adolescenziali, compiti
evolutivi specifici della fase di età, contesto familiare e sociale di crescita.
Nel quadro di un progressivo riconoscimento dell’importanza dei fattori
psicologici alla base della delinquenza, negli ultimi anni sono state condotte
diverse ricerche sul rapporto tra psicopatologia e delinquenza minorile, non
solo per individuarne i precursori infantili e i fattori di rischio, ma anche per
distinguere diverse tipologie di adolescenti antisociali e per individuare la
prevalenza dei disturbi psicologici tra i minori che entrano nel circuito
penale (Dazzi, Madeddu, 2009; Grisso, Schwartz, 2000; Loeber, Farrington,
Stouthamer- Loeber, Van Kammen, 1998; Vreugdenihl, Doreleijers,
Wermeiren, Wouters, Van Den Brink, 2004; Wasserman, McReynolds,
Lucas, Fisher, Santos, 2002; Wasserman, Ko, McReynolds, 2004).
9
18. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
Diversi studi hanno confermato che i giovani che entrano nel circuito
penale, in particolare i detenuti, hanno una possibilità di tre o cinque volte
superiore alla popolazione generale di sviluppare un disturbo mentale
(Teplin, Abram, McClelland, Dulcan, Mericle, 2002; Wasserman,
McReynolds, Lucas, Fisher, Santos, 2002; Vermerein, 2003; Boesky, 2002).
Il disturbo della condotta, in particolare, è la diagnosi più comune negli
adolescenti delinquenti, accanto a quello oppositivo provocatorio (Moffit et
al., 2003; Boesky, 2002). Anche gli adolescenti che abusano di sostanze
corrono un rischio maggiore di incorrere in un comportamento criminale
(Moffit et al., 2000).
Una ricerca su un campione di 66 minori (maschi, età media 16.3 anni; 35%
italiani, 65% stranieri o nomadi), in ingresso nel circuito penale nel 2005
presso i Servizi della giustizia minorile di Milano (detenuti, residenti in
comunità alloggio o in carico presso l’Ufficio di servizio sociale per
minorenni) è stata condotta attraverso un questionario autosomministrato,
la Youth Self Report, e un questionario compilato dagli operatori, la Teacher
Report Form (Achenbach, 2001). La valutazione da parte degli operatori
rileva problemi internalizzanti nel 72% degli adolescenti e una stessa
percentuale di esternalizzanti. I risultati del questionario autosomministrato
10
Prevention and Fight Against Crime 2007
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19. 1. Introduzione
Italian Network for Young Offenders Assessment and Treatment
indicano che il 38% degli adolescenti ha problemi esternalizzanti e il 29%
internalizzanti. Il confronto tra i disturbi psicopatologici valutati dagli
operatori e un indice di rischio di recidiva mostra che il 91,2% degli
adolescenti con un alto indice di rischio ha un livello clinicamente
significativo di problemi di rilevanza psicopatologica. Questa ricerca
conferma che i disturbi sono diffusi tra i minori che entrano nel circuito
penale. Il fatto che il disagio psicopatologico sia soprattutto presente tra i
minori che sono a rischio di recidiva, porta a ritenere che l’intervento
psicologico possa essere utile nel ridurre le recidive.
L’attenzione ai bisogni e alle problematiche che sono alla base dei reati è
un fattore centrale e discriminante dell’efficacia dell’intervento nei servizi
della giustizia minorile (Dowden, Andrews, 1999) e gli interventi in cui il
trattamento educativo e sociale è integrato con quello psicologico sono i più
efficaci nel ridurre le recidive (McGuire, 2004). Una corretta valutazione
psicologica all’ingresso nel sistema penale può essere utile per orientare
l’intervento dei Servizi (Vermerein et al., 2003).
Obiettivo della fase di valutazione non è tanto la formulazione di una
diagnosi psicopatologica, quanto la costruzione di un progetto educativo sul
minore, fortemente radicato nella conoscenza della sua personalità e delle
sue dinamiche di funzionamento psichico, che sostenga la funzione
11
20. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
decisionale del Giudice. Il progetto ha come scopo principale quello di
sostenere la ripresa del percorso di crescita e di promuovere l’acquisizione
di una nuova identità soggettiva e sociale.
La valutazione psicosociale è anche un primo momento atto a favorire la
capacità del minore di rappresentarsi come persona dotata di emozioni, di
desideri e di intenzioni, nonché momento in cui egli può esprimere il proprio
punto di vista sul reato e manifestarne il significato soggettivo.
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21. 2. Il Sistema penale minorile italiano
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Il Tribunale per i minorenni
In Italia l’intervento con i minori dai 14 ai 18 anni che commettono reati è
competenza del Tribunale per i Minorenni, che è stato istituito nel 1934, con
la Legge Minorile n° 1404.
Il funzionamento attuale dell’intervento penale minorile è basato sulle
“Disposizioni sul processo penale minorile” del D.P.R n°
448 del 1988, che
costituiscono un modello innovativo ed un punto d’arrivo in un lungo
percorso legislativo, che tiene conto delle direttive internazionali, in
particolare le “Regole Minime di Pechino” adottate dall’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite, Risoluzione 40/33 del 29 novembre 1985.
Il Codice di procedura penale minorile italiano prevede provvedimenti che
consentono la rapida chiusura del processo, la riduzione di risposte
limitative della libertà personale e più in generale la riduzione del danno che
l’impatto con la giustizia può produrre sul piano educativo. Il Codice indica
13
22. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
inoltre diversi percorsi di uscita dal circuito penale, che valorizzano
interventi di aiuto e sostegno, attuabili attraverso l’azione diretta con il
ragazzo, la sua famiglia, il suo contesto allargato di relazioni, il suo
ambiente, ed attraverso l’azione indiretta, attraverso il coinvolgimento delle
risorse presenti nel contesto di sviluppo.
Una misura importante è la messa alla prova, che consiste nella
sospensione del processo e nell’affidamento del minore ai Servizi della
giustizia minorile che, anche in collaborazione con i Servizi sociali del
territorio, svolgono attività di osservazione, sostegno e controllo. La misura
è applicabile per tutte le tipologie di reato e non soltanto in caso di primo
reato, ha durata massima di tre anni e deve essere necessariamente
condivisa dal minore e concordata con lui. La decisione del giudice si fonda
sugli elementi acquisiti attraverso un’indagine sulla personalità del minore e
sui problemi e le risorse del suo contesto ambientale.
Anche al di là della messa alla prova, la risposta penale alla delinquenza
minorile è tesa a promuovere la coscienza del minore rispetto al significato
del reato e l’assunzione di responsabilità rispetto ai propri comportamenti e
14
Prevention and Fight Against Crime 2007
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23. 2. Il Sistema penale minorile italiano
Italian Network for Young Offenders Assessment and Treatment
tende ad assumere un’ottica progettuale, che privilegi l’aspetto del recupero
sociale alla finalità retributiva della pena.
Per raggiungere questi obiettivi è fondamentale l’intervento dei Servizi della
giustizia minorile.
I Servizi della giustizia minorile
I Servizi della giustizia minorile sono:
1. Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni
2. Istituto Penale per i Minorenni
3. Centro di Prima Accoglienza
4. Comunità educativa.
L’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni si attiva nel momento in cui, a
seguito di denuncia, un minore entra nel circuito penale e lo accompagna in
tutto il suo percorso penale. Avvia l’intervento per il minore in stato di
arresto e di fermo, segue il progetto di intervento in misura cautelare non
detentiva, gestisce la misura della sospensione del processo e della messa
alla prova e complessivamente segue tutte le misure alternative e
sostitutive. Svolge altresì compiti di assistenza in ogni stato e grado del
15
24. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
procedimento, e predispone la raccolta di informazioni utili per
l’accertamento della personalità su richiesta del magistrato.
Il Centro di Prima Accoglienza è una struttura filtro che ospita i minori
arrestati e fermati, per un massimo di 96 ore in attesa dell’udienza di
convalida. Tale servizio si differenzia dal carcere, proprio per limitare
l’impatto che potrebbe avere sul minore, e si connota come un edificio di più
ridotte dimensioni, in cui gli operatori minorili accolgono il minore ed
effettuano un’osservazione preliminare.
L’Istituto Penale per i Minorenni è lo spazio preposto all’esecuzione della
misura cautelare detentiva e della pena e ha una organizzazione funzionale
ad un’azione educativa integrata con gli altri Servizi della giustizia minorile e
del territorio.
Gli Istituti Penali per i Minorenni ospitano minorenni o ultradiciottenni (fino
agli anni 21, nel caso in cui il reato a cui è riferita la misura sia stato
commesso prima del compimento della maggiore età) in custodia cautelare
o in esecuzione di pena detentiva. Il D.P.R. 448/88, introducendo il principio
della residualità della detenzione per i minorenni, opera, di fatto, rispetto al
passato, una decentralizzazione del carcere nel sistema penale minorile.
16
Prevention and Fight Against Crime 2007
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25. 2. Il Sistema penale minorile italiano
Italian Network for Young Offenders Assessment and Treatment
Le Comunità educative sono servizi di supporto all’intervento in area penale
esterna, possono essere gestite dalla Giustizia minorile, anche se
attualmente prevale la formula del convenzionamento con il privato sociale.
In Italia il ricorso ai collocamenti in comunità socio-educative, sia in ambito
di misura cautelare, sia progettuale, rappresenta un ambito importante
dell’intervento penale.
L'accertamento della personalità
Uno dei perni attorno a cui ruota la giustizia minorile è l’attenzione costante
alla personalità dell’adolescente autore di reato; di conseguenza le
decisioni del giudice e gli interventi, di qualsiasi forma essi siano, devono
essere sensibili ai bisogni, alle condizioni ed alle risorse relative alla
personalità del ragazzo. In relazione a questi obiettivi, quindi, l’intero iter
processuale del minore è accompagnato da varie forme e modalità di
accertamenti di personalità.
Come cita l’art. 9 del D.P.R. n.448/1988:
“Il PM e il Giudice acquisiscono elementi circa le condizioni e le risorse
personali, familiari, sociali ed ambientali del minorenne al fine di accertarne
l’imputabilità ed il grado di responsabilità, valutare la rilevanza sociale del
17
26. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
fatto nonché disporre le adeguate misure penali ed adottare gli eventuali
provvedimenti civili”.
E’ bene sottolineare che la legge ha posto l’esigenza della valutazione della
personalità non tanto e non solo per decidere se il minore è in grado di
affrontare il processo, quanto perché il processo stesso si dimensioni, si
adegui e si renda accessibile al soggetto in età evolutiva e quindi rispetti il
percorso di crescita ed acquisizione di un’identità adulta.
La responsabilizzazione
Il Codice di procedura penale D.P.R n. 448 non considera tanto l’autore di
reato come oggetto di sanzioni o in quanto minore come soggetto debole
da tutelare, ma soprattutto come un interlocutore, che può dialogare con
l’adulto magistrato e prendere decisioni sul proprio futuro penale.
Oltre all’importanza di salvaguardare le esigenze educative del minore, il
codice favorisce in questo modo l’attivazione di un processo di
responsabilizzazione. L’accertamento della verità e la sanzione finiscono
per essere secondarie all’obiettivo del recupero del minore attraverso lo
sviluppo di capacità di impegno e riparazione.
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27. 2. Il Sistema penale minorile italiano
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Il processo penale minorile ha un valore educativo, non solo come rispetto
delle esigenze evolutive del minore, ma anche come capacità dello stesso
processo penale di svolgere una funzione di ripresa evolutiva.
Le numerose figure (psicologo, educatore, assistente sociale, giudice,
avvocato), che entrano in relazione con lui durante l’iter processuale
devono perseguire un obiettivo di ripresa dello sviluppo.
Non solo il processo non deve interrompere i processi evolutivi in atto, ma è
anche un’occasione per attivare relazioni educative o per riprendere
percorsi formativi interrotti: tale obiettivo è perseguito sia all’interno del
processo, in quanto coinvolge, ove possibile, i genitori, sia all’esterno come
progetto di recupero del minore attraverso l’inserimento nel territorio,
attraverso la scuola o il lavoro.
In questa prospettiva il processo penale per i minori deve adeguarsi alla
personalità del minore, ai suoi bisogni evolutivi e al suo livello di maturità.
L’accertamento sulla personalità, che è operato da assistenti sociali,
educatori e psicologi, non ha tanto l’obiettivo di formulare una diagnosi, né
di verificare se il minore è in grado di affrontare il processo, quanto di
19
28. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
adattare il processo ai bisogni e alle capacità del minore, al suo livello di
sviluppo e maturità.
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29. 3. Tendenze recenti nelle politiche penali in Europa
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Negli ultimi anni le politiche penali nell’ambito della giustizia minorile sono
passate attraverso tendenze divergenti nei diversi Paesi della Comunità
Europea. Da un lato, è emersa la tendenza ad una maggiore repressione
dei comportamenti penalmente rilevanti, dall’altro vi è stata una notevole
apertura alla cosiddetta “giustizia riparativa” ed infine si è verificata una de-
giurisdizionalizzazione della criminalità minorile (Padovani, Ciappi, 2010).
Osserviamo che in molti paesi europei è in corso un inasprimento delle
politiche penali minorili, che si accompagnano al dibattito
sull’abbassamento dell’età imputabile; tale inasprimento è dovuto in primo
luogo alla crisi del modello riabilitativo, soprattutto nei paesi di lingua
anglofona, accompagnato al riemergere di istanze di difesa sociale e di
controllo. Il pessimismo nei confronti del modello welfaristico, di stampo
riabilitativo, ha fatto sì che si spostasse l’attenzione dall’autore di reato allo
studio delle caratteristiche del reato e della vittima, con obiettivi primari di
sicurezza sociale.
21
30. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
In questa tendenza si inserisce l’affermarsi di un modello di penalità
alternativo a quello tradizionale, basato sulla risposta penale e sulla
punizione come risposta alla trasgressione: il modello della giustizia
riparativa. In tale modello assurge a ruolo primario l’aspetto riparativo della
giustizia penale, quello cioè volto alla risoluzione del conflitto venutosi a
creare a seguito della commissione del reato e alla riparazione del danno
conseguente, prescindendo dal controllo del comportamento e della
retribuzione, perseguito attraverso la punizione. Sempre all’interno del
modello riparativo si osserva con frequenza il ricorso alla pratica della
mediazione (ad esempio la Victim Offender Mediation), nella quale è
riportata sulla scena anche la vittima del reato, in una vicenda da cui,
nonostante sicuramente la riguardi direttamente, veniva tradizionalmente
esclusa.
Per quanto concerne la questione della de-giurisdizionalizzazione, in paesi
come la Gran Bretagna, l’Olanda, il Belgio e la Germania le nuove politiche
criminali sono caratterizzate da misure amministrative (di diversion,
restorative justice, youth panel conferencing) caratterizzate da un forte
intervento dell’autorità locale, con il corrispondente ridimensionamento del
ruolo della magistratura ad un controllo formale di decisioni sostanziali
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31. 3. Tendenze recenti nelle politiche penali in Europa
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adottate a livello degli organi amministrativi. In Gran Bretagna, ad esempio,
la risposta penale appare enormemente diversificata, con l’obiettivo di
evitare per quanto possibile il coinvolgimento in prima istanza del giovane
autore di reato nel sistema penale. A tale proposito la polizia ha a
disposizione una serie di opzioni alternative al rinvio a giudizio: ciò è reso
possibile dallo strumento della diversion.
In modo simile in Germania un’importante eccezione al principio di legalità
è costituita dal potere discrezionale del pubblico ministero di richiedere, in
alternativa al rinvio a giudizio, l’archiviazione del caso in concomitanza con
l’adozione di misure educative; lo scopo di tale pratica è, analogamente
all’esempio della Gran Bretagna, quello di evitare un inopportuno
coinvolgimento del minore nel sistema penale e, sopratutto, di privilegiare la
riabilitazione e l’integrazione dell’autore di reato nella società civile,
rispondendo ad un principio di opportunità sostenuto dalle ricerche
empiriche sulla riduzione della recidiva.
Un filone comune a tali politiche criminali individua l’adozione di parametri
di rischio (risk management) e di indicatori probabilistici (prevenzione
attuariale) posti alla base della presa di decisione sulle misure da adottare,
e si inserisce nel panorama più ampio della maggiore enfasi posta sulla
23
32. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
misurazione dell’efficacia delle politiche di prevenzione della criminalità (la
cosiddetta “what works” policy). I programmi di intervento oggi, a livello
europeo, non possono prescindere da una valutazione dell’efficacia
nell’ottica della riduzione delle recidive. I cambiamenti intercorsi a livello di
politiche penali hanno dunque portato al declino della filosofia trattamentale,
risocializzativa, in favore di obiettivi più legati alla gestione del rischio ed al
contenimento del soggetto in un’ottica preventiva.
Questi orientamenti si riflettono anche a livello delle metodologie della
valutazione del minore. Se infatti in tutta Europa è diffusa la richiesta ai
servizi di accertamento della personalità, maturità e circostanze familiari e/o
personali del giovane delinquente, le procedure e le metodologie più
innovative tendono ad essere rigorose, standardizzate (vedi “Asset”, lo
strumento adottato presso i servizi della Giustizia minorile in Gran Bretagna
per la valutazione del rischio di recidiva; o BARO, analogo strumento per la
valutazione adottato in Olanda e Svizzera), basate su modelli predittivi di
tipo attuariale.
In Italia, nel confronto con altri Paesi europei, la funzione riabilitativa del
sistema penale mantiene tuttavia una grande centralità e questa filosofia di
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33. 3. Tendenze recenti nelle politiche penali in Europa
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intervento è tradizionalmente meno attenta alla questione della valutazione
dell’efficacia. Il sistema italiano appare meno snello e l’iter giuridico è poco
differenziato in funzione della gravità del reato, così come del livello di
rischio, allo stesso modo della risposta penale.
In realtà, pochissimi Paesi in Europa si sono dotati, come Stati Uniti e
Inghilterra, di specifiche linee-guida per la valutazione del minore sottoposto
a procedimento penale, e viene dunque a mancare una formalizzazione
delle prassi in questo ambito. Si viene a creare dunque una sorta di iato tra
la normativa, che stabilisce ad esempio in che momento processuale ed in
quali casi possa essere richiesta una valutazione, o quali siano i servizi e gli
operatori deputati ad effettuarla, e la metodologia impiegata nella prassi
quotidiana.
Per quanto riguarda le questioni di competenza, si rileva che, a livello
normativo, in alcuni Paesi, come la Croazia, i servizi territoriali assumono
un ruolo preminente, mentre in altri, come il Belgio, il Portogallo, la Spagna,
sono i servizi penali specificatamente deputati alla valutazione. In realtà,
nella maggior parte dei Paesi Europei, tende a verificarsi una netta
distinzione tra la competenza minorile civile e quella penale: l’Italia
rappresenta un’eccezione in tal senso, con il giudice minorile competente in
materia sia civile che penale.
25
34. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
In alcuni Paesi, come la Grecia, la richiesta di valutazione sul minore autore
di reato tende ad essere orientata ad aspetti sanitari-psichiatrici, oppure
finalizzata all’individuazione di problematiche legate all’assunzione di
sostanze stupefacenti. L’accertamento di personalità può rappresentare una
prassi (ad esempio in Olanda, Slovenia, così come in Italia) oppure essere
richiesta solo nei casi più gravi.
In particolare, in Germania, la valutazione di personalità del minore prevede
da parte del giudice il coinvolgimento diretto degli insegnanti o dei tutor-
datori di lavoro, nel caso il minore stia svolgendo un tirocinio lavorativo, ad
eccezione dei casi in cui vi sia il fondato rischio che il giovane possa
perdere il lavoro a causa della valutazione.
In definitiva, la mancanza di linee guida condivise a livello europeo
sull’assessment dei minori sottoposti a procedura penale, genera una
pluralità di prassi difficilmente confrontabili.
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35. 4. Attività di valutazione nei servizi
della giustizia minorile
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L’Istituto Centrale di Formazione del Dipartimento Giustizia Minorile ha
indagato il modo in cui i Servizi Minorili in Italia producono le conoscenze
necessarie all’accertamento della personalità del minorenne.
L’accertamento della personalità è un nucleo centrale del lavoro dei Servizi,
un momento cruciale dell’interazione con la magistratura, e le relazioni
prodotte dai Servizi minorili testimoniano nella pratica quotidiana
presupposti e metodologie di lavoro, in cui si integrano conoscenze
psicologiche, sociali e educative. Le relazioni non sono solo l’espressione
delle conoscenze che i servizi raccolgono sulla situazione del minore e sul
suo contesto, ma anche di quanto i servizi ritengono utile comunicare alla
Magistratura. Tra comprensione e comunicazione vi può essere, infatti, uno
scarto significativo, giustificato dall’idea di ciò che da una parte è utile
comunicare alla magistratura, senza d’altra parte sconfinare nel terreno di
una valutazione dei fatti (il reato), di competenza esclusiva della
magistratura, e senza nemmeno rischiare di minare la relazione di fiducia
27
36. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
con il minore e la sua famiglia, un presupposto indispensabile per garantire
l’efficacia dell’intervento.
Sono state analizzate relazioni prodotte dai Servizi della giustizia minorile
italiani, sia redatte nella fase iniziale della presa in carico, sia in fasi di
valutazione avanzate del percorso penale del minore.
Il campione è stato costruito in modo che fosse il più possibile
rappresentativo delle diverse realtà regionali, nord, centro e sud, e dei
diversi Servizi (CPA, USSM, IPM).
Sono state raccolte 168 relazioni così distribuite:
Servizi: 29 CPA di Roma e Sassari; 75 USSM di Bolzano, Napoli, Roma,
Lecce e Torino; 56 IPM di Milano, Catania e Catanzaro.
Sesso: 85% maschi.
Età: 14-16 anni 9,4%, 16-18 40%, 18-21 12,5%.
Nazionalità: italiani 68,8%; gli stranieri provengono in particolare da
Romania 8,8% e Marocco 5%.
Reati: 37,5% contro il patrimonio, 20,6% contro la persona, 16,9% spaccio
e 4,4% altri reati.
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37. 4. Attività di valutazione nei servizi
della giustizia minorile
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Le relazioni sono il frutto della collaborazione di più ruoli professionali
(assistente sociale, psicologo, educatore) nel 50% dei casi. Quando sono
scritte da un solo operatore nella maggior parte dei casi si stratta
dell’assistente sociale (33%) e dell’educatore (17%), non dallo psicologo.
Le relazioni sono state analizzate sia nella forma della stesura (inizio,
contenuto centrale e conclusioni) sia nelle principali aree di contenuto
(descrizione del minore, il reato, la famiglia, il contesto, l’intervento, il
progetto).
Le relazioni, che nella grande maggioranza dei casi sono di due-quattro
pagine di lunghezza, iniziano per lo più con il riferimento al reato come capo
di imputazione (88%). Lo svolgimento della relazione fa riferimento al
minore e ai suoi atteggiamenti e comportamenti e le conclusioni possono
contenere sia considerazioni di carattere generale, senza indicazioni
specifiche alla magistratura (46%), sia indicazioni (24,4%), sia un progetto
articolato (17%).
Le informazioni sono costruite attraverso il colloquio con il minore e
l’osservazione del suo comportamento nella relazione con i servizi, con la
famiglia (54%). Quasi assenti sono i riferimenti a test o griglie codificate
29
38. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
(5%). Un fonte importante di informazione è costituita da altri servizi del
territorio (89%) o da comunità residenziali (24,4%) e scuole (18,2%).
Nella descrizione del minore sono frequenti le informazioni sulla famiglia, la
scuola o gli impegni lavorativi, e sul modo in cui si rapporta all’intervento
della giustizia.
In poco meno della metà (46%) delle relazioni vi sono espliciti riferimenti al
livello di maturità e a tratti stabili di comportamenti e atteggiamenti
(personalità). Nello stesso ordine di frequenza vi sono dati sulla storia
evolutiva, con una particolare attenzione agli eventi della vita del minore.
Meno frequenti sono invece le notizie sulle relazioni con i pari (38%), gli
interessi nel tempo libero (30%), le relazioni sentimentali e sessuali (15%).
Diagnosi esplicite di psicopatologia sono presenti solo nel 13% dei casi.
Lo stile delle relazioni per la maggior parte dei contenuti è di riportare dati e
informazioni, senza una valutazione o un’elaborazione esplicita da parte
degli operatori, come a voler sottolineare una dimensione di oggettività
dell’informazione. Solo quando si fa riferimento ad atteggiamenti del
minore nei confronti degli operatori stessi e dell’intevento dei servizi è più
frequente che vi sia una maggiore esplicitazione delle valutazioni da parte
dell’equipe, attraverso commenti espliciti.
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Prevention and Fight Against Crime 2007
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39. 4. Attività di valutazione nei servizi
della giustizia minorile
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I riferimenti al reato come capo di imputazione costituiscono normalmente
l’avvio della relazione. Nel corso della narrazione, tuttavia, non sono
frequenti i commenti sul senso soggettivo del reato o una valutazione di
fattori di rischio che possano dare indicazioni sul rischio di recidiva, presenti
nel 32% dei casi, con scarsi richiami a precedenti nella carriera
delinquenziale, così come sono scarsi i commenti sulla pericolosità sociale.
Nel 67% dei casi c’è un riferimento esplicito al rapporto tra il reato e il
riconoscimento dell’imputazione da parte del minore. Scarsi sono le
informazioni sulla comprensione delle conseguenze sociali del reato, come i
danni alla vittima, o sulla percezione di gravità o la capacità di capire il
senso del procedimento penale.
I riferimenti alle condizioni e alle relazioni famigliari sono frequenti nelle
relazioni (90%), che descrivono normalmente i componenti del nucleo
famigliare e le condizioni socioeconomiche della famiglia, anche se sono
scarsi i riferimenti al territorio di provenienza e alla dimensione
multiculturale nel caso di minori stranieri. Nella metà dei casi sono espliciti i
riferimenti agli stili educativi e all’atteggiamento nei confronti dell’intervento
della giustizia, ma queste informazioni sono per lo più presentate in modo
non commentato.
31
40. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
Per quanto riguarda l’intervento, nell’83% dei casi vi sono riferimenti agli
interventi dei servizi, passati o attuali. Frequenti sono le notizie sulle
reazioni e le posizioni del minore nei confronti del procedimento penale,
anche se nelle situazioni in cui è presentato un progetto di intervento gli
obiettivi sono normalmente poco esplicitati.
In sintesi, è evidente una certa cautela nelle relazioni a fornire informazioni
e interpretazioni utili ai fini della delineazione delle caratteristiche personali
del minore, probabilmente anche in funzione di non intaccare il diritto di
difesa.
L’attenzione a fornire informazioni senza esprimere valutazioni o giudizi po’
anche essere l’espressione di un orientamento implicito volto a valorizzare
le richieste di trattamento, nella prospettiva di garantire innanzitutto
l’alleanza di lavoro con il minore, premessa fondamentale per il trattamento
che può seguire la fase di valutazione.
L’area del reato che costituisce, con ogni evidenza, la “ragione
sociale”dell’intervento dei servizi. All’interno delle relazioni c’è un’attenzione
a non fornire interpretazioni o sottolineature sul reato e sul suo significato
sociale e personale; risulta, quindi, una dimensione poco utilizzata dagli
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Prevention and Fight Against Crime 2007
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41. 4. Attività di valutazione nei servizi
della giustizia minorile
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operatori. Ciò origina probabilmente da una cultura di servizio volta alla
tutela da possibili stigmatizzazioni del minore e strumentalizzazioni degli
operatori. Tuttavia, su questo aspetto, la ricerca sembra indicare l’utilità di
una riflessione ampia, che riesca a proporre l’utilizzo metodologico di
questa dimensione, un “fatto, un evento da esplorare, valorizzando una
lettura psicosociopedagogica ed evitando, invece, il rischio di
sovrapposizioni con una valutazione giuridica.
L’analisi effettuata porta a porre una serie di quesiti sul modo in cui i Servizi
si rappresentano la domanda della magistratura, in cui costruiscono la
risposta, sul rapporto tra informazioni e valutazioni, sull’uso di strumenti e
sulla possibile integrazione tra sapere sociale, educativo e psicologico nella
conoscenza del minore nella sua relazione con il suo contesto di sviluppo.
33
42. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
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43. 5. L’intervento psicologico nei servizi della
giustizia minorile
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All’interno del nuovo processo penale minorile, il ruolo dello psicologo non
ha una definizione e una collocazione precisa. Ne è però indirettamente
sottolineata l’importanza, accanto ad altre figure professionali, per
l’osservazione e valutazione della personalità richiesta dal giudice, intesa
sia in termini di risorse e limiti personali sia in termini di risorse ambientali,
familiari e sociali.
Per quanto concerne le attuali funzioni dello psicologo, si possono
individuare due grandi sfere d’azione (obiettivi giuridico/istituzionali):
- Attività di valutazione, in fase processuale, ai fini dell’imputabilità, della
pericolosità sociale e delle esigenze conoscitive;
- Attività di supporto sia in sede processuale, sia in fase di esecuzione della
pena.
Non si cerca, in sostanza, di rispondere semplicemente al quesito: quali
sono le condizioni, le risorse personali, familiari, sociali e ambientali del
minore in termini generali, bensì quali sono tali condizioni e risorse in
35
44. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
rapporto alle possibilità reali di risposta in ambito processuale. La legge
sembra chiedere, quindi, per quali condizioni di personalità possono essere
dannose, pregiudiziali, utilizzabili quali condizioni processuali; quali misure,
collocazioni, prescrizioni, sentenze, possono meglio adattarsi e funzionare
per quali minori;quali livelli di contenimento, detenzione e controllo adottare
per quali minori a rischio di fuga e di recidiva grave, etc. Il legislatore,
quindi, richiede allo psicologo che si operi attivamente sia nella direzione
delle condizioni e delle risorse del minore sia nella direzione delle
condizioni e delle risorse esistenti ed attivali nel processo. In questo senso
le dimensioni e le carenze del minore vanno intesi non come “dati” ma
direttamente come domande, sfide e rischi per il giudice e i servizi.
Gli obiettivi specifici dell’accertamento da un punto di vista psicologico
possono essere:
- Screening dei fattori di rischio, come i rischi di comportamenti autolesivi.
- Diagnosi clinica, sulla base di valutazioni categoriali (DSM-IV-TR) o
dimensionali (come avviene attraverso una valutazione dei diversi aspetti
della personalità).
- Valutazione dei bisogni del minore attraverso un bilancio evolutivo, nel
quadro di una psicologia o psicopatologia evolutiva.
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Prevention and Fight Against Crime 2007
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45. 5. L’intervento psicologico nei servizi della
giustizia minorile
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- Accertamento della maturità e della pericolosità.
La pratica del lavoro psicologico nei Servizi della giustizia minorile
Dal gennaio 2009 gli psicologi dei Servizi della giustizia minorile sono
passati dalle dipendenze del Dipartimento della Giustizia a quello delle
Aziende Ospedaliere locali, un cambiamento che ha importanti ripercussioni
sulla definizione del ruolo e delle specifiche funzioni da svolgere.
Questo cambiamento istituzionale assegna, infatti, ad istituzioni sanitarie la
competenza dell’intervento psicologico, lasciando invece alle dipendenze
del Dipartimento della giustizia minorile assistenti sociali e educatori, oltre
agli agenti di polizia penitenziaria.
Ci si può chiedere se questo passaggio porti gli psicologi a privilegiare gli
obiettivi diagnostici all’interno del processo di valutazione, in quanto più
coerenti con un compito sanitario di intervento, lasciando ad altri operatori il
compito di orientarsi ad altri aspetti della valutazione, evolutivi e ambientali.
Il passaggio porta ad interrogarsi sugli obiettivi specifici dell’intervento
psicologico e in particolare dell’attività di valutazione.
37
46. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
Gli psicologi in Italia operano su base locale regionale e non vi sono al
momento linee guida specifiche che traducano in indicazioni operative gli
orientamenti del Codice di procedura penale minorile.
Gli psicologi che operano nella Giustizia minorile in Italia hanno diverse
formazioni teorico-cliniche, differenti collocazioni istituzionali (CPA, USSM,
IPM) e diversi possibili rapporti di collaborazione (consulenti, dipendenti).
Una ricerca sugli psicologi dei Servizi della giustizia minorile
Obiettivi
Per avere indicazioni sul modo in cui nella pratica è interpretato il ruolo
dello psicologo è stata condotta una ricerca tra gli psicologi che operano nei
Servizi della giustizia minorile. Descrivere il modo in cui interpretano il loro
ruolo professionale nell’ambito dei Servizi della giustizia minorile, con quali
obiettivi, metodi, strumenti e livelli di soddisfazione e insoddisfazione, è una
premessa importante per un confronto con il modo in cui le stesse funzioni
sono esercitate all’interno del sistema penale di altri Paesi europei.
L’indagine è stata condotta attraverso interviste semistrutturate a un
campione di psicologi, dipendenti e consulenti, che lavorano nei diversi
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47. 5. L’intervento psicologico nei servizi della
giustizia minorile
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Servizi (IPM, USSM, CPA) al Nord, Centro e Sud d’Italia nei Servizi della
Giustizia Minorile in Italia.
L’intervista ha indagato obiettivi, metodi e strumenti utilizzati nel lavoro
psicologico, le rappresentazioni del compito e del ruolo professionale, nella
specifica collocazione istituzionale e nella relazione sia con gli utenti sia con
gli altri operatori.
L’obiettivo era di verificare, al di là del dettato legislativo, in che modo
concretamente si svolge il lavoro psicologico all’interno dei diversi Servizi,
con quali specifici orientamento e con quali soddisfazioni o difficoltà.
Metodo
Sono stati intervistati 30 psicologi che lavorano all’interno dei diversi Servizi
della Giustizia Minorile in Italia, sia in Centri di Prima Accoglienza, in Istituti
Penali Minorili e in Uffici di Servizio Sociale Minorenni. Anche se il
campionamento non è stato casuale, è comunque distribuito per esperienza
di lavoro, aree geografiche, tipo di Servizio, tipo di rapporto di
collaborazione (dipendenti e consulenti).
Nell’anno 2008 nei Servizi della giustizia minorile erano impiegati 43
psicologi di ruolo (32 a contatto con l’utenza e 11 svolgevano mansioni
formative o avevano altri incarichi istituzionali) e 68 psicologi consulenti
39
48. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
Tabella 1. Campione
Psicologi 30 (23 F, 7 M)
Età 16 (<45 anni)
14 (>45 anni)
Qualifica professionale 9 Psicologi (di cui 3 con specializzazione in
criminologia)
21 Psicoterapeuti
Tipo di contratto 14 dipendenti
16 consulenti
Servizio 15 (IPM)
14 (USSM)
1 (CPA, ma psicologi dell’USSM e IPM
lavorano anche in CPA)
Area geografica 14 (Nord: Milano, Torino, Genova, Venezia,
Treviso)
6 (Centro: Bologna, Firenze, Roma)
6 (Sud: Teramo, Napoli, Bari, Catanzaro)
4 (Isole: Cagliari, Sassari, Catania)
Anni di esperienza professionale 18 (<10)
nel Servizio 12 (>10)
Ore settimanali di lavoro nel 16 (<20)
Servizio 14 (>20)
La prima parte dell’intervista è stata orientata alla raccolta di informazioni
sul ruolo professionale (dati anagrafici, qualifica professionale, tipo di
contratto, ore mensili di lavoro, tipo di Servizio in cui si opera).
La seconda parte ha indagato sulla funzione e sul ruolo ricoperto dallo
psicologo all’interno del Servizio e in modo specifico l’attività di valutazione
della personalità, dei bisogni e delle risorse del minore (le aree prese in
40
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49. 5. L’intervento psicologico nei servizi della
giustizia minorile
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considerazione, il modello teorico di riferimento, gli strumenti utilizzati, il tipo
di utenza e le problematiche riscontrate, la percezione dell’efficacia del
proprio intervento), con una particolare attenzione allo specifico Servizio
(rapporto con gli altri operatori, tipo di collaborazione e livello di
integrazione, eventuali conflitti).
Le attività
Gli psicologi suddividono il loro tempo lavorativo in tre aree principali di
intervento:
- Il lavoro di osservazione e valutazione della personalità del minore e di
sostegno psicologico durante l’iter penale.
- Il lavoro sul contesto, i colloqui con i genitori e gli incontri di rete con i
Servizi del territorio o con gli educatori delle Comunità,
- Gli incontri d’equipe e la stesura di relazioni.
Nell’intervista è stato chiesto di stimare in modo approssimativo la
percentuale di tempo dedicata alle diverse aree di attività. Questa stima,
seppure approssimativa, consente di prefigurare la distribuzione del lavoro.
Non emergono sostanziali differenze tra i servizi, se non per il maggior
tempo dedicato all’USSM al lavoro con i genitori.
41
50. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
Tabella 3. Tempo dedicato alle diverse attività (stima approssimativa)
Attività
Valutazione della personalità e 60%
sostegno psicologico del
minore)
Incontri d’equipe, stesura 30%
relazioni
Colloqui con i genitori e lavoro 10%
di rete
La quasi totalità degli psicologi considera la valutazione della personalità
del minore l’attività principale all’interno del lavoro. Accanto a questa attività
è riconosciuta come importante anche quella di sostegno psicologico al
minore durante l’iter penale, ma il supporto psicologico e la psicoterapia
non sono normalmente considerati l’attività principale.
Tutti gli psicologi considerano il lavoro d’equipe e la rielaborazione dell’esito
dei colloqui, con la stesura delle relazioni, come molto importante, tanto da
dedicarvi una buona percentuale del tempo lavorativo complessivo. Il lavoro
d’equipe è inteso come confronto con gli altri operatori di diverse
professionalità per favorire la condivisione delle conoscenze sul ragazzo ai
fini della costruzione di una valutazione condivisa e di un eventuale
progetto.
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51. 5. L’intervento psicologico nei servizi della
giustizia minorile
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Poco frequente è la partecipazione alle udienze, con un rapporto
generalmente indiretto, quindi, dello psicologo con la Magistratura, mediato
dalle relazioni e da altri operatori.
Nell’area dell’intervento sul contesto di sviluppo dagli intervistati sono state
nominate come attività importanti il lavoro con i genitori e gli interventi di
rete con i Servizi del territorio, soprattutto i Sert, le Uonpia e gli incontri con
gli operatori delle Comunità. Gli incontri con i genitori hanno una prevalente
funzione conoscitiva, innanzitutto con lo scopo di raccogliere informazioni
sul minore e in secondo luogo di valutare la risorse del contesto, più che di
presa in carico dei genitori con funzioni di supporto psicologico.
Gli psicologi che lavorano in USSM svolgono in modo più frequente anche
interventi sul contesto (lavoro con i genitori e lavoro di rete), mentre quelli
che lavorano in IPM e CPA suddividono maggiormente il tempo lavorativo
tra l’attività clinica e i lavoro di equipe.
Il lavoro clinico con il minore, in particolare di valutazione, per quanto
costituisca l’attività principale degli psicologi, rappresenta quindi
complessivamente poco più della metà del lavoro svolto all’interno del
Servizio.
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52. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
Tra gli psicologi intervistati solo un terzo ritiene che questa suddivisione del
tempo di lavoro sia adeguata e soddisfacente. La maggior parte ritiene che
sarebbe auspicabile incrementare il lavoro clinico diretto con il ragazzo ed
in particolare l’attività di supporto psicologico (“Servirebbe più tempo per
stare con il ragazzo, sostenerlo durante tutto il percorso”), senza che
tuttavia questo incremento vada a scapito del lavoro di equipe e
dell’intervento con i genitori, ritenuti comunque importanti.
Il problema principale, quindi, sembra essere costituito dalla mancanza di
tempo, per le ridotte risorse di personale e per il monte ore complessivo
insufficiente. In questo quadro di carenza anche certi adempimenti
burocratici vengono svolti con fastidio, anche perché sottraggono tempo al
lavoro clinico diretto (“Gli adempimenti burocratici sono una seccatura,
tolgono tempo al lavoro con il ragazzo”).
Il compito primario
Generalmente gli psicologi pensano che il lavoro clinico, inteso sia come
valutazione della personalità sia come supporto psicologico del minore,
debba rappresentare l’attività principale che sono tenuti a svolgere
all’interno dei Servizi, il loro compito primario. Questo compito è
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53. 5. L’intervento psicologico nei servizi della
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generalmente inteso come integrato nel lavoro del Servizio, come è
confermato tra l’altro il tempo utilizzato per attività di incontro tra operatori e
di raccordo con il contesto.
Per una parte degli intervistati lo psicologo può avere addirittura una
funzione di raccordo all’interno dell’equipe, in quanto il suo contributo può
favorire l’integrazione tra i diversi punti di vista dei diversi ruoli professionali
(“Lo psicologo è un collante per l’equipe”), in quanto fornisce una chiave di
lettura diversa da quella sociale o educativa ai fini della valutazione del
minore e della costruzione di un progetto.
Vi sono differenze nella descrizione della funzione dello psicologo per tipo
di Servizio.
In CPA l’intervento psicologico è più orientato al processo valutativo; in IPM
appare più importante l’accompagnamento del minore durante la
detenzione in vista del supporto alla condizione di restrizione della libertà e
della costruzione di un progetto, mentre in USSM il lavoro di valutazione e
sostegno è interpretato in un’ottica di trattamento del minore, soprattutto in
direzione di una progressiva motivazione al progetto di messa alla prova.
La quasi totalità degli psicologi intervistati ritiene che vi possa essere
un’integrazione tra gli obiettivi del lavoro psicologico e quelli istituzionali,
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54. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
nonostante siano numerose le difficoltà riscontrate nel conciliare i due
obiettivi. La mancanza di motivazione a ricevere un aiuto da parte dei
minori è un ostacolo anche ad un lavoro integrato, poiché interferisce con la
costruzione di una relazione di fiducia come base per l’intervento. Alle
difficoltà ad impostare un’alleanza di lavoro con il minore, si uniscono
problemi di integrazione tra gli obiettivi dell’intervento psicologico e quelli
del sistema penale, che si manifesta anche nella diversità dei linguaggi
utilizzati.
L’obiettivo di fornire alla Magistratura elementi per un giudizio sul minore
può richiedere un lavoro di valutazione molto approfondito, che fornisca una
risposta esaustiva e definitiva sulla personalità del ragazzo, sui suoi bisogni
evolutivi e sulle sue risorse, sulla psicopatologia, sul livello di maturità e
sulla possibilità di reiterazione del reato, sulla sua disponibilità ad un
intervento e quindi sul tipo di misura/progetto da attivare per quel ragazzo.
L’obiettivo dell’intervento psicologico potrebbe limitarsi a fornire informazioni
e indicazioni sui bisogni e le risorse del minore, come elementi della
valutazione della sua personalità, con indicazioni generiche sul tipo di
progetto sostenibile, che possano aiutare il Giudice a decidere.
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55. 5. L’intervento psicologico nei servizi della
giustizia minorile
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Lo psicologo potrebbe anche spingersi a definire in modo preciso la
diagnosi clinica, o il livello di rischio o il progetto di intervento.
Un problema specifico è costituito dalla difficoltà a conciliare i tempi
dell’intervento psicologico con quelli giuridici. L’idea prevalente è che i tempi
del cambiamento sia evolutivo sia psicoterapeutico siano più lunghi di quelli
dei procedimenti penali, pure non brevi. Solo in qualche caso si sottolinea
che la lentezza dei tempi della giustizia può interferire con le esigenze
evolutive del minore, rallentandone la realizzazione.
Un problema non secondario del lavoro psicologico è costituito dalla
generale carenza di risorse, di personale e di ore, che non consente di
svolgere valutazioni in modo sufficientemente ampio, prolungato e
approfondito. In alcuni casi vi sono esplicite richieste di approfondimento da
parte della Magistratura, sia in termini diagnostici sia più propriamente
peritali, sia come richiesta di una presa in carico psicoterapeutica, fino alla
formulazione di indicazioni anche abbastanza specifiche, che tuttavia si
scontrano con la carenza reale di risorse.
Una questione che emerge sullo sfondo, anche se non sempre in modo ben
delineato, è quanto da una parte lo psicologo o l’equipe degli operatori
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56. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
possa essere precisa nella definizione della valutazione, in termini
diagnostici o di indicazione di progetto, e quanto dall’altra parte la
Magistratura possa essere prescrittiva sulle modalità tecniche di intervento
(somministrazione o meno di test, frequenza delle sedute o altro), con un
rischio di reciproco sconfinamento.
Altre difficoltà nell’integrazione tra gli obiettivi del lavoro psicologico e quelli
penali sono prodotte dal prevalere delle esigenze istituzionali di sicurezza,
che possono portare a sottolineare funzioni di controllo e al prolungarsi di
misure cautelari per ragioni processuali che possono essere poco
sintoniche con gli obiettivi di autonomizzazione individuale.
D’altra parte, gli psicologi sono consapevoli che il fatto che il loro intervento
si svolga in un contesto di obbligatorietà, al di là di alcuni vincoli che
comporta, in realtà è di grande aiuto, costituendo un quadro, un setting, per
l’intervento, che è indispensabile per una riflessione sul significato del reato
e più in generale perché il minore sia più consapevole di sé e del senso del
suo coinvolgimento nel sistema penale.
Complessivamente su questi temi non emergono differenze significative di
opinioni tra gli psicologi che lavorano in IPM, CPA o in USSM. Gli intervistati
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57. 5. L’intervento psicologico nei servizi della
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sembrano concordare, quindi in linea di massima, sulla compatibilità tra
intervento psicologico ed esigenze istituzionali, pur con la sottolineatura
della carenza di tempo e di una certa difficoltà di raccordo con il
“linguaggio” e le esigenze della Magistratura.
Modello teorico di riferimento
Gli psicologi che lavorano all’interno dei Servizi della giustizia minorile
hanno modelli teorici di riferimento diversi. Dalle interviste emerge una
pluralità di approcci che possono essere raggruppati in quattro aree, in cui
l’orientamento psicodinamico sembra prevalente, ma con una buona
rappresentanza di orientamenti sistemici e cognitivo-comportamentali:
Tabella 4. Modelli teorici di riferimento
Psicodinamico 13
Cognitivo-Comportamentale 7
Sistemico-Relazionale 6
Altro 4
E’ importante notare che al di là dell’approccio metodologico generale, solo
una parte degli psicologi fa riferimento ad una formazione specifica in
psicologia giuridica o criminologia, così come ad una formazione in
psicologia dello sviluppo.
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58. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
L’accertamento della personalità
Gli psicologi riconoscono l’importanza sia di una valutazione complessiva
della personalità del minore sia di aspetti specifici, più legati al contesto
penale.
E’ importante per esempio accanto ad un’osservazione delle risorse
personali del ragazzo (affettive, cognitive e relazionali), la valutazione
specifica dell’impulsività e dell’aggressività, accanto al modo in cui il minore
è disponibile all’elaborazione del reato, le sue capacità progettuali o il livello
di rischio psicopatologico.
Mentre le aree di valutazione che concernono in modo più specifico il
contesto penale sono più sensibili al contesto dell’intervento (IPM, USSM,
CPA), la valutazione complessiva della personalità è un compito più
comunemente condiviso.
Tabella 5. Aree della personalità valutate
Aspetti cognitivi
(risorse intellettive, deficit intellettivi, capacità autoriflessive)
Sviluppo affettivo
Area dell’identità sociale
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Rischio psicopatologico
Contesto famigliare e sociale
Controllo dell’impulsività/aggressività
Rischio di agiti auto ed etero aggressivi
Elaborazione del reato
Capacità di adattamento al regime detentivo e al procedimento penale
Capacità di progettare il futuro, motivazione al progetto
Disponibilità alla relazione psicologica
9. Strumenti
Gli psicologi usano come strumento principale il colloquio clinico, al quale
circa due terzi degli intervistati affianca l’uso di test. I test più utilizzati sono
indicati nella tabella VI.
Tabella 6. Test utilizzati
Interviste semistrutturate (SCID II)
Questionari (YSR e TRF di Achenbach, MMPI)
Test cognitivi (WAIS, WISC, Matrici di Raven)
Test grafici (Disegno della famiglia, figura umana)
Test proiettivi (Rorschach, TAT, Blacky Pictures)
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60. Valutare per decidere - The assessment of young
1 dicembre 2010 offenders in juvenile justice services
Altri test utilizzati sono i test grafici, il Questionario sul disimpegno morale,
OSQR (un questionario sul Sé), l’MRO (Modello delle relazioni d’oggetto), il
TMA (test multidimensionale sull’autostima), l’MQR (che rileva indici di
ansia, fobia, depressione e isteria), il FACS, l’SCL 90.
Dalle interviste emerge che il materiale testistico è molto diversificato sia
rispetto alla tipologia dei Servizi sia rispetto alla loro localizzazione, come
se vi fosse una cultura locale di uso del materiale, a parte alcuni test più
utilizzati come il test di Rorschach tra i proiettivi.
Non sembra di poter riscontrare una diretta corrispondenza tra il modello
teorico di riferimento dichiarato e l’utilizzo di specifici test. Molti psicologi
utilizzano, indipendentemente dall’approccio teorico, diversi tipi di test (sia
proiettivi sia cognitivi) anche se i test proiettivi (in particolare il Rorschach)
sono utilizzati soprattutto da coloro che hanno un approccio psicodinamico.
Collaborazione con altri operatori
Le figure professionali con le quali gli psicologi lavorano prevalentemente
sono gli assistenti sociali e gli educatori. Emergono comunque delle
differenze rispetto alle tipologie di Servizio.
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61. 5. L’intervento psicologico nei servizi della
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Se, infatti, in USSM gli psicologi individuano nell’assistente sociale la figura
professionale con la quale collaborano maggiormente, seppure possono
entrare in contatto con figure educative, in IPM e CPA è l’educatore
(insieme comunque all’assistente sociale che viene considerata una figura
importante) la principale figura professionale con la quale gli psicologi
lavorano.
In realtà, le figure con le quali gli psicologi entrano in contatto sono
molteplici, non solo gli agenti, ma anche i mediatori culturali, gli insegnanti e
altri operatori di diversa professionalità dei servizi territoriali.
La quasi totalità del campione intervistato è soddisfatta della collaborazione
tra operatori di diversa professionalità, per quanto non esente da difficoltà di
comunicazione, linguaggio, competenze e obiettivi diversi, competizione tra
i ruoli. Più in generale gli psicologi lamentano uno scarso riconoscimento di
ruolo, un eccesso di discrezionalità nella segnalazione, ma soprattutto una
ridotta disponibilità di tempo e risorse adeguate.
Le opinioni degli psicologi intervistati si suddividono equamente sia rispetto
al tipo di problematica riportata sia alla tipologia del Servizio di
appartenenza.
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62. Valutare per decidere - The assessment of young
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Tabella 7. Problemi nella collaborazione con altri operatori
Mancanza di risorse (tempo e risorse adeguate) 13
Scarso riconoscimento di ruolo (non riconoscimento 11
del ruolo, poco lavoro d’equipe, discrezionalità
nell’assegnazione del caso)
Difficoltà di integrazione (linguaggio, competenze e 6
obiettivi diversi, competizione tra i ruoli)
La mancanza di tempo è ritenuto un fattore importante per garantire un
buon lavoro di integrazione. Anche se la possibilità di integrare le
competenze dei diversi operatori è considerata positivamente perché
contribuisce a determinare una comprensione più completa del minore, la
difficoltà a tracciare i confini tra le diverse competenze e ruoli può creare
sovrapposizioni ed essere fonte di confusione, che nuoce al lavoro.
Infine, alcuni psicologi ritengono che la difficoltà di collaborazione sia legata
soprattutto ad una scarsa valorizzazione riconoscimento del ruolo e della
funzione di psicologo.
Gli psicologi che attribuiscono la difficoltà a lavorare in modo integrato ad
un non riconoscimento del proprio ruolo esprimono un vissuto di maggiore
frustrazione.
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L’utenza
Rispetto alla tipologia di utenza che viene presa in carico dagli psicologi
all’interno dei diversi Servizi della giustizia minorile si osserva una
differenza sia rispetto alla tipologia del Servizio sia rispetto alla sua
localizzazione geografica.
Mentre in città come Milano gli psicologi prendono in carico minori italiani e
stranieri in ugual numero, in Servizi di città più piccole e in particolare al
Sud c’è una maggiore presa in carico di minori italiani rispetto a quelli
stranieri, in particolare in Sardegna dove gli psicologi operano quasi
esclusivamente con minori italiani.
Negli IPM i ragazzi presi in carico sono soprattutto stranieri mentre negli
USSM e nei CPA la maggior parte dei ragazzi presi in carico è costituita da
italiani, in una proporzione che corrisponde complessivamente a quella
della presenza dei minori nei Servizi. Negli USSM gli psicologi normalmente
non prendono in carico tutti i ragazzi, ma solo quelli che sono segnalati
dall’assistente sociale e per i quali si lavora in un ottica progettuale come
nella messa alla prova. Anche nel caso del CPA lo psicologo, che interviene
solo su richiesta dell’educatore, tende ad effettuare una valutazione
soprattutto dei ragazzi italiani per i quali si riscontra un livello di sofferenza
particolarmente alto o problematiche particolari da approfondire.
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