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                        Sintesi del Rapporto INPS
                “IMMIGRAZIONE: UNA RISORSA DA TUTELARE”


L’indagine ha esplorato la presenza di lavoratori migranti negli archivi
dell’Inps relativa al 2002 – ultimo anno per il quale sono disponibili dati
consolidati1; l’analisi compiuta ha permesso di ottenere una fotografia del
lavoro immigrato regolare.

1 - L'evoluzione del fenomeno migratorio dal 1991 al 2002

Tra il 1991 e il 2002 i lavoratori immigrati iscritti all'INPS sono passati da
209.220 a 1.426.391, con un aumento di quasi 7 volte.

I dati per numero di addetti nei vari settori produttivi, all'inizio del periodo
in questione, mostrano che oltre due terzi degli stranieri lavoratori
(70,5%) erano assunti con contratto di lavoro dipendente , mentre circa
un     quinto (19,2%) era impegnato nel lavoro domestico. La quota
rimanente era suddivisa tra operai agricoli (6%) e lavoratori autonomi
(4,3%).

A distanza di 12 anni, è da notare come il settore della collaborazione
familiare sia quello a più alto incremento, avendo quasi decuplicato il suo
numero di addetti (da 40 mila a quasi 350 mila). Nel corso del 2002
infatti, con la registrazione dei lavoratori regolarizzati, ha raggiunto il
24,4% del totale. Il lavoro dipendente mantiene sostanzialmente il suo
peso relativo (69,5%), mentre c'è una contrazione negli altri settori:
l'agricoltura al 3,3% (46.178 addetti), gli autonomi al 2,8 % (38.945).




  Il 2002 è anche l’anno della regolarizzazione (D.L. 9.9.2002 n.195) immediatamente
1

successiva all’entrata in vigore della nuova legge sull’immigrazione (L. 30.7.2002 n.189,
c.d. ‘Bossi-Fini’); era quindi necessario lavorare su dati che fosse possibile depurare degli
effetti dell’una-tantum contributiva prevista dalla procedura di regolarizzazione.




                                                                               -1-
2 - I lavoratori extracomunitari nel 2002

Il quadro generale

Nel 2002, dunque, i lavoratori extracomunitari assicurati presso l'INPS
sono 1.426.391, ripartiti secondo i quattro archivi principali.

La stragrande maggioranza (69,5%) sono dipendenti, il 24,4% lavoratori
domestici, il 3,3% operai agricoli e il 2,8% lavoratori autonomi.

Per quanto riguarda la composizione per sesso, un terzo (34,3%) del
totale dei lavoratori assicurati sono donne.

La disaggregazione per aree geografiche di provenienza conferma che
l'immigrazione in Italia è caratterizzata da una forte frammentazione delle
provenienze e dall'assenza di una o più nazionalità dominanti; le
cittadinanze predominanti sono, comunque, la rumena, l'albanese e la
marocchina.

Nel dettaglio, i lavoratori assicurati provengono:

   •   per 12,2% dalla Romania (174.124), per il 10,3% all'Albania
       (147.713), per il 10,0% dal Marocco (143.268); questi primi tre
       gruppi rappresentano nel 2002 oltre un terzo dei lavoratori
       extracomunitari;
   •   per il 5,7% dall'Ucraina (81.559), per il 4,7% dalle Filippine
       (67.902); per il 4,5% dalla Repubblica Popolare Cinese (64.901);
   •   per il 3% circa dalla Iugoslavia, Tunisia, Senegal, Polonia e Perù
       (35-40mila iscritti); e per il 2-2,5% da Egitto e Sri Lanka.


Altrettanto importante per la comprensione del fenomeno è l'analisi dei
dati su base regionale.

Emerge il ruolo catalizzatore delle regioni del Nord, dove è present e circa
il 60% dei lavoratori extracomunitari; in particolare 460.509 (32,3%)
sono nel Nord Ovest e 372.520 (26,1%) nel Nord Est. Il dato di maggior
rilievo è senza dubbio quello della Lombardia, che da sola ospita 314.224
lavoratori extracomunitari, il 22% del totale.

Altri 341.324 (23,9%) sono presenti nelle regioni del Centro: di questi
oltre 170.000 nel Lazio (11,9%) e poco più di 106.000 in Toscana (7,5%).

Le regioni del Sud e delle Isole accolgono complessivamente ‘solo’
172.807 lavoratori, il 12,1% del totale nazionale.

Nel complesso la classifica regionale vede in testa appunto la Lombardia,
seguita da Veneto (162.961, 11,4%), Lazio, Emilia Romagna (140.678,



                                                                 -2-
9,8%), Piemonte (109.711, 7,7%) e Toscana. In coda Valle d'Aosta            e
Molise, con meno di 3.000 iscritti a testa.

Dai dati sulle singole province emergono con un maggior numero di
presenze Milano (158.800) e Roma (152.054), rispettivamente con l'11%
e il 10,6% del totale nazionale. Seguono, con un netto distacco, Torino
(61.188; 4,3%) e Brescia (47.866; 3,4%).

I lavoratori dipendenti

Lo specifico archivio Inps relativo ai lavoratori extracomunitari dipendenti
riporta, relativamente al 2002, un totale di 992.300 iscritti, ripartiti per
settori di prevalente contribuzione in:
    • 322.229 nel commercio (il 26,3% di tutti i lavoratori
       extracomunitari e il 34,5% dei dipendenti);
    • 174.532 nell'edilizia (14,2% e 9,3%);
    • 139.205 nella metallurgia e meccanica (11,4% e 18,6%).
 Queste tre categorie coprono da sole quasi due terzi dei dipendenti.
 Seguono chimica, tessile e trasporti con valori attorno ai 40-50mila
 addetti.

Se per i settori del commercio e della metallurgia/meccanica le quote di
lavoratori sono rimaste pressoché immutate sin dagli anni '90, l'edilizia ha
visto invece un forte rafforzamento; nel 1994 era il settore di
contribuzione prevalente per meno dell'8% dei lavoratori immigrati,
un'incidenza che al 2002 è quasi raddoppiata, segno di come una quota
sempre più rilevante di immigrati si sia andata collocando in questa area
di impiego.

I la voratori agricoli

Ai lavoratori impiegati come operai agricoli l'Inps dedica un apposito
archivio (suddiviso in operai a tempo determinato ed operai a tempo
indeterminato), separato dalle altre categorie del lavoro dipendente.

In esso, al 2002, risultano iscritti 46.178 extracomunitari, la quasi totalità
dei quali (98,9%) a tempo determinato. Nel complesso gli operai agricoli
rappresentano meno del 4% del totale dei lavoratori extracomunitari,
un'incidenza quasi dimezzata rispetto al 1991, quando erano il 6%.

Peraltro all'epoca era nettamente superiore anche il peso relativo di chi
lavorava a tempo indeterminato: il 12% contro l'attuale 1%.

I lavoratori domestici

I lavoratori stranieri iscritti all'Inps come collaboratori familiari (colf e
assistenti domiciliari) risultavano essere, nel 2002, 348.968: circa il
24,5% di tutti i lavoratori extracomunitari.



                                                                  -3-
Fino a tutti gli anni '90 gli iscritti in questo archivio sono cresciuti ad una
velocità superiore rispetto a tutti gli altri archivi; solo a partire dal 2000 i
lavoratori iscritti nel più generale registro quot;dipendentiquot; hanno visto un
incremento percentuale maggiore, ma il settore ha ripreso un più
accentuato ritmo di aumento dopo la regolarizzazione del 2002.

Il numero degli addetti regolarmente registrati è più che raddoppiato nel
confronto con il 2001 (nel totale come anche nel Nord e nel Centro) se
non triplicato (nel Sud); per cui gli iscritti come collaboratori familiari
presentano nel 2002 una distribuzione praticamente paritaria tra Nord e
Centro-Sud.

A livello regionale, per numero di collaboratori domestici risultano prime il
Lazio (77.126) e la Lombardia (69.547), che assieme detengono il 42%
degli addetti del settore. Con più di 25.000 lavoratori domestici troviamo
poi l'Emilia Romagna, il Piemonte, la Toscana e il Veneto. Con più di
10.000 la Liguria e la Sicilia.

Le aree metropolitane sono quelle che esercitano il maggior richiamo,
come attestano il caso romano - che raccoglie quasi il 21% degli addetti
nel 2002 - e quello milanese.

La categoria dei collaboratori familiari è peraltro la sola tra quelle
registrate nei quattro archivi principali dell'INPS in cui si riscontri una
predominanza femminile: le donne iscritte come colf o assistenti
domiciliari sono infatti 292.688, pari all'84% del totale.

I lavoratori autonomi

I lavoratori autonomi extracomunitari assicurati all'INPS nell'ambito delle
quot;tradizionaliquot; gestioni sono, nel 2002, 38.945; a loro volta suddivisi in:

   •   23.602 artigiani (il 60,6% degli autonomi),
   •   14.448 commercianti (37,1%),
   •   895 fra coltivatori diretti, coloni e mezzadri (2,3%).

L'incidenza femminile tra i lavoratori autonomi extracomunitari è nel
complesso piuttosto bassa: il 26%. Questo dato è però da ricondurre
principalmente al peso numerico degli artigiani, tra i quali solo un 14,4%
sono donne; ben più rilevante il ruolo delle donne tra i commercianti
(42,2%) e, soprattutto, tra i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, dove
l'incidenza è del 72,7%.




                                                                    -4-
3. - Il lavoro sommerso e l'attività ispettiva dell'INPS

Secondo l'ISTAT l'economia sommersa incide per circa un sesto
sull'economia nazionale: è localizzata per poco più di un terzo nel Nord,
per un quinto nel Centro e per poco più del 40% nel Meridione; a livello
regionale si passa da un valore minimo del 10% in Emilia Romagna al
28% della Calabria (i dati territoriali sono relativi al 1998).

L’ISTAT calcola che i lavoratori irregolari nel 2001 sono stati 3.648.000
pari al 15,3% delle forze lavoro regolari complessive (23.444.100), così
ripartiti per settore:
   • 33% in agricoltura,
   • 16,8% nei servizi,
   • 15,7% nelle costruzioni,
   • 6% nell’industria.

Una parte consistente dei lavoratori in nero è costituita da immigrati, che,
se sprovvisti di permesso di soggiorno o con permesso di soggiorno
scaduto, sono portati a ‘rifugiarsi’ nel sommerso.

E' in questo quadro che va inserita l'attività di vigilanza espletata, insieme
ad altri Enti, dal nostro Istituto.

Nel corso del 2003 la vigilanza dell'INPS ha effettuato 147.469
accertamenti ispettivi. Il 61% delle aziende ispezionate è stata riscontrata
in situazione di irregolarità. In queste sono stati rilevati in posizione
irregolare 105.621 lavoratori (4.163 in aziende agricole, 101.458 in altre
aziende), dei quali 94.420 totalmente in nero (completamente sconosciuti
all'Istituto) e cioè quasi nove su dieci: quindi, la pratica più ricorrente, ove
vi sia irregolarità, è l'evasione totale dei contributi.

L'incidenza della presenza straniera sui lavoratori in nero (non dichiarati)
risulta significativa: su 90.386 riscontrati in tale posizione nelle aziende
non agricole, 10.709 sono stranieri extracomunitari (11,9%) e 2.593
stranieri comunitari (2,9%).

Da questi dati emerge che quasi il 15% dei lavoratori sconosciuti
all'Istituto è costituito da cittadini stranieri, con un'incidenza molto più alta
rispetto alla loro incidenza percentuale sulle forze lavoro; questo dato
indica una loro maggiore precarietà e debolezza sul mercato del lavoro per
quanto riguarda la tutela dei diritti assistenziali e previdenziali.

Più precisamente i lavoratori extracomunitari rappresentano il 14,3% dei
lavoratori in nero riscontrati nelle aziende industriali, il 16,7% delle
aziende artigiane e il 19,4% delle aziende agricole; si evidenzia una
modesta flessione rispetto al 2002, anno in cui i dati corrispettivi erano
del 15,2%, del 19,1% e del 21,9%.




                                                                     -5-
A livello di settori merceologici si riscontra un tasso più elevato di
irregolarità nelle aziende edili e in quelle manifatturiere, sia nel settore
industriale che in quello artigiano.

Considerando che l'edilizia rappresenta uno dei settori di maggiore
quot;occupabilitàquot; per i lavoratori extracomunitari, l'elevato tasso di
irregolarità del settore si traduce in una situazione di precarietà e di
carenza di tutela che interessa soprattutto i lavoratori stranieri.

In questo settore si colloca il 37,9% degli extracomunitari in nero
individuati nelle aziende industriali e il 46,9% di quelli riscontrati nelle
aziende artigiane; anche il tasso dei lavoratori comunitari è rilevante,
rappresentando il 42% in entrambe le tipologie aziendali.

Rispetto al 2002 si evidenzia un aumento di lavoratori stranieri in
posizione 'sconosciuta': nel settore edile, infatti, risultava il 23,8% degli
extracomunitari in nero delle aziende industriali e il 44,8% di quelli delle
aziende artigiane, mentre i comunitari rappresentano il 39% in entrambe
le tipologie aziendali.
Nel 2003 nel settore manifatturiero è collocato il 26,9% degli
extracomunitari individuati nelle aziende artigiane (nel 2002 erano il
37,6%) e il 27,7% dei comunitari.

Anche nel settore metalmeccanico sono occupati senza tutela assistenziale
e previdenziale molti lavoratori stranieri; infatti si registra il 17,8% del
totale dei lavoratori extracomunitari individuati sia nelle aziende industriali
che in quelle artigiane, il 21% dei comunitari nelle aziende industriali e il
19,4% in quelle artigiane.

Nel confronto con il 2002 questi dati mostrano un aumento soprattutto nel
contesto produttivo artigiano.

Nelle aziende agricole gli extracomunitari in nero costituiscono il 19,4%
dei lavoratori irregolari (rispetto al 21,9% del 2002).

L'attività di vigilanza nei confronti delle aziende autonome fa registrare,
nel 2003, un elevato tasso di irregolarità soprattutto nel settore del
commercio (62% contro il 49% dell'artigianato),          nel quale trovano
possibilità di impiego molti lavoratori extracomunitari, specialmente nel
commercio ambulante.

Gli extracomunitari irregolari del commercio rappresentano l'83,2% sul
totale degli extracomunitari irregolari del settore delle aziende autonome,
mentre i comunitari raggiungono l'88% sul totale di lavoratori comunitari
irregolari; questi dati mostrano un aumento rispetto al 2002 e - dalle
prime proiezioni - un trend di crescita nel 2004.




                                                                   -6-
4 - Le retribuzioni dei lavoratori immigrati.

Gli archivi dell’INPS contengono interessanti informazioni             circa   le
retribuzioni annue dichiarate dai lavoratori immigrati.

Nel 2002, il monte retributivo è ammontato a circa 9,7 miliardi di euro.
Rapportato a 1.224.751 soggetti assicurati con almeno un contributo
settimanale indica una retribuzione media annua di 7.940,52 euro.

Se si considera che molti lavoratori sono stati assicurati solo per periodi
brevi, si tratta di un reddito disponibile di una certa entità.

Tale reddito varia comunque in maniera consistente in funzione delle
categorie produttive: va dai 167 euro pro capite per gli operai agricoli, ai
3.294 per i lavoratori domestici, ai 8.824 per i lavoratori dipendenti e ai
12.238 per i lavoratori autonomi.

Il 90% del monte retributivo, circa 8,7 miliardi, è andato ai lavoratori
dipendenti, che come si è detto rappresentano circa l’80% di tutti i
lavoratori extracomunitari assicurati con l’INPS.
Il restante miliardo di euro è suddiviso tra domestici (5%), autonomi
(4,9%) ed operai agricoli (0,1%).

Molto differenziate sono le retribuzioni all’interno dei settori produttivi.

Tra i lavoratori dipendenti, si rileva un ventaglio di retribuzioni annue pro
capite molto differenziato, che va dai 37.200 euro del settore credito e
assicurazioni agli 8.000 dell’edilizia.

Così anche per gli autonomi, laddove artigiani e commercianti registrano
valori intorno ai 13.000 euro e i coltivatori diretti solo 6.300 euro.

Tra gli operai del settore agricolo, mentre agli assunti a tempo
indeterminato è spettata una retribuzione media di 660 euro, quelli a
tempo determinato (la stragrande maggioranza) si sono dovuti
accontentare di 160 euro.

Di grande interesse conoscitivo risulta anche la ripartizione del monte
retribuzioni per regioni, che risulta prevalentemente a favore del Nord
Italia (69,2%), rispetto al Centro (20,8%) e al Sud (8,5%), oltre ad un
1,5% di retribuzioni non attribuite territorialmente.

A livello provinciale la quota maggiore di tutte le retribuzioni dichiarate si
riferisce a Milano, con 1,2 miliardi di euro, il 12,4% del totale.

Disaggregando i valori per aree geografiche, si va dai 9.200 euro delle
regioni del Nord (9.500 nel Nord Est e 8.900 nel Nord Ovest), ai 7.300
nelle regioni del Centro, ai 6.200 euro del Sud.



                                                                    -7-
A livello delle singole regioni, le retribuzioni pro capite più alte si
registrano in Friuli Venezia Giulia (10.600 euro), Veneto (9.700) e
Lombardia (9.300); quelle più basse in Campania (5.700), Basilicata
(6.000) e Sicilia (6.000).

Guardando infine ai paesi di origine dei lavoratori, emerge come il 38,9%
del monte retributivo (circa 3,8 miliardi di euro) sia andato a lavoratori
europei, il 30,7% ad africani, il 16,5% ad asiatici e il 9,6% agli americani.

In particolare i gruppi nazionali, ai quali complessivamente sono andate le
quote maggiori, sono albanesi e marocchini (1,2 miliardi ciascuno).

Il dato più significativo è però ancora una volta quello che si ricava
dividendo il monte retribuzioni corrisposto ad ogni gruppo per il rispettivo
numero di lavoratori. In tal modo emerge, ad esempio, che gli albanesi
hanno guadagnato nel 2002 una media di 8.400 euro a testa ed i
marocchini 8.700: entrambi i dati sono al di sopra della media generale.

Molto al di sotto della media risulta invece, tra le cittadinanza più
numerose, la retribuzione pro capite percepita da ucraini (2.400), filippini
(5.500) e dominicani (5.500): si tratta di gruppi nazionali, impiegati per lo
più nel settore della collaborazione familiare, caratterizzato da retribuzioni
più modeste.

E’ da segnalare una spiccata differenziazione nelle retribuzioni percepite
da uomini e donne.

Il monte retributivo è infatti costituito per il 75,2% dall’apporto maschile
(7,3 miliardi di euro), mentre lo stock dei lavoratori si compone per il
65,7% di uomini (804.365) e per il 34,3% di donne (420.386).

In sostanza la retribuzione media per le donne è di 5.740 euro annui (478
al mese), pari al 63% di quella degli uomini (9.091 euro annui, 750 al
mese).

Questa marcata differenza tra i generi, peraltro riscontrabile tra lavoratori
italiani, può essere probabilmente spiegata con l’impatto di differenti
fattori (rapporti di lavoro di più breve durata e inserimento in settori più
scarsamente remunerativi).




                                                                  -8-
5 - Le prestazioni erogate ai lavoratori immigrati

Nel corso del 2002 l’Istituto ha erogato ai cittadini extracomunitari le
seguenti prestazioni:
- 125.738 prestazioni a sostegno del reddito, che comprendono gli
interventi di cassa integrazione guadagni e di mobilità e le indennità di
disoccupazione;
- 6.489 prestazioni assistenziali, ripartite tra pensioni di invalidità civile
(5.000) e pensioni sociali (1.489);
- 89.501 pensioni contributive di invalidità, di vecchiaia e ai superstiti, e
poco meno di 1.000 prestazioni di fondi minori;
- 8.733 pensioni di invalidità pagate dall’INPS a seguito di infortunio
assicurato dall’INAIL.

Una ripartizione continentale dei fruitori vede ai primi posti l’Europa
(41,3%), seguita dall’Africa (29,6%,di cui 19,7% Nord Africa). Segue
l’Asia con il 15,8%, l’America con il 9,3%, l’Oceania con lo 0,2%, mentre il
3,8% sono apolidi.

In media, tra gli immigrati extracomunitari, si riscontra 1 titolare di
pensione contributiva ogni 170 residenti, con valori più significativi per i
seguenti gruppi nazionali: 1 ogni 1000 marocchini, 1 ogni 500 albanesi,
cinesi, senegalesi e all’incirca 1 ogni 100 rumeni, filippini, polacchi.

Questi dati si confrontano con circa 300 pensionati ogni 1.000 italiani
residenti.

La fruizione delle prestazioni a sostegno del reddito,assistenziali e
previdenziali risulta differenziata per settore di inserimento lavorativo,
area geografica di provenienza e durata del soggiorno in Italia (la carta di
soggiorno e la permanenza in Italia costituiscono requisiti necessari per
l’erogazione delle prestazioni assistenziali, come l’assegno sociale e
l’invalidità civile).




                                                                  -9-

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Rapporto INPS > Immigrazione risorsa da tutelare

  • 1. Istituto Nazionale Previdenza Sociale Direzione Generale Monitoraggio Flussi Migratori Sintesi del Rapporto INPS “IMMIGRAZIONE: UNA RISORSA DA TUTELARE” L’indagine ha esplorato la presenza di lavoratori migranti negli archivi dell’Inps relativa al 2002 – ultimo anno per il quale sono disponibili dati consolidati1; l’analisi compiuta ha permesso di ottenere una fotografia del lavoro immigrato regolare. 1 - L'evoluzione del fenomeno migratorio dal 1991 al 2002 Tra il 1991 e il 2002 i lavoratori immigrati iscritti all'INPS sono passati da 209.220 a 1.426.391, con un aumento di quasi 7 volte. I dati per numero di addetti nei vari settori produttivi, all'inizio del periodo in questione, mostrano che oltre due terzi degli stranieri lavoratori (70,5%) erano assunti con contratto di lavoro dipendente , mentre circa un quinto (19,2%) era impegnato nel lavoro domestico. La quota rimanente era suddivisa tra operai agricoli (6%) e lavoratori autonomi (4,3%). A distanza di 12 anni, è da notare come il settore della collaborazione familiare sia quello a più alto incremento, avendo quasi decuplicato il suo numero di addetti (da 40 mila a quasi 350 mila). Nel corso del 2002 infatti, con la registrazione dei lavoratori regolarizzati, ha raggiunto il 24,4% del totale. Il lavoro dipendente mantiene sostanzialmente il suo peso relativo (69,5%), mentre c'è una contrazione negli altri settori: l'agricoltura al 3,3% (46.178 addetti), gli autonomi al 2,8 % (38.945). Il 2002 è anche l’anno della regolarizzazione (D.L. 9.9.2002 n.195) immediatamente 1 successiva all’entrata in vigore della nuova legge sull’immigrazione (L. 30.7.2002 n.189, c.d. ‘Bossi-Fini’); era quindi necessario lavorare su dati che fosse possibile depurare degli effetti dell’una-tantum contributiva prevista dalla procedura di regolarizzazione. -1-
  • 2. 2 - I lavoratori extracomunitari nel 2002 Il quadro generale Nel 2002, dunque, i lavoratori extracomunitari assicurati presso l'INPS sono 1.426.391, ripartiti secondo i quattro archivi principali. La stragrande maggioranza (69,5%) sono dipendenti, il 24,4% lavoratori domestici, il 3,3% operai agricoli e il 2,8% lavoratori autonomi. Per quanto riguarda la composizione per sesso, un terzo (34,3%) del totale dei lavoratori assicurati sono donne. La disaggregazione per aree geografiche di provenienza conferma che l'immigrazione in Italia è caratterizzata da una forte frammentazione delle provenienze e dall'assenza di una o più nazionalità dominanti; le cittadinanze predominanti sono, comunque, la rumena, l'albanese e la marocchina. Nel dettaglio, i lavoratori assicurati provengono: • per 12,2% dalla Romania (174.124), per il 10,3% all'Albania (147.713), per il 10,0% dal Marocco (143.268); questi primi tre gruppi rappresentano nel 2002 oltre un terzo dei lavoratori extracomunitari; • per il 5,7% dall'Ucraina (81.559), per il 4,7% dalle Filippine (67.902); per il 4,5% dalla Repubblica Popolare Cinese (64.901); • per il 3% circa dalla Iugoslavia, Tunisia, Senegal, Polonia e Perù (35-40mila iscritti); e per il 2-2,5% da Egitto e Sri Lanka. Altrettanto importante per la comprensione del fenomeno è l'analisi dei dati su base regionale. Emerge il ruolo catalizzatore delle regioni del Nord, dove è present e circa il 60% dei lavoratori extracomunitari; in particolare 460.509 (32,3%) sono nel Nord Ovest e 372.520 (26,1%) nel Nord Est. Il dato di maggior rilievo è senza dubbio quello della Lombardia, che da sola ospita 314.224 lavoratori extracomunitari, il 22% del totale. Altri 341.324 (23,9%) sono presenti nelle regioni del Centro: di questi oltre 170.000 nel Lazio (11,9%) e poco più di 106.000 in Toscana (7,5%). Le regioni del Sud e delle Isole accolgono complessivamente ‘solo’ 172.807 lavoratori, il 12,1% del totale nazionale. Nel complesso la classifica regionale vede in testa appunto la Lombardia, seguita da Veneto (162.961, 11,4%), Lazio, Emilia Romagna (140.678, -2-
  • 3. 9,8%), Piemonte (109.711, 7,7%) e Toscana. In coda Valle d'Aosta e Molise, con meno di 3.000 iscritti a testa. Dai dati sulle singole province emergono con un maggior numero di presenze Milano (158.800) e Roma (152.054), rispettivamente con l'11% e il 10,6% del totale nazionale. Seguono, con un netto distacco, Torino (61.188; 4,3%) e Brescia (47.866; 3,4%). I lavoratori dipendenti Lo specifico archivio Inps relativo ai lavoratori extracomunitari dipendenti riporta, relativamente al 2002, un totale di 992.300 iscritti, ripartiti per settori di prevalente contribuzione in: • 322.229 nel commercio (il 26,3% di tutti i lavoratori extracomunitari e il 34,5% dei dipendenti); • 174.532 nell'edilizia (14,2% e 9,3%); • 139.205 nella metallurgia e meccanica (11,4% e 18,6%). Queste tre categorie coprono da sole quasi due terzi dei dipendenti. Seguono chimica, tessile e trasporti con valori attorno ai 40-50mila addetti. Se per i settori del commercio e della metallurgia/meccanica le quote di lavoratori sono rimaste pressoché immutate sin dagli anni '90, l'edilizia ha visto invece un forte rafforzamento; nel 1994 era il settore di contribuzione prevalente per meno dell'8% dei lavoratori immigrati, un'incidenza che al 2002 è quasi raddoppiata, segno di come una quota sempre più rilevante di immigrati si sia andata collocando in questa area di impiego. I la voratori agricoli Ai lavoratori impiegati come operai agricoli l'Inps dedica un apposito archivio (suddiviso in operai a tempo determinato ed operai a tempo indeterminato), separato dalle altre categorie del lavoro dipendente. In esso, al 2002, risultano iscritti 46.178 extracomunitari, la quasi totalità dei quali (98,9%) a tempo determinato. Nel complesso gli operai agricoli rappresentano meno del 4% del totale dei lavoratori extracomunitari, un'incidenza quasi dimezzata rispetto al 1991, quando erano il 6%. Peraltro all'epoca era nettamente superiore anche il peso relativo di chi lavorava a tempo indeterminato: il 12% contro l'attuale 1%. I lavoratori domestici I lavoratori stranieri iscritti all'Inps come collaboratori familiari (colf e assistenti domiciliari) risultavano essere, nel 2002, 348.968: circa il 24,5% di tutti i lavoratori extracomunitari. -3-
  • 4. Fino a tutti gli anni '90 gli iscritti in questo archivio sono cresciuti ad una velocità superiore rispetto a tutti gli altri archivi; solo a partire dal 2000 i lavoratori iscritti nel più generale registro quot;dipendentiquot; hanno visto un incremento percentuale maggiore, ma il settore ha ripreso un più accentuato ritmo di aumento dopo la regolarizzazione del 2002. Il numero degli addetti regolarmente registrati è più che raddoppiato nel confronto con il 2001 (nel totale come anche nel Nord e nel Centro) se non triplicato (nel Sud); per cui gli iscritti come collaboratori familiari presentano nel 2002 una distribuzione praticamente paritaria tra Nord e Centro-Sud. A livello regionale, per numero di collaboratori domestici risultano prime il Lazio (77.126) e la Lombardia (69.547), che assieme detengono il 42% degli addetti del settore. Con più di 25.000 lavoratori domestici troviamo poi l'Emilia Romagna, il Piemonte, la Toscana e il Veneto. Con più di 10.000 la Liguria e la Sicilia. Le aree metropolitane sono quelle che esercitano il maggior richiamo, come attestano il caso romano - che raccoglie quasi il 21% degli addetti nel 2002 - e quello milanese. La categoria dei collaboratori familiari è peraltro la sola tra quelle registrate nei quattro archivi principali dell'INPS in cui si riscontri una predominanza femminile: le donne iscritte come colf o assistenti domiciliari sono infatti 292.688, pari all'84% del totale. I lavoratori autonomi I lavoratori autonomi extracomunitari assicurati all'INPS nell'ambito delle quot;tradizionaliquot; gestioni sono, nel 2002, 38.945; a loro volta suddivisi in: • 23.602 artigiani (il 60,6% degli autonomi), • 14.448 commercianti (37,1%), • 895 fra coltivatori diretti, coloni e mezzadri (2,3%). L'incidenza femminile tra i lavoratori autonomi extracomunitari è nel complesso piuttosto bassa: il 26%. Questo dato è però da ricondurre principalmente al peso numerico degli artigiani, tra i quali solo un 14,4% sono donne; ben più rilevante il ruolo delle donne tra i commercianti (42,2%) e, soprattutto, tra i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, dove l'incidenza è del 72,7%. -4-
  • 5. 3. - Il lavoro sommerso e l'attività ispettiva dell'INPS Secondo l'ISTAT l'economia sommersa incide per circa un sesto sull'economia nazionale: è localizzata per poco più di un terzo nel Nord, per un quinto nel Centro e per poco più del 40% nel Meridione; a livello regionale si passa da un valore minimo del 10% in Emilia Romagna al 28% della Calabria (i dati territoriali sono relativi al 1998). L’ISTAT calcola che i lavoratori irregolari nel 2001 sono stati 3.648.000 pari al 15,3% delle forze lavoro regolari complessive (23.444.100), così ripartiti per settore: • 33% in agricoltura, • 16,8% nei servizi, • 15,7% nelle costruzioni, • 6% nell’industria. Una parte consistente dei lavoratori in nero è costituita da immigrati, che, se sprovvisti di permesso di soggiorno o con permesso di soggiorno scaduto, sono portati a ‘rifugiarsi’ nel sommerso. E' in questo quadro che va inserita l'attività di vigilanza espletata, insieme ad altri Enti, dal nostro Istituto. Nel corso del 2003 la vigilanza dell'INPS ha effettuato 147.469 accertamenti ispettivi. Il 61% delle aziende ispezionate è stata riscontrata in situazione di irregolarità. In queste sono stati rilevati in posizione irregolare 105.621 lavoratori (4.163 in aziende agricole, 101.458 in altre aziende), dei quali 94.420 totalmente in nero (completamente sconosciuti all'Istituto) e cioè quasi nove su dieci: quindi, la pratica più ricorrente, ove vi sia irregolarità, è l'evasione totale dei contributi. L'incidenza della presenza straniera sui lavoratori in nero (non dichiarati) risulta significativa: su 90.386 riscontrati in tale posizione nelle aziende non agricole, 10.709 sono stranieri extracomunitari (11,9%) e 2.593 stranieri comunitari (2,9%). Da questi dati emerge che quasi il 15% dei lavoratori sconosciuti all'Istituto è costituito da cittadini stranieri, con un'incidenza molto più alta rispetto alla loro incidenza percentuale sulle forze lavoro; questo dato indica una loro maggiore precarietà e debolezza sul mercato del lavoro per quanto riguarda la tutela dei diritti assistenziali e previdenziali. Più precisamente i lavoratori extracomunitari rappresentano il 14,3% dei lavoratori in nero riscontrati nelle aziende industriali, il 16,7% delle aziende artigiane e il 19,4% delle aziende agricole; si evidenzia una modesta flessione rispetto al 2002, anno in cui i dati corrispettivi erano del 15,2%, del 19,1% e del 21,9%. -5-
  • 6. A livello di settori merceologici si riscontra un tasso più elevato di irregolarità nelle aziende edili e in quelle manifatturiere, sia nel settore industriale che in quello artigiano. Considerando che l'edilizia rappresenta uno dei settori di maggiore quot;occupabilitàquot; per i lavoratori extracomunitari, l'elevato tasso di irregolarità del settore si traduce in una situazione di precarietà e di carenza di tutela che interessa soprattutto i lavoratori stranieri. In questo settore si colloca il 37,9% degli extracomunitari in nero individuati nelle aziende industriali e il 46,9% di quelli riscontrati nelle aziende artigiane; anche il tasso dei lavoratori comunitari è rilevante, rappresentando il 42% in entrambe le tipologie aziendali. Rispetto al 2002 si evidenzia un aumento di lavoratori stranieri in posizione 'sconosciuta': nel settore edile, infatti, risultava il 23,8% degli extracomunitari in nero delle aziende industriali e il 44,8% di quelli delle aziende artigiane, mentre i comunitari rappresentano il 39% in entrambe le tipologie aziendali. Nel 2003 nel settore manifatturiero è collocato il 26,9% degli extracomunitari individuati nelle aziende artigiane (nel 2002 erano il 37,6%) e il 27,7% dei comunitari. Anche nel settore metalmeccanico sono occupati senza tutela assistenziale e previdenziale molti lavoratori stranieri; infatti si registra il 17,8% del totale dei lavoratori extracomunitari individuati sia nelle aziende industriali che in quelle artigiane, il 21% dei comunitari nelle aziende industriali e il 19,4% in quelle artigiane. Nel confronto con il 2002 questi dati mostrano un aumento soprattutto nel contesto produttivo artigiano. Nelle aziende agricole gli extracomunitari in nero costituiscono il 19,4% dei lavoratori irregolari (rispetto al 21,9% del 2002). L'attività di vigilanza nei confronti delle aziende autonome fa registrare, nel 2003, un elevato tasso di irregolarità soprattutto nel settore del commercio (62% contro il 49% dell'artigianato), nel quale trovano possibilità di impiego molti lavoratori extracomunitari, specialmente nel commercio ambulante. Gli extracomunitari irregolari del commercio rappresentano l'83,2% sul totale degli extracomunitari irregolari del settore delle aziende autonome, mentre i comunitari raggiungono l'88% sul totale di lavoratori comunitari irregolari; questi dati mostrano un aumento rispetto al 2002 e - dalle prime proiezioni - un trend di crescita nel 2004. -6-
  • 7. 4 - Le retribuzioni dei lavoratori immigrati. Gli archivi dell’INPS contengono interessanti informazioni circa le retribuzioni annue dichiarate dai lavoratori immigrati. Nel 2002, il monte retributivo è ammontato a circa 9,7 miliardi di euro. Rapportato a 1.224.751 soggetti assicurati con almeno un contributo settimanale indica una retribuzione media annua di 7.940,52 euro. Se si considera che molti lavoratori sono stati assicurati solo per periodi brevi, si tratta di un reddito disponibile di una certa entità. Tale reddito varia comunque in maniera consistente in funzione delle categorie produttive: va dai 167 euro pro capite per gli operai agricoli, ai 3.294 per i lavoratori domestici, ai 8.824 per i lavoratori dipendenti e ai 12.238 per i lavoratori autonomi. Il 90% del monte retributivo, circa 8,7 miliardi, è andato ai lavoratori dipendenti, che come si è detto rappresentano circa l’80% di tutti i lavoratori extracomunitari assicurati con l’INPS. Il restante miliardo di euro è suddiviso tra domestici (5%), autonomi (4,9%) ed operai agricoli (0,1%). Molto differenziate sono le retribuzioni all’interno dei settori produttivi. Tra i lavoratori dipendenti, si rileva un ventaglio di retribuzioni annue pro capite molto differenziato, che va dai 37.200 euro del settore credito e assicurazioni agli 8.000 dell’edilizia. Così anche per gli autonomi, laddove artigiani e commercianti registrano valori intorno ai 13.000 euro e i coltivatori diretti solo 6.300 euro. Tra gli operai del settore agricolo, mentre agli assunti a tempo indeterminato è spettata una retribuzione media di 660 euro, quelli a tempo determinato (la stragrande maggioranza) si sono dovuti accontentare di 160 euro. Di grande interesse conoscitivo risulta anche la ripartizione del monte retribuzioni per regioni, che risulta prevalentemente a favore del Nord Italia (69,2%), rispetto al Centro (20,8%) e al Sud (8,5%), oltre ad un 1,5% di retribuzioni non attribuite territorialmente. A livello provinciale la quota maggiore di tutte le retribuzioni dichiarate si riferisce a Milano, con 1,2 miliardi di euro, il 12,4% del totale. Disaggregando i valori per aree geografiche, si va dai 9.200 euro delle regioni del Nord (9.500 nel Nord Est e 8.900 nel Nord Ovest), ai 7.300 nelle regioni del Centro, ai 6.200 euro del Sud. -7-
  • 8. A livello delle singole regioni, le retribuzioni pro capite più alte si registrano in Friuli Venezia Giulia (10.600 euro), Veneto (9.700) e Lombardia (9.300); quelle più basse in Campania (5.700), Basilicata (6.000) e Sicilia (6.000). Guardando infine ai paesi di origine dei lavoratori, emerge come il 38,9% del monte retributivo (circa 3,8 miliardi di euro) sia andato a lavoratori europei, il 30,7% ad africani, il 16,5% ad asiatici e il 9,6% agli americani. In particolare i gruppi nazionali, ai quali complessivamente sono andate le quote maggiori, sono albanesi e marocchini (1,2 miliardi ciascuno). Il dato più significativo è però ancora una volta quello che si ricava dividendo il monte retribuzioni corrisposto ad ogni gruppo per il rispettivo numero di lavoratori. In tal modo emerge, ad esempio, che gli albanesi hanno guadagnato nel 2002 una media di 8.400 euro a testa ed i marocchini 8.700: entrambi i dati sono al di sopra della media generale. Molto al di sotto della media risulta invece, tra le cittadinanza più numerose, la retribuzione pro capite percepita da ucraini (2.400), filippini (5.500) e dominicani (5.500): si tratta di gruppi nazionali, impiegati per lo più nel settore della collaborazione familiare, caratterizzato da retribuzioni più modeste. E’ da segnalare una spiccata differenziazione nelle retribuzioni percepite da uomini e donne. Il monte retributivo è infatti costituito per il 75,2% dall’apporto maschile (7,3 miliardi di euro), mentre lo stock dei lavoratori si compone per il 65,7% di uomini (804.365) e per il 34,3% di donne (420.386). In sostanza la retribuzione media per le donne è di 5.740 euro annui (478 al mese), pari al 63% di quella degli uomini (9.091 euro annui, 750 al mese). Questa marcata differenza tra i generi, peraltro riscontrabile tra lavoratori italiani, può essere probabilmente spiegata con l’impatto di differenti fattori (rapporti di lavoro di più breve durata e inserimento in settori più scarsamente remunerativi). -8-
  • 9. 5 - Le prestazioni erogate ai lavoratori immigrati Nel corso del 2002 l’Istituto ha erogato ai cittadini extracomunitari le seguenti prestazioni: - 125.738 prestazioni a sostegno del reddito, che comprendono gli interventi di cassa integrazione guadagni e di mobilità e le indennità di disoccupazione; - 6.489 prestazioni assistenziali, ripartite tra pensioni di invalidità civile (5.000) e pensioni sociali (1.489); - 89.501 pensioni contributive di invalidità, di vecchiaia e ai superstiti, e poco meno di 1.000 prestazioni di fondi minori; - 8.733 pensioni di invalidità pagate dall’INPS a seguito di infortunio assicurato dall’INAIL. Una ripartizione continentale dei fruitori vede ai primi posti l’Europa (41,3%), seguita dall’Africa (29,6%,di cui 19,7% Nord Africa). Segue l’Asia con il 15,8%, l’America con il 9,3%, l’Oceania con lo 0,2%, mentre il 3,8% sono apolidi. In media, tra gli immigrati extracomunitari, si riscontra 1 titolare di pensione contributiva ogni 170 residenti, con valori più significativi per i seguenti gruppi nazionali: 1 ogni 1000 marocchini, 1 ogni 500 albanesi, cinesi, senegalesi e all’incirca 1 ogni 100 rumeni, filippini, polacchi. Questi dati si confrontano con circa 300 pensionati ogni 1.000 italiani residenti. La fruizione delle prestazioni a sostegno del reddito,assistenziali e previdenziali risulta differenziata per settore di inserimento lavorativo, area geografica di provenienza e durata del soggiorno in Italia (la carta di soggiorno e la permanenza in Italia costituiscono requisiti necessari per l’erogazione delle prestazioni assistenziali, come l’assegno sociale e l’invalidità civile). -9-