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•La pittura
 gotica
•Giotto
•L’attività
 artistica
•Le opere
•Città
 visitate
 da Giotto
•I seguaci
 di Giotto
•Fine
La pittura gotica
Verso la fine del XIII secolo, la tradizione pittorica
bizantina, ormai assuefatta a vecchie maniere, viene
lentamente abbandonata, in favore di nuove forme
espressive. Il tentativo di rigenerare l’arte pittorica
proviene da alcuni centri privilegiati nella produzione,
sedi di botteghe e ferventi centri culturali. In essi,
autori brillanti e geniali trovano diverse ed originali
forme espressive. Firenze, Siena, Roma, Assisi sono le
città da cui parte una vera e propria rivoluzione
artistica. A Firenze Coppo di Marcovaldo annuncia l’arte
di Cimabue (ma non è chiaro se piuttosto ad essa egli si
ispiri): con alcune Madonne in trono, egli esalta i valori
plastici e drammatici. E’ questa la strada su cui il
maestro fiorentino Cimabue imposta il proprio lavoro,
recuperando la tradizione bizantina colta ed
accentuandone drammaticità e forme plastiche. A
Siena, Duccio di Buoninsegna realizza l’opera sua
incrementando il carattere lineare delle forme e
l’intensità cromatica, valori già presenti in città dalla
seconda metà del Duecento nella pittura locale. I            Maestà, Coppo di Marcovaldo, museo
risultati da lui ottenuti influenzano profondamente          dell’opera di Orvieto.

l’opera d’altri celebri autori senesi, tra i quali Simone
Martini, Pietro e Ambrogio Lorenzetti.
                                                                              Indietro            Avanti
A Roma, negli ultimi decenni del
                                                         Duecento, la pittura trova rinnovamento
                                                         nelle tre personalità di Jacopo Torriti,
                                                         autore dei mosaici dell’abside della
                                                         chiesa di San Giovanni in Laterano; Pietro
                                                         Cavallini, che firma le Storie della vita
                                                         della Madonna della Chiesa di Santa
                                                         Maria in Trastevere; e Filippo Rusuti,
                                                         realizzatore dei mosaici nella parte
                                                         superiore dell’antica facciata di Santa
                                                         Maria Maggiore. Sembra certo che il
                                                         Torriti abbia lavorato ad Assisi,
                                                         partecipando alla decorazione della
                                                         Basilica inferiore di San Francesco.
                                                         All’imponente opera lavorano le
                                                         personalità artistiche più celebri del
                                                         periodo ed Assisi sembra il luogo di
                                                         passaggio e di concentrazione di tutta
                                                         l’arte della fine del Duecento.

Testa della Madonna, mosaico, Jacopo torriti, museo di
Brooklyn.




                                                                               Indietro     Avanti
Cimabue attende alla decorazione del
transetto della Basilica superiore, Simone
Martini affresca la cappella di San Martino,
della Basilica inferiore, Pietro Lorenzetti
realizza un ciclo d’affreschi nella Basilica
inferiore, Giotto negli ultimi anni del
Duecento affresca le Storie di San
Francesco della Basilica superiore.
Quest’ultimo spicca per genialità, fama e
grandezza sugli artisti finora citati.
Considerato il pittore che meglio
rappresenta l’intero Medioevo, Giotto
interrompe la tradizione del passato con
una capacità innovativa che i suoi
contemporanei gli riconoscono e di cui
                                                  L’ultima cena, Pietro lorenzetti, basilica inferiore, S. Francesco,
anche il Rinascimento è debitore. Molte           Assisi.
scuole nascono intorno ai suoi stilemi
creativi, stuoli d’apprendisti a lui s’ispirano e
diffondono nelle città dove egli lavora la sua
maniera.




                                                                                                             Indietro
Giotto

•La vita



•La casa di Giotto




                              Indietro
La vita

                                                        Giotto nacque probabilmente
                                                        nel 1267, a Colle, frazione di
                                                        Vespignano, presso Vicchio di
                                                        Mugello. Di famiglia contadina,
                                                        si racconta che egli venne
                                                        notato da Cimabue mentre
                                                        ritraeva il suo gregge sui sassi
                                                        e assunto dal maestro alla
                                                        bottega. Dopo l‘adattamento
                                                        della famiglia alla città, Giotto
                                                        dovette, infatti, frequentare
                                                        la bottega d'un pittore: le sue
                                                        prime esperienze artistiche,
Le storie di Isacco (1290)
                                                        per stile e composizione,
avvalorano la tesi dell'identificazione del maestro Cimabue. Con lui, Giotto poté
visitare Roma e Assisi, nel 1288, dove poi avrebbe lavorato a lungo. Ben presto
egli iniziò a dipingere per conto proprio. Sono, infatti, del 1290, le "Storie di Isacco"
affrescate in Assisi.



                                                                      Indietro     Avanti
In breve tempo egli divenne a sua volta maestro e il
suo stile innovativo iniziò lentamente ad
affermarsi, pur non trovandosi ancora in una
posizione di rilievo (Corso di Buono,ad esempio, con
il suo rigido stile cimabuesco, è a capo della
Confraternita dei pittori nel 1295). All'ultimo
ventennio del secolo ricorre la datazione delle sue
più antiche opere fiorentine: la "Madonna di San
Giorgio alla Costa" e il "Crocifisso" in Santa Maria
Novella.

                                                           Il crocifisso di Santa Maria Novella

                           Nel 1287, intanto, Giotto sposò Ciuta di Lapo del Pela,
                           dalla quale ebbe cinque figli: quattro femmine e un
                           maschio. Negli anni a cavallo tra il Duecento e il
                           Trecento, il maestro si divise tra Roma e Assisi. Qui
                           controllò l'andamento della decorazione della Chiesa
                           Superiore di San Francesco; a Roma, invece, attese al
                           lavoro del ciclo papale nella Basilica di San Giovanni in
                           Laterano e ad altre decorazioni in occasione del
                           Giubileo del 1300, indetto da Papa Bonifacio VIII.
                    La Madonna di San Giorgio alla Costa
                                                                        Indietro            Avanti
È questo il periodo di massimo splendore per
Giotto; Maestro affermato con una nutrita
bottega, uomo ricco con proprietà terriere, egli
aveva superato per fama il suo maestro Cimabue.
Tale fu la sua fama che egli venne chiamato
nell'Italia settentrionale - fatto eccezionale per
l'epoca - per realizzare uno dei suoi più splendidi
capolavori: il ciclo pittorico della Cappella degli
Scrovegni di Padova. Nel nord dipinse, inoltre,
molte opere oggi perdute di cui conosciamo
l’esistenza grazie alle citazioni di Riccobaldo
Ferrarese.



                                                                  Le storie di Gioacchino ed Anna (cappella
                                                                  degli Scrovegni)




                                    Le storie di cristo (cappella degli
                                    Scrovegni)                                        Indietro                Avanti
Dal 1311 in poi Giotto era di nuovo a Firenze:
la sua presenza in città è testimoniata dai
documenti di alcune speculazioni finanziarie
svolte da alcuni avvocati per suo conto.
Nel 1327 s'iscrisse all'Arte dei Medici e
degli Speziali: all'epoca, dovette aver già
concluso i dipinti della Cappella Peruzzi e
Bardi nella Chiesa francescana di Santa
Croce, e il polittico francescano, connesso
stilisticamente con questo ciclo pittorico e
oggi smembrato in vari musei. L'anno
successivo il pittore risulta impegnato in un
lavoro a Napoli per Roberto d'Angiò, di cui
però nulla è sopravvissuto. Da Napoli si
spostò nuovamente a Firenze solo quando fu
nominato (12 aprile 1334) capomaestro
dell'Opera del Duomo di Firenze. Iniziati
subito i lavori per il campanile, non portò
mai a termine l'opera: morì, infatti, l'8
gennaio 1337.                                    Polittico della Vergine, chiesa di Santa Croce-
                                                 Firenze cappella Bardi.




                                                                                          Indietro
La casa di Giotto
                                                      La cosiddetta casa natale di Giotto fu
                                                      ritratta da disegnatori e da pittori.
                                                      Nel 1876 G. Moricci eseguì una veduta
                                                      prospettica, da cui si può risalire
                                                      all'aspetto originario, prima del crollo del
                                                      primo piano, avvenuto durante il
                                                      terremoto del 1919 .
                                                      Originariamente composta da due piani e
                                                      da uno scantinato, venne restaurata nel
                                                      1840 e poi sul finire del secolo furono
                                                      aggiunti riquadri di pietra arenaria alle
                                                      finestre, in origine piccole e arcuate, ed
                                                      un portale con architrave su mensole di
                                                      gusto gotico.
                                                      La casa è stata acquistata dal Comune di
                                                      Vicchio nel 1975 ed è stata ristrutturata
                                                      con progetto della Soprintendenza ai
Disegno di G. Moricci del 1876, riporta la
scritta in calce: “Giotto parte dalla famiglia
                                                      Monumenti di Firenze negli anni
per recarsi a Firenze accompagnato dal suo            successivi.
maestro Cimabue”.




                                                                                   Indietro     Avanti
Nei locali ristrutturati è stata
allestita una mostra su Giotto
a cura dell'Università
Internazionale dell'Arte, con
riproduzioni a colori delle
opere dell'artista ed una
monografia.
Come venne rilevato nel corso
dei primi rilievi e dei saggi
sulle strutture, la casetta non
era altro che un'appendice di
un'antica casa da signore,
sorta in ampliamento della casa
stessa dopo il XV secolo




                                   Indietro
L’attività artistica
Giotto diventa in vita un artista simbolo, un
vero e proprio mito culturale, detentore di
una considerazione che non muterà, anzi
crescerà nei secoli successivi. Giovanni
Villani scrive di lui : "Il più gran maestro dei
suoi tempi, e colui che più dipinse ogni
figura e azione al naturale“. Per Cennino
Cennini : "Rimutò l'arte di greco in latino e
ridusse al moderno" alludendo al
superamento degli schemi bizantini e
all'apertura verso una rappresentazione che
introduceva il senso dello spazio, del volume
e del colore anticipando i valori dell'età
dell'Umanesimo.



                                                   Santo Stefano, 1330-1335, Firenze, museo
                                                   Horne.




                                                                        Indietro              Avanti
L'esperienza di apprendistato presso Cimabue
                                                            fu senz'altro di stimolo per il giovane pittore, in
                                                            quanto Cimabue all'epoca era un artista
                                                            innovativo e dal linguaggio assolutamente
                                                            moderno, che si liberava dai moduli
                                                            bizantineggianti, evolvendo verso una pittura
                                                            che assimilava l'arte classica ,ricercando
                                                            contemporaneamente effetti realistici ed
                                                            espressivi. Importante in questo senso fu il
                                                            viaggio a Roma, che offrì la possibilità di un
                                                            confronto con la classicità, ma anche con artisti
                                                            come: lo scultore Arnolfo di Cambio e i pittori
                                                            della scuola locale: Pietro Cavallini, Jacopo
                                                            Torriti e Filippo Rusuti , che erano animati dallo
                                                            stesso spirito di innovazione e sperimentazione
                                                            operando nei cantieri delle grandi Basiliche
                                                            inaugurati da Papa Niccolò III e da Papa
                                                            Niccolò IV.


Polittico Stefaneschi, Roma, Pinacoteca vaticana, tavola.


                                                                                                    Indietro
Le opere

•Il crocifisso di Santa Maria Novella
•La Madonna di San Giorgio alla Costa
•Santo Stefano
•Il Polittico Stefaneschi
•Opere cappella degli Scrovegni
•Il polittico dei Domenicani
•La Maestà degli Uffizi
•Da: Le storie di San Francesco
•Il Campanile di Giotto




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Il crocifisso di Santa Maria Novella
                                            Citato in un testamento di tale Ricuccio di
                                            Puccio del Mugnaio nel 1312 è il primo
                                            soggetto che Giotto affronta in maniera
                                            rivoluzionaria, il Crocifisso di Santa Maria
                                            Novella databile nel corso del decennio che va
                                            dal 1290 al 1300.
                                            Nella figura del Cristo il cui corpo morto cade
                                            facendone intuire tutto il peso, non c'è più
                                            l'inarcatura dei precedenti cimabueschi e di
                                            Giunta Pisano. La forma non più nobilitata,
                                            senza i consueti stilemi è anzi assolutamente
                                            umana e popolare, contiene tutto il senso della
                                            sua arte e della nuova sensibilità religiosa che
                                            restituisce al Cristo la sua dimensione terrena
                                            e da questa trae il senso spirituale più
                                            profondo, non ha nulla di regale nell'aspetto
                                            ,eccetto l'aureola, ma mostra le sembianze di
                                            un uomo umile realmente inchiodato.
                                            L'esperienza di Giotto si arricchiva nel
contesto toscano e Fiorentino animato in quel periodo da grandi fermenti innovativi. A
Pisa la bottega di Nicola Pisano e poi del Figlio Giovanni Pisano aveva cominciato un
percorso di recupero della pienezza della forma e dei valori dell’arte classica, mentre
Siena in contatto privilegiato con molti centri culturali europei, aveva visto oltre ai
Pisano, lo sviluppo della pittura di un artista del calibro di Duccio di Boninsegna.
                                                                                         Indietro
La Madonna di San
Giorgio alla Costa

     La prima opera del catalogo giottesco, la
     Madonna di San Giorgio alla Costa mostra
     una solida resa della volumetria dei
     personaggi le cui attitudini sono più
     naturali che in passato, il trono con la sua
     prospettiva centrale forma quasi una
     “nicchia” architettonica suggerendo il
     senso della profondità. La novità del
     linguaggio di questa piccola e
     frammentaria tavola si comprende meglio
     facendo un raffronto con gli esempi
     fiorentini che lo avevano preceduto, come
     Coppo di Marcovaldo.




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Santo Stefano
Esempio di provino di ricostruzione filologica sulla tecnica della tempera ad uovo su tavola, con
riferimenti alle fasi della doratura.
                                                                1 - Preparazione della tavola  
                                                                2 - Doratura a “guazzo” con foglia
                                                                d’oro  
                                                                3 - Colorazione di rifinitura delle
                                                                ombreggiature  
                                                                4 - Preparazione del fondo con bolo
                                                                per la doratura  
                                                                5 - Preparazione del supporto ligneo
                                                                (vari strati: gesso, colla, imprimiture
                                                                colorate)  
                                                                6 - Preparazione del disegno a
                                                                spolvero.  
                                                                7 - Esempio di stesura tratteggiata
                                                                tipica della tempera ad uovo  
                                                                8 - Colorazione base “incarnato”
                                                                (ocre, biacca, cinabro, nero)  
                                                                9 - Punzonatura sulla doratura  
                                                                10 - Lumeggiatura  
                                                                11 - Colorazione di rifinitura a base
                                                                rosso cinabro  
                                                                12 - Colorazioni di preparazione per
                                                                decorazione del tessuto



                                                                                             Indietro
Il polittico stefaneschi
           Commissionato a Giotto dal cardinale
           Jacopo Stefaneschi, il dipinto bifronte
           è suddiviso in tre scomparti – quello
           centrale leggermente più largo – che
           inquadrano le figure entro cornici
           architettoniche gotiche. Attualmente
           inserito in una cornice moderna,
           rappresenta al centro del lato anteriore
           San Pietro in trono; negli scomparti
           laterali figure di santi. Più complesso è il
           lato posteriore con al centro Cristo in
           trono e, negli scomparti laterali, il
           Martirio di San Pietro e il Martirio di
           San Paolo. Una Vergine in trono è
           raffigurata al centro del lato posteriore
           della predella. Gli altri scomparti, che di
           essa si sono conservati, mostrano figure
           di santi.




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Il tema principale del                     Lato anteriore
polittico è la glorificazione
del papato e di Pietro.
Raffigurato con delle chiavi
in mano, veste il mantello
rosso che il papa indossava
subito dopo la sua elezione.
In collegamento con il lato
posteriore del polittico,
egli appare così il primo
papa e il successore di
Cristo. Ai suoi piedi, a
sinistra, il cardinale
committente è vestito con
un’elegante e ricca
dalmatica bianca, tipica dei
giorni di festa, è il titolare
della chiesa di San Giorgio
al Velabro, è presentato da
San Giorgio ai cui piedi si
intravede il drago, e porge
il modellino del polittico. Di
fronte a lui è inginocchiato
Celestino V di cui lo
Stefaneschi fu il primo biografo; il papa è presentato da un personaggio identificabile con Clemente I che
aveva accettato con riluttanza la sua elezione, oppure con Celestino I. Queste figure insieme ai due angeli
formano ai lati di Pietro una sorta di mandorla.



                                                                                    Indietro        Avanti
Lato posteriore
              Cristo in trono
Il lato posteriore è più ricco di particolari. Entro un’edicola di
forme gotiche, è inserito Cristo benedicente sul trono,
vestito di blu. Schiere di angeli dai colori tenui disposti in file
simmetriche ma non rigidamente schematiche, formano
intorno una sorta di nicchia. A differenza dell’altro lato dove
le vesti calavano i personaggi nel loro tempo, su questo lato
l’importanza è data alla sfera celeste. Il cardinale è
rappresentato come semplice uomo e peccatore che non osa
toccare con la destra il piede del Salvatore. Egli è
inginocchiato in primo piano sul tappeto, piuttosto lontano
rispetto al trono che pure tocca con la sinistra. Il cappello
cardinalizio giace appena visibile sul tappeto. La minore unità
di misura adottata in questo scomparto centrale era
necessaria per un rapporto armonico con le scene laterali dei
martirii.




                                        Indietro         Avanti
Lato posteriore
Crocifissione di San Pietro
 La Crocifissione di San Pietro è incorniciata dai due
 edifici bianchi, la piramide e la meta Romuli,
 tradizionalmente ritenuti luogo del martirio. La
 crocifissione avviene su un semplice suolo piatto
 marrone, parallelo al quale si estendono i due bracci
 orizzontali della croce, quello maggiore e quello
 minore. La figura di Pietro appare libera dal fondo
 dorato. Le figure degli astanti stanno leggermente in
 semicerchio. La folla è scalata in profondità
 nonostante le scarse indicazioni spaziali e il fondo
 dorato. Due angeli concludono lo spazio terreno al di
 sopra del quale San Pietro in una mandorla viene
 trasportato in cielo. L’angelo a destra è barbuto. La
 spiegazione dell’insolita rappresentazione si può
 trovare nella Legenda Aurea, che tramanda che Pietro,
 durante la sua crocifissione, ricevette da Cristo un
 libro da cui lesse le sue ultime parole. Giotto inventò
 una figura di angelo simile a Cristo nell’aspetto che
 porge un libro aperto. Le vesti delle due donne a
 sinistra sono caratterizzate nel vestiario ricco come
 donne di alto stato sociale. Giotto volle significare la
 presenza di nobili tra le seguaci dell’umile martire.



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Lato posteriore
       Decollazione di San Paolo

Anche la Decollazione di San Paolo è caratterizzata dalla grande
varietà di atteggiamenti della folla disposta, in questo pannello,
in due gruppi asimmetrici, il cui andamento è sottolineato dalla
linea delle rocce retrostanti. Al centro è il gruppo del carnefice
nell’atto di riporre la spada nel fodero, e del santo con la testa
tagliata, circondato da donne piangenti. Sotto la testa del Santo
sono visibili le tre fonti che secondo la leggenda sgorgarono nei
punti dove essa rimbalzò. Due angeli celesti in atteggiamento
dolente assistono al martirio. A sinistra, sulle rocce popolate di
alberelli verdi scuri, Plautilla riceve il drappo insanguinato del
martirio e dialoga con San Paolo che, dalla mandorla della sua
assunzione, si sporge verso di lei. Il piccolo edificio a pianta
circolare è reso con grande attenzione prospettica. Con questo
edificio l’artista ha voluto probabilmente rappresentare un
Martyrion contenente le reliquie di Paolo, di cui però non si ha
notizia.
La salvatio animae, nei due tondi con i martiri alati che salgono al
cielo, è la ricompensa e il culmine della scena del martirio. Giotto
ha sfruttato a pieno la possibilità offerta dall’arco ogivale, dando
a questo motivo un risalto nuovo per l’epoca.



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Elenco delle opere di Giotto nella cappella degli Scrovegni

•Le storie di Gioacchino ed Anna
•Le storie della Vergine
•Le storie di Cristo
•Le storie della passione
•Il giudizio universale
•Le allegorie dei vizi e delle virtù
•I coretti
•La finta struttura architettonica
•La volta stellata




                                                       Indietro
Le storie di Gioacchino ed Anna
Tutto il registro superiore della parete destra è occupato dalle sei scene dedicate
ai genitori della Madonna. Nessuno dei quattro Vangeli riporta questo racconto, che
trova pochissimi precedenti iconografici anteriori o contemporanei a Giotto




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Le storie della Vergine
I sei episodi dedicati all'infanzia e al matrimonio di Maria sono dipinti con
rispondenza simmetrica di fronte alle scene di Gioacchino e Anna, sul lato opposto
della Cappella. Si stabilisce così una serie di rimandi dall'una all'altra parete, una
lettura alternata, suggerita continuamente dalla disposizione speculare degli
affreschi. Giotto inserisce l'Arcangelo annunciante e Maria sui due pilastri opposti
dell'arco trionfale, realizzando un collegamento tra le due pareti.




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Le storie di Cristo
Le storie dell'infanzia e della vita di Cristo coprono l'intera fascia centrale della
decorazione parietale. Di grande importanza è la funzione svolta dalle scene dipinte
sull'arco trionfale: la Visitazione (a destra, sotto la Madonna annunciata) - che
collega direttamente l'inizio delle storie di Gesù con il ciclo precedente, dedicato
alla Vergine - mentre il Tradimento di Giuda (sulla parete opposta) chiude, in modo
drammatico, l'esistenza pubblica di Cristo e fa da cerniera con la sequenza della
Passione, inaugurata dall'Ultima Cena.




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Le storie della Passione
Seguendo attentamente il racconto evangelico Giotto conclude le Storie di Cristo
con le scene dell'Entrata in Gerusalemme e della Cacciata dei mercanti dal tempio: il
Tradimento di Giuda, sull'arco trionfale, dà avvio alla sequenza degli episodi della
Passione, o, più esattamente della Passione, Morte e Resurrezione, visto che il ciclo
si conclude con la Pentecoste.
Si compie in questo modo la prima, fondamentale parte del programma iconografico
complessivo della Cappella: la redenzione dell'uomo da parte di Cristo, a cui seguono
la lotta tra il Vizio e la Virtù e il Giudizio finale.




                                                                            Indietro
Il giudizio universale
La vasta composizione si stende sull'intera controfacciata e costituisce il punto
d'arrivo della simbologia morale, del cammino di salvazione rappresentato nella
Cappella. Più che l'accentuazione mistica o il senso di orrore per le pene dei dannati
appare dominante il tema della giustizia: questa scelta è ribadita anche dalla
centralità della Virtù relativa fra le allegorie dello zoccolo; sotto questo aspetto, è
possibile istituire un parallelo tra la visione morale proposta da Giotto e quella di
Dante.




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Le allegorie dei vizi e delle virtù
Un compito di grande importanza nel sistema simbolico è svolto dalle allegorie a
monocromo delle Virtù e dei Vizi dipinte sopra lo zoccolo a finti marmi che corre
lungo la parte basse della navata. Il basamento simula il marmo anche nella
consistenza materiale, essendo realizzato con la difficile tecnica dello stucco
romano. Le figure simboliche si trovano quasi a livello del riguardante, tanto da
poter essere definite una sorta di 'registro di attualità'. Infatti, mentre la storia
sacra delle pareti narra episodi avvenuti nel passato e il Giudizio Universale della
controfacciata anticipa un evento futuro, il campo d'azione delle Virtù e dei Vizi è il
presente, il mondo terreno.




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I coretti
Sull'arco trionfale, a livello del registro inferiore con le Storie della Passione, sono
simmetricamente affrescate due finte architetture, definite cappelle segrete o
coretti, con bifore gotiche e volte a crociera da cui pendono due lampadari metallici
di forma cilindrica.
                                        I significati iconografici
                                        Due finte architetture, definite cappelle
                                        segrete o coretti, con bifore gotiche e volte a
                                        crociera da cui pendono due lampadari metallici
                                        di forma cilindrica creano un eccezionale
                                        effetto di illusione spaziale. Sono aperture
                                        architettoniche simulate, con un significato
                                        fortemente prospettico, che forse alludono alla
                                        funzione funeraria della cappella. Il punto di
                                        fuga è invertito rispetto a quello delle edicole
                                        gemelle in cui si trovano i due personaggi
                                        dell'Annunciazione, nella parte alta dell'arco
                                        trionfale. Qualunque sia il significato simbolico
                                        dell'immagine, ci si trova di fronte a uno dei più
                                        liberi e innovativi passaggi di tutta la pittura di
                                        Giotto: una sorta di manifesto della nascita
                                        della prospettiva pittorica in senso moderno.

                                                                                 Indietro
La finta struttura architettonica

Giotto sovrappone all'architettura reale
dell'edificio una propria architettura
finta, immaginando una sorta di arca in
muratura alla cui base sta lo zoccolo in
finti marmi intramezzati dai finti rilievi
dipinti con le raffigurazioni allegoriche dei
Vizi e delle Virtù e poi aperta, man mano
che va su, da una serie di aperture,
quadrate quelle più grandi e mistilinee le
più piccole, culminanti nelle due enormi
aperture che,in alto, lasciano vedere il
cielo stellato.




                                                         Indietro
La volta stellata




Preludio alle storie di Cristo              Preludio alle storie di Maria




                                                                            Indietro
Cacciata di Gioacchino dal tempio
                    I significati iconografici
                    Gioacchino, giunto in tarda età
                    senza prole, viene allontanato dal
                    tempio di Gerusalemme dallo scriba
                    Ruben, perché non era consentito
                    accedervi a chi non avesse
                    procreato.
                    La scena si svolge nel Tempio di
                    Gerusalemme, presso il pulpito per
                    la presentazione della legge o
                    Bimah, dove uno scriba impartisce
                    benedizioni. Il tabernacolo con
                    colonne tortili rappresenta il Sancta
                    Sanctorum , il luogo più segreto del
                    santuario dove era custodita l'arca
                    dell'Alleanza. Lo scriba Ruben
                    allontana Gioacchino che ha un
                    capretto in braccio.




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Gioacchino fra i pastori
                 I significati iconografici
                 Gioacchino, umiliato e addolorato,
                 si ritira in montagna tra i pastori
                 che accudiscono le sue greggi e vi
                 rimane cinque mesi senza dare
                 notizie di sé. Solo il cagnolino gli va
                 incontro festoso. La scena è
                 ambientata sullo sfondo di una
                 montagna rocciosa con alberi.




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Un angelo appare ad Anna in preghiera
                      I significati iconografici
                      Anna moglie di Gioacchino, rimasta a
                      casa riceve dall'angelo l'annuncio
                      della prossima maternità.
                      Nella scena è rappresentato
                      l'interno della casa di Anna, dove
                      quest'ultima accoglie il messaggio
                      dell'Angelo del Signore. Sulla
                      sinistra, l'ancella (forse Giuditta)
                      fila. Nel timpano del poggiolo, in una
                      conchiglia sorretta da angeli, è
                      raffigurato Isaia, profeta di Maria.




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Gioacchino offre a Dio il sacrificio di un capretto
                             I significati iconografici
                             Gioacchino, incoraggiato dall'angelo,
                             offre a Dio un capretto come
                             sacrificio propiziatorio. Sull'altare
                             del sacrificio sta bruciando un
                             capretto. In alto, la mano di Dio.
                             Gioacchino è inginocchiato in atto di
                             adorazione mentre compare un
                             angelo con caduceo. Alle spalle di
                             Gioacchino, un pastore guarda verso
                             il fumo del sacrificio.




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Il sogno di Gioacchino
               I significati iconografici
               E' quasi notte e Gioacchino risposa
               addormentato. L'angelo della scena
               precedente compare in sogno e
               annuncia a Gioacchino la prossima
               paternità, incoraggiandolo a tornare
               a casa. Due pastori assistono alla
               scena




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Incontro di Gioacchino ed Anna alla Porta Aurea
                           I significati iconografici
                           Gioacchino, accompagnato dai
                           pastori, ritorna verso casa ed alla
                           Porta Aurea riabbraccia Anna,
                           venutagli incontro dopo essere stata
                           avvertita da un angelo. Fanno da
                           sfondo alla scena le mura di
                           Gerusalemme, con muratura
                           ghibellina. Un gruppo di amiche
                           accompagna Anna e Giuditta reca in
                           mano un mantello foderato di vaio,
                           simbolo, secondo il Bellinati, dell'ex-
                           vedovanza di Anna. Una vedova,
                           ancora racchiusa nel suo mantello
                           bruno congiunge il gruppo con la
                           scena principale.




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Nascita di Maria e Lavanda
                  I significati iconografici
                  Anna riceve tra le sue braccia la
                  bimba Maria, circondata dalle
                  ancelle che recano sulle spalle
                  fasce per neonati. In primo piano,
                  due ancelle si prendono cura di
                  Maria dopo il bagno: una le stringe
                  delicatamente il naso perché
                  cresca gentile, come era uso in
                  molte regioni italiane fino al secolo
                  scorso.




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Presentazione di Maria al tempio
                   I significati iconografici
                   Maria a tre anni, viene condotta al
                   tempio e affidata ai sacerdoti. La
                   scena si svolge all'ingresso del
                   Tempio di Gerusalemme, dove
                   Gioacchino è vicino al vecchio
                   Simeone (112 anni) e alla profetessa
                   Anna. Il sommo sacerdote Abiatar
                   accoglie Maria, sorretta da Anna,
                   mentre in primo piano altri due
                   sommi sacerdoti commentano la
                   scena.




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Consegna delle verghe
             I significati iconografici
             Maria vuole consacrarsi al Signore e
             pertanto bisogna scegliere l'uomo cui
             affidarla. Il Sommo Sacerdote
             Abiatar convoca gli uomini celibi della
             tribù di Giuda e si fa consegnare da
             ognuno di loro un ramoscello: Maria
             verrà affidata a quello dal cui
             ramoscello fiorito volerà una
             colomba. Giuseppe, con l'aureola, è
             fra i giovani. Il sommo sacerdote
             Abiatar riceve i ramoscelli alla
             presenza dello scriba Ruben.




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Preghiera per la fioritura delle verghe
                        I significati iconografici
                        All'interno del Sancta Sanctorum i
                        ramoscelli , portati dai giovani della
                        Tribù di Giuda e da Giuseppe,
                        vengono posti sull'altare fra due
                        incensieri e il sommo sacerdote
                        Abiatar prega perché si verifichi
                        l'evento straordinario. Fra i giovani,
                        anch'essi raccolti in preghiera,
                        Giuseppe.




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Matrimonio della Vergine
                 I significati iconografici
                 Maria è promessa sposa all'anziano
                 Giuseppe. La solenne cerimonia
                 degli sponsali o consacrazione,
                 secondo il rito ebraico, avviene alla
                 presenza di Abiatar . Giuseppe reca
                 nella sinistra il ramoscello divenuto
                 giglio, da cui sta per spiccare il volo
                 una colomba bianca, e offre a Maria
                 un anello. Maria porta i capelli sciolti
                 (come le donne nubili) e ornati da un
                 diadema. Sulla sinistra, un giovane
                 della Tribù di Giuda spezza un
                 ramoscello in segno d'ira.




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Corteo nunziale
            I significati iconografici
            Accompagnata da due dignitari del
            tempio e da sette ancelle, Maria
            ritorna a Nazareth nella casa
            paterna. Maria ha l'abito degli
            sponsali. Accompagnano il ritorno
            tre suonatori con il capo coronato
            di alloro.




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Missione dell’annuncio a Maria




I significati iconografici
Due schiere di angeli, alcuni musicanti, che rappresentano l'eternità, circondano il
trono dell'Altissimo. L'angelo Gabriele, sulla destra, attende l'ordine di annunciare
a Maria la sua imminente maternità in piedi. A sinistra, invece,
inginocchiato,Gabriele riceve dalla mano di Dio la missione di scendere a Nazareth).




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Annunciazione
I significati iconografici
All'interno della casa di Nazareth, L'arcangelo
Gabriele annuncia a Maria il mistero
dell'Incarnazione. Nella mano destra reca il
messaggio, alla maniera latina. Maria, colpita dal
verbo divino, accanto al leggio, stringe in mano un
libro d'argento, come nel dramma sacro
"Mysterium Mariae et Angeli" che veniva
rappresentato a Padova il 25 marzo. La scena
dell'Annunciazione era una delle rappresentazioni
più classiche e più amate. Giotto ne fissa per
sempre la memoria, in un'immagine che avrà una
grande fortuna in tutta la pittura successiva. La
scena è in una posizione privilegiata per tutti
coloro che entravano nella Cappella dalla porta
d'ingresso.




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Visitazione
   I significati iconografici
   Maria, accompagnata da due delle sette
   ancelle, rende visita ad Elisabetta sua
   parente, moglie di Zaccaria e prossima madre
   di Giovanni il Battista. Maria reca in dono una
   fascia per neonati, di augurio per la prossima
   maternità.




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Nascita di Gesù e annuncio ai pastori
                       I significati iconografici
                       Maria depone Gesù in una
                       mangiatoia, aiutata da un
                       personaggio femminile, mentre
                       Giuseppe riposa. In cielo, cinque
                       angeli rendono grazie a Dio, di cui
                       uno rivolge l'annuncio a due
                       pastori, raffigurati di spalle,
                       avvolti nei mantelli. Giotto risolve
                       il problema dell'ubicazione della
                       nascita di Gesù, sollevato dai
                       Vangeli apocrifi, ponendo la stalla
                       entro una grotta di montagna.




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Adorazione dei Magi
             I significati iconografici
             Giotto colloca l' Adorazione dei
             Magi prima della presentazione al
             Tempio, invertendo l'ordine usato
             dal Vangelo dello Pseudo Matteo. La
             Cometa non è quella di Halley, come
             erroneamente a lungo sostenuto, ma
             più verosimilmente una cometa
             descritta dal celebre astronomo e
             matematico padovano Pietro
             d'Abano ( Bellinati). Due inservienti
             trattengono due cavalcature o
             dromedari . I tre re Magi offrono
             doni: Melchiorre, inginocchiato,
             l'oro; Baldassarre reca , con una
             cornucopia, la mirra e Gaspare
             l'incenso. Due angeli e la sacra
             famiglia completano la scena.




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Presentazione di Gesù al Tempio
                    I significati iconografici
                    E' una scena molto importante
                    perché ha consentito di individuare
                    la fonte letteraria di Giotto in
                    questo ciclo: sotto la volta del
                    Sancta Sanctorum, il vecchio
                    Simeone (112 anni) riceve da Maria
                    il bimbo, con le mani coperte da un
                    drappo ( come si usava fare quando
                    si riceveva un dono dall'imperatore,
                    secondo il Bellinati). Alla sua
                    destra, la profetessa Anna reca un
                    cartiglio con la scritta " quoniam in
                    isto erit redemptio mundi" , unica
                    negli apocrifi e citata dal vangelo
                    dello Pseudo Matteo. Giuseppe reca
                    in dono due giovani colombe.




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Fuga in Egitto
          I significati iconografici
          Giuseppe, Maria e Gesù bambino
          fuggono in Egitto per sottrarsi alle
          persecuzioni dei re Erode, dopo
          esser stati avvertiti in sogno da un
          angelo. Quest'ultimo indica la strada
          al gruppo che vede anche una
          ragazza, con il capo coronato di
          edera, vicino a Giuseppe e tre giovani
          sulla stessa strada della carovana.




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Strage degli innocenti
                 I significati iconografici
                 Erode impartisce ordini dall'alto
                 di una loggia, mentre sullo sfondo
                 è raffigurata l'antichissima
                 Basilica della Natività a
                 Betlemme ( Bellinati). In primo
                 piano si staglia il gruppo delle
                 madri che piangono i loro figli,
                 molti dei quali giacciono, senza
                 vita, al centro della scena. I gesti
                 dei soldati che infieriscono con
                 crudeltà, aumentano la
                 drammaticità della scena.




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Gesù tra i dottori
             I significati iconografici
             Gesù fanciullo siede, in prossimità
             della Pasqua ebraica, nel tempio di
             Gerusalemme fra dieci dottori della
             Legge. Assistono alla scena
             Giuseppe e Maria, in piedi con le
             aureole, che lo trovano dopo una
             lunga ricerca.




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Battesimo di Gesù
                I significati iconografici
                Cristo, immerso nelle acque del
                fiume Giordano, riceve il
                battesimo dalle mani di
                Giovanni Battista.
                Quest'ultimo è accompagnato
                da due discepoli, mentre, sul
                lato opposto, quattro angeli
                assistono alla scena e recano la
                tunica e il mantello di Gesù.
                L'Eterno Padre appare in alto
                con il libro degli insegnamenti
                divini ed una colomba, oggi
                quasi interamente scomparsa.




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Nozze di Cana
                                                    I significati iconografici
                                                    L'iconografia sembra rifarsi
                                                    alle "Meditationes" sulla vita di
                                                    Cristo dello Pseudo-Bonventura
                                                    ( Bellinati) , un testo molto
                                                    popolare nel medioevo.
                                                    Secondo un'antica tradizione,
                                                    il personaggio seduto alla
                                                    sinistra di Cristo (lo sposo)
                                                    sarebbe il futuro evangelista
                                                    Giovanni che, lasciata la moglie
                                                    nel giorno delle nozze, avrebbe
                                                    seguito come apostolo Gesù. Il
                                                    personaggio con l'aureola,
                                                    invece, è Andrea apostolo. Al
                                                    centro, il gruppo delle donne
                                                    con al centro la sposa e Maria,
                                                    che chiede al figlio di

trasformare l'acqua delle sei giare in vino.


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Resurrezione di Lazzaro
                   I significati iconografici
                   Cristo, circondato dagli
                   apostoli compie il miracolo
                   della resurrezione di Lazzaro,
                   dopo che Marta e Maria,
                   sorelle del defunto, lo avevano
                   implorato. Lazzaro, avvolto in
                   bende, è sostenuto da due
                   apostoli. In primo piano due
                   garzoni spostano la pietra
                   tombale.




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Ingresso a Gerusalemme
                 I significati iconografici
                 scena, bipartita, mostra Gesù
                 che entra a Gerusalemme
                 seguito dagli apostoli, accolto
                 da una folla festante che
                 stende a terra mantelli, mentre
                 due ragazzi raccolgono rami di
                 ulivo. L'architettura raffigura,
                 con probabilità, la "cittadella di
                 David" con le torri che si
                 salvarono dalla distruzione
                 della città.




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Cacciata dei mercanti dal Tempio
                     I significati iconografici
                     Gesù, accompagnato dai suoi
                     apostoli, caccia i profanatori dal
                     tempio, impugnando delle corde
                     come flagelli. Sulla destra i sommi
                     sacerdoti Caifa e Anna
                     commentano la scena.




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Tradimento di Giuda
        I significati iconografici
        Giuda Iscariota tradisce Gesù e lo vende
        per trenta denari ai sacerdoti ed agli
        scribi del tempio, che cercavano di
        liberarsene perché temevano il popolo in
        concomitanza della Festa degli Azzimi.
        Satana è dietro le spalle di Giuda, che ha
        l'aureola nera. Ha inizio da questa scena il
        racconto della Passione e della morte di
        Cristo.




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L’ultima cena
            I significati iconografici
                È uno dei temi iconografici più
            famosi e più rappresentati. Giotto
            coglie il momento degli sguardi
            interrogativi degli apostoli dopo
            che Gesù, durante la celebrazione
            della Pasqua, ha annunciato che
            uno di loro lo tradirà. Giuda siede
            di spalle con il mantello giallo e
            l'aureola nera, diversa dalle altre,
            anneritesi posteriormente per
            cause chimiche.




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Lavanda dei piedi
             I significati iconografici
                 Nella stessa architettura dove
             si svolge l'Ultima cena, Gesù lava i
             piedi agli apostoli, in un gesto in cui
             il Figlio di Dio si inginocchia
             davanti all'uomo. La scena è
             sovrastata dall'Adorazione dei
             Magi ( dove gli uomini si inchinano
             davanti al Figlio di Dio) e, ancora
             più in alto, dalla preghiera di Anna,
             in un gioco di rispondenze e
             parallelismi rilevato da più di uno
             studioso.




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Bacio di Giuda
            I significati iconografici
                Al centro di una folla di soldati,
            accorsi con lance e torce, si compie
            il tradimento e Giuda bacia Gesù. A
            destra Caifa indica il Cristo,
            mentre, a sinistra, Simon Pietro
            taglia l'orecchio a Malco, servo del
            sommo sacerdote.




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Gesù dinnanzi a Caifa
               I significati iconografici
                  Gesù viene arrestato e portato
               davanti al sommo sacerdote Caifa,
               che, in questa scena, siede vicino ad
               Anna. Caifa interroga Gesù e, udite
               le risposte, si straccia le vesti in
               segno di dolore per le affermazioni
               di Gesù ritenute sacrileghe: un
               gesto analogo alla raffigurazione
               dell'Ira nello zoccolo con i Vizi.
               Intanto un soldato, presente alla
               scena, alza il braccio per dare uno
               schiaffo a Gesù.




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Flagellazione
            I significati iconografici
                Sulla destra, il gruppo con
            Ponzio Pilato che non ha voluto
            esprimere un giudizio, rimettendo
            la decisione nelle mani delle
            autorità locali. Sulla sinistra, la
            scena prosegue: Gesù viene
            schernito, flagellato, e deriso
            come re dei Giudei.)




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Salita al calvario
                I significati iconografici
                       Gesù porta la croce uscendo
                dalla porta di Gerusalemme. Sullo
                sfondo, un gruppo di soldati con
                lance, picche ed alabarde. La madre
                di Gesù segue il corteo, anche se si
                cerca di allontanarla. Nella scena ci
                sono altri soldati e sacerdoti del
                Tempio: un soldato dietro al Cristo
                lo spinge con un bastone; un altro
                impugna il martello per la
                crocifissione. Due contadini si
                imbattono nel corteo: uno di loro è il
                Cireneo che porterà, scalzo, la croce
                per un tratto (Bellinati). Si può
                notare come nella Salita al Calvario
                Cristo esca con la croce in spalla
                dalla stessa porta di Gerusalemme,
                merlata e turrita, attraverso la
                quale era festosamente entrato
                nella penultima scena del registro
                mediano della stessa parete.


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Crocifissione
          I significati iconografici
           Cristo inchiodato sulla
          croce(Crocifissione), con
          inginocchiata ai piedi Maria
          Maddalena, a sinistra la Madonna
          sostenuta da Giovanni l'Evangelista e
          da Maria Cleofe e, sulla destra, il
          centurione romano convertito ( e
          pertanto con l'aureola) tra i soldati
          che si disputano le vesti del
          crocifisso. In cielo, dieci angeli
          rappresentano forse la
          partecipazione cosmica al dolore
          ( Bellinati). Sul cartiglio del
          Crocifisso la scritta "HIC. E.
          IESUS /NAZARENUS/ REX
          IUDEORUM" che non trova riscontro
          nei Vangeli né canonici né apocrifi ma
          che ha un precedente in Cimabue.


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Compianto
        I significati iconografici
           È una delle scene più espressive
        dell'intero ciclo, grazie ad una
        capacità ineguagliabile di
        rappresentare lo spazio, le figure e
        i gesti attorno al corpo senza vita
        di Cristo. Le braccia aperte di
        Giovanni apostolo, al centro della
        rappresentazione, come pure lo
        sguardo intenso di Maria, la
        diagonale della montagna rocciosa,
        la disperazione dei dieci angeli che
        riproducono tutte le manifestazioni
        della disperazione umana,
        esprimono un dramma che diventa
        universale




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Resurrezione di Gesù - ”Noli me tangere”
                           I significati iconografici
                                  Due angeli sono seduti sul
                           sepolcro di marmo, mentre alcuni
                           soldati dormono profondamente.
                           Il Cristo risorto compare a Maria
                           Maddalena, giunta al sepolcro per
                           piangere, e la invita a non seguirlo
                           e a non toccarlo. Sul vessillo, le
                           parole "victor mortis". Questa
                           scena ebbe da subito una grande
                           fortuna iconografica e venne
                           riprodotta pochi anni dopo negli
                           Antifonari della cattedrale di
                           Padova. In questo riquadro Giotto
                           usa la tecnica dello stucco
                           romano, recuperata dopo anni di
                           oblio, per rendere la lucentezza
                           del marmo.




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Ascensione
         I significati iconografici
            Sulla sommità del monte degli
         Ulivi, Cristo, racchiuso nella
         mandorla, ascende al cielo fra due
         schiere di angeli, beati e santi
         dell'Antico Testamento. Lo
         guardano dal basso gli apostoli e la
         madre, davanti ai quali compaiono
         due angeli.




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Pentecoste
             I significati iconografici
                    Sugli apostoli riuniti
             scende la luce dello Spirito
             Santo, e gli apostoli cominciano
             a parlare in altre lingue. È
             l'inizio della loro missione:
             andare per il mondo a predicare
             e diffondere il vangelo.




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Il giudizio universale
         I significati iconografici
         La vasta composizione si stende sull'intera
         controfacciata e costituisce il punto
         d'arrivo della simbologia morale, del
         cammino di salvazione rappresentato nella
         Cappella.
         Il Cristo Giudice, al centro della
         composizione, rende giustizia ai buoni e
         condanna i cattivi, con gesto pacato e
         sicuro. La divisione tra bene e male è anche
         separazione tra ordine e caos: gli eletti,
         seguendo le indicazioni degli angeli, si
         dispongono in schiere regolari, mentre tra i
         demoni e i dannati regna la massima
         confusione.




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Enrico Scrovegni (particolare del giudizio universale)
                                     I significati iconografici
                                     Enrico Scrovegni offre alla
                                     Vergine (S. Maria della Carità)
                                     accompagnata da Giovanni
                                     Evangelista e da Santa
                                     Caterina d'Alessandria, il
                                     modello della cappella
                                     sostenuto da un ecclesiastico
                                     non ancora identificato ( forse
                                     Altegrado dè Cattanei) ma che
                                     quasi sicuramente è il
                                     responsabile teologico-
                                     iconografico della decorazione.




                                                 Indietro    Avanti
Cristo Giudice (particolare del giudizio universale)

                                                 I significati iconografici
                                                 Il Cristo Giudice sovrasta la porta
                                                 principale della Cappella. Entro l'iride
                                                 che ricorda i sette cieli tolemaici, sta
                                                 il Signore della Storia, circondato da
                                                 Serafini. Siede sul trono del tempo,
                                                 che poggia sui simboli dei quattro
                                                 evangelisti. Basterà un cenno con la
                                                 mano destra ( venite, benedetti), o un
                                                 altro cenno con la sinistra ( andate
                                                 lontano.) per dare alla storia il suo
                                                 inappellabile verdetto di giustizia
                                                 eterna. Tre elementi riflettenti
                                                 adornano tutt'ora l'aureola del
                                                 Cristo- Giudice, ad accentuarne la
                                                 terribilità ( ora in quello centrale il
vetro è rotto e negli altri due la lamina metallica è alterata). Un elemento che
conferma l'impostazione scenica della decorazione pittorica della Cappella



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I sette vizi capitali




Allegorie dei sette Vizi capitali (Disperazione, Invidia, Idolatria, Ingiustizia, Ira, Incostanza,
Stoltezza ), prima del restauro.
I significati iconografici
Allegorie dei sette Vizi capitali (Stoltezza, Incostanza, Ira, Ingiustizia, Idolatria,
Invidia, Disperazione) che conducono alla perdizione eterna
Un compito di grande importanza nel sistema simbolico della Cappella è svolto dalle
allegorie a monocromo delle Virtù e dei Vizi dipinte sopra lo zoccolo a finti marmi
che corre lungo la parte bassa della navata. Il basamento simula il marmo anche
nella consistenza materiale, essendo realizzato con la difficile tecnica dello stucco
romano. La loro collocazione segna la “storia umana” fra le Storie di Cristo e Maria e
il Giudizio Universale.


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Le sette virtù capitali




Allegorie delle sette Virtù capitali (Prudenza, Fortezza, Temperanza, Giustizia, Fede,Carità,
Speranza), prima del restauro.
I significati iconografici
Le sette Virtù, ultima la Speranza, conducono al Paradiso, ubicato alla destra di
Cristo Giudice; i sette Vizi, alla perdizione eterna. Sono tutti personaggi femminili,
ad eccezione della Stoltezza e dell'Ingiustizia. Il sistema delle antinomie
giottesche pone al centro, a metà della navata, la coppia Giustizia-Ingiustizia: sono
due allegorie monumentali, sedute in robusti seggi, completate da minuscole scene
che mostrano il sereno svolgersi della vita governata dalla Giustizia e, viceversa, la
brutalità e la violenza provocata dall'Ingiustizia. Le altre coppie, costruite secondo
il criterio dell'abbinamento dei contrari, sono, dall'altare verso la controfacciata,
Prudenza - Stoltezza; Fortezza - Incostanza; Temperanza - Ira; Fede - Idolatria; ;
Carità - Invidia; Speranza - Disperazione.
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Preludio alle storie di Maria
I significati iconografici
Il cielo azzurro e stellato
ospita circa 400 stelle a
otto punte. Al centro S.
Maria della Carità, cui è
dedicata la Cappella. La
circondano quattro re e
profeti dell'Antico
Testamento.




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Daniele

      I significati iconografici
      Ha in mano un cartiglio, che cita il
      capitolo 6, verso 26
      " Ipse est enim Deus vivens et
      aeternus in secula, et Regnum eius
      non dissipabitur et potestas eius
      usque in aeternum"
      ( Egli è infatti il Dio vivente che dura
      in eterno ; il suo regno è tale che non
      sarà mai distrutto e il suo dominio
      non conosce fine )




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Isaia

        I significati iconografici
        Ha in mano un cartiglio, che cita il
        capitolo 7, verso 14
        "Ecce Virgo concipiet et pariet filium
        et vocabitur nomen eius Emmanuel "
        (Ecco la Vergine concepirà e darà
        alla luce un Figlio, che chiamerà
        Emmanuele)




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Malachia

       I significati iconografici
       Ha in mano un cartiglio, che cita il
       capitolo 3, verso 1
       " Et statim veniet ad templum suum,
       determinator, quem vos queritis et
       angelus, testamentui quel vos vultis"
       (E subito entrerà nel suo tempio il
       Signore, che voi cercare, e l'angelo
       dell'alleanza che voi sospirate).




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Baruch

         I significati iconografici
         Ha in mano un cartiglio che cita il
         verso 36 del capitolo 3
         "Hic est Deus noster et non
         aestimabitur alius adversus eum"
         (Egli è il nostro Dio e nessun altro gli
         può essere paragonato)




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Preludio alle storie di Cristo
I significati iconografici
  Il cielo azzurro e stellato è
decorato con più di 400 stelle a
otto punte. Al centro, il
Redentore benedicente,
circondato da quattro profeti
che hanno preannunciato la sua
venuta.




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Michea

         I significati iconografici
         Preannuncia la nascita del Messia a
         Betlemme in un passo esplicito delle
         sue profezie.




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Ezechiele

       I significati iconografici
       Reca in mano il libro, scritto entro e
       fuori, che gli è stato offerto da Dio.
       Ha preannunciato la maternità di
       Maria e, per questo motivo, nel
       Medioevo godeva di una grande
       notorietà.




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Geremia

      I significati iconografici
      Preannuncia la nuova alleanza di Dio
      con il suo popolo. Più di ogni altro
      profeta, ha prefigurato, con la sua
      vita, la Passione e morte di Cristo.




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Giovanni Battista

            I significati iconografici
            E’ colui che annuncia l'arrivo di
            Cristo ed il suo precursore. La sua
            vita è raccontata nei Vangeli di Luca
            e Giovanni.




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Polittico dei Domenicani
Pittura realizzata su tavola
di legno, solitamente in
pioppo, di grandi dimensioni,
posta sopra l'altare della
chiesa e raffigurante scene
a carattere sacro.
Mentre alcune pale sono
pentagonali (richiamando
nella forma la sezione
verticale di un chiesa col
tetto "a capanna"), altre
hanno forme e strutture più
complesse: sono suddivise in
scomparti e ornate con
cuspidi e colonnine che hanno
il compito di separare le
varie scene.
La base è spesso costituita da un gradino più o meno alto (predella), che ospita
immagini - sempre di soggetto sacro - legate al tema della raffigurazione principale.



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La Maestà degli uffizi
         La più grande delle pitture Giottesche. Il
         soggetto è lo stesso di Duccio di Cimabue: sul
         trono la vergine e il bambino fra i santi e gli
         angeli e il bambino solleva la mano in un gesto
         di benedizione. Tuttavia, era cambiato molto
         durante i pochi anni che separano questo lavoro
         dagli altri. La vergine triste, è stata
         trasformata qui in una donna molto umana che
         guarda serenamente, le sue labbra separate
         sono in procinto di un sorriso che rivela il
         bianco dei suoi denti. Rispetto agli impianti
         simili dei grandi pittori del tredicesimo secolo,
         questa immagine del Madonna sembra
         notevolmente essere facilitata, benchè affatto
         impoverita. L'abito della vergine e il manto
         sono della qualità più fine. La ricchezza
         cromatica del trono lo rende sia sontuoso che
         uno dei soliti troni elaborati delle pitture del
         tredicesimo secolo. I gruppi degli angeli ad
         ogni lato del trono occupano lo spazio reale e
         sembrano essere i componenti fermi ed
         eleganti di una corte reale.


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Il Campanile di Giotto


        Il campanile di Santa Maria del Fiore, uno dei
        più belli d'Italia, è una geniale (e costosissima)
        invenzione di Giotto, creata più come
        monumento decorativo che funzionale. Nel
        1334, quando i lavori per la nuova cattedrale
        languivano ormai da oltre 30 anni, il grande
        artista viene nominato capomastro della
        fabbrica con il compito di portarne avanti la
        costruzione. Ma piuttosto che impegnarsi nella
        prosecuzione del progetto di Arnolfo per il
        Duomo, Giotto preferisce idearne uno tutto
        suo: il campanile. Al nuovo elemento
        architettonico che va ad arricchire la piazza, il
        maestro lavora dal 1334 al 1337, anno della sua
        morte, ma del progetto riesce a vedere
        realizzata solo la prima zona, quella dove si
        apre l'ingresso cuspidato.




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Il suo gusto di pittore
                                                              lo porta infatti a far
                                                              procedere il
                                                              rivestimento esterno
                                                              in contemporanea con
                                                              la costruzione,
                                                              rallentandone
                                                              l'esecuzione.




Marmi bianchi di Carrara, verdi di Prato e rossi di Siena colorano lo spazio e al
tempo stesso lo ripartiscono con rigore classico, mentre sui quattro lati compare
una "narrazione" figurativa (espressione indispensabile ad un pittore) grazie ad
una serie di formelle ottagonali a rilievo eseguite da Andrea Pisano (che nel 1336
aveva terminato la Porta sud del Battistero) su disegni in parte dello stesso
Giotto.
                                                                  Indietro    Avanti
Da: le storie di San Francesco

•San Francesco riceve le Stigmate

•La rinuncia degli averi

•La confermazione delle regola

•La prova del fuoco davanti al sultano

•L’apparizione nel capitolo di Arles

•Il funerale di San Francesco

•L’apparizione a frate Agostino e al
 vescovo d’assisi
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San Francesco riceve le stigmate
                                          Giotto riprende fedelmente la tradizione,
                                          secondo cui San Francesco ricevette le
                                          stimmate sul fianco del monte della Verna.
                                          Questo monte fa da sfondo alla scena, ed è
                                          raffigurato, in modo simile in tutte le icone,
                                          come scarso di vegetazione e molto roccioso.
                                          Tutto l'affresco è strutturato in funzione della
                                          posizione dell'osservatore, quindi verso il basso.
                                          La posizione del Santo assume un certo
                                          movimento, emblema delle conquiste pittoriche
                                          nelle rappresentazioni umane da parte di Giotto.
                                          Possiamo notare nel Santo come un sussulto
                                          compreso fra lo stupore e l'estasi mistica. Le
                                          mani non sono raccolte verso il busto,come in
                                          altre rappresentazioni, ma si aprono in modo
                                          scomposto, come a simbolo dell'accettazione da
parte del Santo di tale evento. L'inarcazione del busto aumenta la sensazione di dolore
mistico e l'efficacia rappresentativa. San Francesco che occupa il maggior spazio
narrativo, è in primo piano mentre il Cristo, che è di dimensioni più ridotte, sovrasta
meno il campo prosaico. La caratteristica che ritroveremo in tutto il ciclo pittorico è la
scelta rappresentativa da parte di Giotto di un San Francesco inedito, nel fiore degli anni
e senza la vistosa barba, che invece è l'epiteto fisso non solo di tutte le rappresentazioni
contemporanee,ma anche di quelle successive.
                                                                       Indietro     Avanti
La rinuncia degli averi




Nell'affresco la decisiva scelta di vita di Francesco è ben definita da Giotto, tanto da risultare una
divisione bipartita così distribuita. Da una parte troviamo semi nudo il giovane Santo che alzando gli occhi e
le mani al cielo, si rivolge a Cristo. Dietro di lui sono rappresentati il vescovo di Foligno che lo copre con un
mantello e alcuni personaggi che sembrano appartenere all'ordine religioso. Dall'altra parte c'è il padre con
intorno tutto il popolo di Assisi, che condivide lo sdegno paterno, mentre un uomo lo tiene per un braccio. La
lunetta risulta però meno bipartita, grazie al complesso architettonico che fa da sfondo senza spezzare
l'andamento narrativo, ma anzi unendolo. I personaggi sono molto curati sia nei volti, sia nei vestiti, ed
infine nella struttura anatomica. Lo slancio del padre verso il figlio è accentuato dalla flessione in avanti, e
dal gesto di alzarsi il lungo vestito per muoversi.
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La conferma della regola




La scena si svolge in un interno. L'incarnato dei personaggi e le loro vesti sono resi
in maniera molto realistica e dettagliata, ed è presente uno spiccato senso
decorativo. Sono distinguibili due gruppi d'azione nel cui centro focale è posto San
Francesco. Si nota però, che mentre al centro vi è un gruppo ben assemblato, vi sono
altre due coppie di persone alle estremità opposte che equilibrano la scena.

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La prova del fuoco davanti al sultano




Nell'affresco il sultano è posto centralmente, San Francesco e il fuoco sono a destra,
mentre gli altri personaggi sono distribuiti a sinistra con l'intento di equilibrare la
composizione pittorica. Particolare importante di questo affresco è la direzione degli
sguardi di San Francesco e del sultano. Questi, infatti non s'incontrano mai, e hanno
direzioni diverse, San Francesco guarda il sultano, e quest'ultimo distoglie lo sguardo.


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Particolare della prova del fuoco davanti al sultano
I personaggi questa volta
risultano meno curati
nell'espressività dei volti e
sono più schematici nei loro
gesti, inoltre la
rappresentazione del fuoco è
infelice e poco verosimili.
Anche gli elementi
architettonici usati da Giotto
come sfondo e come metrica
pittorica, risultano
leggermente inferiori rispetto
agli altri dello stesso ciclo. I
piedi e le mani dei
personaggi sono per la
maggior parte coperti dalle
vesti, mentre in tutto il ciclo li
vediamo ben visibili, lo
stesso volto del sultano è
poco risolto.

                                                     Indietro    Avanti
L’apparizione nel capitolo di Arles




Nell'affresco, presente nella Cappella Bardi, l'architettura molto curata, ma scarna di
decorazioni, mette in risalto la trama compositiva. Si possono notare le finestre bifore,
e alcuni particolari architettonici tipici del gotico. Nell'affresco inoltre, l'artista si è
soffermato di più sull'aspetto mistico della vicenda, scegliendo per questo motivo
un'impostazione compositiva più schematica. La scena è vista frontalmente, e non più di
scorcio, come nelle altre rappresentazioni, inoltre, gli elementi architettonici
scandiscono il tempo prosaico, unendo, ma allo stesso tempo evidenziando la scena.
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Particolare dell’apparizione nel capitolo di Arles




Questo affresco manca di simmetria, e i personaggi accanto al Santo sono
rappresentati in maniera diversificata, mentre, nelle altre rappresentazioni, i
personaggi si dispongono in maniera simmetrica a fianco del santo, che si trova al
centro della scena.



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Il funerale di San Francesco




La pittura murale è molto solenne e dettagliata nella rappresentazione degli angeli e dei santi.
La variazione della luce è molto accentuata, vi sono diversi giochi chiaroscurali, mentre
mancano completamente gli elementi architettonici usati come sfondo. Ai lati della scena due
gruppi di personaggi chiudono l'affresco come margini per l'osservatore. Il punto di vista
dell'affresco è leggermente rialzato, e le persone sono quasi viste dall'alto, creando un
ascendere verso il cielo, dove si trovano quattro angeli, due per lato che circondano l'anima del
Santo e l'accompagnano.

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Particolare del funerale di San Francesco




I gesti dei personaggi dell'affresco di Santa Croce sono molto concisi, e sviluppati in senso
drammatico. Le figure che rispecchiano questa caratteristica in modo assai evidente sono i due
frati posti vicino al volto del morto, dei quali uno si rivolge al cielo alzando una mano in segno di
dolore, mentre l'altro sembra rivolgere l'estremo saluto. Intorno alla salma vi sono cinque frati
genuflessi in segno di dolore che accarezzano e baciano rispettivamente le mani e i piedi, quasi
a ricordare all'osservatore le stimmate lì poste. In piedi dietro la salma vi sono altre figure di
frati con le mani alzate e che completano il nucleo centrale della rappresentazione.

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Apparizione a frate Agostino e al vescovo




Nonostante l'affresco non sia integro a causa della manipolazione settecentesca, è
possibile notare nell'affresco che il vescovo assume un atteggiamento rilassato e
sappiamo che il frate a suo tempo si rivolgeva verso di esso. I personaggi secondari sono
raggruppati intorno al frate, fatta eccezione per due semi dormienti accasciati sotto il
giaciglio del vescovo. Si può notare lo spazio notevole che è dedicato al vescovo,
raffigurato disteso e occupante quasi la metà dell'affresco. Gli interni sono trascurati e
poco decorati.
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Particolare dell’apparizione a frate Agostino e al vescovo




Bisogna mettere in risalto come Giotto ha organizzato la struttura dell'affresco,
dopo aver notato come il disegno e la disposizione degli elementi svolgono una
funzione fondamentale ai fini dell'opera stessa. Tutto il ciclo pittorico è
caratterizzato da una grande chiarezza formale, grazie alla disposizione delle linee
compositive generate dalle architetture e dai personaggi.

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Città visitate da Giotto


•Assisi
      •Padova

           •Rimini

                 •Roma

                       •Firenze


                             •Napoli

                                   •Bologna

                                         Indietro
Assisi
Le fonti antiche tutte concordi
nell’esaltarne la figura e il ruolo di
innovatore della pittura, sono state anche la
causa di questioni controverse, che dividono
gli studiosi, soprattutto riguardo ai suoi
esordi e all’attribuzione delle “Storie di San
Francesco” nella basilica dei frati minori ad
Assisi . In uno dei testi più citati, quello del
Ghiberti troviamo: “Dipinse nella chiesa
d’Assisi nell’ordine de’ frati minori quasi
tutta la parte di sotto” il che è stato inteso
da molti come una indicazione del ciclo
francescano lungo la fascia in basso della         “Apparizione nel capitolo di Arles” dal ciclo di “San Francesco”
                                                   nella basilica dei frati minori ad Assisi.
Basilica Superiore, mentre chi non crede
che Giotto ne sia l’autore, lo intende come
riferimento solo alla Basilica Inferiore,
attribuendo gli affreschi ad un autore di
scuola romana, prosegue così da più di due
secoli una delle diatribe più appassionanti
della storia dell’arte: la “questione
giottesca”.
                                                                                   Indietro            Avanti
Giorgio Vasari nelle “Vite” afferma che
Giotto fu chiamato da Giovanni Mincio da
Morovalle che fu generale dell’ordine
francescano dal 1296 al 1304 date entro le
quali furono dipinti gli affreschi. Giotto
sarebbe stato presente ad Assisi una prima
volta nel 1297 per eseguire la Cappella di
San Nicola nella Basilica Inferiore con
l’Annunciazione sulla parete d’ingresso, e le
due scene dei miracoli post mortem di “San
Francesco Morte” e “Resurrezione del
Fanciullo di Suessa” che mostrano evidenti
affinità tecniche ed esecutive con la
Cappella degli Scrovegni mentre si
                                                  “crocifissione” dal ciclo “della Passione” della
differenziano dal ciclo Francescano . La          cappella degli Scrovegni.
Tavola conservata nel Museo del Louvre di
Parigi proveniente da Pisa che rappresenta
le “Stimmate di San Francesco” contiene
delle scenette uguali a quelle di Assisi il che
viene considerato motivo a sostegno della
attribuzione a Giotto.

                                                                                 Indietro            Avanti
Indipendentemente dal fatto
                                                                          che si tratti di Giotto o di un
                                                                          altro pittore le scene non
                                                                          mostrano sempre la stessa
                                                                          qualità esecutiva, il Ciclo
                                                                          francescano presenta comunque
                                                                          delle soluzioni formali
                                                                          rivoluzionarie.


    “Particolare della prova del fuoco davanti al sultano” dal ciclo di
    “san Francesco” nella basilica dei frati minori ad Assisi.



Con un sapiente dosaggio del chiaroscuro si rende l’evidenza plastica delle figure
mentre l’uso di architetture scorciate che svolgono il ruolo di quinte prospettiche
creano degli spazi praticabili in cui i personaggi si muovono con naturalezza e
coerenza, ad esempio possono girarsi di spalle rispetto all’osservatore cosa prima
inconcepibile.




                                                                                          Indietro    Avanti
“la rinuncia degli averi” dal ciclo si “san Francesco” nella basilica dei frati minori ad Assisi.

La composizione è libera dagli schematismi e simmetrie della pittura precedente,
anche se accanto a scenari naturali ed architettonici realistici troviamo ancora delle
rappresentazioni dal gusto arcaico, non tutti gli scorci sono resi con la stessa
sicurezza, più incerte appaiono le città dipinte in lontananza e gli edifici delle prime
tre campate della parete sinistra.


                                                                                                      Indietro
Padova




            “missione dell’annuncio a Maria” dalle “storie di Gesù” dalla Cappella degli Scrovegni a Padova



Gli affreschi della Cappella dell’arena di Padova sono fondamentali per la
conoscienza dell’arte giottesca perché sono quelli in cui l’autografia e la datazione
sono certe e dove il ricorso agli aiuti è limitato all’esecuzione delle idee del maestro.
Enrico Scrovegni nobile patavino acquistò il terreno nel 1300, nel 1302 cominciò la
costruzione della cappella che si trovava a ridosso del palazzo di famiglia poi
distrutto.
Nel 1304 il Papa Benedetto XI promulgava un’indulgenza in favore di coloro che
l’avessero visitata, infine l’edificio fu consacrato nel 1305 e presumibilmente gli
affreschi dovevano essere terminati per quella data.

                                                                                                     Indietro   Avanti
Giotto dipinse l’intera superficie con un progetto
iconografico e decorativo unitario, ispirandosi alla
“leggenda Aurea “ di Jacopo da Varazze e alle
“Meditazioni sulla vita di Gesù” dello Pseudo-
Bonaventura. Dipinge dividendolo in 37 scene , un
ciclo incentrato sul tema della salvezza che parte
dalla storia di Gioacchino ed Anna e prosegue con
quelle di Maria e Gesù lungo le pareti e termina col
Giudizio universale della controfacciata.
                                                       “il giudizio universale” dalla cappella
                                                       degli Scrovegni a Padova.




      “la consegna delle verghe” dalle
      “storie di Mario”dalla cappella
      degli Scrovegni a Padova.
                                                                        Indietro                 Avanti
Sullo zoccolo in basso alcuni specchi in finto
marmo si alternano a figure monocrome
simboleggianti Vizi e Virtù. Nella cappella la
pittura di Giotto ha raggiunto la piena
maturità espressiva, la composizione
rispetta il principio del rapporto organico
tra architettura e pittura ottenendo il
risultato di un complesso unitario, i riquadri
sono tutti di identica dimensione, i
partimenti decorativi, le architetture
simulate e i due finti coretti prospettici che
simulano un’apertura sulla parete, sono tutti
elementi che obbediscono alla logica della       “coretto” dalla cappella degli Scrovegni a Padova.
visione unitaria, non solo prospettica ma
anche cromatica, ad esempio il blu
intensissimo della volta che sembra più un
colore di sfondo che un cielo reale si ripete
in ogni scena.



                                                                               Indietro               Avanti
Rispetto agli affreschi di Assisi si notano
molti progressi, le figure sono solide e
voluminose e rese ancora più salde dalle
variazioni cromatiche, i toni dei colori si
schiariscono nelle zone sporgenti. Alcuni
accorgimenti tecnici come lo stucco lucido o
stucco romano usato per i finti marmi o
l’inserimento di parti metalliche nell’aureola
del Cristo Giudice nel Giudizio, le tavole
inserite nel muro e l’uso dell’encausto nelle
figure a finto rilievo, arricchiscono di effetti
materiali tutto l’ambiente.


                                                   “cristo giudice” dal “preludio alle storie di Cristo” dalla
                                                   Cappella degli Scrovegni a Padova.




                                                                                   Indietro
Rimini
                       La presenza di Giotto a Rimini non è databile con
                       precisione ma si presume possa essere collocata tra gli
                       anni di Padova, e il ritorno ad Assisi. A Rimini come ad
                       Assisi, lavora in un contesto francescano nella Chiesa
                       nota oggi come Tempio Maltestiano, dipinge un ciclo di
                       affreschi perduto e il Crocifisso dipinto, che si trova
                       ancora nell’abside, ma è mancante della cimasa e delle
                       estremità ritrovate da Federico Zeri nel 1957 nella
                       collezione Jeckyll a Londra.
                       L’autografia del crocifisso non è condivisa da tutti gli
                       studiosi pur mostrando le qualità tipiche della sua
                       pittura, potrebbe trattarsi di un’opera di bottega
                       come molte uscite con la sua firma e dipinta da un suo
                       disegno. Il soggiorno di Rimini è importante
Crocifisso di Rimini   soprattutto per l’influenza esercitata sulla locale
                       scuola pittorica e Miniatoria di Giovanni e Pietro da
                       Rimini che fu fiorente nel trecento.




                                                           Indietro
Roma
                                           Nel 1311 Giotto è a Roma per realizzare il mosaico
                                           del portico dell’antica Basilica di San Pietro “la
                                           Navicella degli Apostoli” poi distrutta , fu disegnata
                                           da due artisti del quattrocento Pisanello e Parri di
                                           Spinello il disegno si trova nel Metropolitan Museum
                                           of Art di New York , mentre due tondi con i volti di
                                           angeli sono conservati rispettivamente a San Pietro
                                           Ispano a Frosinone e nelle Grotte Vaticane. Fu
                                           commissionata dal cardinale Jacopo Caetani
                                           Stefaneschi arciprete e benefattore della Basilica
                                           oltre che Diacono di San Giorgio al Velabro , che lo
                                           pagò ben duecento fiorini e per l’occasione compose
   Polittico Stefaneschi (Roma).           dei versi da inserire nel mosaico.

Il Polittico Stefaneschi della Pinacoteca Vaticana è un’ opera appartenente ad una fase
successiva, l’anno è il 1320, come testimonia la descrizione seicentesca dell’archeologo
Grimaldi, era destinato all’altar maggiore della Basilica di San Pietro e fu commissionato
insieme a degli affreschi che si trovavano nella zona della tribuna. L’opera è ideata dal maestro
ma dipinta insieme agli aiuti , l’importanza del luogo a cui era destinata imponeva l’uso del fondo
oro dal quale le figure monumentali si stagliano con grande sicurezza, ed è caratterizzata da
una grande varietà cromatica a scopo decorativo. Dipinto su entrambi i lati rappresenta sul
verso anteriore il Cristo in trono con i Martirii di San Pietro e di San Paolo (simboli della
Chiesa stessa) , sul retro San Pietro in Trono , negli scomparti e nelle predelle la Vergine col
bambino in Trono con diverse figure di Santi ed Apostoli.
                                                                            Indietro
Firenze
A Firenze verso il 1314-1315 Giotto
dipinge alcuni capolavori della sua
maturità, opere su tavola per la Chiesa di
Ognissanti dell’Ordine degli Umiliati La
Dormitio Virginis della Gemal de galerie
di Berlino , un tema ed una composizione
antica che riesce ad innovare grazie alla
disposizione dei personaggi nello spazio e
il Crocifisso dipinto ancora in loco simile
alle analoghe figure di Assisi tanto che si
è pensato al cosiddetto “Parente di
Giotto”.
La Maestà degli Uffizi che va
confrontata con due celebri precedenti
di Cimabue e Duccio di Boninsegna nella
stessa sala del Museo, per comprenderne
la modernità di linguaggio.
                                              “Maestà degli Uffizi” Firenze.




                                                                       Indietro   Avanti
Lorenzo Ghiberti riporta che Giotto per
la Chiesa Anglicana di Santa Croce eseguì
gli affreschi di quattro cappelle e
altrettanti polittici , tre situati nella
zona alla destra del presbiterio e una in
quella alla sinistra.
Si sono salvate dalla distruzione due
cappelle: la Bardi con la “Vita di San
Francesco” e la Peruzzi con storie di
“San Giovanni Battista ed Evangelista”,
perdute invece la Cappella Giugni con le
“Storie degli Apostoli” e Tosinghi Spinelli
con le “Storie della Vergine” in
quest’ultima rimane un frammento              “San Francesco riceve le Stigmate” dal ciclo di “San
trecentesco attribuito al Maestro di          Francesco” Firenze.

Figline.




                                                                          Indietro            Avanti
Di questo periodo sono conservate molte
altre tavole giottesche, spesso parti di
polittici smembrati, nei quali si presenta
sempre il problema dell’autografia che
non è mai sicura. Una delle più dibattute
in questo senso è la Croce dipinta di San
Felice di Piazza. Il Polittico di Santa
Reparata è attribuito al Maestro con la
collaborazione del “Parente di Giotto”, il
Santo Stefano della Collezione Horne di
Firenze è probabilmente opera autografa
e viene associata come resto di un’unica
opera a due frammenti : il San Giovanni
Evangelista e il San Lorenzo entrambi del
Museo Jacquemart-André di Chalis
(Francia) e alla bellissima Madonna col
Bambino della National gallery di
                                             Santo Stefano, 1330-1335, Firenze, museo
Washington.                                  Horne.




                                                                   Indietro             Avanti
In vari musei sono sparse anche tavolette
di piccole dimensioni : La Natività e
Adorazione dei Magi del Metropolitan
Museum of Art di New York (simile alle
scene di Assisi e Padova), la Presentazione
di Gesù al Tempio (Boston, Isabella
Stewart Gardner Museum) , l'Ultima Cena,
Crocifissione e Discesa al Limbo della
Pinacoteca di Monaco, la Deposizione della
Collezione Berenson di Firenze e la
Pentecoste (National Gallery di Londra)
che secondo lo storico Ferdinando Bologna
faceva parte di un polittico ricordato dal
Vasari a Borgo San Sepolcro. Poco prima
                                               “Presentazione di Gesù al tempio” dal ciclo delle “storie
della sua partenza da Firenze nel 1327         di Cristo” dalla Cappella degli Scrovegni.
l’artista si iscrive per la prima volta
all’arte dei Medici e degli Speziali insieme
agli allievi più fedeli Bernardo Daddi e
Taddeo Gaddi che lo seguono nelle ultime
imprese.

                                                                                  Indietro
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Giotto

  • 1.
  • 2. •La pittura gotica •Giotto •L’attività artistica •Le opere •Città visitate da Giotto •I seguaci di Giotto •Fine
  • 3. La pittura gotica Verso la fine del XIII secolo, la tradizione pittorica bizantina, ormai assuefatta a vecchie maniere, viene lentamente abbandonata, in favore di nuove forme espressive. Il tentativo di rigenerare l’arte pittorica proviene da alcuni centri privilegiati nella produzione, sedi di botteghe e ferventi centri culturali. In essi, autori brillanti e geniali trovano diverse ed originali forme espressive. Firenze, Siena, Roma, Assisi sono le città da cui parte una vera e propria rivoluzione artistica. A Firenze Coppo di Marcovaldo annuncia l’arte di Cimabue (ma non è chiaro se piuttosto ad essa egli si ispiri): con alcune Madonne in trono, egli esalta i valori plastici e drammatici. E’ questa la strada su cui il maestro fiorentino Cimabue imposta il proprio lavoro, recuperando la tradizione bizantina colta ed accentuandone drammaticità e forme plastiche. A Siena, Duccio di Buoninsegna realizza l’opera sua incrementando il carattere lineare delle forme e l’intensità cromatica, valori già presenti in città dalla seconda metà del Duecento nella pittura locale. I Maestà, Coppo di Marcovaldo, museo risultati da lui ottenuti influenzano profondamente dell’opera di Orvieto. l’opera d’altri celebri autori senesi, tra i quali Simone Martini, Pietro e Ambrogio Lorenzetti. Indietro Avanti
  • 4. A Roma, negli ultimi decenni del Duecento, la pittura trova rinnovamento nelle tre personalità di Jacopo Torriti, autore dei mosaici dell’abside della chiesa di San Giovanni in Laterano; Pietro Cavallini, che firma le Storie della vita della Madonna della Chiesa di Santa Maria in Trastevere; e Filippo Rusuti, realizzatore dei mosaici nella parte superiore dell’antica facciata di Santa Maria Maggiore. Sembra certo che il Torriti abbia lavorato ad Assisi, partecipando alla decorazione della Basilica inferiore di San Francesco. All’imponente opera lavorano le personalità artistiche più celebri del periodo ed Assisi sembra il luogo di passaggio e di concentrazione di tutta l’arte della fine del Duecento. Testa della Madonna, mosaico, Jacopo torriti, museo di Brooklyn. Indietro Avanti
  • 5. Cimabue attende alla decorazione del transetto della Basilica superiore, Simone Martini affresca la cappella di San Martino, della Basilica inferiore, Pietro Lorenzetti realizza un ciclo d’affreschi nella Basilica inferiore, Giotto negli ultimi anni del Duecento affresca le Storie di San Francesco della Basilica superiore. Quest’ultimo spicca per genialità, fama e grandezza sugli artisti finora citati. Considerato il pittore che meglio rappresenta l’intero Medioevo, Giotto interrompe la tradizione del passato con una capacità innovativa che i suoi contemporanei gli riconoscono e di cui L’ultima cena, Pietro lorenzetti, basilica inferiore, S. Francesco, anche il Rinascimento è debitore. Molte Assisi. scuole nascono intorno ai suoi stilemi creativi, stuoli d’apprendisti a lui s’ispirano e diffondono nelle città dove egli lavora la sua maniera. Indietro
  • 6. Giotto •La vita •La casa di Giotto Indietro
  • 7. La vita Giotto nacque probabilmente nel 1267, a Colle, frazione di Vespignano, presso Vicchio di Mugello. Di famiglia contadina, si racconta che egli venne notato da Cimabue mentre ritraeva il suo gregge sui sassi e assunto dal maestro alla bottega. Dopo l‘adattamento della famiglia alla città, Giotto dovette, infatti, frequentare la bottega d'un pittore: le sue prime esperienze artistiche, Le storie di Isacco (1290) per stile e composizione, avvalorano la tesi dell'identificazione del maestro Cimabue. Con lui, Giotto poté visitare Roma e Assisi, nel 1288, dove poi avrebbe lavorato a lungo. Ben presto egli iniziò a dipingere per conto proprio. Sono, infatti, del 1290, le "Storie di Isacco" affrescate in Assisi. Indietro Avanti
  • 8. In breve tempo egli divenne a sua volta maestro e il suo stile innovativo iniziò lentamente ad affermarsi, pur non trovandosi ancora in una posizione di rilievo (Corso di Buono,ad esempio, con il suo rigido stile cimabuesco, è a capo della Confraternita dei pittori nel 1295). All'ultimo ventennio del secolo ricorre la datazione delle sue più antiche opere fiorentine: la "Madonna di San Giorgio alla Costa" e il "Crocifisso" in Santa Maria Novella. Il crocifisso di Santa Maria Novella Nel 1287, intanto, Giotto sposò Ciuta di Lapo del Pela, dalla quale ebbe cinque figli: quattro femmine e un maschio. Negli anni a cavallo tra il Duecento e il Trecento, il maestro si divise tra Roma e Assisi. Qui controllò l'andamento della decorazione della Chiesa Superiore di San Francesco; a Roma, invece, attese al lavoro del ciclo papale nella Basilica di San Giovanni in Laterano e ad altre decorazioni in occasione del Giubileo del 1300, indetto da Papa Bonifacio VIII. La Madonna di San Giorgio alla Costa Indietro Avanti
  • 9. È questo il periodo di massimo splendore per Giotto; Maestro affermato con una nutrita bottega, uomo ricco con proprietà terriere, egli aveva superato per fama il suo maestro Cimabue. Tale fu la sua fama che egli venne chiamato nell'Italia settentrionale - fatto eccezionale per l'epoca - per realizzare uno dei suoi più splendidi capolavori: il ciclo pittorico della Cappella degli Scrovegni di Padova. Nel nord dipinse, inoltre, molte opere oggi perdute di cui conosciamo l’esistenza grazie alle citazioni di Riccobaldo Ferrarese. Le storie di Gioacchino ed Anna (cappella degli Scrovegni) Le storie di cristo (cappella degli Scrovegni) Indietro Avanti
  • 10. Dal 1311 in poi Giotto era di nuovo a Firenze: la sua presenza in città è testimoniata dai documenti di alcune speculazioni finanziarie svolte da alcuni avvocati per suo conto. Nel 1327 s'iscrisse all'Arte dei Medici e degli Speziali: all'epoca, dovette aver già concluso i dipinti della Cappella Peruzzi e Bardi nella Chiesa francescana di Santa Croce, e il polittico francescano, connesso stilisticamente con questo ciclo pittorico e oggi smembrato in vari musei. L'anno successivo il pittore risulta impegnato in un lavoro a Napoli per Roberto d'Angiò, di cui però nulla è sopravvissuto. Da Napoli si spostò nuovamente a Firenze solo quando fu nominato (12 aprile 1334) capomaestro dell'Opera del Duomo di Firenze. Iniziati subito i lavori per il campanile, non portò mai a termine l'opera: morì, infatti, l'8 gennaio 1337. Polittico della Vergine, chiesa di Santa Croce- Firenze cappella Bardi. Indietro
  • 11. La casa di Giotto La cosiddetta casa natale di Giotto fu ritratta da disegnatori e da pittori. Nel 1876 G. Moricci eseguì una veduta prospettica, da cui si può risalire all'aspetto originario, prima del crollo del primo piano, avvenuto durante il terremoto del 1919 . Originariamente composta da due piani e da uno scantinato, venne restaurata nel 1840 e poi sul finire del secolo furono aggiunti riquadri di pietra arenaria alle finestre, in origine piccole e arcuate, ed un portale con architrave su mensole di gusto gotico. La casa è stata acquistata dal Comune di Vicchio nel 1975 ed è stata ristrutturata con progetto della Soprintendenza ai Disegno di G. Moricci del 1876, riporta la scritta in calce: “Giotto parte dalla famiglia Monumenti di Firenze negli anni per recarsi a Firenze accompagnato dal suo successivi. maestro Cimabue”. Indietro Avanti
  • 12. Nei locali ristrutturati è stata allestita una mostra su Giotto a cura dell'Università Internazionale dell'Arte, con riproduzioni a colori delle opere dell'artista ed una monografia. Come venne rilevato nel corso dei primi rilievi e dei saggi sulle strutture, la casetta non era altro che un'appendice di un'antica casa da signore, sorta in ampliamento della casa stessa dopo il XV secolo Indietro
  • 13. L’attività artistica Giotto diventa in vita un artista simbolo, un vero e proprio mito culturale, detentore di una considerazione che non muterà, anzi crescerà nei secoli successivi. Giovanni Villani scrive di lui : "Il più gran maestro dei suoi tempi, e colui che più dipinse ogni figura e azione al naturale“. Per Cennino Cennini : "Rimutò l'arte di greco in latino e ridusse al moderno" alludendo al superamento degli schemi bizantini e all'apertura verso una rappresentazione che introduceva il senso dello spazio, del volume e del colore anticipando i valori dell'età dell'Umanesimo. Santo Stefano, 1330-1335, Firenze, museo Horne. Indietro Avanti
  • 14. L'esperienza di apprendistato presso Cimabue fu senz'altro di stimolo per il giovane pittore, in quanto Cimabue all'epoca era un artista innovativo e dal linguaggio assolutamente moderno, che si liberava dai moduli bizantineggianti, evolvendo verso una pittura che assimilava l'arte classica ,ricercando contemporaneamente effetti realistici ed espressivi. Importante in questo senso fu il viaggio a Roma, che offrì la possibilità di un confronto con la classicità, ma anche con artisti come: lo scultore Arnolfo di Cambio e i pittori della scuola locale: Pietro Cavallini, Jacopo Torriti e Filippo Rusuti , che erano animati dallo stesso spirito di innovazione e sperimentazione operando nei cantieri delle grandi Basiliche inaugurati da Papa Niccolò III e da Papa Niccolò IV. Polittico Stefaneschi, Roma, Pinacoteca vaticana, tavola. Indietro
  • 15. Le opere •Il crocifisso di Santa Maria Novella •La Madonna di San Giorgio alla Costa •Santo Stefano •Il Polittico Stefaneschi •Opere cappella degli Scrovegni •Il polittico dei Domenicani •La Maestà degli Uffizi •Da: Le storie di San Francesco •Il Campanile di Giotto Indietro
  • 16. Il crocifisso di Santa Maria Novella Citato in un testamento di tale Ricuccio di Puccio del Mugnaio nel 1312 è il primo soggetto che Giotto affronta in maniera rivoluzionaria, il Crocifisso di Santa Maria Novella databile nel corso del decennio che va dal 1290 al 1300. Nella figura del Cristo il cui corpo morto cade facendone intuire tutto il peso, non c'è più l'inarcatura dei precedenti cimabueschi e di Giunta Pisano. La forma non più nobilitata, senza i consueti stilemi è anzi assolutamente umana e popolare, contiene tutto il senso della sua arte e della nuova sensibilità religiosa che restituisce al Cristo la sua dimensione terrena e da questa trae il senso spirituale più profondo, non ha nulla di regale nell'aspetto ,eccetto l'aureola, ma mostra le sembianze di un uomo umile realmente inchiodato. L'esperienza di Giotto si arricchiva nel contesto toscano e Fiorentino animato in quel periodo da grandi fermenti innovativi. A Pisa la bottega di Nicola Pisano e poi del Figlio Giovanni Pisano aveva cominciato un percorso di recupero della pienezza della forma e dei valori dell’arte classica, mentre Siena in contatto privilegiato con molti centri culturali europei, aveva visto oltre ai Pisano, lo sviluppo della pittura di un artista del calibro di Duccio di Boninsegna. Indietro
  • 17. La Madonna di San Giorgio alla Costa La prima opera del catalogo giottesco, la Madonna di San Giorgio alla Costa mostra una solida resa della volumetria dei personaggi le cui attitudini sono più naturali che in passato, il trono con la sua prospettiva centrale forma quasi una “nicchia” architettonica suggerendo il senso della profondità. La novità del linguaggio di questa piccola e frammentaria tavola si comprende meglio facendo un raffronto con gli esempi fiorentini che lo avevano preceduto, come Coppo di Marcovaldo. Indietro
  • 18. Santo Stefano Esempio di provino di ricostruzione filologica sulla tecnica della tempera ad uovo su tavola, con riferimenti alle fasi della doratura. 1 - Preparazione della tavola   2 - Doratura a “guazzo” con foglia d’oro   3 - Colorazione di rifinitura delle ombreggiature   4 - Preparazione del fondo con bolo per la doratura   5 - Preparazione del supporto ligneo (vari strati: gesso, colla, imprimiture colorate)   6 - Preparazione del disegno a spolvero.   7 - Esempio di stesura tratteggiata tipica della tempera ad uovo   8 - Colorazione base “incarnato” (ocre, biacca, cinabro, nero)   9 - Punzonatura sulla doratura   10 - Lumeggiatura   11 - Colorazione di rifinitura a base rosso cinabro   12 - Colorazioni di preparazione per decorazione del tessuto Indietro
  • 19. Il polittico stefaneschi Commissionato a Giotto dal cardinale Jacopo Stefaneschi, il dipinto bifronte è suddiviso in tre scomparti – quello centrale leggermente più largo – che inquadrano le figure entro cornici architettoniche gotiche. Attualmente inserito in una cornice moderna, rappresenta al centro del lato anteriore San Pietro in trono; negli scomparti laterali figure di santi. Più complesso è il lato posteriore con al centro Cristo in trono e, negli scomparti laterali, il Martirio di San Pietro e il Martirio di San Paolo. Una Vergine in trono è raffigurata al centro del lato posteriore della predella. Gli altri scomparti, che di essa si sono conservati, mostrano figure di santi. Indietro Avanti
  • 20. Il tema principale del Lato anteriore polittico è la glorificazione del papato e di Pietro. Raffigurato con delle chiavi in mano, veste il mantello rosso che il papa indossava subito dopo la sua elezione. In collegamento con il lato posteriore del polittico, egli appare così il primo papa e il successore di Cristo. Ai suoi piedi, a sinistra, il cardinale committente è vestito con un’elegante e ricca dalmatica bianca, tipica dei giorni di festa, è il titolare della chiesa di San Giorgio al Velabro, è presentato da San Giorgio ai cui piedi si intravede il drago, e porge il modellino del polittico. Di fronte a lui è inginocchiato Celestino V di cui lo Stefaneschi fu il primo biografo; il papa è presentato da un personaggio identificabile con Clemente I che aveva accettato con riluttanza la sua elezione, oppure con Celestino I. Queste figure insieme ai due angeli formano ai lati di Pietro una sorta di mandorla. Indietro Avanti
  • 21. Lato posteriore Cristo in trono Il lato posteriore è più ricco di particolari. Entro un’edicola di forme gotiche, è inserito Cristo benedicente sul trono, vestito di blu. Schiere di angeli dai colori tenui disposti in file simmetriche ma non rigidamente schematiche, formano intorno una sorta di nicchia. A differenza dell’altro lato dove le vesti calavano i personaggi nel loro tempo, su questo lato l’importanza è data alla sfera celeste. Il cardinale è rappresentato come semplice uomo e peccatore che non osa toccare con la destra il piede del Salvatore. Egli è inginocchiato in primo piano sul tappeto, piuttosto lontano rispetto al trono che pure tocca con la sinistra. Il cappello cardinalizio giace appena visibile sul tappeto. La minore unità di misura adottata in questo scomparto centrale era necessaria per un rapporto armonico con le scene laterali dei martirii. Indietro Avanti
  • 22. Lato posteriore Crocifissione di San Pietro La Crocifissione di San Pietro è incorniciata dai due edifici bianchi, la piramide e la meta Romuli, tradizionalmente ritenuti luogo del martirio. La crocifissione avviene su un semplice suolo piatto marrone, parallelo al quale si estendono i due bracci orizzontali della croce, quello maggiore e quello minore. La figura di Pietro appare libera dal fondo dorato. Le figure degli astanti stanno leggermente in semicerchio. La folla è scalata in profondità nonostante le scarse indicazioni spaziali e il fondo dorato. Due angeli concludono lo spazio terreno al di sopra del quale San Pietro in una mandorla viene trasportato in cielo. L’angelo a destra è barbuto. La spiegazione dell’insolita rappresentazione si può trovare nella Legenda Aurea, che tramanda che Pietro, durante la sua crocifissione, ricevette da Cristo un libro da cui lesse le sue ultime parole. Giotto inventò una figura di angelo simile a Cristo nell’aspetto che porge un libro aperto. Le vesti delle due donne a sinistra sono caratterizzate nel vestiario ricco come donne di alto stato sociale. Giotto volle significare la presenza di nobili tra le seguaci dell’umile martire. Indietro Avanti
  • 23. Lato posteriore Decollazione di San Paolo Anche la Decollazione di San Paolo è caratterizzata dalla grande varietà di atteggiamenti della folla disposta, in questo pannello, in due gruppi asimmetrici, il cui andamento è sottolineato dalla linea delle rocce retrostanti. Al centro è il gruppo del carnefice nell’atto di riporre la spada nel fodero, e del santo con la testa tagliata, circondato da donne piangenti. Sotto la testa del Santo sono visibili le tre fonti che secondo la leggenda sgorgarono nei punti dove essa rimbalzò. Due angeli celesti in atteggiamento dolente assistono al martirio. A sinistra, sulle rocce popolate di alberelli verdi scuri, Plautilla riceve il drappo insanguinato del martirio e dialoga con San Paolo che, dalla mandorla della sua assunzione, si sporge verso di lei. Il piccolo edificio a pianta circolare è reso con grande attenzione prospettica. Con questo edificio l’artista ha voluto probabilmente rappresentare un Martyrion contenente le reliquie di Paolo, di cui però non si ha notizia. La salvatio animae, nei due tondi con i martiri alati che salgono al cielo, è la ricompensa e il culmine della scena del martirio. Giotto ha sfruttato a pieno la possibilità offerta dall’arco ogivale, dando a questo motivo un risalto nuovo per l’epoca. Indietro
  • 24. Elenco delle opere di Giotto nella cappella degli Scrovegni •Le storie di Gioacchino ed Anna •Le storie della Vergine •Le storie di Cristo •Le storie della passione •Il giudizio universale •Le allegorie dei vizi e delle virtù •I coretti •La finta struttura architettonica •La volta stellata Indietro
  • 25. Le storie di Gioacchino ed Anna Tutto il registro superiore della parete destra è occupato dalle sei scene dedicate ai genitori della Madonna. Nessuno dei quattro Vangeli riporta questo racconto, che trova pochissimi precedenti iconografici anteriori o contemporanei a Giotto Indietro
  • 26. Le storie della Vergine I sei episodi dedicati all'infanzia e al matrimonio di Maria sono dipinti con rispondenza simmetrica di fronte alle scene di Gioacchino e Anna, sul lato opposto della Cappella. Si stabilisce così una serie di rimandi dall'una all'altra parete, una lettura alternata, suggerita continuamente dalla disposizione speculare degli affreschi. Giotto inserisce l'Arcangelo annunciante e Maria sui due pilastri opposti dell'arco trionfale, realizzando un collegamento tra le due pareti. Indietro
  • 27. Le storie di Cristo Le storie dell'infanzia e della vita di Cristo coprono l'intera fascia centrale della decorazione parietale. Di grande importanza è la funzione svolta dalle scene dipinte sull'arco trionfale: la Visitazione (a destra, sotto la Madonna annunciata) - che collega direttamente l'inizio delle storie di Gesù con il ciclo precedente, dedicato alla Vergine - mentre il Tradimento di Giuda (sulla parete opposta) chiude, in modo drammatico, l'esistenza pubblica di Cristo e fa da cerniera con la sequenza della Passione, inaugurata dall'Ultima Cena. Indietro
  • 28. Le storie della Passione Seguendo attentamente il racconto evangelico Giotto conclude le Storie di Cristo con le scene dell'Entrata in Gerusalemme e della Cacciata dei mercanti dal tempio: il Tradimento di Giuda, sull'arco trionfale, dà avvio alla sequenza degli episodi della Passione, o, più esattamente della Passione, Morte e Resurrezione, visto che il ciclo si conclude con la Pentecoste. Si compie in questo modo la prima, fondamentale parte del programma iconografico complessivo della Cappella: la redenzione dell'uomo da parte di Cristo, a cui seguono la lotta tra il Vizio e la Virtù e il Giudizio finale. Indietro
  • 29. Il giudizio universale La vasta composizione si stende sull'intera controfacciata e costituisce il punto d'arrivo della simbologia morale, del cammino di salvazione rappresentato nella Cappella. Più che l'accentuazione mistica o il senso di orrore per le pene dei dannati appare dominante il tema della giustizia: questa scelta è ribadita anche dalla centralità della Virtù relativa fra le allegorie dello zoccolo; sotto questo aspetto, è possibile istituire un parallelo tra la visione morale proposta da Giotto e quella di Dante. Indietro
  • 30. Le allegorie dei vizi e delle virtù Un compito di grande importanza nel sistema simbolico è svolto dalle allegorie a monocromo delle Virtù e dei Vizi dipinte sopra lo zoccolo a finti marmi che corre lungo la parte basse della navata. Il basamento simula il marmo anche nella consistenza materiale, essendo realizzato con la difficile tecnica dello stucco romano. Le figure simboliche si trovano quasi a livello del riguardante, tanto da poter essere definite una sorta di 'registro di attualità'. Infatti, mentre la storia sacra delle pareti narra episodi avvenuti nel passato e il Giudizio Universale della controfacciata anticipa un evento futuro, il campo d'azione delle Virtù e dei Vizi è il presente, il mondo terreno. Indietro
  • 31. I coretti Sull'arco trionfale, a livello del registro inferiore con le Storie della Passione, sono simmetricamente affrescate due finte architetture, definite cappelle segrete o coretti, con bifore gotiche e volte a crociera da cui pendono due lampadari metallici di forma cilindrica. I significati iconografici Due finte architetture, definite cappelle segrete o coretti, con bifore gotiche e volte a crociera da cui pendono due lampadari metallici di forma cilindrica creano un eccezionale effetto di illusione spaziale. Sono aperture architettoniche simulate, con un significato fortemente prospettico, che forse alludono alla funzione funeraria della cappella. Il punto di fuga è invertito rispetto a quello delle edicole gemelle in cui si trovano i due personaggi dell'Annunciazione, nella parte alta dell'arco trionfale. Qualunque sia il significato simbolico dell'immagine, ci si trova di fronte a uno dei più liberi e innovativi passaggi di tutta la pittura di Giotto: una sorta di manifesto della nascita della prospettiva pittorica in senso moderno. Indietro
  • 32. La finta struttura architettonica Giotto sovrappone all'architettura reale dell'edificio una propria architettura finta, immaginando una sorta di arca in muratura alla cui base sta lo zoccolo in finti marmi intramezzati dai finti rilievi dipinti con le raffigurazioni allegoriche dei Vizi e delle Virtù e poi aperta, man mano che va su, da una serie di aperture, quadrate quelle più grandi e mistilinee le più piccole, culminanti nelle due enormi aperture che,in alto, lasciano vedere il cielo stellato. Indietro
  • 33. La volta stellata Preludio alle storie di Cristo Preludio alle storie di Maria Indietro
  • 34. Cacciata di Gioacchino dal tempio I significati iconografici Gioacchino, giunto in tarda età senza prole, viene allontanato dal tempio di Gerusalemme dallo scriba Ruben, perché non era consentito accedervi a chi non avesse procreato. La scena si svolge nel Tempio di Gerusalemme, presso il pulpito per la presentazione della legge o Bimah, dove uno scriba impartisce benedizioni. Il tabernacolo con colonne tortili rappresenta il Sancta Sanctorum , il luogo più segreto del santuario dove era custodita l'arca dell'Alleanza. Lo scriba Ruben allontana Gioacchino che ha un capretto in braccio. Indietro Avanti
  • 35. Gioacchino fra i pastori I significati iconografici Gioacchino, umiliato e addolorato, si ritira in montagna tra i pastori che accudiscono le sue greggi e vi rimane cinque mesi senza dare notizie di sé. Solo il cagnolino gli va incontro festoso. La scena è ambientata sullo sfondo di una montagna rocciosa con alberi. Indietro Avanti
  • 36. Un angelo appare ad Anna in preghiera I significati iconografici Anna moglie di Gioacchino, rimasta a casa riceve dall'angelo l'annuncio della prossima maternità. Nella scena è rappresentato l'interno della casa di Anna, dove quest'ultima accoglie il messaggio dell'Angelo del Signore. Sulla sinistra, l'ancella (forse Giuditta) fila. Nel timpano del poggiolo, in una conchiglia sorretta da angeli, è raffigurato Isaia, profeta di Maria. Indietro Avanti
  • 37. Gioacchino offre a Dio il sacrificio di un capretto I significati iconografici Gioacchino, incoraggiato dall'angelo, offre a Dio un capretto come sacrificio propiziatorio. Sull'altare del sacrificio sta bruciando un capretto. In alto, la mano di Dio. Gioacchino è inginocchiato in atto di adorazione mentre compare un angelo con caduceo. Alle spalle di Gioacchino, un pastore guarda verso il fumo del sacrificio. Indietro Avanti
  • 38. Il sogno di Gioacchino I significati iconografici E' quasi notte e Gioacchino risposa addormentato. L'angelo della scena precedente compare in sogno e annuncia a Gioacchino la prossima paternità, incoraggiandolo a tornare a casa. Due pastori assistono alla scena Indietro Avanti
  • 39. Incontro di Gioacchino ed Anna alla Porta Aurea I significati iconografici Gioacchino, accompagnato dai pastori, ritorna verso casa ed alla Porta Aurea riabbraccia Anna, venutagli incontro dopo essere stata avvertita da un angelo. Fanno da sfondo alla scena le mura di Gerusalemme, con muratura ghibellina. Un gruppo di amiche accompagna Anna e Giuditta reca in mano un mantello foderato di vaio, simbolo, secondo il Bellinati, dell'ex- vedovanza di Anna. Una vedova, ancora racchiusa nel suo mantello bruno congiunge il gruppo con la scena principale. Indietro
  • 40. Nascita di Maria e Lavanda I significati iconografici Anna riceve tra le sue braccia la bimba Maria, circondata dalle ancelle che recano sulle spalle fasce per neonati. In primo piano, due ancelle si prendono cura di Maria dopo il bagno: una le stringe delicatamente il naso perché cresca gentile, come era uso in molte regioni italiane fino al secolo scorso. Indietro Avanti
  • 41. Presentazione di Maria al tempio I significati iconografici Maria a tre anni, viene condotta al tempio e affidata ai sacerdoti. La scena si svolge all'ingresso del Tempio di Gerusalemme, dove Gioacchino è vicino al vecchio Simeone (112 anni) e alla profetessa Anna. Il sommo sacerdote Abiatar accoglie Maria, sorretta da Anna, mentre in primo piano altri due sommi sacerdoti commentano la scena. Indietro Avanti
  • 42. Consegna delle verghe I significati iconografici Maria vuole consacrarsi al Signore e pertanto bisogna scegliere l'uomo cui affidarla. Il Sommo Sacerdote Abiatar convoca gli uomini celibi della tribù di Giuda e si fa consegnare da ognuno di loro un ramoscello: Maria verrà affidata a quello dal cui ramoscello fiorito volerà una colomba. Giuseppe, con l'aureola, è fra i giovani. Il sommo sacerdote Abiatar riceve i ramoscelli alla presenza dello scriba Ruben. Indietro Avanti
  • 43. Preghiera per la fioritura delle verghe I significati iconografici All'interno del Sancta Sanctorum i ramoscelli , portati dai giovani della Tribù di Giuda e da Giuseppe, vengono posti sull'altare fra due incensieri e il sommo sacerdote Abiatar prega perché si verifichi l'evento straordinario. Fra i giovani, anch'essi raccolti in preghiera, Giuseppe. Indietro Avanti
  • 44. Matrimonio della Vergine I significati iconografici Maria è promessa sposa all'anziano Giuseppe. La solenne cerimonia degli sponsali o consacrazione, secondo il rito ebraico, avviene alla presenza di Abiatar . Giuseppe reca nella sinistra il ramoscello divenuto giglio, da cui sta per spiccare il volo una colomba bianca, e offre a Maria un anello. Maria porta i capelli sciolti (come le donne nubili) e ornati da un diadema. Sulla sinistra, un giovane della Tribù di Giuda spezza un ramoscello in segno d'ira. Indietro Avanti
  • 45. Corteo nunziale I significati iconografici Accompagnata da due dignitari del tempio e da sette ancelle, Maria ritorna a Nazareth nella casa paterna. Maria ha l'abito degli sponsali. Accompagnano il ritorno tre suonatori con il capo coronato di alloro. Indietro
  • 46. Missione dell’annuncio a Maria I significati iconografici Due schiere di angeli, alcuni musicanti, che rappresentano l'eternità, circondano il trono dell'Altissimo. L'angelo Gabriele, sulla destra, attende l'ordine di annunciare a Maria la sua imminente maternità in piedi. A sinistra, invece, inginocchiato,Gabriele riceve dalla mano di Dio la missione di scendere a Nazareth). Indietro Avanti
  • 47. Annunciazione I significati iconografici All'interno della casa di Nazareth, L'arcangelo Gabriele annuncia a Maria il mistero dell'Incarnazione. Nella mano destra reca il messaggio, alla maniera latina. Maria, colpita dal verbo divino, accanto al leggio, stringe in mano un libro d'argento, come nel dramma sacro "Mysterium Mariae et Angeli" che veniva rappresentato a Padova il 25 marzo. La scena dell'Annunciazione era una delle rappresentazioni più classiche e più amate. Giotto ne fissa per sempre la memoria, in un'immagine che avrà una grande fortuna in tutta la pittura successiva. La scena è in una posizione privilegiata per tutti coloro che entravano nella Cappella dalla porta d'ingresso. Indietro Avanti
  • 48. Visitazione I significati iconografici Maria, accompagnata da due delle sette ancelle, rende visita ad Elisabetta sua parente, moglie di Zaccaria e prossima madre di Giovanni il Battista. Maria reca in dono una fascia per neonati, di augurio per la prossima maternità. Indietro Avanti
  • 49. Nascita di Gesù e annuncio ai pastori I significati iconografici Maria depone Gesù in una mangiatoia, aiutata da un personaggio femminile, mentre Giuseppe riposa. In cielo, cinque angeli rendono grazie a Dio, di cui uno rivolge l'annuncio a due pastori, raffigurati di spalle, avvolti nei mantelli. Giotto risolve il problema dell'ubicazione della nascita di Gesù, sollevato dai Vangeli apocrifi, ponendo la stalla entro una grotta di montagna. Indietro Avanti
  • 50. Adorazione dei Magi I significati iconografici Giotto colloca l' Adorazione dei Magi prima della presentazione al Tempio, invertendo l'ordine usato dal Vangelo dello Pseudo Matteo. La Cometa non è quella di Halley, come erroneamente a lungo sostenuto, ma più verosimilmente una cometa descritta dal celebre astronomo e matematico padovano Pietro d'Abano ( Bellinati). Due inservienti trattengono due cavalcature o dromedari . I tre re Magi offrono doni: Melchiorre, inginocchiato, l'oro; Baldassarre reca , con una cornucopia, la mirra e Gaspare l'incenso. Due angeli e la sacra famiglia completano la scena. Indietro Avanti
  • 51. Presentazione di Gesù al Tempio I significati iconografici E' una scena molto importante perché ha consentito di individuare la fonte letteraria di Giotto in questo ciclo: sotto la volta del Sancta Sanctorum, il vecchio Simeone (112 anni) riceve da Maria il bimbo, con le mani coperte da un drappo ( come si usava fare quando si riceveva un dono dall'imperatore, secondo il Bellinati). Alla sua destra, la profetessa Anna reca un cartiglio con la scritta " quoniam in isto erit redemptio mundi" , unica negli apocrifi e citata dal vangelo dello Pseudo Matteo. Giuseppe reca in dono due giovani colombe. Indietro Avanti
  • 52. Fuga in Egitto I significati iconografici Giuseppe, Maria e Gesù bambino fuggono in Egitto per sottrarsi alle persecuzioni dei re Erode, dopo esser stati avvertiti in sogno da un angelo. Quest'ultimo indica la strada al gruppo che vede anche una ragazza, con il capo coronato di edera, vicino a Giuseppe e tre giovani sulla stessa strada della carovana. Indietro Avanti
  • 53. Strage degli innocenti I significati iconografici Erode impartisce ordini dall'alto di una loggia, mentre sullo sfondo è raffigurata l'antichissima Basilica della Natività a Betlemme ( Bellinati). In primo piano si staglia il gruppo delle madri che piangono i loro figli, molti dei quali giacciono, senza vita, al centro della scena. I gesti dei soldati che infieriscono con crudeltà, aumentano la drammaticità della scena. Indietro Avanti
  • 54. Gesù tra i dottori I significati iconografici Gesù fanciullo siede, in prossimità della Pasqua ebraica, nel tempio di Gerusalemme fra dieci dottori della Legge. Assistono alla scena Giuseppe e Maria, in piedi con le aureole, che lo trovano dopo una lunga ricerca. Indietro Avanti
  • 55. Battesimo di Gesù I significati iconografici Cristo, immerso nelle acque del fiume Giordano, riceve il battesimo dalle mani di Giovanni Battista. Quest'ultimo è accompagnato da due discepoli, mentre, sul lato opposto, quattro angeli assistono alla scena e recano la tunica e il mantello di Gesù. L'Eterno Padre appare in alto con il libro degli insegnamenti divini ed una colomba, oggi quasi interamente scomparsa. Indietro Avanti
  • 56. Nozze di Cana I significati iconografici L'iconografia sembra rifarsi alle "Meditationes" sulla vita di Cristo dello Pseudo-Bonventura ( Bellinati) , un testo molto popolare nel medioevo. Secondo un'antica tradizione, il personaggio seduto alla sinistra di Cristo (lo sposo) sarebbe il futuro evangelista Giovanni che, lasciata la moglie nel giorno delle nozze, avrebbe seguito come apostolo Gesù. Il personaggio con l'aureola, invece, è Andrea apostolo. Al centro, il gruppo delle donne con al centro la sposa e Maria, che chiede al figlio di trasformare l'acqua delle sei giare in vino. Indietro Avanti
  • 57. Resurrezione di Lazzaro I significati iconografici Cristo, circondato dagli apostoli compie il miracolo della resurrezione di Lazzaro, dopo che Marta e Maria, sorelle del defunto, lo avevano implorato. Lazzaro, avvolto in bende, è sostenuto da due apostoli. In primo piano due garzoni spostano la pietra tombale. Indietro Avanti
  • 58. Ingresso a Gerusalemme I significati iconografici scena, bipartita, mostra Gesù che entra a Gerusalemme seguito dagli apostoli, accolto da una folla festante che stende a terra mantelli, mentre due ragazzi raccolgono rami di ulivo. L'architettura raffigura, con probabilità, la "cittadella di David" con le torri che si salvarono dalla distruzione della città. Indietro Avanti
  • 59. Cacciata dei mercanti dal Tempio I significati iconografici Gesù, accompagnato dai suoi apostoli, caccia i profanatori dal tempio, impugnando delle corde come flagelli. Sulla destra i sommi sacerdoti Caifa e Anna commentano la scena. Indietro Avanti
  • 60. Tradimento di Giuda I significati iconografici Giuda Iscariota tradisce Gesù e lo vende per trenta denari ai sacerdoti ed agli scribi del tempio, che cercavano di liberarsene perché temevano il popolo in concomitanza della Festa degli Azzimi. Satana è dietro le spalle di Giuda, che ha l'aureola nera. Ha inizio da questa scena il racconto della Passione e della morte di Cristo. Indietro
  • 61. L’ultima cena I significati iconografici È uno dei temi iconografici più famosi e più rappresentati. Giotto coglie il momento degli sguardi interrogativi degli apostoli dopo che Gesù, durante la celebrazione della Pasqua, ha annunciato che uno di loro lo tradirà. Giuda siede di spalle con il mantello giallo e l'aureola nera, diversa dalle altre, anneritesi posteriormente per cause chimiche. Indietro Avanti
  • 62. Lavanda dei piedi I significati iconografici Nella stessa architettura dove si svolge l'Ultima cena, Gesù lava i piedi agli apostoli, in un gesto in cui il Figlio di Dio si inginocchia davanti all'uomo. La scena è sovrastata dall'Adorazione dei Magi ( dove gli uomini si inchinano davanti al Figlio di Dio) e, ancora più in alto, dalla preghiera di Anna, in un gioco di rispondenze e parallelismi rilevato da più di uno studioso. Indietro Avanti
  • 63. Bacio di Giuda I significati iconografici Al centro di una folla di soldati, accorsi con lance e torce, si compie il tradimento e Giuda bacia Gesù. A destra Caifa indica il Cristo, mentre, a sinistra, Simon Pietro taglia l'orecchio a Malco, servo del sommo sacerdote. Indietro Avanti
  • 64. Gesù dinnanzi a Caifa I significati iconografici Gesù viene arrestato e portato davanti al sommo sacerdote Caifa, che, in questa scena, siede vicino ad Anna. Caifa interroga Gesù e, udite le risposte, si straccia le vesti in segno di dolore per le affermazioni di Gesù ritenute sacrileghe: un gesto analogo alla raffigurazione dell'Ira nello zoccolo con i Vizi. Intanto un soldato, presente alla scena, alza il braccio per dare uno schiaffo a Gesù. Indietro Avanti
  • 65. Flagellazione I significati iconografici Sulla destra, il gruppo con Ponzio Pilato che non ha voluto esprimere un giudizio, rimettendo la decisione nelle mani delle autorità locali. Sulla sinistra, la scena prosegue: Gesù viene schernito, flagellato, e deriso come re dei Giudei.) Indietro Avanti
  • 66. Salita al calvario I significati iconografici Gesù porta la croce uscendo dalla porta di Gerusalemme. Sullo sfondo, un gruppo di soldati con lance, picche ed alabarde. La madre di Gesù segue il corteo, anche se si cerca di allontanarla. Nella scena ci sono altri soldati e sacerdoti del Tempio: un soldato dietro al Cristo lo spinge con un bastone; un altro impugna il martello per la crocifissione. Due contadini si imbattono nel corteo: uno di loro è il Cireneo che porterà, scalzo, la croce per un tratto (Bellinati). Si può notare come nella Salita al Calvario Cristo esca con la croce in spalla dalla stessa porta di Gerusalemme, merlata e turrita, attraverso la quale era festosamente entrato nella penultima scena del registro mediano della stessa parete. Indietro Avanti
  • 67. Crocifissione I significati iconografici Cristo inchiodato sulla croce(Crocifissione), con inginocchiata ai piedi Maria Maddalena, a sinistra la Madonna sostenuta da Giovanni l'Evangelista e da Maria Cleofe e, sulla destra, il centurione romano convertito ( e pertanto con l'aureola) tra i soldati che si disputano le vesti del crocifisso. In cielo, dieci angeli rappresentano forse la partecipazione cosmica al dolore ( Bellinati). Sul cartiglio del Crocifisso la scritta "HIC. E. IESUS /NAZARENUS/ REX IUDEORUM" che non trova riscontro nei Vangeli né canonici né apocrifi ma che ha un precedente in Cimabue. Indietro Avanti
  • 68. Compianto I significati iconografici È una delle scene più espressive dell'intero ciclo, grazie ad una capacità ineguagliabile di rappresentare lo spazio, le figure e i gesti attorno al corpo senza vita di Cristo. Le braccia aperte di Giovanni apostolo, al centro della rappresentazione, come pure lo sguardo intenso di Maria, la diagonale della montagna rocciosa, la disperazione dei dieci angeli che riproducono tutte le manifestazioni della disperazione umana, esprimono un dramma che diventa universale Indietro Avanti
  • 69. Resurrezione di Gesù - ”Noli me tangere” I significati iconografici Due angeli sono seduti sul sepolcro di marmo, mentre alcuni soldati dormono profondamente. Il Cristo risorto compare a Maria Maddalena, giunta al sepolcro per piangere, e la invita a non seguirlo e a non toccarlo. Sul vessillo, le parole "victor mortis". Questa scena ebbe da subito una grande fortuna iconografica e venne riprodotta pochi anni dopo negli Antifonari della cattedrale di Padova. In questo riquadro Giotto usa la tecnica dello stucco romano, recuperata dopo anni di oblio, per rendere la lucentezza del marmo. Indietro Avanti
  • 70. Ascensione I significati iconografici Sulla sommità del monte degli Ulivi, Cristo, racchiuso nella mandorla, ascende al cielo fra due schiere di angeli, beati e santi dell'Antico Testamento. Lo guardano dal basso gli apostoli e la madre, davanti ai quali compaiono due angeli. Indietro Avanti
  • 71. Pentecoste I significati iconografici Sugli apostoli riuniti scende la luce dello Spirito Santo, e gli apostoli cominciano a parlare in altre lingue. È l'inizio della loro missione: andare per il mondo a predicare e diffondere il vangelo. Indietro
  • 72. Il giudizio universale I significati iconografici La vasta composizione si stende sull'intera controfacciata e costituisce il punto d'arrivo della simbologia morale, del cammino di salvazione rappresentato nella Cappella. Il Cristo Giudice, al centro della composizione, rende giustizia ai buoni e condanna i cattivi, con gesto pacato e sicuro. La divisione tra bene e male è anche separazione tra ordine e caos: gli eletti, seguendo le indicazioni degli angeli, si dispongono in schiere regolari, mentre tra i demoni e i dannati regna la massima confusione. Indietro Avanti
  • 73. Enrico Scrovegni (particolare del giudizio universale) I significati iconografici Enrico Scrovegni offre alla Vergine (S. Maria della Carità) accompagnata da Giovanni Evangelista e da Santa Caterina d'Alessandria, il modello della cappella sostenuto da un ecclesiastico non ancora identificato ( forse Altegrado dè Cattanei) ma che quasi sicuramente è il responsabile teologico- iconografico della decorazione. Indietro Avanti
  • 74. Cristo Giudice (particolare del giudizio universale) I significati iconografici Il Cristo Giudice sovrasta la porta principale della Cappella. Entro l'iride che ricorda i sette cieli tolemaici, sta il Signore della Storia, circondato da Serafini. Siede sul trono del tempo, che poggia sui simboli dei quattro evangelisti. Basterà un cenno con la mano destra ( venite, benedetti), o un altro cenno con la sinistra ( andate lontano.) per dare alla storia il suo inappellabile verdetto di giustizia eterna. Tre elementi riflettenti adornano tutt'ora l'aureola del Cristo- Giudice, ad accentuarne la terribilità ( ora in quello centrale il vetro è rotto e negli altri due la lamina metallica è alterata). Un elemento che conferma l'impostazione scenica della decorazione pittorica della Cappella Indietro
  • 75. I sette vizi capitali Allegorie dei sette Vizi capitali (Disperazione, Invidia, Idolatria, Ingiustizia, Ira, Incostanza, Stoltezza ), prima del restauro. I significati iconografici Allegorie dei sette Vizi capitali (Stoltezza, Incostanza, Ira, Ingiustizia, Idolatria, Invidia, Disperazione) che conducono alla perdizione eterna Un compito di grande importanza nel sistema simbolico della Cappella è svolto dalle allegorie a monocromo delle Virtù e dei Vizi dipinte sopra lo zoccolo a finti marmi che corre lungo la parte bassa della navata. Il basamento simula il marmo anche nella consistenza materiale, essendo realizzato con la difficile tecnica dello stucco romano. La loro collocazione segna la “storia umana” fra le Storie di Cristo e Maria e il Giudizio Universale. Indietro Avanti
  • 76. Le sette virtù capitali Allegorie delle sette Virtù capitali (Prudenza, Fortezza, Temperanza, Giustizia, Fede,Carità, Speranza), prima del restauro. I significati iconografici Le sette Virtù, ultima la Speranza, conducono al Paradiso, ubicato alla destra di Cristo Giudice; i sette Vizi, alla perdizione eterna. Sono tutti personaggi femminili, ad eccezione della Stoltezza e dell'Ingiustizia. Il sistema delle antinomie giottesche pone al centro, a metà della navata, la coppia Giustizia-Ingiustizia: sono due allegorie monumentali, sedute in robusti seggi, completate da minuscole scene che mostrano il sereno svolgersi della vita governata dalla Giustizia e, viceversa, la brutalità e la violenza provocata dall'Ingiustizia. Le altre coppie, costruite secondo il criterio dell'abbinamento dei contrari, sono, dall'altare verso la controfacciata, Prudenza - Stoltezza; Fortezza - Incostanza; Temperanza - Ira; Fede - Idolatria; ; Carità - Invidia; Speranza - Disperazione. Indietro
  • 77. Preludio alle storie di Maria I significati iconografici Il cielo azzurro e stellato ospita circa 400 stelle a otto punte. Al centro S. Maria della Carità, cui è dedicata la Cappella. La circondano quattro re e profeti dell'Antico Testamento. Indietro Avanti
  • 78. Daniele I significati iconografici Ha in mano un cartiglio, che cita il capitolo 6, verso 26 " Ipse est enim Deus vivens et aeternus in secula, et Regnum eius non dissipabitur et potestas eius usque in aeternum" ( Egli è infatti il Dio vivente che dura in eterno ; il suo regno è tale che non sarà mai distrutto e il suo dominio non conosce fine ) Indietro Avanti
  • 79. Isaia I significati iconografici Ha in mano un cartiglio, che cita il capitolo 7, verso 14 "Ecce Virgo concipiet et pariet filium et vocabitur nomen eius Emmanuel " (Ecco la Vergine concepirà e darà alla luce un Figlio, che chiamerà Emmanuele) Indietro Avanti
  • 80. Malachia I significati iconografici Ha in mano un cartiglio, che cita il capitolo 3, verso 1 " Et statim veniet ad templum suum, determinator, quem vos queritis et angelus, testamentui quel vos vultis" (E subito entrerà nel suo tempio il Signore, che voi cercare, e l'angelo dell'alleanza che voi sospirate). Indietro Avanti
  • 81. Baruch I significati iconografici Ha in mano un cartiglio che cita il verso 36 del capitolo 3 "Hic est Deus noster et non aestimabitur alius adversus eum" (Egli è il nostro Dio e nessun altro gli può essere paragonato) Indietro
  • 82. Preludio alle storie di Cristo I significati iconografici Il cielo azzurro e stellato è decorato con più di 400 stelle a otto punte. Al centro, il Redentore benedicente, circondato da quattro profeti che hanno preannunciato la sua venuta. Indietro Avanti
  • 83. Michea I significati iconografici Preannuncia la nascita del Messia a Betlemme in un passo esplicito delle sue profezie. Indietro Avanti
  • 84. Ezechiele I significati iconografici Reca in mano il libro, scritto entro e fuori, che gli è stato offerto da Dio. Ha preannunciato la maternità di Maria e, per questo motivo, nel Medioevo godeva di una grande notorietà. Indietro Avanti
  • 85. Geremia I significati iconografici Preannuncia la nuova alleanza di Dio con il suo popolo. Più di ogni altro profeta, ha prefigurato, con la sua vita, la Passione e morte di Cristo. Indietro Avanti
  • 86. Giovanni Battista I significati iconografici E’ colui che annuncia l'arrivo di Cristo ed il suo precursore. La sua vita è raccontata nei Vangeli di Luca e Giovanni. Indietro
  • 87. Polittico dei Domenicani Pittura realizzata su tavola di legno, solitamente in pioppo, di grandi dimensioni, posta sopra l'altare della chiesa e raffigurante scene a carattere sacro. Mentre alcune pale sono pentagonali (richiamando nella forma la sezione verticale di un chiesa col tetto "a capanna"), altre hanno forme e strutture più complesse: sono suddivise in scomparti e ornate con cuspidi e colonnine che hanno il compito di separare le varie scene. La base è spesso costituita da un gradino più o meno alto (predella), che ospita immagini - sempre di soggetto sacro - legate al tema della raffigurazione principale. Indietro
  • 88. La Maestà degli uffizi La più grande delle pitture Giottesche. Il soggetto è lo stesso di Duccio di Cimabue: sul trono la vergine e il bambino fra i santi e gli angeli e il bambino solleva la mano in un gesto di benedizione. Tuttavia, era cambiato molto durante i pochi anni che separano questo lavoro dagli altri. La vergine triste, è stata trasformata qui in una donna molto umana che guarda serenamente, le sue labbra separate sono in procinto di un sorriso che rivela il bianco dei suoi denti. Rispetto agli impianti simili dei grandi pittori del tredicesimo secolo, questa immagine del Madonna sembra notevolmente essere facilitata, benchè affatto impoverita. L'abito della vergine e il manto sono della qualità più fine. La ricchezza cromatica del trono lo rende sia sontuoso che uno dei soliti troni elaborati delle pitture del tredicesimo secolo. I gruppi degli angeli ad ogni lato del trono occupano lo spazio reale e sembrano essere i componenti fermi ed eleganti di una corte reale. Indietro
  • 89. Il Campanile di Giotto Il campanile di Santa Maria del Fiore, uno dei più belli d'Italia, è una geniale (e costosissima) invenzione di Giotto, creata più come monumento decorativo che funzionale. Nel 1334, quando i lavori per la nuova cattedrale languivano ormai da oltre 30 anni, il grande artista viene nominato capomastro della fabbrica con il compito di portarne avanti la costruzione. Ma piuttosto che impegnarsi nella prosecuzione del progetto di Arnolfo per il Duomo, Giotto preferisce idearne uno tutto suo: il campanile. Al nuovo elemento architettonico che va ad arricchire la piazza, il maestro lavora dal 1334 al 1337, anno della sua morte, ma del progetto riesce a vedere realizzata solo la prima zona, quella dove si apre l'ingresso cuspidato. Indietro Avanti
  • 90. Il suo gusto di pittore lo porta infatti a far procedere il rivestimento esterno in contemporanea con la costruzione, rallentandone l'esecuzione. Marmi bianchi di Carrara, verdi di Prato e rossi di Siena colorano lo spazio e al tempo stesso lo ripartiscono con rigore classico, mentre sui quattro lati compare una "narrazione" figurativa (espressione indispensabile ad un pittore) grazie ad una serie di formelle ottagonali a rilievo eseguite da Andrea Pisano (che nel 1336 aveva terminato la Porta sud del Battistero) su disegni in parte dello stesso Giotto. Indietro Avanti
  • 91. Da: le storie di San Francesco •San Francesco riceve le Stigmate •La rinuncia degli averi •La confermazione delle regola •La prova del fuoco davanti al sultano •L’apparizione nel capitolo di Arles •Il funerale di San Francesco •L’apparizione a frate Agostino e al vescovo d’assisi Indietro
  • 92. San Francesco riceve le stigmate Giotto riprende fedelmente la tradizione, secondo cui San Francesco ricevette le stimmate sul fianco del monte della Verna. Questo monte fa da sfondo alla scena, ed è raffigurato, in modo simile in tutte le icone, come scarso di vegetazione e molto roccioso. Tutto l'affresco è strutturato in funzione della posizione dell'osservatore, quindi verso il basso. La posizione del Santo assume un certo movimento, emblema delle conquiste pittoriche nelle rappresentazioni umane da parte di Giotto. Possiamo notare nel Santo come un sussulto compreso fra lo stupore e l'estasi mistica. Le mani non sono raccolte verso il busto,come in altre rappresentazioni, ma si aprono in modo scomposto, come a simbolo dell'accettazione da parte del Santo di tale evento. L'inarcazione del busto aumenta la sensazione di dolore mistico e l'efficacia rappresentativa. San Francesco che occupa il maggior spazio narrativo, è in primo piano mentre il Cristo, che è di dimensioni più ridotte, sovrasta meno il campo prosaico. La caratteristica che ritroveremo in tutto il ciclo pittorico è la scelta rappresentativa da parte di Giotto di un San Francesco inedito, nel fiore degli anni e senza la vistosa barba, che invece è l'epiteto fisso non solo di tutte le rappresentazioni contemporanee,ma anche di quelle successive. Indietro Avanti
  • 93. La rinuncia degli averi Nell'affresco la decisiva scelta di vita di Francesco è ben definita da Giotto, tanto da risultare una divisione bipartita così distribuita. Da una parte troviamo semi nudo il giovane Santo che alzando gli occhi e le mani al cielo, si rivolge a Cristo. Dietro di lui sono rappresentati il vescovo di Foligno che lo copre con un mantello e alcuni personaggi che sembrano appartenere all'ordine religioso. Dall'altra parte c'è il padre con intorno tutto il popolo di Assisi, che condivide lo sdegno paterno, mentre un uomo lo tiene per un braccio. La lunetta risulta però meno bipartita, grazie al complesso architettonico che fa da sfondo senza spezzare l'andamento narrativo, ma anzi unendolo. I personaggi sono molto curati sia nei volti, sia nei vestiti, ed infine nella struttura anatomica. Lo slancio del padre verso il figlio è accentuato dalla flessione in avanti, e dal gesto di alzarsi il lungo vestito per muoversi. Indietro Avanti
  • 94. La conferma della regola La scena si svolge in un interno. L'incarnato dei personaggi e le loro vesti sono resi in maniera molto realistica e dettagliata, ed è presente uno spiccato senso decorativo. Sono distinguibili due gruppi d'azione nel cui centro focale è posto San Francesco. Si nota però, che mentre al centro vi è un gruppo ben assemblato, vi sono altre due coppie di persone alle estremità opposte che equilibrano la scena. Indietro Avanti
  • 95. La prova del fuoco davanti al sultano Nell'affresco il sultano è posto centralmente, San Francesco e il fuoco sono a destra, mentre gli altri personaggi sono distribuiti a sinistra con l'intento di equilibrare la composizione pittorica. Particolare importante di questo affresco è la direzione degli sguardi di San Francesco e del sultano. Questi, infatti non s'incontrano mai, e hanno direzioni diverse, San Francesco guarda il sultano, e quest'ultimo distoglie lo sguardo. Indietro Avanti
  • 96. Particolare della prova del fuoco davanti al sultano I personaggi questa volta risultano meno curati nell'espressività dei volti e sono più schematici nei loro gesti, inoltre la rappresentazione del fuoco è infelice e poco verosimili. Anche gli elementi architettonici usati da Giotto come sfondo e come metrica pittorica, risultano leggermente inferiori rispetto agli altri dello stesso ciclo. I piedi e le mani dei personaggi sono per la maggior parte coperti dalle vesti, mentre in tutto il ciclo li vediamo ben visibili, lo stesso volto del sultano è poco risolto. Indietro Avanti
  • 97. L’apparizione nel capitolo di Arles Nell'affresco, presente nella Cappella Bardi, l'architettura molto curata, ma scarna di decorazioni, mette in risalto la trama compositiva. Si possono notare le finestre bifore, e alcuni particolari architettonici tipici del gotico. Nell'affresco inoltre, l'artista si è soffermato di più sull'aspetto mistico della vicenda, scegliendo per questo motivo un'impostazione compositiva più schematica. La scena è vista frontalmente, e non più di scorcio, come nelle altre rappresentazioni, inoltre, gli elementi architettonici scandiscono il tempo prosaico, unendo, ma allo stesso tempo evidenziando la scena. Indietro Avanti
  • 98. Particolare dell’apparizione nel capitolo di Arles Questo affresco manca di simmetria, e i personaggi accanto al Santo sono rappresentati in maniera diversificata, mentre, nelle altre rappresentazioni, i personaggi si dispongono in maniera simmetrica a fianco del santo, che si trova al centro della scena. Indietro Avanti
  • 99. Il funerale di San Francesco La pittura murale è molto solenne e dettagliata nella rappresentazione degli angeli e dei santi. La variazione della luce è molto accentuata, vi sono diversi giochi chiaroscurali, mentre mancano completamente gli elementi architettonici usati come sfondo. Ai lati della scena due gruppi di personaggi chiudono l'affresco come margini per l'osservatore. Il punto di vista dell'affresco è leggermente rialzato, e le persone sono quasi viste dall'alto, creando un ascendere verso il cielo, dove si trovano quattro angeli, due per lato che circondano l'anima del Santo e l'accompagnano. Indietro Avanti
  • 100. Particolare del funerale di San Francesco I gesti dei personaggi dell'affresco di Santa Croce sono molto concisi, e sviluppati in senso drammatico. Le figure che rispecchiano questa caratteristica in modo assai evidente sono i due frati posti vicino al volto del morto, dei quali uno si rivolge al cielo alzando una mano in segno di dolore, mentre l'altro sembra rivolgere l'estremo saluto. Intorno alla salma vi sono cinque frati genuflessi in segno di dolore che accarezzano e baciano rispettivamente le mani e i piedi, quasi a ricordare all'osservatore le stimmate lì poste. In piedi dietro la salma vi sono altre figure di frati con le mani alzate e che completano il nucleo centrale della rappresentazione. Indietro Avanti
  • 101. Apparizione a frate Agostino e al vescovo Nonostante l'affresco non sia integro a causa della manipolazione settecentesca, è possibile notare nell'affresco che il vescovo assume un atteggiamento rilassato e sappiamo che il frate a suo tempo si rivolgeva verso di esso. I personaggi secondari sono raggruppati intorno al frate, fatta eccezione per due semi dormienti accasciati sotto il giaciglio del vescovo. Si può notare lo spazio notevole che è dedicato al vescovo, raffigurato disteso e occupante quasi la metà dell'affresco. Gli interni sono trascurati e poco decorati. Indietro Avanti
  • 102. Particolare dell’apparizione a frate Agostino e al vescovo Bisogna mettere in risalto come Giotto ha organizzato la struttura dell'affresco, dopo aver notato come il disegno e la disposizione degli elementi svolgono una funzione fondamentale ai fini dell'opera stessa. Tutto il ciclo pittorico è caratterizzato da una grande chiarezza formale, grazie alla disposizione delle linee compositive generate dalle architetture e dai personaggi. Indietro
  • 103. Città visitate da Giotto •Assisi •Padova •Rimini •Roma •Firenze •Napoli •Bologna Indietro
  • 104. Assisi Le fonti antiche tutte concordi nell’esaltarne la figura e il ruolo di innovatore della pittura, sono state anche la causa di questioni controverse, che dividono gli studiosi, soprattutto riguardo ai suoi esordi e all’attribuzione delle “Storie di San Francesco” nella basilica dei frati minori ad Assisi . In uno dei testi più citati, quello del Ghiberti troviamo: “Dipinse nella chiesa d’Assisi nell’ordine de’ frati minori quasi tutta la parte di sotto” il che è stato inteso da molti come una indicazione del ciclo francescano lungo la fascia in basso della “Apparizione nel capitolo di Arles” dal ciclo di “San Francesco” nella basilica dei frati minori ad Assisi. Basilica Superiore, mentre chi non crede che Giotto ne sia l’autore, lo intende come riferimento solo alla Basilica Inferiore, attribuendo gli affreschi ad un autore di scuola romana, prosegue così da più di due secoli una delle diatribe più appassionanti della storia dell’arte: la “questione giottesca”. Indietro Avanti
  • 105. Giorgio Vasari nelle “Vite” afferma che Giotto fu chiamato da Giovanni Mincio da Morovalle che fu generale dell’ordine francescano dal 1296 al 1304 date entro le quali furono dipinti gli affreschi. Giotto sarebbe stato presente ad Assisi una prima volta nel 1297 per eseguire la Cappella di San Nicola nella Basilica Inferiore con l’Annunciazione sulla parete d’ingresso, e le due scene dei miracoli post mortem di “San Francesco Morte” e “Resurrezione del Fanciullo di Suessa” che mostrano evidenti affinità tecniche ed esecutive con la Cappella degli Scrovegni mentre si “crocifissione” dal ciclo “della Passione” della differenziano dal ciclo Francescano . La cappella degli Scrovegni. Tavola conservata nel Museo del Louvre di Parigi proveniente da Pisa che rappresenta le “Stimmate di San Francesco” contiene delle scenette uguali a quelle di Assisi il che viene considerato motivo a sostegno della attribuzione a Giotto. Indietro Avanti
  • 106. Indipendentemente dal fatto che si tratti di Giotto o di un altro pittore le scene non mostrano sempre la stessa qualità esecutiva, il Ciclo francescano presenta comunque delle soluzioni formali rivoluzionarie. “Particolare della prova del fuoco davanti al sultano” dal ciclo di “san Francesco” nella basilica dei frati minori ad Assisi. Con un sapiente dosaggio del chiaroscuro si rende l’evidenza plastica delle figure mentre l’uso di architetture scorciate che svolgono il ruolo di quinte prospettiche creano degli spazi praticabili in cui i personaggi si muovono con naturalezza e coerenza, ad esempio possono girarsi di spalle rispetto all’osservatore cosa prima inconcepibile. Indietro Avanti
  • 107. “la rinuncia degli averi” dal ciclo si “san Francesco” nella basilica dei frati minori ad Assisi. La composizione è libera dagli schematismi e simmetrie della pittura precedente, anche se accanto a scenari naturali ed architettonici realistici troviamo ancora delle rappresentazioni dal gusto arcaico, non tutti gli scorci sono resi con la stessa sicurezza, più incerte appaiono le città dipinte in lontananza e gli edifici delle prime tre campate della parete sinistra. Indietro
  • 108. Padova “missione dell’annuncio a Maria” dalle “storie di Gesù” dalla Cappella degli Scrovegni a Padova Gli affreschi della Cappella dell’arena di Padova sono fondamentali per la conoscienza dell’arte giottesca perché sono quelli in cui l’autografia e la datazione sono certe e dove il ricorso agli aiuti è limitato all’esecuzione delle idee del maestro. Enrico Scrovegni nobile patavino acquistò il terreno nel 1300, nel 1302 cominciò la costruzione della cappella che si trovava a ridosso del palazzo di famiglia poi distrutto. Nel 1304 il Papa Benedetto XI promulgava un’indulgenza in favore di coloro che l’avessero visitata, infine l’edificio fu consacrato nel 1305 e presumibilmente gli affreschi dovevano essere terminati per quella data. Indietro Avanti
  • 109. Giotto dipinse l’intera superficie con un progetto iconografico e decorativo unitario, ispirandosi alla “leggenda Aurea “ di Jacopo da Varazze e alle “Meditazioni sulla vita di Gesù” dello Pseudo- Bonaventura. Dipinge dividendolo in 37 scene , un ciclo incentrato sul tema della salvezza che parte dalla storia di Gioacchino ed Anna e prosegue con quelle di Maria e Gesù lungo le pareti e termina col Giudizio universale della controfacciata. “il giudizio universale” dalla cappella degli Scrovegni a Padova. “la consegna delle verghe” dalle “storie di Mario”dalla cappella degli Scrovegni a Padova. Indietro Avanti
  • 110. Sullo zoccolo in basso alcuni specchi in finto marmo si alternano a figure monocrome simboleggianti Vizi e Virtù. Nella cappella la pittura di Giotto ha raggiunto la piena maturità espressiva, la composizione rispetta il principio del rapporto organico tra architettura e pittura ottenendo il risultato di un complesso unitario, i riquadri sono tutti di identica dimensione, i partimenti decorativi, le architetture simulate e i due finti coretti prospettici che simulano un’apertura sulla parete, sono tutti elementi che obbediscono alla logica della “coretto” dalla cappella degli Scrovegni a Padova. visione unitaria, non solo prospettica ma anche cromatica, ad esempio il blu intensissimo della volta che sembra più un colore di sfondo che un cielo reale si ripete in ogni scena. Indietro Avanti
  • 111. Rispetto agli affreschi di Assisi si notano molti progressi, le figure sono solide e voluminose e rese ancora più salde dalle variazioni cromatiche, i toni dei colori si schiariscono nelle zone sporgenti. Alcuni accorgimenti tecnici come lo stucco lucido o stucco romano usato per i finti marmi o l’inserimento di parti metalliche nell’aureola del Cristo Giudice nel Giudizio, le tavole inserite nel muro e l’uso dell’encausto nelle figure a finto rilievo, arricchiscono di effetti materiali tutto l’ambiente. “cristo giudice” dal “preludio alle storie di Cristo” dalla Cappella degli Scrovegni a Padova. Indietro
  • 112. Rimini La presenza di Giotto a Rimini non è databile con precisione ma si presume possa essere collocata tra gli anni di Padova, e il ritorno ad Assisi. A Rimini come ad Assisi, lavora in un contesto francescano nella Chiesa nota oggi come Tempio Maltestiano, dipinge un ciclo di affreschi perduto e il Crocifisso dipinto, che si trova ancora nell’abside, ma è mancante della cimasa e delle estremità ritrovate da Federico Zeri nel 1957 nella collezione Jeckyll a Londra. L’autografia del crocifisso non è condivisa da tutti gli studiosi pur mostrando le qualità tipiche della sua pittura, potrebbe trattarsi di un’opera di bottega come molte uscite con la sua firma e dipinta da un suo disegno. Il soggiorno di Rimini è importante Crocifisso di Rimini soprattutto per l’influenza esercitata sulla locale scuola pittorica e Miniatoria di Giovanni e Pietro da Rimini che fu fiorente nel trecento. Indietro
  • 113. Roma Nel 1311 Giotto è a Roma per realizzare il mosaico del portico dell’antica Basilica di San Pietro “la Navicella degli Apostoli” poi distrutta , fu disegnata da due artisti del quattrocento Pisanello e Parri di Spinello il disegno si trova nel Metropolitan Museum of Art di New York , mentre due tondi con i volti di angeli sono conservati rispettivamente a San Pietro Ispano a Frosinone e nelle Grotte Vaticane. Fu commissionata dal cardinale Jacopo Caetani Stefaneschi arciprete e benefattore della Basilica oltre che Diacono di San Giorgio al Velabro , che lo pagò ben duecento fiorini e per l’occasione compose Polittico Stefaneschi (Roma). dei versi da inserire nel mosaico. Il Polittico Stefaneschi della Pinacoteca Vaticana è un’ opera appartenente ad una fase successiva, l’anno è il 1320, come testimonia la descrizione seicentesca dell’archeologo Grimaldi, era destinato all’altar maggiore della Basilica di San Pietro e fu commissionato insieme a degli affreschi che si trovavano nella zona della tribuna. L’opera è ideata dal maestro ma dipinta insieme agli aiuti , l’importanza del luogo a cui era destinata imponeva l’uso del fondo oro dal quale le figure monumentali si stagliano con grande sicurezza, ed è caratterizzata da una grande varietà cromatica a scopo decorativo. Dipinto su entrambi i lati rappresenta sul verso anteriore il Cristo in trono con i Martirii di San Pietro e di San Paolo (simboli della Chiesa stessa) , sul retro San Pietro in Trono , negli scomparti e nelle predelle la Vergine col bambino in Trono con diverse figure di Santi ed Apostoli. Indietro
  • 114. Firenze A Firenze verso il 1314-1315 Giotto dipinge alcuni capolavori della sua maturità, opere su tavola per la Chiesa di Ognissanti dell’Ordine degli Umiliati La Dormitio Virginis della Gemal de galerie di Berlino , un tema ed una composizione antica che riesce ad innovare grazie alla disposizione dei personaggi nello spazio e il Crocifisso dipinto ancora in loco simile alle analoghe figure di Assisi tanto che si è pensato al cosiddetto “Parente di Giotto”. La Maestà degli Uffizi che va confrontata con due celebri precedenti di Cimabue e Duccio di Boninsegna nella stessa sala del Museo, per comprenderne la modernità di linguaggio. “Maestà degli Uffizi” Firenze. Indietro Avanti
  • 115. Lorenzo Ghiberti riporta che Giotto per la Chiesa Anglicana di Santa Croce eseguì gli affreschi di quattro cappelle e altrettanti polittici , tre situati nella zona alla destra del presbiterio e una in quella alla sinistra. Si sono salvate dalla distruzione due cappelle: la Bardi con la “Vita di San Francesco” e la Peruzzi con storie di “San Giovanni Battista ed Evangelista”, perdute invece la Cappella Giugni con le “Storie degli Apostoli” e Tosinghi Spinelli con le “Storie della Vergine” in quest’ultima rimane un frammento “San Francesco riceve le Stigmate” dal ciclo di “San trecentesco attribuito al Maestro di Francesco” Firenze. Figline. Indietro Avanti
  • 116. Di questo periodo sono conservate molte altre tavole giottesche, spesso parti di polittici smembrati, nei quali si presenta sempre il problema dell’autografia che non è mai sicura. Una delle più dibattute in questo senso è la Croce dipinta di San Felice di Piazza. Il Polittico di Santa Reparata è attribuito al Maestro con la collaborazione del “Parente di Giotto”, il Santo Stefano della Collezione Horne di Firenze è probabilmente opera autografa e viene associata come resto di un’unica opera a due frammenti : il San Giovanni Evangelista e il San Lorenzo entrambi del Museo Jacquemart-André di Chalis (Francia) e alla bellissima Madonna col Bambino della National gallery di Santo Stefano, 1330-1335, Firenze, museo Washington. Horne. Indietro Avanti
  • 117. In vari musei sono sparse anche tavolette di piccole dimensioni : La Natività e Adorazione dei Magi del Metropolitan Museum of Art di New York (simile alle scene di Assisi e Padova), la Presentazione di Gesù al Tempio (Boston, Isabella Stewart Gardner Museum) , l'Ultima Cena, Crocifissione e Discesa al Limbo della Pinacoteca di Monaco, la Deposizione della Collezione Berenson di Firenze e la Pentecoste (National Gallery di Londra) che secondo lo storico Ferdinando Bologna faceva parte di un polittico ricordato dal Vasari a Borgo San Sepolcro. Poco prima “Presentazione di Gesù al tempio” dal ciclo delle “storie della sua partenza da Firenze nel 1327 di Cristo” dalla Cappella degli Scrovegni. l’artista si iscrive per la prima volta all’arte dei Medici e degli Speziali insieme agli allievi più fedeli Bernardo Daddi e Taddeo Gaddi che lo seguono nelle ultime imprese. Indietro