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RIPASSO DI LINGUISTICA IN REPARAZIONE ALL’ESAME

                                     L’italiano e la variazione linguistica.

1)Quali sono i cinque fondamentali parametri di variazione linguistica?

I cinque fondamentali parametri di variazione linguistica sono: la scala della diamesia, distratia, diafasia,
diatopia e diacronia; termini che iniziano con il prefisso di origine greca –dia che significa “attraverso” e che
vogliono individuare le variazioni attraverso le quali si caratterizza l’uso della lingua per esprimere
messaggi.

Quando si parla di diamesia si intende la variazione in luogo al mezzo utilizzato per esprimere un
messaggio: es la forma scritta piuttosto che quella parlata. L’oralità e la scrittura sono senza dubbio le
variazioni opposte nella scelta del mezzo utilizzato, in mezzo ci stanno altre forme, come il recitato, il
cantato, il trasmesso che possono integrare l’uso due forme scritto e parlato.

La diastratia individua la classe sociale di appartenenza di chi esprime il messaggio. Con il termine classe di
sociale intendo la caratterizzazione culturale, economica e di inserimento nella società del soggetto stesso.
Sarebbe assai riduttivo far coincidere la variazione diastatica con la sola posizione economica in cui è
inserito il soggetto interessato, vivendo in una società dove ciascuno possiede un bagaglio culturale dato da
molteplici fattori, quali: il grado d’istruzione, la posizione lavorativa che occupa, gli stimoli culturali che
cerca e che riceve, la posizione economica di cui beneficia, gli ambienti ricreativi che frequenta.

Con il termine diafasia si esprime la variazione data dal contesto in cui viene usata la lingua, determinante
la funzione e le finalità. In questo scala trovano posto i diversi registri ,usati sulla base della formalità
richiesta dal contesto, passando da occasioni comunicative di maggiore impegno e un elevato autocontrollo
a situazioni che consentono immediatezza e spontaneità mentre i sottocodici sono determinati
dall’argomento trattato.

La diacronia è il parametro legato alla dimensione cronologica. I più anziani utilizzano un forme ormai in
declino mentre i giovani sono portatori di usi innovativi non conosciuti in tempi passati. Alcuni esempi:
Protesi di –i davanti a reconsonantica: utilizzato dagli anziani (per iscritto, in Isvizzera).
Giovanilese: si interccia con la variazione diafasica ed è determinato da una variazione del lessico e quindi
dall’uso di codici introdotti di recente (quali cannare, pogare, impanicato).

La diatopia è la variazione determinata dalla posizione spaziale.

2)Illustra le principali differenze tra scritto e parlato: è evidente come l’uso della forma scritta piuttosto
che quella orale determina significative differenze nella produzione del messaggio e di conseguenza nella
ricezione da parte del destinatario. Ciascuna delle due forme può contare su caratteristiche che ne
costituiscono i “punti di forza” in rapporto all’uso che se ne vuol fare: lo scritto può contare su:

    •   Una precisa progettazione;

    •   Possibilità di rielaborazione;

    •   Possibilità di controllo;

    •   Possibilità di correzione.
Le forme orali godono invece di:

    •   Mezzi prosodici (intonazione, velocità, pause…);

    •   Mezzi paralinguistici (gestualità, disatnza tra gli interlocutori).

Differenze sostanziali tra i due modi di espressione si evidenziano anche rispetto alla posizione del
destinatario che assume condizioni differenti:

rispetto al testo scritto:

    •   Può ripercorrerlo a ritroso;

    •   Riesaminarlo;

    •   Approfondirlo;

    •   Definito lineare nel senso che può percepire il messaggio solo nello stesso ordine nel quale esso
        viene realizzato.

Nella forma orale le cose si complicano se teniamo presente che il destinatario può trovarsi di fronte a
diversi tipi di parlato ed essere destinatario di messaggi nei quali potrà assumere una posizione di mero
ascoltatore o essere in qualche modo attivo nella sua posizione e contribuire ad una continua revisione e
modifica del messaggio stesso.

3)Elenca alcune delle varietà linguistiche intermedie individuate dagli studiosi sull’asse diamesico,
illustrandone le principali caratteristiche.

Negli ambienti di studi linguistici quando si prendono in considerazioni le forme del parlato piuttosto che
dello scritto si usano le espressioni parlato-parlato e scritto-scritto per distinguere le due variazioni che
non diano adito a equivoci, che potrebbero lasciar intendere quelle forme che, pur caratterizzandosi per
l’uso dell’oralità rispetto alla scrittura, sono frutto di integrazioni tra le due forme.
Infatti si possono individuare alcune modalità espressive che pur avvalendosi dell’uso della voce e delle
caratteristiche tipiche dell’oralità (prosodia e mezzi paralinguistici) si avvalgono di una progettualità tipica
della forma scritta.
È il caso del:
      − Monologo (caratterizzato da maggiore coerenza tematica);

    −   Conferenza (aiutata da una scaletta);

    −   Conversazione (dove c’è interazione e quindi una continua revisione);

    −   Del trasmesso inteso come radiotelevisivo intesa come oralità se guardiamo al fruitore, ma a
        partire da testi che sono prima stati stesi in forma di scrittura.

Altra cosa è il trasmesso-scritto che riguarda quelle forme utilizzate dalla lingua del web, delle chat, degli
sms… che passando attraverso lo schermo del computer in forma scritta ma vengono a configurarsi
secondo modalità che tendono all’uso del parlato per l’utilizzo di espressioni e segni grafici che hanno la
funzione di sostituire il tratti prosodici e paralinguistici (interessante sarebbe l’analisi della variazione
diafasica di questi messaggi).
4)Quali problematiche pone la classificazione delle varietà diastratiche dell’italiano?

Le problematiche poste dalla classificazione delle varietà diastatiche dell’italiano sono strettamente
connesse alla complessità della società odierna e dalle contraddizioni che essa vive rispetto alla
composizione del tessuto sociale. Infatti se fino a qualche decennio fa l’estrazione sociale e la posizione
economica erano direttamente proporzionali al livello culturale degli individui, oggi è questi rapporto non è
più valevole; ciascun soggetto è portatore di una cultura determinata da molteplici fattori in cui la variabile
economica rappresenta una minima parte. Si preferisce considerare insieme al grado di istruzione e
all’inquadramento economico anche l’ambiente lavorativo in cui il soggetto è inserito, le occasioni
ricreative di cui si può godere, la scelte degli stimoli ricevuti.

5)Definisci i concetti di registro e sottocodici e fai alcuni esempi.

I registri e i sottocodici sono concetti inseriti nella variazione diafasica e rappresentano l’uso della lingua
rispetto al contesto e all’argomento per il quale dovrà essere prodotto il messaggio. Nello specifico il
registro è determinato dal grado di formalità richiesto dal contesto per il quale occorre un grado diverso di
impegno nell’uso della lingua. Es: una conversazione tra amici, piuttosto di un colloquio di lavoro (nella
variazione diamesica dell’orale); la produzione di un curriculum vitae di presentazione a fronte di una mail
di saluto ad un amico (nella forma scritta). Il sottocodice invece è determinato dall’argomento che andremo
a trattare, per il quale verrà scelto un lessico appropriato. Es: dovendo sostenere un esame di economia si
cercheranno tecnicismi non richiesti per altri argomenti. È interessante come i sottocodici sono
strettamente connessi alla variazione diastratica, poiché sono caratterizzanti di cerchie di persone inseriti in
particolar strati sociale per inquadramento economico e/o ambito lavorativo.

6)Quali sono le dimensioni che determinano la variazione diacronica e diatopica. In quali realizzazioni
linguistiche si manifestano?

Qui ho fatto un copia-incolla di quelle nozioni che avevo già sviluppato in maniera, secondo me, piuttosto
completa; chiarendo invece altre definizioni trattate più frettolosamente.

La diacronia è il parametro legato alla dimensione cronologica. I più anziani utilizzano un forme ormai in
declino mentre i giovani sono portatori di usi innovativi non conosciuti in tempi passati. Alcuni esempi:
Protesi di –i davanti a reconsonantica: utilizzato dagli anziani (per iscritto, in Isvizzera).
Giovanilese: si interccia con la variazione diafasica ed è determinato da una variazione del lessico e quindi
dall’uso di codici introdotti di recente (quali cannare, pogare, impanicato).

La diatopia è la variazione determinata dalla posizione spaziale. I dialetti ad esempio sono la dimostrazione
evidente di come in Italia ci si esprima secondo forme diverse da una parte all’altra del paese, utilizzando
intonazioni e un lessico ben definito per la posizione in cui vengono usati.
I dialetti sono vere e proprie lingue che influenzano l’uso della lingua italiana e originano fenomeni ben
distinti che rischiano spesso di essere la causa di tanta confusione.
Si parla di varietà regionali quando si indica l’influenza che i dialetti (raggruppati in tre diverse aree:
settentrionale, regionale e meridionale) influenzano l’uso della lingua italiana.
I dialetti italianizzati, quando è la lingua italiana ad aver apportato cambiamenti rispetto all’uso delle
parlate locali.
I dialetti che sono vere e proprie lingue con un lessico e una grammatica codificabili.

                                       Lingua, dialetti, italiani regionali.
7)Illustra le principali differenze tra lingua e dialetti, con particolare riferimento ai fattori storico-culturali
che ne hanno determinato l’opposizione in Italia.

Se vogliamo fare un’analisi dell’uso della lingua in Italia potremmo dire che, attualmente, a seguito della
legge 482/1999, nei confini italiani sono riconosciute una quindicina di lingue a fronte di molte altre che
non hanno ottenuto un riconoscimento ma che vengono usate abitualmente da un buon numero di
connazionali. Questa considerazione pone già il problema di definizione la lingua italiana. Se vogliamo
comunque, considerare per lingua italiana quella che tecnicamente per praticità viene definito italiano
standard potremmo dire che la sua nascita inizia intorno al ‘300 quando, per una serie di coincidenze
fortuite il fiorentino comincia ad essere apprezzato da una buona parte del mondo letterario e ad essere
seguito come lingua privilegiata per la stesura di importanti opere. È evidente che da allora a quello che
oggi si presenta come italiano standard ci sono state numerose trasformazioni che hanno risentito di
profondi cambiamenti storico culturali. L’elemento determinante per l’affermazione dell’italiano come
lingua unica da adottare sull’intero territorio nazionale, è stata poi l’unità politica che ha innescato alcuni
dei fattori che avrebbero costituito le più importanti basi per l’effettiva unificazione linguistica, quali:
nascita di un esercito;
nascita di una burocrazia unificata;
istruzione elementare gratuita e successivamente obbligatoria;
diffusione della stampa;
nascita dell’industria e crescita delle città.
Queste trasformazioni sono state tra le cause che hanno portato alla necessità dello sviluppo di una lingua
unica che agli esordi è stata utilizzata soltanto in forma scritta e conosciuta da una bassissima percentuale
della popolazione (nel 1861 il 2,5%. De Mauro); per un lunghissimo tempo i dialetti e l’italiano hanno
vissuto separati sul territorio nazionale. I dialetti a loro volta hanno una storia assai più antica e anche essi
risentono delle influenze delle lingue vicine per confini o per dominazioni. I dialetti hanno quindi una storia
propria e vivono in un’area più circoscritta oltre ad essere caratterizzati da un lessico ad uso pratico per il
quale c’è poco bisogno di astrazione. Queste dunque le principali differenze alle quali si aggiunge il valore di
minor prestigio del dialetto, percepito dalla società; il dialetto infatti è stato vissuto a lungo come un
simbolo di arretratezza, un ostacolo all’emancipazione sociale ed economica. Concludendo è doveroso
precisare che l’italiano e i dialetti sono comunque lingue proprie connotate di lessico e regole grammaticale
specifiche.

8)Qual è la differenza tra italiani regionali e dialetti italianizzati?

L’Italia dialettale attualmente può essere divisa in tre grandi aree, delimitate da due fasci di isoglosse noti
come le linee La Spezia-Rimini e Roma-Ancona, che dividono i dialetti settentrionali, da quelli centrali e
quelli meridionali; ciascun area ha al suo interno i propri dialetti. Quindi possiamo dire che gli italiani
regionali sono quelle forme di italiano che risentono dei vari dialetti e che caratterizzano quell’area
regionale (non intesa come confini burocraticamente stabiliti) mentre i dialetti italianizzati sono, al
contrario, quelle forme di dialetto che risentono dell’influenza della lingua italiana.
Queste due caratterizzazioni danno origine a nuove parole che possono essere dialettali per i tratti fonetici
ma introdotte a partire dalla lingua (televisioni, acceleratur…) o parole locali per i tratti fonetici e
morfologici ma più vicini ai modelli offerti dalla lingua comune (salumir/lardarol; merlu/merula…)
Superstrato reazione determinata dall’influenza dell’italiano sulle parlate locali.
9)Elenca i tratti tipici della varietà regionale settentrionale, centrale e meridionale dell’italiano.

Tratti tipici settentrionali:

    ⋅ Riduzione delle consonanti rafforzate [spala]
    ⋅ Sonorizzazione delle occlusive sorde intervocaliche [fadiga] [kavei]
    ⋅ Caduta delle vocali finali diverse da –a [sal]
    ⋅ Il tipo lessicale [inc ]”oggi”
Tratti tipici meridionali:

    ⋅ Sviluppo della vocale indistinta in posizione atona [Napul ]
    ⋅ Le assimilazioni –nd –nn [kwanne] e –mb –mm [sammuk ]
    ⋅ Sonorizzazione delle consonanti sorde dopo nasale [bjang ] [kamb ]
    ⋅ La posposizione del possessivo [matrem ]
    ⋅ L’uso di tenere per “avere”.
Tratti tipici centrali:

    ⋅    Forme ancora strettamente legate al latino come ago e luogo con esito consonantico
         settentrionale.

Da sottolineare che all’interno di queste grandi aree si individuano altre suddivisioni, distinte dalle varietà
dialettali.

10) Cosa si intende per reazione di sostrato.

Meccanismo per il quale la lingua che si afferma in una determinata area geografica subisce l’influenza della
lingua dominante in precedenza nello stesso territorio.

11)Quali sono le caratteristiche peculiari del libero parlato conversazionale?

I tratti principali del parlato spontaneo sono:

    ⋅    Linearità e immediatezza nella produzione e nella ricezione del messaggio;
    ⋅    Evanescenza del messaggio,
    ⋅    Uso dei tratti prosodici e di quelli paralinguistici;
    ⋅    Compresenza di parlante e interlocutore;
    ⋅    Interazione tra ascoltatore e parlante.

12)Descrivi i principali tratti di organizzazione testuale e sintattica dell’italiano parlato.

Nell’uso del parlato il fine è rappresentato dal mettere in evidenza un elemento della frase attraverso la sua
collocazione in prima sede, nella posizione di tema (elemento noto all’interlocutore) attraverso la
dislocazione a sinistra. I principali costrutti utilizzati a tal fine sono:
     ⋅ L’elemento anticipato e posto in evidenza è integrato sintatticamente nella frase, ripreso da un
        elemento anaforico (che rinvia a un elemento antecedente a sinistra) es. alla mamma le ho
        regalato uno scialle;
     ⋅ in assenza di ripresa anaforica l’elemento dislocato a sinistra, sottolineato anche da un picco
        intontivo, ha nel parlato funzione di rema: il giornale compra Mario -> topicalizzazione contrastiva.
⋅    Elemento dislocato a sx è del tutto esterno alla frase dal punto di vista sia sintattico che intontivo,
         es.la mamma, le ho regalato uno scialle -> tema sospeso o nominativo assoluto;
    ⋅    Costruzione sintattica usata a indicare una frattura, una deviazione sintattica nella struttura della
         frase, tale da lasciare incompiuto il costrutto di apertura; es.il più svelto a finire, gli prometto un
         premio (molto usato nei proverbi) -> anacoluto;
    ⋅    L’uso della dislocazione a destra è meno frequente in cui l’elemento a dx è sempre già un dato nel
         discorso, è anticipato da un pronome cataforico ed è preceduto nella pronuncia da una breve
         pausa. Es. lo compra Mario, il giornale. È il predicato verbale ad essere spostato , che è pure un
         dato, un tema.
    ⋅    La frase scissa è la struttura alla quale si ricorre per porre l’accentuazione enfatica sul rema. Es. è
         Mario che compra il giornale, si isola a sx l’informazione nuova
    ⋅    Uso del c’è presentativo: c’è Luigi che vuole parlarti. Il fine è quello di spezzare il costrutto per
         rendere più agevole la pianificazione al locutore e più semplice al ricettore.
    ⋅    Tendenza a andamenti coordinativi e giustappositivi, con successione di periodi monofrastici senza
         alcun legame sintattico;
    ⋅    Uso di una gamma di congiunzioni più ristrette;
    ⋅    Uso del che polivalente.

13) Descrivi i tratti caratteristici del parlato relativo all’uso dei verbi.

Il parlato si caratterizza per la presenza di usi che contraddicono l’osservanza del dato temporale. In molti
casi l’imperfetto ha valore modale nel senso che il locutore trasferisce all’imperfetto l’azione dal mondo
della realtà in un altro, irreale o ipotetico o possibile, frutto dell’immaginazione o di supposizioni.
     ⋅ Imperfetto fantastico -> evoca un accadimento immaginario del passato, una possibilità che non si
         è poi attuata (avremmo potuto far senza timbrare il biglietto- bravo! Poi magari saliva il controllore)
     ⋅ Imperfetto ipotetico ->usato all’indicativo che sostituisce il congiuntivo imperfetto e il condizionale
         composto (protasi, apodosi) se lo sapevo non ci venivo;
     ⋅ Imperfetto potenziale -> esprime una forma si supposizione (non capisco cos’è successo, doveva
         essere qui alle 8);
     ⋅ Imperfetto ludico -> è quello dei giochi infantili (tu eri il capo);
     ⋅ Imperfetto di modestia ->vuol rendere meno categorico il messaggio (dovevo concordare l’esame);
     ⋅ Imperfetto epistemico -> in previsione del futuro richiama presupposti o conoscenze (partivamo
         stasera, ma gli si è rotta la macchina).
     Queste scelte sono spesso determinate dalla volontà di esprimere maggiore disponibilità nei rapporti
     interpersonali.
         ⋅ L’uso del futuro subisce una contrazione nell’uso, infatti è assai frequente l’uso del presente
              pro futuro-> per esigenza di semplifica zio, come accade in altri paesi all’estero (ti viene un
              bell’esaurimento, se continui a dormire tre ore per notte).
         ⋅ Al contrario prende piede il futuro epistemico per esprimere congetture in riferimento al
              presente (‘ma sarà sui trentacinque).
         ⋅ L’indicativo sostituisce sempre più spesso il congiuntivo, in particolare:
                   o Nelle completive soggettive –mi pare che il raffreddore è diminuito-;
                   o Nelle oggettive da verbi putandi –penso che vengono domani-;
                   o Nelle interrogative indirette –non ho capito bene cosa voleva dire-;
                   o Nelle ipotetiche –se volevo, riuscivo a superarti-;
l’uso del congiuntivo presenta maggiore resistenza alla prima e terza persona.

14) Descrivi i tratti caratteristici dell’italiano parlato relativo al sistema pronominale.
     ⋅ Impiego di lui, lei e loro con funzione di soggetto;
     ⋅ Uso di gli con valore dativo;
     ⋅ Te con funzione di soggetto;
     ⋅ Gli come dativo femminile e dativo plurale;
     ⋅ Usati come rafforzativi dell’informazione negli slittamenti;
     ⋅ Valore deittico (elemento che punti a qualche concetto spazio-temporale del contesto –guarda che
         lì c’è un gradino-)
Altri elementi che caratterizzano il linguaggio parlato sono i segnali discorsivi che, senza aggiungere nessun
significato al discorso, aiutano l’interazione verbale.
Assumono funzione fatica, mantenendo vivo il contatto tra gli interlocutori e controllando il canale
comunicativo (segnano l’inizio del turno, lo chiudono, annunciano la richiesta di accordo…). Gli usi allocutivi
e vocativi, fatismi usati per attirare l’attenzione altrui. Altra funzione dei segnali discorsivi è quella di
temporeggiare in modo da permettere una riorganizzazione del discorso.
     ⋅
16) Descrivi le principali caratteristiche lessicali del parlato.
     ⋅ Ripetizioni lessicali:
In generale l’italiano parlato ricorre all’uso di ripetizioni lessicali, talvolta per motivi esclusivamente
semplificativi in altre occasioni con finalità di dare maggiore spiegazione o enfasi, oppure sottolineare
sorpresa, incredulità o dissenso. In ogni caso il parlato privilegia registri informali.
     ⋅ Generalizzazioni:
La scelta di un minor numero di voci si accompagna ad una generalizzazione del significato di certi termini,
quali: roba, cosa, affare, fatto e di alcune forme verbali come fare,dare o andare.
     ⋅ Emerge anche l’alta densità di verbi pronominali, accompagnati da uno o più clitici (prendersela,
         entrarci, volerci…).
     ⋅ Forme di diminutivo con funzioni attenuative, per rendere cioè meno perentorio il messaggio, in
         forma più o meno generica (es. fermati solo un attimino, per esprimere un tempo breve o questa
         camicia le va un attimino stretta, in cui svolge una funzione assolutamente generica).
     ⋅ Superlativi assoluti enfatici (d’accordissimo…);
     ⋅ Enfasi accrescitiva (tanto di, un sacco di…bello+aggettivo con funzione contraria: bella figura!);
     ⋅ Raddoppiamenti (voglio farmi una vacanza, vacanza…);
     ⋅ Esclamazioni enfatiche (cavolo, cribbio…);
     ⋅ Espressioni onomatopeiche;
     ⋅ Suffissi in –ata;
     ⋅ Troncamenti affettivi (prof.);

17) Descrivi i principali aspetti fonologici del parlato.
    ⋅ Metatesi (aeroplano);
    ⋅ Ritrazione dell’accento sulla terzultima sillaba;
    ⋅ Fenomeni di allegro : apocopi postconsonantiche(son venuta presto) aferesi sillabica spetta per
       aspetta, bastanza per abbastanza)
18)Descrivi le caratteristiche salienti dell’italiano trasmesso.

Si sottolinea come premessa che sul piano della diamesia l’italiano trasmesso si colloca a metà strada tra il
parlato-parlato e lo scritto-scritto poiché, pur utilizzando le forme e le espressioni del parlato si avvale delle
strutture dello scritto, utilizzando testi preconfezionati. Queste caratteristiche si evidenzieranno nalla
struttura del messaggio prodotto in termini di sintassi, scelta del lessico e forme utilizzate.
Caratterizzato per la sua fuggevolezza ed evanescenza, presenta:
     ⋅ Comunicazione unidirezionale;
     ⋅ Emittente e destinatario non condvividono la stessa situazione spaziale;
     ⋅ Comunicazione rivolta a numerose persone contemporaneamente;
     ⋅ La comunicazione avviene a partire dalla scrittura;
     ⋅ Possibile di registrazione;
     ⋅ Richiede chiarezza e capacità di concisione;
     ⋅ Preferenza alla paratassi e allo stile nominale;
     ⋅ Lessico assai vario che si adatta al prodotto che si vuol proporre e al conduttore che lo proporrà.
                                               L’italiano popolare

19) Che cos’è l’italiano popolare?

    Se per anni l’italiano popolare è stato considerato quella variazione rispetto all’italiano standard parlata
    dai meno colti, proprio di coloro che pur avendo avuto un’istruzione scolastica di base, non hanno mai
    acquisito piena consapevolezza della lingua italiana e utilizzano il dialetto, studi successivi hanno
    continuato a considerarlo come una varietà linguistica di contatto, che nasce cioè dall’incontro
    continuo tra lingua e dialetto, ma non viene tramandata di generazione in generazione. Coincidono
    spesso con quelli che si avvicinano alle prime varietà di apprendimento dell’italiano, nei bambini e negli
    stranieri, quei casi di parlanti che hanno un italiano popolare regionale come lingua materna, senza
    possedere contemporaneamente un dialetto.

20)Descrivi i principali tratti dell’italiano popolare (grafia, morfologia, sintassi, lessico...).
   ⋅ Incertezze grafiche: punteggiatura incoerente o assente, insicurezza nell’uso dell’h e di q,
       segmentazioni erronee, oscillazioni nelle rappresentazioni delle palatali. Frequenti fenomeni di
       ipercorrettismo.
   ⋅ A livello fonetico i tratti dell’italiano popolare si identificano con le abitudini dialettali (pronunce
       come pissicologia, tennica, realizzazione di fricative in luogo di affricate, vibrante non rafforzata,
       assimilazioni del tipo –nd >-nn;
   ⋅ Per la morfologia: nell’articolo estensione delle forme un e il/li davanti a s e z preconsonantica, uso
       del pronome ci con valore dativo masc fem e plurale, forme irregolarei del superlativo e
       comparativo degli aggettivi, errata formazione del genere per quei sostantivi ambigui che
       terminano in –e o per i sostantivi che indicano professioni.
   ⋅ Nella sintassi: incertezze nell’uso delle preposizioni, uso del che polivalente, concordanze a senso
       (tutto lo stadio lo applaudivano), periodo ipotetico espresso da doppio condizionale.
   ⋅ Per il lessico: ampia polisemia (parole che per ragioni di evoluzione presentano più significati), uso
       dei suffissi.

21)Che cosa sono i malapropismi?
Sono quelle storpiature erronee di voci che sono ricondotte ad altre più note: l’hanno operato alla pendice,
ho comprato una pelliccia oncologica…).

22) Riassumi in sintesi le diverse posizioni degli studiosi emerse nei dibattiti sull’italiano popolare.
Il dibattito sull’italiano popolare è stato aperto per anni e attualmente non ha trovato un accordo, in
particolare i nodi sulla discussione sono stati: il carattere di varietà di contatto o di varietà nativa 1, la
dimensione scritta o parlata2, la data di nascita3, l’unitarietà4, i rapporti con l’italiano standard e con il
neostandard5.
     1. Due definizioni apparentemente simili come quelle di De Mauro e Cortelazzo in cui uno afferma
         che: “l’italiano popolare è il modo d’esprimersi di un incolto che, sotto la spinta di comunicare e
         senza addestramento, maneggia quella che ottimisticamente si chiama la lingua nazionale” e
         l’altro: “ i tipo di italiano imperfettamente acquisito da chi ha per madrelingua il dialetto” hanno
         dato origine a posizioni assai diverse su l’interpretazione da dare all’italiano popolare. Infatti
         mentre nella prima definizione sottende l’inesistenza di un italiano nazionale riconoscendo in
         quello popolare il patrimonio di una classe sociale portatrici di una competenza linguistica propria;
         il secondo autore afferisce alla variazione la connotazione di deviazione rispetto ad uno standard
         ben riconosciuto. A partire da queste divergenze gli studi oggi sono arrivati a considerarlo una
         lingua di contatto per la quale sarebbe utile distinguere un italiano popolare trasmesso come
         varietà nativa esposto a evoluzioni simili a quelle di ogni altra lingua storica, dall’italiano popolare
         riplasmato di volta in volta dai madrelingua dialetto che si avvicinano alla lingua comune.
     2. L’italiano polare si usa sia per lo scritto che per il parlato (come dimostrato dai documenti) e le
         proporzioni di queste due forme sono cambiate molto nel corso dei secoli: siamo passati da una
         preponderanza dello scritto ad una del parlato.
     3. Numerosi studi e documenti hanno provato a questo proposito che l’uso di italiano popolare sia da
         collocare cronologicamente prima dell’Unità d’Italia, allo stesso è utile evidenziare che questa
         ricorrenza storica ne abbia influenzato l’uso. Se l’italiano preunitario era prevalentemente scritto,
         quello postunitario tanto scritto quanto parlato; il primo era sempre lingua di contatto, il secondo
         forse anche lingua materna; il primo era usato da fasce sociali molto diverse rispetto a quelle che
         usano il secondo.
     4. Sull’unitarietà si può distinguere l’essere considerato nato dopo l’Unità nazionale del territorio e
         quindi si può rimandare a quanto detto sopra o fare una valutazione sulle caratteristiche simili su
         tutto il territorio e per tutti gli utenti. Questa ultima considerazione appare un po’ monca se fatta
         sulla base dell’analisi di testi scritti dalla quale appare poco della dimensione regionale veicolata
         dalla pronuncia; il parlato popolare, come l’italiano parlato, non può essere unico ma di carattere
         regionale intrecciato dalle relazioni di variazioni diastatiche diatopiche. Assai maggiore l’unitarietà
         morfolo-sintattica data dalle finalità che sottendono a scelte di semplificazione e dalla similitudine
         morfo-sintattica degli stessi dialetti.
     5. Sebbene ci siano attualmente analogie e differenze morfo-sintattiche che mettono in relazione
         l’italiano neostandard e l’italiano popolare rispetto a quello standard, le maggiori discrepanze tra
         l’uso dell’italiano informale o colloquiale e il popolare è lo stato sociolinguistico: il primo non sono
         vere e proprie varietà ma piuttosto registri del neostandard, che possono essere scelti dai parlanti
         per adattarsi a contesti e situazioni; l’italiano popolare è il miglior italiano raggiungibile da chi lo
         usa.
     6.
                                                         Il gergo
23) Che cosa sono i gerghi e su quale asse di variazione si possono identificare?

    Il gergo è la lingua propria di una cerchia di persone inserite ai margini della società e ha come finalità
    quella di caratterizzare il linguaggio del gruppo oltre a quella di rendersi comprensibile solo ai membri
    di tale cerchia. È evidente che la caratterizzazione di queste lingue è sull’asse diastatico.

    24)Illustra le caratteristiche tipiche dei gerghi storici. Illustra le caratteristiche tipiche dei gerghi
    transitori.
        ⋅ Gerghi storici: i tratti più rilevanti dei gerghi storici sono evidenti nel lessico, che si forma su
             basi dialettali e secondo alcuni procedimenti caratteristici; per es. l’uso del suffisso –oso, il
             troncamento di parole comuni con varie forme di storpiatura, l’uso di parole che cominciano
             con n e s per esprimere negazione o affermazione, il ricorso alla metafora.
        ⋅ I gerghi transitori: questi particolari gerghi trovano la loro origine dalla convivenza temporanea
             in ambienti di segregazione e come i gerghi storici hanno la funzione di rafforzare l’identità e di
             comunicare in maniera segreta. La caratteristica più marcata di questa variazione gergale sta
             nella variazione lessicale che attinge all’uso di metafore o parole coniate a proposito.

                                                Le lingue speciali

25) Che cosa sono le lingue speciali?

Le lingue speciali sono quelle varietà strettamente utilizzata in ambiti settoriali, professionali e tecnici.

26) Definisci il concetto di sottocodice.

Per sottocodice si intende quella varietà lessicale propria di una lingua speciale e quindi di una categoria
specifica.

27) In che senso il linguaggio dei mass media, ad esempio quello dei giornali, può essere considerato una
lingua speciale?

Per quanto riguarda i linguaggi dei mass media possono essere considerati lingue speciali non tanto per la
specificità del linguaggio piuttosto per l’uso proprio dei mezzi e dei canali trasmissivi con i quali vengono
diffusi i messaggi.

28)Perché si parla di una tendenza alla monosemia del lessico delle lingue speciali?

Il ricorso alla monosemia è insito nella definizione di speciale che si appella al concetto di specificità;
ciascuna disciplina deve poter contare su definizioni che non diano adito a fraintendimenti e quindi a
sostantivi e forme uniche e inequivocabili.

29) Quale tipo di variazione diafasica e diastatica si osserva per le lingue speciali?

Sulla scala diafasica le lingue speciali possono contare su registri adattabili a contesti diversi seppur
differenziandosi in base al grado di scientificità della disciplina stessa; materie scientifiche potranno
attingere a registri differenti secondo i contesti in cui viene trattato l’argomento (lo stesso argomento di
chimica verrà esposto con termini diversi se lo si affronta in conferenza piuttosto che tra amici), al contrario
per attività sociali meno sistematiche come il calcio o a moda i registri specifici propongono termini alti
anche in circostanze meno formalizzate.
Secondo la diastrasia le variazioni si distinguono maggiormente secondo le categorie professionali invece
che su scala economico sociale; questa distinzione talvolta abbatteo rafforza la discriminante economico-
sociale perché certe specificità proprie di lavori considerati socialmente più umili rimangono
incomprensibili a categorie professionali considerate alte e viceversa.

30) In che modo le lingue speciali obbediscono all’esigenza di denotazione del lessico?

Obbediscono all’esigenza denotativa nel senso di attribuzione a un termine, di un significato che sia
inequivocabile per gli utenti interessati. Si tratta non solo di attribuire un solo significato ad un significante
(in direzione biunivoca) ma che un significato sia rappresentato da un solo significante.

31)Quali sono le peculiarità di lessico e sintassi delle lingue speciali?

Oltre alla marcata scelta della monosemia si distinguono:
    ⋅ Una conseguente riluttanza per la sinonimia, accettata solo per certe scienze come variazione
         diafasica o diastatica (raffreddore/rinite) per certe categorie come quella farmacologica
         (febbrifugo/antifebbrile)o nel settore sportivo (boxe/pugilato…);
    ⋅ Il ricorso a codici stranieri;
    ⋅ Il ricorso al latino;
    ⋅ I neologismi che attribuiscono altri significati a voci già esistenti (candela, cambio, frizione);
         prodotti da aggiunta di prefissi o suffissi;
    ⋅ Uso di sigle; voci polirematiche costituite dall’unione di due sostantivi (ponte radio, addetto
         stampa…);
    ⋅ Eponomi voci polirematiche nelle quali è presente il nome proprio di un autore che ne distingue la
         definizione stessa (teorema di Pitagora, legge di Keplero…),
    ⋅ Travasi terminologici: termini specifici presi a prestito da altro ambiente specifico: il governo che si
         salva in calcio d’angolo;
    ⋅ In sintassi prevale una tipologia testuale di tipo dimostrativo-esplicativa che ricorre spesso a
         espressioni introduttive che costituiscono l’antecedente logico dell’argomentazione, cui segue la
         deduzione delle conseguenze;
    ⋅ Processo di cancellazione del verbo sostituito ad esempio da locuzioni preposizionali (dieta a base
         di carboidrati al posto di dieta che si basa sull’uso…)
    ⋅ Limitazione all’uso di tempi, modi e persone: prevale il tempo presente affiancato al futuro, domina
         l’indicativo anche se il congiuntivo è frequente in certi settori come quelli giuridico e
         amministrativo. Il condizionale limitato alla presentazione di congetture che richiedono ancora
         conferma; nell’uso delle persone sono escluse la prima e la seconda singolare e la seconda plurale,
         prevale la forma impersonale, e l’uso della prima personale come forma di modestia o di
         coinvolgimento della cerchia degli addetti. Ricorre l’uso del passivo.

                                               L’italiano standard
32)Che cos’è l’italiano standard?
Secondo alcuni l’italiano standard esiste ed è da identificare, per quanto riguarda la pronuncia, nell’italaino
fiorentino contemporaneo; per quanto riguarda la grammatica coinciderebbe in sostanza con l’italiano
normativo otto-novecentesco, post manzoniano.
Altri invece dubitano che una varietà standard esista. Per semplificare la questione possiamo definire
l’italiano standard come la lingua ereditata dalla tradizione letteraria, descritta nelle grammatiche e
insegnata nelle scuole.

33)Quali sono le peculiarità dell’italiano standard rispetto al parlato?

Sembra che per le variazioni diatopiche e distratiche che caratterizzano l’italiano standard parlato,nonché
degli interessi che potrebbero muovere all’apprendimento di una corretta dizione, non sia possibile
rintracciare un numero significativo di persone tale da poter affermare che esista un uso dell’italiano
standard rispetto al parlato. Infatti anche volendo rintracciare nel fiorentino di estrazione sociale alta il
soggetto tipo di interpretazione di un italiano standard corretto si coglierebbero quelle influenze regionali
caratterizzanti che ne altererebbero la pronuncia.

34)Si può parlare dell’esistenza di un italiano standard rispetto allo scritto? In quale misura?

Sì, nella forma scritta l’italiano standard riesce a superare i contrassegni diatopici che appaiono
impercettibili; questo si riscontra limitatamente alla produzione della saggistica, della manualistica e delle
trattazioni e divulgazioni scientifiche oltre a quelle del giornalismo più impegnato.

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  • 1. RIPASSO DI LINGUISTICA IN REPARAZIONE ALL’ESAME L’italiano e la variazione linguistica. 1)Quali sono i cinque fondamentali parametri di variazione linguistica? I cinque fondamentali parametri di variazione linguistica sono: la scala della diamesia, distratia, diafasia, diatopia e diacronia; termini che iniziano con il prefisso di origine greca –dia che significa “attraverso” e che vogliono individuare le variazioni attraverso le quali si caratterizza l’uso della lingua per esprimere messaggi. Quando si parla di diamesia si intende la variazione in luogo al mezzo utilizzato per esprimere un messaggio: es la forma scritta piuttosto che quella parlata. L’oralità e la scrittura sono senza dubbio le variazioni opposte nella scelta del mezzo utilizzato, in mezzo ci stanno altre forme, come il recitato, il cantato, il trasmesso che possono integrare l’uso due forme scritto e parlato. La diastratia individua la classe sociale di appartenenza di chi esprime il messaggio. Con il termine classe di sociale intendo la caratterizzazione culturale, economica e di inserimento nella società del soggetto stesso. Sarebbe assai riduttivo far coincidere la variazione diastatica con la sola posizione economica in cui è inserito il soggetto interessato, vivendo in una società dove ciascuno possiede un bagaglio culturale dato da molteplici fattori, quali: il grado d’istruzione, la posizione lavorativa che occupa, gli stimoli culturali che cerca e che riceve, la posizione economica di cui beneficia, gli ambienti ricreativi che frequenta. Con il termine diafasia si esprime la variazione data dal contesto in cui viene usata la lingua, determinante la funzione e le finalità. In questo scala trovano posto i diversi registri ,usati sulla base della formalità richiesta dal contesto, passando da occasioni comunicative di maggiore impegno e un elevato autocontrollo a situazioni che consentono immediatezza e spontaneità mentre i sottocodici sono determinati dall’argomento trattato. La diacronia è il parametro legato alla dimensione cronologica. I più anziani utilizzano un forme ormai in declino mentre i giovani sono portatori di usi innovativi non conosciuti in tempi passati. Alcuni esempi: Protesi di –i davanti a reconsonantica: utilizzato dagli anziani (per iscritto, in Isvizzera). Giovanilese: si interccia con la variazione diafasica ed è determinato da una variazione del lessico e quindi dall’uso di codici introdotti di recente (quali cannare, pogare, impanicato). La diatopia è la variazione determinata dalla posizione spaziale. 2)Illustra le principali differenze tra scritto e parlato: è evidente come l’uso della forma scritta piuttosto che quella orale determina significative differenze nella produzione del messaggio e di conseguenza nella ricezione da parte del destinatario. Ciascuna delle due forme può contare su caratteristiche che ne costituiscono i “punti di forza” in rapporto all’uso che se ne vuol fare: lo scritto può contare su: • Una precisa progettazione; • Possibilità di rielaborazione; • Possibilità di controllo; • Possibilità di correzione.
  • 2. Le forme orali godono invece di: • Mezzi prosodici (intonazione, velocità, pause…); • Mezzi paralinguistici (gestualità, disatnza tra gli interlocutori). Differenze sostanziali tra i due modi di espressione si evidenziano anche rispetto alla posizione del destinatario che assume condizioni differenti: rispetto al testo scritto: • Può ripercorrerlo a ritroso; • Riesaminarlo; • Approfondirlo; • Definito lineare nel senso che può percepire il messaggio solo nello stesso ordine nel quale esso viene realizzato. Nella forma orale le cose si complicano se teniamo presente che il destinatario può trovarsi di fronte a diversi tipi di parlato ed essere destinatario di messaggi nei quali potrà assumere una posizione di mero ascoltatore o essere in qualche modo attivo nella sua posizione e contribuire ad una continua revisione e modifica del messaggio stesso. 3)Elenca alcune delle varietà linguistiche intermedie individuate dagli studiosi sull’asse diamesico, illustrandone le principali caratteristiche. Negli ambienti di studi linguistici quando si prendono in considerazioni le forme del parlato piuttosto che dello scritto si usano le espressioni parlato-parlato e scritto-scritto per distinguere le due variazioni che non diano adito a equivoci, che potrebbero lasciar intendere quelle forme che, pur caratterizzandosi per l’uso dell’oralità rispetto alla scrittura, sono frutto di integrazioni tra le due forme. Infatti si possono individuare alcune modalità espressive che pur avvalendosi dell’uso della voce e delle caratteristiche tipiche dell’oralità (prosodia e mezzi paralinguistici) si avvalgono di una progettualità tipica della forma scritta. È il caso del: − Monologo (caratterizzato da maggiore coerenza tematica); − Conferenza (aiutata da una scaletta); − Conversazione (dove c’è interazione e quindi una continua revisione); − Del trasmesso inteso come radiotelevisivo intesa come oralità se guardiamo al fruitore, ma a partire da testi che sono prima stati stesi in forma di scrittura. Altra cosa è il trasmesso-scritto che riguarda quelle forme utilizzate dalla lingua del web, delle chat, degli sms… che passando attraverso lo schermo del computer in forma scritta ma vengono a configurarsi secondo modalità che tendono all’uso del parlato per l’utilizzo di espressioni e segni grafici che hanno la funzione di sostituire il tratti prosodici e paralinguistici (interessante sarebbe l’analisi della variazione diafasica di questi messaggi).
  • 3. 4)Quali problematiche pone la classificazione delle varietà diastratiche dell’italiano? Le problematiche poste dalla classificazione delle varietà diastatiche dell’italiano sono strettamente connesse alla complessità della società odierna e dalle contraddizioni che essa vive rispetto alla composizione del tessuto sociale. Infatti se fino a qualche decennio fa l’estrazione sociale e la posizione economica erano direttamente proporzionali al livello culturale degli individui, oggi è questi rapporto non è più valevole; ciascun soggetto è portatore di una cultura determinata da molteplici fattori in cui la variabile economica rappresenta una minima parte. Si preferisce considerare insieme al grado di istruzione e all’inquadramento economico anche l’ambiente lavorativo in cui il soggetto è inserito, le occasioni ricreative di cui si può godere, la scelte degli stimoli ricevuti. 5)Definisci i concetti di registro e sottocodici e fai alcuni esempi. I registri e i sottocodici sono concetti inseriti nella variazione diafasica e rappresentano l’uso della lingua rispetto al contesto e all’argomento per il quale dovrà essere prodotto il messaggio. Nello specifico il registro è determinato dal grado di formalità richiesto dal contesto per il quale occorre un grado diverso di impegno nell’uso della lingua. Es: una conversazione tra amici, piuttosto di un colloquio di lavoro (nella variazione diamesica dell’orale); la produzione di un curriculum vitae di presentazione a fronte di una mail di saluto ad un amico (nella forma scritta). Il sottocodice invece è determinato dall’argomento che andremo a trattare, per il quale verrà scelto un lessico appropriato. Es: dovendo sostenere un esame di economia si cercheranno tecnicismi non richiesti per altri argomenti. È interessante come i sottocodici sono strettamente connessi alla variazione diastratica, poiché sono caratterizzanti di cerchie di persone inseriti in particolar strati sociale per inquadramento economico e/o ambito lavorativo. 6)Quali sono le dimensioni che determinano la variazione diacronica e diatopica. In quali realizzazioni linguistiche si manifestano? Qui ho fatto un copia-incolla di quelle nozioni che avevo già sviluppato in maniera, secondo me, piuttosto completa; chiarendo invece altre definizioni trattate più frettolosamente. La diacronia è il parametro legato alla dimensione cronologica. I più anziani utilizzano un forme ormai in declino mentre i giovani sono portatori di usi innovativi non conosciuti in tempi passati. Alcuni esempi: Protesi di –i davanti a reconsonantica: utilizzato dagli anziani (per iscritto, in Isvizzera). Giovanilese: si interccia con la variazione diafasica ed è determinato da una variazione del lessico e quindi dall’uso di codici introdotti di recente (quali cannare, pogare, impanicato). La diatopia è la variazione determinata dalla posizione spaziale. I dialetti ad esempio sono la dimostrazione evidente di come in Italia ci si esprima secondo forme diverse da una parte all’altra del paese, utilizzando intonazioni e un lessico ben definito per la posizione in cui vengono usati. I dialetti sono vere e proprie lingue che influenzano l’uso della lingua italiana e originano fenomeni ben distinti che rischiano spesso di essere la causa di tanta confusione. Si parla di varietà regionali quando si indica l’influenza che i dialetti (raggruppati in tre diverse aree: settentrionale, regionale e meridionale) influenzano l’uso della lingua italiana. I dialetti italianizzati, quando è la lingua italiana ad aver apportato cambiamenti rispetto all’uso delle parlate locali. I dialetti che sono vere e proprie lingue con un lessico e una grammatica codificabili. Lingua, dialetti, italiani regionali.
  • 4. 7)Illustra le principali differenze tra lingua e dialetti, con particolare riferimento ai fattori storico-culturali che ne hanno determinato l’opposizione in Italia. Se vogliamo fare un’analisi dell’uso della lingua in Italia potremmo dire che, attualmente, a seguito della legge 482/1999, nei confini italiani sono riconosciute una quindicina di lingue a fronte di molte altre che non hanno ottenuto un riconoscimento ma che vengono usate abitualmente da un buon numero di connazionali. Questa considerazione pone già il problema di definizione la lingua italiana. Se vogliamo comunque, considerare per lingua italiana quella che tecnicamente per praticità viene definito italiano standard potremmo dire che la sua nascita inizia intorno al ‘300 quando, per una serie di coincidenze fortuite il fiorentino comincia ad essere apprezzato da una buona parte del mondo letterario e ad essere seguito come lingua privilegiata per la stesura di importanti opere. È evidente che da allora a quello che oggi si presenta come italiano standard ci sono state numerose trasformazioni che hanno risentito di profondi cambiamenti storico culturali. L’elemento determinante per l’affermazione dell’italiano come lingua unica da adottare sull’intero territorio nazionale, è stata poi l’unità politica che ha innescato alcuni dei fattori che avrebbero costituito le più importanti basi per l’effettiva unificazione linguistica, quali: nascita di un esercito; nascita di una burocrazia unificata; istruzione elementare gratuita e successivamente obbligatoria; diffusione della stampa; nascita dell’industria e crescita delle città. Queste trasformazioni sono state tra le cause che hanno portato alla necessità dello sviluppo di una lingua unica che agli esordi è stata utilizzata soltanto in forma scritta e conosciuta da una bassissima percentuale della popolazione (nel 1861 il 2,5%. De Mauro); per un lunghissimo tempo i dialetti e l’italiano hanno vissuto separati sul territorio nazionale. I dialetti a loro volta hanno una storia assai più antica e anche essi risentono delle influenze delle lingue vicine per confini o per dominazioni. I dialetti hanno quindi una storia propria e vivono in un’area più circoscritta oltre ad essere caratterizzati da un lessico ad uso pratico per il quale c’è poco bisogno di astrazione. Queste dunque le principali differenze alle quali si aggiunge il valore di minor prestigio del dialetto, percepito dalla società; il dialetto infatti è stato vissuto a lungo come un simbolo di arretratezza, un ostacolo all’emancipazione sociale ed economica. Concludendo è doveroso precisare che l’italiano e i dialetti sono comunque lingue proprie connotate di lessico e regole grammaticale specifiche. 8)Qual è la differenza tra italiani regionali e dialetti italianizzati? L’Italia dialettale attualmente può essere divisa in tre grandi aree, delimitate da due fasci di isoglosse noti come le linee La Spezia-Rimini e Roma-Ancona, che dividono i dialetti settentrionali, da quelli centrali e quelli meridionali; ciascun area ha al suo interno i propri dialetti. Quindi possiamo dire che gli italiani regionali sono quelle forme di italiano che risentono dei vari dialetti e che caratterizzano quell’area regionale (non intesa come confini burocraticamente stabiliti) mentre i dialetti italianizzati sono, al contrario, quelle forme di dialetto che risentono dell’influenza della lingua italiana. Queste due caratterizzazioni danno origine a nuove parole che possono essere dialettali per i tratti fonetici ma introdotte a partire dalla lingua (televisioni, acceleratur…) o parole locali per i tratti fonetici e morfologici ma più vicini ai modelli offerti dalla lingua comune (salumir/lardarol; merlu/merula…) Superstrato reazione determinata dall’influenza dell’italiano sulle parlate locali.
  • 5. 9)Elenca i tratti tipici della varietà regionale settentrionale, centrale e meridionale dell’italiano. Tratti tipici settentrionali: ⋅ Riduzione delle consonanti rafforzate [spala] ⋅ Sonorizzazione delle occlusive sorde intervocaliche [fadiga] [kavei] ⋅ Caduta delle vocali finali diverse da –a [sal] ⋅ Il tipo lessicale [inc ]”oggi” Tratti tipici meridionali: ⋅ Sviluppo della vocale indistinta in posizione atona [Napul ] ⋅ Le assimilazioni –nd –nn [kwanne] e –mb –mm [sammuk ] ⋅ Sonorizzazione delle consonanti sorde dopo nasale [bjang ] [kamb ] ⋅ La posposizione del possessivo [matrem ] ⋅ L’uso di tenere per “avere”. Tratti tipici centrali: ⋅ Forme ancora strettamente legate al latino come ago e luogo con esito consonantico settentrionale. Da sottolineare che all’interno di queste grandi aree si individuano altre suddivisioni, distinte dalle varietà dialettali. 10) Cosa si intende per reazione di sostrato. Meccanismo per il quale la lingua che si afferma in una determinata area geografica subisce l’influenza della lingua dominante in precedenza nello stesso territorio. 11)Quali sono le caratteristiche peculiari del libero parlato conversazionale? I tratti principali del parlato spontaneo sono: ⋅ Linearità e immediatezza nella produzione e nella ricezione del messaggio; ⋅ Evanescenza del messaggio, ⋅ Uso dei tratti prosodici e di quelli paralinguistici; ⋅ Compresenza di parlante e interlocutore; ⋅ Interazione tra ascoltatore e parlante. 12)Descrivi i principali tratti di organizzazione testuale e sintattica dell’italiano parlato. Nell’uso del parlato il fine è rappresentato dal mettere in evidenza un elemento della frase attraverso la sua collocazione in prima sede, nella posizione di tema (elemento noto all’interlocutore) attraverso la dislocazione a sinistra. I principali costrutti utilizzati a tal fine sono: ⋅ L’elemento anticipato e posto in evidenza è integrato sintatticamente nella frase, ripreso da un elemento anaforico (che rinvia a un elemento antecedente a sinistra) es. alla mamma le ho regalato uno scialle; ⋅ in assenza di ripresa anaforica l’elemento dislocato a sinistra, sottolineato anche da un picco intontivo, ha nel parlato funzione di rema: il giornale compra Mario -> topicalizzazione contrastiva.
  • 6. Elemento dislocato a sx è del tutto esterno alla frase dal punto di vista sia sintattico che intontivo, es.la mamma, le ho regalato uno scialle -> tema sospeso o nominativo assoluto; ⋅ Costruzione sintattica usata a indicare una frattura, una deviazione sintattica nella struttura della frase, tale da lasciare incompiuto il costrutto di apertura; es.il più svelto a finire, gli prometto un premio (molto usato nei proverbi) -> anacoluto; ⋅ L’uso della dislocazione a destra è meno frequente in cui l’elemento a dx è sempre già un dato nel discorso, è anticipato da un pronome cataforico ed è preceduto nella pronuncia da una breve pausa. Es. lo compra Mario, il giornale. È il predicato verbale ad essere spostato , che è pure un dato, un tema. ⋅ La frase scissa è la struttura alla quale si ricorre per porre l’accentuazione enfatica sul rema. Es. è Mario che compra il giornale, si isola a sx l’informazione nuova ⋅ Uso del c’è presentativo: c’è Luigi che vuole parlarti. Il fine è quello di spezzare il costrutto per rendere più agevole la pianificazione al locutore e più semplice al ricettore. ⋅ Tendenza a andamenti coordinativi e giustappositivi, con successione di periodi monofrastici senza alcun legame sintattico; ⋅ Uso di una gamma di congiunzioni più ristrette; ⋅ Uso del che polivalente. 13) Descrivi i tratti caratteristici del parlato relativo all’uso dei verbi. Il parlato si caratterizza per la presenza di usi che contraddicono l’osservanza del dato temporale. In molti casi l’imperfetto ha valore modale nel senso che il locutore trasferisce all’imperfetto l’azione dal mondo della realtà in un altro, irreale o ipotetico o possibile, frutto dell’immaginazione o di supposizioni. ⋅ Imperfetto fantastico -> evoca un accadimento immaginario del passato, una possibilità che non si è poi attuata (avremmo potuto far senza timbrare il biglietto- bravo! Poi magari saliva il controllore) ⋅ Imperfetto ipotetico ->usato all’indicativo che sostituisce il congiuntivo imperfetto e il condizionale composto (protasi, apodosi) se lo sapevo non ci venivo; ⋅ Imperfetto potenziale -> esprime una forma si supposizione (non capisco cos’è successo, doveva essere qui alle 8); ⋅ Imperfetto ludico -> è quello dei giochi infantili (tu eri il capo); ⋅ Imperfetto di modestia ->vuol rendere meno categorico il messaggio (dovevo concordare l’esame); ⋅ Imperfetto epistemico -> in previsione del futuro richiama presupposti o conoscenze (partivamo stasera, ma gli si è rotta la macchina). Queste scelte sono spesso determinate dalla volontà di esprimere maggiore disponibilità nei rapporti interpersonali. ⋅ L’uso del futuro subisce una contrazione nell’uso, infatti è assai frequente l’uso del presente pro futuro-> per esigenza di semplifica zio, come accade in altri paesi all’estero (ti viene un bell’esaurimento, se continui a dormire tre ore per notte). ⋅ Al contrario prende piede il futuro epistemico per esprimere congetture in riferimento al presente (‘ma sarà sui trentacinque). ⋅ L’indicativo sostituisce sempre più spesso il congiuntivo, in particolare: o Nelle completive soggettive –mi pare che il raffreddore è diminuito-; o Nelle oggettive da verbi putandi –penso che vengono domani-; o Nelle interrogative indirette –non ho capito bene cosa voleva dire-; o Nelle ipotetiche –se volevo, riuscivo a superarti-;
  • 7. l’uso del congiuntivo presenta maggiore resistenza alla prima e terza persona. 14) Descrivi i tratti caratteristici dell’italiano parlato relativo al sistema pronominale. ⋅ Impiego di lui, lei e loro con funzione di soggetto; ⋅ Uso di gli con valore dativo; ⋅ Te con funzione di soggetto; ⋅ Gli come dativo femminile e dativo plurale; ⋅ Usati come rafforzativi dell’informazione negli slittamenti; ⋅ Valore deittico (elemento che punti a qualche concetto spazio-temporale del contesto –guarda che lì c’è un gradino-) Altri elementi che caratterizzano il linguaggio parlato sono i segnali discorsivi che, senza aggiungere nessun significato al discorso, aiutano l’interazione verbale. Assumono funzione fatica, mantenendo vivo il contatto tra gli interlocutori e controllando il canale comunicativo (segnano l’inizio del turno, lo chiudono, annunciano la richiesta di accordo…). Gli usi allocutivi e vocativi, fatismi usati per attirare l’attenzione altrui. Altra funzione dei segnali discorsivi è quella di temporeggiare in modo da permettere una riorganizzazione del discorso. ⋅ 16) Descrivi le principali caratteristiche lessicali del parlato. ⋅ Ripetizioni lessicali: In generale l’italiano parlato ricorre all’uso di ripetizioni lessicali, talvolta per motivi esclusivamente semplificativi in altre occasioni con finalità di dare maggiore spiegazione o enfasi, oppure sottolineare sorpresa, incredulità o dissenso. In ogni caso il parlato privilegia registri informali. ⋅ Generalizzazioni: La scelta di un minor numero di voci si accompagna ad una generalizzazione del significato di certi termini, quali: roba, cosa, affare, fatto e di alcune forme verbali come fare,dare o andare. ⋅ Emerge anche l’alta densità di verbi pronominali, accompagnati da uno o più clitici (prendersela, entrarci, volerci…). ⋅ Forme di diminutivo con funzioni attenuative, per rendere cioè meno perentorio il messaggio, in forma più o meno generica (es. fermati solo un attimino, per esprimere un tempo breve o questa camicia le va un attimino stretta, in cui svolge una funzione assolutamente generica). ⋅ Superlativi assoluti enfatici (d’accordissimo…); ⋅ Enfasi accrescitiva (tanto di, un sacco di…bello+aggettivo con funzione contraria: bella figura!); ⋅ Raddoppiamenti (voglio farmi una vacanza, vacanza…); ⋅ Esclamazioni enfatiche (cavolo, cribbio…); ⋅ Espressioni onomatopeiche; ⋅ Suffissi in –ata; ⋅ Troncamenti affettivi (prof.); 17) Descrivi i principali aspetti fonologici del parlato. ⋅ Metatesi (aeroplano); ⋅ Ritrazione dell’accento sulla terzultima sillaba; ⋅ Fenomeni di allegro : apocopi postconsonantiche(son venuta presto) aferesi sillabica spetta per aspetta, bastanza per abbastanza)
  • 8. 18)Descrivi le caratteristiche salienti dell’italiano trasmesso. Si sottolinea come premessa che sul piano della diamesia l’italiano trasmesso si colloca a metà strada tra il parlato-parlato e lo scritto-scritto poiché, pur utilizzando le forme e le espressioni del parlato si avvale delle strutture dello scritto, utilizzando testi preconfezionati. Queste caratteristiche si evidenzieranno nalla struttura del messaggio prodotto in termini di sintassi, scelta del lessico e forme utilizzate. Caratterizzato per la sua fuggevolezza ed evanescenza, presenta: ⋅ Comunicazione unidirezionale; ⋅ Emittente e destinatario non condvividono la stessa situazione spaziale; ⋅ Comunicazione rivolta a numerose persone contemporaneamente; ⋅ La comunicazione avviene a partire dalla scrittura; ⋅ Possibile di registrazione; ⋅ Richiede chiarezza e capacità di concisione; ⋅ Preferenza alla paratassi e allo stile nominale; ⋅ Lessico assai vario che si adatta al prodotto che si vuol proporre e al conduttore che lo proporrà. L’italiano popolare 19) Che cos’è l’italiano popolare? Se per anni l’italiano popolare è stato considerato quella variazione rispetto all’italiano standard parlata dai meno colti, proprio di coloro che pur avendo avuto un’istruzione scolastica di base, non hanno mai acquisito piena consapevolezza della lingua italiana e utilizzano il dialetto, studi successivi hanno continuato a considerarlo come una varietà linguistica di contatto, che nasce cioè dall’incontro continuo tra lingua e dialetto, ma non viene tramandata di generazione in generazione. Coincidono spesso con quelli che si avvicinano alle prime varietà di apprendimento dell’italiano, nei bambini e negli stranieri, quei casi di parlanti che hanno un italiano popolare regionale come lingua materna, senza possedere contemporaneamente un dialetto. 20)Descrivi i principali tratti dell’italiano popolare (grafia, morfologia, sintassi, lessico...). ⋅ Incertezze grafiche: punteggiatura incoerente o assente, insicurezza nell’uso dell’h e di q, segmentazioni erronee, oscillazioni nelle rappresentazioni delle palatali. Frequenti fenomeni di ipercorrettismo. ⋅ A livello fonetico i tratti dell’italiano popolare si identificano con le abitudini dialettali (pronunce come pissicologia, tennica, realizzazione di fricative in luogo di affricate, vibrante non rafforzata, assimilazioni del tipo –nd >-nn; ⋅ Per la morfologia: nell’articolo estensione delle forme un e il/li davanti a s e z preconsonantica, uso del pronome ci con valore dativo masc fem e plurale, forme irregolarei del superlativo e comparativo degli aggettivi, errata formazione del genere per quei sostantivi ambigui che terminano in –e o per i sostantivi che indicano professioni. ⋅ Nella sintassi: incertezze nell’uso delle preposizioni, uso del che polivalente, concordanze a senso (tutto lo stadio lo applaudivano), periodo ipotetico espresso da doppio condizionale. ⋅ Per il lessico: ampia polisemia (parole che per ragioni di evoluzione presentano più significati), uso dei suffissi. 21)Che cosa sono i malapropismi?
  • 9. Sono quelle storpiature erronee di voci che sono ricondotte ad altre più note: l’hanno operato alla pendice, ho comprato una pelliccia oncologica…). 22) Riassumi in sintesi le diverse posizioni degli studiosi emerse nei dibattiti sull’italiano popolare. Il dibattito sull’italiano popolare è stato aperto per anni e attualmente non ha trovato un accordo, in particolare i nodi sulla discussione sono stati: il carattere di varietà di contatto o di varietà nativa 1, la dimensione scritta o parlata2, la data di nascita3, l’unitarietà4, i rapporti con l’italiano standard e con il neostandard5. 1. Due definizioni apparentemente simili come quelle di De Mauro e Cortelazzo in cui uno afferma che: “l’italiano popolare è il modo d’esprimersi di un incolto che, sotto la spinta di comunicare e senza addestramento, maneggia quella che ottimisticamente si chiama la lingua nazionale” e l’altro: “ i tipo di italiano imperfettamente acquisito da chi ha per madrelingua il dialetto” hanno dato origine a posizioni assai diverse su l’interpretazione da dare all’italiano popolare. Infatti mentre nella prima definizione sottende l’inesistenza di un italiano nazionale riconoscendo in quello popolare il patrimonio di una classe sociale portatrici di una competenza linguistica propria; il secondo autore afferisce alla variazione la connotazione di deviazione rispetto ad uno standard ben riconosciuto. A partire da queste divergenze gli studi oggi sono arrivati a considerarlo una lingua di contatto per la quale sarebbe utile distinguere un italiano popolare trasmesso come varietà nativa esposto a evoluzioni simili a quelle di ogni altra lingua storica, dall’italiano popolare riplasmato di volta in volta dai madrelingua dialetto che si avvicinano alla lingua comune. 2. L’italiano polare si usa sia per lo scritto che per il parlato (come dimostrato dai documenti) e le proporzioni di queste due forme sono cambiate molto nel corso dei secoli: siamo passati da una preponderanza dello scritto ad una del parlato. 3. Numerosi studi e documenti hanno provato a questo proposito che l’uso di italiano popolare sia da collocare cronologicamente prima dell’Unità d’Italia, allo stesso è utile evidenziare che questa ricorrenza storica ne abbia influenzato l’uso. Se l’italiano preunitario era prevalentemente scritto, quello postunitario tanto scritto quanto parlato; il primo era sempre lingua di contatto, il secondo forse anche lingua materna; il primo era usato da fasce sociali molto diverse rispetto a quelle che usano il secondo. 4. Sull’unitarietà si può distinguere l’essere considerato nato dopo l’Unità nazionale del territorio e quindi si può rimandare a quanto detto sopra o fare una valutazione sulle caratteristiche simili su tutto il territorio e per tutti gli utenti. Questa ultima considerazione appare un po’ monca se fatta sulla base dell’analisi di testi scritti dalla quale appare poco della dimensione regionale veicolata dalla pronuncia; il parlato popolare, come l’italiano parlato, non può essere unico ma di carattere regionale intrecciato dalle relazioni di variazioni diastatiche diatopiche. Assai maggiore l’unitarietà morfolo-sintattica data dalle finalità che sottendono a scelte di semplificazione e dalla similitudine morfo-sintattica degli stessi dialetti. 5. Sebbene ci siano attualmente analogie e differenze morfo-sintattiche che mettono in relazione l’italiano neostandard e l’italiano popolare rispetto a quello standard, le maggiori discrepanze tra l’uso dell’italiano informale o colloquiale e il popolare è lo stato sociolinguistico: il primo non sono vere e proprie varietà ma piuttosto registri del neostandard, che possono essere scelti dai parlanti per adattarsi a contesti e situazioni; l’italiano popolare è il miglior italiano raggiungibile da chi lo usa. 6. Il gergo
  • 10. 23) Che cosa sono i gerghi e su quale asse di variazione si possono identificare? Il gergo è la lingua propria di una cerchia di persone inserite ai margini della società e ha come finalità quella di caratterizzare il linguaggio del gruppo oltre a quella di rendersi comprensibile solo ai membri di tale cerchia. È evidente che la caratterizzazione di queste lingue è sull’asse diastatico. 24)Illustra le caratteristiche tipiche dei gerghi storici. Illustra le caratteristiche tipiche dei gerghi transitori. ⋅ Gerghi storici: i tratti più rilevanti dei gerghi storici sono evidenti nel lessico, che si forma su basi dialettali e secondo alcuni procedimenti caratteristici; per es. l’uso del suffisso –oso, il troncamento di parole comuni con varie forme di storpiatura, l’uso di parole che cominciano con n e s per esprimere negazione o affermazione, il ricorso alla metafora. ⋅ I gerghi transitori: questi particolari gerghi trovano la loro origine dalla convivenza temporanea in ambienti di segregazione e come i gerghi storici hanno la funzione di rafforzare l’identità e di comunicare in maniera segreta. La caratteristica più marcata di questa variazione gergale sta nella variazione lessicale che attinge all’uso di metafore o parole coniate a proposito. Le lingue speciali 25) Che cosa sono le lingue speciali? Le lingue speciali sono quelle varietà strettamente utilizzata in ambiti settoriali, professionali e tecnici. 26) Definisci il concetto di sottocodice. Per sottocodice si intende quella varietà lessicale propria di una lingua speciale e quindi di una categoria specifica. 27) In che senso il linguaggio dei mass media, ad esempio quello dei giornali, può essere considerato una lingua speciale? Per quanto riguarda i linguaggi dei mass media possono essere considerati lingue speciali non tanto per la specificità del linguaggio piuttosto per l’uso proprio dei mezzi e dei canali trasmissivi con i quali vengono diffusi i messaggi. 28)Perché si parla di una tendenza alla monosemia del lessico delle lingue speciali? Il ricorso alla monosemia è insito nella definizione di speciale che si appella al concetto di specificità; ciascuna disciplina deve poter contare su definizioni che non diano adito a fraintendimenti e quindi a sostantivi e forme uniche e inequivocabili. 29) Quale tipo di variazione diafasica e diastatica si osserva per le lingue speciali? Sulla scala diafasica le lingue speciali possono contare su registri adattabili a contesti diversi seppur differenziandosi in base al grado di scientificità della disciplina stessa; materie scientifiche potranno attingere a registri differenti secondo i contesti in cui viene trattato l’argomento (lo stesso argomento di
  • 11. chimica verrà esposto con termini diversi se lo si affronta in conferenza piuttosto che tra amici), al contrario per attività sociali meno sistematiche come il calcio o a moda i registri specifici propongono termini alti anche in circostanze meno formalizzate. Secondo la diastrasia le variazioni si distinguono maggiormente secondo le categorie professionali invece che su scala economico sociale; questa distinzione talvolta abbatteo rafforza la discriminante economico- sociale perché certe specificità proprie di lavori considerati socialmente più umili rimangono incomprensibili a categorie professionali considerate alte e viceversa. 30) In che modo le lingue speciali obbediscono all’esigenza di denotazione del lessico? Obbediscono all’esigenza denotativa nel senso di attribuzione a un termine, di un significato che sia inequivocabile per gli utenti interessati. Si tratta non solo di attribuire un solo significato ad un significante (in direzione biunivoca) ma che un significato sia rappresentato da un solo significante. 31)Quali sono le peculiarità di lessico e sintassi delle lingue speciali? Oltre alla marcata scelta della monosemia si distinguono: ⋅ Una conseguente riluttanza per la sinonimia, accettata solo per certe scienze come variazione diafasica o diastatica (raffreddore/rinite) per certe categorie come quella farmacologica (febbrifugo/antifebbrile)o nel settore sportivo (boxe/pugilato…); ⋅ Il ricorso a codici stranieri; ⋅ Il ricorso al latino; ⋅ I neologismi che attribuiscono altri significati a voci già esistenti (candela, cambio, frizione); prodotti da aggiunta di prefissi o suffissi; ⋅ Uso di sigle; voci polirematiche costituite dall’unione di due sostantivi (ponte radio, addetto stampa…); ⋅ Eponomi voci polirematiche nelle quali è presente il nome proprio di un autore che ne distingue la definizione stessa (teorema di Pitagora, legge di Keplero…), ⋅ Travasi terminologici: termini specifici presi a prestito da altro ambiente specifico: il governo che si salva in calcio d’angolo; ⋅ In sintassi prevale una tipologia testuale di tipo dimostrativo-esplicativa che ricorre spesso a espressioni introduttive che costituiscono l’antecedente logico dell’argomentazione, cui segue la deduzione delle conseguenze; ⋅ Processo di cancellazione del verbo sostituito ad esempio da locuzioni preposizionali (dieta a base di carboidrati al posto di dieta che si basa sull’uso…) ⋅ Limitazione all’uso di tempi, modi e persone: prevale il tempo presente affiancato al futuro, domina l’indicativo anche se il congiuntivo è frequente in certi settori come quelli giuridico e amministrativo. Il condizionale limitato alla presentazione di congetture che richiedono ancora conferma; nell’uso delle persone sono escluse la prima e la seconda singolare e la seconda plurale, prevale la forma impersonale, e l’uso della prima personale come forma di modestia o di coinvolgimento della cerchia degli addetti. Ricorre l’uso del passivo. L’italiano standard 32)Che cos’è l’italiano standard?
  • 12. Secondo alcuni l’italiano standard esiste ed è da identificare, per quanto riguarda la pronuncia, nell’italaino fiorentino contemporaneo; per quanto riguarda la grammatica coinciderebbe in sostanza con l’italiano normativo otto-novecentesco, post manzoniano. Altri invece dubitano che una varietà standard esista. Per semplificare la questione possiamo definire l’italiano standard come la lingua ereditata dalla tradizione letteraria, descritta nelle grammatiche e insegnata nelle scuole. 33)Quali sono le peculiarità dell’italiano standard rispetto al parlato? Sembra che per le variazioni diatopiche e distratiche che caratterizzano l’italiano standard parlato,nonché degli interessi che potrebbero muovere all’apprendimento di una corretta dizione, non sia possibile rintracciare un numero significativo di persone tale da poter affermare che esista un uso dell’italiano standard rispetto al parlato. Infatti anche volendo rintracciare nel fiorentino di estrazione sociale alta il soggetto tipo di interpretazione di un italiano standard corretto si coglierebbero quelle influenze regionali caratterizzanti che ne altererebbero la pronuncia. 34)Si può parlare dell’esistenza di un italiano standard rispetto allo scritto? In quale misura? Sì, nella forma scritta l’italiano standard riesce a superare i contrassegni diatopici che appaiono impercettibili; questo si riscontra limitatamente alla produzione della saggistica, della manualistica e delle trattazioni e divulgazioni scientifiche oltre a quelle del giornalismo più impegnato.