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LEGA ITALIANA CALCIO PROFESSIONISTICO
FONDAZIONE ARTEMIO FRANCHI
in collaborazione con la
FACOLTÀ DI ECONOMIA
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE
IL BUSINESS DELLE SOCIETA’ DI CALCIO:
UN’ANALISI COMPARATA.
Tesi di laurea di:
PAOLO STAFFIERI
Relatore: chiarissimo prof. FABRIZIO DI LAZZARO
Correlatore: chiarissimo prof. GIOVANNI FIORI
L.U.I.S.S.
LIBERA UNIVERSITÀ INTERNAZIONALE DEGLI STUDI SOCIALI
GUIDO CARLI
FACOLTÀ DI ECONOMIA
CATTEDRA DI METODOLOGIE E
DETERMINAZIONI QUANTITATIVE D’AZIENDA
Anno accademico 2003-2004
5
PRESENTAZIONE
di Francesco Franchi
Saluto con orgoglio ed immenso piacere l’ottava edizione del “Premio di
Laurea” che la Lega Pro con il suo Presidente Mario Macalli, la Facoltà di
Economia dell’Università di Firenze e la Fondazione Artemio Franchi hanno
voluto dedicare ad Artemio Franchi, per ricordare e tenere viva la memoria di
questo grande dirigente sportivo internazionale che tanto ha dato allo sviluppo
del moderno giuoco del calcio.
Anche in questa edizione la Commissione Esaminatrice, che approfitto
dell’occasione per ringraziare ancora una volta, ha avuto modo di valutare un
gran numero di Tesi, di grande qualità e spessore scientifico e voglio
personalmente congratularmi con tutti i partecipanti e principalmente i finalisti
per l’eccellenza dei loro studi e dei loro elaborati che saranno tutti custoditi
presso la nostra biblioteca a disposizione di tutti gli interessati; un plauso
particolare vada al secondo classificato il dr. Stefano Rispoli.
Ricorre il venticinquesimo anno della scomparsa di Artemio Franchi e, di
concerto con tutti i partecipanti all’organizzazione del “Premio di laurea”,
abbiamo deciso di pubblicare oltre alla Tesi vincitrice del Dott. Paolo Staffieri
anche la tesi del Dott. De Rose che ha discusso una tesi proprio sulla figura e
l’esperienza di Artemio Franchi Dirigente di Calcio Internazionale.
Mi congratulo ancora con tutti i partecipanti con l’augurio che trovino la
possibilità di esprimere le loro grandi qualità nel mondo della cultura e dello sport.
Il Presidente della Fondazione Artemio Franchi
Francesco Franchi
7
PRESENTAZIONE
di Mario Macalli
Rivolgo un sincero e sentito ringraziamento al Comitato Scientifico del
Premio di Laurea per il prezioso lavoro di selezione e valutazione delle tesi che
pervengono ad ogni edizione che vede impegnata la Lega Italiana Calcio
Professionistico insieme alla Fondazione Artemio Franchi ed insieme alla
Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Firenze.
Anche per questa edizione pubblichiamo la tesi prima classificata che prende
in esame degli importanti aspetti legati alla gestione delle Società sportive e che
ci ricorda la crescente complessità dei problemi che caratterizzano il mondo
dello sport.
Sono inoltre particolarmente lieto che il Comitato Scientifico proprio
nell’anno del Venticinquennale della scomparsa abbia individuato anche una
tesi che, ricordando la figura di Franchi come grande dirigente sportivo ne
approfondisce le scelte e l’attività che lo hanno reso nel suo genere unico ed
indimenticabile per tutti noi.
Mario Macalli
Presidente Lega Italiana Calcio Professionistico
9
Si conclude l'ottava edizione del Premio di Laurea Artemio Franchi con la
pubblicazione della tesi prima classificata che ha avuto un giudizio positivo
unanime da parte della Commissione esaminatrice; si tratta di un lavoro di
ampio respiro, con una solida base ricostruttiva ed argomentativa non priva di
spunti originali; essa dimostra ancora una volta la bontà della scelta fatta nel
lontano 1994 allorquando la Fondazione Artemio Franchi in sinergia con la
Lega Calcio di Serie C e la Facoltà di Economia di Firenze decise di sollecitare
l'attenzione del mondo delle scienze economiche e giuridiche sui problemi e le
tematiche dello Sport.
Nel corso delle sue edizioni, questo Premio di laurea, unico in Italia, ha dato
ai docenti ed agli studenti, l'occasione e l'opportunità di affrontare ed anche di
scoprire gli aspetti più singolari e più attuali delle relazioni sportive; anche in
occasione di questa ottava edizione, indipendentemente dalla tesi vincitrice,
sono stati presentati ottimi lavori, sui sistemi retributivi incentivanti, sulla
quotazione in borsa, sui diritti televisivi, sulla crisi finanziaria del settore calcio,
sul businnes delle società calcistiche, sui rapporti di collaborazione sportiva.
Il mondo delle relazioni sportive costituisce un crogiuolo permanente di
problemi e le relative tematiche, non solo economiche e giuridiche, meritano di
essere tenute sotto costante monitoraggio.
E' con soddisfazione che la Facoltà di Economia dell'Università di Firenze
presenta il lavoro del dr. Paolo Staffieri, confermando il prestigio dell'iniziativa
che, assieme al Corso di perfezionamento in diritto ed economia dello Sport
gestito dalla stessa Facoltà, ha contribuito e contribuisce ad accrescere
l'interesse e le conoscenze nell'ambito delle relazioni sportive.
Il Direttore del Dipartimento di Diritto dell'Economia
Prof. Maurizio D'Ettore
Università degli Studi di Firenze
Dipartimento di Diritto dell’Economia
11
PREFAZIONE
Quando tre anni fa, era il mese di maggio del 2005, inviai la mia tesi per par-
tecipare all’VIII edizione del Premio Artemio Franchi, lo feci senza particolari
aspettative, di corsa, all’ultimo momento disponibile.
Ero convinto, questo sì, che il prodotto finale fosse decisamente buono. Ci ave-
vo messo il massimo impegno negli ultimi mesi della mia vita universitaria: ri-
cerche su tutti i canali disponibili (internet, biblioteche, basi dati, librerie, edicole
e chi più ne ha più ne metta), giornate a selezionare il materiale migliore e ore di
labor limae per ottenere quello che, speravo all’epoca, potesse essere un primo
passo nel mondo del management sportivo.
Tuttavia, seppure il prodotto si fosse evoluto esattamente nella direzione
che avevo in mente – un “manualetto” per l’aspirante manager di calcio – leg-
gendo e rileggendo il testo, le tesi e le osservazioni che esponevo mi sembra-
vano così semplici, così palesi, che non pensavo potessero suscitare il massimo
interesse della Commissione.
È chiaro che, fortunatamente, mi sbagliavo.
La possibilità di pubblicare il lavoro, offertami dalla Lega Calcio Serie C e dal-
la Fondazione Artemio Franchi va, evidentemente, oltre ogni mia aspettativa ini-
ziale e conferma che, purtroppo, nonostante la semplicità delle cose il mondo del
pallone rotola ancora nel verso sbagliato.
È evidente che una tesi redatta nel – calcisticamente parlando – lontano 2005
potrebbe apparire al lettore già superata. Tuttavia, al di là di alcuni numeri relati-
vi al contesto di riferimento e di alcuni avvenimenti verificatisi nell’ultimo trien-
nio, all’epoca imprevedibili, il nucleo centrale della trattazione – il modello di
business delle società di calcio – risulta ad oggi ancora attuale.
D’accordo con la Commissione si è provveduto pertanto, ai fini della pub-
blicazione, ad una integrazione dell’opera più che ad un aggiornamento della
stessa, attraverso:
• l’inserimento, nel corso della trattazione, di brevi approfondimenti che rap-
presentino i diversi argomenti as of giugno 2008;
• la redazione di un appendice che tratti le principali evoluzioni manifestate-
si negli ultimi tre anni nel mondo del business calcistico.
Tale metodologia, pur ricollocando l’opera in un contesto a noi più prossimo,
consente a mio parere di raggiungere un duplice vantaggio:
• mantenere inalterata la struttura della trattazione, evitando di deconte-
stualizzarla rispetto al periodo storico (calcistico) in cui la stessa è stata
redatta;
• permettere al lettore, ed allo scrivente, di verificare quali tesi sono state
smentite o, piuttosto, confermate dai fatti successivi.
12
Nella speranza che il risultato finale sia facilmente apprezzabile dal lettore, colgo
l’occasione per ringraziare ancora una volta la Commissione del Premio di Laurea
Artemio Franchi che, con pazienza e perizia, anche in questa edizione ha valutato ap-
profonditamente i numerosi elaborati sottoposti alla sua attenzione.
Condividendo la “convinzione che l’attività professionale o volontaristica che
assicura il necessario sostegno allo sport ha sempre più bisogno di un supporto
di analisi e di studio dei problemi esistenti per individuare soluzioni adeguate1”
spero di contribuire anche io, seppur con una zolla ed un mattone, alla costruzio-
ne di un campo da gioco dove sport, spettacolo e business possano esprimere il lo-
ro meglio, attraverso un corale gioco di squadra.
1 www.Lega-Calcio-Serie-C, sezione Premio Artemio Franchi.
13
INDICE
INTRODUZIONE
CAPITOLO I
ORGANIZZAZIONE, SVILUPPO ECONOMICO ED EVOLUZIONE
GIURIDICA DEL CALCIO IN EUROPA
1.1. L’industria del calcio
1.1.1. Il settore calcio
1.1.2. Caratteristiche del prodotto calcio
1.1.3. Il modello manageriale
1.2. Organizzazione del settore calcistico a livello nazionale ed internazionale
1.2.1. Le Federazioni
1.2.2. Le Leghe
1.2.3. Gli organi di controllo
1.3. Evoluzione giuridica del settore calcistico
1.3.1. Cenni storici
1.3.2. Da Associazioni a Società di Capitali
1.3.3. La legge n. 91/1981 sul professionismo
1.3.4. La “Sentenza Bosman” e la legge 586/1996
1.4. Il mercato calcistico Europeo
1.4.1. Le conseguenze della “sentenza Bosman”
1.4.2. La situazione attuale
1.4.3. La crescita del ricavi
1.4.4. Salari e stipendi
1.4.5. I risultati operativi
1.4.6. Le licenze U.E.F.A.
CAPITOLO II
IL BILANCIO DELLE SOCIETA’ CALCISTICHE
2.1. Il bilancio delle società professionistiche
2.1.1. Le N.O.I.F. (Norme Organizzative Interne della Federcalcio)
2.1.2. Il bilancio di esercizio
2.1.3. La composizione del Bilancio
2.2. Le voci di stato Patrimoniale
2.2.1. Diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei calciatori
2.2.2. Costi vivaio
2.2.3. Compartecipazioni ex art. 102-bis N.O.I.F.
2.2.4. Crediti e debiti verso società calcistiche
2.3. Le voci di Conto Economico
2.3.1. Cessione temporanea del diritto alle prestazioni sportive
2.3.2. Valore della produzione e ricavi tipici
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2.3.3. Plusvalenze e minusvalenze da cessione dei diritti alle prestazioni sportive
2.3.4. Premi collettivi per obiettivi specifici
2.4. L’equilibrio finanziario
2.4.1. Prospetto R/I
2.4.2. Prospetto P/A
2.4.3. Prospetto P/D
2.4.4. Altri indicatori di efficienza
2.5. La prassi contabile europea
CAPITOLO III
LE SOCIETÀ CALCISTICHE E LA QUOTAZIONE IN BORSA
3.1. Le opportunità derivanti dalla quotazione in borsa
3.2. I fattori di rischio connessi alla quotazione
3.2.1. Rischi connessi all’alea sportiva
3.2.2. Rischi connessi al mantenimento del livello tecnico
3.2.3. Rischio di retrocessione
3.2.4. Andamento economico e finanziario
3.2.5. I contratti rilevanti
3.2.6. Verifiche fiscali e procedimenti giudiziari e sportivi
3.2.7. Rischi connessi alla possibile espansione dell’attività
3.2.8. Conflitti di interessi
3.2.9. Indebitamento delle società calcistiche professionistiche:
rischio di iscrizione
3.2.10.Rischi connessi all’applicazione delle normative nazionali
e internazionali in tema di trasferimenti internazionali di giocatori
3.2.11.Rischi di inadempimento contrattuale e di cambio
nei trasferimenti internazionali dei calciatori
3.2.12.Rischi connessi all’evoluzione del mercato dei diritti televisivi,
telefonici e Internet
3.3. L’esperienza Europea
3.3.1. L’Inghilterra, paese-guida
3.3.2. La Danimarca, second mover
3.3.3. La Francia e la Spagna
3.3.4. L’Italia
3.3.5. La situazione negli altri paesi europei
CAPITOLO IV
IL BUSINESS DELLE SOCIETÀ DI CALCIO
4.1. Il modello di business delle società calcistiche
4.1.1. Il circolo virtuoso delle società di calcio
4.1.2. Il vantaggio competitivo nel football
4.1.3. La scelta del modello di business
4.1.4. I ricavi nei club professionistici, uno sguardo d’insieme
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4.2. I diritti di trasmissione delle partite
4.2.1. Storia dei diritti televisivi in Italia
4.2.2. La Gran Bretagna
4.2.3. Il digitale terrestre e il problema della contrattazione dei diritti televisivi
4.2.4. La Spagna
4.2.5. La Francia
4.2.6. La “sesta” lega europea: la Champions
4.3. Le sponsorizzazioni
4.3.1. Peculiarità dell’attività di sponsoring
4.3.2. Tendenze del mercato delle sponsorizzazioni
4.3.3. Calcio italiano e sponsor
4.3.4. La situazione europea
4.3.5. Prospettive future
4.4. Il merchandising
4.4.1. Lo sviluppo del settore
4.4.2. La situazione Italiana
4.4.3. Merchandising e sviluppo del marchio
4.4.4. Real Madrid: marchio è immagine
4.4.5. “Salento 12”: la forza del territorio
4.5. Lo stadio
4.5.1. Le entrate al botteghino
4.5.2. Il “British stadium business model”
4.5.3. La situazione in Italia
CAPITOLO V
ANALISI DEI CASI: MANCHESTER UNITED E JUVENTUS F.C.
5.1. Una sfida dentro e fuori dal campo
5.2. Il Manchester United
5.2.1. Mantenimento dei successi sul campo
5.2.2. Potenziamento del brand e sviluppo dei media
5.2.3. Da tifosi a clienti
5.2.4. Massimizzazione dei ricavi da stadio
5.2.5. Un modello di business sostenibile?
5.3. La Juventus F.C.
5.3.1. Mantenimento dell’eccellente livello tecnico della squadra
5.3.2. Potenziamento del brand e strategie commerciali collegate
5.3.3. Diversificazione delle fonti di ricavo
5.3.4. La strada verso il successo
CONCLUSIONI
APPENDICE
6.1 Introduzione
6.2. Evoluzione del contesto di riferimento
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6.2.1. Calciopoli
6.2.2. Indagine dell’Antitrust sul calcio professionistico
6.2.3. Rapporto indipendente sullo sport in Europa
6.2.4. Cambiamenti negli assetti proprietari
6.3. Diritti televisivi e stadio, motori della crescita
6.3.1. Diritti Televisivi
6.3.2. Stadio di proprietà
6.4. Case studies
6.4.1. Manchester United
6.4.2. Juventus F.C.
6.5. Conclusioni
BIBLIOGRAFIA
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INTRODUZIONE
“There was a time when they played purely for the love of the game”
Fino a qualche anno fa poteva sembrare piuttosto strano proporre una tesi di
laurea in economia che trattasse, solo ed esplicitamente, dell’economia collegata
alle società calcistiche o, in generale, allo sport. Ancora oggi, in realtà, gli aspetti
finanziari ed economici legati all’attività sportiva sono considerati da molti con
sufficienza, come se fossero intrinsecamente secondari rispetto agli aspetti atleti-
ci e sociali, che al contrario sono posti al centro delle preoccupazioni primarie di
chi fa o organizza sport professionistico. Nonostante nel linguaggio utilizzato dai
manager e dagli economisti aziendali, lo sport agonistico venga comunemente uti-
lizzato come metafora della competizione a livello economico, ricorrendo spesso
all’uso dei termini strategia, tattica, risorse, competenze specifiche e generiche
etc, tuttavia si fa ancora fatica ad inquadrare lo sport professionistico come un set-
tore economico degno di autonoma e specifica considerazione. Ciò appare piut-
tosto strano se si ricordano alcune stime recenti sul giro d’affari attivato dallo
sport: secondo una ricerca Deloitte & Touche del 2003 esso corrisponde a circa
31,5 miliardi di euro, pari al 2,4 per cento del PIL, con un impiego di 500.000 ad-
detti diretti e indiretti. Ma come spesso è accaduto nella storia dell’umanità, le ri-
voluzioni, che fossero industriali, politiche o di pensiero, si sono realizzate
soltanto come risposta a particolari sfide, secondo il meccanismo del “challenge
& response”. Nel caso dello sport professionistico italiano, e soprattutto del set-
tore calcistico che, nel bene e nel male, ne rappresenta la punta più avanzata, ci
troviamo in questi anni di fronte ad una grandissima sfida: uscire dal baratro di
una crisi di cui non si riesce a vedere il fondo. Già qualche anno addietro Walter
Veltroni, allora vicepresidente del Consiglio, dichiarava in un’intervista2: “Le so-
cietà [calcistiche] devono fare un passo di qualità, entrare in una logica diversa,
non aspettare che i soldi arrivino solo dal botteghino e dagli sponsor. Deve in-
somma formarsi una cultura d’impresa: né più né meno di una normale azienda
industriale. Perché il calcio, come tutto lo sport, potrà essere un elemento trai-
nante per l’economia mondiale con forte capacità d’espansione anche in campo
occupazionale.” Era il 1996. Ma ancora oggi aspettiamo che le società calcistiche
compiano questo passo.
Il presente lavoro si inserisce nel filone di una serie di studi sulle caratteristi-
che strutturali, sui comportamenti degli attori organizzativi e sulle performance
economiche del settore dello sport professionistico, che recentemente hanno ini-
ziato a fare timidamente capolino nella letteratura economica. Lungi da noi l’i-
dea di esaurire nell’ambito della presente trattazione tutti gli argomenti correlati
al business in cui le società di calcio si trovano ad operare, il lavoro ci sembra pe-
rò un ottimo punto di partenza per l’approfondimento di taluni argomenti. In par-
ticolare, si è deciso di partire da una doverosa descrizione della storia che ha
2 L’intervista in questione è stata pubblicata su Il Sole 24 Ore del 16 settembre 1996.
18
caratterizzato l’industria in questione e che ne ha determinato il presente quadro
organizzativo e regolamentare, in quanto non è possibile, in generale, analizzare
il business e le performance di una impresa estraendola dal contesto in cui essa
si trova ad operare.
Si è passati quindi alla trattazione delle peculiarità del bilancio delle società
calcistiche, che riflettono le specificità dell’attività svolta, ormai una attività di en-
tertainment a 360 gradi, dei fattori utilizzati, gli atleti, e del prodotto offerto, rap-
presentato dalla partita di calcio.
Una breve parte dell’opera è stata riservata alla esposizione dei rischi e delle
opportunità derivanti dalla quotazione delle società calcistiche nella Borsa Valo-
ri, soprattutto per mettere in evidenza la particolarità dell’esperienza italiana ri-
spetto a quelle di altri paesi.
Infine, attraverso un’esposizione degli argomenti in cui costante è la compa-
razione della situazione del nostro Paese con le altre realtà calcistiche e sportive
più progredite, siamo giunti ad analizzare più approfonditamente i modelli di bu-
siness fino ad ora implementati.
Appoggiandoci agli studi più recenti in materia, si è cercato di illustrare le di-
verse componenti del turnover delle imprese calcistiche, mettendo in evidenza
tendenze, rischi e opportunità per il prossimo futuro. Nonostante i riferimenti a ca-
si pratici, siano esse esperienze passate o realtà attuali, non manchino durante tut-
to lo svolgimento del lavoro, si è comunque pensato di concludere l’opera
focalizzando l’attenzione su due società in particolare, Manchester United e Ju-
ventus, come summa degli spunti offerti nel corso della trattazione.
Le domande che ci hanno spinto alla redazione della presente tesi, e che rap-
presentano il filo conduttore di tutto quanto è stato scritto, sono: è quello delle so-
cietà di calcio un business profittevole? E, se la risposta è affermativa, è possibile
individuare un modello di sviluppo di tale business? E quale è questo modello?
Perché, oggi, la profittabilità del business in cui opera è l’unica possibilità che il
mondo del pallone ha di sopravvivere.
E perchè, se è vero che “c’era una volta il calcio dei sentimenti, dei sogni an-
cora possibili, dei numeri di maglia che raccontavano l’uomo prima del giocato-
re: il portiere era il numero uno in tutto, nella freddezza e nella pazzia, il numero
quattro era il mediano dalle gambe storte e dalla mutria severa, il numero sette
volava sulle ali della sua solitudine, il numero dieci era il fine dicitore, l’esteta a
volte incompreso”, se quello era il tempo di “un pallone eroico e romantico, con i
campioni che nascevano all’oratorio e morivano in osteria. Un pallone, come in-
segnava Jean-Paul Sartre, ‹‹metafora della vita›› o, per dirla con Mario Bene-
detti, ‹‹un’anestesia››”, seppure “col passare degli anni e delle emozioni, il calcio
è diventato uno sport-spettacolo amato in tutto il mondo, passione popolare dal-
l’Italia al Brasile, dal Giappone al Polo Nord3.”, questo “nuovo” calcio a noi an-
cora oggi emoziona, e vogliamo che continui ad emozionarci.
3 Darwin Pastorin, nella prefazione al libro di G. Falsanini e E.F. Giangreco, Le società di calcio del 2000, dal marketing alla
quotazione in borsa, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ), 2001.
19
CAPITOLO I
ORGANIZZAZIONE, SVILUPPO ECONOMICO ED EVOLUZIONE
GIURIDICA DEL CALCIO IN EUROPA
1.1. L’industria del calcio
“In una società sempre più terziarizzata e nella quale il tempo libero ha pro-
gressivamente conquistato spazi prima destinati al lavoro, l’attività di chi of-
fre svago, divertimento e, più in generale, benessere sociale ha ormai assunto
un ‹‹peso›› economico di rilevanza assoluta”4.
È indubbia oggigiorno l’esistenza di una vera e propria industria sportiva,
la cui incidenza sulla economia del paese è misurabile in termini di numero di
addetti, fatturato, valore aggiunto, così come per qualsiasi altro settore indu-
striale. All’interno di tale industria sportiva, in posizione sicuramente premi-
nente, si colloca il settore calcio.
1.1.1. Il settore calcio
Più precisamente, seguendo l’impostazione di Piantoni5, si colloca a pieno
titolo tra gli sport ad alta intensità di business, essendo caratterizzato da:
• un elevato livello di penetrazione presso il pubblico, garantito dalla diffu-
sione di massa della pratica sportiva;
• una elevata capacità di generare flussi finanziari, sia intersettoriali (estesi
anche a settori non sportivi) sia intrasettoriali (limitati al semplice contesto
sportivo in esame).
E i numeri a nostra disposizione non fanno che confermare tali connotati del
pianeta calcio: il mondo del pallone genera un giro d’affari stagionale di 6 mi-
liardi di euro solo nel nostro paese6. Ha un mercato enorme, che si è consolida-
to in un secolo di sfide appassionanti e nell’ultimo decennio di bombardamento
mediatico.
Secondo una ricerca F.I.F.A. condotta presso le 207 federazioni nazionali
che la compongono, già nel 2000 erano 240 milioni i praticanti che giocavano
regolarmente a calcio in 305.000 club, capaci di mettere in campo ben
1.540.000 formazioni7.
4 R. Prodi in Sport e Business.
5 G. Piantoni, Lo sport tra agonismo, business e spettacolo, Brossura, Etas, 1999.
6 C. Condina, Campionato anno zero, in Tuttofondi S&P, Anno II n.11, settembre 2004.
7 FIFA, Big Count, Summer 2000.
20
In Italia si interessano al calcio in 44
milioni, mentre 31 milioni sono i tifosi
e 14 milioni gli spettatori. Nella stagio-
ne 2003 i ricavi della Serie A sono sta-
ti 1,16 miliardi di euro, provenienti
soprattutto da diritti televisivi (646 mi-
lioni, il 55,6%), biglietti e abbonamen-
ti (210 milioni, 18,1%) e sponsor (161
milioni, il 13,4%)8.
L’Italiaèl’unicopaeseeuropeoincui
sistampano3quotidianisportivi,chede-
dicano quasi il 70% del loro spazio al
calcio e sono letti da circa 5,9 milioni di persone, ma la televisione, e non solo quel-
la a pagamento, rimane il canale privilegiato anche come strumento di informazione:
con 2000 ore, il calcio occupa il 41% dello spazio dedicato allo sport dalla Tv.
1.1.2. Caratteristiche del prodotto calcio
Ogni settore industriale ha caratteristiche peculiari che lo differenziano dagli
altri. Il caso dello sport, e in particolare del settore del Pallone è, se possibile, an-
cora più particolare.
Possiamo individuare le caratteristiche economiche tipiche del prodotto calcio9:
• La passione e il senso di appartenenza, il consenso diffuso.
È su questo patrimonio unico e inestimabile che il settore ha storicamente
costruito le sue fortune. Questo spiega anche perché un’industria, che è sta-
ta caratterizzata da performances economico-finanziarie decisamente non
ottimali, è sopravvissuta senza essere dilaniata da lotte intestine tra i suoni
numerosi stakeholders (giocatori, spettatori, azionisti, amministratori loca-
li, sponsor e dirigenti) e trovando sempre qualcuno (presidente, soci, indu-
striali, enti locali, CONI, Stato) disposto a garantirne la sopravvivenza
anche contro le più elementari leggi dell’economia.
• La connotazione sociale che può assumere il consumo.
Nel caso delle politiche di prezzo negli stadi o della trasmissione televi-
siva per particolari incontri, tale caratteristica è stata anche riconosciuta
in atti ufficiali come, ad esempio, l’incentivazione fiscale per biglietti più
popolari, la pronuncia delle Autorità Europee sul preminente interesse
pubblico che riveste la trasmissione non criptata di alcuni eventi10, o le
8 C. Condina, vd. sopra.
9 Cfr. G. Basile, G. Brunelli, M. Cazzulo, Le società di calcio professionistiche, Buffetti Editore, Roma, 1997.
10 Direttiva dell’Unione Europea 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, Televisione senza frontiere (TSF). In sintesi
“La direttiva mira a garantire la libera circolazione dei servizi di telediffusione nell’ambito del mercato interno, tutelando nel
contempo alcuni obiettivi importanti di interesse pubblico, come la diversità culturale, il diritto di risposta, la tutela dei
consumatori e la protezione dei minori. Essa ha del pari lo scopo di promuovere la distribuzione e la produzione dei
programmi televisivi europei riservandogli segnatamente una quota maggioritaria nel quadro dei programmi delle varie reti
televisive”.
Serie A
Da uno studio più recente di Stage Up, la
SerieA sembra in netta recessione rispetto al
2003: dagli sponsor 150 milioni di euro, dalla
biglietteria 120 milioni,dal merchandising 160
e solo dai diritti tv 480 milioni.
Ma, secondo Deloitte, «La serie A è pronta
ad aumentare del 31,6% le sue entrate» per
scavalcare di nuovo Liga e Bundesliga.
F.Velluzzi, I tedeschi ci hanno superato,
La Gazzetta dello Sport, 5 settembre 2006
Le entrate della A cresceranno del 31%,
La Gazzetta dello Sport, 22 agosto 2007
21
ordinanze che hanno imposto la trasmissione in diretta di alcuni incontri
per motivi di ordine pubblico.
• La caratteristica di produzione congiunta che assume la sua fornitura.
Nella messa in scena di uno spettacolo sportivo, essere di gran lunga il
migliore sulla piazza, ovvero agire in regime di monopolio, non garanti-
sce i migliori risultati: “una società di calcio, a differenza di una norma-
le impresa, non può svilupparsi e prosperare da sola. Tra questa specie
di società non c’è possibilità né di sostituzione né di concorrenza, ma c’è
complementarietà di prodotti”11.
Questo aspetto sposta l’attenzione sulla questione relativa all’opportunità o
meno di tenere in vita, nel nostro paese, meccanismi di redistribuzione del-
le risorse a tutela della sopravvivenza, nel calcio professionistico, di squa-
dre di città minori dal punto di vista sociale, economico e produttivo.
Il principio della mutualità12 va inteso in senso più generale della semplice
difesa del calcio di provincia. Esso vale a garanzia del mantenimento, in
qualsiasi tipo di competizione sportiva, dell’equità competitiva e dell’in-
certezza del risultato, in assenza del quale nessun tipo di spettacolo potreb-
be continuare ad attirare l’attenzione del pubblico.
• L’atipicità dei meccanismi concorrenziali.
Le società di calcio competono tra di loro per vincere partite, ma sono, al
tempo stesso, parte integrante della medesima industria, che si sta svi-
luppando in contrapposizione ad altre forme di intrattenimento, non solo
sportivo.
In alcuni casi, e molte significative esperienze straniere ne sono dimostrazio-
ne evidente, la percezione di questa situazione ha già determinato la nascita di
solidi meccanismi di cooperazione all’interno delle singole leghe o federa-
zioni sportive, che convivono con il rafforzamento della concorrenza sul cam-
po13 che è comunque molto segmentata visto che per i vari obiettivi di
classifica competono solo pochi club.
• L’incertezza e l’indeterminatezza del risultato sportivo,
che anche in virtù della progressiva accentuazione di alcuni automatismi di
carattere meritocratico (l’assegnazione di particolari risorse sulla base dei
piazzamenti ottenuti in campionato) condizionano pesantemente il risultato
11 Cfr. P. L. Marzola, L’industria del calcio, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1990.
12 L’ultima proposta, quella presentata dal presidente della Fiorentina Diego Della Valle, prevede il passaggio della mutualità
interna alla Serie A dal 18 al 30% già nella stagione in corso. Ciò significa che la società in trasferta potrebbe ricevere il 30% dei
ricavi di una partita, compresi quelli provenienti dai diritti Tv. Questo per lo meno in un’ottica di breve periodo, data l’impossibilità
di provvedere immediatamente ad una ridefinizione dei contratti delle singole squadre con Sky Tv che andranno in scadenza nel
2007. Sul punto cfr. D. Cencioni, Il piano di Della Valle contro Galliani, in Economy, anno 3 n.6, 10 febbraio 2005.
13 Esempi sono la costituzione della Premier League inglese, la cui mission è “gestire, migliorare continuamente ed essere
considerati come la migliore competizione calcistica del mondo, dentro e fuori dal campo di gioco. Aumentare l’interesse per
le nostre competizioni, promuovere l’accessibilità alle partite dal vivo ed assicurarsi che l’esposizione mediatica sia utilizzata
in modo da ottenere ottimi risultati. Generare un valore commerciale crescente, usando i ricavi risultanti per accrescere
ulteriormente le nostre competizioni e rafforzare il futuro di lungo periodo della FA Premier League e dei suoi Club” e la NBA
del basket americano, la quale si occupa, tra le altre cose, di gestire i diritti televisivi del campionato nonché il merchandising
ufficiale di tutte le franchigie associate. Sull’opportunità di rafforzare tali organismi vd. P. Bottelli, Lega Calcio guarda al
modello NBA per fare marketing sul campionato, in Il Sole 24 Ore, 8 aprile 2001.
22
economico di fine anno14. Ciò rende
troppo numerosi gli elementi tipici
che sfuggono ad una reale capacità di
previsione da parte del management
delle società. Pertanto, sta diventando
un’esigenza primaria di tutti i club
calcistici professionistici quella di
programmare la propria attività in mo-
do da dipendere sempre meno dai ri-
sultati conseguiti sul campo.
Tuttavia le società calcistiche non
si limitano ad operare nel settore del
calcio professionistico in senso stret-
to (vendita di biglietti e abbonamenti
per assistere alle partite della prima
squadra nell’ambito delle varie com-
petizioni), ma sono attive anche nei settori dei diritti televisivi, collegati alle
prestazioni del club, e delle attività promo-pubblicitarie e commerciali a carat-
tere sportivo15.
1.1.3. Il modello manageriale
Nonostante le grandi potenzialità di sviluppo e di redditività del settore, il mon-
do del calcio non naviga in buone acque ormai da alcuni anni. Ciò è riconducibi-
le soprattutto al modello manageriale di riferimento, che ha dominato per molti
anni e che ancora oggi si può riscontrare in realtà importanti, fondato sul cardine
del “presidente-mecenate”16.
Egli è tipicamente un imprenditore di successo, il quale investe nella squadra
spinto dalla passione oppure al fine di ottenere un ritorno in termini di immagine
o di pubblicità. L’approccio al business è in questo caso puramente soggettivo, e
normalmente poco spazio o nessuno viene lasciato a figure manageriali effettiva-
mente competenti.
Effetto Mondiale
Un anno fa L’Italia vinceva la Coppa del
Mondo di calcio. Gli economisti di Abn-
Amro stimavano che l’economia ne
avrebbe beneficiato con un incremento del
PIL pari allo 0,7%. La crescita economica
dell’anno post mondiale è stata
inaspettatamente elevata, e la differenza tra
previsioni e risultati è proprio intorno al
0,7 punti percentuali. Coincidenza? In ogni
caso, l’impatto della Coppa sull’economia
ha più senso per il Paese ospitante
(costruzione di stadi, spettatori, flussi
turistici), che per il Paese vincente.
F. Galimberti, Effetto PIL, a un anno dalla vittoria
mondiale: Italia-Germania 1-1, Il Sole 24 Ore, 9
luglio 2007
14 Da uno studio di Deloitte & Touche, Rapporto sul calcio italiano – stagione 2000/2001 – analisi economica e finanziaria,
risulta che in caso di promozione, i ricavi crescono in media del 110%, gli altri costi di gestione del 41% mentre la totalità dei
costi gestionali (costo del lavoro + ammortamenti + altri costi) aumenta del 55%; le plusvalenze nette da cessione dei calciatori
diminuiscono del 28%; in caso di retrocessione invece i ricavi diminuiscono del 45%, gli altri costi di gestione del 10%, mentre
le plusvalenze nette da cessione dei calciatori aumentano del 78%; raddoppiano gli altri proventi netti, che hanno comunque
un peso relativo molto basso.
15 Un esempio di attività “collaterale” sviluppata dai club in un periodo piuttosto recente è quella dei canali tematici, che
trasmettano programmi di cui la società e i giocatori siano esclusivi protagonisti. In Europa i primi canali tematici furono quelli
di Manchester United, Olympique Marsiglia e Real Madrid. L’Italia ha visto nascere, con un leggero ritardo, tre canali in meno
di un anno: il primo è stato Milan Channel (dicembre 1999), poi Inter e Roma (settembre 2000). Tutti e tre i canali tematici
delle squadre italiane sono visibili in pay-Tv, attraverso la sottoscrizione di un abbonamento specifico, diverso da quello
generale (come per esempio SportSky), il cui costo varia, per la stagione 2003/04, tra i 5 e gli 8 euro mensili.
16 Sul punto vd. A. Traversi, I guai delle società calcistiche, in Summa, gennaio 2005 e disponibile su www.consrag.it e
G. Marasà, Società sportive e società di diritto speciale, in Riv. Soc., 1982, numero 3, ed in Riv. Dir. Sport., 1984.
23
Questo si traduce in obiettivi imposti dall’alto che spesso non scaturiscono da
alcuna pianificazione strategica, ma sono espressione diretta di interessi persona-
li del presidente. La scarsa considerazione per le componenti aziendali si riflette
anche sulla struttura organizzativa la quale, sia per realtà di modeste dimensioni
sia per club di primaria importanza, si limita a prevedere le aree strettamente ne-
cessarie alla gestione tecnico-sportiva, mentre le responsabilità chiave in materia
amministrativa, di marketing e finanza ricadono direttamente sul presidente o su
persone prive di professionalità specifiche.
1.2. Organizzazione del settore calcistico a livello nazionale ed internazionale
Le funzioni di coordinare, indirizzare e controllare il movimento sportivo
nazionale sono proprie del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.).
Presente già dal 1914 sebbene sotto altra forma legale, è costituito in quella at-
tuale con la legge 426/42, in ottemperanza a quanto stabilito dal Comitato
Olimpico Internazionale (C.I.O.), dal quale è riconosciuto, e secondo gli indi-
rizzi dallo stesso forniti. Il C.O.N.I. è sottoposto a vigilanza governativa, at-
traverso apposito ufficio istituito presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri. Dispone di organi centrali e periferici e riconosce una ed una sola fe-
derazione per ciascuno sport. Il C.O.N.I., in deroga alle comuni disposizioni ci-
vilistiche sui comitati, è dotato di personalità giuridica. È finanziato
prevalentemente dai proventi derivanti dai concorsi a pronostico relativi al gio-
co del calcio, nonché da fondi pubblici, donazioni private, da sottoscrizioni dei
membri delle federazioni sportive e dai ricavi generati dagli eventi sportivi.
1.2.1. Le Federazioni
Le federazioni sono organi interni del C.O.N.I. per l’esercizio delle attività
sportive ricadenti nell’ambito di rispettiva competenza. In particolare la Fe-
dercalcio, associazione riconosciuta di diritto privato con sede in Roma, per-
segue il fine di praticare il gioco del calcio in Italia. Essa opera seguendo anche
le direttive e i criteri della F.I.F.A. e della U.E.F.A., enti che perseguono l’or-
ganizzazione di tornei internazionali, per nazioni e per club, e il controllo e co-
ordinamento delle varie federazioni calcistiche nazionali, rispettivamente su
scala mondiale e europea17.
L’una e l’altra, analogamente a quanto accade per la F.I.G.C. con il C.O.N.I.,
sono federazioni sottoposte alle direttive del Comitato Olimpico Internazionale.
17 Art. 2 dello Statuto F.I.G.C.: “PRINCIPI FONDAMENTALI. 5. la F.I.G.C. svolge le proprie funzioni in armonia con le
deliberazioni e gli indirizzi della F.I.F.A., dell’U.E.F.A., del C.I.O. e del C.O.N.I., in piena autonomia tecnica, organizzativa e
di gestione. La F.I.G.C. intrattiene rapporti di leale collaborazione con le autorità pubbliche e coopera con esse ai programmi
di promozione e sostegno del giuoco del calcio, salvaguardando la propria autonomia.”
24
In particolare compete alla
F.I.F.A.18 promuovere e sviluppare il
gioco del calcio a livello mondiale e
dettarne i regolamenti sportivi. La
U.E.F.A.19, invece, si occupa in via
principale dell’assunzione di provve-
dimenti per lo sviluppo del calcio euro-
peo, oltre la organizzazione delle
competizioni di cui già si è detto. La
F.I.G.C., nello svolgimento delle pro-
prie funzioni di carattere pubblicistico,
emana le N.O.I.F.20, che regolano l’or-
ganizzazione interna della stessa e del-
le società sportive affiliate e che
contengono inoltre le norme in tema di
ordinamento dei campionati e delle gare, tesseramento, disciplina dei calciatori,
controlli sulla gestione economico-finanziaria delle società professionistiche e
delle Leghe, rapporti con le Leghe e tra società e calciatori.
1.2.2. Le Leghe
All’interno delle federazioni operano poi le Leghe, le quali godono di autono-
mia organizzativa e amministrativa per il perseguimento di scopi ad esse deman-
dati. La diversa attribuzione di competenze riflette i diversi livelli in cui è
suddiviso il gioco del calcio in Italia:
• le società che disputano i campionati nazionali di Serie A e B si associano
nella Lega Nazionale Professionisti;
• le società che disputano i campionati nazionali di Serie C1 e C2 si associa-
no nella Lega Professionisti di Serie C;
• le società che disputano tutti gli altri campionati (Interregionale, Regionale,
Divisione Calcio Femminile, Divisione Calcio a 5) si associano nella Lega
Nazionale Dilettanti.
Sono pertanto considerati “professionisti” soltanto i giocatori di Serie A, B,
C1 e C2. Oltre ai compiti esecutivi demandati dalla F.I.G.C., tra le principali
funzioni delle Leghe vanno ricordate la rappresentanza delle società affiliate
nei loro rapporti con la F.I.G.C. e con i terzi21, nonché nella stipula di contrat-
ti e accordi di lavoro. È infine attribuzione propria delle Leghe l’organizzazio-
ne dell’attività agonistica. Le società inoltre sono tenute ad inviare alla Lega i
propri bilanci ed i dati relativi alla contabilità societaria, nonché a comunicare
18 La Fédération Internationale de Football Association ha sede a Zurigo, Svizzera, dove fu fondata il 21 Maggio 1904.
Associa 207 federazioni di calcio nazionali costituendo la più grande organizzazione calcistica del mondo.
19 La Union of European Football Associations, con sede a Nyon, Ginevra, Svizzera, fu fondata il 15 Giugno 1954 e associa
le federazioni di calcio europee.
20 Norme Organizzative Interne della Federcalcio, ne tratteremo più approfonditamente nel corso del secondo capitolo,
precisamente nel paragrafo 2.1.1.
21 Nel primo caso si fa riferimento in particolare ad ammende e squalifiche, nel secondo ha una importanza preminente il
discorso legato ai diritti televisivi e d’immagine, di cui si parlerà più avanti.
I numeri della FIFA
Pur essendo un’associazione senza scopo di
lucro, la FIFA nel 2006 ha incassato 912 mln
di franchi svizzeri, nel 2005 erano 874 mln.
L’utile ha raggiunto i 303 mln di franchi
svizzeri (188 mln di euro) contro i 214 mln
del 2005 (+37,6%) e i 158 del 2004.
La Coppa del Mondo 2006 ha generato ricavi
per 2.858 mln di franchi (1.660 mln di diritti
tv) e spese per 881 mln. Sono stati versati
332 mln alle 32 squadre finaliste, 1 milione
ciascuna più un premio per il risultato (al
vincitore, l’Italia, 24,5 mln).
G. Dragoni, FIFA, il bilancio record di Blatter,
Il Sole 24 Ore, 29 maggio 2007
25
tutti gli emolumenti a qualunque titolo erogati ai propri giocatori. La Lega co-
ordina il trasferimento dei giocatori, garantendo il versamento dei prezzi concor-
dati per la cessione e svolgendo anche l’attività di “camera di compensazione”
relativamente al pagamento degli stessi.
1.2.3. Gli organi di controllo
Un altro organo proprio costituito dalla F.I.G.C., ai sensi dell’art. 78 del
N.O.I.F., è la CO.VI.SO.C. (Commissione di Vigilanza sulle Società di calcio pro-
fessionistiche). Essa esercita le proprie funzioni secondo un regolamento interno
approvato dalla F.I.G.C., la quale assicura alla Commissione anche i mezzie il per-
sonale necessari per operare, attraverso una segreteria e un gruppo di ispettori con
specifiche competenze professionali.
A norma dell’art. 12, comma 1, della Legge 23 Marzo 1981 n.9122, alla
CO.VI.SO.C. spettano poteri di controllo, esercitati sulla gestione economico-
finanziaria delle società per garantire il regolare svolgimento dei campionati
sportivi, nonché poteri propositivi, attraverso pareri e proposte indirizzati alla
F.I.G.C., ai fini di individuare gli indirizzi e i criteri per l’esercizio dei poteri
spettanti alla stessa. Dal punto di vista contabile, le società di calcio professio-
nistiche italiane sono obbligate a tenere la contabilità secondo i criteri disposti
dalla F.I.G.C. e, dal punto di vista finanziario, sono obbligate al raggiungi-
mento del corretto rapporto tra ricavi e indebitamento, rappresentante l’equili-
brio gestionale, che non deve essere inferiore a tre23. Questo parametro
costituisce la condizione essenziale per l’iscrizione ai campionati e per il ver-
samento dei contributi federali alla società. Attraverso l’art. 90-bis delle
N.O.I.F. è stata istituita la CO.A.VI.SO.C., la quale ha il compito di esprimere
parere motivato alla F.I.G.C. sui reclami proposti dalle società contro i prov-
vedimenti di non ammissione ai campionati e quelli della CO.VI.SO.C. relati-
vi al mancato rispetto del rapporto ricavi/indebitamento ed all’ammissione alle
operazioni di acquisizione del diritto alle prestazioni dei calciatori. La norma-
tiva della F.I.G.C. prevede anche un sistema sanzionatorio, rappresentato dal
Codice di Giustizia Sportiva, volto a reprimere l’inosservanza delle disposi-
zioni federali. Tale codice contiene la definizione di illecito sportivo e ammi-
nistrativo, indica i diritti e i doveri delle società affiliate in materia di
tesseramenti e cessioni, sancisce la responsabilità delle società, a volte anche
oggettiva, sia per il fatto dei propri tesserati e dirigenti, sia per i fatti violenti
compiuti dai propri sostenitori, e determina le sanzioni per le violazioni.
22 Modificato dalla legge 18 novembre 1996, n.586 e successivamente il 17 marzo 2003 per rendere più severi i controlli
economici-finanziari sulla gestione della società e per l’iscrizione delle squadre ai campionati 2004/2005.
23 Art. 85, 3° comma delle Norme Organizzative Interne della Federcalcio. A proposito si veda il paragrafo 2.4.1. del
presente lavoro.
26
1.3. Evoluzione giuridica del settore calcistico
Durante la storia più che centenaria di questo sport i club si sono trovati ad
agire in un contesto ambientale in continua trasformazione e le istituzioni han-
no dovuto più volte intervenire modificando il quadro normativo di riferimen-
to. È possibile riassumere in alcuni momenti salienti il passaggio dal
calcio-gioco al calcio-business.
1.3.1. Cenni storici
Il calcio moderno nasce nell’Inghilterra di metà Ottocento, praticato dagli stu-
denti delle public school e delle università. La prima società calcistica, lo Shef-
field Club, è fondata nel 1855. Soltanto alcuni anni più tardi, precisamente il 23
Ottobre del 1863, viene costituita l’English Football Association24. Il gioco del
calcio si diffonde velocemente, prima in Inghilterra (nel 1882 si contavano già un
migliaio di società) quindi nel resto d’Europa.
In Italia le prime società calcistiche nascono nell’ultimo decennio del 1800.
Nel 1898 nasce la “Federazione Italiana de Football” che organizza il primo
campionato nazionale disputato in un’unica giornata a Torino. È però il 15 Mar-
zo del 1898 che viene costituita la Federazione Italiana Giuoco Calcio, l’attua-
le F.I.G.C., come “l’associazione che riunisce le società, le associazioni e gli
altri organismi affiliati che perseguono il fine di praticare il giuoco del calcio
in Italia”25.
Inizialmente le società di calcio nacquero come piccoli club di praticanti, per
cui la fattispecie giuridica generalmente adottata era l’associazione non ricono-
sciuta, regolamentata dagli art. 36, 37 e 38 del Codice Civile. Tali norme preve-
dono che essa non possegga personalità giuridica e che gli associati costituiscano,
attraverso l’apporto di beni e contributi, un “fondo comune” di cui gli stessi non
possono chiedere la divisione né pretendere la quota di recesso finché esista l’as-
sociazione stessa. Questo fondo ha la funzione di garanzia per i terzi, anche se gli
associati rimangono comunque responsabili26.
La regolamentazione dettata per le associazioni non riconosciute consente
grande libertà contrattuale per gli associati, i quali si riuniscono per il raggiungi-
mento di uno scopo ideale comune, come quello della pratica sportiva.
Tuttavia la fattispecie giuridica in questione pone non poche problematiche
legate all’amministrazione e alla mancanza di precise forme di controllo della
gestione.
Queste problematiche si mostrarono in tutta la loro evidenza durante gli anni
’60, per effetto della crescente importanza economica e finanziaria dell’attività
24 U. Lago, A. Baroncelli, S. Szymansky, Il business nel calcio. Successi sportivi e rovesci finanziari, Egea, Milano, 2004
25 Art. 1 dello Statuto della F.I.G.C.
26 L’art. 38, al primo comma, recita : “Per obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione i terzi possono
far valere i loro diritti sul fondo comune”. Il comma secondo, dello stesso articolo: “Delle obbligazioni stesse rispondono
anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”.
27
calcistica, la quale cominciava ad evidenziare le sue enormi potenzialità in termi-
ni di flussi di capitali e movimenti di interessi provenienti da diversi settori.
Gli effetti economici immediati furono27:
• la vecchia “associazione sportiva” si trovò nell’impossibilità di far fronte al-
le spese crescenti con il semplice contributo dei propri associati e, pertanto,
cominciò a rivolgersi al mercato, assumendo caratteri sempre più imprendi-
toriali. Ogni club offriva al pubblico un servizio, lo spettacolo sportivo, con-
tro il pagamento di un prezzo commisurato alla qualità dell’offerta e
all’entità della domanda;
• la figura del praticante-associato scomparve e lasciò il posto alla figura del-
l’atleta professionista (per il riconoscimento e la disciplina giuridici si do-
vrà aspettare però il 1981), che non faceva parte dell’associazione, ma
prestava la sua opera a favore della stessa contro il pagamento di un com-
penso proporzionale al livello qualitativo delle prestazioni rese;
• nascono le prime S.p.A. calcistiche28, nonostante l’esistenza dell’art. 25 del
regolamento del C.O.N.I.29.
1.3.2. Da Associazioni a Società di Capitali
Un’accelerazione al processo di trasformazione fu data da due provvedimenti
della F.I.G.C. presi nel corso del 196630. Per ovviare alla situazione economico-
gesionale criticamente deficitaria fu stabilito:
• lo scioglimento delle vecchie associazioni militanti nei campionati profes-
sionistici (Serie A e Serie B)31;
• la contestuale rinascita delle stesse come società commerciali dotate di per-
sonalità giuridica;
• la obbligatorietà dell’esistenza della personalità giuridica per l’iscrizione al
campionato 1966-1967.
Tale delibera non ebbe seguito così come fu prospettata, per effetto dell’in-
tervento della Corte di Cassazione. Lo scioglimento diretto di un ente privato
è infatti una sanzione eccezionale e come tale deve fondarsi su una specifica
disposizione di legge.
Provvidero comunque i club al raggiungimento dello scopo. Essi delibera-
rono lo scioglimento delle associazioni nelle rispettive assemblee e la costitu-
zione di nuove società di capitali da parte dei membri degli organismi che erano
stati sciolti.
27 Cfr. M. Braghero, S. Perfumo, F. Ravano, Per sport e per business. È tutto parte del gioco, Franco Angeli, Milano, 1999.
28 Cfr. M.T. Cirenei, Società di calcio e fallimento, in Riv. Dir. Comm., n. 2/1973, che cita gli esempi della S.p.A. Torino,
costituita nel 1959, della S.p.A. Modena Football Club, costituita nel 1962, e della S.p.A. Calcio Napoli, costituita nel 1964.
29 “Le società e le associazioni sportive non devono avere scopo di lucro”.
30 Si fa riferimento al comunicato ufficiale n. 51 del 21 dicembre 1966 della F.I.G.C.
31 Con delibera del 16 settembre 1966 il Consiglio Direttivo Federale stabilì di sciogliere i Consigli direttivi delle associazioni
calcistiche e di nominare un Commissario Straordinario per ciascuna di esse con i pieni poteri gestionali, allo scopo di
procedere alla liquidazione delle stesse ed alla loro costituzione in Società per Azioni.
28
In questo modo si realizzò anche lo scopo di immettere nel sistema denaro
fresco, attraverso le sottoscrizioni di capitale delle nuove società. Fu redatto
dalla Federazione anche uno “statuto-tipo”32, che doveva servire a salvaguar-
dare i fini sociali delle società calcistiche, configurando un tipo di S.p.A. ano-
malo, perché detto statuto conteneva ancora “l’obbligatoria assenza di fini di
lucro, sotto qualsiasi forma”33.
Il conseguimento di eventuali utili (lucro oggettivo) doveva essere necessa-
riamente destinato al potenziamento dell’attuazione delle finalità sportive, di
cui veniva sempre riaffermata la centralità.
Le finalità perseguite con la legge del 196634 evidentemente non furono rag-
giunte, se il bilancio complessivo delle squadre di serie A e B passò da un pas-
sivo 18 miliardi di lire nel 1972 a uno di ben 86 miliardi nel 1980.
1.3.3. La legge n. 91/1981 sul professionismo
Ma il primo tentativo di regolamentazione dello sport professionistico in Ita-
lia si ha nel 1981, con la legge n. 91 del 23 marzo35.
Di particolare rilevanza fu l’abolizione del cosiddetto “vincolo sportivo”36,
istituto secondo il quale la società sportiva era titolare del “diritto di utilizzazione
esclusiva delle prestazioni di ciascun suo giocatore”, con il potere quindi di im-
pedirne il trasferimento se richiesto da un’altra società.
All’art. 3 della legge in parola si stabilisce inoltre che “la prestazione a titolo
oneroso dell’atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato” per la
cui stipula è richiesta la forma scritta sotto pena di nullità, ed è anche prevista la
possibilità di apporre un termine risolutivo, non superiore a cinque anni, dalla da-
ta di inizio del rapporto.
È ammessa anche la cessione del contratto, prima della scadenza, da una so-
cietà sportiva ad un’altra con il consenso del giocatore professionista e nel rispet-
to delle norme imposte dalle Federazioni sportive nazionali.
Viene introdotto poi un “premio di addestramento e formazione tecnica” che
le società che stipulano il primo contratto con l’atleta professionista devono cor-
rispondere in favore della società o associazione sportiva presso la quale egli ha
svolto la sua ultima attività dilettantistica o giovanile.
Inoltre la legge, come quella del 1966, riconosce sì all’impresa sportiva il lu-
cro oggettivo, cioè la possibilità di creare utili, ma non il lucro soggettivo e cioè
la possibilità di dividerli tra i soci.
32 Delibera del 16 dicembre 1966.
33 Art. 3, primo comma dello “statuto-tipo”.
34 Tra queste ricordiamo: definire le responsabilità dei rappresentanti legali, imporre il rispetto di direttive omogenee di gestione
e rispettare le disposizioni in materia societaria e fiscale, ma soprattutto sanare le posizioni di debito delle associazioni
35 La legge è pubblicata in Gazz. Uff. n. 86 del 27 marzo 1981.
36 L’art. 16 “Abolizione del vincolo sportivo” al primo comma recita: “Le limitazioni alla libertà contrattuale dell’atleta
professionista, individuate come «vincolo sportivo» nel vigente ordinamento sportivo, saranno gradualmente eliminate entro
cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo modalità e parametri stabiliti dalle federazioni sportive
nazionali e approvati dal CONI, in relazione all’età degli atleti, alla durata ed al contenuto patrimoniale del rapporto con le
società”.
29
In pratica, in base ad una apposita clausola dell’atto costitutivo, gli utili even-
tualmente conseguiti dovevano essere reinvestiti interamente nella società per il
perseguimento di finalità connesse con l’attività sportiva37.
La legge imponeva anche che, nel caso di scioglimento della società, il socio
potesse ottenere solo il rimborso del valore nominale delle azioni e delle quote
possedute, mentre l’eventuale residuo attivo fosse devoluto al C.O.N.I.38.
1.3.4. La “Sentenza Bosman” e la legge 586/1996
Ulteriore spinta alla trasformazione dell’industria calcistica venne da una sen-
tenza emessa dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, il 15 Dicembre
1995, la cosiddetta “Sentenza Bosman”39.
Questa sentenza liberalizzava nella pratica i trasferimenti di atleti professioni-
sti comunitari tra i paesi membri, aboliva ogni limitazione numerica relativa al-
l’impiego di giocatori “stranieri” imposta dalle Federazioni nazionali e
sopprimeva la necessità del versamento dell’indennità di preparazione e promo-
zione al club che cedeva il giocatore comunitario.
Inoltre, essa spinse il parlamento italiano ad intervenire, visto che l’indennità
di preparazione era prevista dall’articolo 6 della legge numero 91/1981, con il
D.L. 17 Maggio del 1996, n. 272.
Questo provvedimento aboliva tale “articolo 6” e permetteva inoltre alle so-
cietà sportive di iscrivere nell’attivo patrimoniale, in un apposito conto, un im-
porto pari al valore delle indennità di preparazione e promozione maturate (e
certificate dalla F.I.G.C.) alla data del 30 Giugno 1996, per poi procedere al loro
ammortamento entro 3 anni, permettendo così alle società di “diluire” le minu-
svalenze, a volte ingenti, derivanti da questo abbattimento dei parametri40.
Veniva altresì eliminato l’obbligo di reinvestimento degli utili per le società
professionistiche41, con un solo limite: una quota pari al 10% del risultato di eser-
cizio doveva essere devoluto a scuole di formazione sportiva.
37 Art. 10, comma 2 della legge 23 Marzo 1981, n. 91.
38 Art. 13, comma 2 leg. cit.
39 I fatti in sintesi: la Federazione calcistica belga aveva impedito il trasferimento di J.M.Bosman dal Liegi FC al club transalpino
del Dunkerque. Il Liegi decise di ridurre lo stipendio al giocatore a un milione di lire al mese ed egli avversò tale decisione
ricorrendo al foro competente di Liegi. Questo ritenne fondate le sue ragioni, anche in merito all’indennità di trasferimento in caso
di accordo del giocatore con un altro club. Dopo alterne vicende la Corte d’Appello di Liegi si rivolse alla Corte di Giustizia delle
Comunità Europee per verificare la compatibilità dei regolamenti calcistici nazionali ed internazionali, in materia di indennità di
trasferimento con il Trattato dell’Unione, sia sotto il profilo della normativa antitrust che sotto quello della libera circolazione dei
lavoratori. La Corte di Giustizia verificò l’incompatibilità con gli articoli 48, 85 e 86 del Trattato. In particolare l’art. 48 “osta ad
un’indennità di trasferimento, formazione e promozione; osta al limite di schierare un certo numero di giocatori stranieri in campo
(principio della libera circolazione dei cittadini comunitari); non può essere fatto valere con riguardo a sanzioni giuridiche già
definite, mentre va fatta eccezione per coloro che, prima del 15/12/1995 abbiano intentato azioni giudiziarie o esperito rimedi
equivalenti.”
Il 22 Dicembre 1998 la Federazione belga riconoscerà a Bosman un risarcimento di circa 16 milioni di franchi (770 milioni di lire).
40 Cfr. N. Forte, I bilanci delle società sportive dopo la sentenza Bosman, in Riv. Dir. Sport., 1997.
41 Su questo punto cfr. G. Millozza, Le società sportive: un problema sempre aperto, in Le società, 1985, il quale si domandava
“perché l’utile ricavato dall’attività in parola debba essere visto con sospetto e quindi proibito, se percepito dai soci che rischiano
capitali considerevolissimi, e vengono invece giudicate lecite e conformi ai tempi le retribuzioni favolose di certi atleti”.
30
Da allora le società di calcio divennero società di capitali in tutto e per tut-
to, ponendo fine a “quell’elemento di anomalia causale rispetto al sistema co-
dicistico”42, consistente nella previsione di una società di capitali senza finalità
lucrative soggettive. Assenza che era stata avvertita come “anacronistica e bi-
gotta”43 già dal suo sorgere nel lontano 1966: “un tentativo farisaico di aval-
lare un’immagine del finanziatore dell’attività, cioè dell’azionista delle
società sportive, assai simile a quella di un mecenate, interessato ai successi
della propria squadra e del tutto alieno da (biechi) interessi economici”44.
Il decreto del 20 Settembre 1996 n.485 introdusse una ulteriore novità: la pos-
sibilità di ricorrere all’azionariato popolare45: l’art.10 infatti non considerava
“sollecitazione al pubblico risparmio” il collocamento di azioni per importi uni-
tari non superiori a 10 milioni di lire.
Infine con la legge 18 Novembre 1996 n. 586, che convertiva il decreto in pa-
rola, oltre a determinare l’allargamento dell’oggetto sociale delle compagini cal-
cistiche, dovendo l’atto costitutivo “prevedere che la società possa svolgere
esclusivamente attività sportive ed attività ad esse connesse o strumentali”46, si in-
trodusse l’obbligo del Collegio Sindacale per tutte le società sportive professioni-
stiche, anche quelle costituitesi in forma di S.r.l., derogando così alle disposizioni
dell’allora articolo 2488 del Codice Civile47.
Con questa disposizione le società diventarono libere di gestirsi senza vincoli,
internalizzando i controlli e acquisendo notevole autonomia, e fu lasciata alla
CO.VI.SO.C. la sola verifica dell’equilibrio finanziario allo scopo di “garantire il
regolare svolgimento dei campionati”.
Il percorso appena descritto che ha portato dalle associazioni sportive sorte per
il solo fine della pratica del gioco, alle società di capitali inserite nel più ampio set-
tore dell’entertainment è riassunto dalla tabella che segue.
42 Cfr. G. Marasà, Le società senza scopo di lucro, Giuffrè, Milano, 1984.
43 Così G. Millozza, Le società sportive: un problema sempre aperto, in Le società, 1985, n.391.
44 Ancora G. Marasà, Società sportive e società di diritto speciale, in Riv. Soc., n. 3/1982, ed in Riv. Dir. Sport., 1984.
45 È uno dei modelli societari che è tornato in voga nel periodo di crisi del mondo del calcio. Il concetto del tifoso-azionista
è legato all’idea che la squadra di calcio, per quanto Società per Azioni, sia sempre una realtà legata al territorio che,
soprattutto nei club minori, può sempre contare su un bacino di spettatori-tifosi-clienti. Cfr. V.Carlini, Il pallone è in crisi, ma
l’UEFA può dare un calcio ai problemi, in Tuttofondi S&P, anno 2 n. 6, Marzo 2004.
46 Il testo originario dell’art. 4, 1° comma, lett. B del decreto in parola prevedeva tout court la soppressione del 2° comma
dell’art. 10, L. 91/1981.
47 “La nomina del collegio sindacale è obbligatoria se il capitale sociale non è inferiore a duecento milioni di lire o se è
stabilita nell’atto costitutivo”. Oggi tale articolo, in seguito alla riforma del diritto societario, sulla base del d.lgs. n. 6/2003, è
sostituito dal 2477 : “Controllo legale dei conti. L’atto costitutivo può prevedere, determinandone competenze e poteri, la
nomina di un collegio sindacale o di un revisore. La nomina del collegio sindacale è obbligatoria se il capitale sociale non è
inferiore a quello stabilito per le società per azioni.”
31
Fig.n.1.1:L’evoluzione dei club calcistici.
L’ultimo intervento legislativo rilevante in materia è rappresentato dal D.L. n.
282/2002, convertito nella legge 21 Febbraio del 2003, n. 27 con il quale sono state
dettate “disposizioni in materia di bilanci delle società sportive professionistiche”48.
Ma di esso si darà conto, qualora si rivelasse necessario, nel prosieguo della trattazio-
ne, non avendo avuto particolare incidenza sull’evoluzione della struttura giuridica e
organizzativa dei club professionistici, di cui qui si voleva trattare.
1.4. Il mercato calcistico Europeo
Abbiamo avuto modo di vedere che il 1996 è stato un anno di svolta per tutte
le società di calcio professionistiche che militavano nei campionati Europei. Ciò
a causa della sentenza della Corte di Giustizia Europea datata 15 Dicembre 1995,
la ormai famosa “sentenza Bosman”49.
Orientamento del
club al mercato
Social Oriented No Profit Oriented Business Oriented
Dimensione
economica
del settore
Limitata Progressivamente
maggiori
Estesa ed integrata con
altri settori di mercato
Interessi economici
da tutelare
Poco rilevanti Progressivamente
maggiore
Indispensabile un controllo
pubblico ed un’adeguata
tutela dei terzi
1960-1981 1981-1996 1996-2000
Norme di riferimento Statuto delle
Federazioni Sportive
23 Marzo 1981, n. 81 18 Novembre 1996, n. 586
Forma del club Associazione S.p.A. o S.r.l. - atipica S.p.A. o S.r.l.
Scopo del club Sportivo & Ludico Non lucrativo: gli utili
vanno reinvestiti per il
perseguimento
dell’attività sportiva
(art.10)
Divisione degli utili:
il 10% degli utili va
destinato ad una
formazione tecnico
sportiva (art. 4, b-bis)
Organizzazione del
club
Inesistente:
Mecenatismo puro
Elementare: gestione
orientata al risultato
sportivo
Complessa: struttura a
matrice; necessità di
integrare e conciliare lo
sport col business
Fonte: Braghero, Perfumo, Ravano
48 Art. 3. “Proroga delle disposizioni in materia di affrancamento di riserve e disposizioni in materia di bilanci delle società
sportive professionistiche”. Art. 1-bis: “Dopo l’articolo 18 della legge 23 marzo 1981, n. 91, è aggiunto il seguente: «Art. 18-
bis. (Disposizioni in materia di bilanci). – 1. Le società sportive previste dalla presente legge possono iscrivere in apposito
conto nel primo bilancio da approvare successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione tra le
componenti attive quali oneri pluriennali da ammortizzare, con il consenso del collegio sindacale, l’ammontare delle
svalutazioni dei diritti pluriennali delle prestazioni sportive degli sportivi professionisti, determinato sulla base di un’apposita
perizia giurata.
2. Le società che si avvalgono della facoltà di cui al comma 1 devono procedere, ai fini civilistici e
fiscali, all’ammortamento della svalutazione iscritta in dieci rate annuali di pari importo»”.
49 Cfr. paragrafo 1.3.4 di questo capitolo.
32
1.4.1. Le conseguenze della “sentenza Bosman”
L’eliminazione dell’indennità coincise con un momento di fortissima espan-
sione del calcio, dovuto in grandissima parte alla trasformazione dello spettacolo
calcistico in format televisivo.
La liberalizzazione del mercato del lavoro per i calciatori ha modificato pe-
santemente il rapporto di forza tra gli attori del sistema (società, calciatori e tec-
nici) a favore dei prestatori d’opera. I protagonisti dello spettacolo offerto sul
terreno di gioco sono gli atleti e i club, al fine di offrire al pubblico lo spettacolo
più attraente e di conseguenza strappare agli sponsor e alle pay-Tv contratti più lu-
crosi, devono assicurarsi i giocatori migliori. Questi ultimi sono così in grado di
comandare una sorta di asta tra i club, che si risolve a favore di chi propone l’of-
ferta più vantaggiosa.
La necessità per i club di grandi e anche di medie dimensioni di partecipare a
più competizioni contemporaneamente spinge ad allargare progressivamente la
“rosa” dei giocatori sotto contratto. Infine l’aumento del costo dei giocatori e l’al-
largamento della rosa obbligano i club a nuove fonti di entrata.
1.4.2. La situazione attuale
“Più di 10 miliardi di euro di fatturato in Europa, un tasso di crescita com-
plessivo nei mercati più forti superiore al 20%. Singoli club con quasi 50 milioni
di appassionati sparsi per il mondo. Ascolti televisivi per EURO 2004 superiori
del 26% rispetto all’edizione precedente.
E nonostante questi brillanti risultati, l’intera industria del Pallone è stata in-
capace di raggiungere una redditività sostenibile”50.
Lo spunto da cui si sviluppa uno studio diA.T. Kearney sulle strategie vincen-
ti per il calcio, inquadra in maniera per-
fetta la situazione attuale dell’industria
calcistica nel Vecchio Continente.
Nell’ultimo rapporto annuale sul cal-
cio europeo redatto dallo Sports Busi-
ness Group della società di consulenza
Deloitte&Touche,chefariferimentoal-
lastagione2002/200351,laPremierLea-
gue Inglese rimane davanti alle altre
leghe per ricavi e utili. Il tasso di cresci-
ta è stato del 10%, superiore a quello de-
gli altri campionati, e il fatturato è
passato da 1,7 miliardi di euro a 1,79.
La situazione Europea
La Germania, come dimostra lo studio
condotto da Stage Up,ha saputo capitalizzare
e monetizzare l’organizzazione del Mondiale
2006, e oggi è distanziata soltanto dal ricco
campionato inglese nella classifica dei ricavi.
La Bundesliga ha raggiunto un miliardo e 350
milioni,secondo solo ai 2 miliardi degli inglesi
L’Italia arriva ad un totale di un miliardo e 200
milioni,solo cento milioni in più degli spagnoli
della Liga.
F.Velluzzi, I tedeschi ci hanno superato,
La Gazzetta dello Sport, 5 settembre 2006
50 A.T. Kearney, Playing for profits, winning strategies for football in Europe and around the globe, 2004.
51 Deloitte & Touche Annual Review of football finance, july 2003.
33
I ricavi medi per club sono di 89 milioni di euro contro i 65 milioni delle squa-
dre di Serie A. La Serie A mantiene il secondo posto per ricavi, precedendo di po-
co la Bundesliga. Il nostro campionato ha ripreso a crescere dopo la battuta
d’arresto del 2001/2002, realizzando un fatturato totale pari a 1,16 miliardi di eu-
ro, mentre il campionato tedesco si è fermato a 1,1.
La Liga Spagnola si piazza solo al 4° posto con 847 milioni di euro di fattura-
to, seguita dal campionato Francese con 689 milioni di euro.
1.4.3. La crescita dei ricavi
Apartire dagli ultimi anni ‘90 il calcio ha sperimentato incredibili livelli di cre-
scita, che sono rimasti sostenuti per un periodo di circa sei anni, così che i club
compresero, e capitalizzarono, il loro effettivo valore finanziario.
Nelle ultime tre stagioni alcune Leghe hanno continuato a crescere in maniera
sostenuta, altre invece hanno rallentato.
Fig.n.1.2:Crescita del Fatturato nelle 5 maggiori leghe Europee.
Ns.elaborazione da dati Deloitte &Touche
Per contestualizzare la crescita del mercato e la leadership del campionato In-
glese, ci basta considerare due dati:
• la Premier League ha un fatturato superiore rispetto a quelli di Francia e Ger-
mania presi congiuntamente nella stagione 2002/2003;
• il suo fatturato è maggiore del 54% rispetto a quello della Serie A Italiana,
quando nella stagione 1999/2000 era superiore solo del 12%.
34
In Francia ed Italia gli elevati livelli di crescita raggiunti nell’ultimo lustro de-
gli anni ’90, soprattutto grazie ai contratti di cessione dei diritti televisivi stipula-
ti in quegli anni, sono stati seguiti da un periodo di consolidamento.
Nella stagione 1999/2000 il fatturato in entrambi i paesi crebbe del 50%, ma
il tasso di crescita è diminuito drasticamente nel 2000/2001 scendendo al 9% in
Italia e al 6% in Francia. Nel 2000/2001 i ricavi sono stati praticamente statici
mentre hanno ricominciato a crescere nell’ultima stagione. L’andamento della
crescita in questi due paesi, particolarmente dipendente dagli introiti derivanti
dai diritti televisivi, dimostra l’importanza della diversificazione e massimizza-
zione delle fonti di ricavo.
Fig.n.1.3:Il mercato calcistico Europeo.
Ns.elaborazione da dati Deloitte &Touche
Caratteristica saliente del calcio
Europeo, presente già in passato ma
acuitasi dopo la sentenza Bosman, è la
crescente polarizzazione fra grandi e
piccole squadre. È un fenomeno al cen-
tro del dibattito anche in Italia, il cui
campionato in effetti guadagna il pri-
mo posto in Europa anche secondo il
rapporto Deloitte & Touche.Le prime 5
squadre di Serie A52 nel 2002/2003
hanno realizzato il 70% dei ricavi tota-
li, contro il 60% in Spagna e il 46% in
Inghilterra, nonostante questa veda
La crescita continua
Il mercato europeo del calcio cresce del 9%
e raggiunge i 12,6 miliardi di Euro.Secondo lo
studio di Deloitte tra le 5 grandi d’ Europa le
società della Premier League inglese
rimangono in testa in termini di ricavi (2
miliardi di euro) e profitti (200 milioni). Per
l’Italia nel 2006-07 ci si aspetta una
diminuzione dei ricavi fino a 1,2 miliardi di
euro: sotto Inghilterra, ma anche Germania e
Spagna (1,3 miliardi).
Fatturato Italia quarto d’Europa, La Gazzetta dello
Sport, 31 maggio 2007
52 Juventus, Milan, Inter, Lazio e Roma.
35
Manchester United, Arsenal e Chelsea tra i club più ricchi d’Europa53. Le cinque
maggiori leghe europee realizzano un fatturato totale di 5,6 miliardi di euro, con
un tasso di crescita del 7% circa, ma se si includono anche gli altri campionati e la
U.E.F.A. il totale sale a 10,3 miliardi di euro54.
1.4.4. Salari e stipendi
Molteplici studi55 hanno dimostrato che esiste una certa relazione tra il livello
di salari e stipendi di un club rispetto ai suoi competitori ed i risultati sportivi rag-
giunti, funzione delle performance dei giocatori ingaggiati.
Per questo il principale problema che si pone in ogni club è quello di bilancia-
re il desiderio di avere la migliore squadra possibile e la necessità di mantenere un
livello di spesa sostenibile nel lungo periodo, in relazione ai ricavi.
La principale causa del dissesto finanziario di club italiani ed esteri negli ulti-
mi anni è stato proprio il divaricarsi della forbice tra fatturato e spese per salari e
stipendi. Questi ultimi sono cresciuti a ritmi incompatibili con un equilibrio fi-
nanziario di lungo periodo.
Fig.n.1.4:Salari e stipendi nelle 5 maggiori Leghe Europee.
Ns.elaborazione da Deloitte &Touche
53 Nella speciale classifica redatta nel Marzo 2004 da Deloitte & Touche, la Deloitte Football Richlist, il Manchester United
occupa la prima piazza, l’Arsenal la settima, il Liverpool l’ottava posizione, il Newcastle United la nona e il Chelsea occupa
il decimo posto.
54 Andrebbero inseriti i valori di tutte le “serie” in cui si dividono le leghe europee, i ricavi delle federazioni nazionali, della
U.E.F.A. Champions League ecc.
55 Cfr. Lucifora e Simmons (2003), Forrest e Simmons (2000), Carmichael, Forrest e Simmons (1999). Sul punto vd. anche
U. Lago, A. Baroncelli, S. Szymanski, Il business del calcio. Successi sportivi e rovesci finanziari, Egea, Milano, 2004.
36
Mentre i ricavi sono quasi triplicati
rispetto alla stagione 1995/1996, le spe-
se per salari e stipendi sono quasi qua-
druplicate nello stesso periodo. Nel
2001/2002 il rapporto tra salari e stipen-
diericaviavevaraggiuntocifrerecordin
tre dei quattro campionati di cui si hanno
dati attendibili, l’eccezione era la Ger-
mania dove il rapporto si era sempre at-
testato attorno al 50%.
Una inversione di tendenza si è avu-
ta nell’ultima stagione, in cui anche l’I-
talia, precedentemente in testa a questa
specialeclassificaconunratiodel90%perl’effettocombinatodellastazionarietàdei
ricaviedellacrescitadeisalari,èscesaal76%.LaGermaniarimanequellaconilrap-
porto più basso (45%).
Fig.n.1.5:Rapporto Salari e stipendi / Ricavi
1995/96 1996/97 1997/98 1998/99 99/2000 2000/01 2001/02 2002/03
Inghilterra 50% 47% 52% 58% 61% 61% 62% n.d.
Italia 57% 58% 64% 72% 62% 75% 90% 76%
Spagna 53% 44% 53% 56% n.d n.d n.d n.d
Germania 46% 46% 51% 51% 54% 50% 49% 45%
Francia 58% 61% 69% 69% 53% 64% 69% n.d.
Fonte:Deloitte &Touche
In Francia la situazione per i club
è ancora peggiore, poiché devono af-
frontare un doppio problema: non so-
lo hanno un livello di ricavi più basso
con cui pagare giocatori e membri
dello staff, ma scontano anche un re-
gime fiscale penalizzante, che li ob-
bliga a pagare salari lordi più elevati
per permettere ai giocatori di incassa-
re cifre simili a quelle percepite dai
loro colleghi negli altri paesi.
Questo in parte spiega anche il
perché della diaspora dei migliori ta-
lenti francesi dalla Première Divi-
Bundesliga sempre al top
Secondo uno studio di Deloitte, l’indicatore
di efficienza costituito dall’ammontare degli
stipendi rapportato al giro d’ affari, passa in
Europa dal 60% al 65%; solo la Bundesliga
rimane ad un livello più basso (pari al 50%,
risultato straordinario).In Inghilterra,la spesa
in salari è aumentata del 13%, più
dell’l’incremento dei ricavi (11%).
Fatturato Italia quarto d’ Europa, La Gazzetta dello
Sport, 31 maggio 2007
Record Revenues fuel Premier League clubs’ on pitch
success, www.sportbusiness.com, 29 maggio
2008
Fisco
«Noi italiane versiamo il 4,25% di Irap che
altrove non esiste. In Spagna a parità di lordo, il
giocatore prende il 50% in più, in Inghilterra il
20% che noi diamo allo Stato. Chiaro che sul
mercato quei club sono più competitivi». è
quanto afferma Galliani circa lo svantaggio
competitivo delle società Italiane in termini
fiscali. Anche se nel «Libro Bianco» si
riafferma il principio di un’Iva ridotta sullo
sport, rischia di cadere nel vuoto la
lamentela dei club italiani. Ma, come dice
Figel «le aliquote le scelgono gli Stati».
A. Capone, Italiane, lo stadio costa caro In Europa
siamo meno ricchi, La Gazzetta dello Sport, 15
febbraio 2008
F. Licari, Libro bianco dell’Ue Fifa e Uefa scontente,
La Gazzetta dello Sport, 9 giugno 2007
37
sion56. Negli ultimi due anni in diversi paesi d’Europa sono state intraprese ini-
ziative volte ad affrontare il problema della crescita incontrollata dei costi. Il
G-14, il gruppo che riunisce i maggiori club europei, ha raggiunto un accordo
di auto-regolamentazione che fissa il limite del 70% come rapporto tra il mon-
te salari e i ricavi57. In Italia, dove il problema è più grave che negli altri pae-
si, da qualcuno è stata avanzata la possibilità di introdurre un sistema di
salary-cap per tutti i club58.
1.4.5. I risultati operativi
Per quanto riguarda i risultati operativi la Premier League si conferma il cam-
pionato più virtuoso con un utile complessivo di 179 milioni di euro, seguita dal-
la Bundesliga con 115 milioni. In rosso, oltre alla nostra Serie A, 381 milioni di
perdite, anche il campionato Francese59.
Fig.n.1.6:Profitti e perdite nelle 5 maggiori leghe Europee
Ns.elaborazione da dati Deloitte &Touche
56 A proposito vd. Deloitte & Touche Annual Review of football finance, july 2003.
57 Di Cesare, Il G-14 per una volta fa autocritica “È urgente un tetto agli stipendi”, in La Gazzetta dello Sport, mercoledì 23
maggio 2001.
58 La Lega Calcio ha emanato le nuove regole che disciplinano il trattamento economico di calciatori e allenatori, con la
finalità di contenere i costi. Le società potranno corrispondere ai propri atleti e allenatori compensi lordi il cui ammontare
rapportato al valore della produzione non superi il 60%. Cfr. www.calcioinborsa.com
59 Deloitte & Touche Annual Review of football finance, august 2004.
38
È evidente dal grafico la radicale
differenza rispetto alla voce “salari e
stipendi”, che mostrava per tutte le Le-
ghe andamenti costantemente crescen-
ti. Germania e Inghilterra continuano a
far registrare profitti, la Bundesliga
raggiungendo il livello record della sua
storia e la Premier League il miglior ri-
sultato degli ultimi 5 anni. Dalla sta-
gione 95/96 ad oggi le due leghe più virtuose hanno realizzato profitti operativi
complessivi per, rispettivamente, 984 milioni di euro (123 milioni in media a sta-
gione) e 448 milioni di euro (64 milioni a stagione).
In netto contrasto, la Première Division Francese e la nostra Serie A soffrono
perdite ingenti, anche se entrambe mostrano una riduzione delle stesse nell’ulti-
mo anno. La redditività dei campionati Inglese e Tedesco è dovuta a fattori diver-
si: nella Premier League il forte orientamento commerciale dei club ha assicurato
che essi incrementassero tutte le fonti di ricavo, quelle da botteghino come quel-
le televisive e commerciali; la Bundesliga invece è disciplinata in modo da tene-
re i costi sotto controllo, così che la posizione finanziaria dei club rimanga solida.
Punto di forza della Premier League rimangono gli incassi allo stadio nel giorno
della partita. Gli Inglesi realizzano in questo modo oltre 540 milioni di euro60, più
deldoppiodiqualsiasialtraLega,anchediquellatedescanonostantel’affluenzame-
dia degli spettatori sia praticamente identica. Ciò è dovuto non solo al più elevato
costo dei biglietti, ma anche ai ricavi addizionali dovuti ai servizi offerti all’interno
degli stadi che, nella maggior parte dei casi, sono di proprietà dei club.
L’andamento delle entrate allo stadio vede la Bundesliga in leggerissimo van-
taggio sulla Premier League, entrambe con una media di 35 mila spettatori a par-
tita. La SerieAsi piazza solo al quarto posto, con una media di poco più di 25 mila
spettatori a partita, preceduta anche dalla Liga che riesce a portare in media 29 mi-
la spettatori per match.
Il dato italiano è confortante se comparato con l’emorragia di presenza degli
anni precedenti; da notare che l’aumento del 13% degli incassi al botteghino, è so-
prattutto dovuto all’aumento dei prezzi dei biglietti. In effetti a farla da padrone
sono sempre gli introiti derivanti dalla vendita dei diritti televisivi, che rappre-
sentano il 55% dei ricavi dei club appartenenti al nostro campionato.
Sorpasso Tedesco
Il profitto operativo della Bundesliga nel
2006/07 pari a 168 mln di sterline supera per
la prima volta quello della Premier League (96
mln di sterline), anche se la posizione
potrebbe cambiare di nuovo nel 2007/08.
Record Revenues fuel Premier League clubs’ on pitch
success, www.sportbusiness.com, 29 maggio 2008
60 Deloitte & Touche Annual Review of football finance, august 2004.
39
1.4.6. Le licenze U.E.F.A.
Una via d’uscita alla situazione di grave crisi che si è verificata in questi ulti-
mi anni in Europa come in Italia, è stata imboccata dalla U.E.F.A. La Federazio-
ne e i suoi membri hanno a lungo lavorato per la creazione di un “sistema di
licenze” per i club che vogliono partecipare ai tornei continentali61. Ad oggi non
basterà quindi ad una società aver conseguito il titolo sportivo nel rispettivo cam-
pionato di appartenenza, ma per partecipare agli incontri europei dovranno anche
essere in possesso di questa specie di “bollino di qualità”62.
Le licenze, applicate contemporaneamente nelle 52 Federazioni nazionali del-
l’U.E.F.A.63, hanno come finalità non tanto la restrizione o limitazione della par-
tecipazione alle varie competizioni, quanto la crescita dell’intero movimento.
Il manuale dell’U.E.F.A. individua cinque macro-categorie, ognuna della qua-
li contente criteri ai quali le società devono adeguarsi per l’ottenimento della li-
cenza: sportivi, infrastrutturali, organizzativi e relativi al personale, legali,
economico-finanziari. Inoltre sono introdotte anche indicazioni facoltative, non
obbligatorie, definite “di buona prassi” e funzionali al miglioramento degli stan-
dard organizzativi e gestionali, sia qualitativi sia quantitativi e a prescindere dal-
la partecipazione a gare internazionali.
I parametri sono classificati in quattro categorie:
• Criteri “A”, obblighi: sono vincolanti per tutte le società di SerieA(ad esem-
pio l’obbligo di omologazione dello stadio). Il mancato rispetto anche di uno
solo di tali criteri comporta la mancata concessione della licenza;
• Criteri “B”, obblighi: cogenti per tutte le società di Serie A; tuttavia, rispet-
to ai criteri “A”, i destinatari hanno a disposizione diverse alternative per
soddisfarli (il responsabile della sicurezza può essere un dipendente, un con-
sulente o una società esterna);
• Criteri “C”, obblighi: anche questi sono obbligatori con la differenza, rispetto
ai precedenti, che il loro mancato rispetto non comporta il diniego della licen-
za, ma una sanzione nel caso in cui le società non adempiano dopo aver rice-
vuto un richiamo ufficiale dalla Lega Nazionale Professionisti;
• Criteri “D”, “buona prassi”: tali criteri fungono come mere raccomandazio-
ni e, conseguentemente, non rivestono carattere vincolante.
L’equilibrio economico-finanziario rappresenta per l’U.E.F.A. una condizione
essenziale al fine di garantire la continuità aziendale e consentire all’intero siste-
ma calcistico di crescere nel tempo. Il rispetto di queste regole è ritenuto funzio-
nale al perseguimento di obiettivi rilevanti: migliorare le condizioni
economico-finanziarie delle società, incrementarne la trasparenza e la credibilità
salvaguardando gli interessi dei creditori; garantire il regolare svolgimento e la
61 Il “Manuale del sistema delle licenze ai club” è stato approvato nel Marzo 2002, è disponibile nella versione italiana a
partire dal Settembre 2003.
62 M. Grassoni, La F.I.G.C. vuole adottare il passaporto europeo, Il Sole 24 Ore Sport, Anno 4 n.21, 28 novembre – 11
dicembre 2004.
63 L’introduzione simultanea si è avuta con la stagione 2004-2005.
40
continuità delle competizioni nazionali ed internazionali, con eliminazione del ri-
schio che indebiti vantaggi sul campo sportivo possano essere ottenuti mediante
il mancato rispetto degli impegni contratti.
Gli adempimenti che erano richiesti per la stagione sportiva iniziata sono i
seguenti:
• assoggettamento dell’ultimo bilancio d’esercizio precedente alla richiesta di
concessione della licenza a revisione contabile da parte di apposita società
iscritta allo speciale albo Consob;
• predisposizione di una situazione economico-patrimoniale, non soggetta a
revisione contabile, per il periodo 1 luglio – 31 dicembre dell’esercizio in
corso al momento della richiesta;
• prova dell’assenza, nell’ultimo esercizio chiuso, di debiti scaduti derivanti
dal trasferimento di calciatori e/o verso tutte le categorie di dipendenti, in-
clusi gli oneri sociali e previdenziali, nonché nei confronti di consorelle o
altri soggetti riconosciuti dalle competenti istituzioni sportive.
Tuttavia, a partire dalla stagione sportiva 2005-06, entrerà in vigore la secon-
da fase: ulteriori e più rigidi requisiti economico-finanziari saranno richiesti ai
club, che dovranno anche adottare nuovi sistemi di budgeting e controllo, oltre al-
l’ottimizzazione dei processi informativi.
41
CAPITOLO II
IL BILANCIO DELLE SOCIETA’ CALCISTICHE
2.1. Il bilancio delle società professionistiche
Per quanto riguarda le forme, i vin-
coli ed i principi economici che dovreb-
bero essere applicati nella redazione del
bilancio, le società di calcio non si diffe-
renziano rispetto alle altre società com-
merciali. Tuttavia esse si presentano
come soggetti sui generis rispetto al
“prodotto” commercializzato ed ai “fat-
tori” della produzione utilizzati. Il “pro-
dotto” spettacolo ed i calciatori “fattori” della produzione, rendono queste società
oggetto di osservazione sia per i classici stakeholder utilizzatori del bilancio di eser-
cizio, sia per un gruppo più o meno ampio di soggetti, interessati sì al versante eco-
nomico del fenomeno, ma soprattutto nell’ottica di possibili successi sportivi; agli
occhi di questi il club si presenta come un simbolo che va difeso, anche se è necessa-
rio sacrificare risorse economiche64. L’esigenza di assicurare una gestione aziendale
corretta ed una informazione trasparente ed esaustiva ai terzi sui fatti della società, ha
spinto gli organi federali ad imporre alle società affiliate una serie di adempimenti e
vincoli che dovrebbero tranquillizzare gli stakeholder almeno sulla carta.
2.1.1. Le N.O.I.F. (Norme Organizzative Interne della Federcalcio)
Le N.O.I.F. sono una serie di norme che dettano la disciplina dei soggetti e del-
le funzioni del mondo del calcio. Ai fini della nostra trattazione sono interessanti
quelle del Titolo VI dedicato ai “controlli sulla gestione economico-finanziaria
delle Leghe e delle Società professionistiche”. Gli artt. 85 e 86 delle N.O.I.F. pre-
vedono i seguenti adempimenti:
• il bilancio di esercizio annuale;
• la relazione semestrale;
• l’informativa continua alla CO.VI.SO.C.;
• il prospetto R/I con indicazione del rapporto ricavi/indebitamento;
• il prospetto P/A con indicazione del rapporto patrimonio netto contabile/at-
tivo patrimoniale;
• il prospetto P/D con indicazione del rapporto patrimonio netto contabile/di-
ritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori.
In questa sede ci limiteremo ad esporre la composizione del bilancio di eserci-
zio, riservandoci di trattare più avanti gli altri adempimenti nell’ambito dell’ana-
lisi economico-finanziaria delle società.
Calcio e economia
“Per il calcio ci vogliono autorità indipendenti e
autorevoli, più regole chiare e governance,
come nell’economia” così Alessandro
Profumo, AD di Unicredit.
G. Dragoni, FIFA, il bilancio da record di Blatter,
Il Sole 24 Ore 29 maggio 2007
64 Così F. Melidoni e G.M. Committeri, Il bilancio delle società di calcio, IPSOA, Cesano Boscone (MI), 2004.
42
2.1.2. Il bilancio di esercizio
Le società di calcio sono tenute a redigere, alla fine dell’esercizio, che nor-
malmente viene chiuso al 30 giugno di ogni anno65, un bilancio predisposto sulla
base di un Piano dei Conti unificato, predisposto dalla F.I.G.C. Essa è per legge
preposta anche ad effettuare controlli sul piano strettamente contabile, attraverso
la CO.VI.SO.C. Le società, entro 15 giorni dall’approvazione da parte dell’as-
semblea dei soci, o entro i 15 giorni successivi alla scadenza del termine di ap-
provazione stabilito nello statuto, devono far pervenire alla CO.VI.SO.C.:
• copia del bilancio di esercizio approvato;
• relazione sulla gestione;
• relazione del collegio sindacale;
• relazione contenente il giudizio di una società di revisione iscritta all’albo
CO.N.SO.B. (questo obbligo non sussiste per le società neopromosse dal-
la Serie B);
• il verbale di approvazione del bilancio;
• la dichiarazione di conformità all’originale della documentazione
trasmessa, sottoscritta dal legale rappresentante della società e dal soggetto
responsabile del controllo contabile66.
Il rendiconto delle società di calcio, come quello di ogni altra società di capi-
tali, è composto dallo Stato Patrimoniale, dal Conto Economico e dalla Nota In-
tegrativa e deve essere, come già visto, accompagnato dalla Relazione sulla
Gestione redatta dagli Amministratori67. È chiaro che, data la peculiarità del set-
tore sportivo e di quello calcistico in particolare, il legislatore ha ammesso delle
deroghe rispetto alla normativa applicabile alle società “normali”.
È per questo motivo che accanto al piano dei conti unificato, la F.I.G.C. ha re-
datto un documento che raccoglie alcune “raccomandazioni contabili”, principi
basilari per il corretto trattamento contabile di alcune operazioni che sono carat-
teristiche delle società calcistiche. Sono procedure cui occorre conformarsi per
una corretta contabilizzazione e rappresentazione in bilancio di alcune voci tipi-
che del settore, sia riferite al patrimonio che al conto economico.
La funzione di queste “raccomandazioni” è quella di interpretare tecnicamente
lenormegeneralifissatedallaleggeinmateriadibilancio,nonchédiintegrarlequa-
lora si presentino lacunose nella loro applicazione al settore in esame68.
65 La chiusura dell’esercizio sociale in concomitanza con il termine della stagione agonistica è certamente utile per rendere il
documento significativo, anche se è destinata ad essere abbandonata da molti club per poter applicare l’istituto innovativo del
“consolidato fiscale” nell’ambito del gruppo di appartenenza.
66 Questa figura è stata resa obbligatoria per le società di calcio, dal paragrafo 5.2.4. del Manuale per l’ottenimento della
licenza U.E.F.A., di cui si è parlato nell’ultimo paragrafo del capitolo precedente, 1.4.6.
67 Art. 2423 Cod. Civ. “Redazione del Bilancio. Gli amministratori devono redigere il bilancio di esercizio, costituito dallo stato
patrimoniale dal conto economico e dalla nota integrativa. Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare
in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio.”
68 Si veda a proposito Il bilancio di esercizio e il nuovo statuto tipo delle società calcistiche. Documento per l’attuazione delle
disposizioni contenute nel D.Lgs. 9 aprile 1991, n.127 per le società calcistiche. A cura della Commissione adeguamento piano
dei conti e struttura del bilancio alla IV e VII Direttiva C.E.E. nominata dal Consiglio Federale, Roma, 1993.
43
2.1.3. La composizione del Bilancio
Anche nelle società di calcio, naturalmente, il bilancio è composto dai tre do-
cumenti fondamentali rappresentati dallo Stato Patrimoniale, dal Conto Econo-
mico e dalla Nota Integrativa.
Lo Stato Patrimoniale informa sull’aspetto quantitativo e qualitativo degli in-
vestimenti in essere ad una certa data, nonché sulle correlate fonti di finanzia-
mento, al fine di rappresentare la struttura tecnica e finanziaria dell’impresa. Lo
schema di Stato Patrimoniale predisposto dalla F.I.G.C. risulta indubbiamente do-
tato di elevata analiticità; sono evidenziati i valori del totale delle Attività, delle
Passività e del Patrimonio Netto. Più chiaramente poi sono individuati gli aggre-
gati delle Immobilizzazioni e dell’Attivo Circolante.
La suddivisione delle classi si ispira al doppio principio della destinazione del-
l’investimento e del grado di liquidità; in questo modo il lettore, pur trovandosi di
fronte ad aggregati non immediatamente interpretabili può comunque ottenere in-
formazioni che in passato avrebbe difficilmente ricavato.
Il doppio principio ispiratore è abbandonato però nel passivo; con la conse-
guenza che è necessario ricorrere ad una specifica rielaborazione dello Stato Pa-
trimoniale per ottenere una separata indicazione del passivo a breve da
contrapporre all’attivo circolante.
Il Conto Economico è predisposto in forma scalare, per cui si giunge a deter-
minare il risultato finale d’esercizio attraverso la rappresentazione di diversi ri-
sultati intermedi.
La Nota Integrativa è parte integrante del bilancio e contiene informazioni
complementari, la cui finalità è quella di chiarire al meglio i valori iscritti nelle va-
rie voci di bilancio.
È particolarmente importante l’attenzione dedicata ai criteri di valutazione.Tra
essi infatti troviamo anche i principi seguiti nel trattamento della voce più tipica
dello Stato Patrimoniale dei club di calcio: i “Diritti Pluriennali alle Prestazioni
dei Calciatori”.
Altre informazioni rilevanti che si possono incontrare nella Nota Integrativa
sono quelle relative alle immobilizzazioni materiali e al loro trattamento contabi-
le, visto il crescente interesse verso gli impianti ed i centri sportivi di proprietà.
Inoltre, nella sezione della Nota Integrativa dedicata ai conti d’ordine, si raccol-
gono informazioni riguardanti sia eventuali garanzie concesse a titolo di fideius-
sioni o prestate a terzi, sia opzioni concesse o acquistate in relazione a operazioni
di trasferimento temporaneo dei diritti alle prestazioni dei calciatori.
2.2. Le voci di stato Patrimoniale
L’utilizzo del Piano dei Conti Unificato, così come è stato elaborato dalla
F.I.G.C., comporta anche la previsione di una autorizzazione specifica per l’inse-
rimento di nuovi conti o per la modifica di quelli esistenti. Le difformità rispetto
ai comuni schemi di bilancio trovano la loro giustificazione giuridica nel-
44
l’art.2423-ter commi 3 e 469: le raccomandazioni contabili della F.I.G.C. fanno
proprio riferimento alla “natura dell’attività esercitata”. Ci limiteremo ad esporre
le voci difformi, presentando in ciascun caso lo schema patrimoniale con l’indi-
cazione in grassetto della posta in esame.
2.2.1. Diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei calciatori
Rappresentano l’elemento di gran lunga più importante nel complesso de-
gli assets presenti nei bilanci delle società di calcio. Alla loro corretta contabi-
lizzazione è dedicata la “raccomandazione contabile n.1”.
In essa vengono in primo luogo ricordate le modalità con le quali un club
può acquisire il diritto alle prestazioni sportive dei suoi giocatori:
• accordo diretto con il calciatore (libero);
• accordo diretto con il calciatore (proveniente dal vivaio di altra società);
• accordo con altra società per la “cessione” del contratto in essere con il
calciatore (consenziente).
La differenza principale tra le tre modalità sopra ricordate, è che soltanto nel
primo caso la società non dovrà iscrivere alcuna voce all’attivo dello stato pa-
trimoniale.
L’operazione in tal caso si risolve nella fissazione del compenso del calciato-
re, che annualmente graverà sul conto economico della società acquirente. Negli
altri due casi, invece, si configura una operazione di cessione del contratto.
Essa produce due effetti distinti:
• la società acquirente subentra nel rapporto contrattuale con il calciatore,
obbligandosi a pagare il prezzo convenuto alla società cedente come cor-
rispettivo della “preferenza accordatale nell’entrare in rapporto con il
calciatore”;
• la società acquirente stipula un nuovo contratto con il calciatore, nascen-
do così il diritto della stessa alle prestazioni sportive dell’atleta.
Conseguenza di tale procedimento è che il costo sostenuto per subentrare
nel rapporto con il calciatore riveste un’utilità pluriennale, la cui durata coin-
ciderà con quella del nuovo rapporto che è stato instaurato con il giocatore70.
La rilevazione contabile segue i connotati civilistici dell’operazione e per
questo i suoi effetti saranno iscritti a bilancio nell’esercizio in cui ricade la da-
ta di efficacia del contratto, che coincide con la stipula dello stesso.
69 “Devono essere aggiunte altre voci qualora il loro contenuto non sia compreso in alcuna di quelle previste dagli articoli
2424 e 2425. Le voci precedute da numeri arabi devono essere adattate quando lo esige la natura dell’attività esercitata.”
70 È interessante ricordare che i contratti nazionali e, con qualche differenza, i contratti esteri non producono effetti giuridici
fino al deposito nella sede federale e al rilascio del visto di esecutività.
45
Nel bilancio di esercizio, alla voce B.I.8 - Diritti pluriennali alle prestazioni
sportive dei calciatori, nell’attivo dello stato patrimoniale tra le immobilizzazio-
ni immateriali71, saranno pertanto iscritti non solo i diritti relativi ai calciatori che
hanno concorso alla formazione del reddito nel corso dell’ultima stagione sporti-
va (a cui di solito si riferisce il bilancio), ma anche quelli acquistati entro la fine
dell’esercizio, ma le cui prestazione sportive saranno utilizzate soltanto dalla sta-
gione sportiva successiva.
STATO PATRIMONIALE
ATTIVO
B) IMMOBILIZZAZIONI
I - Immobilizzazioni immateriali
1) Costi di impianto e di ampliamento
2) Costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità
3) Diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno
4) Concessioni, licenze, marchi e diritti simili
5) Avviamento
6) Immobilizzazioni in corso e acconti
7) Capitalizzazioni costi vivaio
8) Diritti pluriennali alle prestazioni calciatori
9) Altre immobilizzazioni
Totale
Dalla stagione in cui è avvenuto il tesseramento del calciatore decorrerà la pro-
cedura di ammortamento del diritto72.
Il piano di ammortamento può naturalmente subire delle modifiche. Ciò si ve-
rifica, ovviamente, qualora il valore netto contabile del diritto non fosse espressi-
vo (perché maggiore) di un reale valore economico dello stesso, rendendosi
necessario operare un maggiore ammortamento oppure una svalutazione del di-
ritto stesso, nonché qualora si verifichino cambiamenti nel rapporto contrattuale
con il calciatore, tipicamente: prolungamento del contratto o risoluzione antici-
pata. Nel primo caso il nuovo piano di ammortamento dovrà avere come riferi-
mento temporale la nuova scadenza contrattuale ed assumere come valore quello
netto contabile alla data del prolungamento.
71 Dello stesso avviso G. Fiori, in La valutazione dei diritti pluriennali alle prestazioni degli sportivi professionisti: una
possibile metodologia, in Rivista Italiana di Ragioneria ed Economia Aziendale, 2003, pp. 314 ss., secondo cui “il vincolo che
lega l’atleta alla società può esser inteso come diritto immateriale atipico, una sorta di bene che attribuisce il diritto
all’utilizzo delle prestazioni per un determinato periodo e che viene ceduto da una società all’altra in caso di trasferimento
dell’atleta. La pattuizione in sede di cessione dei contratti non ancora scaduti, di un corrispettivo a fronte del trasferimento
del diritto, ne autorizza l’iscrizione in bilancio tra le immobilizzazioni immateriali, in capo all’acquirente, per un importo pari
al corrispettivo pattuito. Quest’ultimo misura, evidentemente, il costo di acquisizione del diritto stesso. Tale costo,
naturalmente, deve essere ammortizzato nel periodo di durata residua del contratto”.
72 Viene raccomandata a proposito l’adozione di un metodo di ripartizione dell’onere in quote costanti per l’intera durata del
contratto che vincola il calciatore alla società, che non può essere superiore a 5 anni.
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Staffieri - Il bsns delle società di calcio

  • 1. LEGA ITALIANA CALCIO PROFESSIONISTICO FONDAZIONE ARTEMIO FRANCHI in collaborazione con la FACOLTÀ DI ECONOMIA UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE IL BUSINESS DELLE SOCIETA’ DI CALCIO: UN’ANALISI COMPARATA. Tesi di laurea di: PAOLO STAFFIERI Relatore: chiarissimo prof. FABRIZIO DI LAZZARO Correlatore: chiarissimo prof. GIOVANNI FIORI L.U.I.S.S. LIBERA UNIVERSITÀ INTERNAZIONALE DEGLI STUDI SOCIALI GUIDO CARLI FACOLTÀ DI ECONOMIA CATTEDRA DI METODOLOGIE E DETERMINAZIONI QUANTITATIVE D’AZIENDA Anno accademico 2003-2004
  • 2.
  • 3. 5 PRESENTAZIONE di Francesco Franchi Saluto con orgoglio ed immenso piacere l’ottava edizione del “Premio di Laurea” che la Lega Pro con il suo Presidente Mario Macalli, la Facoltà di Economia dell’Università di Firenze e la Fondazione Artemio Franchi hanno voluto dedicare ad Artemio Franchi, per ricordare e tenere viva la memoria di questo grande dirigente sportivo internazionale che tanto ha dato allo sviluppo del moderno giuoco del calcio. Anche in questa edizione la Commissione Esaminatrice, che approfitto dell’occasione per ringraziare ancora una volta, ha avuto modo di valutare un gran numero di Tesi, di grande qualità e spessore scientifico e voglio personalmente congratularmi con tutti i partecipanti e principalmente i finalisti per l’eccellenza dei loro studi e dei loro elaborati che saranno tutti custoditi presso la nostra biblioteca a disposizione di tutti gli interessati; un plauso particolare vada al secondo classificato il dr. Stefano Rispoli. Ricorre il venticinquesimo anno della scomparsa di Artemio Franchi e, di concerto con tutti i partecipanti all’organizzazione del “Premio di laurea”, abbiamo deciso di pubblicare oltre alla Tesi vincitrice del Dott. Paolo Staffieri anche la tesi del Dott. De Rose che ha discusso una tesi proprio sulla figura e l’esperienza di Artemio Franchi Dirigente di Calcio Internazionale. Mi congratulo ancora con tutti i partecipanti con l’augurio che trovino la possibilità di esprimere le loro grandi qualità nel mondo della cultura e dello sport. Il Presidente della Fondazione Artemio Franchi Francesco Franchi
  • 4.
  • 5. 7 PRESENTAZIONE di Mario Macalli Rivolgo un sincero e sentito ringraziamento al Comitato Scientifico del Premio di Laurea per il prezioso lavoro di selezione e valutazione delle tesi che pervengono ad ogni edizione che vede impegnata la Lega Italiana Calcio Professionistico insieme alla Fondazione Artemio Franchi ed insieme alla Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Firenze. Anche per questa edizione pubblichiamo la tesi prima classificata che prende in esame degli importanti aspetti legati alla gestione delle Società sportive e che ci ricorda la crescente complessità dei problemi che caratterizzano il mondo dello sport. Sono inoltre particolarmente lieto che il Comitato Scientifico proprio nell’anno del Venticinquennale della scomparsa abbia individuato anche una tesi che, ricordando la figura di Franchi come grande dirigente sportivo ne approfondisce le scelte e l’attività che lo hanno reso nel suo genere unico ed indimenticabile per tutti noi. Mario Macalli Presidente Lega Italiana Calcio Professionistico
  • 6.
  • 7. 9 Si conclude l'ottava edizione del Premio di Laurea Artemio Franchi con la pubblicazione della tesi prima classificata che ha avuto un giudizio positivo unanime da parte della Commissione esaminatrice; si tratta di un lavoro di ampio respiro, con una solida base ricostruttiva ed argomentativa non priva di spunti originali; essa dimostra ancora una volta la bontà della scelta fatta nel lontano 1994 allorquando la Fondazione Artemio Franchi in sinergia con la Lega Calcio di Serie C e la Facoltà di Economia di Firenze decise di sollecitare l'attenzione del mondo delle scienze economiche e giuridiche sui problemi e le tematiche dello Sport. Nel corso delle sue edizioni, questo Premio di laurea, unico in Italia, ha dato ai docenti ed agli studenti, l'occasione e l'opportunità di affrontare ed anche di scoprire gli aspetti più singolari e più attuali delle relazioni sportive; anche in occasione di questa ottava edizione, indipendentemente dalla tesi vincitrice, sono stati presentati ottimi lavori, sui sistemi retributivi incentivanti, sulla quotazione in borsa, sui diritti televisivi, sulla crisi finanziaria del settore calcio, sul businnes delle società calcistiche, sui rapporti di collaborazione sportiva. Il mondo delle relazioni sportive costituisce un crogiuolo permanente di problemi e le relative tematiche, non solo economiche e giuridiche, meritano di essere tenute sotto costante monitoraggio. E' con soddisfazione che la Facoltà di Economia dell'Università di Firenze presenta il lavoro del dr. Paolo Staffieri, confermando il prestigio dell'iniziativa che, assieme al Corso di perfezionamento in diritto ed economia dello Sport gestito dalla stessa Facoltà, ha contribuito e contribuisce ad accrescere l'interesse e le conoscenze nell'ambito delle relazioni sportive. Il Direttore del Dipartimento di Diritto dell'Economia Prof. Maurizio D'Ettore Università degli Studi di Firenze Dipartimento di Diritto dell’Economia
  • 8.
  • 9. 11 PREFAZIONE Quando tre anni fa, era il mese di maggio del 2005, inviai la mia tesi per par- tecipare all’VIII edizione del Premio Artemio Franchi, lo feci senza particolari aspettative, di corsa, all’ultimo momento disponibile. Ero convinto, questo sì, che il prodotto finale fosse decisamente buono. Ci ave- vo messo il massimo impegno negli ultimi mesi della mia vita universitaria: ri- cerche su tutti i canali disponibili (internet, biblioteche, basi dati, librerie, edicole e chi più ne ha più ne metta), giornate a selezionare il materiale migliore e ore di labor limae per ottenere quello che, speravo all’epoca, potesse essere un primo passo nel mondo del management sportivo. Tuttavia, seppure il prodotto si fosse evoluto esattamente nella direzione che avevo in mente – un “manualetto” per l’aspirante manager di calcio – leg- gendo e rileggendo il testo, le tesi e le osservazioni che esponevo mi sembra- vano così semplici, così palesi, che non pensavo potessero suscitare il massimo interesse della Commissione. È chiaro che, fortunatamente, mi sbagliavo. La possibilità di pubblicare il lavoro, offertami dalla Lega Calcio Serie C e dal- la Fondazione Artemio Franchi va, evidentemente, oltre ogni mia aspettativa ini- ziale e conferma che, purtroppo, nonostante la semplicità delle cose il mondo del pallone rotola ancora nel verso sbagliato. È evidente che una tesi redatta nel – calcisticamente parlando – lontano 2005 potrebbe apparire al lettore già superata. Tuttavia, al di là di alcuni numeri relati- vi al contesto di riferimento e di alcuni avvenimenti verificatisi nell’ultimo trien- nio, all’epoca imprevedibili, il nucleo centrale della trattazione – il modello di business delle società di calcio – risulta ad oggi ancora attuale. D’accordo con la Commissione si è provveduto pertanto, ai fini della pub- blicazione, ad una integrazione dell’opera più che ad un aggiornamento della stessa, attraverso: • l’inserimento, nel corso della trattazione, di brevi approfondimenti che rap- presentino i diversi argomenti as of giugno 2008; • la redazione di un appendice che tratti le principali evoluzioni manifestate- si negli ultimi tre anni nel mondo del business calcistico. Tale metodologia, pur ricollocando l’opera in un contesto a noi più prossimo, consente a mio parere di raggiungere un duplice vantaggio: • mantenere inalterata la struttura della trattazione, evitando di deconte- stualizzarla rispetto al periodo storico (calcistico) in cui la stessa è stata redatta; • permettere al lettore, ed allo scrivente, di verificare quali tesi sono state smentite o, piuttosto, confermate dai fatti successivi.
  • 10. 12 Nella speranza che il risultato finale sia facilmente apprezzabile dal lettore, colgo l’occasione per ringraziare ancora una volta la Commissione del Premio di Laurea Artemio Franchi che, con pazienza e perizia, anche in questa edizione ha valutato ap- profonditamente i numerosi elaborati sottoposti alla sua attenzione. Condividendo la “convinzione che l’attività professionale o volontaristica che assicura il necessario sostegno allo sport ha sempre più bisogno di un supporto di analisi e di studio dei problemi esistenti per individuare soluzioni adeguate1” spero di contribuire anche io, seppur con una zolla ed un mattone, alla costruzio- ne di un campo da gioco dove sport, spettacolo e business possano esprimere il lo- ro meglio, attraverso un corale gioco di squadra. 1 www.Lega-Calcio-Serie-C, sezione Premio Artemio Franchi.
  • 11. 13 INDICE INTRODUZIONE CAPITOLO I ORGANIZZAZIONE, SVILUPPO ECONOMICO ED EVOLUZIONE GIURIDICA DEL CALCIO IN EUROPA 1.1. L’industria del calcio 1.1.1. Il settore calcio 1.1.2. Caratteristiche del prodotto calcio 1.1.3. Il modello manageriale 1.2. Organizzazione del settore calcistico a livello nazionale ed internazionale 1.2.1. Le Federazioni 1.2.2. Le Leghe 1.2.3. Gli organi di controllo 1.3. Evoluzione giuridica del settore calcistico 1.3.1. Cenni storici 1.3.2. Da Associazioni a Società di Capitali 1.3.3. La legge n. 91/1981 sul professionismo 1.3.4. La “Sentenza Bosman” e la legge 586/1996 1.4. Il mercato calcistico Europeo 1.4.1. Le conseguenze della “sentenza Bosman” 1.4.2. La situazione attuale 1.4.3. La crescita del ricavi 1.4.4. Salari e stipendi 1.4.5. I risultati operativi 1.4.6. Le licenze U.E.F.A. CAPITOLO II IL BILANCIO DELLE SOCIETA’ CALCISTICHE 2.1. Il bilancio delle società professionistiche 2.1.1. Le N.O.I.F. (Norme Organizzative Interne della Federcalcio) 2.1.2. Il bilancio di esercizio 2.1.3. La composizione del Bilancio 2.2. Le voci di stato Patrimoniale 2.2.1. Diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei calciatori 2.2.2. Costi vivaio 2.2.3. Compartecipazioni ex art. 102-bis N.O.I.F. 2.2.4. Crediti e debiti verso società calcistiche 2.3. Le voci di Conto Economico 2.3.1. Cessione temporanea del diritto alle prestazioni sportive 2.3.2. Valore della produzione e ricavi tipici 17 19 19 19 20 22 23 23 24 25 26 26 27 28 29 30 31 32 33 35 37 39 41 41 41 42 43 43 44 46 47 50 52 53 55
  • 12. 14 2.3.3. Plusvalenze e minusvalenze da cessione dei diritti alle prestazioni sportive 2.3.4. Premi collettivi per obiettivi specifici 2.4. L’equilibrio finanziario 2.4.1. Prospetto R/I 2.4.2. Prospetto P/A 2.4.3. Prospetto P/D 2.4.4. Altri indicatori di efficienza 2.5. La prassi contabile europea CAPITOLO III LE SOCIETÀ CALCISTICHE E LA QUOTAZIONE IN BORSA 3.1. Le opportunità derivanti dalla quotazione in borsa 3.2. I fattori di rischio connessi alla quotazione 3.2.1. Rischi connessi all’alea sportiva 3.2.2. Rischi connessi al mantenimento del livello tecnico 3.2.3. Rischio di retrocessione 3.2.4. Andamento economico e finanziario 3.2.5. I contratti rilevanti 3.2.6. Verifiche fiscali e procedimenti giudiziari e sportivi 3.2.7. Rischi connessi alla possibile espansione dell’attività 3.2.8. Conflitti di interessi 3.2.9. Indebitamento delle società calcistiche professionistiche: rischio di iscrizione 3.2.10.Rischi connessi all’applicazione delle normative nazionali e internazionali in tema di trasferimenti internazionali di giocatori 3.2.11.Rischi di inadempimento contrattuale e di cambio nei trasferimenti internazionali dei calciatori 3.2.12.Rischi connessi all’evoluzione del mercato dei diritti televisivi, telefonici e Internet 3.3. L’esperienza Europea 3.3.1. L’Inghilterra, paese-guida 3.3.2. La Danimarca, second mover 3.3.3. La Francia e la Spagna 3.3.4. L’Italia 3.3.5. La situazione negli altri paesi europei CAPITOLO IV IL BUSINESS DELLE SOCIETÀ DI CALCIO 4.1. Il modello di business delle società calcistiche 4.1.1. Il circolo virtuoso delle società di calcio 4.1.2. Il vantaggio competitivo nel football 4.1.3. La scelta del modello di business 4.1.4. I ricavi nei club professionistici, uno sguardo d’insieme 58 59 59 60 62 63 63 66 68 68 69 70 71 72 73 73 74 75 75 76 77 77 77 78 78 80 80 81 82 84 84 85 88 89 92
  • 13. 15 4.2. I diritti di trasmissione delle partite 4.2.1. Storia dei diritti televisivi in Italia 4.2.2. La Gran Bretagna 4.2.3. Il digitale terrestre e il problema della contrattazione dei diritti televisivi 4.2.4. La Spagna 4.2.5. La Francia 4.2.6. La “sesta” lega europea: la Champions 4.3. Le sponsorizzazioni 4.3.1. Peculiarità dell’attività di sponsoring 4.3.2. Tendenze del mercato delle sponsorizzazioni 4.3.3. Calcio italiano e sponsor 4.3.4. La situazione europea 4.3.5. Prospettive future 4.4. Il merchandising 4.4.1. Lo sviluppo del settore 4.4.2. La situazione Italiana 4.4.3. Merchandising e sviluppo del marchio 4.4.4. Real Madrid: marchio è immagine 4.4.5. “Salento 12”: la forza del territorio 4.5. Lo stadio 4.5.1. Le entrate al botteghino 4.5.2. Il “British stadium business model” 4.5.3. La situazione in Italia CAPITOLO V ANALISI DEI CASI: MANCHESTER UNITED E JUVENTUS F.C. 5.1. Una sfida dentro e fuori dal campo 5.2. Il Manchester United 5.2.1. Mantenimento dei successi sul campo 5.2.2. Potenziamento del brand e sviluppo dei media 5.2.3. Da tifosi a clienti 5.2.4. Massimizzazione dei ricavi da stadio 5.2.5. Un modello di business sostenibile? 5.3. La Juventus F.C. 5.3.1. Mantenimento dell’eccellente livello tecnico della squadra 5.3.2. Potenziamento del brand e strategie commerciali collegate 5.3.3. Diversificazione delle fonti di ricavo 5.3.4. La strada verso il successo CONCLUSIONI APPENDICE 6.1 Introduzione 6.2. Evoluzione del contesto di riferimento 94 94 96 99 101 102 103 104 104 105 107 108 112 114 115 116 118 123 125 126 126 130 131 135 135 135 137 138 141 143 144 146 148 150 154 157 159 163 166 166
  • 14. 16 6.2.1. Calciopoli 6.2.2. Indagine dell’Antitrust sul calcio professionistico 6.2.3. Rapporto indipendente sullo sport in Europa 6.2.4. Cambiamenti negli assetti proprietari 6.3. Diritti televisivi e stadio, motori della crescita 6.3.1. Diritti Televisivi 6.3.2. Stadio di proprietà 6.4. Case studies 6.4.1. Manchester United 6.4.2. Juventus F.C. 6.5. Conclusioni BIBLIOGRAFIA 167 170 172 173 176 178 179 183 183 184 187 189
  • 15. 17 INTRODUZIONE “There was a time when they played purely for the love of the game” Fino a qualche anno fa poteva sembrare piuttosto strano proporre una tesi di laurea in economia che trattasse, solo ed esplicitamente, dell’economia collegata alle società calcistiche o, in generale, allo sport. Ancora oggi, in realtà, gli aspetti finanziari ed economici legati all’attività sportiva sono considerati da molti con sufficienza, come se fossero intrinsecamente secondari rispetto agli aspetti atleti- ci e sociali, che al contrario sono posti al centro delle preoccupazioni primarie di chi fa o organizza sport professionistico. Nonostante nel linguaggio utilizzato dai manager e dagli economisti aziendali, lo sport agonistico venga comunemente uti- lizzato come metafora della competizione a livello economico, ricorrendo spesso all’uso dei termini strategia, tattica, risorse, competenze specifiche e generiche etc, tuttavia si fa ancora fatica ad inquadrare lo sport professionistico come un set- tore economico degno di autonoma e specifica considerazione. Ciò appare piut- tosto strano se si ricordano alcune stime recenti sul giro d’affari attivato dallo sport: secondo una ricerca Deloitte & Touche del 2003 esso corrisponde a circa 31,5 miliardi di euro, pari al 2,4 per cento del PIL, con un impiego di 500.000 ad- detti diretti e indiretti. Ma come spesso è accaduto nella storia dell’umanità, le ri- voluzioni, che fossero industriali, politiche o di pensiero, si sono realizzate soltanto come risposta a particolari sfide, secondo il meccanismo del “challenge & response”. Nel caso dello sport professionistico italiano, e soprattutto del set- tore calcistico che, nel bene e nel male, ne rappresenta la punta più avanzata, ci troviamo in questi anni di fronte ad una grandissima sfida: uscire dal baratro di una crisi di cui non si riesce a vedere il fondo. Già qualche anno addietro Walter Veltroni, allora vicepresidente del Consiglio, dichiarava in un’intervista2: “Le so- cietà [calcistiche] devono fare un passo di qualità, entrare in una logica diversa, non aspettare che i soldi arrivino solo dal botteghino e dagli sponsor. Deve in- somma formarsi una cultura d’impresa: né più né meno di una normale azienda industriale. Perché il calcio, come tutto lo sport, potrà essere un elemento trai- nante per l’economia mondiale con forte capacità d’espansione anche in campo occupazionale.” Era il 1996. Ma ancora oggi aspettiamo che le società calcistiche compiano questo passo. Il presente lavoro si inserisce nel filone di una serie di studi sulle caratteristi- che strutturali, sui comportamenti degli attori organizzativi e sulle performance economiche del settore dello sport professionistico, che recentemente hanno ini- ziato a fare timidamente capolino nella letteratura economica. Lungi da noi l’i- dea di esaurire nell’ambito della presente trattazione tutti gli argomenti correlati al business in cui le società di calcio si trovano ad operare, il lavoro ci sembra pe- rò un ottimo punto di partenza per l’approfondimento di taluni argomenti. In par- ticolare, si è deciso di partire da una doverosa descrizione della storia che ha 2 L’intervista in questione è stata pubblicata su Il Sole 24 Ore del 16 settembre 1996.
  • 16. 18 caratterizzato l’industria in questione e che ne ha determinato il presente quadro organizzativo e regolamentare, in quanto non è possibile, in generale, analizzare il business e le performance di una impresa estraendola dal contesto in cui essa si trova ad operare. Si è passati quindi alla trattazione delle peculiarità del bilancio delle società calcistiche, che riflettono le specificità dell’attività svolta, ormai una attività di en- tertainment a 360 gradi, dei fattori utilizzati, gli atleti, e del prodotto offerto, rap- presentato dalla partita di calcio. Una breve parte dell’opera è stata riservata alla esposizione dei rischi e delle opportunità derivanti dalla quotazione delle società calcistiche nella Borsa Valo- ri, soprattutto per mettere in evidenza la particolarità dell’esperienza italiana ri- spetto a quelle di altri paesi. Infine, attraverso un’esposizione degli argomenti in cui costante è la compa- razione della situazione del nostro Paese con le altre realtà calcistiche e sportive più progredite, siamo giunti ad analizzare più approfonditamente i modelli di bu- siness fino ad ora implementati. Appoggiandoci agli studi più recenti in materia, si è cercato di illustrare le di- verse componenti del turnover delle imprese calcistiche, mettendo in evidenza tendenze, rischi e opportunità per il prossimo futuro. Nonostante i riferimenti a ca- si pratici, siano esse esperienze passate o realtà attuali, non manchino durante tut- to lo svolgimento del lavoro, si è comunque pensato di concludere l’opera focalizzando l’attenzione su due società in particolare, Manchester United e Ju- ventus, come summa degli spunti offerti nel corso della trattazione. Le domande che ci hanno spinto alla redazione della presente tesi, e che rap- presentano il filo conduttore di tutto quanto è stato scritto, sono: è quello delle so- cietà di calcio un business profittevole? E, se la risposta è affermativa, è possibile individuare un modello di sviluppo di tale business? E quale è questo modello? Perché, oggi, la profittabilità del business in cui opera è l’unica possibilità che il mondo del pallone ha di sopravvivere. E perchè, se è vero che “c’era una volta il calcio dei sentimenti, dei sogni an- cora possibili, dei numeri di maglia che raccontavano l’uomo prima del giocato- re: il portiere era il numero uno in tutto, nella freddezza e nella pazzia, il numero quattro era il mediano dalle gambe storte e dalla mutria severa, il numero sette volava sulle ali della sua solitudine, il numero dieci era il fine dicitore, l’esteta a volte incompreso”, se quello era il tempo di “un pallone eroico e romantico, con i campioni che nascevano all’oratorio e morivano in osteria. Un pallone, come in- segnava Jean-Paul Sartre, ‹‹metafora della vita›› o, per dirla con Mario Bene- detti, ‹‹un’anestesia››”, seppure “col passare degli anni e delle emozioni, il calcio è diventato uno sport-spettacolo amato in tutto il mondo, passione popolare dal- l’Italia al Brasile, dal Giappone al Polo Nord3.”, questo “nuovo” calcio a noi an- cora oggi emoziona, e vogliamo che continui ad emozionarci. 3 Darwin Pastorin, nella prefazione al libro di G. Falsanini e E.F. Giangreco, Le società di calcio del 2000, dal marketing alla quotazione in borsa, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ), 2001.
  • 17. 19 CAPITOLO I ORGANIZZAZIONE, SVILUPPO ECONOMICO ED EVOLUZIONE GIURIDICA DEL CALCIO IN EUROPA 1.1. L’industria del calcio “In una società sempre più terziarizzata e nella quale il tempo libero ha pro- gressivamente conquistato spazi prima destinati al lavoro, l’attività di chi of- fre svago, divertimento e, più in generale, benessere sociale ha ormai assunto un ‹‹peso›› economico di rilevanza assoluta”4. È indubbia oggigiorno l’esistenza di una vera e propria industria sportiva, la cui incidenza sulla economia del paese è misurabile in termini di numero di addetti, fatturato, valore aggiunto, così come per qualsiasi altro settore indu- striale. All’interno di tale industria sportiva, in posizione sicuramente premi- nente, si colloca il settore calcio. 1.1.1. Il settore calcio Più precisamente, seguendo l’impostazione di Piantoni5, si colloca a pieno titolo tra gli sport ad alta intensità di business, essendo caratterizzato da: • un elevato livello di penetrazione presso il pubblico, garantito dalla diffu- sione di massa della pratica sportiva; • una elevata capacità di generare flussi finanziari, sia intersettoriali (estesi anche a settori non sportivi) sia intrasettoriali (limitati al semplice contesto sportivo in esame). E i numeri a nostra disposizione non fanno che confermare tali connotati del pianeta calcio: il mondo del pallone genera un giro d’affari stagionale di 6 mi- liardi di euro solo nel nostro paese6. Ha un mercato enorme, che si è consolida- to in un secolo di sfide appassionanti e nell’ultimo decennio di bombardamento mediatico. Secondo una ricerca F.I.F.A. condotta presso le 207 federazioni nazionali che la compongono, già nel 2000 erano 240 milioni i praticanti che giocavano regolarmente a calcio in 305.000 club, capaci di mettere in campo ben 1.540.000 formazioni7. 4 R. Prodi in Sport e Business. 5 G. Piantoni, Lo sport tra agonismo, business e spettacolo, Brossura, Etas, 1999. 6 C. Condina, Campionato anno zero, in Tuttofondi S&P, Anno II n.11, settembre 2004. 7 FIFA, Big Count, Summer 2000.
  • 18. 20 In Italia si interessano al calcio in 44 milioni, mentre 31 milioni sono i tifosi e 14 milioni gli spettatori. Nella stagio- ne 2003 i ricavi della Serie A sono sta- ti 1,16 miliardi di euro, provenienti soprattutto da diritti televisivi (646 mi- lioni, il 55,6%), biglietti e abbonamen- ti (210 milioni, 18,1%) e sponsor (161 milioni, il 13,4%)8. L’Italiaèl’unicopaeseeuropeoincui sistampano3quotidianisportivi,chede- dicano quasi il 70% del loro spazio al calcio e sono letti da circa 5,9 milioni di persone, ma la televisione, e non solo quel- la a pagamento, rimane il canale privilegiato anche come strumento di informazione: con 2000 ore, il calcio occupa il 41% dello spazio dedicato allo sport dalla Tv. 1.1.2. Caratteristiche del prodotto calcio Ogni settore industriale ha caratteristiche peculiari che lo differenziano dagli altri. Il caso dello sport, e in particolare del settore del Pallone è, se possibile, an- cora più particolare. Possiamo individuare le caratteristiche economiche tipiche del prodotto calcio9: • La passione e il senso di appartenenza, il consenso diffuso. È su questo patrimonio unico e inestimabile che il settore ha storicamente costruito le sue fortune. Questo spiega anche perché un’industria, che è sta- ta caratterizzata da performances economico-finanziarie decisamente non ottimali, è sopravvissuta senza essere dilaniata da lotte intestine tra i suoni numerosi stakeholders (giocatori, spettatori, azionisti, amministratori loca- li, sponsor e dirigenti) e trovando sempre qualcuno (presidente, soci, indu- striali, enti locali, CONI, Stato) disposto a garantirne la sopravvivenza anche contro le più elementari leggi dell’economia. • La connotazione sociale che può assumere il consumo. Nel caso delle politiche di prezzo negli stadi o della trasmissione televi- siva per particolari incontri, tale caratteristica è stata anche riconosciuta in atti ufficiali come, ad esempio, l’incentivazione fiscale per biglietti più popolari, la pronuncia delle Autorità Europee sul preminente interesse pubblico che riveste la trasmissione non criptata di alcuni eventi10, o le 8 C. Condina, vd. sopra. 9 Cfr. G. Basile, G. Brunelli, M. Cazzulo, Le società di calcio professionistiche, Buffetti Editore, Roma, 1997. 10 Direttiva dell’Unione Europea 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, Televisione senza frontiere (TSF). In sintesi “La direttiva mira a garantire la libera circolazione dei servizi di telediffusione nell’ambito del mercato interno, tutelando nel contempo alcuni obiettivi importanti di interesse pubblico, come la diversità culturale, il diritto di risposta, la tutela dei consumatori e la protezione dei minori. Essa ha del pari lo scopo di promuovere la distribuzione e la produzione dei programmi televisivi europei riservandogli segnatamente una quota maggioritaria nel quadro dei programmi delle varie reti televisive”. Serie A Da uno studio più recente di Stage Up, la SerieA sembra in netta recessione rispetto al 2003: dagli sponsor 150 milioni di euro, dalla biglietteria 120 milioni,dal merchandising 160 e solo dai diritti tv 480 milioni. Ma, secondo Deloitte, «La serie A è pronta ad aumentare del 31,6% le sue entrate» per scavalcare di nuovo Liga e Bundesliga. F.Velluzzi, I tedeschi ci hanno superato, La Gazzetta dello Sport, 5 settembre 2006 Le entrate della A cresceranno del 31%, La Gazzetta dello Sport, 22 agosto 2007
  • 19. 21 ordinanze che hanno imposto la trasmissione in diretta di alcuni incontri per motivi di ordine pubblico. • La caratteristica di produzione congiunta che assume la sua fornitura. Nella messa in scena di uno spettacolo sportivo, essere di gran lunga il migliore sulla piazza, ovvero agire in regime di monopolio, non garanti- sce i migliori risultati: “una società di calcio, a differenza di una norma- le impresa, non può svilupparsi e prosperare da sola. Tra questa specie di società non c’è possibilità né di sostituzione né di concorrenza, ma c’è complementarietà di prodotti”11. Questo aspetto sposta l’attenzione sulla questione relativa all’opportunità o meno di tenere in vita, nel nostro paese, meccanismi di redistribuzione del- le risorse a tutela della sopravvivenza, nel calcio professionistico, di squa- dre di città minori dal punto di vista sociale, economico e produttivo. Il principio della mutualità12 va inteso in senso più generale della semplice difesa del calcio di provincia. Esso vale a garanzia del mantenimento, in qualsiasi tipo di competizione sportiva, dell’equità competitiva e dell’in- certezza del risultato, in assenza del quale nessun tipo di spettacolo potreb- be continuare ad attirare l’attenzione del pubblico. • L’atipicità dei meccanismi concorrenziali. Le società di calcio competono tra di loro per vincere partite, ma sono, al tempo stesso, parte integrante della medesima industria, che si sta svi- luppando in contrapposizione ad altre forme di intrattenimento, non solo sportivo. In alcuni casi, e molte significative esperienze straniere ne sono dimostrazio- ne evidente, la percezione di questa situazione ha già determinato la nascita di solidi meccanismi di cooperazione all’interno delle singole leghe o federa- zioni sportive, che convivono con il rafforzamento della concorrenza sul cam- po13 che è comunque molto segmentata visto che per i vari obiettivi di classifica competono solo pochi club. • L’incertezza e l’indeterminatezza del risultato sportivo, che anche in virtù della progressiva accentuazione di alcuni automatismi di carattere meritocratico (l’assegnazione di particolari risorse sulla base dei piazzamenti ottenuti in campionato) condizionano pesantemente il risultato 11 Cfr. P. L. Marzola, L’industria del calcio, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1990. 12 L’ultima proposta, quella presentata dal presidente della Fiorentina Diego Della Valle, prevede il passaggio della mutualità interna alla Serie A dal 18 al 30% già nella stagione in corso. Ciò significa che la società in trasferta potrebbe ricevere il 30% dei ricavi di una partita, compresi quelli provenienti dai diritti Tv. Questo per lo meno in un’ottica di breve periodo, data l’impossibilità di provvedere immediatamente ad una ridefinizione dei contratti delle singole squadre con Sky Tv che andranno in scadenza nel 2007. Sul punto cfr. D. Cencioni, Il piano di Della Valle contro Galliani, in Economy, anno 3 n.6, 10 febbraio 2005. 13 Esempi sono la costituzione della Premier League inglese, la cui mission è “gestire, migliorare continuamente ed essere considerati come la migliore competizione calcistica del mondo, dentro e fuori dal campo di gioco. Aumentare l’interesse per le nostre competizioni, promuovere l’accessibilità alle partite dal vivo ed assicurarsi che l’esposizione mediatica sia utilizzata in modo da ottenere ottimi risultati. Generare un valore commerciale crescente, usando i ricavi risultanti per accrescere ulteriormente le nostre competizioni e rafforzare il futuro di lungo periodo della FA Premier League e dei suoi Club” e la NBA del basket americano, la quale si occupa, tra le altre cose, di gestire i diritti televisivi del campionato nonché il merchandising ufficiale di tutte le franchigie associate. Sull’opportunità di rafforzare tali organismi vd. P. Bottelli, Lega Calcio guarda al modello NBA per fare marketing sul campionato, in Il Sole 24 Ore, 8 aprile 2001.
  • 20. 22 economico di fine anno14. Ciò rende troppo numerosi gli elementi tipici che sfuggono ad una reale capacità di previsione da parte del management delle società. Pertanto, sta diventando un’esigenza primaria di tutti i club calcistici professionistici quella di programmare la propria attività in mo- do da dipendere sempre meno dai ri- sultati conseguiti sul campo. Tuttavia le società calcistiche non si limitano ad operare nel settore del calcio professionistico in senso stret- to (vendita di biglietti e abbonamenti per assistere alle partite della prima squadra nell’ambito delle varie com- petizioni), ma sono attive anche nei settori dei diritti televisivi, collegati alle prestazioni del club, e delle attività promo-pubblicitarie e commerciali a carat- tere sportivo15. 1.1.3. Il modello manageriale Nonostante le grandi potenzialità di sviluppo e di redditività del settore, il mon- do del calcio non naviga in buone acque ormai da alcuni anni. Ciò è riconducibi- le soprattutto al modello manageriale di riferimento, che ha dominato per molti anni e che ancora oggi si può riscontrare in realtà importanti, fondato sul cardine del “presidente-mecenate”16. Egli è tipicamente un imprenditore di successo, il quale investe nella squadra spinto dalla passione oppure al fine di ottenere un ritorno in termini di immagine o di pubblicità. L’approccio al business è in questo caso puramente soggettivo, e normalmente poco spazio o nessuno viene lasciato a figure manageriali effettiva- mente competenti. Effetto Mondiale Un anno fa L’Italia vinceva la Coppa del Mondo di calcio. Gli economisti di Abn- Amro stimavano che l’economia ne avrebbe beneficiato con un incremento del PIL pari allo 0,7%. La crescita economica dell’anno post mondiale è stata inaspettatamente elevata, e la differenza tra previsioni e risultati è proprio intorno al 0,7 punti percentuali. Coincidenza? In ogni caso, l’impatto della Coppa sull’economia ha più senso per il Paese ospitante (costruzione di stadi, spettatori, flussi turistici), che per il Paese vincente. F. Galimberti, Effetto PIL, a un anno dalla vittoria mondiale: Italia-Germania 1-1, Il Sole 24 Ore, 9 luglio 2007 14 Da uno studio di Deloitte & Touche, Rapporto sul calcio italiano – stagione 2000/2001 – analisi economica e finanziaria, risulta che in caso di promozione, i ricavi crescono in media del 110%, gli altri costi di gestione del 41% mentre la totalità dei costi gestionali (costo del lavoro + ammortamenti + altri costi) aumenta del 55%; le plusvalenze nette da cessione dei calciatori diminuiscono del 28%; in caso di retrocessione invece i ricavi diminuiscono del 45%, gli altri costi di gestione del 10%, mentre le plusvalenze nette da cessione dei calciatori aumentano del 78%; raddoppiano gli altri proventi netti, che hanno comunque un peso relativo molto basso. 15 Un esempio di attività “collaterale” sviluppata dai club in un periodo piuttosto recente è quella dei canali tematici, che trasmettano programmi di cui la società e i giocatori siano esclusivi protagonisti. In Europa i primi canali tematici furono quelli di Manchester United, Olympique Marsiglia e Real Madrid. L’Italia ha visto nascere, con un leggero ritardo, tre canali in meno di un anno: il primo è stato Milan Channel (dicembre 1999), poi Inter e Roma (settembre 2000). Tutti e tre i canali tematici delle squadre italiane sono visibili in pay-Tv, attraverso la sottoscrizione di un abbonamento specifico, diverso da quello generale (come per esempio SportSky), il cui costo varia, per la stagione 2003/04, tra i 5 e gli 8 euro mensili. 16 Sul punto vd. A. Traversi, I guai delle società calcistiche, in Summa, gennaio 2005 e disponibile su www.consrag.it e G. Marasà, Società sportive e società di diritto speciale, in Riv. Soc., 1982, numero 3, ed in Riv. Dir. Sport., 1984.
  • 21. 23 Questo si traduce in obiettivi imposti dall’alto che spesso non scaturiscono da alcuna pianificazione strategica, ma sono espressione diretta di interessi persona- li del presidente. La scarsa considerazione per le componenti aziendali si riflette anche sulla struttura organizzativa la quale, sia per realtà di modeste dimensioni sia per club di primaria importanza, si limita a prevedere le aree strettamente ne- cessarie alla gestione tecnico-sportiva, mentre le responsabilità chiave in materia amministrativa, di marketing e finanza ricadono direttamente sul presidente o su persone prive di professionalità specifiche. 1.2. Organizzazione del settore calcistico a livello nazionale ed internazionale Le funzioni di coordinare, indirizzare e controllare il movimento sportivo nazionale sono proprie del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.). Presente già dal 1914 sebbene sotto altra forma legale, è costituito in quella at- tuale con la legge 426/42, in ottemperanza a quanto stabilito dal Comitato Olimpico Internazionale (C.I.O.), dal quale è riconosciuto, e secondo gli indi- rizzi dallo stesso forniti. Il C.O.N.I. è sottoposto a vigilanza governativa, at- traverso apposito ufficio istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dispone di organi centrali e periferici e riconosce una ed una sola fe- derazione per ciascuno sport. Il C.O.N.I., in deroga alle comuni disposizioni ci- vilistiche sui comitati, è dotato di personalità giuridica. È finanziato prevalentemente dai proventi derivanti dai concorsi a pronostico relativi al gio- co del calcio, nonché da fondi pubblici, donazioni private, da sottoscrizioni dei membri delle federazioni sportive e dai ricavi generati dagli eventi sportivi. 1.2.1. Le Federazioni Le federazioni sono organi interni del C.O.N.I. per l’esercizio delle attività sportive ricadenti nell’ambito di rispettiva competenza. In particolare la Fe- dercalcio, associazione riconosciuta di diritto privato con sede in Roma, per- segue il fine di praticare il gioco del calcio in Italia. Essa opera seguendo anche le direttive e i criteri della F.I.F.A. e della U.E.F.A., enti che perseguono l’or- ganizzazione di tornei internazionali, per nazioni e per club, e il controllo e co- ordinamento delle varie federazioni calcistiche nazionali, rispettivamente su scala mondiale e europea17. L’una e l’altra, analogamente a quanto accade per la F.I.G.C. con il C.O.N.I., sono federazioni sottoposte alle direttive del Comitato Olimpico Internazionale. 17 Art. 2 dello Statuto F.I.G.C.: “PRINCIPI FONDAMENTALI. 5. la F.I.G.C. svolge le proprie funzioni in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi della F.I.F.A., dell’U.E.F.A., del C.I.O. e del C.O.N.I., in piena autonomia tecnica, organizzativa e di gestione. La F.I.G.C. intrattiene rapporti di leale collaborazione con le autorità pubbliche e coopera con esse ai programmi di promozione e sostegno del giuoco del calcio, salvaguardando la propria autonomia.”
  • 22. 24 In particolare compete alla F.I.F.A.18 promuovere e sviluppare il gioco del calcio a livello mondiale e dettarne i regolamenti sportivi. La U.E.F.A.19, invece, si occupa in via principale dell’assunzione di provve- dimenti per lo sviluppo del calcio euro- peo, oltre la organizzazione delle competizioni di cui già si è detto. La F.I.G.C., nello svolgimento delle pro- prie funzioni di carattere pubblicistico, emana le N.O.I.F.20, che regolano l’or- ganizzazione interna della stessa e del- le società sportive affiliate e che contengono inoltre le norme in tema di ordinamento dei campionati e delle gare, tesseramento, disciplina dei calciatori, controlli sulla gestione economico-finanziaria delle società professionistiche e delle Leghe, rapporti con le Leghe e tra società e calciatori. 1.2.2. Le Leghe All’interno delle federazioni operano poi le Leghe, le quali godono di autono- mia organizzativa e amministrativa per il perseguimento di scopi ad esse deman- dati. La diversa attribuzione di competenze riflette i diversi livelli in cui è suddiviso il gioco del calcio in Italia: • le società che disputano i campionati nazionali di Serie A e B si associano nella Lega Nazionale Professionisti; • le società che disputano i campionati nazionali di Serie C1 e C2 si associa- no nella Lega Professionisti di Serie C; • le società che disputano tutti gli altri campionati (Interregionale, Regionale, Divisione Calcio Femminile, Divisione Calcio a 5) si associano nella Lega Nazionale Dilettanti. Sono pertanto considerati “professionisti” soltanto i giocatori di Serie A, B, C1 e C2. Oltre ai compiti esecutivi demandati dalla F.I.G.C., tra le principali funzioni delle Leghe vanno ricordate la rappresentanza delle società affiliate nei loro rapporti con la F.I.G.C. e con i terzi21, nonché nella stipula di contrat- ti e accordi di lavoro. È infine attribuzione propria delle Leghe l’organizzazio- ne dell’attività agonistica. Le società inoltre sono tenute ad inviare alla Lega i propri bilanci ed i dati relativi alla contabilità societaria, nonché a comunicare 18 La Fédération Internationale de Football Association ha sede a Zurigo, Svizzera, dove fu fondata il 21 Maggio 1904. Associa 207 federazioni di calcio nazionali costituendo la più grande organizzazione calcistica del mondo. 19 La Union of European Football Associations, con sede a Nyon, Ginevra, Svizzera, fu fondata il 15 Giugno 1954 e associa le federazioni di calcio europee. 20 Norme Organizzative Interne della Federcalcio, ne tratteremo più approfonditamente nel corso del secondo capitolo, precisamente nel paragrafo 2.1.1. 21 Nel primo caso si fa riferimento in particolare ad ammende e squalifiche, nel secondo ha una importanza preminente il discorso legato ai diritti televisivi e d’immagine, di cui si parlerà più avanti. I numeri della FIFA Pur essendo un’associazione senza scopo di lucro, la FIFA nel 2006 ha incassato 912 mln di franchi svizzeri, nel 2005 erano 874 mln. L’utile ha raggiunto i 303 mln di franchi svizzeri (188 mln di euro) contro i 214 mln del 2005 (+37,6%) e i 158 del 2004. La Coppa del Mondo 2006 ha generato ricavi per 2.858 mln di franchi (1.660 mln di diritti tv) e spese per 881 mln. Sono stati versati 332 mln alle 32 squadre finaliste, 1 milione ciascuna più un premio per il risultato (al vincitore, l’Italia, 24,5 mln). G. Dragoni, FIFA, il bilancio record di Blatter, Il Sole 24 Ore, 29 maggio 2007
  • 23. 25 tutti gli emolumenti a qualunque titolo erogati ai propri giocatori. La Lega co- ordina il trasferimento dei giocatori, garantendo il versamento dei prezzi concor- dati per la cessione e svolgendo anche l’attività di “camera di compensazione” relativamente al pagamento degli stessi. 1.2.3. Gli organi di controllo Un altro organo proprio costituito dalla F.I.G.C., ai sensi dell’art. 78 del N.O.I.F., è la CO.VI.SO.C. (Commissione di Vigilanza sulle Società di calcio pro- fessionistiche). Essa esercita le proprie funzioni secondo un regolamento interno approvato dalla F.I.G.C., la quale assicura alla Commissione anche i mezzie il per- sonale necessari per operare, attraverso una segreteria e un gruppo di ispettori con specifiche competenze professionali. A norma dell’art. 12, comma 1, della Legge 23 Marzo 1981 n.9122, alla CO.VI.SO.C. spettano poteri di controllo, esercitati sulla gestione economico- finanziaria delle società per garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi, nonché poteri propositivi, attraverso pareri e proposte indirizzati alla F.I.G.C., ai fini di individuare gli indirizzi e i criteri per l’esercizio dei poteri spettanti alla stessa. Dal punto di vista contabile, le società di calcio professio- nistiche italiane sono obbligate a tenere la contabilità secondo i criteri disposti dalla F.I.G.C. e, dal punto di vista finanziario, sono obbligate al raggiungi- mento del corretto rapporto tra ricavi e indebitamento, rappresentante l’equili- brio gestionale, che non deve essere inferiore a tre23. Questo parametro costituisce la condizione essenziale per l’iscrizione ai campionati e per il ver- samento dei contributi federali alla società. Attraverso l’art. 90-bis delle N.O.I.F. è stata istituita la CO.A.VI.SO.C., la quale ha il compito di esprimere parere motivato alla F.I.G.C. sui reclami proposti dalle società contro i prov- vedimenti di non ammissione ai campionati e quelli della CO.VI.SO.C. relati- vi al mancato rispetto del rapporto ricavi/indebitamento ed all’ammissione alle operazioni di acquisizione del diritto alle prestazioni dei calciatori. La norma- tiva della F.I.G.C. prevede anche un sistema sanzionatorio, rappresentato dal Codice di Giustizia Sportiva, volto a reprimere l’inosservanza delle disposi- zioni federali. Tale codice contiene la definizione di illecito sportivo e ammi- nistrativo, indica i diritti e i doveri delle società affiliate in materia di tesseramenti e cessioni, sancisce la responsabilità delle società, a volte anche oggettiva, sia per il fatto dei propri tesserati e dirigenti, sia per i fatti violenti compiuti dai propri sostenitori, e determina le sanzioni per le violazioni. 22 Modificato dalla legge 18 novembre 1996, n.586 e successivamente il 17 marzo 2003 per rendere più severi i controlli economici-finanziari sulla gestione della società e per l’iscrizione delle squadre ai campionati 2004/2005. 23 Art. 85, 3° comma delle Norme Organizzative Interne della Federcalcio. A proposito si veda il paragrafo 2.4.1. del presente lavoro.
  • 24. 26 1.3. Evoluzione giuridica del settore calcistico Durante la storia più che centenaria di questo sport i club si sono trovati ad agire in un contesto ambientale in continua trasformazione e le istituzioni han- no dovuto più volte intervenire modificando il quadro normativo di riferimen- to. È possibile riassumere in alcuni momenti salienti il passaggio dal calcio-gioco al calcio-business. 1.3.1. Cenni storici Il calcio moderno nasce nell’Inghilterra di metà Ottocento, praticato dagli stu- denti delle public school e delle università. La prima società calcistica, lo Shef- field Club, è fondata nel 1855. Soltanto alcuni anni più tardi, precisamente il 23 Ottobre del 1863, viene costituita l’English Football Association24. Il gioco del calcio si diffonde velocemente, prima in Inghilterra (nel 1882 si contavano già un migliaio di società) quindi nel resto d’Europa. In Italia le prime società calcistiche nascono nell’ultimo decennio del 1800. Nel 1898 nasce la “Federazione Italiana de Football” che organizza il primo campionato nazionale disputato in un’unica giornata a Torino. È però il 15 Mar- zo del 1898 che viene costituita la Federazione Italiana Giuoco Calcio, l’attua- le F.I.G.C., come “l’associazione che riunisce le società, le associazioni e gli altri organismi affiliati che perseguono il fine di praticare il giuoco del calcio in Italia”25. Inizialmente le società di calcio nacquero come piccoli club di praticanti, per cui la fattispecie giuridica generalmente adottata era l’associazione non ricono- sciuta, regolamentata dagli art. 36, 37 e 38 del Codice Civile. Tali norme preve- dono che essa non possegga personalità giuridica e che gli associati costituiscano, attraverso l’apporto di beni e contributi, un “fondo comune” di cui gli stessi non possono chiedere la divisione né pretendere la quota di recesso finché esista l’as- sociazione stessa. Questo fondo ha la funzione di garanzia per i terzi, anche se gli associati rimangono comunque responsabili26. La regolamentazione dettata per le associazioni non riconosciute consente grande libertà contrattuale per gli associati, i quali si riuniscono per il raggiungi- mento di uno scopo ideale comune, come quello della pratica sportiva. Tuttavia la fattispecie giuridica in questione pone non poche problematiche legate all’amministrazione e alla mancanza di precise forme di controllo della gestione. Queste problematiche si mostrarono in tutta la loro evidenza durante gli anni ’60, per effetto della crescente importanza economica e finanziaria dell’attività 24 U. Lago, A. Baroncelli, S. Szymansky, Il business nel calcio. Successi sportivi e rovesci finanziari, Egea, Milano, 2004 25 Art. 1 dello Statuto della F.I.G.C. 26 L’art. 38, al primo comma, recita : “Per obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune”. Il comma secondo, dello stesso articolo: “Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”.
  • 25. 27 calcistica, la quale cominciava ad evidenziare le sue enormi potenzialità in termi- ni di flussi di capitali e movimenti di interessi provenienti da diversi settori. Gli effetti economici immediati furono27: • la vecchia “associazione sportiva” si trovò nell’impossibilità di far fronte al- le spese crescenti con il semplice contributo dei propri associati e, pertanto, cominciò a rivolgersi al mercato, assumendo caratteri sempre più imprendi- toriali. Ogni club offriva al pubblico un servizio, lo spettacolo sportivo, con- tro il pagamento di un prezzo commisurato alla qualità dell’offerta e all’entità della domanda; • la figura del praticante-associato scomparve e lasciò il posto alla figura del- l’atleta professionista (per il riconoscimento e la disciplina giuridici si do- vrà aspettare però il 1981), che non faceva parte dell’associazione, ma prestava la sua opera a favore della stessa contro il pagamento di un com- penso proporzionale al livello qualitativo delle prestazioni rese; • nascono le prime S.p.A. calcistiche28, nonostante l’esistenza dell’art. 25 del regolamento del C.O.N.I.29. 1.3.2. Da Associazioni a Società di Capitali Un’accelerazione al processo di trasformazione fu data da due provvedimenti della F.I.G.C. presi nel corso del 196630. Per ovviare alla situazione economico- gesionale criticamente deficitaria fu stabilito: • lo scioglimento delle vecchie associazioni militanti nei campionati profes- sionistici (Serie A e Serie B)31; • la contestuale rinascita delle stesse come società commerciali dotate di per- sonalità giuridica; • la obbligatorietà dell’esistenza della personalità giuridica per l’iscrizione al campionato 1966-1967. Tale delibera non ebbe seguito così come fu prospettata, per effetto dell’in- tervento della Corte di Cassazione. Lo scioglimento diretto di un ente privato è infatti una sanzione eccezionale e come tale deve fondarsi su una specifica disposizione di legge. Provvidero comunque i club al raggiungimento dello scopo. Essi delibera- rono lo scioglimento delle associazioni nelle rispettive assemblee e la costitu- zione di nuove società di capitali da parte dei membri degli organismi che erano stati sciolti. 27 Cfr. M. Braghero, S. Perfumo, F. Ravano, Per sport e per business. È tutto parte del gioco, Franco Angeli, Milano, 1999. 28 Cfr. M.T. Cirenei, Società di calcio e fallimento, in Riv. Dir. Comm., n. 2/1973, che cita gli esempi della S.p.A. Torino, costituita nel 1959, della S.p.A. Modena Football Club, costituita nel 1962, e della S.p.A. Calcio Napoli, costituita nel 1964. 29 “Le società e le associazioni sportive non devono avere scopo di lucro”. 30 Si fa riferimento al comunicato ufficiale n. 51 del 21 dicembre 1966 della F.I.G.C. 31 Con delibera del 16 settembre 1966 il Consiglio Direttivo Federale stabilì di sciogliere i Consigli direttivi delle associazioni calcistiche e di nominare un Commissario Straordinario per ciascuna di esse con i pieni poteri gestionali, allo scopo di procedere alla liquidazione delle stesse ed alla loro costituzione in Società per Azioni.
  • 26. 28 In questo modo si realizzò anche lo scopo di immettere nel sistema denaro fresco, attraverso le sottoscrizioni di capitale delle nuove società. Fu redatto dalla Federazione anche uno “statuto-tipo”32, che doveva servire a salvaguar- dare i fini sociali delle società calcistiche, configurando un tipo di S.p.A. ano- malo, perché detto statuto conteneva ancora “l’obbligatoria assenza di fini di lucro, sotto qualsiasi forma”33. Il conseguimento di eventuali utili (lucro oggettivo) doveva essere necessa- riamente destinato al potenziamento dell’attuazione delle finalità sportive, di cui veniva sempre riaffermata la centralità. Le finalità perseguite con la legge del 196634 evidentemente non furono rag- giunte, se il bilancio complessivo delle squadre di serie A e B passò da un pas- sivo 18 miliardi di lire nel 1972 a uno di ben 86 miliardi nel 1980. 1.3.3. La legge n. 91/1981 sul professionismo Ma il primo tentativo di regolamentazione dello sport professionistico in Ita- lia si ha nel 1981, con la legge n. 91 del 23 marzo35. Di particolare rilevanza fu l’abolizione del cosiddetto “vincolo sportivo”36, istituto secondo il quale la società sportiva era titolare del “diritto di utilizzazione esclusiva delle prestazioni di ciascun suo giocatore”, con il potere quindi di im- pedirne il trasferimento se richiesto da un’altra società. All’art. 3 della legge in parola si stabilisce inoltre che “la prestazione a titolo oneroso dell’atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato” per la cui stipula è richiesta la forma scritta sotto pena di nullità, ed è anche prevista la possibilità di apporre un termine risolutivo, non superiore a cinque anni, dalla da- ta di inizio del rapporto. È ammessa anche la cessione del contratto, prima della scadenza, da una so- cietà sportiva ad un’altra con il consenso del giocatore professionista e nel rispet- to delle norme imposte dalle Federazioni sportive nazionali. Viene introdotto poi un “premio di addestramento e formazione tecnica” che le società che stipulano il primo contratto con l’atleta professionista devono cor- rispondere in favore della società o associazione sportiva presso la quale egli ha svolto la sua ultima attività dilettantistica o giovanile. Inoltre la legge, come quella del 1966, riconosce sì all’impresa sportiva il lu- cro oggettivo, cioè la possibilità di creare utili, ma non il lucro soggettivo e cioè la possibilità di dividerli tra i soci. 32 Delibera del 16 dicembre 1966. 33 Art. 3, primo comma dello “statuto-tipo”. 34 Tra queste ricordiamo: definire le responsabilità dei rappresentanti legali, imporre il rispetto di direttive omogenee di gestione e rispettare le disposizioni in materia societaria e fiscale, ma soprattutto sanare le posizioni di debito delle associazioni 35 La legge è pubblicata in Gazz. Uff. n. 86 del 27 marzo 1981. 36 L’art. 16 “Abolizione del vincolo sportivo” al primo comma recita: “Le limitazioni alla libertà contrattuale dell’atleta professionista, individuate come «vincolo sportivo» nel vigente ordinamento sportivo, saranno gradualmente eliminate entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo modalità e parametri stabiliti dalle federazioni sportive nazionali e approvati dal CONI, in relazione all’età degli atleti, alla durata ed al contenuto patrimoniale del rapporto con le società”.
  • 27. 29 In pratica, in base ad una apposita clausola dell’atto costitutivo, gli utili even- tualmente conseguiti dovevano essere reinvestiti interamente nella società per il perseguimento di finalità connesse con l’attività sportiva37. La legge imponeva anche che, nel caso di scioglimento della società, il socio potesse ottenere solo il rimborso del valore nominale delle azioni e delle quote possedute, mentre l’eventuale residuo attivo fosse devoluto al C.O.N.I.38. 1.3.4. La “Sentenza Bosman” e la legge 586/1996 Ulteriore spinta alla trasformazione dell’industria calcistica venne da una sen- tenza emessa dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, il 15 Dicembre 1995, la cosiddetta “Sentenza Bosman”39. Questa sentenza liberalizzava nella pratica i trasferimenti di atleti professioni- sti comunitari tra i paesi membri, aboliva ogni limitazione numerica relativa al- l’impiego di giocatori “stranieri” imposta dalle Federazioni nazionali e sopprimeva la necessità del versamento dell’indennità di preparazione e promo- zione al club che cedeva il giocatore comunitario. Inoltre, essa spinse il parlamento italiano ad intervenire, visto che l’indennità di preparazione era prevista dall’articolo 6 della legge numero 91/1981, con il D.L. 17 Maggio del 1996, n. 272. Questo provvedimento aboliva tale “articolo 6” e permetteva inoltre alle so- cietà sportive di iscrivere nell’attivo patrimoniale, in un apposito conto, un im- porto pari al valore delle indennità di preparazione e promozione maturate (e certificate dalla F.I.G.C.) alla data del 30 Giugno 1996, per poi procedere al loro ammortamento entro 3 anni, permettendo così alle società di “diluire” le minu- svalenze, a volte ingenti, derivanti da questo abbattimento dei parametri40. Veniva altresì eliminato l’obbligo di reinvestimento degli utili per le società professionistiche41, con un solo limite: una quota pari al 10% del risultato di eser- cizio doveva essere devoluto a scuole di formazione sportiva. 37 Art. 10, comma 2 della legge 23 Marzo 1981, n. 91. 38 Art. 13, comma 2 leg. cit. 39 I fatti in sintesi: la Federazione calcistica belga aveva impedito il trasferimento di J.M.Bosman dal Liegi FC al club transalpino del Dunkerque. Il Liegi decise di ridurre lo stipendio al giocatore a un milione di lire al mese ed egli avversò tale decisione ricorrendo al foro competente di Liegi. Questo ritenne fondate le sue ragioni, anche in merito all’indennità di trasferimento in caso di accordo del giocatore con un altro club. Dopo alterne vicende la Corte d’Appello di Liegi si rivolse alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee per verificare la compatibilità dei regolamenti calcistici nazionali ed internazionali, in materia di indennità di trasferimento con il Trattato dell’Unione, sia sotto il profilo della normativa antitrust che sotto quello della libera circolazione dei lavoratori. La Corte di Giustizia verificò l’incompatibilità con gli articoli 48, 85 e 86 del Trattato. In particolare l’art. 48 “osta ad un’indennità di trasferimento, formazione e promozione; osta al limite di schierare un certo numero di giocatori stranieri in campo (principio della libera circolazione dei cittadini comunitari); non può essere fatto valere con riguardo a sanzioni giuridiche già definite, mentre va fatta eccezione per coloro che, prima del 15/12/1995 abbiano intentato azioni giudiziarie o esperito rimedi equivalenti.” Il 22 Dicembre 1998 la Federazione belga riconoscerà a Bosman un risarcimento di circa 16 milioni di franchi (770 milioni di lire). 40 Cfr. N. Forte, I bilanci delle società sportive dopo la sentenza Bosman, in Riv. Dir. Sport., 1997. 41 Su questo punto cfr. G. Millozza, Le società sportive: un problema sempre aperto, in Le società, 1985, il quale si domandava “perché l’utile ricavato dall’attività in parola debba essere visto con sospetto e quindi proibito, se percepito dai soci che rischiano capitali considerevolissimi, e vengono invece giudicate lecite e conformi ai tempi le retribuzioni favolose di certi atleti”.
  • 28. 30 Da allora le società di calcio divennero società di capitali in tutto e per tut- to, ponendo fine a “quell’elemento di anomalia causale rispetto al sistema co- dicistico”42, consistente nella previsione di una società di capitali senza finalità lucrative soggettive. Assenza che era stata avvertita come “anacronistica e bi- gotta”43 già dal suo sorgere nel lontano 1966: “un tentativo farisaico di aval- lare un’immagine del finanziatore dell’attività, cioè dell’azionista delle società sportive, assai simile a quella di un mecenate, interessato ai successi della propria squadra e del tutto alieno da (biechi) interessi economici”44. Il decreto del 20 Settembre 1996 n.485 introdusse una ulteriore novità: la pos- sibilità di ricorrere all’azionariato popolare45: l’art.10 infatti non considerava “sollecitazione al pubblico risparmio” il collocamento di azioni per importi uni- tari non superiori a 10 milioni di lire. Infine con la legge 18 Novembre 1996 n. 586, che convertiva il decreto in pa- rola, oltre a determinare l’allargamento dell’oggetto sociale delle compagini cal- cistiche, dovendo l’atto costitutivo “prevedere che la società possa svolgere esclusivamente attività sportive ed attività ad esse connesse o strumentali”46, si in- trodusse l’obbligo del Collegio Sindacale per tutte le società sportive professioni- stiche, anche quelle costituitesi in forma di S.r.l., derogando così alle disposizioni dell’allora articolo 2488 del Codice Civile47. Con questa disposizione le società diventarono libere di gestirsi senza vincoli, internalizzando i controlli e acquisendo notevole autonomia, e fu lasciata alla CO.VI.SO.C. la sola verifica dell’equilibrio finanziario allo scopo di “garantire il regolare svolgimento dei campionati”. Il percorso appena descritto che ha portato dalle associazioni sportive sorte per il solo fine della pratica del gioco, alle società di capitali inserite nel più ampio set- tore dell’entertainment è riassunto dalla tabella che segue. 42 Cfr. G. Marasà, Le società senza scopo di lucro, Giuffrè, Milano, 1984. 43 Così G. Millozza, Le società sportive: un problema sempre aperto, in Le società, 1985, n.391. 44 Ancora G. Marasà, Società sportive e società di diritto speciale, in Riv. Soc., n. 3/1982, ed in Riv. Dir. Sport., 1984. 45 È uno dei modelli societari che è tornato in voga nel periodo di crisi del mondo del calcio. Il concetto del tifoso-azionista è legato all’idea che la squadra di calcio, per quanto Società per Azioni, sia sempre una realtà legata al territorio che, soprattutto nei club minori, può sempre contare su un bacino di spettatori-tifosi-clienti. Cfr. V.Carlini, Il pallone è in crisi, ma l’UEFA può dare un calcio ai problemi, in Tuttofondi S&P, anno 2 n. 6, Marzo 2004. 46 Il testo originario dell’art. 4, 1° comma, lett. B del decreto in parola prevedeva tout court la soppressione del 2° comma dell’art. 10, L. 91/1981. 47 “La nomina del collegio sindacale è obbligatoria se il capitale sociale non è inferiore a duecento milioni di lire o se è stabilita nell’atto costitutivo”. Oggi tale articolo, in seguito alla riforma del diritto societario, sulla base del d.lgs. n. 6/2003, è sostituito dal 2477 : “Controllo legale dei conti. L’atto costitutivo può prevedere, determinandone competenze e poteri, la nomina di un collegio sindacale o di un revisore. La nomina del collegio sindacale è obbligatoria se il capitale sociale non è inferiore a quello stabilito per le società per azioni.”
  • 29. 31 Fig.n.1.1:L’evoluzione dei club calcistici. L’ultimo intervento legislativo rilevante in materia è rappresentato dal D.L. n. 282/2002, convertito nella legge 21 Febbraio del 2003, n. 27 con il quale sono state dettate “disposizioni in materia di bilanci delle società sportive professionistiche”48. Ma di esso si darà conto, qualora si rivelasse necessario, nel prosieguo della trattazio- ne, non avendo avuto particolare incidenza sull’evoluzione della struttura giuridica e organizzativa dei club professionistici, di cui qui si voleva trattare. 1.4. Il mercato calcistico Europeo Abbiamo avuto modo di vedere che il 1996 è stato un anno di svolta per tutte le società di calcio professionistiche che militavano nei campionati Europei. Ciò a causa della sentenza della Corte di Giustizia Europea datata 15 Dicembre 1995, la ormai famosa “sentenza Bosman”49. Orientamento del club al mercato Social Oriented No Profit Oriented Business Oriented Dimensione economica del settore Limitata Progressivamente maggiori Estesa ed integrata con altri settori di mercato Interessi economici da tutelare Poco rilevanti Progressivamente maggiore Indispensabile un controllo pubblico ed un’adeguata tutela dei terzi 1960-1981 1981-1996 1996-2000 Norme di riferimento Statuto delle Federazioni Sportive 23 Marzo 1981, n. 81 18 Novembre 1996, n. 586 Forma del club Associazione S.p.A. o S.r.l. - atipica S.p.A. o S.r.l. Scopo del club Sportivo & Ludico Non lucrativo: gli utili vanno reinvestiti per il perseguimento dell’attività sportiva (art.10) Divisione degli utili: il 10% degli utili va destinato ad una formazione tecnico sportiva (art. 4, b-bis) Organizzazione del club Inesistente: Mecenatismo puro Elementare: gestione orientata al risultato sportivo Complessa: struttura a matrice; necessità di integrare e conciliare lo sport col business Fonte: Braghero, Perfumo, Ravano 48 Art. 3. “Proroga delle disposizioni in materia di affrancamento di riserve e disposizioni in materia di bilanci delle società sportive professionistiche”. Art. 1-bis: “Dopo l’articolo 18 della legge 23 marzo 1981, n. 91, è aggiunto il seguente: «Art. 18- bis. (Disposizioni in materia di bilanci). – 1. Le società sportive previste dalla presente legge possono iscrivere in apposito conto nel primo bilancio da approvare successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione tra le componenti attive quali oneri pluriennali da ammortizzare, con il consenso del collegio sindacale, l’ammontare delle svalutazioni dei diritti pluriennali delle prestazioni sportive degli sportivi professionisti, determinato sulla base di un’apposita perizia giurata. 2. Le società che si avvalgono della facoltà di cui al comma 1 devono procedere, ai fini civilistici e fiscali, all’ammortamento della svalutazione iscritta in dieci rate annuali di pari importo»”. 49 Cfr. paragrafo 1.3.4 di questo capitolo.
  • 30. 32 1.4.1. Le conseguenze della “sentenza Bosman” L’eliminazione dell’indennità coincise con un momento di fortissima espan- sione del calcio, dovuto in grandissima parte alla trasformazione dello spettacolo calcistico in format televisivo. La liberalizzazione del mercato del lavoro per i calciatori ha modificato pe- santemente il rapporto di forza tra gli attori del sistema (società, calciatori e tec- nici) a favore dei prestatori d’opera. I protagonisti dello spettacolo offerto sul terreno di gioco sono gli atleti e i club, al fine di offrire al pubblico lo spettacolo più attraente e di conseguenza strappare agli sponsor e alle pay-Tv contratti più lu- crosi, devono assicurarsi i giocatori migliori. Questi ultimi sono così in grado di comandare una sorta di asta tra i club, che si risolve a favore di chi propone l’of- ferta più vantaggiosa. La necessità per i club di grandi e anche di medie dimensioni di partecipare a più competizioni contemporaneamente spinge ad allargare progressivamente la “rosa” dei giocatori sotto contratto. Infine l’aumento del costo dei giocatori e l’al- largamento della rosa obbligano i club a nuove fonti di entrata. 1.4.2. La situazione attuale “Più di 10 miliardi di euro di fatturato in Europa, un tasso di crescita com- plessivo nei mercati più forti superiore al 20%. Singoli club con quasi 50 milioni di appassionati sparsi per il mondo. Ascolti televisivi per EURO 2004 superiori del 26% rispetto all’edizione precedente. E nonostante questi brillanti risultati, l’intera industria del Pallone è stata in- capace di raggiungere una redditività sostenibile”50. Lo spunto da cui si sviluppa uno studio diA.T. Kearney sulle strategie vincen- ti per il calcio, inquadra in maniera per- fetta la situazione attuale dell’industria calcistica nel Vecchio Continente. Nell’ultimo rapporto annuale sul cal- cio europeo redatto dallo Sports Busi- ness Group della società di consulenza Deloitte&Touche,chefariferimentoal- lastagione2002/200351,laPremierLea- gue Inglese rimane davanti alle altre leghe per ricavi e utili. Il tasso di cresci- ta è stato del 10%, superiore a quello de- gli altri campionati, e il fatturato è passato da 1,7 miliardi di euro a 1,79. La situazione Europea La Germania, come dimostra lo studio condotto da Stage Up,ha saputo capitalizzare e monetizzare l’organizzazione del Mondiale 2006, e oggi è distanziata soltanto dal ricco campionato inglese nella classifica dei ricavi. La Bundesliga ha raggiunto un miliardo e 350 milioni,secondo solo ai 2 miliardi degli inglesi L’Italia arriva ad un totale di un miliardo e 200 milioni,solo cento milioni in più degli spagnoli della Liga. F.Velluzzi, I tedeschi ci hanno superato, La Gazzetta dello Sport, 5 settembre 2006 50 A.T. Kearney, Playing for profits, winning strategies for football in Europe and around the globe, 2004. 51 Deloitte & Touche Annual Review of football finance, july 2003.
  • 31. 33 I ricavi medi per club sono di 89 milioni di euro contro i 65 milioni delle squa- dre di Serie A. La Serie A mantiene il secondo posto per ricavi, precedendo di po- co la Bundesliga. Il nostro campionato ha ripreso a crescere dopo la battuta d’arresto del 2001/2002, realizzando un fatturato totale pari a 1,16 miliardi di eu- ro, mentre il campionato tedesco si è fermato a 1,1. La Liga Spagnola si piazza solo al 4° posto con 847 milioni di euro di fattura- to, seguita dal campionato Francese con 689 milioni di euro. 1.4.3. La crescita dei ricavi Apartire dagli ultimi anni ‘90 il calcio ha sperimentato incredibili livelli di cre- scita, che sono rimasti sostenuti per un periodo di circa sei anni, così che i club compresero, e capitalizzarono, il loro effettivo valore finanziario. Nelle ultime tre stagioni alcune Leghe hanno continuato a crescere in maniera sostenuta, altre invece hanno rallentato. Fig.n.1.2:Crescita del Fatturato nelle 5 maggiori leghe Europee. Ns.elaborazione da dati Deloitte &Touche Per contestualizzare la crescita del mercato e la leadership del campionato In- glese, ci basta considerare due dati: • la Premier League ha un fatturato superiore rispetto a quelli di Francia e Ger- mania presi congiuntamente nella stagione 2002/2003; • il suo fatturato è maggiore del 54% rispetto a quello della Serie A Italiana, quando nella stagione 1999/2000 era superiore solo del 12%.
  • 32. 34 In Francia ed Italia gli elevati livelli di crescita raggiunti nell’ultimo lustro de- gli anni ’90, soprattutto grazie ai contratti di cessione dei diritti televisivi stipula- ti in quegli anni, sono stati seguiti da un periodo di consolidamento. Nella stagione 1999/2000 il fatturato in entrambi i paesi crebbe del 50%, ma il tasso di crescita è diminuito drasticamente nel 2000/2001 scendendo al 9% in Italia e al 6% in Francia. Nel 2000/2001 i ricavi sono stati praticamente statici mentre hanno ricominciato a crescere nell’ultima stagione. L’andamento della crescita in questi due paesi, particolarmente dipendente dagli introiti derivanti dai diritti televisivi, dimostra l’importanza della diversificazione e massimizza- zione delle fonti di ricavo. Fig.n.1.3:Il mercato calcistico Europeo. Ns.elaborazione da dati Deloitte &Touche Caratteristica saliente del calcio Europeo, presente già in passato ma acuitasi dopo la sentenza Bosman, è la crescente polarizzazione fra grandi e piccole squadre. È un fenomeno al cen- tro del dibattito anche in Italia, il cui campionato in effetti guadagna il pri- mo posto in Europa anche secondo il rapporto Deloitte & Touche.Le prime 5 squadre di Serie A52 nel 2002/2003 hanno realizzato il 70% dei ricavi tota- li, contro il 60% in Spagna e il 46% in Inghilterra, nonostante questa veda La crescita continua Il mercato europeo del calcio cresce del 9% e raggiunge i 12,6 miliardi di Euro.Secondo lo studio di Deloitte tra le 5 grandi d’ Europa le società della Premier League inglese rimangono in testa in termini di ricavi (2 miliardi di euro) e profitti (200 milioni). Per l’Italia nel 2006-07 ci si aspetta una diminuzione dei ricavi fino a 1,2 miliardi di euro: sotto Inghilterra, ma anche Germania e Spagna (1,3 miliardi). Fatturato Italia quarto d’Europa, La Gazzetta dello Sport, 31 maggio 2007 52 Juventus, Milan, Inter, Lazio e Roma.
  • 33. 35 Manchester United, Arsenal e Chelsea tra i club più ricchi d’Europa53. Le cinque maggiori leghe europee realizzano un fatturato totale di 5,6 miliardi di euro, con un tasso di crescita del 7% circa, ma se si includono anche gli altri campionati e la U.E.F.A. il totale sale a 10,3 miliardi di euro54. 1.4.4. Salari e stipendi Molteplici studi55 hanno dimostrato che esiste una certa relazione tra il livello di salari e stipendi di un club rispetto ai suoi competitori ed i risultati sportivi rag- giunti, funzione delle performance dei giocatori ingaggiati. Per questo il principale problema che si pone in ogni club è quello di bilancia- re il desiderio di avere la migliore squadra possibile e la necessità di mantenere un livello di spesa sostenibile nel lungo periodo, in relazione ai ricavi. La principale causa del dissesto finanziario di club italiani ed esteri negli ulti- mi anni è stato proprio il divaricarsi della forbice tra fatturato e spese per salari e stipendi. Questi ultimi sono cresciuti a ritmi incompatibili con un equilibrio fi- nanziario di lungo periodo. Fig.n.1.4:Salari e stipendi nelle 5 maggiori Leghe Europee. Ns.elaborazione da Deloitte &Touche 53 Nella speciale classifica redatta nel Marzo 2004 da Deloitte & Touche, la Deloitte Football Richlist, il Manchester United occupa la prima piazza, l’Arsenal la settima, il Liverpool l’ottava posizione, il Newcastle United la nona e il Chelsea occupa il decimo posto. 54 Andrebbero inseriti i valori di tutte le “serie” in cui si dividono le leghe europee, i ricavi delle federazioni nazionali, della U.E.F.A. Champions League ecc. 55 Cfr. Lucifora e Simmons (2003), Forrest e Simmons (2000), Carmichael, Forrest e Simmons (1999). Sul punto vd. anche U. Lago, A. Baroncelli, S. Szymanski, Il business del calcio. Successi sportivi e rovesci finanziari, Egea, Milano, 2004.
  • 34. 36 Mentre i ricavi sono quasi triplicati rispetto alla stagione 1995/1996, le spe- se per salari e stipendi sono quasi qua- druplicate nello stesso periodo. Nel 2001/2002 il rapporto tra salari e stipen- diericaviavevaraggiuntocifrerecordin tre dei quattro campionati di cui si hanno dati attendibili, l’eccezione era la Ger- mania dove il rapporto si era sempre at- testato attorno al 50%. Una inversione di tendenza si è avu- ta nell’ultima stagione, in cui anche l’I- talia, precedentemente in testa a questa specialeclassificaconunratiodel90%perl’effettocombinatodellastazionarietàdei ricaviedellacrescitadeisalari,èscesaal76%.LaGermaniarimanequellaconilrap- porto più basso (45%). Fig.n.1.5:Rapporto Salari e stipendi / Ricavi 1995/96 1996/97 1997/98 1998/99 99/2000 2000/01 2001/02 2002/03 Inghilterra 50% 47% 52% 58% 61% 61% 62% n.d. Italia 57% 58% 64% 72% 62% 75% 90% 76% Spagna 53% 44% 53% 56% n.d n.d n.d n.d Germania 46% 46% 51% 51% 54% 50% 49% 45% Francia 58% 61% 69% 69% 53% 64% 69% n.d. Fonte:Deloitte &Touche In Francia la situazione per i club è ancora peggiore, poiché devono af- frontare un doppio problema: non so- lo hanno un livello di ricavi più basso con cui pagare giocatori e membri dello staff, ma scontano anche un re- gime fiscale penalizzante, che li ob- bliga a pagare salari lordi più elevati per permettere ai giocatori di incassa- re cifre simili a quelle percepite dai loro colleghi negli altri paesi. Questo in parte spiega anche il perché della diaspora dei migliori ta- lenti francesi dalla Première Divi- Bundesliga sempre al top Secondo uno studio di Deloitte, l’indicatore di efficienza costituito dall’ammontare degli stipendi rapportato al giro d’ affari, passa in Europa dal 60% al 65%; solo la Bundesliga rimane ad un livello più basso (pari al 50%, risultato straordinario).In Inghilterra,la spesa in salari è aumentata del 13%, più dell’l’incremento dei ricavi (11%). Fatturato Italia quarto d’ Europa, La Gazzetta dello Sport, 31 maggio 2007 Record Revenues fuel Premier League clubs’ on pitch success, www.sportbusiness.com, 29 maggio 2008 Fisco «Noi italiane versiamo il 4,25% di Irap che altrove non esiste. In Spagna a parità di lordo, il giocatore prende il 50% in più, in Inghilterra il 20% che noi diamo allo Stato. Chiaro che sul mercato quei club sono più competitivi». è quanto afferma Galliani circa lo svantaggio competitivo delle società Italiane in termini fiscali. Anche se nel «Libro Bianco» si riafferma il principio di un’Iva ridotta sullo sport, rischia di cadere nel vuoto la lamentela dei club italiani. Ma, come dice Figel «le aliquote le scelgono gli Stati». A. Capone, Italiane, lo stadio costa caro In Europa siamo meno ricchi, La Gazzetta dello Sport, 15 febbraio 2008 F. Licari, Libro bianco dell’Ue Fifa e Uefa scontente, La Gazzetta dello Sport, 9 giugno 2007
  • 35. 37 sion56. Negli ultimi due anni in diversi paesi d’Europa sono state intraprese ini- ziative volte ad affrontare il problema della crescita incontrollata dei costi. Il G-14, il gruppo che riunisce i maggiori club europei, ha raggiunto un accordo di auto-regolamentazione che fissa il limite del 70% come rapporto tra il mon- te salari e i ricavi57. In Italia, dove il problema è più grave che negli altri pae- si, da qualcuno è stata avanzata la possibilità di introdurre un sistema di salary-cap per tutti i club58. 1.4.5. I risultati operativi Per quanto riguarda i risultati operativi la Premier League si conferma il cam- pionato più virtuoso con un utile complessivo di 179 milioni di euro, seguita dal- la Bundesliga con 115 milioni. In rosso, oltre alla nostra Serie A, 381 milioni di perdite, anche il campionato Francese59. Fig.n.1.6:Profitti e perdite nelle 5 maggiori leghe Europee Ns.elaborazione da dati Deloitte &Touche 56 A proposito vd. Deloitte & Touche Annual Review of football finance, july 2003. 57 Di Cesare, Il G-14 per una volta fa autocritica “È urgente un tetto agli stipendi”, in La Gazzetta dello Sport, mercoledì 23 maggio 2001. 58 La Lega Calcio ha emanato le nuove regole che disciplinano il trattamento economico di calciatori e allenatori, con la finalità di contenere i costi. Le società potranno corrispondere ai propri atleti e allenatori compensi lordi il cui ammontare rapportato al valore della produzione non superi il 60%. Cfr. www.calcioinborsa.com 59 Deloitte & Touche Annual Review of football finance, august 2004.
  • 36. 38 È evidente dal grafico la radicale differenza rispetto alla voce “salari e stipendi”, che mostrava per tutte le Le- ghe andamenti costantemente crescen- ti. Germania e Inghilterra continuano a far registrare profitti, la Bundesliga raggiungendo il livello record della sua storia e la Premier League il miglior ri- sultato degli ultimi 5 anni. Dalla sta- gione 95/96 ad oggi le due leghe più virtuose hanno realizzato profitti operativi complessivi per, rispettivamente, 984 milioni di euro (123 milioni in media a sta- gione) e 448 milioni di euro (64 milioni a stagione). In netto contrasto, la Première Division Francese e la nostra Serie A soffrono perdite ingenti, anche se entrambe mostrano una riduzione delle stesse nell’ulti- mo anno. La redditività dei campionati Inglese e Tedesco è dovuta a fattori diver- si: nella Premier League il forte orientamento commerciale dei club ha assicurato che essi incrementassero tutte le fonti di ricavo, quelle da botteghino come quel- le televisive e commerciali; la Bundesliga invece è disciplinata in modo da tene- re i costi sotto controllo, così che la posizione finanziaria dei club rimanga solida. Punto di forza della Premier League rimangono gli incassi allo stadio nel giorno della partita. Gli Inglesi realizzano in questo modo oltre 540 milioni di euro60, più deldoppiodiqualsiasialtraLega,anchediquellatedescanonostantel’affluenzame- dia degli spettatori sia praticamente identica. Ciò è dovuto non solo al più elevato costo dei biglietti, ma anche ai ricavi addizionali dovuti ai servizi offerti all’interno degli stadi che, nella maggior parte dei casi, sono di proprietà dei club. L’andamento delle entrate allo stadio vede la Bundesliga in leggerissimo van- taggio sulla Premier League, entrambe con una media di 35 mila spettatori a par- tita. La SerieAsi piazza solo al quarto posto, con una media di poco più di 25 mila spettatori a partita, preceduta anche dalla Liga che riesce a portare in media 29 mi- la spettatori per match. Il dato italiano è confortante se comparato con l’emorragia di presenza degli anni precedenti; da notare che l’aumento del 13% degli incassi al botteghino, è so- prattutto dovuto all’aumento dei prezzi dei biglietti. In effetti a farla da padrone sono sempre gli introiti derivanti dalla vendita dei diritti televisivi, che rappre- sentano il 55% dei ricavi dei club appartenenti al nostro campionato. Sorpasso Tedesco Il profitto operativo della Bundesliga nel 2006/07 pari a 168 mln di sterline supera per la prima volta quello della Premier League (96 mln di sterline), anche se la posizione potrebbe cambiare di nuovo nel 2007/08. Record Revenues fuel Premier League clubs’ on pitch success, www.sportbusiness.com, 29 maggio 2008 60 Deloitte & Touche Annual Review of football finance, august 2004.
  • 37. 39 1.4.6. Le licenze U.E.F.A. Una via d’uscita alla situazione di grave crisi che si è verificata in questi ulti- mi anni in Europa come in Italia, è stata imboccata dalla U.E.F.A. La Federazio- ne e i suoi membri hanno a lungo lavorato per la creazione di un “sistema di licenze” per i club che vogliono partecipare ai tornei continentali61. Ad oggi non basterà quindi ad una società aver conseguito il titolo sportivo nel rispettivo cam- pionato di appartenenza, ma per partecipare agli incontri europei dovranno anche essere in possesso di questa specie di “bollino di qualità”62. Le licenze, applicate contemporaneamente nelle 52 Federazioni nazionali del- l’U.E.F.A.63, hanno come finalità non tanto la restrizione o limitazione della par- tecipazione alle varie competizioni, quanto la crescita dell’intero movimento. Il manuale dell’U.E.F.A. individua cinque macro-categorie, ognuna della qua- li contente criteri ai quali le società devono adeguarsi per l’ottenimento della li- cenza: sportivi, infrastrutturali, organizzativi e relativi al personale, legali, economico-finanziari. Inoltre sono introdotte anche indicazioni facoltative, non obbligatorie, definite “di buona prassi” e funzionali al miglioramento degli stan- dard organizzativi e gestionali, sia qualitativi sia quantitativi e a prescindere dal- la partecipazione a gare internazionali. I parametri sono classificati in quattro categorie: • Criteri “A”, obblighi: sono vincolanti per tutte le società di SerieA(ad esem- pio l’obbligo di omologazione dello stadio). Il mancato rispetto anche di uno solo di tali criteri comporta la mancata concessione della licenza; • Criteri “B”, obblighi: cogenti per tutte le società di Serie A; tuttavia, rispet- to ai criteri “A”, i destinatari hanno a disposizione diverse alternative per soddisfarli (il responsabile della sicurezza può essere un dipendente, un con- sulente o una società esterna); • Criteri “C”, obblighi: anche questi sono obbligatori con la differenza, rispetto ai precedenti, che il loro mancato rispetto non comporta il diniego della licen- za, ma una sanzione nel caso in cui le società non adempiano dopo aver rice- vuto un richiamo ufficiale dalla Lega Nazionale Professionisti; • Criteri “D”, “buona prassi”: tali criteri fungono come mere raccomandazio- ni e, conseguentemente, non rivestono carattere vincolante. L’equilibrio economico-finanziario rappresenta per l’U.E.F.A. una condizione essenziale al fine di garantire la continuità aziendale e consentire all’intero siste- ma calcistico di crescere nel tempo. Il rispetto di queste regole è ritenuto funzio- nale al perseguimento di obiettivi rilevanti: migliorare le condizioni economico-finanziarie delle società, incrementarne la trasparenza e la credibilità salvaguardando gli interessi dei creditori; garantire il regolare svolgimento e la 61 Il “Manuale del sistema delle licenze ai club” è stato approvato nel Marzo 2002, è disponibile nella versione italiana a partire dal Settembre 2003. 62 M. Grassoni, La F.I.G.C. vuole adottare il passaporto europeo, Il Sole 24 Ore Sport, Anno 4 n.21, 28 novembre – 11 dicembre 2004. 63 L’introduzione simultanea si è avuta con la stagione 2004-2005.
  • 38. 40 continuità delle competizioni nazionali ed internazionali, con eliminazione del ri- schio che indebiti vantaggi sul campo sportivo possano essere ottenuti mediante il mancato rispetto degli impegni contratti. Gli adempimenti che erano richiesti per la stagione sportiva iniziata sono i seguenti: • assoggettamento dell’ultimo bilancio d’esercizio precedente alla richiesta di concessione della licenza a revisione contabile da parte di apposita società iscritta allo speciale albo Consob; • predisposizione di una situazione economico-patrimoniale, non soggetta a revisione contabile, per il periodo 1 luglio – 31 dicembre dell’esercizio in corso al momento della richiesta; • prova dell’assenza, nell’ultimo esercizio chiuso, di debiti scaduti derivanti dal trasferimento di calciatori e/o verso tutte le categorie di dipendenti, in- clusi gli oneri sociali e previdenziali, nonché nei confronti di consorelle o altri soggetti riconosciuti dalle competenti istituzioni sportive. Tuttavia, a partire dalla stagione sportiva 2005-06, entrerà in vigore la secon- da fase: ulteriori e più rigidi requisiti economico-finanziari saranno richiesti ai club, che dovranno anche adottare nuovi sistemi di budgeting e controllo, oltre al- l’ottimizzazione dei processi informativi.
  • 39. 41 CAPITOLO II IL BILANCIO DELLE SOCIETA’ CALCISTICHE 2.1. Il bilancio delle società professionistiche Per quanto riguarda le forme, i vin- coli ed i principi economici che dovreb- bero essere applicati nella redazione del bilancio, le società di calcio non si diffe- renziano rispetto alle altre società com- merciali. Tuttavia esse si presentano come soggetti sui generis rispetto al “prodotto” commercializzato ed ai “fat- tori” della produzione utilizzati. Il “pro- dotto” spettacolo ed i calciatori “fattori” della produzione, rendono queste società oggetto di osservazione sia per i classici stakeholder utilizzatori del bilancio di eser- cizio, sia per un gruppo più o meno ampio di soggetti, interessati sì al versante eco- nomico del fenomeno, ma soprattutto nell’ottica di possibili successi sportivi; agli occhi di questi il club si presenta come un simbolo che va difeso, anche se è necessa- rio sacrificare risorse economiche64. L’esigenza di assicurare una gestione aziendale corretta ed una informazione trasparente ed esaustiva ai terzi sui fatti della società, ha spinto gli organi federali ad imporre alle società affiliate una serie di adempimenti e vincoli che dovrebbero tranquillizzare gli stakeholder almeno sulla carta. 2.1.1. Le N.O.I.F. (Norme Organizzative Interne della Federcalcio) Le N.O.I.F. sono una serie di norme che dettano la disciplina dei soggetti e del- le funzioni del mondo del calcio. Ai fini della nostra trattazione sono interessanti quelle del Titolo VI dedicato ai “controlli sulla gestione economico-finanziaria delle Leghe e delle Società professionistiche”. Gli artt. 85 e 86 delle N.O.I.F. pre- vedono i seguenti adempimenti: • il bilancio di esercizio annuale; • la relazione semestrale; • l’informativa continua alla CO.VI.SO.C.; • il prospetto R/I con indicazione del rapporto ricavi/indebitamento; • il prospetto P/A con indicazione del rapporto patrimonio netto contabile/at- tivo patrimoniale; • il prospetto P/D con indicazione del rapporto patrimonio netto contabile/di- ritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori. In questa sede ci limiteremo ad esporre la composizione del bilancio di eserci- zio, riservandoci di trattare più avanti gli altri adempimenti nell’ambito dell’ana- lisi economico-finanziaria delle società. Calcio e economia “Per il calcio ci vogliono autorità indipendenti e autorevoli, più regole chiare e governance, come nell’economia” così Alessandro Profumo, AD di Unicredit. G. Dragoni, FIFA, il bilancio da record di Blatter, Il Sole 24 Ore 29 maggio 2007 64 Così F. Melidoni e G.M. Committeri, Il bilancio delle società di calcio, IPSOA, Cesano Boscone (MI), 2004.
  • 40. 42 2.1.2. Il bilancio di esercizio Le società di calcio sono tenute a redigere, alla fine dell’esercizio, che nor- malmente viene chiuso al 30 giugno di ogni anno65, un bilancio predisposto sulla base di un Piano dei Conti unificato, predisposto dalla F.I.G.C. Essa è per legge preposta anche ad effettuare controlli sul piano strettamente contabile, attraverso la CO.VI.SO.C. Le società, entro 15 giorni dall’approvazione da parte dell’as- semblea dei soci, o entro i 15 giorni successivi alla scadenza del termine di ap- provazione stabilito nello statuto, devono far pervenire alla CO.VI.SO.C.: • copia del bilancio di esercizio approvato; • relazione sulla gestione; • relazione del collegio sindacale; • relazione contenente il giudizio di una società di revisione iscritta all’albo CO.N.SO.B. (questo obbligo non sussiste per le società neopromosse dal- la Serie B); • il verbale di approvazione del bilancio; • la dichiarazione di conformità all’originale della documentazione trasmessa, sottoscritta dal legale rappresentante della società e dal soggetto responsabile del controllo contabile66. Il rendiconto delle società di calcio, come quello di ogni altra società di capi- tali, è composto dallo Stato Patrimoniale, dal Conto Economico e dalla Nota In- tegrativa e deve essere, come già visto, accompagnato dalla Relazione sulla Gestione redatta dagli Amministratori67. È chiaro che, data la peculiarità del set- tore sportivo e di quello calcistico in particolare, il legislatore ha ammesso delle deroghe rispetto alla normativa applicabile alle società “normali”. È per questo motivo che accanto al piano dei conti unificato, la F.I.G.C. ha re- datto un documento che raccoglie alcune “raccomandazioni contabili”, principi basilari per il corretto trattamento contabile di alcune operazioni che sono carat- teristiche delle società calcistiche. Sono procedure cui occorre conformarsi per una corretta contabilizzazione e rappresentazione in bilancio di alcune voci tipi- che del settore, sia riferite al patrimonio che al conto economico. La funzione di queste “raccomandazioni” è quella di interpretare tecnicamente lenormegeneralifissatedallaleggeinmateriadibilancio,nonchédiintegrarlequa- lora si presentino lacunose nella loro applicazione al settore in esame68. 65 La chiusura dell’esercizio sociale in concomitanza con il termine della stagione agonistica è certamente utile per rendere il documento significativo, anche se è destinata ad essere abbandonata da molti club per poter applicare l’istituto innovativo del “consolidato fiscale” nell’ambito del gruppo di appartenenza. 66 Questa figura è stata resa obbligatoria per le società di calcio, dal paragrafo 5.2.4. del Manuale per l’ottenimento della licenza U.E.F.A., di cui si è parlato nell’ultimo paragrafo del capitolo precedente, 1.4.6. 67 Art. 2423 Cod. Civ. “Redazione del Bilancio. Gli amministratori devono redigere il bilancio di esercizio, costituito dallo stato patrimoniale dal conto economico e dalla nota integrativa. Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio.” 68 Si veda a proposito Il bilancio di esercizio e il nuovo statuto tipo delle società calcistiche. Documento per l’attuazione delle disposizioni contenute nel D.Lgs. 9 aprile 1991, n.127 per le società calcistiche. A cura della Commissione adeguamento piano dei conti e struttura del bilancio alla IV e VII Direttiva C.E.E. nominata dal Consiglio Federale, Roma, 1993.
  • 41. 43 2.1.3. La composizione del Bilancio Anche nelle società di calcio, naturalmente, il bilancio è composto dai tre do- cumenti fondamentali rappresentati dallo Stato Patrimoniale, dal Conto Econo- mico e dalla Nota Integrativa. Lo Stato Patrimoniale informa sull’aspetto quantitativo e qualitativo degli in- vestimenti in essere ad una certa data, nonché sulle correlate fonti di finanzia- mento, al fine di rappresentare la struttura tecnica e finanziaria dell’impresa. Lo schema di Stato Patrimoniale predisposto dalla F.I.G.C. risulta indubbiamente do- tato di elevata analiticità; sono evidenziati i valori del totale delle Attività, delle Passività e del Patrimonio Netto. Più chiaramente poi sono individuati gli aggre- gati delle Immobilizzazioni e dell’Attivo Circolante. La suddivisione delle classi si ispira al doppio principio della destinazione del- l’investimento e del grado di liquidità; in questo modo il lettore, pur trovandosi di fronte ad aggregati non immediatamente interpretabili può comunque ottenere in- formazioni che in passato avrebbe difficilmente ricavato. Il doppio principio ispiratore è abbandonato però nel passivo; con la conse- guenza che è necessario ricorrere ad una specifica rielaborazione dello Stato Pa- trimoniale per ottenere una separata indicazione del passivo a breve da contrapporre all’attivo circolante. Il Conto Economico è predisposto in forma scalare, per cui si giunge a deter- minare il risultato finale d’esercizio attraverso la rappresentazione di diversi ri- sultati intermedi. La Nota Integrativa è parte integrante del bilancio e contiene informazioni complementari, la cui finalità è quella di chiarire al meglio i valori iscritti nelle va- rie voci di bilancio. È particolarmente importante l’attenzione dedicata ai criteri di valutazione.Tra essi infatti troviamo anche i principi seguiti nel trattamento della voce più tipica dello Stato Patrimoniale dei club di calcio: i “Diritti Pluriennali alle Prestazioni dei Calciatori”. Altre informazioni rilevanti che si possono incontrare nella Nota Integrativa sono quelle relative alle immobilizzazioni materiali e al loro trattamento contabi- le, visto il crescente interesse verso gli impianti ed i centri sportivi di proprietà. Inoltre, nella sezione della Nota Integrativa dedicata ai conti d’ordine, si raccol- gono informazioni riguardanti sia eventuali garanzie concesse a titolo di fideius- sioni o prestate a terzi, sia opzioni concesse o acquistate in relazione a operazioni di trasferimento temporaneo dei diritti alle prestazioni dei calciatori. 2.2. Le voci di stato Patrimoniale L’utilizzo del Piano dei Conti Unificato, così come è stato elaborato dalla F.I.G.C., comporta anche la previsione di una autorizzazione specifica per l’inse- rimento di nuovi conti o per la modifica di quelli esistenti. Le difformità rispetto ai comuni schemi di bilancio trovano la loro giustificazione giuridica nel-
  • 42. 44 l’art.2423-ter commi 3 e 469: le raccomandazioni contabili della F.I.G.C. fanno proprio riferimento alla “natura dell’attività esercitata”. Ci limiteremo ad esporre le voci difformi, presentando in ciascun caso lo schema patrimoniale con l’indi- cazione in grassetto della posta in esame. 2.2.1. Diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei calciatori Rappresentano l’elemento di gran lunga più importante nel complesso de- gli assets presenti nei bilanci delle società di calcio. Alla loro corretta contabi- lizzazione è dedicata la “raccomandazione contabile n.1”. In essa vengono in primo luogo ricordate le modalità con le quali un club può acquisire il diritto alle prestazioni sportive dei suoi giocatori: • accordo diretto con il calciatore (libero); • accordo diretto con il calciatore (proveniente dal vivaio di altra società); • accordo con altra società per la “cessione” del contratto in essere con il calciatore (consenziente). La differenza principale tra le tre modalità sopra ricordate, è che soltanto nel primo caso la società non dovrà iscrivere alcuna voce all’attivo dello stato pa- trimoniale. L’operazione in tal caso si risolve nella fissazione del compenso del calciato- re, che annualmente graverà sul conto economico della società acquirente. Negli altri due casi, invece, si configura una operazione di cessione del contratto. Essa produce due effetti distinti: • la società acquirente subentra nel rapporto contrattuale con il calciatore, obbligandosi a pagare il prezzo convenuto alla società cedente come cor- rispettivo della “preferenza accordatale nell’entrare in rapporto con il calciatore”; • la società acquirente stipula un nuovo contratto con il calciatore, nascen- do così il diritto della stessa alle prestazioni sportive dell’atleta. Conseguenza di tale procedimento è che il costo sostenuto per subentrare nel rapporto con il calciatore riveste un’utilità pluriennale, la cui durata coin- ciderà con quella del nuovo rapporto che è stato instaurato con il giocatore70. La rilevazione contabile segue i connotati civilistici dell’operazione e per questo i suoi effetti saranno iscritti a bilancio nell’esercizio in cui ricade la da- ta di efficacia del contratto, che coincide con la stipula dello stesso. 69 “Devono essere aggiunte altre voci qualora il loro contenuto non sia compreso in alcuna di quelle previste dagli articoli 2424 e 2425. Le voci precedute da numeri arabi devono essere adattate quando lo esige la natura dell’attività esercitata.” 70 È interessante ricordare che i contratti nazionali e, con qualche differenza, i contratti esteri non producono effetti giuridici fino al deposito nella sede federale e al rilascio del visto di esecutività.
  • 43. 45 Nel bilancio di esercizio, alla voce B.I.8 - Diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei calciatori, nell’attivo dello stato patrimoniale tra le immobilizzazio- ni immateriali71, saranno pertanto iscritti non solo i diritti relativi ai calciatori che hanno concorso alla formazione del reddito nel corso dell’ultima stagione sporti- va (a cui di solito si riferisce il bilancio), ma anche quelli acquistati entro la fine dell’esercizio, ma le cui prestazione sportive saranno utilizzate soltanto dalla sta- gione sportiva successiva. STATO PATRIMONIALE ATTIVO B) IMMOBILIZZAZIONI I - Immobilizzazioni immateriali 1) Costi di impianto e di ampliamento 2) Costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità 3) Diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno 4) Concessioni, licenze, marchi e diritti simili 5) Avviamento 6) Immobilizzazioni in corso e acconti 7) Capitalizzazioni costi vivaio 8) Diritti pluriennali alle prestazioni calciatori 9) Altre immobilizzazioni Totale Dalla stagione in cui è avvenuto il tesseramento del calciatore decorrerà la pro- cedura di ammortamento del diritto72. Il piano di ammortamento può naturalmente subire delle modifiche. Ciò si ve- rifica, ovviamente, qualora il valore netto contabile del diritto non fosse espressi- vo (perché maggiore) di un reale valore economico dello stesso, rendendosi necessario operare un maggiore ammortamento oppure una svalutazione del di- ritto stesso, nonché qualora si verifichino cambiamenti nel rapporto contrattuale con il calciatore, tipicamente: prolungamento del contratto o risoluzione antici- pata. Nel primo caso il nuovo piano di ammortamento dovrà avere come riferi- mento temporale la nuova scadenza contrattuale ed assumere come valore quello netto contabile alla data del prolungamento. 71 Dello stesso avviso G. Fiori, in La valutazione dei diritti pluriennali alle prestazioni degli sportivi professionisti: una possibile metodologia, in Rivista Italiana di Ragioneria ed Economia Aziendale, 2003, pp. 314 ss., secondo cui “il vincolo che lega l’atleta alla società può esser inteso come diritto immateriale atipico, una sorta di bene che attribuisce il diritto all’utilizzo delle prestazioni per un determinato periodo e che viene ceduto da una società all’altra in caso di trasferimento dell’atleta. La pattuizione in sede di cessione dei contratti non ancora scaduti, di un corrispettivo a fronte del trasferimento del diritto, ne autorizza l’iscrizione in bilancio tra le immobilizzazioni immateriali, in capo all’acquirente, per un importo pari al corrispettivo pattuito. Quest’ultimo misura, evidentemente, il costo di acquisizione del diritto stesso. Tale costo, naturalmente, deve essere ammortizzato nel periodo di durata residua del contratto”. 72 Viene raccomandata a proposito l’adozione di un metodo di ripartizione dell’onere in quote costanti per l’intera durata del contratto che vincola il calciatore alla società, che non può essere superiore a 5 anni.