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ECC.MO TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

                                DELLA LIGURIA

                                     RICORSO

del Comitato “La Salamandra” per la protezione dell’ambiente a La Spezia, con

sede a La Spezia, V.le San Bartolomeo n. 103, in persona del Presidente e legale

rappresentante pro tempore, Sig. Davide Rapallini, rappresentato e difeso,

unitamente e disgiuntamente, dall’Avv. Francesca Beconcini e dall’Avv. Giancarlo

Moizo, domiciliato in Genova nello studio di Via Rivale 2/6, presso la persona

dell’Avv. Giancarlo Moizo, in forza di delega posta in calce al presente atto,

                                       contro

   -   Comune della Spezia, in persona del Sindaco in carica

   -   Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta Regionale

   -   Provincia della Spezia, in persona del Presidente della Giunta Provinciale

   -   Agenzia Regionale Protezione Ambiente Ligure, A.R.P.A.L.in persona del

       legale rappresentante pro tempore

   -   Azienda Sanitaria Locale, in persona del legale rappresentante pro tempore

   -   Conferenza dei Servizi, in persona del legale rappresentante pro tempore

                                   e nei confronti di

   - Ente Nazionale Idrocarburi, E.N.I., in persona del legale rappresentante pro

   tempore

   - Grifil s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore

   - Sviluppo Immobiliare s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore

   - Foster Wheeler Italiana s.p.a., in persona del legale rappresentate pro tempore

                        per l’annullamento previa sospensione



                                                                                    1
della Determinazione Dirigenziale n. 17 del 20 aprile 2005

                                avente ad oggetto

“Approvazione modifica progettuale del progetto di bonifica area ex IP

porzione Grifil presentata da ENI spa e autorizzazione ai relativi lavori”

                   e per l’annullamento, previa sospensione

di tutti gli atti presupposti, preparatori, inerenti e/o comunque connessi, ed in

particolare:

-   degli atti della Conferenza dei Servizi Deliberante del 15 febbraio 2005 per

    la parte relativa alla modifica progettuale della bonifica area ex IP, porzione

    Grifil, presentata da ENI s.p.a. e relativamente al parere favorevole allo

    svincolo parziale delle aree del sub distretto 3, individuate sub 3/1

-   degli atti della Conferenza dei Servizi in sede istruttoria del 7/7/2004

-   degli atti della Conferenza dei Servizi in sede istruttoria del 29/06/2004

-   del parere della Regione, settore Valutazione di Impatto Ambientale, del

    14/2/2005

-   della deliberazione della Giunta Regionale del 17/12/2004, atto di verifica

    screening ex L.R. 38/98

-   degli atti della Conferenza dei Servizi in sede istruttoria del 17/9/2004

-   del parere della Regione, settore Valutazione di Impatto Ambientale, del

    16/9/2004

-   del parere della Regione, settore Valutazione di Impatto Ambientale, del

    17/6/2004




                                                                                 2
PREMESSE IN FATTO

Dal 1929 al 1983, a La Spezia, in località Antoniana, area centrale adiacente

all’insediamento urbano (doc.1, trattasi di superficie triangolare con la base, lato più

lungo che si distende in aderenza ad una via cittadina, mentre il vertice culmina su

un terreno leggermente collinare), insisteva in funzionamento una raffineria di

prodotti petroliferi.

Attualmente, l’area è oggetto di riqualificazione urbanistica e prevede un futuro

utilizzo residenziale, terziario-quaternario, nonché il passaggio della variante S.S.

Aurelia. I sub distretti in corso di bonifica sono: 2,4,5,9 destinati ad uso residenziale

e verde; 3 ad uso commerciale.

L’area I.P. si estendeva per circa 65 ettari, la porzione acquistata dalla soc. Grifil

negli anni ’90 comprende circa 60 ettari. Il problema della bonifica dell’area si

presentava immediatamente dopo l’acquisto di Grifil; tuttavia, sino al 20/04/2005,

data delle deliberazione dirigenziale del Comune di La Spezia, avente ad oggetto

l’approvazione delle modifiche presentate da ENI e redatte dalla soc. Foster

Wheeler al progetto definitivo di bonifica approvato nel 2002, il terreno è stato

bonificato in minima parte. (doc.2- cronistoria procedurale), e la realizzazione di

misure di sicurezza (trincee drenanti e pozzi di emungimento), atte ad evitare la

percolazione di acque inquinate sino al mare, recettore finale, è iniziata vent’anni

dopo la dismissione della raffineria (Nel 1992, a Rho, terminavano le attività

produttive della raffineria là esistente ed iniziavano contestualmente le attività di

caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica del sito).




                                                                                       3
Dall’anno 2000 (in cui erano approvati il piano di caratterizzazione, il progetto

preliminare e l’esecutivo relativo ad opere generali, piani tutti presentati da Grifil)

al gennaio 2004, il progetto e l’attuazione del piano di bonifica procedevano a

“singhiozzo” a causa del susseguirsi di contenziosi giudiziari, tra il produttore dei

rifiuti - ENI/AGIP- ed il detentore degli stessi- Grifil- volti all’accertamento del

soggetto obbligato a procedere ai lavori di bonifica. Attualmente, pende

procedimento penale per truffa promosso da Grifil contro ENI, per avere detto ente

venduto a Grifil l’area in oggetto con l’assicurazione, suffragata da una nota ASL,

della perfetta compatibilità dei livelli d’inquinamento con la destinazione edilizia

prevista. Nel 2000, prima dell’inizio della bonifica         erano state rilasciate dal

Comune concessioni edilizie a Grifil (doc.3), annualmente rinnovate, la cui

efficacia è subordinata all’avvenuta bonifica dei sub distretti che dovrebbero

ospitare gli insediamenti commerciali e residenziali. Le concessioni davano atto che

nel dicembre 1999 era pervenuta al Comune della Spezia “comunicazione

dell’avvio di procedimento penale per         l’ipotesi di disastro ambientale di cui

all’art. 434 C.P. in relazione alla consulenza tecnica d’ufficio espletata dall’Ing.

Boeri ed avente ad oggetto l’accertamento dello stato d’inquinamento delle aree

della ex raffineria I.P.. la predetta comunicazione si intendeva data anche agli

effetti della non utilizzabilità dell’aree interessate, ai fini edilizi-urbanistici, prima

del raggiungimento dei limiti di accettabilità della relativa contaminazione, come

previsto dai commi 6 e seguenti dell’art.17 del D.L.vo 22/97”.

Durante i quattro anni (2000-2004) di progetti e lavori iniziati ed interrotti, il

Comune diffidava Eni e Grifil affinché realizzassero la bonifica e dava avvio,

ripetutamente, al    procedimento per l’adozione delle misure sostitutive per il



                                                                                        4
mancato avvio della bonifica, senza, peraltro, attuarlo e ciò nonostante la solvibilità

dei soggetti obbligati ed inadempienti.

Come sopra accennato nel 2004 la bonifica era ripresa da Eni, con riserva di rivalsa

nei confronti di Grifil, in attuazione del progetto approvato con determinazione

dirigenziale n.84 del 14/8/2002 (doc.4), “visto l’esito positivo dell’esame del

progetto da parte della Conferenza dei servizi in data 30/7/2002” (doc. 5), senza

previo assoggettamento non solo alla procedura di VIA, ma anche alla procedura di

screening che costituisce comunque, pur forzando le operazioni di smaltimento

previste nel suddetto progetto entro l’elenco delle opere e degli impianti di cui

all’allegato B del D.P.R. 12/4/96, un obbligo procedurale ai sensi dell’art.1, c.6 e 10

dello stesso decreto.

Il principio alla base della tecnica prescelta nel progetto approvato nel 2002,

Landfarming -tecnica “on site”- consiste, quando correttamente applicato,

nell’incentivare i naturali processi di biodegradazione in atto nei terreni,

movimentandoli e fornendo, in condizioni controllate, nutrienti, umidità ed

ossigeno nelle quantità ritenute ottimali per coadiuvare le attività degli organismi

microbici presenti nel terreno.

Il terreno contaminato dovrebbe, inoltre, essere       additivato con l’aggiunta di

fertilizzante biocompatibile, per fornire un adeguato supporto nutritivo alla flora

batterica responsabile della biodegradazione dei prodotti idrocarburici contenuti nel

terreno –bioventing-.

Il progetto di bonifica 2002 autorizzava anche lo smaltimento e/o il trattamento

presso impianti esterni dei terreni altamente inquinati e non trattabili con successo




                                                                                     5
per mezzo della tecnologia indicata. Il terreno inquinato pareva, allora, essere pari a

178.000 metri cubi.

Il progetto definitivo del 2002 faceva proprio, in ampia misura, il parere

dell’Istituto Superiore della Sanità 23/4/2001 (doc.6), richiesto dal Comune per la

bonifica della porzione ENI dell’area ex IP, le cui operazioni sono state già

completate. Il parere I.S.S. 23/4/2001 riveste grande importanza per la

comprensione delle problematiche di bonifica del sito. Ancorché il documento

sottoposto all’attenzione dell’Istituto Superiore della Sanità avesse ad oggetto

l’investigazione solo dell’area che ospitava “i serbatoi strategici” della raffineria,

l’intera area ex I.P. presenta caratteristiche analoghe d’inquinamento “a macchia di

leopardo”. Infatti vi insistevano una quarantina di serbatoi, impianti per la

lavorazione, reti sotterranee di tubature che collegavano l’imponente complesso.

Riprese le operazione di bonifica nel gennaio 2004, l’ENI era sollecitato dal

Comune affinché accelerasse la realizzazione delle stesse in alcune porzioni

dell’area, quelle cioè interessate dalla variante Aurelia e quelle del sub distretto 3,

oggetto delle summenzionate concessioni edilizie (doc.2, cronistoria procedurale,

pag. 4, doc. 7 -Estratto progetto di variante pag.9). Contestualmente all’incremento

delle escavazioni, ENI anticipava “che sarebbero stati effettuati ulteriori sondaggi

di caratterizzazione per meglio quantificare il terreno inquinato e acquisire

elementi di conoscenza nella zona demaniale precedentemente non indagata”. La

precedente caratterizzazione dell’area, fondata essenzialmente sulla perizia Boeri

del 1999 (il documento era stato redatto sulla base di 89 campionamenti del terreno

e non era rinnovato integralmente a seguito dell’entrata in vigore del D.M. 471/99)




                                                                                     6
si era rivelata affatto insufficiente a conseguire gli obbiettivi di cui all’allegato 4 del

citato regolamento ministeriale.

La progressiva scoperta di ulteriori, notevoli quantità di terreno inquinato portavano

all’approvazione delle prime due modifiche progettuali in data, rispettivamente,

21/4/04 e 14/5/04 (doc. 2- cronistoria procedurale- pag. 4) senza che fosse

modificata sostanzialmente la tecnica prescelta. Dal risultato della rinnovata

caratterizzazione del sito pareva che, allo stato degli scavi e del campionamento, il

terreno presunto inquinato fosse di 248.000 mc e il terreno di scavo fosse pari a

310.000 mc (variante al progetto definitivo di bonifica, pag.62, doc.7). Nella

Relazione Istruttoria n°265, Procedura di Screening(doc.8, pag.2) il quantitativo

totale stimato di terreno eccedente i limiti normativi è pari a circa 496.000 t.. Tale

valore non corrisponde a 248.000 mc., che sono invece equivalenti a circa 414.000

t., se si assume come rapporto mc/t quanto riportato nel Progetto di variante, per

esempio a pag.112. Forse nella Relazione istruttoria della procedura di screening

sono confusamente inclusi altri 100.000 mc, menzionati nella Conferenza dei

Servizi 7/7/2004.

Ebbene, per fronteggiare quest’insospettata estensione dell’inquinamento e poter

disporre delle superfici oggetto delle concessioni edilizie citate erano proposti, nel

maggio 2004, i trattamenti on site di Desorbimento Termico (La tecnologia separa

fisicamente la contaminazione organica dal suolo. Il suolo è riscaldato in una

camera in cui l’umidità e i contaminanti organici vengono vaporizzati. Il vapor

d’acqua e i contaminanti organici sono trasferiti a un sistema di trattamento delle

emissioni gassose. L’obbiettivo della progettazione è quello di far volatilizzare la

contaminazione, senza operare un ossidazione – del terreno- pag.18 doc.28-



                                                                                         7
screening) e Soil washing (lavaggio con acqua) + estrazione con solvente. Nella

Conferenza dei Servizi 29/6/04 per esame modifiche progettuali al progetto di

bonifica area Grifil, il dr Biso funzionario comunale dell’uff. ambiente,

condividendo le preoccupazioni dei comitati ambientalisti (doc.9-10), faceva

presente le problematiche relative all’accettabilità sociale degli impianti tecnologici

previsti, specie il desorbitore termico. Invitava, quindi, nell’ambito della

predisposizione delle specifiche progettuali integrative, a valutare la possibilità di

altri sistemi di trattamento della corrente gassosa, rispetto alla ossidazione, quali per

esempio la condensazione della corrente gassosa ed il trattamento conseguente delle

acque derivanti. In tale sede, data lettura della decisione della Giunta Regionale, che

aveva escluso all’unanimità di assoggettare a procedura di VIA il nuovo progetto

(doc.11), un rappresentante ENI rilevava ”una presunta incongruità di questo

parere rispetto alle norme regionali vigenti sulla VIA”.

Le nuove tecniche proposte da ENI, definite integrative rispetto al landfarming ed

all’asporto in discariche (doc. 7, estratti del progetto di variante, pag.100),

dovrebbero, invece, smaltire rispettivamente 132.000 mc (pag.118) e 79.000 (pag.

112). Le dette quantità sono, come già si evince dalla grande incertezza sulla

quantità totale di terreno inquinato, approssimative anche perché, al fine di

ottimizzare il risultato della bonifica le quantità complessivamente trattate con una

tecnica o con l’altra saranno decise in corso d’opera, “ENI fa peraltro presente la

propria esigenza di mantenere una idonea flessibilità nella gestione, essendo

necessario, per dare risposte adeguate, continuare ad utilizzare tutte le previste

tecnologie di bonifica nel modo più efficace” (doc. 12, Conferenza dei Servizi

15/2/2005, pag.2, doc.7 Variante al progetto, pag.67, 68). Tuttavia, in data 3/9/04,



                                                                                       8
Eni richiedeva di incrementare la quota di terreno da trattare con landfarming,

realizzando una ulteriore vasca. La richiesta era approvata e recepita nella

determinazione dirigenziale n°47 del 21/9/04. Pare, secondo officiose “voci di

corridoio”, che la maggior parte degli inquinanti sarà trattata con il desorbitore

termico. Persino la determinazione dirigenziale n.17 del 20/4/2005, avente ad

oggetto Approvazione modifica progettuale del progetto di bonifica area ex IP,

porzione Grifil presentata da Eni spa e autorizzazione ai relativi lavori (doc.21),

nella parte relativa all’indicazione delle prescrizioni, rinvia ad un ulteriore “piano

dettagliato” la quantificazione delle terre che si intendono avviare ai vari

trattamenti.

Contestualmente all’esame della variante al progetto, nel sito inquinato infuriavano,

letteralmente, le attività di raccolta, stoccaggio, trattamento con landfarming,

riprese nel gennaio 2004. Le persone residenti nelle zone adiacenti o prossime

all’ambiente di lavoro lamentavano prima verbalmente, presso l’Arpal e l’Ufficio

Ambiente, bruciori alla gola, agli occhi e mal di testa, poi con lettera raccomandata

14/6/04 richiedevano più incisivamente chiarimenti in merito alle esalazioni gassose

(doc.13). Gli enti e le amministrazioni interrogate provvedevano tardivamente a

predisporre inadeguate misure di sicurezza e di monitoraggio per verificare

l’efficacia dell’azione delle prime, come previsto dal D.M. 471/1999, alleg.3 –

Messa in sicurezza d’emergenza-, alleg.4 –Relazione tecnica descrittiva punto 5,

D.L. 22/1997 art. 2. Non solo, in aperta contraddizione con quanto espresso nel

citato parere I.S.S. 21/4/2001, i detti enti riferivano che “..Dalle prime risultanze

parrebbe desumersi che si tratta per lo più di idrocarburi di componente alifatica e

non aromatica e pertanto con minor rischio sanitario” (doc.14, 15). L’Istituto



                                                                                    9
Superiore della Sanità aveva invece ribadito la presenza di idrocarburi policiclici

aromatici, Benzene, Toluene, Etilbenzene e Xileni, ecc, raccomandando misure di

cautela idonee al fine di non permettere la dispersione delle polveri e/o gas in

atmosfera (irrorazione e bagnatura del terreno, ecc). - L'agenzia internazionale per

la ricerca sul cancro (IARC) e l'organizzazione mondiale della sanità indicano

alcuni idrocarburi policiclici aromatici (IPA) come cancerogeni -.

Foster Wheeler per ENI approntava delle coperture di nylon, penosamente inadatte

a contenere il danno ambientale causato dalla migrazione degli idrocarburi

volatili(doc.16), ma risolutivi per ottemperare alla prescrizione contenuta nella

determinazioni dirigenziale di approvazione del primo progetto di bonifica -n.84 del

14/8/2002- del seguente tenore:”Dovrà essere prestata attenzione durante il

rivoltamento e mobilizzazione dei terreni nelle aree di landfarming onde evitare

danneggiamento dei teli” (teli doppi, al carbone attivo).

L’ufficio ambiente disponeva quindi nuovi accertamenti da parte di Arpal ed il

posizionamento di rilevatori di benzene (ma non di Toluene, Xileni ecc.) e un

campionatore gas massa portatile, messo a disposizione da ENI (doc.15), in

aggiunta alla centralina collocata nell’ambiente di lavoro. Come potrà accertare

questo Ecc.mo Tribunale, detto apparecchio, insufficiente comunque a monitorare

le polveri sottili su un’area così vasta, e collocato nel giugno 2004 (doc.15), a

seguito delle proteste dei cittadini, è rimasto fuori servizio durante tutta l’estate,

mentre avveniva la movimentazione e lo stoccaggio di centinaia di migliaia di

tonnellate di terreno, in piena tempesta di polveri e gas (doc.17, dati Arpal); la

circostanza era confermata dall’assessore e dal funzionario Arpal, dr.ssa Colonna,

nel corso delle riunioni presso la sede della IV circoscrizione. Invero, le attività di



                                                                                   10
stoccaggio e di bonifica sono state, ad oggi, condotte con scellerato autoritarismo,

in massiccia violazione della normativa comunitaria e nazionale relativa alla

gestione dei rifiuti ed alla VIA. Considerata la vicinanza del sito al centro abitato,

sarebbe stato, forse, opportuno ed in aggiunta alla concreta adozione delle cautele

suggerite dall’Istituto Superiore della Sanità, peraltro non edotto della contiguità del

sito alla città e non competente ad esprimersi sul progetto, far precedere il

trattamento di Soil vapor extraction (SVE - Si tratta di una tecnologia applicata in

situ per la bonifica della cosiddetta zona insatura del suolo.       La rimozione dell’

inquinante viene realizzata con un flusso controllato di aria mediante una serie di

pozzi tenuti sotto vuoto con apposite pompe. I gas estratti vengono trattati con filtri

a    carbone attivo o con trappole a freddo, in certi casi con sistemi di

termodistruzione. Il richiamo di aria dalla superficie favorisce anche i processi di

degradazione biologica. La SVE, particolarmente adatta per rimozione della

frazione volatile dell’ inquinante, puo’ essere impiegata in combinazione con altre

tecnologie- doc.18, pag. 10, Tecnologie Innovative e procedure operative per la

bonifica di suoli inquinati) alla movimentazione del terreno per la rimozione, dallo

stesso, dei metalli pesanti e degli idrocarburi non volatili. Purtroppo, l’assunto di

ENI e del Comune escludeva “per lo più” la presenza di idrocarburi volatili.

Non essendo il sito, comprensibilmente, interessato da grosse opere di

urbanizzazione ed essendo, invece, chiuso dalla collina nei lati ovest, nord, est, esso

risulta defilato alla vista della grande maggioranza dei residenti in città, benché

occupi un’area centrale. Infatti il sito inquinato dista, in linea d’aria, un centinaio di

metri da una delle principali vie del centro (Via Veneto) e dall’ospedale. I comitati

ambientalisti, dopo aver espresso in sedi diverse la loro preoccupazione per la



                                                                                      11
complessiva gestione dei rifiuti pericolosi dell’area ex IP, affiggevano manifestini

in città per sensibilizzare l’opinione pubblica (doc.19) ed infine inviavano al

sindaco, all’assessore all’ambiente ed all’assessore all’urbanistica note inerenti la

variante progettuale datate 14/4/2005(doc.20). Il sindaco replicava con documento

22/4/2005, allegando allo stesso la determinazione dirigenziale n.17 del 20/4/2005

avente ad oggetto l’approvazione della modifica progettuale (doc.21).

                                       DIRITTO

   1) Violazione dell’art.10 c.3 del D.M. 471/99 in relazione alla violazione

       dell’art.13 della L. 24 novembre 2000, capo II modifiche alla legge 7

       agosto 1990 n.241, e ulteriori norme in materia di conferenza dei

       servizi. Incompetenza.

Ai sensi dell’art.10 c. 3, del D.M. 471/99, il Comune approva il progetto definitivo

di bonifica, concludendo l’iter procedurale:”…Il Comune..approva il progetto

definitivo..sentita una conferenza di servizi convocata ai sensi dell’art. 14 della

legge 7 agosto 1990 n.241, e successive modifiche ed integrazioni, alla quale sono

chiamati a partecipare gli enti locali interessati, l’Arpa competente per territorio e

tutte le altre amministrazioni competenti per le autorizzazioni, le concessioni, i

concerti, le intese, i nulla osta e gli altri atti di assenso di cui al comma 10”. Il

provvedimento di approvazione del progetto da parte del Comune produce gli effetti

di cui al comma 10° del medesimo articolo, costituendo, altresì, variante

urbanistica; la conferenza di servizi è, nel caso di specie, atto infraprocedurale in

cui convergono pareri e determinazioni relative a procedimenti funzionalmente

collegati. Il progetto di bonifica dell’area ex IP ha proposto l’installazione e

l’utilizzo di impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti che, ai sensi dell’art.19



                                                                                     12
c.1, punti d-e, ed in forza degli art. 27 e 28 del D.L.22/1997 devono essere

autorizzati dalla Regione.

L’art.13 (Disposizioni in materia di trasferimento di funzioni amministrative) della

L 24/11/2000 recita:” 1. Nell’ambito del trasferimento di funzioni amministrative

dallo Stato alle regioni e agli enti locali, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della

legge 15 marzo 1997, n. 59, e delle successive norme di attuazione, agli enti

destinatari del trasferimento, come amministrazioni procedenti, sono conferiti

altresì tutti i compiti di natura consultiva, istruttoria e preparatoria connessi

all’esercizio della funzione trasferita, anche nel caso di attività attribuite dalla legge

ad uffici ed organi di altre amministrazioni. Tale disposizione non si applica ove si

tratti di funzioni attribuite da specifiche norme di legge ad autorità preposte

alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-

artistico o alla tutela della salute; in tali casi, l’amministrazione procedente è

sempre tenuta a convocare una conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14 e

seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni”.

Alla Conferenza dei Servizi 15 febbraio 2005 in sede deliberante ed alle precedenti

conferenze istruttorie del 17/9/2004, 7/7/2004 e 29/6/2004 tutte aventi ad oggetto la

modifica progettuale della bonifica dell’area ex IP -Porzione Grifil- secondo il

progetto presentato da Eni nel maggio 2004, non ha mai preso parte la Regione.

Anche a voler ritenere che il generico consenso agli impianti “integrativi” di

bonifica, espresso dalla Provincia nella Conferenza dei Servizi 15/2/2005, sia

idoneo a perfezionare il più complesso iter autorizzatorio di cui all’art.27 e 28 del

decreto Ronchi, l’atto resta invalido sotto il profilo della competenza. Le

Conferenze dei Servizi indicate non sono state legittimamente costituite con la



                                                                                      13
partecipazione della Regione che ha competenza esclusiva ad autorizzare gli

impianti e le operazioni di gestione dei rifiuti. Neppure la Regione ha collaborato,

altrimenti, con pareri, richieste ed autorizzazioni al complesso iter procedurale di

gestione rifiuti dell’ex area IP, se non per esprimere ed adottare pareri e decisioni

illegittime sull’assoggettabilità a VIA del progetto di variante.

   2) Violazione dell’art.32 Cost. e dell’art.2, in relazione all’allegato D, del

       D.L.vo 5 febbraio 1997 n.22 (elenco dei rifiuti armonizzato al testo della

       Decisione 2000/532 CE che si coordina con le Decisioni 2001/118/CE del

       16 gennaio 2001, 2001/119/CE del 22 gennaio 2001, 2001/573/CE del 23

       luglio 2001 e con la rettifica        pubblicata sulla G.U. CE L 262 del

       2/10/2001). Violazione dell’art.6 commi 3 e seguenti della L. 8 luglio

       1986 n.349, dell’art.1 del D.P.C.M 10 agosto 1988, n.377, dell’art.2 c.2 in

       relazione all’allegato 1 lettera i) della L.R. 30 dicembre 1998, n.38,

       ovvero violazione dell’art. 1 comma 3° in relazione all’allegato A,

       lettera i) del D.P.R. 12 aprile 1996, come modificato dal D.P.C.M. 3

       settembre 1999, dell’art. 2 c.3 in relazione all’allegato 2, lettera u della

       L.R. 38/98. Falsa applicazione di legge. Eccesso di potere per

       travisamento dei fatti. Sviamento.

Premesso che il decreto regionale per la valutazione di impatto ambientale attiene al

procedimento conclusosi con l’atto di approvazione del progetto di variante e che,

pertanto, rappresenta atto infraprocedurale non impugnabile autonomamente in

quanto non immediatamente lesivo (Sentenza della VI sez. Cons. Stato sui ricorsi n.

sui ricorsi in appello n. 10205/01, n. 10321/01, n. 11414/01) si rileva:




                                                                                 14
a) Con parere 17/6/04 il Settore VIA della Regione comunicava al Comune che

“l’installazione degli impianti tecnologici di Soil washing (non è menzionato il

trattamento con solventi) e desorbimento termico non risultano da assoggettare alla

disciplina in oggetto se detti impianti servono per lo sviluppo ed il collaudo di

nuovi metodi e non sono utilizzati per più di due anni”(doc. 22). Ritenuto che i detti

impianti non possono essere sussunti nella fattispecie ora citata, il dirigente del

Settore VIA ometteva, comunque, di aggiungere “forse” prima delle parole:” non

risultano da assoggettare”. Un“lapsus calami” . Infatti gli impianti per lo sviluppo

ed il collaudo di nuovi metodi, non utilizzati per più di due anni, ricadono

nell’elenco di cui all’allegato 3, lett.n, della L.R. 38/98 e non nelle ipotesi

derogatorie alla disciplina di VIA di cui all’art.2 della medesima L.R..

In data 16/9/2004 l’Arpal, dimostrando scarsa conoscenza della materia, richiedeva

all’Ufficio VIA della Regione “la procedibilità dell’istruttoria tecnica in assenza di

avvio della procedura di screening da parte della ditta proponente l’intervento”. Si

rappresentava “per completezza che trattasi di n.2 impianti non sperimentale per

meno di 24 mesi”(doc.23). La Regione replicava precisando la necessità di

sottoporre alla procedura di screening l’installazione dei due impianti proposti nella

variante del maggio 2004 (doc.24).

Con deliberazione 17/12/2004 la Giunta Regionale concludeva la procedura di

verifica-screening nel senso di non assoggettare a procedura di valutazione di

impatto ambientale il progetto presentato da Eni (doc.11). La premessa della P.A. è

che- Le opere previste nel progetto di che trattasi rientrano nell’allegato 3, punto

11b) alinea 4 della citata legge regionale n. 38/1998 e, non ricadendo in aree

naturali protette, sono sottoposte alla procedura di verifica di cui al ridetto art.10-.



                                                                                    15
L’allegato 3 al punto 11b) alinea 4 prevede:”Impianti di smaltimento rifiuti speciali

non pericolosi con capacità complessiva superiore a 10t/giorno, mediante

operazioni di incenerimento o di trattamento (operazione di cui all’allegato B,

lettere D2 e da D8 a D11 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.22)”. Con

lettera 14/2/2005 (doc.25), l’Uffico VIA, nella persona della Dr.ssa Minervini

ribadiva la sufficienza della procedura di screening a fronte delle osservazioni

formulate dai comitati ambientalisti. Nella relazione del responsabile del

procedimento sulla pratica di “Modifica progettuale Area IP”- Conferenza dei

servizi 15/2/2005 (doc.26) è scritto:”….Veniva fissato il termine di utilizzo degli

impianti inferiore a 24 mesi, per cui la Regione si esprimeva circa la non necessità

della valutazione di impatto ambientale…”. Di tale parere dell’Ufficio VIA era dato

atto nella Conferenza dei Servizi 7/7/04 (doc.27).

La P.A. e l’Arpal hanno cancellato “con un colpo di spugna” decenni di studi ed

attività del legislatore europeo, nazionale e degli organi giurisprudenziali; in

particolare, è stato completamente obliato l’elenco dei rifiuti pericolosi di cui

all’allegato D del decreto Ronchi come modificato dalle decisioni della

Commissione Europea. I terreni dell’area ex IP sono contaminati da rifiuti

pericolosi e come tali inclusi nell’allegato D del decreto Ronchi ed ivi

individuati al capitolo 05 -Rifiuti della raffinazione del petrolio, del gas

naturale e trattamento pirolitico del carbone;- al capitolo 06 con il codice 06 04

05 rifiuti contenenti altri metalli pesanti; al capitolo 13- Oli esauriti e residui

di combustibili liquidi-. In relazione all’allegato i (alleg. III della Direttiva

91/689/CEE) detti rifiuti presentano le seguenti caratteristiche di pericolo:

Irritante, Nocivo, Tossico, Cancerogeno, Corrosivo, Teratogeno, Ecotossico .



                                                                                  16
Il progetto in esame, che prevede l’installazione di un desorbitore termico e di un

impianto chimico per lo smaltimento di rifiuti pericolosi, rientra nell’elenco delle

operazioni di smaltimento di rifiuti di cui al punto D9 dell’allegato B –Operazioni

di Smaltimento- del sopra menzionato decreto Ronchi:”Trattamento fisico-chimico

non specificato altrove nel presente allegato che dia origine a composti o a

miscugli eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12 (ad

es. evaporazione, essiccazione, calcinazione etc.)”.

Stante l’obbligatorietà dell’assoggettamento del progetto alla VIA per la

pericolosità dei rifiuti, ed in assenza di una legge quadro in materia, il committente

e l’autorità amministrativa avrebbero dovuto attivare il Ministero dell’Ambiente per

verificare la necessità del procedimento della VIA statale ovvero regionale.

Infatti, alla pregressa classificazione dei rifiuti in urbani, speciali e tossico nocivi, si

sostituisce quella in urbani e speciali, che a loro volta si differenziano in pericolosi

e non pericolosi.

Ai sensi dell’art.1, lettera i) del D.P.C.M. 377/1988 sono sottoposti alla procedura

di valutazione di cui all’art.6 della L. 349/86 (VIA statale) gli impianti di

eliminazione dei rifiuti tossici e nocivi mediante incenerimento, trattamento

chimico e stoccaggio a terra; in tal senso l’allegato 1 lett. i) della L.R. 38/1998.

Ex art.1 c.3 in relazione all’allegato A, lettera i) del D.P.R. 12 aprile 1996,

riprodotto nell’art. 2 c.3 in relazione all’allegato 2, lettera u, della L.R. 38/98 sono

sottoposti a VIA regionale gli impianti di smaltimento e recupero di rifiuti

pericolosi, mediante operazioni di cui all'allegato B ed all'allegato C, lettere da R1

a R9 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, ad esclusione degli impianti di




                                                                                        17
recupero sottoposti alle procedure semplificate di cui agli articoli 31 e 33 del

medesimo decreto legislativo n. 22/1997”.

Il criterio per individuare la competenza in materia di VIA nella fattispecie è offerto

dall’art. 57 c.6 ter del D.L.vo 22/1997:” In attesa dell’adozione della nuova

disciplina organica in materia di valutazione d’impatto ambientale la procedura

dell’art.6 della legge 8 luglio 1986 n.349, continua ad applicarsi ai progetti delle

opere rientranti nella categoria di cui all’art.1 lettera i) del decreto del Presidente

del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n.377, pubblicato nella Gazzetta

Ufficiale del 31 agosto 1988 n.204, relativa ai rifiuti già classificati tossico nocivi”.

Il D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915 . -Attuazione delle direttive (CEE) numero

75/442    relativa    ai    rifiuti, n.   76/403    relativa     allo smaltimento    dei

policlorodifenili e dei policlorotrifenili e numero 78/319 relativa ai rifiuti

tossici e nocivi- includeva all’allegato 1/a n.16 i prodotti a base di catrame derivanti

da procedimenti di raffinazione e residui catramosi derivanti da operazioni di

distillazione; nonché piombo, n.7, ed altri metalli pesanti che sono altresì presenti

nel sito spezzino, in concentrazioni non trascurabili.

b) Per quanto occorrer possa confutare la confusa allusione alla temporaneità degli

impianti, di cui alla relazione del responsabile del procedimento sulla pratica di

“Modifica     progettuale    Area     IP”-   Conferenza        dei   servizi   15/2/2005

(doc.26):”….Veniva fissato il termine di utilizzo degli impianti inferiore a 24 mesi,

per cui la Regione si esprimeva circa la non necessità della valutazione di impatto

ambientale…”si precisa quanto segue.

In forza dell’art. 2 comma 5° L.R. 38/98 non sono sottoposti alla procedura di VIA i

lavori e gli interventi che non determinano effetti sull’ambiente quali: lett.e, gli



                                                                                     18
”interventi di bonifica come definiti dalla normativa sulla gestione dei rifiuti e gli

eventuali impianti utilizzati a tal fine se a carattere temporaneo”. Evidentemente,

la ragione che comporta l’esclusione di determinate opere ed interventi

all’assoggettamento alla procedura di VIA è l’assunto che essi non determinino

effetti sull’ambiente. In tal senso la pronuncia dalla Corte di Giustizia CEE,

11agosto 1995 che non lascia margini per interpretazioni diverse:”La direttiva

n.85/337/CEE trova applicazione con riferimento a tutte le domande di

autorizzazione di progetti di opera pubblica o privata, presentati alle competenti

autorità nazionali dopo il termine di trasposizione della direttiva anche se

all’epoca   la   direttiva   non   era    stata   ancora    effettivamente   trasposta

nell’ordinamento; gli articoli, 2,3 e 8 della direttiva 85/337 impongono l’obbligo

chiaro e preciso alle autorità nazionali di effettuare la valutazione di impatto

ambientale dei progetti di opera pubblica o privata rilevanti per l’ambiente”.

Secondo la Corte Costituzionale (17 luglio 1998, n.273), il D.P.R. 12 aprile 1996,

che completa l’attuazione della direttiva 85/337, non si configura come norma di

dettaglio e vincolante nei particolari procedurali; le regioni e le province autonome

sono tenute ad attuare gli obbiettivi del decreto nel rispetto delle previsioni degli

Statuti e delle relative norme di attuazione, il che significa: “proteggere la salute e

migliorare la qualità della vita umana, al fine di contribuire con un miglior

ambiente alla qualità della vita..”(art.2 del D.P.R. 12/4/96).

I volumi di terreno da trattare e le conseguenti emissioni inquinanti del camino di

6,5 metri, l’adiacenza del sito a zone a forte densità demografica la cui qualità

ambientale è piuttosto deprimente (per lo stato dell’aria si ricorda che La Spezia

ospita una centrale termoelettrica, Relazione Arpal doc.24,) rendono, ictu oculi, il



                                                                                   19
progetto di variante al piano di bonifica dell’area ex IP un’iniziativa molto

pericolosa per la salute.

Per completezza si aggiunge quanto statuito dal T.A.R. Emilia Romagna, nella

decisione n.235 del 27/4/2001, in relazione al concetto di temporaneità degli

impianti ed alle caratteristiche di impianto fisso o di impianto mobile di

smaltimento o di recupero di rifiuti.

“Solo gli impianti mobili infatti, possono beneficiare, in ragione del tenue e

soprattutto provvisorio impatto con l’ambiente circostante il sito d’installazione,

del semplificato e celere regime autorizzatorio previsto dall’art. 28, 7° comma del

D. Lgs. 5/2/1997 n.22, secondo il quale “Gli impianti mobili di smaltimento o di

recupero, ad esclusione della sola riduzione volumetrica, sono autorizzati in via

definitiva dalla regione ove l’interessato ha la sede legale o la società straniera

proprietaria dell’impianto ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle

singole campagne di attività sul territorio nazionale l’interessato, almeno sessanta

giorni prima dell’installazione dell’impianto, deve comunicare alla regione nel cui

territorio si trova il sito prescelto le specifiche dettagliate relative alla campagna di

attività…”.

Ritiene il Collegio, che nel predisporre tale semplificato regime autorizzatorio, in

una materia di estrema delicatezza quale è in via generale quella ambientale e, più

in particolare, il settore del trattamento dei rifiuti, il legislatore statale abbia inteso

ricondurre ad esso esclusivamente quegli impianti di smaltimento o di recupero di

rifiuti che siano “mobili” in senso funzionale e cioè che non solo siano “facilmente

amovibili” dal sito prescelto ma che si pongano anche in rapporto del tutto




                                                                                       20
precario e, quindi, ben delimitato temporalmente, con il suddetto luogo e con

l’ambiente circostante.”

Gli impianti previsti dalla variante al progetto di bonifica sono privi di entrambi i

requisiti che contraddistinguono il carattere temporaneo degli stessi non ponendosi

in rapporto precario né con il sito, né con l’ambiente. Non è possibile fissare il

termine di utilizzo del desorbitore termico e dell’impianto chimico per un periodo

determinato poiché, ad oggi, non sono note le quantità di terreno inquinato che

dovrebbero essere avviate al trattamento con l’una o con l’altra tecnica.

Inoltre non possono considerarsi, propriamente, facilmente amovibili, impianti con

un un ingombro di 5000 mq per il soil washing-enisolvex e di 2000 mq per il

desorbitore.

Neppure è ragionevole pensare che emissioni di gas e polveri (“Dal camino del

desorbitore termico si hanno emissioni di benzene, toluene, etilbenzene, cilene, ecc.

nonché di metalli pesanti, PCDD e PCDF” che dovrebbero essere mitigati da un

sistema di abbattimento. doc.28-Screening- pag 108, punto A.8), emesse a ciclo

continuo in centro città, per diversi anni, non producano effetti rilevanti sulla

qualità dell’aria, sullo stato di sensibilità attuale dell’ambiente cittadino.

Consumata, con spagiria politica, la derubricazione di rifiuti pericolosi in rifiuti non

pericolosi, onde gestire discrezionalmente le ipotesi dell’all.3, L.R. 38/98, non

stupisce, tuttavia, che le attuali condizioni di sensibilità di La Spezia e i conseguenti

probabili impatti sullo stato igienico-sanitario ed ambientale, siano stati

sottovalutati dal proponente e dall’Amministrazione.




                                                                                     21
I risultati, registrati da Arpal nella Relazione Ambientale 2003 (doc. cit.) e da

Foster Wheeler, per il periodo gennaio a settembre 2004, mostrano i valori di

ciascun inquinante monitorato (doc.28, Screening- pag.48 e ss). Tali concentrazioni

non sono assolutamente confortanti come vorrebbero far credere il proponente ed il

Comune. Il D.M. 2/4/2002 n.60, in recepimento delle direttive 1999/30 e 2000/69

CE, pone valori limite progressivamente più bassi ai principali inquinanti

atmosferici, secondo una percentuale annua costante; per le polveri fini PM10, dal

gennaio 2005, la media annuale non deve superare i 40µg/m3 e tale valore limite

annuale sarà progressivamente ridotto sino a raggiungere 20µg/m3 per il 2010; le

concentrazioni misurate da tre postazioni indicano medie pari a 30, 38, 37 µg/m3

che sono molto vicine alla media critica. Considerazioni analoghe valgono per le

concentrazioni misurate di benzene nei siti sensibili (tab. 4.10, pag. 50) il cui limite

annuale pari a 10µg/m3 deve, in forza della normativa citata, essere annualmente

ridotto di 1µg/m3 sino a raggiungere il limite annuale di 5µg/m3; le stesse

deduzioni si applicano anche agli altri inquinanti. Per la qualità dell’aria nell’area

dell’ex raffineria (pag.51) la definizione della stessa è parametrata ai valori di

concentrazione in ambienti di lavoro; il paragrafo termina evidenziando che:”non

esistono nella zona circostante gli impianti di trattamento temporaneo di terreni

contaminati elementi dell’ambiente di elevata sensibilità al deposito di inquinanti

pericolosi, quali coltivazioni ed ecosistemi di elevato pregio.” A pochi decine di

metri, ed in alcuni casi a pochi metri, ci sono gli abitanti dell’Antoniana, circa

centotrenta, qualche famiglia ha anche l’orto. Centocinquanta metri più a sud c’è il

centro. Gli spezzini e soprattutto gli abitanti dell’Antoniana dovrebbero continuare

ad assumersi anche il rischio professionale dell’esposizione, e non per otto ore al



                                                                                    22
giorno, a sostanze tossico-nocive. Non solo, i risultati ottimistici del monitoraggio

delle polveri fini in Antoniana sono assicurati dai fuori servizio “strategici” della

centralina, come detto in narrativa. I “fuori servizio” si sono verificati anche nella

successiva campagna di monitoraggio e sempre contestualmente alle fasi di

maggior attività del cantiere.

L’istruttoria del procedimento di VIA avrebbe consentito ai comitati ambientalisti

di sollecitare il Comune affinché conducesse inchieste pubbliche ex art. art.2 ed

art.9 comma 4°del D.P.R. 12/4/96 e di cui alla L.R. 38/98. La direttiva 2003/35 CE,

il cui termine d’attuazione è fissato al 25 giugno 2005, si fonda sulla considerazione

che “L'effettiva partecipazione del pubblico all'adozione di decisioni consente allo

stesso di esprimere pareri e preoccupazioni che possono assumere rilievo per tali

decisioni e che possono essere presi in considerazione da coloro che sono

responsabili della loro adozione; ciò accresce la responsabilità e la trasparenza del

processo decisionale e favorisce la consapevolezza del pubblico sui problemi

ambientali e il sostegno alle decisioni adottate”. “….Vi è il desiderio di garantire il

diritto di partecipazione del pubblico alle attività decisionali in materia ambientale,

per contribuire a tutelare il diritto di vivere in un ambiente adeguato ad assicurare

la salute e il benessere delle persone”. Lontana da tale sinergico rapporto tra

politica e società è la realtà dell’Amministrazione spezzina, che ben si riassume

nella dichiarazione resa, per un “lapsus linguae”, dall’Assessore all’Ambiente

durante la riunione della IV circoscrizione 7/4/2005; l’Assessore ebbe a precisare

che il procedimento di VIA sarebbe stato solo più lungo, ma non avrebbe mutato

nulla nella sostanza delle decisioni prese.




                                                                                   23
Invero, il procedimento di VIA avrebbe, anche, rafforzato l’obbligo prescritto

dall’art.5, comma 3°, lett.c del D.L.vo 5/2/1997 n.22 che impone di smaltire i rifiuti

utilizzando: ”i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di

protezione dell’ambiente”. Infatti lo studio d’impatto ambientale, che completa la

redazioni dei progetti soggetti a VIA, deve contenere in forza del D.P.C.M.

10/8/1988 n.377, art.4. comma 4°, lett.c: ”le motivazioni tecniche della scelta

progettuale e delle principali alternative prese in esame, opportunamente descritte,

con particolare riferimento a: 1) le scelte di processo per gli impianti industriali,

per la produzione di energia elettrica e per lo smaltimento di rifiuti”; ed ex art.6,

all.c n.1e 2 del D.P.R. 12/4/96, per la VIA regionale, “la descrizione della tecnica

prescelta, con riferimento alle migliori tecniche disponibili a costi non eccessivi, e

delle altre tecniche previste per prevenire le emissioni degli impianti e per ridurre

l'utilizzo delle risorse naturali, confrontando le tecniche prescelte con le migliori

tecniche disponibili; L’ illustrazione delle principali soluzioni alternative possibili,

con indicazione dei motivi principali della scelta compiuta dal committente tenendo

conto dell'impatto sull'ambiente”.



   3) Violazione dell’art.2 c.1 del D.P.C.M 377/1988, dell’art.7 c.1 del D.P.R.

       12 aprile 1996. dell’art.15 c.4 L.R. 38/1998, dell’art.27 comma 1° del

       D.L.vo 22/1997

In forza degli articoli rubricati i pareri, i nulla-osta e comunque le autorizzazioni

afferenti l’approvazione del progetto di variante alla bonifica dell’area ex IP e

l’aggiudicazione dei relativi lavori avrebbero dovuto essere preceduti dalla

procedura di VIA. L’art.15 della L.R. 38/1998 sancisce l’inefficacia di tutti gli atti



                                                                                    24
rilasciati dalla Regione e dagli Enti Locali in difetto della preventiva, positiva

conclusione della procedura di VIA.




   4) Violazione dell’art.32 Cost., dell’art.2 del D.L.vo 5 febbraio 1997 n.22,

       dell’allegato 2 (Procedure di riferimento per l’analisi dei campioni) del

       D.M. 471/1999, in relazione alla violazione dell’allegato 4 del D.M. 25

       ottobre 1999 n.471 avente ad oggetto criteri per la redazione del Piano

       della caratterizzazione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria.

       Sviamento.

Il piano della caratterizzazione ai sensi dell’all. 4 del D.M. 471/1999 “descrive

dettagliatamente il sito e tutte le attività che si sono svolte; individua le correlazioni

tra le attività svolte e tipo, localizzazione ed estensione delle possibili

contaminazioni; descrive le caratteristiche delle componenti ambientali sia

all’interno del sito che nell’area da questo influenzata; descrive le condizioni

necessarie alla protezione ambientale e alla tutela della salute pubblica; presenta

un piano delle indagini per definire tipo, grado ed estensione dell’inquinamento”.

La completezza raggiunta nella descrizione del sito, la precisa conoscenza della

tipologia produttiva, dell’ubicazione degli impianti, di depositi, di infrastrutture

sotterranee (tubature, reti di distribuzione ecc.), delle attività di carico e scarico,

così come la redazione dell’ elenco dei materiali impiegati nelle diverse attività dei

cicli di raffinazione o comunque utilizzate nella gestione degli impianti, sono

necessari per formulare ipotesi sulla localizzazione delle possibili perdite,

sversamenti e rotture e per definire, esattamente, la lista delle sostanze da



                                                                                      25
analizzare. Questi elementi sono indispensabili per orientare la selezione dei punti

di campionamento e di un piano di analisi.

La bonifica del sito è iniziata, invece, sulla base della caratterizzazione “Boeri”del

1999, solo 89 campionamenti del terreno per una superficie così vasta (all.2, D.M.

471/99); la caratterizzazione è stata, poi, integrata a singhiozzo, finché Foster

Wheeler effettuava, altri 277 campionamenti in corso d’opera, nel febbraio 2004,

omettendo, tra l’altro, di effettuare prelievi dei gas interstiziali per individuare,

prima della movimentazione dei terreni, la presenza di aree ad elevata

concentrazione di sostanze volatili. La perizia “Boeri” avrebbe dovuto, invece,

essere utilizzata e recepita nella fase iniziale del piano di caratterizzazione, cioè

nella “Raccolta e sistematizzazione dei dati esistenti” che, con gli elementi sopra

brevemente sintetizzati, consente di elaborare la caratterizzazione e la formulazione

preliminare del modello concettuale del sito e del piano di investigazione iniziale.

“Questa schematizzazione del sito è la base per la definizione degli obbiettivi di

bonifica, la formulazione del progetto, la valutazione del rischio e la selezione

delle eventuali misure di sicurezza permanente” (all.4 punto I.2, D.M. 471/99).

Con il piano di investigazione iniziale sono definite accuratamente l’estensione e le

caratteristiche dell’inquinamento, la localizzazione dei punti,…la profondità di

perforazioni e prelievi. “La lista delle sostanze da analizzare e la possibile

selezione di sostanze indicatrici dipende dalla completezza raggiunta nella

descrizione delle attività svolte sul sito”. La violazione dei criteri dell’allegato 4 del

D.M. 471/99, il ricorso a un criterio di campionamento solo statistico, benché

fossero disponibili informazioni storiche ed impiantistiche per orientare una

caratterizzazione adeguata, la mancata adozione della diligenza richiesta in tali



                                                                                      26
delicate operazioni, hanno prodotto “a catena” effetti negativi e dannosi nella

gestione della bonifica. In particolare non è stato preso in considerazione che: nelle

aree di carico del greggio erano frequenti cospicui sversamenti per troppo pieno; le

tubare interrate, soggette saltuariamente a rotture, hanno provocato saturazioni del

terreno circostante, stante la comprensibile intempestività degli interventi di

manutenzione; per cinquant’anni le decine di depositi insistenti nell’area sono stati

ciclicamente ripuliti dalle incrostazioni di piombo e dalle morchie con solventi.

Piombo, morchie e solventi erano quindi scaricati all’interno del sito. Ebbene,

queste gravi deficienze nella fase preliminare di elaborazione del progetto hanno

avuto come prima conseguenza la sottovalutazione delle quantità e dell’estensione

dell’inquinamento; come, peraltro, era intuibile i terreni maggiormente inquinati

sono quelli posti a valle del sito. La seconda conseguenza è l’erronea ed incompleta

precisazione degli inquinanti presenti nel terreno. Si è già detto in narrativa dei

gravi disagi provocati a molti cittadini dall’assunto che negava la rilevante presenza

di idrocarburi aromatici e della mancata, tempestiva adozione di adeguate

precauzioni in fase di movimentazione dei terreni. L’installazione del desorbitore

termico rinnova le preoccupazioni del ricorrente e degli altri comitati ambientalisti

non solo per le emissioni di monossido di carbonio, ossidi di zolfo e di azoto,

idrocarburi aromatici, metalli pesanti, ma anche a causa della formazione di

diossine e furani, in concentrazioni eccessive, nella fase di riscaldamento del

terreno all’interno dell’impianto. Foster Wheeler ha svolto n. 12 verifiche analitiche

su campioni prelevati nel terreno “che hanno confermato l’assenza” ( doc.28

screening, pag.90) di composti organoalogenati, da cui si sviluppano diossine. Le

esperienze di trattamento di terreno inquinato da idrocarburi, condotti all’estero, -



                                                                                  27
prosegue il documento di screening- confermano concentrazioni di PCDD/PCDF

inferiori ai limiti previsti dalla normativa vigente. A seguito delle reiterate proteste

dei comitati ambientalisti, Foster Wheeler, nel febbraio 2005, consegnava un nuovo

rapporto analitico sulla (non) presenza di composti organoalogenati nel terreno. Le

indagini svolte da Foster Wheeler sono affatto inidonee ad escludere il pericolo

paventato per i seguenti motivi: a) Non è stata considerata la storia industriale della

raffineria e quindi possibili sversamenti di sostanze organoalogenate; b) Come in

uso in tutte le raffinerie negli anni passati sicuramente anche nella raffineria IP sono

stati usati PCB (policlorobifenili) come liquido dielettrico nei trasformatori elettrici;

le indagini avrebbero dovuto essere effettuate nei pressi delle aree che ospitavano i

trasformatori; c) analogamente si sarebbe dovuto campionare il terreno limitrofo al

punto in cui insisteva un catalizzatore organoclorurato che ha raffinato, per venti

anni, 800 ton. di benzina al giorno; d) si sarebbe dovuto inoltre accertare se in

passato erano stati usati PCB come olio termico in qualche scambiatore di calore. Si

deve inoltre evidenziare che i composti organoalogenati, se presenti, sono

rinvenibili superficialmente nel terreno, per cui i campioni devono essere prelevati

ad una profondità minima.

Dove tra le centinaia di migliaia di tonnellate di terreno stoccato sono state

condotte    le   indagini   che    hanno    “confermato”     l’assenza    di   composti

organoalogenati? Evidentemente è impossibile certificare l’assenza di tali sostanze

in concentrazioni non dannose per l’uomo e l’ambiente; appare, quindi, chiaro che

la prevenzione sia il criterio cui attenersi rigorosamente:” Le autorità competenti

adottano…inizitive dirette a favorire, in via prioritaria, la prevenzione e la

riduzione dei rifiuti mediante:…d) lo sviluppo di tecniche appropriate per



                                                                                     28
l’eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti destinati ad essere

recuperati o smaltiti” (art.3, comma 1°, lett.d, del Decreto Ronchi).

5) Violazione dell’art.32 Cost., dell’art.2 del D.L.vo 22/97 in relazione alla

violazione e falsa applicazione dell’art. 17 comma 6° del D.L.vo 22/1997 e degli

artt. 5 e 10, dell’allegato 4 –II (Progetto preliminare,              Analisi del rischio

specifica), della tabella 1 del D.M. 471/99 . Eccesso di potere per difetto di

istruttoria, per contraddittorietà manifesta. Sviamento.

L’art.5 del D.M. 471/99, rubricato “Bonifica con misure di sicurezza e ripristino

ambientale” prevede:”Qualora il progetto preliminare di cui all’art.10 dimostri che

i valori di concentrazione limite accettabili di cui all’art.3, comma 1, non possono

essere raggiunti nonostante l’applicazione, secondo i principi della normativa

comunitaria, delle migliori tecnologie a costi sopportabili, il Comune….può

autorizzare interventi di bonifica e ripristino ambientale con misure di sicurezza,

che garantiscano, comunque, la tutela ambientale e sanitaria anche se i valori di

concentrazione residui previsti nel sito risultino superiori a quelli stabiliti

nell’allegato 1. Tali valori di concentrazione residui sono determinati in base ad

una metodologia di analisi del rischio riconosciuta a livello internazionale che

assicuri il soddisfacimento dei requisiti indicati nell’allegato 4.

Il provvedimento che approva il progetto deve stabilire le misure di sicurezza e i

piani di monitoraggio e controllo necessari ad impedire danni derivanti

dall’inquinamento residuo e può fissare limitazioni temporanee o permanenti o

particolari modalità per l’utilizzo dell’area…

Le misure di sicurezza e le limitazioni temporanee o permanenti o le particolari

modalità previste per l’utilizzo dell’area devono risultare dal certificato di



                                                                                      29
destinazione urbanistica…e dalle norme tecniche di attuazione dello strumento

urbanistico generale del Comune..”.

L’art.10, comma 7° precisa le condizioni per gli interventi di cui al citato art.5.

Come spiegato al punto precedente, il Piano della caratterizzazione, benché

integrato in momenti successivi, è stato elaborato con metodologia approssimativa.

Tale errore iniziale e la fretta di terminare la bonifica hanno, inevitabilmente,

inficiato la precisione e l’attendibilità delle successive fasi progettuali. Difatti,

l’impossibilità di definire nel dettaglio il tipo, l’estensione ed il grado

dell’inquinamento (all.4, II.1) ha portato ad un’elaborazione frettolosa del Progetto

di variante, che è privo dell’esatta definizione e descrizione di tutti gli elementi

richiesti dall’allegato 4, II.

Scopo del lavoro, si legge nel progetto del maggio 2004 “è fornire gli elementi

progettuali integrativi al progetto stesso relativamente a: - L’aggiornamento della

caratterizzazione ambientale dell’area effettuata, sulla base dei dati acquisiti in

Febbraio 2004; - Acquisizione di informazioni sullo stato di qualità delle matrici

ambientali dell’Area Demaniale (Sub distretto 2); - L’aggiornamento del modello

concettuale del sito, con aggiornamento delle quantità di terreno da sottoporre a

trattamento e/o smaltimento; - Una revisione ed integrazione delle tecnologie di

trattamento, recupero e smaltimento del terreno contaminato utilizzate; - Il

programma temporale aggiornato di realizzazione degli interventi previsti, che

include le    fasi di accelerazione degli scavi nell’ambito del Sub distretto 3 e

dell’area di pertinenza della Variante alla SS1 Aurelia; - La stima aggiornata dei

costi previsti per gli interventi (pag.11-12). Il documento si presenta come una

sintesi incompleta della fase di caratterizzazione e di quella di redazione del



                                                                                      30
progetto preliminare, come descritti dall’allegato 4, II. La revisione del progetto

precedente è così radicale che il documento di variante avrebbe dovuto definire,

accuratamente, tutti gli elementi che costituiscono il progetto preliminare secondo

la normativa tecnica menzionata: Analisi dei livelli di inquinamento, Eventuali

investigazioni di dettaglio, Analisi delle tecnologie adottabili, Analisi di rischio

specifica, Descrizione delle tecnologie da adottare , Verifica dell’ efficacia degli

interventi proposti, Compatibilita’ ambientale interventi.

La violazione, ora esaminata, riguarda l’omessa redazione dell’Analisi di rischio

specifica di cui all’allegato 4, II.4), che, nell’ultimo comma puntualizza il fine di

questa sezione:”..la stima dettagliata del rischio posto alla salute pubblica e

all’ambiente dalle concentrazioni residue in suolo e sottosuolo proposte per gli

interventi di bonifica e ripristino ambientale con misure di sicurezza…”.

Nel provvedimento di approvazione del progetto di bonifica 14/8/2002, n.84 si

determina che:”Dovranno essere mantenute in esercizio trincee e pozzi durante

tutta la bonifica e comunque fino a quando necessario”.

Il paragrafo 7.9 del Progetto di variante, (doc. pag. 124 e ss,)“ descrive l'intervento

di messa in sicurezza e bonifica delle acque sotterranee, così come previsto dal

Progetto Definitivo di Bonifica approvato e in accordo alle modifiche apportate”.

Le caratteristiche costruttive delle quattro trincee drenanti saranno analoghe a

quelle previste nel Progetto Definivo di Bonifica approvato e la cui lunghezza varia

da m. 52 a 377 e la profondità da 5 a 6 m. Saranno realizzati, altresì, 6 pozzi di

emungimento di acqua di falda laddove l'abbattimento della superficie freatica non

può essere raggiunto con la sola trincea drenante.




                                                                                   31
Lo stato qualitativo delle acque sotteranee, come rilevato dai piezometri, è

preoccupante (screening, pag.56) e l’inquinamento dei suoli raggiunge i 10-12

metri.

A pagina 21 del progetto di variante leggiamo: “Come definito nel progetto

preliminare di bonifica- il riferimento è probabilmente al progetto preliminare

approvato il 4/8/2000-, il presente progetto ha come obiettivo il conseguimento

dei limiti previsti dalla normativa nazionale, costituita dall'Art. 17 del D. Lgs.

n°22 del 5 febbraio 1997 (Decreto Ronchi) e dal relativo Regolamento Attuativo

DM n° 471 del 25 ottobre 1999. - 3.1 Suoli- Tale Decreto definisce (Art. 4,

comma 1), in relazione alla specifica destinazione d’uso del sito, due livelli di

bonifica, cui corrispondono diversi limiti tabellari per le concentrazioni

ammissibili degli inquinanti organici ed inorganici nel terreno, superati i quali si

deve procedere ad un        intervento di messa in sicurezza, bonifica e ripristino

ambientale. Per ogni sostanza, tuttavia, i valori da raggiungere con gli interventi

di bonifica e ripristino ambientale sono riferiti ai valori del fondo naturale (Art. 4,

comma 2), nei casi in cui sia dimostrato che nell’intorno non influenzato dalla

contaminazione del sito i valori di concentrazione del fondo naturale per la stessa

sostanza risultano superiori a quelli indicati nell’Allegato 3. Per il sito in esame, i

limiti di riferimento saranno quelli relativi ad un uso industriale e terziario del

terreno per il Sub distretto 3 e quelli relativi ad un utilizzo residenziale e a verde

per gli altri Sub distretti 2, 4, 5 e 9 . Si ritiene, in via preliminare, che i valori del

fondo naturale di alcuni parametri (quali ad esempio piombo e rame) possano

presentare valori superiori ai limiti tabellari previsti per un utilizzo residenziale

dei suoli. Tale ipotesi dovrà essere confermata attraverso approfondimenti



                                                                                      32
analitici,   applicando le procedure previste dall’Allegato 2 del citato decreto.

Qualora gli obiettivi di bonifica non possano essere raggiunti nonostante

l’applicazione,   secondo i principi della normativa comunitaria europea, delle

migliori tecnologie disponibili a     costi sopportabili, l’autorità competente può

autorizzare progetti di “bonifica con misure di sicurezza e ripristino ambientale”

che garantiscano, comunque, la tutela ambientale e sanitaria. In questo caso, i

valori di concentrazione residua ammissibili (obiettivi di bonifica) saranno

determinati in base ad una metodologia di analisi di rischio riconosciuta a livello

internazionale”. La descrizione, sopra riportata, degli obbiettivi del progetto di

variante contiene asserzioni superflue, aleatorie, del tutto prive di riscontri concreti

ed analisi approfondite      che costituiscono il fondamento della redazione del

progetto preliminare. Infatti è il progetto preliminare che deve dimostrare la

raggiungibilità o la non raggiungibilità, con le migliori tecnologie di bonifica

disponibili, dei valori di concentrazione limite accettabili per l’uso specifico del

sito; è il progetto preliminare che, nel caso di bonifica con misure di sicurezza, deve

proporre i valori di concentrazioni residui per ogni sostanza al termine degli

interventi, valori che devono essere sottoposti a valutazione mediante analisi del

rischio e tali, comunque, da non costituire pericolo per la salute pubblica e le

diverse matrici ambientali, considerate tutte le possibilità di esposizioni attive per il

sito in esame.

Dunque, il progetto di variante ha come obiettivo il conseguimento dei limiti

previsti dalla normativa nazionale “Come definito nel progetto preliminare di

bonifica”; il progetto preliminare di bonifica del 2000 è basato sulla

“Caratterizzazione Boeri” che i fatti hanno confermato essere un documento



                                                                                     33
completamente inidoneo ad esaurire la prima fase della progettazione della bonifica

e tale da dover essere integrata, come esplicitato negli scopi, sopra citati, del

documento di variante!

L’affermazione:”Si ritiene, in via preliminare, che i valori del fondo naturale di

alcuni parametri (quali ad esempio piombo e rame) possano presentare valori

superiori ai limiti tabellari previsti per un utilizzo      residenziale dei suoli” è

formulata, vanamente, per gli effetti di cui all’art.4, comma 2°, del D.M. che

recita:”Per ogni sostanza i valori di concentrazione da raggiungere sono tuttavia

riferiti ai valori del fondo naturale nei casi in cui, applicando le procedure di cui

all’allegato 2, sia dimostrato che all’intorno non influenzato dalla contaminazione

del sito i valori di concentrazione del fondo naturale per la stessa sostanza

risultano superiori a quelli indicati nell’allegato 3”; allegato che richiama i limiti

tabellari dell’allegato 1. Non si dubita che l’Ecc.mo Tribunale apprezzi la profonda

illiceità, pari alla totale mancanza di buon senso, di questa asserzione che ha

alimentato le preoccupazioni per la gestione della bonifica. Il timore del comitato

ricorrente, peraltro diffusamente condiviso, è che, stante le altissime concentrazioni

di piombo, presenti nel sito e causate sia dalla raffinazione del petrolio, sia dalla

pulizia dei serbatoi che dagli sversamenti, la bonifica in corso produca risultati

modestissimi, in aggiunta ai danni ambientali già cagionati ed a quelli che saranno

causati dalle nuove tecnologie.

Da pagina 30 a 34 del progetto di variante sono riepilogati i risultati delle analisi dei

campioni di suolo. Per i sub distretti 2, 9 (destinazione d’uso verde e residenziale) e

per il sub distretto 3 (destinaz. Commerciale) non compare il dato relativo al

piombo, pare che il metallo sia addirittura inferiori ai valori del fondo naturale, il



                                                                                     34
quale, in forza dell’assunto del proponente, dovrebbe invece presentare valori di

concentrazione superiori al limite accettabile per l’uso residenziale, di cui alleg.1,

Tabella 1 del D.M.471/99 .         Per converso, nel sub distretto 4 e 5 (verde e

residenziale) le concentrazioni di piombo sono decisamente elevate. Ciò è

paradossale e contraddittorio con i risultati dello screening, relativi allo stato delle

acque sotterranee e di cui a pag.56 del documento:”I risultati analitici confermano

la presenza di uno stato di contaminazione derivante da idrocarburi di origine

petrolifera e metalli pesanti diffuso soprattutto nei Sub distretti 2,3,4..” e con

quanto considerato nella Conferenza dei servizi 15/2/2005, pag.3, ultima riga, e cioè

che nel sub distretto 3 sono più accentuati i fenomeni d’inquinamento e le “aree

calde”.

Non solo, il desorbitore termico e la rimozione con solventi utilizzano tecniche

adatte a volatilizzare e rimuovere solo composti inquinanti organici e non metalli

pesanti (pag. 9 e 32 del Progetto esecutivo, doc.30) che dovrebbero essere trascinati

via dal lavaggio con acqua, soil washing. Secondo le previsioni progettuali, detta

tecnologia sarebbe applicata unicamente ai terreni da avviare al trattamento di

estrazione con solventi.

L’analisi del rischio per valutare le concentrazioni di inquinanti residui sarebbe

stata necessaria anche alla luce dei criteri adottati dal proponente per stimare la

quantità di terreno inquinato:

a) I limiti considerati per classificare un’area come contaminata dipendono dalla

destinazione d’uso prevista per quell’area. Ciò si concretizza nell’assunzione, per

il   solo   Sub   distretto   3,   dei   limiti   fissati   dalla   normativa   per   uso




                                                                                      35
Commerciale/industriale (colonna B, DM 471/99) e - per tutto il resto dell’area -

del limite per uso Residenziale/verde pubblico (colonna A, DM 471/99).

b) I parametri considerati nella valutazione della contaminazione dei terreni

sono: − Idrocarburi totali, intesi come somma di Idrocarburi C<12 e C>12. Le

concentrazioni rilevate sono state confrontate con il valore 1000 mg/kg per il Sub

distretto 3 e con il valore di 60 mg/kg per il resto dell’area. − BTEX − IPA −

Metalli pesanti.    Anche in questo caso sono stati assunti i limiti presenti in

normativa in funzione delle diverse destinazioni d’uso previste per i vari sub

distretti. (pag.60-61 variante)

Sub b) si osserva: la tabella 1 del D.M. 471/99 per siti ad uso verde-residenziale

fissa le concentrazioni limite degli idrocarburi leggeri e pesanti rispettivamente a 10

e 50 mg/kg, per quelli ad uso commerciale a 250 e 750 mg/kg. Attenendosi al

criterio del proponente dovremmo, paradossalmente, considerare non inquinato un

terreno residenziale che, per esempio, ha una concentrazione di C<12 pari a 30

mg/kg ed una concentrazione di C>12 di 28 mg/kg, perché addizionando tali valori

non è raggiunta la concentrazione di 60 mg/kg. La somma di idrocarburi C<12 e

C>12 deroga a quanto previsto dalla normativa che, non a caso, differenzia le

concentrazioni limite accettabili per le due classi di idrocarburi.

Sub a) Il sub distretto 3, per quanto sopra detto, conterrà concentrazioni di

idrocarburi e di piombo poco inferiori a 1000 mg/kg. Non solo il valore degli

idrocarburi è, come detto, erroneamente parametrato, ma neppure sono stati

analizzati i rischi di una migrazione degli inquinanti nei sub distretti adiacenti al

n.3, che sono destinati all’uso verde-residenziale. Ne discende, quasi certamente,




                                                                                   36
l’impossibilità di mantenere la concentrazione degli inquinanti entro i limiti dettati

per la specifica destinazione d’uso di tali sub distretti.

I risultati dell’analisi di rischio avrebbero comportato limitazioni temporanee o

permanenti all’utilizzo dell’area bonificata, ovvero particolari modalità per

l’utilizzo della stessa, creando “imbarazzo” con i beneficiari delle concessioni

edilizie. Per le dette ragioni si ritiene illegittimo il parere della Conferenza dei

Servizi 15/2/2005 che ritiene svincolabile parte del sub distretto 3, per l’area

definita sub 3/1. Tale illegittimità si riflette sulla certificazione di avvenuta bonifica

da parte della Provincia che attesti la conformità degli interventi di bonifica alla

destinazione d’uso prevista, utilizzando i parametri errati che sono stati adottati nel

progetto di variante per la valutazione della contaminazione dei terreni.

6) Violazione dell’art.32 Cost., dell’art.2 del D.L.vo 22/97 in relazione alla

violazione e falsa applicazione dell’art.5 del D.L.vo 22/97, dell’art.4, comma 4°,

dell’allegato 3 (Criteri generali per gli interventi di messa in sicurezza, bonifica

e ripristino ambientale, per le misure di sicurezza e messa in sicurezza

permanente), dell’allegato 4 (Progetto preliminare II.3- Analisi delle possibili

tecnologie adottabili) del D.M. 471/99. Eccesso di potere per difetto di

istruttoria, per travisamento dei fatti, per mancanza dei presupposti.

Irrazionalità manifesta della motivazione.

Il cardine, su cui s’incentra la normativa introdotta dal decreto Ronchi in attuazione

delle direttive comunitarie, è il concetto di “gestione dei rifiuti”. Il precipuo

obbiettivo della disciplina è regolamentare lo smaltimento ed il recupero degli

stessi, privilegiando, nei limiti del possibile, il recupero.




                                                                                      37
Nel contempo la normativa sulla “gestione dei rifiuti”, che comprende tutte le

attività dalla raccolta al recupero/smaltimento, fissa, come suggerisce il termine

“gestione”, il principio della necessità di mantenere il controllo sulle sostanze

inquinanti, minimizzandone gli effetti dannosi, dall’inizio alla fine delle operazioni

di gestione. Poiché le leggi della fisica escludono che si possa eliminare una

sostanza, ma solo trasformarla o cambiarle stato, l’intento del legislatore è quello

d’imporre procedimenti che, avvalendosi delle migliori tecnologie disponibili,

mutino le sostanze tossico-nocive in composti bio-compatibili, ovvero riducano la

dannosità e la quantità degli inquinanti grazie al cambiamento dello stato in cui si

presentano originariamente; coerentemente, la gestione dei rifiuti prosegue

nell’immobilizzazione dei residui del trattamento, che si presumono estremamente

ridotti. La dispersione nell’ambiente degli inquinanti residui, solidi, liquidi, gassosi

che siano, è un criterio estremo, residuale, quando non è possibile “catturare”,

circoscrivere, i resti inquinanti al termine delle operazioni di smaltimento.

La finalità della legge vuole assicurare che le attività di recupero o smaltimento

siano condotte senza pericolo per la salute dell’uomo e senza pregiudizio per

l’ambiente (art.2 D.L.vo 22/97). Se infatti il comma 2° dell’art. 5 del D.L.vo 22/97

richiede che“ i rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più

possibile ridotti potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, riciclaggio e di

recupero”, il comma 3° del medesimo articolo fissa le condizioni in cui deve

realizzarsi l’ipotesi subordinata dello smaltimento “a perdere” nell’ambiente: “Lo

smaltimento è attuato con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti

di smaltimento, che tenga conto delle tecnologie più perfezionate a disposizione,

che non comportino costi eccessivi, al fine di b) permettere lo smaltimento dei



                                                                                      38
rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini, al fine di ridurre i movimenti dei

rifiuti stessi; c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto

grado di protezione dell’ambiente e della salute pubblica”. Secondo quanto

previsto dall’allegato 3, lettera d del D.M. 471/99, il trattamento dei rifiuti presso

impianti esterni (off site) può, inoltre, essere complementare al recupero e riutilizzo

del suolo nel sito stesso o in luoghi che presentino caratteristiche ambientali

adeguate. Appare, dunque, chiarito il principio fissato dall’art.4, comma 4° del

D.M. 471/99, che indirizza la scelta delle diverse tecnologie:”Gli interventi di

bonifica e ripristino ambientale di un sito inquinato devono privilegiare il ricorso a

tecniche che favoriscano la riduzione della movimentazione, il trattamento nel sito

ed il riutilizzo del suolo, del sottosuolo e dei materiali di riporto sottoposti a

bonifica”. Nella sezione “Bonifica e ripristino ambientale; messa in sicurezza

permanente” dell’allegato 3 del citato decreto ministeriale, si precisa che gli

interventi in situ sono effettuati senza movimentazione o rimozione del suolo

inquinato e pertanto di minimo impatto ambientale; gli interventi on site

presuppongono movimentazione del terreno, finalizzata al trattamento ed al

recupero del suolo bonificato nel sito stesso; i trattamenti off site, come sopra

accennato, implicano movimentazione dei suoli, trasporto ed eventuale recupero.

Nel documento prodotto (doc. 18)”Tecnologie Innovative e procedure operative

per la bonifica di suoli contaminati” sono esaminate molte tecniche di bonifica dei

suoli tali da consentire, con la possibilità di ricorso congiunto a diversi trattamenti,

la realizzazione del risanamento ambientale del sito inquinato in modo

assolutamente conforme alla legge.




                                                                                    39
Le   tecniche, adottate per le operazioni di bonifica già effettuate, sono state

applicate malamente e le scelte di quelle previste dal progetto di variante di bonifica

dell’area ex IP, sono illogiche ed irrazionali. Come accennato in narrativa, la

movimentazione del terreno ed il Landfarming (on site) non sono stati preceduti da

trattamenti del terreno atti ad abbattere le concentrazioni di idrocarburi volatili e

non (quali per es. Soil Vapor Exctraction –in situ- pag.10, Air Sparging –in situ-

pag.11, Bioventing –in situ- pag.16, Biosparing –in situ- pag.18, elencati nel

doc.18). Illuminanti sono le considerazioni svolte a pag. 21 del medesimo

documento:”L'inquinamento dei suoli rappresenta uno dei problemi principali che

contribuiscono al degrado ambientale. Gli interventi di risanamento ambientale

che si eseguono al giorno d'oggi vengono attuati attraverso molteplici tecnologie.

La più diffusa rimane ancora il conferimento in discarica che, allo stesso modo

dell'incenerimento, è non solo un approccio molto costoso ma comporta anche un

ingente impatto ambientale. Più interessanti sono invece le tecnologie di

risanamento,    distinte in fisiche, chimiche e biologiche, le quali prevedono la

rimozione dell'agente inquinante con la conseguente riutilizzazione del suolo. E'

importante la distinzione fra le tecniche di intervento ex situ, in cui il suolo viene

scavato e portato ad un impianto di trattamento, e tecniche on site, in cui

s’interviene direttamente sul posto di origine.    Sono particolarmente interessanti

le tecnologie di tipo biologico soprattutto per quel che concerne la modalità in situ

poiché permette di eliminare la sostanza inquinante a costi contenuti. La rimozione

del contaminante tramite una tecnologia di tipo biologico può essere effettuata sia

utilizzando piante (phytoremediation) sia utilizzando microrganismi tra cui funghi e

in prevalenza batteri, autoctoni o alloctoni (bioremediation)”.



                                                                                   40
Anche l’Avv.Toscano, per Grifil, nelle note allegate al verbale della Conferenza dei

Servizi 15/2/2005, lamenta l’omesso utilizzo di acceleratori dei processi enzimatici

durante il landfarming, nonché, aggiungiamo di ossigeno (biosparing) che

avrebbero accorciato i tempi di esecuzione del ciclo. Evidenzia, sempre

l’avv.Toscano, “che fino ad ora l’attività di bonifica è progredita utilizzando in

modo esclusivo le capacità recettizie delle piazzole di stoccaggio per terreni

inquinati, che sono tuttavia esaurite da tempo. Il materiale accumulato non è stato

portato in discarica come previsto nel progetto originario..”. Inutile è insistere, in

questa sede, sui danni già provocati ai residenti delle zone limitrofe da tale

omissione, dai ritardi nel predisporre idonea bagnatura in fase di raccolta e

movimentazione e nel sistemare idonea copertura dei terreni stoccati.

L’impugnazione dei provvedimenti contrastati è tesa ad “evitare ogni rischio

aggiuntivo a quello esistente di inquinamento dell’aria, delle acque sotterranee e

superficiali, del suolo e sottosuolo, nonché ogni inconveniente derivante da

rumori ed odori; evitare i rischi igienico sanitari per la popolazione durante lo

svolgimento degli interventi”(lettere n, o, sezione I, allegato 3 del D.M.471/99),

nella speranza che la bonifica sia proseguita e terminata a norma di legge.

La considerazione espressa nel merito degli aspetti tecnici dalla Conferenza dei

Servizi 15/2/2005, in sede deliberante, dovrebbe, teoricamente, motivare, “reggere”

la legittimità e la coerenza delle scelte della P.A.; invero, leggiamo le seguenti

lapidarie parole: “sussiste l’indirizzo generale, derivante da norme comunitarie,

secondo il quale è prioritario il ricorso di tecniche in situ o comunque che

consentono    il   recupero    del   materiale,   rispetto   alla   smaltimento     in

discarica”(pag.3). Sennonché, tecniche in situ non sono ancora state adottate, come



                                                                                  41
lamentato dall’Avv. Toscani, o progettate, e tra quelle che consentono il recupero

del materiale, rientra anche il trattamento off site. Non si vuole, comunque,

significare che le soluzioni tecniche del progetto di bonifica 2002, landfarming ed

asporto in discarica, siano una panacea per l’area ex IP, ma che le tecnologie

introdotte dalla variante sono molto pericolose per l’uomo e l’ambiente, soprattutto

il desorbimento termico. Le due tecniche “integrative”, on site, desorbimento

termico e soilwashing, comportano un’imponente movimentazione di terreno

inquinato (carichi, trasporti, vagliature) in prossimità di non poche abitazioni e

molto vicino al centro città, non solo, il desorbimento termico peggiora, anche

nell’ipotesi di perfetto funzionamento dell’impianto, la qualità sia dell’aria che del

suolo, per ricaduta. Il progetto di variante è, con tutta evidenza, assolutamente

confliggente con il criterio informatore della normativa sulla gestione dei rifiuti che

vuole assicurare, prioritariamente, la tutela della salute e dell’ambiente.

Al paragrafo 8 (pag. 74 e seguenti) dello screening sono esaminati le componenti ed

i fattori ambientali interessati dal progetto. Di essi, in parte si è già detto al punto 2,

4 e si dirà al successivo punto 7 del presente ricorso; tuttavia, si precisa altresì che

nell’identificazione dei punti di attenzione si è trascurato di approfondire: il punto

A.3 –componente aria- e ciò in considerazione del fatto che La Spezia è sita in una

conca, abbracciata dall’Appennino che impedisce la dispersione degli inquinanti

aereformi e delle polveri. La città è un fiordo del Mediterraneo. Durante il giorno, il

vento di mare da ovest, sud ovest spinge gli inquinanti verso est, nord est; di notte,

la brezza di terra fa compiere loro il tragitto inverso; i punti: C2, C4, C7, C9, C10,

C12 –componente acque superficiali-; E7 –componente suolo-; da G1 a G3 –

componente vegetazione flora- poiché la zona collinare. recettore del lato nord,



                                                                                       42
nord-ovest delle emissioni del camino, presenta una vegetazione, di macchia e di

bosco, tipica della collina e dell’Appennino Ligure; H1 e H4 –componente fauna-

per la ragione precedente.

Individuati i punti di attenzione, lo screening passa alla valutazione degli impatti

attesi (pag.108), di cui si contesta, in toto, l’attendibilità. In sintesi, il documento

considera poco significativo, in assenza di criticità, benchè relativo ad elementi

vulnerabili, l’impatto ambientale del desorbimento termico su vegetazione,

coltivazioni, scuole, nuclei residenziali, e sull’ospedale civico, i cui edifici a monte

distano circa 200 m, in linea d’aria, dal sito che ospiterà i nuovi impianti; le

emissioni del camino conterranno anche diossine, sebbene non sia possibile

stabilirne la concentrazione per i motivi esposti sub 4, oltre che metalli pesanti,

monossido di carbonio ecc.. Si puntualizza che la temperatura di esercizio della

prima fase di trattamento dei terreni nel desorbitore è di 150-300°C, ideale per la

formazione di diossine; la fase successiva di trattamento di post-combustione

raggiunge una temperatura di 800-850° C (doc. 28, screening, pag.21), insufficiente

per l’eliminazione di diossine e furani per il cui effettivo smaltimento si richiedono

temperature superiori: 1100-1200°C.. A fronte del rischio ineliminabile di tale

grave pericolo per la salute, il principio, cui attenersi nel modo più rigoroso, è

quello della prevenzione.

Al danno ambientale provocato dalle emissioni del camino, la cui concreta

pericolosità potrà essere quantificata solo successivamente al funzionamento del

desorbitore, si aggiunge l’inidoneità di detto impianto a bonificare terreni inquinati

da metalli pesanti (pag. 9 e 32 del Progetto esecutivo, doc. 30) e l’elevato costo del

suo utilizzo.



                                                                                    43
E’ mancata, completamente, la dettagliata analisi comparativa delle diverse

tecnologie di bonifica applicabili al sito, in considerazione delle specifiche

caratteristiche dell’area.

“L’analisi delle tecnologie deve essere basata su una esaustiva rassegna delle

soluzioni adottate in casi simili sia a livello nazionale che internazionale per

definire in che modo possano essere rispettati i criteri stabiliti nell’allegato 3.

Questa sezione, non si configura come una rassegna della letteratura nazionale ed

internazionale, ma deve permettere di stabilire l’efficacia delle diverse tecnologie

applicate nelle condizioni specifiche del sito, in particolare termini di

caratteristiche    ambientali,     geologiche,     idrogeologiche,     urbanistiche    e

territtoriali”(allegato 4, sezione II.3)

Ne consegue la violazione di tutte le norme rubricate.



7) Violazione dell’art.32 Cost., dell’art.2 del D.L.vo 22/97 in relazione alla

violazione e falsa applicazione dell’art.28 comma 1° del D.L.vo 22/1997,

dell’allegato 3 lettera m, dell’allegato 4 II.3, penultimo comma del D.M. 471/99,

dell’allegato 1 del D.M. 124/2000. Eccesso di potere per difetto di istruttoria,

dei presupposti. Sviamento.

In forza dell’art.28 del D.L.vo 22/97, l’esercizio delle operazioni di smaltimento e

di recupero dei rifiuti è autorizzato dalla regione competente per territorio…

L’autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire

l’attuazione dei principi di cui all’art.2, ed in particolare:

    a) i tipi ed i quantitativi dei rifiuti da smaltire o da recuperare;




                                                                                      44
b) i requisiti tecnici, con particolare riferimento alla compatibilità del sito,

        alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti, ed

        alla conformità dell’impianto al progetto approvato;

     c) le precauzioni da prendere in materia di sicurezza ed igiene ambientale;

     d) il luogo di smaltimento;

I) Secondo le valutazioni contenute nel progetto di variante “circa 248.000 mc (in

banco) di terreno eccedono i limiti normativi di riferimento. L’attività di

escavazione dei terreni contaminati permetterà di definire con maggiore precisione

il   quantitativo dei terreni contaminati da sottoporre a trattamento; qualora

dovesse venire riscontrata una significativa variazione dei quantitativi di terreno

da trattare, si procederà in corso d’opera ad una ottimizzazione delle modalità di

conduzione degli interventi proposti in relazione alle nuove esigenze, in modo da

minimizzare    un’eventuale    variazione   dei   tempi   di      bonifica   ad   oggi

prevedibili”.(pag.68)

Nella relazione istruttoria del documento di screening, allegata alla delibera della

Giunta Regionale, il quantitativo totale è stimato in circa 496.000 tonnellate, nel

documento di screening la quantità totale, da avviare ai diversi trattamenti, è stimata

tra le 350.000 e le 590.000 ton. (pag.24); durante la Conferenza dei Servizi 7/7/04,

prosecuzione della Conferenza 29/6/04 si dava atto dell’autorizzazione all’ulteriore

stoccaggio di 60.000 mc ed era richiesto lo stoccaggio di altri 10.000 mc, approvato

con Determinazione Dirigenziale n.47 del 21/9/2004 (doc.29); durante la

Conferenza 7/7/04, Eni faceva, altresì, presente che “qualora venisse meno

l’esigenza di accelerazione di bonifica nel sub distretto 3, non c’è più l’esigenza

immediata di avere ulteriori 40.000 mc di stoccaggi di terreni inquinati”. La



                                                                                   45
scrivente non è a conoscenza se poi sia venuta meno l’esigenza di accelerazione di

bonifica nel sub distretto 3.

E’ lecito, altresì, domandarsi dove e come saranno smaltiti i rifiuti dei terreni

inquinati dell’area demaniale e della cui contaminazione si dà atto nella Conferenza

dei Servizi 15/2/2005 (pag.3).

In questa Conferenza era espresso un generico parere favorevole all’autorizzazione

di tutti gli impianti e operazioni di gestione dei rifiuti derivanti dalla bonifica,

effettuate all’interno dell’area e trattamento dei rifiuti nella stessa prodotti, nonché

per le emissioni in atmosfera…

    Neppure il Comune, nella determinazione dirigenziale n.17 del 20/4/2005 che

    approva la variante al progetto di bonifica, individua, pur nel difetto di

       competenza, le condizioni necessarie all’autorizzazione degli impianti e delle

       operazioni di smaltimento e recupero; sub 1) d, il documento ripete lo stesso

       laconico ed illegittimo, tanto più in considerazione della pericolosità dei rifiuti

       gestiti, assenso espresso nella Conferenza dei Servizi 15/2/2005.

       Stravolgendo l’iter procedurale, il Comune, nel capo relativo alle prescrizioni

    richiede –punto 2)

  i.      - “che venga prodotto un piano dettagliato, che definisca le tipologie ed i

          quantitativi delle terre che s’intendono avviare ai vari trattamenti sulla base

          delle concentrazioni rilevate del parametro idrocarburi C<12, nonché le

          relative modalità gestionali;

 ii.      Dovranno essere previsti e messi in opera opportuni sistemi di contenimento

          delle sostanze volatili provenienti dal terreno in trattamento;




                                                                                      46
iii.   Dovrà essere effettuato il monitoraggio dell’area in prossimità dell’area di

        trattamento;

 iv.    Dovranno essere fornite e messe in atto procedure che consentano in caso

        di sviluppo di odori di intervenire in modo da eliminare il problema;

  v.    Dovrà essere fornita con anticipo al Comune l’informazione relativa agli

        impianti di Soil washing, Enisolvex e Desorbimento termico che saranno

        effettivamente utilizzati per la bonifica, allo scopo di consentire al Comune

        verifiche sul loro stato di manutenzione ed efficienza, nonché dovrà essere

        fornita informazione sull’idoneità tecnica dei soggetti preposti alla loro

        gestione”.

All’incertezza sul quantitativo di terreno effettivamente inquinato, come esposto

sopra ed al punto 5 del presente ricorso, si aggiunge, conseguentemente,

l’indeterminatezza delle quantità di terreno da sottoporre ai diversi trattamenti. Tale

illegittima genericità del provvedimento di approvazione del progetto di variante

consegue ai vizi rubricati nei punti 4, 5, 6, di cui sopra, ma è funzionale al rispetto

della tempistica di completamento della bonifica, consentendo un largo margine di

flessibilità nella gestione dei terreni contaminati:

“La bonifica dei suoli sarà pertanto strutturata mediante l'impiego combinato delle

diverse tecnologie, con selezione dei volumi da destinarsi all’una o all’altra, in

funzione delle    potenzialità e dimensionamento dei singoli impianti on site”.

(pag.67 progetto variante, a pag. 22-23 screening, si fa riferimento, anche, alla

qualità dei suoli per individuare il trattamento ideale).

Nelle premesse dell’impugnata Determinazione Dirigenziale n.17 del 20/4/2005, si

legge che il Comune era ancora in attesa di conoscere da Eni, dietro richiesta



                                                                                   47
comunicata con nota n.13441 del 18/2/2005 e seguita da un primo riscontro in data

24/2/2005,“le modalità con cui la stessa intende aderire all’invito contenuto nel

verbale della conferenza di accedere con maggior incisività alla tecnologia di

asporto e smaltimento dei rifiuti maggiormente inquinati, per accelerare le

operazioni di bonifica”.

II) La violazione all’art.28 comma 1° del decreto Ronchi è reiterata dall’errata

individuazione dei requisiti tecnici delle attrezzature che saranno effettivamente

utilizzate.

Non è, infatti, acquisito al procedimento che le caratteristiche tecniche degli

impianti, descritte nei progetti e documenti prodotti da Eni e Foster Wheeler,

completeranno, realmente, gli impianti che saranno installati nell’area. A questa

lacuna, annoverabile tra le carenze del progetto preliminare, si aggiunge la mancata

previsione di quanto prescritto dall’allegato 4, II, punto 3, penultimo comma, :”La

rassegna delle tecniche di bonifica/messa in sicurezza permanente adottabili nel

caso specifico deve essere corredata da una analisi dei costi degli interventi,

comprensiva dei costi delle misure di sicurezza e dei controlli da adottare durante

gli interventi di bonifica, che permetta di valutare la fattibilità economica dei

diversi interventi”.

Attenendosi allo spirito della legge, l’analisi dei costi ha ad oggetto non solo le

diverse tecnologie adottabili e di cui si è detto al punto precedente; al fine di

garantire l’aggiudicazione dei lavori ad imprese che assicurino le prestazioni

descritte in progetto, sarebbe stata necessaria una preliminare disamina dei costi

preventivati, a parità di specifiche tecniche, per la stessa tecnologia di trattamento

adottabile.



                                                                                  48
Per l’impianto di soilwashing + estrazione con solvente leggiamo a pag. 27 del

progetto esecutivo che l’impianto sarà realizzato e gestito dalla Società Ecotec di

Roma, che detiene con        EniTecnologie il brevetto Enisolvex. Alla data di

approvazione del progetto di variante i lavori non erano stati ancora aggiudicati. Ciò

è comprensibile, a condizione che la successiva scelta dell’appaltatore cada

effettivamente su un’impresa che gestisce impianti rispondenti alle descrizioni di

progetto, evitando di privilegiare il criterio dell’economicità in fase di

aggiudicazione dei lavori.

L’esatta definizione delle prestazioni tecniche-operative è fondamentale non solo

per il pericolo di emissioni dannose dal camino del desorbitore ma anche in

relazione all’enorme quantità di acqua utilizzata nel processo di soilwashing +

solvente (pag.11 e seguenti dello screening). L’acqua, adeguatamente “chiarificata”

e depurata dai fanghi, sì da “essere idonea alla vita dei pesci ciprinidi, tab.1/B,

D.L.vo 152/99”(pag. 72 dello screening) dovrebbe essere immessa nel già

contaminato torrente Cappelletto e, per ivi, nel sempre più plumbeo mare del Golfo

dei Poeti.

L’allegato 3 del D.M. 471/99 specifica che gli interventi di messa in sicurezza

d’emergenza, bonifica e ripristino ambientale, le misure di sicurezza e gli interventi

di messa in sicurezza permanente devono essere condotti secondo criteri generali ivi

indicati; alla lettera m) leggiamo:”sottoporre le tecnologie proposte a test di

laboratorio o a verifiche con impianti pilota che permettano di valutarne l’efficacia

nelle condizioni geologiche e ambientali del sito”.

Il test pilota non è stato eseguito per l’impianto di desorbimento termico, ma solo

previsto a pag.74 del progetto di variante. Le informazioni integrative presentate da



                                                                                  49
Foster Wheeler riguardano l’esperienza di utilizzo del desorbitore nell’area dell’ex

raffineria di Rho. Per le ragioni elencate tale documento integrativo è doppiamente

inconferente. Ulteriore motivo di doglianza è la mancanza dell’analisi dei rischi su

detto impianto, non essendo garanzia sufficiente il sistema di blocco in caso di

malfunzionamento; l’analisi dei rischi ha ad oggetto proprio il sistema di blocco ed

è calcolata in base al rateo di guasto dei componenti del sistema di controllo e di

arresto del sistema.

In difetto di un’analitica ed approfondita elaborazione progettuale, la bonifica

dell’area ex IP è, in buona sostanza, affidata alla versatilità operativa degli impianti

ed alla capacità d’improvvisazione del personale addetto. Siamo ben oltre i naturali

limiti di “flessibilità della gestione” nelle operazioni di trattamento dei terreni

contaminati dell’Antoniana.

III) Quanto alla rubricata violazione delle prescrizioni contenute nell’allegato 1 del

DM 124/2000 –Regolamento recante i valori limite di emissione e le norme

tecniche riguardanti le caratteristiche e le condizioni di esercizio degli impianti

d’incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti pericolosi- richiamato dall’art. 28,

comma 1°, lettera f del decreto Ronchi, si evidenzia che la Determinazione

Dirigenziale n.17 del 20/4/05 prescrive sub 2 d) ii:”monitoraggio continuo dei

parametri progettualmente previsti (registrazione in continuo delle emissioni a

camino per i parametri: COT e CO ed analisi semestrale della concentrazione di

Benzene e NOx, pag.116 –Variante-)…e monitoraggio semestrale con rispetto dei

limiti del D.M. 124/2000 per i seguenti parametri: CO; Polveri totali; COT; ossidi

di zolfo e di azoto;metalli pesanti (Cd;Hg;Sb;As;Pb; Cr;Cu;Ni;); IPA e PCDD e

PCDF, questi ultimi due con frequenza annuale: Il previsto tavolo tecnico degli enti



                                                                                    50
Ricorso tar 2005 bonifica ex area ip
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  • 1. ECC.MO TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA LIGURIA RICORSO del Comitato “La Salamandra” per la protezione dell’ambiente a La Spezia, con sede a La Spezia, V.le San Bartolomeo n. 103, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, Sig. Davide Rapallini, rappresentato e difeso, unitamente e disgiuntamente, dall’Avv. Francesca Beconcini e dall’Avv. Giancarlo Moizo, domiciliato in Genova nello studio di Via Rivale 2/6, presso la persona dell’Avv. Giancarlo Moizo, in forza di delega posta in calce al presente atto, contro - Comune della Spezia, in persona del Sindaco in carica - Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta Regionale - Provincia della Spezia, in persona del Presidente della Giunta Provinciale - Agenzia Regionale Protezione Ambiente Ligure, A.R.P.A.L.in persona del legale rappresentante pro tempore - Azienda Sanitaria Locale, in persona del legale rappresentante pro tempore - Conferenza dei Servizi, in persona del legale rappresentante pro tempore e nei confronti di - Ente Nazionale Idrocarburi, E.N.I., in persona del legale rappresentante pro tempore - Grifil s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore - Sviluppo Immobiliare s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore - Foster Wheeler Italiana s.p.a., in persona del legale rappresentate pro tempore per l’annullamento previa sospensione 1
  • 2. della Determinazione Dirigenziale n. 17 del 20 aprile 2005 avente ad oggetto “Approvazione modifica progettuale del progetto di bonifica area ex IP porzione Grifil presentata da ENI spa e autorizzazione ai relativi lavori” e per l’annullamento, previa sospensione di tutti gli atti presupposti, preparatori, inerenti e/o comunque connessi, ed in particolare: - degli atti della Conferenza dei Servizi Deliberante del 15 febbraio 2005 per la parte relativa alla modifica progettuale della bonifica area ex IP, porzione Grifil, presentata da ENI s.p.a. e relativamente al parere favorevole allo svincolo parziale delle aree del sub distretto 3, individuate sub 3/1 - degli atti della Conferenza dei Servizi in sede istruttoria del 7/7/2004 - degli atti della Conferenza dei Servizi in sede istruttoria del 29/06/2004 - del parere della Regione, settore Valutazione di Impatto Ambientale, del 14/2/2005 - della deliberazione della Giunta Regionale del 17/12/2004, atto di verifica screening ex L.R. 38/98 - degli atti della Conferenza dei Servizi in sede istruttoria del 17/9/2004 - del parere della Regione, settore Valutazione di Impatto Ambientale, del 16/9/2004 - del parere della Regione, settore Valutazione di Impatto Ambientale, del 17/6/2004 2
  • 3. PREMESSE IN FATTO Dal 1929 al 1983, a La Spezia, in località Antoniana, area centrale adiacente all’insediamento urbano (doc.1, trattasi di superficie triangolare con la base, lato più lungo che si distende in aderenza ad una via cittadina, mentre il vertice culmina su un terreno leggermente collinare), insisteva in funzionamento una raffineria di prodotti petroliferi. Attualmente, l’area è oggetto di riqualificazione urbanistica e prevede un futuro utilizzo residenziale, terziario-quaternario, nonché il passaggio della variante S.S. Aurelia. I sub distretti in corso di bonifica sono: 2,4,5,9 destinati ad uso residenziale e verde; 3 ad uso commerciale. L’area I.P. si estendeva per circa 65 ettari, la porzione acquistata dalla soc. Grifil negli anni ’90 comprende circa 60 ettari. Il problema della bonifica dell’area si presentava immediatamente dopo l’acquisto di Grifil; tuttavia, sino al 20/04/2005, data delle deliberazione dirigenziale del Comune di La Spezia, avente ad oggetto l’approvazione delle modifiche presentate da ENI e redatte dalla soc. Foster Wheeler al progetto definitivo di bonifica approvato nel 2002, il terreno è stato bonificato in minima parte. (doc.2- cronistoria procedurale), e la realizzazione di misure di sicurezza (trincee drenanti e pozzi di emungimento), atte ad evitare la percolazione di acque inquinate sino al mare, recettore finale, è iniziata vent’anni dopo la dismissione della raffineria (Nel 1992, a Rho, terminavano le attività produttive della raffineria là esistente ed iniziavano contestualmente le attività di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica del sito). 3
  • 4. Dall’anno 2000 (in cui erano approvati il piano di caratterizzazione, il progetto preliminare e l’esecutivo relativo ad opere generali, piani tutti presentati da Grifil) al gennaio 2004, il progetto e l’attuazione del piano di bonifica procedevano a “singhiozzo” a causa del susseguirsi di contenziosi giudiziari, tra il produttore dei rifiuti - ENI/AGIP- ed il detentore degli stessi- Grifil- volti all’accertamento del soggetto obbligato a procedere ai lavori di bonifica. Attualmente, pende procedimento penale per truffa promosso da Grifil contro ENI, per avere detto ente venduto a Grifil l’area in oggetto con l’assicurazione, suffragata da una nota ASL, della perfetta compatibilità dei livelli d’inquinamento con la destinazione edilizia prevista. Nel 2000, prima dell’inizio della bonifica erano state rilasciate dal Comune concessioni edilizie a Grifil (doc.3), annualmente rinnovate, la cui efficacia è subordinata all’avvenuta bonifica dei sub distretti che dovrebbero ospitare gli insediamenti commerciali e residenziali. Le concessioni davano atto che nel dicembre 1999 era pervenuta al Comune della Spezia “comunicazione dell’avvio di procedimento penale per l’ipotesi di disastro ambientale di cui all’art. 434 C.P. in relazione alla consulenza tecnica d’ufficio espletata dall’Ing. Boeri ed avente ad oggetto l’accertamento dello stato d’inquinamento delle aree della ex raffineria I.P.. la predetta comunicazione si intendeva data anche agli effetti della non utilizzabilità dell’aree interessate, ai fini edilizi-urbanistici, prima del raggiungimento dei limiti di accettabilità della relativa contaminazione, come previsto dai commi 6 e seguenti dell’art.17 del D.L.vo 22/97”. Durante i quattro anni (2000-2004) di progetti e lavori iniziati ed interrotti, il Comune diffidava Eni e Grifil affinché realizzassero la bonifica e dava avvio, ripetutamente, al procedimento per l’adozione delle misure sostitutive per il 4
  • 5. mancato avvio della bonifica, senza, peraltro, attuarlo e ciò nonostante la solvibilità dei soggetti obbligati ed inadempienti. Come sopra accennato nel 2004 la bonifica era ripresa da Eni, con riserva di rivalsa nei confronti di Grifil, in attuazione del progetto approvato con determinazione dirigenziale n.84 del 14/8/2002 (doc.4), “visto l’esito positivo dell’esame del progetto da parte della Conferenza dei servizi in data 30/7/2002” (doc. 5), senza previo assoggettamento non solo alla procedura di VIA, ma anche alla procedura di screening che costituisce comunque, pur forzando le operazioni di smaltimento previste nel suddetto progetto entro l’elenco delle opere e degli impianti di cui all’allegato B del D.P.R. 12/4/96, un obbligo procedurale ai sensi dell’art.1, c.6 e 10 dello stesso decreto. Il principio alla base della tecnica prescelta nel progetto approvato nel 2002, Landfarming -tecnica “on site”- consiste, quando correttamente applicato, nell’incentivare i naturali processi di biodegradazione in atto nei terreni, movimentandoli e fornendo, in condizioni controllate, nutrienti, umidità ed ossigeno nelle quantità ritenute ottimali per coadiuvare le attività degli organismi microbici presenti nel terreno. Il terreno contaminato dovrebbe, inoltre, essere additivato con l’aggiunta di fertilizzante biocompatibile, per fornire un adeguato supporto nutritivo alla flora batterica responsabile della biodegradazione dei prodotti idrocarburici contenuti nel terreno –bioventing-. Il progetto di bonifica 2002 autorizzava anche lo smaltimento e/o il trattamento presso impianti esterni dei terreni altamente inquinati e non trattabili con successo 5
  • 6. per mezzo della tecnologia indicata. Il terreno inquinato pareva, allora, essere pari a 178.000 metri cubi. Il progetto definitivo del 2002 faceva proprio, in ampia misura, il parere dell’Istituto Superiore della Sanità 23/4/2001 (doc.6), richiesto dal Comune per la bonifica della porzione ENI dell’area ex IP, le cui operazioni sono state già completate. Il parere I.S.S. 23/4/2001 riveste grande importanza per la comprensione delle problematiche di bonifica del sito. Ancorché il documento sottoposto all’attenzione dell’Istituto Superiore della Sanità avesse ad oggetto l’investigazione solo dell’area che ospitava “i serbatoi strategici” della raffineria, l’intera area ex I.P. presenta caratteristiche analoghe d’inquinamento “a macchia di leopardo”. Infatti vi insistevano una quarantina di serbatoi, impianti per la lavorazione, reti sotterranee di tubature che collegavano l’imponente complesso. Riprese le operazione di bonifica nel gennaio 2004, l’ENI era sollecitato dal Comune affinché accelerasse la realizzazione delle stesse in alcune porzioni dell’area, quelle cioè interessate dalla variante Aurelia e quelle del sub distretto 3, oggetto delle summenzionate concessioni edilizie (doc.2, cronistoria procedurale, pag. 4, doc. 7 -Estratto progetto di variante pag.9). Contestualmente all’incremento delle escavazioni, ENI anticipava “che sarebbero stati effettuati ulteriori sondaggi di caratterizzazione per meglio quantificare il terreno inquinato e acquisire elementi di conoscenza nella zona demaniale precedentemente non indagata”. La precedente caratterizzazione dell’area, fondata essenzialmente sulla perizia Boeri del 1999 (il documento era stato redatto sulla base di 89 campionamenti del terreno e non era rinnovato integralmente a seguito dell’entrata in vigore del D.M. 471/99) 6
  • 7. si era rivelata affatto insufficiente a conseguire gli obbiettivi di cui all’allegato 4 del citato regolamento ministeriale. La progressiva scoperta di ulteriori, notevoli quantità di terreno inquinato portavano all’approvazione delle prime due modifiche progettuali in data, rispettivamente, 21/4/04 e 14/5/04 (doc. 2- cronistoria procedurale- pag. 4) senza che fosse modificata sostanzialmente la tecnica prescelta. Dal risultato della rinnovata caratterizzazione del sito pareva che, allo stato degli scavi e del campionamento, il terreno presunto inquinato fosse di 248.000 mc e il terreno di scavo fosse pari a 310.000 mc (variante al progetto definitivo di bonifica, pag.62, doc.7). Nella Relazione Istruttoria n°265, Procedura di Screening(doc.8, pag.2) il quantitativo totale stimato di terreno eccedente i limiti normativi è pari a circa 496.000 t.. Tale valore non corrisponde a 248.000 mc., che sono invece equivalenti a circa 414.000 t., se si assume come rapporto mc/t quanto riportato nel Progetto di variante, per esempio a pag.112. Forse nella Relazione istruttoria della procedura di screening sono confusamente inclusi altri 100.000 mc, menzionati nella Conferenza dei Servizi 7/7/2004. Ebbene, per fronteggiare quest’insospettata estensione dell’inquinamento e poter disporre delle superfici oggetto delle concessioni edilizie citate erano proposti, nel maggio 2004, i trattamenti on site di Desorbimento Termico (La tecnologia separa fisicamente la contaminazione organica dal suolo. Il suolo è riscaldato in una camera in cui l’umidità e i contaminanti organici vengono vaporizzati. Il vapor d’acqua e i contaminanti organici sono trasferiti a un sistema di trattamento delle emissioni gassose. L’obbiettivo della progettazione è quello di far volatilizzare la contaminazione, senza operare un ossidazione – del terreno- pag.18 doc.28- 7
  • 8. screening) e Soil washing (lavaggio con acqua) + estrazione con solvente. Nella Conferenza dei Servizi 29/6/04 per esame modifiche progettuali al progetto di bonifica area Grifil, il dr Biso funzionario comunale dell’uff. ambiente, condividendo le preoccupazioni dei comitati ambientalisti (doc.9-10), faceva presente le problematiche relative all’accettabilità sociale degli impianti tecnologici previsti, specie il desorbitore termico. Invitava, quindi, nell’ambito della predisposizione delle specifiche progettuali integrative, a valutare la possibilità di altri sistemi di trattamento della corrente gassosa, rispetto alla ossidazione, quali per esempio la condensazione della corrente gassosa ed il trattamento conseguente delle acque derivanti. In tale sede, data lettura della decisione della Giunta Regionale, che aveva escluso all’unanimità di assoggettare a procedura di VIA il nuovo progetto (doc.11), un rappresentante ENI rilevava ”una presunta incongruità di questo parere rispetto alle norme regionali vigenti sulla VIA”. Le nuove tecniche proposte da ENI, definite integrative rispetto al landfarming ed all’asporto in discariche (doc. 7, estratti del progetto di variante, pag.100), dovrebbero, invece, smaltire rispettivamente 132.000 mc (pag.118) e 79.000 (pag. 112). Le dette quantità sono, come già si evince dalla grande incertezza sulla quantità totale di terreno inquinato, approssimative anche perché, al fine di ottimizzare il risultato della bonifica le quantità complessivamente trattate con una tecnica o con l’altra saranno decise in corso d’opera, “ENI fa peraltro presente la propria esigenza di mantenere una idonea flessibilità nella gestione, essendo necessario, per dare risposte adeguate, continuare ad utilizzare tutte le previste tecnologie di bonifica nel modo più efficace” (doc. 12, Conferenza dei Servizi 15/2/2005, pag.2, doc.7 Variante al progetto, pag.67, 68). Tuttavia, in data 3/9/04, 8
  • 9. Eni richiedeva di incrementare la quota di terreno da trattare con landfarming, realizzando una ulteriore vasca. La richiesta era approvata e recepita nella determinazione dirigenziale n°47 del 21/9/04. Pare, secondo officiose “voci di corridoio”, che la maggior parte degli inquinanti sarà trattata con il desorbitore termico. Persino la determinazione dirigenziale n.17 del 20/4/2005, avente ad oggetto Approvazione modifica progettuale del progetto di bonifica area ex IP, porzione Grifil presentata da Eni spa e autorizzazione ai relativi lavori (doc.21), nella parte relativa all’indicazione delle prescrizioni, rinvia ad un ulteriore “piano dettagliato” la quantificazione delle terre che si intendono avviare ai vari trattamenti. Contestualmente all’esame della variante al progetto, nel sito inquinato infuriavano, letteralmente, le attività di raccolta, stoccaggio, trattamento con landfarming, riprese nel gennaio 2004. Le persone residenti nelle zone adiacenti o prossime all’ambiente di lavoro lamentavano prima verbalmente, presso l’Arpal e l’Ufficio Ambiente, bruciori alla gola, agli occhi e mal di testa, poi con lettera raccomandata 14/6/04 richiedevano più incisivamente chiarimenti in merito alle esalazioni gassose (doc.13). Gli enti e le amministrazioni interrogate provvedevano tardivamente a predisporre inadeguate misure di sicurezza e di monitoraggio per verificare l’efficacia dell’azione delle prime, come previsto dal D.M. 471/1999, alleg.3 – Messa in sicurezza d’emergenza-, alleg.4 –Relazione tecnica descrittiva punto 5, D.L. 22/1997 art. 2. Non solo, in aperta contraddizione con quanto espresso nel citato parere I.S.S. 21/4/2001, i detti enti riferivano che “..Dalle prime risultanze parrebbe desumersi che si tratta per lo più di idrocarburi di componente alifatica e non aromatica e pertanto con minor rischio sanitario” (doc.14, 15). L’Istituto 9
  • 10. Superiore della Sanità aveva invece ribadito la presenza di idrocarburi policiclici aromatici, Benzene, Toluene, Etilbenzene e Xileni, ecc, raccomandando misure di cautela idonee al fine di non permettere la dispersione delle polveri e/o gas in atmosfera (irrorazione e bagnatura del terreno, ecc). - L'agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) e l'organizzazione mondiale della sanità indicano alcuni idrocarburi policiclici aromatici (IPA) come cancerogeni -. Foster Wheeler per ENI approntava delle coperture di nylon, penosamente inadatte a contenere il danno ambientale causato dalla migrazione degli idrocarburi volatili(doc.16), ma risolutivi per ottemperare alla prescrizione contenuta nella determinazioni dirigenziale di approvazione del primo progetto di bonifica -n.84 del 14/8/2002- del seguente tenore:”Dovrà essere prestata attenzione durante il rivoltamento e mobilizzazione dei terreni nelle aree di landfarming onde evitare danneggiamento dei teli” (teli doppi, al carbone attivo). L’ufficio ambiente disponeva quindi nuovi accertamenti da parte di Arpal ed il posizionamento di rilevatori di benzene (ma non di Toluene, Xileni ecc.) e un campionatore gas massa portatile, messo a disposizione da ENI (doc.15), in aggiunta alla centralina collocata nell’ambiente di lavoro. Come potrà accertare questo Ecc.mo Tribunale, detto apparecchio, insufficiente comunque a monitorare le polveri sottili su un’area così vasta, e collocato nel giugno 2004 (doc.15), a seguito delle proteste dei cittadini, è rimasto fuori servizio durante tutta l’estate, mentre avveniva la movimentazione e lo stoccaggio di centinaia di migliaia di tonnellate di terreno, in piena tempesta di polveri e gas (doc.17, dati Arpal); la circostanza era confermata dall’assessore e dal funzionario Arpal, dr.ssa Colonna, nel corso delle riunioni presso la sede della IV circoscrizione. Invero, le attività di 10
  • 11. stoccaggio e di bonifica sono state, ad oggi, condotte con scellerato autoritarismo, in massiccia violazione della normativa comunitaria e nazionale relativa alla gestione dei rifiuti ed alla VIA. Considerata la vicinanza del sito al centro abitato, sarebbe stato, forse, opportuno ed in aggiunta alla concreta adozione delle cautele suggerite dall’Istituto Superiore della Sanità, peraltro non edotto della contiguità del sito alla città e non competente ad esprimersi sul progetto, far precedere il trattamento di Soil vapor extraction (SVE - Si tratta di una tecnologia applicata in situ per la bonifica della cosiddetta zona insatura del suolo. La rimozione dell’ inquinante viene realizzata con un flusso controllato di aria mediante una serie di pozzi tenuti sotto vuoto con apposite pompe. I gas estratti vengono trattati con filtri a carbone attivo o con trappole a freddo, in certi casi con sistemi di termodistruzione. Il richiamo di aria dalla superficie favorisce anche i processi di degradazione biologica. La SVE, particolarmente adatta per rimozione della frazione volatile dell’ inquinante, puo’ essere impiegata in combinazione con altre tecnologie- doc.18, pag. 10, Tecnologie Innovative e procedure operative per la bonifica di suoli inquinati) alla movimentazione del terreno per la rimozione, dallo stesso, dei metalli pesanti e degli idrocarburi non volatili. Purtroppo, l’assunto di ENI e del Comune escludeva “per lo più” la presenza di idrocarburi volatili. Non essendo il sito, comprensibilmente, interessato da grosse opere di urbanizzazione ed essendo, invece, chiuso dalla collina nei lati ovest, nord, est, esso risulta defilato alla vista della grande maggioranza dei residenti in città, benché occupi un’area centrale. Infatti il sito inquinato dista, in linea d’aria, un centinaio di metri da una delle principali vie del centro (Via Veneto) e dall’ospedale. I comitati ambientalisti, dopo aver espresso in sedi diverse la loro preoccupazione per la 11
  • 12. complessiva gestione dei rifiuti pericolosi dell’area ex IP, affiggevano manifestini in città per sensibilizzare l’opinione pubblica (doc.19) ed infine inviavano al sindaco, all’assessore all’ambiente ed all’assessore all’urbanistica note inerenti la variante progettuale datate 14/4/2005(doc.20). Il sindaco replicava con documento 22/4/2005, allegando allo stesso la determinazione dirigenziale n.17 del 20/4/2005 avente ad oggetto l’approvazione della modifica progettuale (doc.21). DIRITTO 1) Violazione dell’art.10 c.3 del D.M. 471/99 in relazione alla violazione dell’art.13 della L. 24 novembre 2000, capo II modifiche alla legge 7 agosto 1990 n.241, e ulteriori norme in materia di conferenza dei servizi. Incompetenza. Ai sensi dell’art.10 c. 3, del D.M. 471/99, il Comune approva il progetto definitivo di bonifica, concludendo l’iter procedurale:”…Il Comune..approva il progetto definitivo..sentita una conferenza di servizi convocata ai sensi dell’art. 14 della legge 7 agosto 1990 n.241, e successive modifiche ed integrazioni, alla quale sono chiamati a partecipare gli enti locali interessati, l’Arpa competente per territorio e tutte le altre amministrazioni competenti per le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta e gli altri atti di assenso di cui al comma 10”. Il provvedimento di approvazione del progetto da parte del Comune produce gli effetti di cui al comma 10° del medesimo articolo, costituendo, altresì, variante urbanistica; la conferenza di servizi è, nel caso di specie, atto infraprocedurale in cui convergono pareri e determinazioni relative a procedimenti funzionalmente collegati. Il progetto di bonifica dell’area ex IP ha proposto l’installazione e l’utilizzo di impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti che, ai sensi dell’art.19 12
  • 13. c.1, punti d-e, ed in forza degli art. 27 e 28 del D.L.22/1997 devono essere autorizzati dalla Regione. L’art.13 (Disposizioni in materia di trasferimento di funzioni amministrative) della L 24/11/2000 recita:” 1. Nell’ambito del trasferimento di funzioni amministrative dallo Stato alle regioni e agli enti locali, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e delle successive norme di attuazione, agli enti destinatari del trasferimento, come amministrazioni procedenti, sono conferiti altresì tutti i compiti di natura consultiva, istruttoria e preparatoria connessi all’esercizio della funzione trasferita, anche nel caso di attività attribuite dalla legge ad uffici ed organi di altre amministrazioni. Tale disposizione non si applica ove si tratti di funzioni attribuite da specifiche norme di legge ad autorità preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico- artistico o alla tutela della salute; in tali casi, l’amministrazione procedente è sempre tenuta a convocare una conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni”. Alla Conferenza dei Servizi 15 febbraio 2005 in sede deliberante ed alle precedenti conferenze istruttorie del 17/9/2004, 7/7/2004 e 29/6/2004 tutte aventi ad oggetto la modifica progettuale della bonifica dell’area ex IP -Porzione Grifil- secondo il progetto presentato da Eni nel maggio 2004, non ha mai preso parte la Regione. Anche a voler ritenere che il generico consenso agli impianti “integrativi” di bonifica, espresso dalla Provincia nella Conferenza dei Servizi 15/2/2005, sia idoneo a perfezionare il più complesso iter autorizzatorio di cui all’art.27 e 28 del decreto Ronchi, l’atto resta invalido sotto il profilo della competenza. Le Conferenze dei Servizi indicate non sono state legittimamente costituite con la 13
  • 14. partecipazione della Regione che ha competenza esclusiva ad autorizzare gli impianti e le operazioni di gestione dei rifiuti. Neppure la Regione ha collaborato, altrimenti, con pareri, richieste ed autorizzazioni al complesso iter procedurale di gestione rifiuti dell’ex area IP, se non per esprimere ed adottare pareri e decisioni illegittime sull’assoggettabilità a VIA del progetto di variante. 2) Violazione dell’art.32 Cost. e dell’art.2, in relazione all’allegato D, del D.L.vo 5 febbraio 1997 n.22 (elenco dei rifiuti armonizzato al testo della Decisione 2000/532 CE che si coordina con le Decisioni 2001/118/CE del 16 gennaio 2001, 2001/119/CE del 22 gennaio 2001, 2001/573/CE del 23 luglio 2001 e con la rettifica pubblicata sulla G.U. CE L 262 del 2/10/2001). Violazione dell’art.6 commi 3 e seguenti della L. 8 luglio 1986 n.349, dell’art.1 del D.P.C.M 10 agosto 1988, n.377, dell’art.2 c.2 in relazione all’allegato 1 lettera i) della L.R. 30 dicembre 1998, n.38, ovvero violazione dell’art. 1 comma 3° in relazione all’allegato A, lettera i) del D.P.R. 12 aprile 1996, come modificato dal D.P.C.M. 3 settembre 1999, dell’art. 2 c.3 in relazione all’allegato 2, lettera u della L.R. 38/98. Falsa applicazione di legge. Eccesso di potere per travisamento dei fatti. Sviamento. Premesso che il decreto regionale per la valutazione di impatto ambientale attiene al procedimento conclusosi con l’atto di approvazione del progetto di variante e che, pertanto, rappresenta atto infraprocedurale non impugnabile autonomamente in quanto non immediatamente lesivo (Sentenza della VI sez. Cons. Stato sui ricorsi n. sui ricorsi in appello n. 10205/01, n. 10321/01, n. 11414/01) si rileva: 14
  • 15. a) Con parere 17/6/04 il Settore VIA della Regione comunicava al Comune che “l’installazione degli impianti tecnologici di Soil washing (non è menzionato il trattamento con solventi) e desorbimento termico non risultano da assoggettare alla disciplina in oggetto se detti impianti servono per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi e non sono utilizzati per più di due anni”(doc. 22). Ritenuto che i detti impianti non possono essere sussunti nella fattispecie ora citata, il dirigente del Settore VIA ometteva, comunque, di aggiungere “forse” prima delle parole:” non risultano da assoggettare”. Un“lapsus calami” . Infatti gli impianti per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi, non utilizzati per più di due anni, ricadono nell’elenco di cui all’allegato 3, lett.n, della L.R. 38/98 e non nelle ipotesi derogatorie alla disciplina di VIA di cui all’art.2 della medesima L.R.. In data 16/9/2004 l’Arpal, dimostrando scarsa conoscenza della materia, richiedeva all’Ufficio VIA della Regione “la procedibilità dell’istruttoria tecnica in assenza di avvio della procedura di screening da parte della ditta proponente l’intervento”. Si rappresentava “per completezza che trattasi di n.2 impianti non sperimentale per meno di 24 mesi”(doc.23). La Regione replicava precisando la necessità di sottoporre alla procedura di screening l’installazione dei due impianti proposti nella variante del maggio 2004 (doc.24). Con deliberazione 17/12/2004 la Giunta Regionale concludeva la procedura di verifica-screening nel senso di non assoggettare a procedura di valutazione di impatto ambientale il progetto presentato da Eni (doc.11). La premessa della P.A. è che- Le opere previste nel progetto di che trattasi rientrano nell’allegato 3, punto 11b) alinea 4 della citata legge regionale n. 38/1998 e, non ricadendo in aree naturali protette, sono sottoposte alla procedura di verifica di cui al ridetto art.10-. 15
  • 16. L’allegato 3 al punto 11b) alinea 4 prevede:”Impianti di smaltimento rifiuti speciali non pericolosi con capacità complessiva superiore a 10t/giorno, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento (operazione di cui all’allegato B, lettere D2 e da D8 a D11 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.22)”. Con lettera 14/2/2005 (doc.25), l’Uffico VIA, nella persona della Dr.ssa Minervini ribadiva la sufficienza della procedura di screening a fronte delle osservazioni formulate dai comitati ambientalisti. Nella relazione del responsabile del procedimento sulla pratica di “Modifica progettuale Area IP”- Conferenza dei servizi 15/2/2005 (doc.26) è scritto:”….Veniva fissato il termine di utilizzo degli impianti inferiore a 24 mesi, per cui la Regione si esprimeva circa la non necessità della valutazione di impatto ambientale…”. Di tale parere dell’Ufficio VIA era dato atto nella Conferenza dei Servizi 7/7/04 (doc.27). La P.A. e l’Arpal hanno cancellato “con un colpo di spugna” decenni di studi ed attività del legislatore europeo, nazionale e degli organi giurisprudenziali; in particolare, è stato completamente obliato l’elenco dei rifiuti pericolosi di cui all’allegato D del decreto Ronchi come modificato dalle decisioni della Commissione Europea. I terreni dell’area ex IP sono contaminati da rifiuti pericolosi e come tali inclusi nell’allegato D del decreto Ronchi ed ivi individuati al capitolo 05 -Rifiuti della raffinazione del petrolio, del gas naturale e trattamento pirolitico del carbone;- al capitolo 06 con il codice 06 04 05 rifiuti contenenti altri metalli pesanti; al capitolo 13- Oli esauriti e residui di combustibili liquidi-. In relazione all’allegato i (alleg. III della Direttiva 91/689/CEE) detti rifiuti presentano le seguenti caratteristiche di pericolo: Irritante, Nocivo, Tossico, Cancerogeno, Corrosivo, Teratogeno, Ecotossico . 16
  • 17. Il progetto in esame, che prevede l’installazione di un desorbitore termico e di un impianto chimico per lo smaltimento di rifiuti pericolosi, rientra nell’elenco delle operazioni di smaltimento di rifiuti di cui al punto D9 dell’allegato B –Operazioni di Smaltimento- del sopra menzionato decreto Ronchi:”Trattamento fisico-chimico non specificato altrove nel presente allegato che dia origine a composti o a miscugli eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12 (ad es. evaporazione, essiccazione, calcinazione etc.)”. Stante l’obbligatorietà dell’assoggettamento del progetto alla VIA per la pericolosità dei rifiuti, ed in assenza di una legge quadro in materia, il committente e l’autorità amministrativa avrebbero dovuto attivare il Ministero dell’Ambiente per verificare la necessità del procedimento della VIA statale ovvero regionale. Infatti, alla pregressa classificazione dei rifiuti in urbani, speciali e tossico nocivi, si sostituisce quella in urbani e speciali, che a loro volta si differenziano in pericolosi e non pericolosi. Ai sensi dell’art.1, lettera i) del D.P.C.M. 377/1988 sono sottoposti alla procedura di valutazione di cui all’art.6 della L. 349/86 (VIA statale) gli impianti di eliminazione dei rifiuti tossici e nocivi mediante incenerimento, trattamento chimico e stoccaggio a terra; in tal senso l’allegato 1 lett. i) della L.R. 38/1998. Ex art.1 c.3 in relazione all’allegato A, lettera i) del D.P.R. 12 aprile 1996, riprodotto nell’art. 2 c.3 in relazione all’allegato 2, lettera u, della L.R. 38/98 sono sottoposti a VIA regionale gli impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all'allegato B ed all'allegato C, lettere da R1 a R9 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, ad esclusione degli impianti di 17
  • 18. recupero sottoposti alle procedure semplificate di cui agli articoli 31 e 33 del medesimo decreto legislativo n. 22/1997”. Il criterio per individuare la competenza in materia di VIA nella fattispecie è offerto dall’art. 57 c.6 ter del D.L.vo 22/1997:” In attesa dell’adozione della nuova disciplina organica in materia di valutazione d’impatto ambientale la procedura dell’art.6 della legge 8 luglio 1986 n.349, continua ad applicarsi ai progetti delle opere rientranti nella categoria di cui all’art.1 lettera i) del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n.377, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 agosto 1988 n.204, relativa ai rifiuti già classificati tossico nocivi”. Il D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915 . -Attuazione delle direttive (CEE) numero 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e numero 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi- includeva all’allegato 1/a n.16 i prodotti a base di catrame derivanti da procedimenti di raffinazione e residui catramosi derivanti da operazioni di distillazione; nonché piombo, n.7, ed altri metalli pesanti che sono altresì presenti nel sito spezzino, in concentrazioni non trascurabili. b) Per quanto occorrer possa confutare la confusa allusione alla temporaneità degli impianti, di cui alla relazione del responsabile del procedimento sulla pratica di “Modifica progettuale Area IP”- Conferenza dei servizi 15/2/2005 (doc.26):”….Veniva fissato il termine di utilizzo degli impianti inferiore a 24 mesi, per cui la Regione si esprimeva circa la non necessità della valutazione di impatto ambientale…”si precisa quanto segue. In forza dell’art. 2 comma 5° L.R. 38/98 non sono sottoposti alla procedura di VIA i lavori e gli interventi che non determinano effetti sull’ambiente quali: lett.e, gli 18
  • 19. ”interventi di bonifica come definiti dalla normativa sulla gestione dei rifiuti e gli eventuali impianti utilizzati a tal fine se a carattere temporaneo”. Evidentemente, la ragione che comporta l’esclusione di determinate opere ed interventi all’assoggettamento alla procedura di VIA è l’assunto che essi non determinino effetti sull’ambiente. In tal senso la pronuncia dalla Corte di Giustizia CEE, 11agosto 1995 che non lascia margini per interpretazioni diverse:”La direttiva n.85/337/CEE trova applicazione con riferimento a tutte le domande di autorizzazione di progetti di opera pubblica o privata, presentati alle competenti autorità nazionali dopo il termine di trasposizione della direttiva anche se all’epoca la direttiva non era stata ancora effettivamente trasposta nell’ordinamento; gli articoli, 2,3 e 8 della direttiva 85/337 impongono l’obbligo chiaro e preciso alle autorità nazionali di effettuare la valutazione di impatto ambientale dei progetti di opera pubblica o privata rilevanti per l’ambiente”. Secondo la Corte Costituzionale (17 luglio 1998, n.273), il D.P.R. 12 aprile 1996, che completa l’attuazione della direttiva 85/337, non si configura come norma di dettaglio e vincolante nei particolari procedurali; le regioni e le province autonome sono tenute ad attuare gli obbiettivi del decreto nel rispetto delle previsioni degli Statuti e delle relative norme di attuazione, il che significa: “proteggere la salute e migliorare la qualità della vita umana, al fine di contribuire con un miglior ambiente alla qualità della vita..”(art.2 del D.P.R. 12/4/96). I volumi di terreno da trattare e le conseguenti emissioni inquinanti del camino di 6,5 metri, l’adiacenza del sito a zone a forte densità demografica la cui qualità ambientale è piuttosto deprimente (per lo stato dell’aria si ricorda che La Spezia ospita una centrale termoelettrica, Relazione Arpal doc.24,) rendono, ictu oculi, il 19
  • 20. progetto di variante al piano di bonifica dell’area ex IP un’iniziativa molto pericolosa per la salute. Per completezza si aggiunge quanto statuito dal T.A.R. Emilia Romagna, nella decisione n.235 del 27/4/2001, in relazione al concetto di temporaneità degli impianti ed alle caratteristiche di impianto fisso o di impianto mobile di smaltimento o di recupero di rifiuti. “Solo gli impianti mobili infatti, possono beneficiare, in ragione del tenue e soprattutto provvisorio impatto con l’ambiente circostante il sito d’installazione, del semplificato e celere regime autorizzatorio previsto dall’art. 28, 7° comma del D. Lgs. 5/2/1997 n.22, secondo il quale “Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, ad esclusione della sola riduzione volumetrica, sono autorizzati in via definitiva dalla regione ove l’interessato ha la sede legale o la società straniera proprietaria dell’impianto ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle singole campagne di attività sul territorio nazionale l’interessato, almeno sessanta giorni prima dell’installazione dell’impianto, deve comunicare alla regione nel cui territorio si trova il sito prescelto le specifiche dettagliate relative alla campagna di attività…”. Ritiene il Collegio, che nel predisporre tale semplificato regime autorizzatorio, in una materia di estrema delicatezza quale è in via generale quella ambientale e, più in particolare, il settore del trattamento dei rifiuti, il legislatore statale abbia inteso ricondurre ad esso esclusivamente quegli impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti che siano “mobili” in senso funzionale e cioè che non solo siano “facilmente amovibili” dal sito prescelto ma che si pongano anche in rapporto del tutto 20
  • 21. precario e, quindi, ben delimitato temporalmente, con il suddetto luogo e con l’ambiente circostante.” Gli impianti previsti dalla variante al progetto di bonifica sono privi di entrambi i requisiti che contraddistinguono il carattere temporaneo degli stessi non ponendosi in rapporto precario né con il sito, né con l’ambiente. Non è possibile fissare il termine di utilizzo del desorbitore termico e dell’impianto chimico per un periodo determinato poiché, ad oggi, non sono note le quantità di terreno inquinato che dovrebbero essere avviate al trattamento con l’una o con l’altra tecnica. Inoltre non possono considerarsi, propriamente, facilmente amovibili, impianti con un un ingombro di 5000 mq per il soil washing-enisolvex e di 2000 mq per il desorbitore. Neppure è ragionevole pensare che emissioni di gas e polveri (“Dal camino del desorbitore termico si hanno emissioni di benzene, toluene, etilbenzene, cilene, ecc. nonché di metalli pesanti, PCDD e PCDF” che dovrebbero essere mitigati da un sistema di abbattimento. doc.28-Screening- pag 108, punto A.8), emesse a ciclo continuo in centro città, per diversi anni, non producano effetti rilevanti sulla qualità dell’aria, sullo stato di sensibilità attuale dell’ambiente cittadino. Consumata, con spagiria politica, la derubricazione di rifiuti pericolosi in rifiuti non pericolosi, onde gestire discrezionalmente le ipotesi dell’all.3, L.R. 38/98, non stupisce, tuttavia, che le attuali condizioni di sensibilità di La Spezia e i conseguenti probabili impatti sullo stato igienico-sanitario ed ambientale, siano stati sottovalutati dal proponente e dall’Amministrazione. 21
  • 22. I risultati, registrati da Arpal nella Relazione Ambientale 2003 (doc. cit.) e da Foster Wheeler, per il periodo gennaio a settembre 2004, mostrano i valori di ciascun inquinante monitorato (doc.28, Screening- pag.48 e ss). Tali concentrazioni non sono assolutamente confortanti come vorrebbero far credere il proponente ed il Comune. Il D.M. 2/4/2002 n.60, in recepimento delle direttive 1999/30 e 2000/69 CE, pone valori limite progressivamente più bassi ai principali inquinanti atmosferici, secondo una percentuale annua costante; per le polveri fini PM10, dal gennaio 2005, la media annuale non deve superare i 40µg/m3 e tale valore limite annuale sarà progressivamente ridotto sino a raggiungere 20µg/m3 per il 2010; le concentrazioni misurate da tre postazioni indicano medie pari a 30, 38, 37 µg/m3 che sono molto vicine alla media critica. Considerazioni analoghe valgono per le concentrazioni misurate di benzene nei siti sensibili (tab. 4.10, pag. 50) il cui limite annuale pari a 10µg/m3 deve, in forza della normativa citata, essere annualmente ridotto di 1µg/m3 sino a raggiungere il limite annuale di 5µg/m3; le stesse deduzioni si applicano anche agli altri inquinanti. Per la qualità dell’aria nell’area dell’ex raffineria (pag.51) la definizione della stessa è parametrata ai valori di concentrazione in ambienti di lavoro; il paragrafo termina evidenziando che:”non esistono nella zona circostante gli impianti di trattamento temporaneo di terreni contaminati elementi dell’ambiente di elevata sensibilità al deposito di inquinanti pericolosi, quali coltivazioni ed ecosistemi di elevato pregio.” A pochi decine di metri, ed in alcuni casi a pochi metri, ci sono gli abitanti dell’Antoniana, circa centotrenta, qualche famiglia ha anche l’orto. Centocinquanta metri più a sud c’è il centro. Gli spezzini e soprattutto gli abitanti dell’Antoniana dovrebbero continuare ad assumersi anche il rischio professionale dell’esposizione, e non per otto ore al 22
  • 23. giorno, a sostanze tossico-nocive. Non solo, i risultati ottimistici del monitoraggio delle polveri fini in Antoniana sono assicurati dai fuori servizio “strategici” della centralina, come detto in narrativa. I “fuori servizio” si sono verificati anche nella successiva campagna di monitoraggio e sempre contestualmente alle fasi di maggior attività del cantiere. L’istruttoria del procedimento di VIA avrebbe consentito ai comitati ambientalisti di sollecitare il Comune affinché conducesse inchieste pubbliche ex art. art.2 ed art.9 comma 4°del D.P.R. 12/4/96 e di cui alla L.R. 38/98. La direttiva 2003/35 CE, il cui termine d’attuazione è fissato al 25 giugno 2005, si fonda sulla considerazione che “L'effettiva partecipazione del pubblico all'adozione di decisioni consente allo stesso di esprimere pareri e preoccupazioni che possono assumere rilievo per tali decisioni e che possono essere presi in considerazione da coloro che sono responsabili della loro adozione; ciò accresce la responsabilità e la trasparenza del processo decisionale e favorisce la consapevolezza del pubblico sui problemi ambientali e il sostegno alle decisioni adottate”. “….Vi è il desiderio di garantire il diritto di partecipazione del pubblico alle attività decisionali in materia ambientale, per contribuire a tutelare il diritto di vivere in un ambiente adeguato ad assicurare la salute e il benessere delle persone”. Lontana da tale sinergico rapporto tra politica e società è la realtà dell’Amministrazione spezzina, che ben si riassume nella dichiarazione resa, per un “lapsus linguae”, dall’Assessore all’Ambiente durante la riunione della IV circoscrizione 7/4/2005; l’Assessore ebbe a precisare che il procedimento di VIA sarebbe stato solo più lungo, ma non avrebbe mutato nulla nella sostanza delle decisioni prese. 23
  • 24. Invero, il procedimento di VIA avrebbe, anche, rafforzato l’obbligo prescritto dall’art.5, comma 3°, lett.c del D.L.vo 5/2/1997 n.22 che impone di smaltire i rifiuti utilizzando: ”i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell’ambiente”. Infatti lo studio d’impatto ambientale, che completa la redazioni dei progetti soggetti a VIA, deve contenere in forza del D.P.C.M. 10/8/1988 n.377, art.4. comma 4°, lett.c: ”le motivazioni tecniche della scelta progettuale e delle principali alternative prese in esame, opportunamente descritte, con particolare riferimento a: 1) le scelte di processo per gli impianti industriali, per la produzione di energia elettrica e per lo smaltimento di rifiuti”; ed ex art.6, all.c n.1e 2 del D.P.R. 12/4/96, per la VIA regionale, “la descrizione della tecnica prescelta, con riferimento alle migliori tecniche disponibili a costi non eccessivi, e delle altre tecniche previste per prevenire le emissioni degli impianti e per ridurre l'utilizzo delle risorse naturali, confrontando le tecniche prescelte con le migliori tecniche disponibili; L’ illustrazione delle principali soluzioni alternative possibili, con indicazione dei motivi principali della scelta compiuta dal committente tenendo conto dell'impatto sull'ambiente”. 3) Violazione dell’art.2 c.1 del D.P.C.M 377/1988, dell’art.7 c.1 del D.P.R. 12 aprile 1996. dell’art.15 c.4 L.R. 38/1998, dell’art.27 comma 1° del D.L.vo 22/1997 In forza degli articoli rubricati i pareri, i nulla-osta e comunque le autorizzazioni afferenti l’approvazione del progetto di variante alla bonifica dell’area ex IP e l’aggiudicazione dei relativi lavori avrebbero dovuto essere preceduti dalla procedura di VIA. L’art.15 della L.R. 38/1998 sancisce l’inefficacia di tutti gli atti 24
  • 25. rilasciati dalla Regione e dagli Enti Locali in difetto della preventiva, positiva conclusione della procedura di VIA. 4) Violazione dell’art.32 Cost., dell’art.2 del D.L.vo 5 febbraio 1997 n.22, dell’allegato 2 (Procedure di riferimento per l’analisi dei campioni) del D.M. 471/1999, in relazione alla violazione dell’allegato 4 del D.M. 25 ottobre 1999 n.471 avente ad oggetto criteri per la redazione del Piano della caratterizzazione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Sviamento. Il piano della caratterizzazione ai sensi dell’all. 4 del D.M. 471/1999 “descrive dettagliatamente il sito e tutte le attività che si sono svolte; individua le correlazioni tra le attività svolte e tipo, localizzazione ed estensione delle possibili contaminazioni; descrive le caratteristiche delle componenti ambientali sia all’interno del sito che nell’area da questo influenzata; descrive le condizioni necessarie alla protezione ambientale e alla tutela della salute pubblica; presenta un piano delle indagini per definire tipo, grado ed estensione dell’inquinamento”. La completezza raggiunta nella descrizione del sito, la precisa conoscenza della tipologia produttiva, dell’ubicazione degli impianti, di depositi, di infrastrutture sotterranee (tubature, reti di distribuzione ecc.), delle attività di carico e scarico, così come la redazione dell’ elenco dei materiali impiegati nelle diverse attività dei cicli di raffinazione o comunque utilizzate nella gestione degli impianti, sono necessari per formulare ipotesi sulla localizzazione delle possibili perdite, sversamenti e rotture e per definire, esattamente, la lista delle sostanze da 25
  • 26. analizzare. Questi elementi sono indispensabili per orientare la selezione dei punti di campionamento e di un piano di analisi. La bonifica del sito è iniziata, invece, sulla base della caratterizzazione “Boeri”del 1999, solo 89 campionamenti del terreno per una superficie così vasta (all.2, D.M. 471/99); la caratterizzazione è stata, poi, integrata a singhiozzo, finché Foster Wheeler effettuava, altri 277 campionamenti in corso d’opera, nel febbraio 2004, omettendo, tra l’altro, di effettuare prelievi dei gas interstiziali per individuare, prima della movimentazione dei terreni, la presenza di aree ad elevata concentrazione di sostanze volatili. La perizia “Boeri” avrebbe dovuto, invece, essere utilizzata e recepita nella fase iniziale del piano di caratterizzazione, cioè nella “Raccolta e sistematizzazione dei dati esistenti” che, con gli elementi sopra brevemente sintetizzati, consente di elaborare la caratterizzazione e la formulazione preliminare del modello concettuale del sito e del piano di investigazione iniziale. “Questa schematizzazione del sito è la base per la definizione degli obbiettivi di bonifica, la formulazione del progetto, la valutazione del rischio e la selezione delle eventuali misure di sicurezza permanente” (all.4 punto I.2, D.M. 471/99). Con il piano di investigazione iniziale sono definite accuratamente l’estensione e le caratteristiche dell’inquinamento, la localizzazione dei punti,…la profondità di perforazioni e prelievi. “La lista delle sostanze da analizzare e la possibile selezione di sostanze indicatrici dipende dalla completezza raggiunta nella descrizione delle attività svolte sul sito”. La violazione dei criteri dell’allegato 4 del D.M. 471/99, il ricorso a un criterio di campionamento solo statistico, benché fossero disponibili informazioni storiche ed impiantistiche per orientare una caratterizzazione adeguata, la mancata adozione della diligenza richiesta in tali 26
  • 27. delicate operazioni, hanno prodotto “a catena” effetti negativi e dannosi nella gestione della bonifica. In particolare non è stato preso in considerazione che: nelle aree di carico del greggio erano frequenti cospicui sversamenti per troppo pieno; le tubare interrate, soggette saltuariamente a rotture, hanno provocato saturazioni del terreno circostante, stante la comprensibile intempestività degli interventi di manutenzione; per cinquant’anni le decine di depositi insistenti nell’area sono stati ciclicamente ripuliti dalle incrostazioni di piombo e dalle morchie con solventi. Piombo, morchie e solventi erano quindi scaricati all’interno del sito. Ebbene, queste gravi deficienze nella fase preliminare di elaborazione del progetto hanno avuto come prima conseguenza la sottovalutazione delle quantità e dell’estensione dell’inquinamento; come, peraltro, era intuibile i terreni maggiormente inquinati sono quelli posti a valle del sito. La seconda conseguenza è l’erronea ed incompleta precisazione degli inquinanti presenti nel terreno. Si è già detto in narrativa dei gravi disagi provocati a molti cittadini dall’assunto che negava la rilevante presenza di idrocarburi aromatici e della mancata, tempestiva adozione di adeguate precauzioni in fase di movimentazione dei terreni. L’installazione del desorbitore termico rinnova le preoccupazioni del ricorrente e degli altri comitati ambientalisti non solo per le emissioni di monossido di carbonio, ossidi di zolfo e di azoto, idrocarburi aromatici, metalli pesanti, ma anche a causa della formazione di diossine e furani, in concentrazioni eccessive, nella fase di riscaldamento del terreno all’interno dell’impianto. Foster Wheeler ha svolto n. 12 verifiche analitiche su campioni prelevati nel terreno “che hanno confermato l’assenza” ( doc.28 screening, pag.90) di composti organoalogenati, da cui si sviluppano diossine. Le esperienze di trattamento di terreno inquinato da idrocarburi, condotti all’estero, - 27
  • 28. prosegue il documento di screening- confermano concentrazioni di PCDD/PCDF inferiori ai limiti previsti dalla normativa vigente. A seguito delle reiterate proteste dei comitati ambientalisti, Foster Wheeler, nel febbraio 2005, consegnava un nuovo rapporto analitico sulla (non) presenza di composti organoalogenati nel terreno. Le indagini svolte da Foster Wheeler sono affatto inidonee ad escludere il pericolo paventato per i seguenti motivi: a) Non è stata considerata la storia industriale della raffineria e quindi possibili sversamenti di sostanze organoalogenate; b) Come in uso in tutte le raffinerie negli anni passati sicuramente anche nella raffineria IP sono stati usati PCB (policlorobifenili) come liquido dielettrico nei trasformatori elettrici; le indagini avrebbero dovuto essere effettuate nei pressi delle aree che ospitavano i trasformatori; c) analogamente si sarebbe dovuto campionare il terreno limitrofo al punto in cui insisteva un catalizzatore organoclorurato che ha raffinato, per venti anni, 800 ton. di benzina al giorno; d) si sarebbe dovuto inoltre accertare se in passato erano stati usati PCB come olio termico in qualche scambiatore di calore. Si deve inoltre evidenziare che i composti organoalogenati, se presenti, sono rinvenibili superficialmente nel terreno, per cui i campioni devono essere prelevati ad una profondità minima. Dove tra le centinaia di migliaia di tonnellate di terreno stoccato sono state condotte le indagini che hanno “confermato” l’assenza di composti organoalogenati? Evidentemente è impossibile certificare l’assenza di tali sostanze in concentrazioni non dannose per l’uomo e l’ambiente; appare, quindi, chiaro che la prevenzione sia il criterio cui attenersi rigorosamente:” Le autorità competenti adottano…inizitive dirette a favorire, in via prioritaria, la prevenzione e la riduzione dei rifiuti mediante:…d) lo sviluppo di tecniche appropriate per 28
  • 29. l’eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti destinati ad essere recuperati o smaltiti” (art.3, comma 1°, lett.d, del Decreto Ronchi). 5) Violazione dell’art.32 Cost., dell’art.2 del D.L.vo 22/97 in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’art. 17 comma 6° del D.L.vo 22/1997 e degli artt. 5 e 10, dell’allegato 4 –II (Progetto preliminare, Analisi del rischio specifica), della tabella 1 del D.M. 471/99 . Eccesso di potere per difetto di istruttoria, per contraddittorietà manifesta. Sviamento. L’art.5 del D.M. 471/99, rubricato “Bonifica con misure di sicurezza e ripristino ambientale” prevede:”Qualora il progetto preliminare di cui all’art.10 dimostri che i valori di concentrazione limite accettabili di cui all’art.3, comma 1, non possono essere raggiunti nonostante l’applicazione, secondo i principi della normativa comunitaria, delle migliori tecnologie a costi sopportabili, il Comune….può autorizzare interventi di bonifica e ripristino ambientale con misure di sicurezza, che garantiscano, comunque, la tutela ambientale e sanitaria anche se i valori di concentrazione residui previsti nel sito risultino superiori a quelli stabiliti nell’allegato 1. Tali valori di concentrazione residui sono determinati in base ad una metodologia di analisi del rischio riconosciuta a livello internazionale che assicuri il soddisfacimento dei requisiti indicati nell’allegato 4. Il provvedimento che approva il progetto deve stabilire le misure di sicurezza e i piani di monitoraggio e controllo necessari ad impedire danni derivanti dall’inquinamento residuo e può fissare limitazioni temporanee o permanenti o particolari modalità per l’utilizzo dell’area… Le misure di sicurezza e le limitazioni temporanee o permanenti o le particolari modalità previste per l’utilizzo dell’area devono risultare dal certificato di 29
  • 30. destinazione urbanistica…e dalle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico generale del Comune..”. L’art.10, comma 7° precisa le condizioni per gli interventi di cui al citato art.5. Come spiegato al punto precedente, il Piano della caratterizzazione, benché integrato in momenti successivi, è stato elaborato con metodologia approssimativa. Tale errore iniziale e la fretta di terminare la bonifica hanno, inevitabilmente, inficiato la precisione e l’attendibilità delle successive fasi progettuali. Difatti, l’impossibilità di definire nel dettaglio il tipo, l’estensione ed il grado dell’inquinamento (all.4, II.1) ha portato ad un’elaborazione frettolosa del Progetto di variante, che è privo dell’esatta definizione e descrizione di tutti gli elementi richiesti dall’allegato 4, II. Scopo del lavoro, si legge nel progetto del maggio 2004 “è fornire gli elementi progettuali integrativi al progetto stesso relativamente a: - L’aggiornamento della caratterizzazione ambientale dell’area effettuata, sulla base dei dati acquisiti in Febbraio 2004; - Acquisizione di informazioni sullo stato di qualità delle matrici ambientali dell’Area Demaniale (Sub distretto 2); - L’aggiornamento del modello concettuale del sito, con aggiornamento delle quantità di terreno da sottoporre a trattamento e/o smaltimento; - Una revisione ed integrazione delle tecnologie di trattamento, recupero e smaltimento del terreno contaminato utilizzate; - Il programma temporale aggiornato di realizzazione degli interventi previsti, che include le fasi di accelerazione degli scavi nell’ambito del Sub distretto 3 e dell’area di pertinenza della Variante alla SS1 Aurelia; - La stima aggiornata dei costi previsti per gli interventi (pag.11-12). Il documento si presenta come una sintesi incompleta della fase di caratterizzazione e di quella di redazione del 30
  • 31. progetto preliminare, come descritti dall’allegato 4, II. La revisione del progetto precedente è così radicale che il documento di variante avrebbe dovuto definire, accuratamente, tutti gli elementi che costituiscono il progetto preliminare secondo la normativa tecnica menzionata: Analisi dei livelli di inquinamento, Eventuali investigazioni di dettaglio, Analisi delle tecnologie adottabili, Analisi di rischio specifica, Descrizione delle tecnologie da adottare , Verifica dell’ efficacia degli interventi proposti, Compatibilita’ ambientale interventi. La violazione, ora esaminata, riguarda l’omessa redazione dell’Analisi di rischio specifica di cui all’allegato 4, II.4), che, nell’ultimo comma puntualizza il fine di questa sezione:”..la stima dettagliata del rischio posto alla salute pubblica e all’ambiente dalle concentrazioni residue in suolo e sottosuolo proposte per gli interventi di bonifica e ripristino ambientale con misure di sicurezza…”. Nel provvedimento di approvazione del progetto di bonifica 14/8/2002, n.84 si determina che:”Dovranno essere mantenute in esercizio trincee e pozzi durante tutta la bonifica e comunque fino a quando necessario”. Il paragrafo 7.9 del Progetto di variante, (doc. pag. 124 e ss,)“ descrive l'intervento di messa in sicurezza e bonifica delle acque sotterranee, così come previsto dal Progetto Definitivo di Bonifica approvato e in accordo alle modifiche apportate”. Le caratteristiche costruttive delle quattro trincee drenanti saranno analoghe a quelle previste nel Progetto Definivo di Bonifica approvato e la cui lunghezza varia da m. 52 a 377 e la profondità da 5 a 6 m. Saranno realizzati, altresì, 6 pozzi di emungimento di acqua di falda laddove l'abbattimento della superficie freatica non può essere raggiunto con la sola trincea drenante. 31
  • 32. Lo stato qualitativo delle acque sotteranee, come rilevato dai piezometri, è preoccupante (screening, pag.56) e l’inquinamento dei suoli raggiunge i 10-12 metri. A pagina 21 del progetto di variante leggiamo: “Come definito nel progetto preliminare di bonifica- il riferimento è probabilmente al progetto preliminare approvato il 4/8/2000-, il presente progetto ha come obiettivo il conseguimento dei limiti previsti dalla normativa nazionale, costituita dall'Art. 17 del D. Lgs. n°22 del 5 febbraio 1997 (Decreto Ronchi) e dal relativo Regolamento Attuativo DM n° 471 del 25 ottobre 1999. - 3.1 Suoli- Tale Decreto definisce (Art. 4, comma 1), in relazione alla specifica destinazione d’uso del sito, due livelli di bonifica, cui corrispondono diversi limiti tabellari per le concentrazioni ammissibili degli inquinanti organici ed inorganici nel terreno, superati i quali si deve procedere ad un intervento di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale. Per ogni sostanza, tuttavia, i valori da raggiungere con gli interventi di bonifica e ripristino ambientale sono riferiti ai valori del fondo naturale (Art. 4, comma 2), nei casi in cui sia dimostrato che nell’intorno non influenzato dalla contaminazione del sito i valori di concentrazione del fondo naturale per la stessa sostanza risultano superiori a quelli indicati nell’Allegato 3. Per il sito in esame, i limiti di riferimento saranno quelli relativi ad un uso industriale e terziario del terreno per il Sub distretto 3 e quelli relativi ad un utilizzo residenziale e a verde per gli altri Sub distretti 2, 4, 5 e 9 . Si ritiene, in via preliminare, che i valori del fondo naturale di alcuni parametri (quali ad esempio piombo e rame) possano presentare valori superiori ai limiti tabellari previsti per un utilizzo residenziale dei suoli. Tale ipotesi dovrà essere confermata attraverso approfondimenti 32
  • 33. analitici, applicando le procedure previste dall’Allegato 2 del citato decreto. Qualora gli obiettivi di bonifica non possano essere raggiunti nonostante l’applicazione, secondo i principi della normativa comunitaria europea, delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili, l’autorità competente può autorizzare progetti di “bonifica con misure di sicurezza e ripristino ambientale” che garantiscano, comunque, la tutela ambientale e sanitaria. In questo caso, i valori di concentrazione residua ammissibili (obiettivi di bonifica) saranno determinati in base ad una metodologia di analisi di rischio riconosciuta a livello internazionale”. La descrizione, sopra riportata, degli obbiettivi del progetto di variante contiene asserzioni superflue, aleatorie, del tutto prive di riscontri concreti ed analisi approfondite che costituiscono il fondamento della redazione del progetto preliminare. Infatti è il progetto preliminare che deve dimostrare la raggiungibilità o la non raggiungibilità, con le migliori tecnologie di bonifica disponibili, dei valori di concentrazione limite accettabili per l’uso specifico del sito; è il progetto preliminare che, nel caso di bonifica con misure di sicurezza, deve proporre i valori di concentrazioni residui per ogni sostanza al termine degli interventi, valori che devono essere sottoposti a valutazione mediante analisi del rischio e tali, comunque, da non costituire pericolo per la salute pubblica e le diverse matrici ambientali, considerate tutte le possibilità di esposizioni attive per il sito in esame. Dunque, il progetto di variante ha come obiettivo il conseguimento dei limiti previsti dalla normativa nazionale “Come definito nel progetto preliminare di bonifica”; il progetto preliminare di bonifica del 2000 è basato sulla “Caratterizzazione Boeri” che i fatti hanno confermato essere un documento 33
  • 34. completamente inidoneo ad esaurire la prima fase della progettazione della bonifica e tale da dover essere integrata, come esplicitato negli scopi, sopra citati, del documento di variante! L’affermazione:”Si ritiene, in via preliminare, che i valori del fondo naturale di alcuni parametri (quali ad esempio piombo e rame) possano presentare valori superiori ai limiti tabellari previsti per un utilizzo residenziale dei suoli” è formulata, vanamente, per gli effetti di cui all’art.4, comma 2°, del D.M. che recita:”Per ogni sostanza i valori di concentrazione da raggiungere sono tuttavia riferiti ai valori del fondo naturale nei casi in cui, applicando le procedure di cui all’allegato 2, sia dimostrato che all’intorno non influenzato dalla contaminazione del sito i valori di concentrazione del fondo naturale per la stessa sostanza risultano superiori a quelli indicati nell’allegato 3”; allegato che richiama i limiti tabellari dell’allegato 1. Non si dubita che l’Ecc.mo Tribunale apprezzi la profonda illiceità, pari alla totale mancanza di buon senso, di questa asserzione che ha alimentato le preoccupazioni per la gestione della bonifica. Il timore del comitato ricorrente, peraltro diffusamente condiviso, è che, stante le altissime concentrazioni di piombo, presenti nel sito e causate sia dalla raffinazione del petrolio, sia dalla pulizia dei serbatoi che dagli sversamenti, la bonifica in corso produca risultati modestissimi, in aggiunta ai danni ambientali già cagionati ed a quelli che saranno causati dalle nuove tecnologie. Da pagina 30 a 34 del progetto di variante sono riepilogati i risultati delle analisi dei campioni di suolo. Per i sub distretti 2, 9 (destinazione d’uso verde e residenziale) e per il sub distretto 3 (destinaz. Commerciale) non compare il dato relativo al piombo, pare che il metallo sia addirittura inferiori ai valori del fondo naturale, il 34
  • 35. quale, in forza dell’assunto del proponente, dovrebbe invece presentare valori di concentrazione superiori al limite accettabile per l’uso residenziale, di cui alleg.1, Tabella 1 del D.M.471/99 . Per converso, nel sub distretto 4 e 5 (verde e residenziale) le concentrazioni di piombo sono decisamente elevate. Ciò è paradossale e contraddittorio con i risultati dello screening, relativi allo stato delle acque sotterranee e di cui a pag.56 del documento:”I risultati analitici confermano la presenza di uno stato di contaminazione derivante da idrocarburi di origine petrolifera e metalli pesanti diffuso soprattutto nei Sub distretti 2,3,4..” e con quanto considerato nella Conferenza dei servizi 15/2/2005, pag.3, ultima riga, e cioè che nel sub distretto 3 sono più accentuati i fenomeni d’inquinamento e le “aree calde”. Non solo, il desorbitore termico e la rimozione con solventi utilizzano tecniche adatte a volatilizzare e rimuovere solo composti inquinanti organici e non metalli pesanti (pag. 9 e 32 del Progetto esecutivo, doc.30) che dovrebbero essere trascinati via dal lavaggio con acqua, soil washing. Secondo le previsioni progettuali, detta tecnologia sarebbe applicata unicamente ai terreni da avviare al trattamento di estrazione con solventi. L’analisi del rischio per valutare le concentrazioni di inquinanti residui sarebbe stata necessaria anche alla luce dei criteri adottati dal proponente per stimare la quantità di terreno inquinato: a) I limiti considerati per classificare un’area come contaminata dipendono dalla destinazione d’uso prevista per quell’area. Ciò si concretizza nell’assunzione, per il solo Sub distretto 3, dei limiti fissati dalla normativa per uso 35
  • 36. Commerciale/industriale (colonna B, DM 471/99) e - per tutto il resto dell’area - del limite per uso Residenziale/verde pubblico (colonna A, DM 471/99). b) I parametri considerati nella valutazione della contaminazione dei terreni sono: − Idrocarburi totali, intesi come somma di Idrocarburi C<12 e C>12. Le concentrazioni rilevate sono state confrontate con il valore 1000 mg/kg per il Sub distretto 3 e con il valore di 60 mg/kg per il resto dell’area. − BTEX − IPA − Metalli pesanti. Anche in questo caso sono stati assunti i limiti presenti in normativa in funzione delle diverse destinazioni d’uso previste per i vari sub distretti. (pag.60-61 variante) Sub b) si osserva: la tabella 1 del D.M. 471/99 per siti ad uso verde-residenziale fissa le concentrazioni limite degli idrocarburi leggeri e pesanti rispettivamente a 10 e 50 mg/kg, per quelli ad uso commerciale a 250 e 750 mg/kg. Attenendosi al criterio del proponente dovremmo, paradossalmente, considerare non inquinato un terreno residenziale che, per esempio, ha una concentrazione di C<12 pari a 30 mg/kg ed una concentrazione di C>12 di 28 mg/kg, perché addizionando tali valori non è raggiunta la concentrazione di 60 mg/kg. La somma di idrocarburi C<12 e C>12 deroga a quanto previsto dalla normativa che, non a caso, differenzia le concentrazioni limite accettabili per le due classi di idrocarburi. Sub a) Il sub distretto 3, per quanto sopra detto, conterrà concentrazioni di idrocarburi e di piombo poco inferiori a 1000 mg/kg. Non solo il valore degli idrocarburi è, come detto, erroneamente parametrato, ma neppure sono stati analizzati i rischi di una migrazione degli inquinanti nei sub distretti adiacenti al n.3, che sono destinati all’uso verde-residenziale. Ne discende, quasi certamente, 36
  • 37. l’impossibilità di mantenere la concentrazione degli inquinanti entro i limiti dettati per la specifica destinazione d’uso di tali sub distretti. I risultati dell’analisi di rischio avrebbero comportato limitazioni temporanee o permanenti all’utilizzo dell’area bonificata, ovvero particolari modalità per l’utilizzo della stessa, creando “imbarazzo” con i beneficiari delle concessioni edilizie. Per le dette ragioni si ritiene illegittimo il parere della Conferenza dei Servizi 15/2/2005 che ritiene svincolabile parte del sub distretto 3, per l’area definita sub 3/1. Tale illegittimità si riflette sulla certificazione di avvenuta bonifica da parte della Provincia che attesti la conformità degli interventi di bonifica alla destinazione d’uso prevista, utilizzando i parametri errati che sono stati adottati nel progetto di variante per la valutazione della contaminazione dei terreni. 6) Violazione dell’art.32 Cost., dell’art.2 del D.L.vo 22/97 in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’art.5 del D.L.vo 22/97, dell’art.4, comma 4°, dell’allegato 3 (Criteri generali per gli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale, per le misure di sicurezza e messa in sicurezza permanente), dell’allegato 4 (Progetto preliminare II.3- Analisi delle possibili tecnologie adottabili) del D.M. 471/99. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, per travisamento dei fatti, per mancanza dei presupposti. Irrazionalità manifesta della motivazione. Il cardine, su cui s’incentra la normativa introdotta dal decreto Ronchi in attuazione delle direttive comunitarie, è il concetto di “gestione dei rifiuti”. Il precipuo obbiettivo della disciplina è regolamentare lo smaltimento ed il recupero degli stessi, privilegiando, nei limiti del possibile, il recupero. 37
  • 38. Nel contempo la normativa sulla “gestione dei rifiuti”, che comprende tutte le attività dalla raccolta al recupero/smaltimento, fissa, come suggerisce il termine “gestione”, il principio della necessità di mantenere il controllo sulle sostanze inquinanti, minimizzandone gli effetti dannosi, dall’inizio alla fine delle operazioni di gestione. Poiché le leggi della fisica escludono che si possa eliminare una sostanza, ma solo trasformarla o cambiarle stato, l’intento del legislatore è quello d’imporre procedimenti che, avvalendosi delle migliori tecnologie disponibili, mutino le sostanze tossico-nocive in composti bio-compatibili, ovvero riducano la dannosità e la quantità degli inquinanti grazie al cambiamento dello stato in cui si presentano originariamente; coerentemente, la gestione dei rifiuti prosegue nell’immobilizzazione dei residui del trattamento, che si presumono estremamente ridotti. La dispersione nell’ambiente degli inquinanti residui, solidi, liquidi, gassosi che siano, è un criterio estremo, residuale, quando non è possibile “catturare”, circoscrivere, i resti inquinanti al termine delle operazioni di smaltimento. La finalità della legge vuole assicurare che le attività di recupero o smaltimento siano condotte senza pericolo per la salute dell’uomo e senza pregiudizio per l’ambiente (art.2 D.L.vo 22/97). Se infatti il comma 2° dell’art. 5 del D.L.vo 22/97 richiede che“ i rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, riciclaggio e di recupero”, il comma 3° del medesimo articolo fissa le condizioni in cui deve realizzarsi l’ipotesi subordinata dello smaltimento “a perdere” nell’ambiente: “Lo smaltimento è attuato con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento, che tenga conto delle tecnologie più perfezionate a disposizione, che non comportino costi eccessivi, al fine di b) permettere lo smaltimento dei 38
  • 39. rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi; c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell’ambiente e della salute pubblica”. Secondo quanto previsto dall’allegato 3, lettera d del D.M. 471/99, il trattamento dei rifiuti presso impianti esterni (off site) può, inoltre, essere complementare al recupero e riutilizzo del suolo nel sito stesso o in luoghi che presentino caratteristiche ambientali adeguate. Appare, dunque, chiarito il principio fissato dall’art.4, comma 4° del D.M. 471/99, che indirizza la scelta delle diverse tecnologie:”Gli interventi di bonifica e ripristino ambientale di un sito inquinato devono privilegiare il ricorso a tecniche che favoriscano la riduzione della movimentazione, il trattamento nel sito ed il riutilizzo del suolo, del sottosuolo e dei materiali di riporto sottoposti a bonifica”. Nella sezione “Bonifica e ripristino ambientale; messa in sicurezza permanente” dell’allegato 3 del citato decreto ministeriale, si precisa che gli interventi in situ sono effettuati senza movimentazione o rimozione del suolo inquinato e pertanto di minimo impatto ambientale; gli interventi on site presuppongono movimentazione del terreno, finalizzata al trattamento ed al recupero del suolo bonificato nel sito stesso; i trattamenti off site, come sopra accennato, implicano movimentazione dei suoli, trasporto ed eventuale recupero. Nel documento prodotto (doc. 18)”Tecnologie Innovative e procedure operative per la bonifica di suoli contaminati” sono esaminate molte tecniche di bonifica dei suoli tali da consentire, con la possibilità di ricorso congiunto a diversi trattamenti, la realizzazione del risanamento ambientale del sito inquinato in modo assolutamente conforme alla legge. 39
  • 40. Le tecniche, adottate per le operazioni di bonifica già effettuate, sono state applicate malamente e le scelte di quelle previste dal progetto di variante di bonifica dell’area ex IP, sono illogiche ed irrazionali. Come accennato in narrativa, la movimentazione del terreno ed il Landfarming (on site) non sono stati preceduti da trattamenti del terreno atti ad abbattere le concentrazioni di idrocarburi volatili e non (quali per es. Soil Vapor Exctraction –in situ- pag.10, Air Sparging –in situ- pag.11, Bioventing –in situ- pag.16, Biosparing –in situ- pag.18, elencati nel doc.18). Illuminanti sono le considerazioni svolte a pag. 21 del medesimo documento:”L'inquinamento dei suoli rappresenta uno dei problemi principali che contribuiscono al degrado ambientale. Gli interventi di risanamento ambientale che si eseguono al giorno d'oggi vengono attuati attraverso molteplici tecnologie. La più diffusa rimane ancora il conferimento in discarica che, allo stesso modo dell'incenerimento, è non solo un approccio molto costoso ma comporta anche un ingente impatto ambientale. Più interessanti sono invece le tecnologie di risanamento, distinte in fisiche, chimiche e biologiche, le quali prevedono la rimozione dell'agente inquinante con la conseguente riutilizzazione del suolo. E' importante la distinzione fra le tecniche di intervento ex situ, in cui il suolo viene scavato e portato ad un impianto di trattamento, e tecniche on site, in cui s’interviene direttamente sul posto di origine. Sono particolarmente interessanti le tecnologie di tipo biologico soprattutto per quel che concerne la modalità in situ poiché permette di eliminare la sostanza inquinante a costi contenuti. La rimozione del contaminante tramite una tecnologia di tipo biologico può essere effettuata sia utilizzando piante (phytoremediation) sia utilizzando microrganismi tra cui funghi e in prevalenza batteri, autoctoni o alloctoni (bioremediation)”. 40
  • 41. Anche l’Avv.Toscano, per Grifil, nelle note allegate al verbale della Conferenza dei Servizi 15/2/2005, lamenta l’omesso utilizzo di acceleratori dei processi enzimatici durante il landfarming, nonché, aggiungiamo di ossigeno (biosparing) che avrebbero accorciato i tempi di esecuzione del ciclo. Evidenzia, sempre l’avv.Toscano, “che fino ad ora l’attività di bonifica è progredita utilizzando in modo esclusivo le capacità recettizie delle piazzole di stoccaggio per terreni inquinati, che sono tuttavia esaurite da tempo. Il materiale accumulato non è stato portato in discarica come previsto nel progetto originario..”. Inutile è insistere, in questa sede, sui danni già provocati ai residenti delle zone limitrofe da tale omissione, dai ritardi nel predisporre idonea bagnatura in fase di raccolta e movimentazione e nel sistemare idonea copertura dei terreni stoccati. L’impugnazione dei provvedimenti contrastati è tesa ad “evitare ogni rischio aggiuntivo a quello esistente di inquinamento dell’aria, delle acque sotterranee e superficiali, del suolo e sottosuolo, nonché ogni inconveniente derivante da rumori ed odori; evitare i rischi igienico sanitari per la popolazione durante lo svolgimento degli interventi”(lettere n, o, sezione I, allegato 3 del D.M.471/99), nella speranza che la bonifica sia proseguita e terminata a norma di legge. La considerazione espressa nel merito degli aspetti tecnici dalla Conferenza dei Servizi 15/2/2005, in sede deliberante, dovrebbe, teoricamente, motivare, “reggere” la legittimità e la coerenza delle scelte della P.A.; invero, leggiamo le seguenti lapidarie parole: “sussiste l’indirizzo generale, derivante da norme comunitarie, secondo il quale è prioritario il ricorso di tecniche in situ o comunque che consentono il recupero del materiale, rispetto alla smaltimento in discarica”(pag.3). Sennonché, tecniche in situ non sono ancora state adottate, come 41
  • 42. lamentato dall’Avv. Toscani, o progettate, e tra quelle che consentono il recupero del materiale, rientra anche il trattamento off site. Non si vuole, comunque, significare che le soluzioni tecniche del progetto di bonifica 2002, landfarming ed asporto in discarica, siano una panacea per l’area ex IP, ma che le tecnologie introdotte dalla variante sono molto pericolose per l’uomo e l’ambiente, soprattutto il desorbimento termico. Le due tecniche “integrative”, on site, desorbimento termico e soilwashing, comportano un’imponente movimentazione di terreno inquinato (carichi, trasporti, vagliature) in prossimità di non poche abitazioni e molto vicino al centro città, non solo, il desorbimento termico peggiora, anche nell’ipotesi di perfetto funzionamento dell’impianto, la qualità sia dell’aria che del suolo, per ricaduta. Il progetto di variante è, con tutta evidenza, assolutamente confliggente con il criterio informatore della normativa sulla gestione dei rifiuti che vuole assicurare, prioritariamente, la tutela della salute e dell’ambiente. Al paragrafo 8 (pag. 74 e seguenti) dello screening sono esaminati le componenti ed i fattori ambientali interessati dal progetto. Di essi, in parte si è già detto al punto 2, 4 e si dirà al successivo punto 7 del presente ricorso; tuttavia, si precisa altresì che nell’identificazione dei punti di attenzione si è trascurato di approfondire: il punto A.3 –componente aria- e ciò in considerazione del fatto che La Spezia è sita in una conca, abbracciata dall’Appennino che impedisce la dispersione degli inquinanti aereformi e delle polveri. La città è un fiordo del Mediterraneo. Durante il giorno, il vento di mare da ovest, sud ovest spinge gli inquinanti verso est, nord est; di notte, la brezza di terra fa compiere loro il tragitto inverso; i punti: C2, C4, C7, C9, C10, C12 –componente acque superficiali-; E7 –componente suolo-; da G1 a G3 – componente vegetazione flora- poiché la zona collinare. recettore del lato nord, 42
  • 43. nord-ovest delle emissioni del camino, presenta una vegetazione, di macchia e di bosco, tipica della collina e dell’Appennino Ligure; H1 e H4 –componente fauna- per la ragione precedente. Individuati i punti di attenzione, lo screening passa alla valutazione degli impatti attesi (pag.108), di cui si contesta, in toto, l’attendibilità. In sintesi, il documento considera poco significativo, in assenza di criticità, benchè relativo ad elementi vulnerabili, l’impatto ambientale del desorbimento termico su vegetazione, coltivazioni, scuole, nuclei residenziali, e sull’ospedale civico, i cui edifici a monte distano circa 200 m, in linea d’aria, dal sito che ospiterà i nuovi impianti; le emissioni del camino conterranno anche diossine, sebbene non sia possibile stabilirne la concentrazione per i motivi esposti sub 4, oltre che metalli pesanti, monossido di carbonio ecc.. Si puntualizza che la temperatura di esercizio della prima fase di trattamento dei terreni nel desorbitore è di 150-300°C, ideale per la formazione di diossine; la fase successiva di trattamento di post-combustione raggiunge una temperatura di 800-850° C (doc. 28, screening, pag.21), insufficiente per l’eliminazione di diossine e furani per il cui effettivo smaltimento si richiedono temperature superiori: 1100-1200°C.. A fronte del rischio ineliminabile di tale grave pericolo per la salute, il principio, cui attenersi nel modo più rigoroso, è quello della prevenzione. Al danno ambientale provocato dalle emissioni del camino, la cui concreta pericolosità potrà essere quantificata solo successivamente al funzionamento del desorbitore, si aggiunge l’inidoneità di detto impianto a bonificare terreni inquinati da metalli pesanti (pag. 9 e 32 del Progetto esecutivo, doc. 30) e l’elevato costo del suo utilizzo. 43
  • 44. E’ mancata, completamente, la dettagliata analisi comparativa delle diverse tecnologie di bonifica applicabili al sito, in considerazione delle specifiche caratteristiche dell’area. “L’analisi delle tecnologie deve essere basata su una esaustiva rassegna delle soluzioni adottate in casi simili sia a livello nazionale che internazionale per definire in che modo possano essere rispettati i criteri stabiliti nell’allegato 3. Questa sezione, non si configura come una rassegna della letteratura nazionale ed internazionale, ma deve permettere di stabilire l’efficacia delle diverse tecnologie applicate nelle condizioni specifiche del sito, in particolare termini di caratteristiche ambientali, geologiche, idrogeologiche, urbanistiche e territtoriali”(allegato 4, sezione II.3) Ne consegue la violazione di tutte le norme rubricate. 7) Violazione dell’art.32 Cost., dell’art.2 del D.L.vo 22/97 in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’art.28 comma 1° del D.L.vo 22/1997, dell’allegato 3 lettera m, dell’allegato 4 II.3, penultimo comma del D.M. 471/99, dell’allegato 1 del D.M. 124/2000. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, dei presupposti. Sviamento. In forza dell’art.28 del D.L.vo 22/97, l’esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero dei rifiuti è autorizzato dalla regione competente per territorio… L’autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l’attuazione dei principi di cui all’art.2, ed in particolare: a) i tipi ed i quantitativi dei rifiuti da smaltire o da recuperare; 44
  • 45. b) i requisiti tecnici, con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti, ed alla conformità dell’impianto al progetto approvato; c) le precauzioni da prendere in materia di sicurezza ed igiene ambientale; d) il luogo di smaltimento; I) Secondo le valutazioni contenute nel progetto di variante “circa 248.000 mc (in banco) di terreno eccedono i limiti normativi di riferimento. L’attività di escavazione dei terreni contaminati permetterà di definire con maggiore precisione il quantitativo dei terreni contaminati da sottoporre a trattamento; qualora dovesse venire riscontrata una significativa variazione dei quantitativi di terreno da trattare, si procederà in corso d’opera ad una ottimizzazione delle modalità di conduzione degli interventi proposti in relazione alle nuove esigenze, in modo da minimizzare un’eventuale variazione dei tempi di bonifica ad oggi prevedibili”.(pag.68) Nella relazione istruttoria del documento di screening, allegata alla delibera della Giunta Regionale, il quantitativo totale è stimato in circa 496.000 tonnellate, nel documento di screening la quantità totale, da avviare ai diversi trattamenti, è stimata tra le 350.000 e le 590.000 ton. (pag.24); durante la Conferenza dei Servizi 7/7/04, prosecuzione della Conferenza 29/6/04 si dava atto dell’autorizzazione all’ulteriore stoccaggio di 60.000 mc ed era richiesto lo stoccaggio di altri 10.000 mc, approvato con Determinazione Dirigenziale n.47 del 21/9/2004 (doc.29); durante la Conferenza 7/7/04, Eni faceva, altresì, presente che “qualora venisse meno l’esigenza di accelerazione di bonifica nel sub distretto 3, non c’è più l’esigenza immediata di avere ulteriori 40.000 mc di stoccaggi di terreni inquinati”. La 45
  • 46. scrivente non è a conoscenza se poi sia venuta meno l’esigenza di accelerazione di bonifica nel sub distretto 3. E’ lecito, altresì, domandarsi dove e come saranno smaltiti i rifiuti dei terreni inquinati dell’area demaniale e della cui contaminazione si dà atto nella Conferenza dei Servizi 15/2/2005 (pag.3). In questa Conferenza era espresso un generico parere favorevole all’autorizzazione di tutti gli impianti e operazioni di gestione dei rifiuti derivanti dalla bonifica, effettuate all’interno dell’area e trattamento dei rifiuti nella stessa prodotti, nonché per le emissioni in atmosfera… Neppure il Comune, nella determinazione dirigenziale n.17 del 20/4/2005 che approva la variante al progetto di bonifica, individua, pur nel difetto di competenza, le condizioni necessarie all’autorizzazione degli impianti e delle operazioni di smaltimento e recupero; sub 1) d, il documento ripete lo stesso laconico ed illegittimo, tanto più in considerazione della pericolosità dei rifiuti gestiti, assenso espresso nella Conferenza dei Servizi 15/2/2005. Stravolgendo l’iter procedurale, il Comune, nel capo relativo alle prescrizioni richiede –punto 2) i. - “che venga prodotto un piano dettagliato, che definisca le tipologie ed i quantitativi delle terre che s’intendono avviare ai vari trattamenti sulla base delle concentrazioni rilevate del parametro idrocarburi C<12, nonché le relative modalità gestionali; ii. Dovranno essere previsti e messi in opera opportuni sistemi di contenimento delle sostanze volatili provenienti dal terreno in trattamento; 46
  • 47. iii. Dovrà essere effettuato il monitoraggio dell’area in prossimità dell’area di trattamento; iv. Dovranno essere fornite e messe in atto procedure che consentano in caso di sviluppo di odori di intervenire in modo da eliminare il problema; v. Dovrà essere fornita con anticipo al Comune l’informazione relativa agli impianti di Soil washing, Enisolvex e Desorbimento termico che saranno effettivamente utilizzati per la bonifica, allo scopo di consentire al Comune verifiche sul loro stato di manutenzione ed efficienza, nonché dovrà essere fornita informazione sull’idoneità tecnica dei soggetti preposti alla loro gestione”. All’incertezza sul quantitativo di terreno effettivamente inquinato, come esposto sopra ed al punto 5 del presente ricorso, si aggiunge, conseguentemente, l’indeterminatezza delle quantità di terreno da sottoporre ai diversi trattamenti. Tale illegittima genericità del provvedimento di approvazione del progetto di variante consegue ai vizi rubricati nei punti 4, 5, 6, di cui sopra, ma è funzionale al rispetto della tempistica di completamento della bonifica, consentendo un largo margine di flessibilità nella gestione dei terreni contaminati: “La bonifica dei suoli sarà pertanto strutturata mediante l'impiego combinato delle diverse tecnologie, con selezione dei volumi da destinarsi all’una o all’altra, in funzione delle potenzialità e dimensionamento dei singoli impianti on site”. (pag.67 progetto variante, a pag. 22-23 screening, si fa riferimento, anche, alla qualità dei suoli per individuare il trattamento ideale). Nelle premesse dell’impugnata Determinazione Dirigenziale n.17 del 20/4/2005, si legge che il Comune era ancora in attesa di conoscere da Eni, dietro richiesta 47
  • 48. comunicata con nota n.13441 del 18/2/2005 e seguita da un primo riscontro in data 24/2/2005,“le modalità con cui la stessa intende aderire all’invito contenuto nel verbale della conferenza di accedere con maggior incisività alla tecnologia di asporto e smaltimento dei rifiuti maggiormente inquinati, per accelerare le operazioni di bonifica”. II) La violazione all’art.28 comma 1° del decreto Ronchi è reiterata dall’errata individuazione dei requisiti tecnici delle attrezzature che saranno effettivamente utilizzate. Non è, infatti, acquisito al procedimento che le caratteristiche tecniche degli impianti, descritte nei progetti e documenti prodotti da Eni e Foster Wheeler, completeranno, realmente, gli impianti che saranno installati nell’area. A questa lacuna, annoverabile tra le carenze del progetto preliminare, si aggiunge la mancata previsione di quanto prescritto dall’allegato 4, II, punto 3, penultimo comma, :”La rassegna delle tecniche di bonifica/messa in sicurezza permanente adottabili nel caso specifico deve essere corredata da una analisi dei costi degli interventi, comprensiva dei costi delle misure di sicurezza e dei controlli da adottare durante gli interventi di bonifica, che permetta di valutare la fattibilità economica dei diversi interventi”. Attenendosi allo spirito della legge, l’analisi dei costi ha ad oggetto non solo le diverse tecnologie adottabili e di cui si è detto al punto precedente; al fine di garantire l’aggiudicazione dei lavori ad imprese che assicurino le prestazioni descritte in progetto, sarebbe stata necessaria una preliminare disamina dei costi preventivati, a parità di specifiche tecniche, per la stessa tecnologia di trattamento adottabile. 48
  • 49. Per l’impianto di soilwashing + estrazione con solvente leggiamo a pag. 27 del progetto esecutivo che l’impianto sarà realizzato e gestito dalla Società Ecotec di Roma, che detiene con EniTecnologie il brevetto Enisolvex. Alla data di approvazione del progetto di variante i lavori non erano stati ancora aggiudicati. Ciò è comprensibile, a condizione che la successiva scelta dell’appaltatore cada effettivamente su un’impresa che gestisce impianti rispondenti alle descrizioni di progetto, evitando di privilegiare il criterio dell’economicità in fase di aggiudicazione dei lavori. L’esatta definizione delle prestazioni tecniche-operative è fondamentale non solo per il pericolo di emissioni dannose dal camino del desorbitore ma anche in relazione all’enorme quantità di acqua utilizzata nel processo di soilwashing + solvente (pag.11 e seguenti dello screening). L’acqua, adeguatamente “chiarificata” e depurata dai fanghi, sì da “essere idonea alla vita dei pesci ciprinidi, tab.1/B, D.L.vo 152/99”(pag. 72 dello screening) dovrebbe essere immessa nel già contaminato torrente Cappelletto e, per ivi, nel sempre più plumbeo mare del Golfo dei Poeti. L’allegato 3 del D.M. 471/99 specifica che gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza, bonifica e ripristino ambientale, le misure di sicurezza e gli interventi di messa in sicurezza permanente devono essere condotti secondo criteri generali ivi indicati; alla lettera m) leggiamo:”sottoporre le tecnologie proposte a test di laboratorio o a verifiche con impianti pilota che permettano di valutarne l’efficacia nelle condizioni geologiche e ambientali del sito”. Il test pilota non è stato eseguito per l’impianto di desorbimento termico, ma solo previsto a pag.74 del progetto di variante. Le informazioni integrative presentate da 49
  • 50. Foster Wheeler riguardano l’esperienza di utilizzo del desorbitore nell’area dell’ex raffineria di Rho. Per le ragioni elencate tale documento integrativo è doppiamente inconferente. Ulteriore motivo di doglianza è la mancanza dell’analisi dei rischi su detto impianto, non essendo garanzia sufficiente il sistema di blocco in caso di malfunzionamento; l’analisi dei rischi ha ad oggetto proprio il sistema di blocco ed è calcolata in base al rateo di guasto dei componenti del sistema di controllo e di arresto del sistema. In difetto di un’analitica ed approfondita elaborazione progettuale, la bonifica dell’area ex IP è, in buona sostanza, affidata alla versatilità operativa degli impianti ed alla capacità d’improvvisazione del personale addetto. Siamo ben oltre i naturali limiti di “flessibilità della gestione” nelle operazioni di trattamento dei terreni contaminati dell’Antoniana. III) Quanto alla rubricata violazione delle prescrizioni contenute nell’allegato 1 del DM 124/2000 –Regolamento recante i valori limite di emissione e le norme tecniche riguardanti le caratteristiche e le condizioni di esercizio degli impianti d’incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti pericolosi- richiamato dall’art. 28, comma 1°, lettera f del decreto Ronchi, si evidenzia che la Determinazione Dirigenziale n.17 del 20/4/05 prescrive sub 2 d) ii:”monitoraggio continuo dei parametri progettualmente previsti (registrazione in continuo delle emissioni a camino per i parametri: COT e CO ed analisi semestrale della concentrazione di Benzene e NOx, pag.116 –Variante-)…e monitoraggio semestrale con rispetto dei limiti del D.M. 124/2000 per i seguenti parametri: CO; Polveri totali; COT; ossidi di zolfo e di azoto;metalli pesanti (Cd;Hg;Sb;As;Pb; Cr;Cu;Ni;); IPA e PCDD e PCDF, questi ultimi due con frequenza annuale: Il previsto tavolo tecnico degli enti 50