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Università degli Studi di Bologna
FACOLTA’ DI INGEGNERIA
Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica
Dipartimento di Ingegneria delle Costruzioni Meccaniche, Nucleari,
Aeronautiche e di Metallurgia
Tesi di Laurea in Macchine II

ANALISI DELLE PROBLEMATICHE NELLA
MISURA DI TEMPERATURA DEI GAS DI SCARICO
DI UN MOTORE A COMBUSTIONE INTERNA.

Tesi di Laurea di:
SERGIO TADDIA
Relatore:
Chiar.mo Prof. Ing. GIORGIO MINELLI

Correlatori:
Chiar.mo Prof. Ing. PIERO PELLONI
Ing. NICOLO’ CAVINA

Sessione I

Anno Accademico 2001/2002
_______________________________________________________________________________

1
Parole chiave

Sensori di temperatura

Gas di scarico

Errore di misura

Modello matematico

Identificazione sperimentale

_______________________________________________________________________________

2
Dedico questo mio modesto lavoro
Che si pone a conclusione di un lungo e faticoso cammino
Alle persone che più mi hanno aiutato ed insegnato,

mia mamma e mio papà.

_______________________________________________________________________________

3
Ringraziamenti

Primi fra tutti voglio ringraziare i miei genitori, i quali mi hanno sostenuto, spronato e
sopportato in tutti questi anni di studio e soprattutto nell’ultimo periodo di tempo dedicato a
questo lavoro.

Desidero poi ringraziare il Chiar.mo Prof. Giorgio Minelli, per avermi dato la possibilità
di affrontare un argomento così importante quanto complesso come la modellizzazione dell’errore
di misura della temperatura dei gas di scarico di un motore.

Un ringraziamento particolare va poi all’ing. Nicolò Cavina, per avermi sostenuto, guidato
e spesso incoraggiato durante il travagliato periodo di questo lavoro.

Non posso poi dimenticare di ringraziare la Magneti Marelli S.p.A., per l’interessante tema
di studio proposto.

E infine, ma non certo per importanza, vorrei ringraziare Isabella, che forse più di
chiunque altro ha dovuto sopportarmi durante la realizzazione di questa tesi.

_______________________________________________________________________________

4
INDICE

Cap. 1.

La riduzione degli inquinanti in un motore endotermico ad
accensione comandata…….………..............................................1
1.1. Introduzione……………………...……………………….……..1
1.2. Storia dei catalizzatori…………………………………….…….3
1.3. Le sostanze inquinanti…………………………………….…….5
1.4. Metodi per la riduzione delle sostanze inquinanti……………....7
1.5. Funzionamento del catalizzatore……………………………….10
1.5.1. Descrizione generale……………….…………………….10
1.5.2. Temperature di esercizio…………………………………11
1.5.3. Posizionamento del Catalizzatore in Vettura…...………..14
1.6. La misura delle temperature dei gas di scarico…………………16
1.7. Le termocoppie…………………………………………………18

Cap. 2.

Modelli termodinamici………………………………………21
2.1. Introduzione……………….……………………………………21
2.2. Errore nelle misure di temperatura dei gas combusti nel collettore
di scarico………………………………………………………..24
2.2.1. Generalità………………………………………………...24
2.2.2. Modellizzazione degli scambi termici…………………...25
2.2.3. Modello termodinamico………………………………….25
2.2.3.1. Errore dovuto all’irraggiamento……….…………28
2.2.3.2. Errore dovuto alla conduzione……………………34
2.3. Modelli termodinamici per la determinazione delle temperature di
parete del condotto di scarico…………………………………...36
2.3.1. Introduzione………………………………………………36
2.3.2. Modello termodinamico………………………………….36
2.3.2.1. Scambio termico tra gas e parete interna…………38
2.3.2.2. Scambio termico tra parete esterna e ambiente…..40
2.3.2.3. Scambio termico tra parete interna ed esterna del
condotto di scarico…………………………….…42
2.3.2.4. Determinazione delle temperature di parete……..43

_______________________________________________________________________________

5
2.3.2.5. Trasmissione del calore attraverso il condotto
coibentato………………………………………..46
2.4. Modello dell’errore di misura………………………………….49
2.4.1. Modello invertito per la validazione dei risultati………..55
2.5. Variante del modello per la determinazione dell’errore……….58
2.5.1. Risultati delle simulazioni su condotto coibentato………67
2.5.2. Risultati delle simulazioni su condotto non coibentato….68
2.5.3. Analisi dei risultati………………………………………70
2.5.4. Modellizzazione dell’errore……………………………..71

Cap. 3.

Prove sperimentali………………………………………...…75
3.1. Introduzione……………………………………………………75
3.2. Caratteristiche del motore……………………………………...76
3.3. Sistema di scarico……………………………………………...77
3.3.1. Caratteristiche del tubo di scarico in acciaio……………80
3.4. Sensori montati sul motore………….…………………………81
3.4.1. Sensori di temperatura…………………………………..82
3.4.2. Sensore di pressione…………………………………….87
3.5. Caratteristiche dei gas di scarico………………………………88
3.6. Dati sperimentali………………………………………………91
3.6.1. Dati prove al banco……………………………………..95
3.6.1.1. Prove su condotto non coibentato………………95
3.6.1.2. Prove su condotto coibentato………………...…98
3.7. Rendimento volumetrico…………………………………….100

Cap. 4.

Validazione dei modelli e risultati sperimentali

103

4.1. Introduzione…………………………………………………103
4.2. Validazione dei modelli……………………………………..104
4.2.1. Confronto tra misurazioni con diverse profondità della
sonda…………………………………………………..104
4.2.2. Confronto tra condotto coibentato e non coibentato……106
4.3.

Analisi dei risultati…………………………………………….108
4.3.1. Risultati delle simulazioni su condotto non coibentato…109
4.3.2. Risultati delle simulazioni su condotto coibentato…...…119

4.4. Conclusioni e sviluppi futuri…………………………………..128
_______________________________________________________________________________

6
Appendice. A. Caratteristiche dei motori endotermici ad accensione
comandata………………………………………………...129
A.1. Motori

a

combustione

interna

ad

accensione

comandata………………………………………...….129
A.1.1. Generalità…………………………………….129
A.1.2. Ciclo termodinamico…………………………131
A.1.3. Diagrammi di indicatore…...………………...132
A.1.3.1. Diagrammi di indicatore ideali……..132
A.1.3.2. Diagrammi di indicatore reali………134
A.1.4. Valutazione della potenza……………………138
A.1.4.1. Tonalità termica…………………….138
A.1.4.2. Rendimento di carica……………….139
A.1.4.3. Valutazione

della

potenza

per

via

termica………………………………140
A.1.4.4. Pressioni medie……………………..141

Appendice. B.

Programmi Matlab…………………………………..143
B.1. Introduzione…………………………………….143
B.2. Files di lancio per condotto coibentato…………144
B.3. Files di lancio per condotto non coibentato…….149

Bibliografia…………………………………………………………………..155

_______________________________________________________________________________

7
Capitolo 1

LA RIDUZIONE DEGLI INQUINANTI IN UN MOTORE ENDOTERMICO
AD ACCENSIONE COMANDATA

1.1. Introduzione

Il miglioramento delle tecnologie atte alla riduzione delle emissioni
inquinanti, da parte dei motori a combustione interna, ha costituito negli ultimi
decenni e costituirà in futuro la maggiore pulsione per la ricerca in campo
automobilistico a livello mondiale.
In quest’ottica si pone lo studio delle temperature dei gas di scarico, in quanto di
primario interesse per ottimizzare il rendimento dei sistemi di scarico catalizzati.
Questi ultimi hanno infatti un campo di funzionamento piuttosto limitato , che va
da circa 250°C (temperatura di entrata in funzione) fino a 700/800°C (temperature
massime prima del danneggiamento del riporto di platino) : è pertanto necessario
conoscere con buona approssimazione la temperatura dei gas combusti in uscita
dal motore per fare in modo di velocizzare l’entrata in funzione del catalizzatore
controllando altresì di non oltrepassare le temperature massime consentite.
Negli ultimi anni i miglioramenti dei catalizzatori stessi e l’ottimizzazione del loro
posizionamento, ne ha ridotto sempre di più il tempo di entrata in funzione (che
resta il tallone d’Achille di questo efficace sistema), ma intervenendo sul controllo
motore si possono ridurre ancora maggiormente tali ritardi, facendo in modo che
nei primi secondi di funzionamento i gas combusti siano molto caldi, per poi
_______________________________________________________________________________

8
ridurne la temperatura intervenendo sui vari parametri di controllo, al fine di
evitare il danneggiamento del catalizzatore.
Come gia sottolineato, diventa perciò fondamentale conoscere la temperatura dei
gas di scarico in entrata nel catalizzatore. Non essendo economicamente
conveniente il posizionamento a bordo vettura di sonde per la misura di tali
temperature

(avrebbero

inoltre

durata

limitata

a

causa

dell’ambiente

aggressivo…), si rende necessario lo sviluppo di software in grado di stimare, con
buona approssimazione, queste temperature in funzione dei parametri di controllo
del motore.
Per la validazione sperimentale di tali modelli e per l’identificazione di alcuni
parametri, è però necessaria la conoscenza dei valori effettivi della temperatura
del gas, che devono essere misurati, nelle varie condizioni di funzionamento, in
sala prove da sensori posizionati nei punti di interesse.
Tali valori misurati, sono però soggetti ad un errore di misura dovuto allo
scambio termico per conduzione ed irraggiamento tra la sonda e la parete interna
del condotto di scarico, quindi non rappresentano le temperature effettive del gas.
L’obiettivo principale di questo lavoro è perciò la determinazione di modelli fisici
e termodinamici (sviluppati col Matlab in ambiente Simulink ) che permettano di
stimare con buona approssimazione tale errore e le sue singole componenti, così
da poter risalire alle temperature effettive del gas, necessarie per la validazione di
modelli in grado di stimare la temperatura del gas all’entrata del catalizzatore.
Data la complessità di tale argomento, tale capitolo sarà dedicato alla storia ed
allo stato dell’arte dei catalizzatori [1], nonché delle termocoppie usate per la
misura delle temperature dei gas di scarico in sala prove [2].

_______________________________________________________________________________

9
1.2. Storia dei Catalizzatori

Un motore a combustione interna ad accensione comandata ad iniezione
indiretta, com'è noto, durante il suo ciclo termodinamico attraversa le canoniche
fasi di aspirazione di una miscela preformata di aria e benzina in rapporto costante
fra loro, una fase di compressione della suddetta miscela nella camera di
combustione, una fase di combustione, innescata dalla scintilla di una apposita
candela ad arco elettrico, grazie alla quale il motore riceve calore, e quindi lavoro,
dal combustibile.
Infine una fase di scarico permette di far fuoriuscire i gas combusti dalla camera
di combustione, liberando la cilindrata per una nuova quantità di miscela fresca.
Le ultime due fasi (combustione e scarico), nonché altri parametri quali ad
esempio il rapporto aria benzina e l’anticipo di accensione, sono i fattori che più
influiscono sulla composizione chimica della miscela di scarico.
A questo punto è importante introdurre un importante coefficiente che indica
l’entità del rapporto aria-benzina della miscela aspirata dal motore, il quale viene
comunemente chiamato titolo (indicato col simbolo λ) ed è definito come il
rapporto tra la quantità d’aria realmente aspirata per ogni chilogrammo di
benzina e la quantità d’aria stechiometrica per ogni chilogrammo di benzina.

λ=

(kg aria / kg combustibile)effettivo
(kg aria / kg combustibile )stechiometrico

I gas prodotti dalle reazioni chimiche di combustione, fino a pochi anni fa,
venivano rilasciati nell’aria tramite un semplice tubo di scarico, poi ci sì accorse,
osservando la pessima qualità dell'aria di grandi metropoli statunitensi (ad
esempio Los Angeles), che era necessario intervenire sulle emissioni degli
autoveicoli in modo da ridurre gli inquinanti.
I primi interventi furono mirati a migliorare l'efficienza della combustione,
riducendo le zone di quenching in camera per evitare un raffreddamento brusco
della combustione, e quindi di espellere miscela non combusta.
In seguito si cercarono nuove forme più raccolte di camera di combustione e
caratterizzate da una elevata turbolenza della miscela in ingresso, favorendo
perciò una più intima miscelazione fra aria e benzina.
Questa tecnica, consentiva di poter operare con titoli di miscela leggermente
_______________________________________________________________________________

10
poveri (λ>1), al contrario di quello che veniva fatto per avere motori orientati alle
sole prestazioni, cioè lavorare con titoli di miscela leggermente ricchi (λ<1).
Il risultato ottenuto fu quello di abbassare il livello di certi inquinanti, ad esempio
il monossido di carbonio e gli idrocarburi incombusti, come chiarito nel seguito.
Un' altra strada percorsa, fu quella di realizzare nell’impianto di scarico un
sistema di ricircolo dei gas, esterno alla camera di combustione, il quale
permetteva di far aspirare al motore una percentuale di gas combusti che, durante
la combustione, si comportano come massa inerte, abbassando le temperature
operative e di conseguenza gli ossidi di azoto come spiegato più avanti.

Questi interventi erano limitati al solo svolgersi dell’evento combustione,
non consideravano cioè la possibilità di un trattamento radicale proprio
sull’elemento incriminato: i gas di scarico.
Si arrivò pertanto al punto che, le sempre più severe norme (espresse come
quantità in massa di inquinante per chilometro percorso), non potevano più essere
soddisfatte da soli interventi sul motore.
Nacquero cosi i primi catalizzatori, il cui nome ben chiarisce il loro
comportamento, ovvero quello di accelerare determinate reazioni chimiche e farle
avvenire a temperature più basse, grazie alla presenza al loro interno, di un
supporto poroso (in grado quindi di far defluire liberamente l'aria), ricoperto di
agenti catalizzanti, che in precise condizioni di temperatura e titolo della miscela
riescono a ridurre o a ossidare gli inquinanti presenti nel flusso di scarico.
Con il passare degli anni e con il giusto inasprimento delle norme, il problema è
diventato sempre più basilare nell’ingegneria veicolistica, tanto che oggi tutte le
vetture nuove devono essere dotate di impianti di catalisi sempre più complessi,
affidabili ed efficienti.

Questo continuo rincorrere l'obiettivo di mezzi di trasporto a basse
emissioni ha contribuito e contribuirà in maniera sempre più significativa alla
salvaguardia dell’ambiente in cui viviamo, rappresentando una importante sfida
per tutte quelle persone che quotidianamente lavorano su queste tematiche.

_______________________________________________________________________________

11
1.3. Le Sostanze Inquinanti

Normalmente si riconoscono, per i motori ad accensione comandata, tre
sostanze fondamentali responsabili di essere dannose per l'ambiente:

1) Monossido di Carbonio

CO

2)

HC

Idrocarburi Incombusti

3) Ossidi di Azoto

NOx

Il primo è causato dalla incompleta reazione di ossidazione fra monossido di
carbonio, ancora dotato di forte reattività, e ossigeno per dare anidride carbonica
secondo lo schema:
CO + 1 O2 ⇒ CO2
2
Infatti in presenza di poco ossigeno (questo è il classico caso di combustione con
titolo ricco), viene impedita la completa ossidazione della CO.

Anche il secondo è caratteristico di ambienti carenti di ossigeno e di titoli
ricchi, in quanto si rende impossibile la reazione di ossidazione dei vari
idrocarburi di cui è composta la benzina, secondo il seguente schema, che prende
in esempio solo due di essi:

C 3 H 8 + 5O2 ⇒ 3CO2 + 4 H 2 O
C 3 H 6 + 9 O2 ⇒ 3CO2 + 3H 2 O
2

Risulta chiaro adesso il motivo per il quale una miscela magra in titolo, quindi con
eccesso d'aria, permetta un completamento delle suddette reazioni di ossidazione
ed eviti il formarsi di idrocarburi incombusti (HC).

Per il terzo punto occorre precisare che, come ossidi di azoto, si intendono
le numerose configurazioni dell’azoto come ossido (NO, NO2).
_______________________________________________________________________________

12
Queste sostanze sono presenti nei gas, a causa dell’elevata temperatura presente in
camera, la quale permette il legame fra azoto e ossigeno sotto forma di ossido.
Una possibile reazione di riduzione di questi inquinanti, è:

CO + NO ⇒ CO2 + N 2

Queste sostanze sono fortemente influenzate dalla temperatura, cioè più questa è
elevata, maggiore è il contenuto di ossidi di azoto nei gas. L' utilizzo del ricircolo
dei gas, produce un abbassamento della temperatura di combustione, riducendo la
formazione di ossidi di azoto.
Si è dunque chiarito che per evitare la formazione di tali sostanze inquinanti, i
primi due necessitano di una reazione di ossidazione, mentre all'ultimo di una
reazione di riduzione (vedi fig. 1.1).

Ben si comprendono le difficoltà che si sono presentate nelle prime prove,
poiché era impossibile conciliare entrambi i comportamenti con le conoscenze
ancora incomplete che si avevano, ed infatti i primi catalizzatori erano di tipo
ossidante bivalente, ovvero si occupavano di due soli inquinanti, gli idrocarburi
incombusti e il monossido di carbonio.
Poi, la scoperta di nuovi materiali, ha incrementato le possibilità di intervento, e i
catalizzatori sono divenuti ossidanti-riducenti trivalenti, in grado di intervenire su
tutto lo spettro delle sostanze inquinanti.

_______________________________________________________________________________

13
Figura 1.1 Andamento degli inquinanti (CO, HC, NOx), dell’ossigeno e del
consumo specifico di combustibile in funzione del titolo di miscela.

1.4. Metodi

per

la

Riduzione

delle

Sostanze Inquinanti

Come si è visto al paragrafo precedente, per ottenere la diminuzione di CO e
HC, è necessario che avvenga una reazione di ossidazione, ma affinché ciò
avvenga è necessaria la presenza di molto ossigeno.

Il trattamento sui gas di scarico ottenuto con l'iniezione di aria secondaria
direttamente nel collettore di scarico permette di raggiungere una discreta
efficienza nel processo di ossidazione di CO e HC, ma ciò sopratutto quando i gas
raggiungono temperature elevate (dell’ordine di 500°C).

Il catalizzatore ossidante, invece, riesce a far avvenire le stesse reazioni
_______________________________________________________________________________

14
senza l'ausilio di aria supplementare, ma soprattutto esse si completano a
temperature notevolmente inferiori, dell’ordine di 250°C circa.
Questo grazie alla presenza del convertitore catalitico, formato da un supporto
ceramico a celle esagonali sul quale viene depositato un refrattario ad elevatissima
porosità a sua volta impregnato dal materiale catalizzante, che per i catalizzatori
ossidanti è in genere costituito da platino-palladio.
Entrambi i metodi non necessitano di un sistema che tiene monitorato il titolo
della miscela, essi possono essere alimentati da un comune carburatore ed
assorbire variazioni di titolo senza grossi stravolgimenti, purché si abbia una
miscela magra, ovvero λ≥1. Questo perché nel campo delle miscele magre
l’eccesso d'aria completa l’ossidazione e favorisce l’effetto catalizzante, mentre se
avessimo una miscela grassa (λ≤1) non avremmo sufficiente ossigeno per far
avvenire l’ossidazione dei gas combusti.
In poche parole il sistema lavora in modo unilaterale, solo verso l’ossidazione.

Il catalizzatore trivalente, comunemente chiamato a tre vie, è un
catalizzatore che, in presenza di una composizione dei gas di scarico molto
prossime al valore stechiometrico, riesce a svolgere due azione antitetiche fra
loro: l’ossidazione di monossido di carbonio e idrocarburi incombusti a vapore
d’acqua e anidride carbonica, nonché la riduzione degli ossidi di azoto in azoto e
ossigeno.
Questa caratteristica viene conferita al catalizzatore impiegando come materiale
attivo un composto di platino e rodio in proporzione 10/1 o 5/1 generalmente.

_______________________________________________________________________________

15
Figura 1.2 Andamento dell’efficienza di conversione del catalizzatore
verso i principi inquinanti, in funzione del titolo.

Il buon funzionamento del sistema è legato alla temperatura di funzionamento del
catalizzatore, al tempo stesso che il flusso di gas impiega ad attraversarlo, ma
soprattutto al titolo della miscela.
Infatti, come si vede in figura 1.2, l’efficienza del catalizzatore è alta solo in una
ristrettissima "finestra" di titolo.
Ecco che risulta necessario dunque, l'impiego di un trasduttore che sia in grado di
generare un impulso elettrico in funzione della concentrazione di ossigeno,
utilizzato opportunamente dal sistema di controllo titolo del motore, in modo da
mantenere il più possibile centrato intorno ad 1 il valore di lambda.
Sta qui la sostanziale differenza fra, la scelta di utilizzare un catalizzatore
ossidante e uno trivalente, cioè l'impiego di un controllo in retroazione sulla
correzione del titolo miscela, oltre ovviamente al fatto di diffondere o meno ossidi
di azoto nell’atmosfera.
Inoltre va sottolineato che l’utilizzo del catalizzatore trivalente porta ad un
inevitabile incremento dei costi sia per il valore stesso del catalizzatore, che per la
notevole complessità del sistema di controllo.

_______________________________________________________________________________

16
1.5. Funzionamento del Catalizzatore

1.5.1. Descrizione Generale

Il catalizzatore si presenta come un involucro metallico, inserito nella linea
di scarico dell’autoveicolo, dotato di un foro di ingresso al quale è flangiato il
segmento di linea di scarico proveniente direttamente dal collettore di scarico
(Fig. 1.3).
Quest'ultimo componente svolge l'importante funzione di raccogliere i gas appena
combusti fuoriuscenti dalle valvole e di conferire loro la direzione voluta, inoltre
deve soddisfare precisi requisiti di fluidodinamica dettati dalla necessità di
combinare, nel modo desiderato, le pulsazioni innescate nel gas dall'alternarsi
delle fasi di apertura e chiusura valvola, così da ottimizzarne la fuoriuscita.
Il catalizzatore presenta anche un foro di uscita, al quale è flangiato un ulteriore
segmento di scarico, il quale conduce al silenziatore in grado di smorzare le onde
sonore, e quindi all’atmosfera.
All'interno dell’involucro suddetto si cela il cuore vero e proprio del sistema,
rappresentato da un supporto monolitico di tipo ceramico o metallico (washcoat)
dotato di una elevata porosità nei confronti dei gas.
Esso crea in sostanza una suddivisione della sezione frontale di ingresso, in tanti
piccoli esagoni nei quali il flusso è costretto ad incanalarsi. Questa caratteristica è
detta porosità del supporto e si misura in numero di celle per centimetro quadrato
di sezione.
Per i limiti di emissioni Euro 1 e 2 la porosità è intorno a 46 celle/cm2, i supporti
per catalizzatori Euro 3 e 4 sono già a 92 celle/cm2, questo per sottolineare come i
catalizzatori aumentino costantemente la loro efficacia.
Sul supporto viene quindi depositato lo strato attivo di materiale catalizzante che
per un trivalente è costituito, come già ricordato, da un composto di platino-rodio.

_______________________________________________________________________________

17
Figura 1.3 Catalizzatore Trivalente

1.5.2. Temperature di Esercizio

Il catalizzatore riceve una notevole quantità di calore dal flusso di gas di
scarico che lo porta gradualmente dalla temperatura ambiente a quella di
funzionamento dell’ordine dei 400/600°C.
Dopo un avviamento a motore freddo i gas di scarico diventano nel giro di pochi
secondi molto caldi cominciando a riscaldare il corpo del catalizzatore.
Il funzionamento del motore attraversa quindi una fase di transitorio termico di
riscaldamento, detta warm-up, nella quale risulta ancora inadeguata l’efficienza di
catalisi, e che pertanto si cerca di ridurre in misura sempre maggiore, anche
intervenendo sul controllo motore.
Giunti in prossimità dei 250°C il catalizzatore inizia la sua azione, cominciando a
favorire le reazioni di ossidazione e riduzione.
A questo punto esso sfrutta due sorgenti di calore: la prima, sempre dovuta alla
temperatura dei gas combusti, la seconda dovuta invece alla forte esotermicità
delle reazioni di ossidazione del monossido di carbonio in anidride carbonica,
attraversando una fase detta di light-on ovvero di accensione.
In questa fase il catalizzatore raggiunge temperature più elevate del flusso stesso
di gas grazie alle differenti sorgenti da cui trae calore.
_______________________________________________________________________________

18
Analogamente all’accensione, esiste il fenomeno contrario ossia lo spegnimento o
light-off, caratteristicamente legato a particolari condizioni di funzionamento
motore, ad esempio un prolungato cut-off dovuto alla percorrenza del veicolo di
una strada fortemente in discesa, provoca un forte calo di temperatura dei gas di
scarico

e dunque un

raffreddamento del

catalizzatore provocando lo

“spegnimento” dello stesso.
Viene riportato in figura 1.4 il risultato di una prova di misura delle temperature in
gioco, ovvero sia la temperatura del flusso di gas che quella del corpo
catalizzatore nei due casi dl catalizzatore nuovo e deteriorato.

Figura 1.4 Andamento delle temperature di ingresso del flusso di gas
di scarico e delle temperature del catalizzatore in funzione
del tempo trascorso dall’avviamento [14].

_______________________________________________________________________________

19
Come mostra la figura 1.4 si nota come dopo un certo periodo di tempo, le
temperature del catalizzatore superino quelle del gas, e come un catalizzatore
ancora nuovo, impieghi meno tempo di uno ormai esaurito, a riscaldarsi.
La temperatura resta un parametro fondamentale, in quanto se troppo bassa
impedisce l’attivazione dello strato catalizzante, mentre se risulta troppo elevata
porta alla bruciatura vera e propria e alla dissoluzione dello strato suddetto. Ecco
perché diventa fondamentale la modellizzazione delle temperature dei gas di
scarico, e quindi la realizzazione di modelli capaci di stimare gli errori di misura
delle sonde utilizzate in sala prove per la validazione ed identificazione.
Ad esempio, l’uso sempre più massiccio negli ultimi anni sulle autovetture di
dispositivi atti a gestire elettronicamente l’aderenza tra pneumatico e asfalto,
comunemente noti come controllo della trazione o controllo di stabilità hanno
portato non pochi problemi nell’ambito delle temperature dei gas di scarico.
Il motivo risiede nei fatto che i sistemi sopra citati, prevedono una sezione di
strategia che controlla in retroazione la parte di sistema controllo motore detta
controllo di coppia in base ai segnali posti sulle ruote del veicolo.
Essi sono in grado di rilevare le accelerazioni angolari della ruota motrice del
veicolo confrontandole con quelle delle altre ruote e intervenire, quando
necessario, sull’anticipo di accensione, forzandolo su valori più elevati, in modo
da ottenere una rapidissima caduta di coppia motrice erogata.
Questo intervento ha come effetto quello di interrompere lo slittamento del
pneumatico e quindi di riportare il veicolo in condizioni di guidabilità, ma per
contro le brusche variazioni di anticipo possono far passare benzina incombusta
allo scarico e se l’azione del controllo trazione si prolunga nel tempo con aperture
di farfalla notevoli, di lasciarla depositare nel catalizzatore.
Se il catalizzatore è molto caldo la benzina incombusta può completare la sua
combustione contro le pareti calde del catalizzatore, provocando dannosissimi
picchi termici dell’ordine dei 1200 °C.
Questo spiega l'interesse della Magneti Marelli Powertrain verso la realizzazione
di modelli in grado di stimare, con buona approssimazione, l’andamento delle
temperature dei gas di scarico e degli errori di misura di queste in funzione di tutti
i parametri gestiti dal sistema di controllo motore, tra cui appunto l’anticipo di
accensione.

_______________________________________________________________________________

20
1.5.3. Posizionamento del Catalizzatore
in Vettura.

Risulta subito chiaro come la distanza del catalizzatore dal collettore di
scarico, influisca in maniera fondamentale sulla sua temperatura.
Infatti più è vicino allo scarico, meno tempo impiega a riscaldarsi per esempio
dopo avviamenti a freddo, mentre risulta più soggetto al rischio di subire shock
termici.
La sua vicinanza allo scarico ne obbliga anche la sua ubicazione nel vano motore,
ambiente comunque protetto dall’esterno che gode di una temperatura a motore
caldo sufficientemente costante.
Aumentando la distanza si incrementano proporzionalmente i tempi di riscaldamento, salvaguardando però il catalizzatore dai dannosi picchi di
temperatura, in quanto il gas ha tempo per abbassare la sua temperatura nel tubo
di scarico.
L' ubicazione in questo caso è sotto il pianale della vettura (underfloor, tipico caso
di vetture Euro 2), quindi la situazione termica si complica notevolmente, in
quanto il catalizzatore è esposto al vento di corsa che si incanala sotto la vettura
provocando uno scambio termico legato alla velocità della vettura.
Oppure si pensi alla marcia in autostrada in condizioni di asfalto bagnato dalla
pioggia battente che provoca il sollevamento di nuvole di gocce d'acqua, le quali
sottraggono calore al catalizzatore.
Da qui la necessità di proteggerlo con opportuni strati di isolanti nell’involucro e
di utilizzare paratie metalliche sotto la vettura che ne riducano l'impatto nei
confronti degli agenti atmosferici.
Una soluzione ampiamente adottata per le nuove generazioni di veicoli Euro 3, è
quella di scomporre il catalizzatore in due corpi distinti in modo da trarre i
vantaggi da entrambe le situazione appena descritte.
L'impianto si comporrà dunque da una unità piccola, compatta e resistentissima
alle alte temperature, ma con una efficienza un po' inferiore, posta subito a valle
del collettore di scarico nel vano motore, che prenderà il nome di precatalizzatore.

Il secondo catalizzatore invece sarà posto sotto il pianale e svolgerà l’azione
principale di abbattimento.
_______________________________________________________________________________

21
Il vantaggio risiede nel fatto che il precatalizzatore si scalda subito e riesce, anche
se con un’efficacia inferiore, a svolgere la sua azione proprio quando è più
necessario, cioè nei primi secondi di funzionamento quando le emissioni sono
elevatissime a causa dell’arricchimento della miscela per sostenere il motore (a
causa del Wall Wetting) tipico dell’avviamento a freddo.
In attesa, quindi, che il catalizzatore principale si riscaldi, il precatalizzatore
“sgrossa” la qualità dei gas, poi finalmente anche il principale si riscalda portando
a regime l'impianto, che a regime non e di per sé più potente di un sistema senza
precatalizzatore, ma sfrutta meglio le tempistiche tipiche di un transitorio di
riscaldamento motore.
Con questa installazione, tipicamente si raggiunge il 50% di efficienza, cioè
280°C di temperatura catalizzatore, dopo 60 metri sul ciclo ECE e il 98%di
efficienza, cioè 500°C di temperatura, dopo 100 metri dello stesso ciclo.
Gli stessi traguardi di efficienza e temperatura, per un veicolo Euro 2 o comunque
con installazione underfloor, vengono raggiunti rispettivamente in 300 metri e 700
metri, sempre del ciclo ECE.

Attualmente sono in studio progetti inerenti a microcatalizzatori inseribili
direttamente nei condotti di scarico nella testata del motore ovvero subito a valle
delle valvole di scarico, in numero pari al numero di cilindri del motore: essi
svolgeranno sempre un'azione di pre-catalisi nei confronti del gas anticipando
sempre più il riscaldamento.

_______________________________________________________________________________

22
1.6. La Misura delle Temperature dei Gas
di Scarico.

I sensori per la misura delle alte temperature dei gas di scarico usati in
campo automobilistico sono principalmente di tre tipi [15]:
Termistori
Termocoppie
RTD (Resistive Temperature Detectors)
L’importanza di tali misurazioni e quindi di tali sensori è accresciuta
notevolmente con l’introduzione dei sistemi di scarico catalizzati, i quali hanno,
come precedentemente mostrato, un campo di funzionamento piuttosto limitato
(da 250°C temperatura di entrata in funzione, fino a circa 800°C, temperatura oltre
la quale si danneggia il rivestimento in platino), ed è pertanto necessario
conoscere la temperatura dei gas in uscita per velocizzarne l’entrata in funzione
senza arrivare a danneggiarli.
Si potrebbe quindi pensare all’utilizzo in vettura di tali sensori di misura, ma
l’elevato costo e la notevole inerzia termica, ne rendono l’utilizzo sconsigliabile a
favore di software in grado di stimare tali temperature con buona approssimazione
in funzione dei parametri di controllo motore.
L’uso di tali sensori diventa perciò necessario solo in sala prove, per
l’identificazione dei parametri dei modelli e per la loro validazione.
Le caratteristiche più importanti di tali sensori sono pertanto la precisione ed il
tempo di reazione (generalmente inteso come il tempo richiesto per arrivare al
64% del valore totale del salto di temperatura).
E’ infatti necessario oltre ad avere un segnale proporzionale al valore effettivo
della temperatura, che i sensori non abbiano costanti di tempo troppo elevate, così
da evitare di raccogliere misurazioni non utilizzabili (non ancora regimate) o di
dovere attendere tempi troppo elevati tra le varie misure.

_______________________________________________________________________________

23
Vediamo ora uno ad uno i tre tipi di sensori più usati in campo
automobilistico:

RTD (Resistive Temperature Detectors)
Sono da tempo utilizzati per misure di temperature sotto i 600°C ma negli
ultimi anni i miglioramenti di progettazione e costruzione hanno esteso il loro
range di utilizzo fino a 850°C.
Gli attuali sviluppi stanno cercando di portarne l’utilizzo fino a 1000°C
attraverso miglioramenti nei materiali e nei rivestimenti ceramici.
I miglioramenti dei materiali riguardano l’uso di avvolgimenti in platino, il cui
maggior difetto, che si contrappone alla semplicità progettuale, è l’elevato
costo.

TERMISTORI
Usati fin dall’inizio degli anni ’80 per misure intorno ai 1000°C , possono
resistere fino a 1200°C per un tempo limitato.
Il loro maggior difetto è però un elevato tempo di reazione dovuto alle loro
relativamente grandi dimensioni rispetto agli altri tipi di sensori.

TERMOCOPPIE
Sono usate nella maggior parte dei casi per il loro costo piuttosto contenuto
abbinato ad una buona precisione in uscita e ad un basso tempo di reazione per
la loro massa limitata.
Bisogna però tenere conto dell’errore di misura causato dalla temperatura a cui
si trovano le giunzioni dei fili della termocoppia con i cavi di compensazione,
attraverso circuiti elettronici compensatori il cui costo però è piuttosto elevato.

Pertanto attualmente nelle misure delle temperature dei gas di scarico dei motori
veicolistici, si utilizzano prevalentemente le Termocoppie, che analizzeremo più
approfonditamente nel paragrafo seguente.

_______________________________________________________________________________

24
1.7. Le Termocoppie.

Per la misura delle temperature dei gas di scarico si usano principalmente
due tipi di termocoppie (fig. 1.5): il primo tipo è a giunzione esposta, ed usa
perciò fili di dimensioni relativamente elevate, onde evitarne il veloce
danneggiamento nell’ambiente altamente aggressivo in cui deve lavorare.
Il secondo tipo (grounded) è dotato di un rivestimento per proteggere l’elemento
sensibile dall’aggressione dei gas di scarico. Quest’ultimo tipo di sensore può
quindi essere realizzato con fili di diametro inferiore al precedente, ma poiché la
costante di tempo è legata alla massa dell’intero sensore, le termocoppie grounded
a fronte di una maggior durata in ambienti altamente corrosivi, presentano una
costante di tempo molto più elevata.
I tipi di termocoppie più usate in ambito automobilistico sono quelli al PlatinoRodio(tipo R,S) e Cromo-Alluminio(tipo K) per le temperature più elevate (vedi
tab. 1.1).
Le termocoppie sono collegate al registratore di dati attraverso dei “cavi di
compensazione”, che altro non sono se non cavi di una lega simile alla
termocoppia ma a più basso costo, scelti in modo da contenere l'errore al di sotto
del 3% [15].

Figura 1.5 Due tipi di termocoppie per misure di temperatura dei gas
di scarico.

_______________________________________________________________________________

25
Tipi di termocoppie, range di temperatura e limiti di errore
Standard

Speciali

J

Ferro/Costantana

K

Cromo/Alluminio

T

E

Rame/Costantana

Cromo/Costantana

N

Nicrosil/Nisil

R

Platino/Platino-13%
Rodio

S

Platino/Platino-10%
Rodio

B

Platino/Platino-30%
Rodio
Tabella 1.1

Limiti di
errore

Range di
temperatura

Limiti di
errore

da 0 a 293°C
da 293 a 760°C
da -200 a -110°C
da -110 a 0°C
da 0 a 293°C
da 293 a 1250°C
da -200 a -67°C
da -67a 0°C
da 0 a 133°C
da 133 a 350°C
da -200 a -67°C
da -170 a 0°C
da 0 a 340°C
da 340 a 900°C
da 0 a 293°C
da 293 a 1260°C

2.2°C
0.75%
2%
2.2°C
2.2°C
0.75%
1.50%
1°C
1°C
0.75%
1%
1.7°C
1.7°C
0.50%
2.2°C
0.75%

da 0 a 275°C
da 275 a 760°C

1.1°C
0.40%

da 0 a 275°C
da 275 a 1250°C

1.1°C
0.40%

da 0 a 125°C
da 125 a 350°C

0.5°C
0.40%

da 0 a 250°C
da 250 a 900°C

1°C
0.40%

da 0 a 600°C

1.5°C

da 0 a 600°C

1.1°C

0.25%

da 600 a 1450°C

0.10%

da 0 a 600°C

1.5°C

da 0 a 600°C

1.1°C

da 600 a 1450°C

Materiali

Range di
temperatura

da 600 a 1450°C

TIPO

0.25%

da 600 a 1450°C

0.10%

da 800 a 1700°C

0.50%

da 800 a 1700°C

Tipi di termocoppie, range di temperatura e limiti di errore [2].

Per maggiori informazioni sul tipo di termocoppie utilizzate nel presente
lavoro, si rimanda ad una più approfondita trattazione al capitolo 3.

_______________________________________________________________________________

26
Capitolo 2

MODELLI TERMODINAMICI

2.1. Introduzione

La necessità di ridurre le emissioni inquinanti dei motori a combustione
interna ad accensione comandata che equipaggiano gran parte dei veicoli su
gomma, ha reso necessario lo studio dell’andamento della temperatura dei gas
all’interno del collettore di scarico.
In particolare interessano i valori della temperatura dei gas in due punti definiti
del collettore di scarico: in prossimità della sonda λ e a monte del catalizzatore.
Per fare questo si è ricorsi ad una modellizzazione matematica del motore, avente
lo scopo di fornire i valori delle temperature in esame in funzione dei vari
parametri, sul funzionamento del motore e sulle condizioni ambientali, che
giungono alla centralina di controllo del motore.
Si è quindi giunti ad un modello matematico schematizzabile nel modo seguente:

_______________________________________________________________________________

27
Tamb
Pamb
Tsca

Tasp

In 1
Tpar

Pasp
Th2O

MODELLO del
MOTORE

λ

Tsca
In 2
Tpar

ζ
ω
Ang. farf
…

Dove Tsca è la temperatura dei gas di scarico e Tpar è quella della parete del
collettore di scarico nei punti in esame.
Per dare una validazione al modello, ed anche per la difficile determinazione per
via teorica di alcuni parametri, si è resa necessaria una raccolta di dati per via
sperimentale: tali valori sono stati ottenuti da sensori (termocoppie) collocati nei
punti motore di interesse.
A questo punto per poter confrontare i valori calcolati dal modello termodinamico
del motore con quelli misurati, si rende necessario correggere questi ultimi
dell’errore di misura.
Il problema dell’errore di misura è infatti intrinseco di tutti i sensori, in alcune
situazioni però è maggiormente rilevante così da non poter essere trascurato: è
questo il caso delle misure di temperatura elevata, dove i valori “letti” dai sensori
differiscono notevolmente dai valori effettivi della temperatura.
È quindi necessario ricorrere ad un ulteriore modello matematico in grado di
prevedere tali errori, così da permettere di passare dalle temperature reali a quelle
misurate.

Tale modello può essere schematizzato nel modo seguente:
_______________________________________________________________________________

28
Pasp

Tasp
Tmis in 1
Tamb
ω

MODELLO
dell’ERRORE
di MISURA

Tmis in 2

Tsca1

Tsca2

Dove Tmis è la temperatura letta dalla sonda.

Data l’importanza di conoscere i valori delle temperature effettive a partire da
quelle misurate per la validazione del modello matematico del motore, tale lavoro
si pone come obiettivo quello di affrontare il problema dell’errore di misura, in
modo da realizzare un modello che permetta di calcolarlo con buona
approssimazione.
Per quanto riguarda il modello del motore, è stato affrontato in un precedente
lavoro [2] e sarà frutto di sviluppi futuri.

_______________________________________________________________________________

29
2.2. Errore nelle misure di temperatura
dei gas combusti nel collettore di
scarico.

2.2.1. Generalità

Come si è già accennato in precedenza, il problema è rappresentato dalla
differenza tra la temperatura effettiva del gas e quella letta dal sensore, che nel
nostro caso è una termocoppia.
Data la complessità del problema è stata effettuata una ricerca bibliografica sullo
Stato dell’Arte nelle misure di temperatura dei gas di scarico, così da poter avere
maggiori informazioni sul tipo di errori che allo stato pratico alterano tali
misurazioni.
Il materiale raccolto, anche se non sempre relativo a studi su motori a 4 tempi ad
accensione comandata, ha permesso di acquisire una serie di informazioni utili per
affrontare un’analisi approfondita del problema.
In particolare emerge che la temperatura “letta” dalle termocoppie può essere
diversa da quella effettiva del gas circostante in quanto bisogna tenere conto dei
seguenti aspetti [3] :
Inerzia termica della termocoppia;
Calore scambiato tra termocoppia ed ambiente circostante per:
Conduzione
Convezione
Irraggiamento
Ciò porta ad una temperatura di equilibrio della giunzione della termocoppia che
può essere diversa da quella del gas circostante, portando ad avere quale risultato
delle misurazioni dei valori che differiscono da quelli reali.

2.2.2. Modellizzazione degli scambi termici.

Dagli studi effettuati sulle misure di temperatura con termocoppie e
reperibili in letteratura, emerge che l’errore di misura è dovuto principalmente agli
_______________________________________________________________________________

30
scambi termici per conduzione ed irraggiamento tra la termocoppia e l’ambiente
circostante.
Secondo lo studio di Kee-O’really-Fleck [3] , tali errori sono in genere
trascurabili, ma ciò conseguentemente all’uso di termocoppie di diametro molto
piccolo (inferiore al millimetro), in quanto viene dimostrato che tale errore è
direttamente proporzionale al diametro della termocoppia.
Da uno studio antecedente di Scadron-Warshawsky [4] su misure di temperatura
con termocoppie a fili scoperti nei Jet si è visto che tali errori rappresentano entità
spesso inferiori al 10% , ma che date le elevate temperature in gioco non possono
essere trascurati.
Basandosi anche su tali conclusioni si è ritenuto opportuno tenere conto di
entrambi gli errori di misura dovuti a conduzione e irraggiamento, mentre si
trascurerà quello dovuto all’inerzia termica , poiché al momento interessa
determinare il comportamento dello strumento di misura in condizioni stazionarie.

2.2.3. Modello termodinamico

Poiché le termocoppie usate per le misure di temperatura dei gas nel
condotto di scarico sono del tipo “grounded”, rivestite in Inconel600, saranno
modellizzate come un cilindro cavo di diametro esterno d e diametro interno di,
immerso in un flusso di gas ortogonale al suo asse.
Facendo un bilancio termodinamico, la potenza termica accumulata dalla
termocoppia dovrà essere uguale

alla somma delle potenze scambiate per

conduzione, convezione ed irraggiamento.
Usando la solita convenzione per cui sono positivi i calori entranti nel sistema, se
si considera un elemento di lunghezza unitaria della sonda, l’energia assorbita per
unità di tempo (Potenza termica) può essere espressa come [4],[5],[6]:

Q a = ρ T cT

π

(d
4

2

− d i2

(
) ∂T∂x, t )
t

(2.1)

La potenza termica scambiata per conduzione attraverso la sezione trasversale
dell’elementino di termocoppia di asse x:
_______________________________________________________________________________

31
Qk = k T

π
4

(d

2

−d

2
i

)

∂ 2T ( x, t )
∂x 2

(< 0 )

(2.2)

La potenza termica scambiata per convezione col gas circostante attraverso la
superficie dell’elementino di termocoppia:
Qc = hπd (TG − T ( x, t ))

(> 0 )

(2.3)

Infine la potenza termica scambiata per irraggiamento con le pareti interne del
condotto di scarico attraverso la superficie laterale di lunghezza unitaria
dell’elementino:

(

Qr = −εσπd (T ( x, t )) − Tw4
4

)

(< 0 )

(2.4)

Avendo supposto che il gas sia trasparente e che l’emissività ε del sistema a due
corpi parete-termocoppia sia coincidente con quella della termocoppia poiché la
sua superficie immersa è trascurabile rispetto a quella della parete interna [6].

Eseguendo ora il bilancio energetico:
Q a = Qk + Qc + Q r

(2.5)

e quindi sostituendo si ottiene:

(T

G

− T( x ,t ) ) =

ρ T cT d 2 − d i2 ∂T( x ,t )
4h

d

∂t

2
k T d 2 − d i2 ∂ T( x ,t ) εσ 4
−
+
T( x ,t ) − Tw4
4h
d
h
∂x 2

(

)

(2.6)

In cui i termini a secondo membro rappresentano rispettivamente gli errori di
misura dovuti a inerzia termica, conduzione e irraggiamento.

I valori che compaiono nell’equazione sono di seguito esplicitati:

TG

: temperatura effettiva del gas [K]

_______________________________________________________________________________

32
T(x,t) : temperatura della sonda nella generica sezione [K]
Tm

: temperatura della sonda nella giunzione [K]

Tw

: temperatura interna di parete [K]

ρT

: densità del materiale di rivestimento della termocoppia [kg/m3]

cT

: calore specifico del materiale di rivestimento della termocoppia [J/kg K]

kT

: coefficiente di conduzione del mat. di rivest. della termocoppia [W/m K]

d

: diametro esterno della sonda [m]

di

: diametro interno della sonda [m]

h

: coefficiente di convezione [W/m2 K]

ε

: emissività della sonda

σ

:

costante di Stephan-Boltzmann [5,67*10-8 W/m2 K4]

Il modello ottenuto può inoltre essere semplificato poiché prenderemo in
esame solo il comportamento a regime (caso stazionario), perciò diventa:

(

d 2 − d i2 d 2T ( x) εσ
+
(T (x ))4 − Tw4
2
4h
d
dx
h

(TG − T (x )) = − kT

)

(2.7)

che rappresenta una equazione differenziale non lineare del secondo ordine, per la
quale non si conoscono soluzioni in forma chiusa.
Per risolverla consideriamo quindi un approccio semplificato, che permetta di
determinare una soluzione approssimata affrontando separatamente i due
contributi all’errore.
2.2.3.1. Errore dovuto all’Irraggiamento

Rappresenta il termine a secondo membro del mio modello dovuto appunto
al trasferimento di energia per irraggiamento tra la sonda più calda e la parete più
fredda.
È così esprimibile:

∆Tr =

εσ
h

(T

4
m

− Tw4

)

(2.8)

Analizziamo ora i parametri che compaiono nell’equazione:
_______________________________________________________________________________

33
σ è la costante di Stephan-Boltzmann ed è data da : σ = 5,67*10-8 W/m2 K4
ε è l’emissività ridotta del sistema a due corpi sonda-parete, ma poiché la
superficie della termocoppia immersa nel fluido è trascurabile rispetto alla
superficie di parete interna, la si può supporre uguale a quella della
termocoppia [6]. Poiché nel nostro caso sono state usate termocoppie di tipo
“grounded”, rivestite in Inconel 600, l’emissività ε presa in considerazione è
appunto quella di tale materiale (vedi paragrafo 3.4.1).
h è il coefficiente di scambio convettivo tra gas e sonda .
É un coefficiente di difficile determinazione teorica, essendo la convezione
un fenomeno estremamente complesso e dipendente da una vasta gamma di
parametri, tra cui geometria della superficie, velocità del fluido, proprietà del
fluido e differenza di temperatura tra fluido e superficie [7].
Per la determinazione teorica di tale coefficiente ci si baserà sull’analisi
dimensionale, e cioè sui coefficienti adimensionali Re, Pr, Nu.

Vediamo innanzi tutto di definire questi coefficienti, così da poterli
determinare per il caso in esame [5],[9].

NUMERO DI REYNOLDS :

Re =

ρ G VG L
µG

Rappresenta il rapporto tra le forze d’inerzia e le forze viscose.
ρG

densità del gas [kg/m3]

VG

velocità gas [m/s]

µG

viscosità gas [kg/m s]

L

lunghezza caratteristica [m]

NUMERO DI PRANDTL :

Pr =

µ G c pG
kG

Rappresenta il rapporto tra la disponibilità del fluido a trasportare quantità di moto
e quella a trasportare calore.
_______________________________________________________________________________

34
CpG

calore specifico del gas a pressione costante [J/kg K]

KG

conducibilità termica del gas [W/m K]

NUMERO DI NUSSELT :

Nu =

hL
kG

Rappresenta il rapporto tra il flusso termico per convezione e il flusso termico per
conduzione in uno strato di fluido stagnante di spessore L.
h

coefficiente di convezione [W/m2 K]

Nelle definizioni di Re e Nu compare la lunghezza caratteristica L, vediamo
a cosa corrisponde.
Dalla definizione di Nu emerge che L rappresenta lo spessore dello strato di fluido
stagnante attorno al corpo attraverso il quale si scambierebbe la stessa potenza
termica ma per conduzione, quindi L è in relazione con le dimensioni del corpo
che scambia calore, e cioè la termocoppia, e non con il diametro del condotto di
scarico che in questo caso rappresenta l’ambiente esterno.
Perciò nella determinazione di Re e Nu per il nostro modello sull’errore di misura,
poiché gli scambi avvengono tra la termocoppia e l’ambiente circostante, prendo
come lunghezza caratteristica L il diametro esterno d della termocoppia [8],[9]:

Re =

ρ G VG d
µG

Nu =

hd
kG

Ritornando ora al problema della determinazione del coefficiente di scambio
convettivo h , si è visto che posso esprimerlo in funzione di Nu della termocoppia:

h=

Nu * k G
d

_______________________________________________________________________________

35
dobbiamo quindi conoscere Nu.
Anche in questo caso ci viene in aiuto la letteratura scientifica fornendoci delle
espressioni approssimate per ricavare Nu nelle varie condizioni di esercizio.
Poiché nel nostro caso la velocità media del gas di scarico varia da pochi m/s fino
a circa 50 m/s ai max regimi, i numeri di Reynolds relativi alla termocoppia
saranno piuttosto ridotti.
Infatti per il motore FIAT 1242cc su cui abbiamo eseguito le prove, ad un regime
di 3000 rpm e con farfalla aperta al 25%, si ricava dal Modello del motore una
portata dei gas di scarico:

mG = 0.012 kg sec
perciò essendo il condotto di scarico composto da due tubi paralleli di diametro
interno Di = 34 mm , secondo i dati di tab.1 avrò:

Area _ sca =

π * (0.034)2
4

= 0.0009m 2

e quindi:

VG =

mG
0.012
=
≅ 19 m sec
ρ G * Area _ sca * 2 0.347 * 0.0009 * 2

Nota la velocità dei gas di scarico è immediato ricavare il numero di Reynolds
della termocoppia, il cui diametro esterno (del rivestimento) è d = 4.8 mm:

Re =

ρ G * VG * d
≅ 830
µG

Che vediamo essere un numero piuttosto basso.

ρG

0.347 kg/m3

Calore specifico cpG

1320 J/kg K

Densità

_______________________________________________________________________________

36
Conducibilità

kG

0.07 W/m K

Viscosità

µG

3.8*10-5 kg/m s

Tab. 2.1 Proprietà dei gas di scarico [8]

Si dovranno quindi scegliere quelle espressioni approssimate del Numero di
Nusselt valide anche per Re di alcune centinaia, e ciò restringe notevolmente il
campo di ricerca. Inoltre essendo la termocoppia come un cilindro immerso in un
fluido in moto, avremo un’ulteriore restrizione alla ricerca.
In base a ciò non potranno essere usate le espressioni più conosciute, come quella
di Dittus-Boelter [5]:

Nu = 0.023 Re 0.8 Pr 0.3

valida per Re > 104

e quelle proposte da Gnielinsky [9],[11] , valide per Re comunque maggiori di
3000, e sviluppate per flussi interni a condotti, e non adatte al caso della
termocoppia investita dal gas.

Vediamo ora alcune espressione approssimate di Nu utilizzabili nel nostro
caso.
Un’equazione specifica, per corpi cilindrici immersi in flussi perpendicolari, ci
viene fornita da Moffat [8] :

Nu = 0.44 * Re 0.50

per 100 < Re < 10000

(2.9)

Un’altra espressione, sempre specifica per corpi cilindrici immersi in flussi
ortogonali, ci viene fornita da Churchill-Bernstein [9]:

1
3


0.62 * Re 0.5 Pr   Re 
Nu = 0.3 +
1+ 

1
  282000 
2 4

 
1 +  0.4  3 


  Pr  



5
8






4
5

(2.10)

valida per qualsiasi Re e per Pr > 0.2
_______________________________________________________________________________

37
Vediamo ora in tabella 2.2 un confronto tra i numeri di Nusselt calcolati con le
espressioni di Moffat e Churchill per varie VG, su una sonda con d = 4.8 mm e per

Pr =

µ G c pG
kG

= 0.716

VG [m/s]

Re

Nu Moffat

Nu Churchill

3
5
8
10
12
15
20
30
40
50
100

131
218
349
436
524
655
873
1309
1745
2182
4364

5.0
6.5
8.2
9.2
10.1
11.3
13.0
15.9
18.4
20.6
29.1

5.9
7.6
9.5
10.6
11.6
13.0
15.0
18.4
21.3
23.9
34.4

Tab. 2.2 Confronto tra vari Numero di Nusselt

E diagrammando:

_______________________________________________________________________________

38
Numero di Nusselt
40.0
35.0

Nusselt

30.0
25.0

Nu Moffat
Nu Churchill

20.0
15.0
10.0
5.0
0.0
0

20

40

60

80

100

120

velocità gas Vg [m/s]

Si vede che i due numeri di Nusselt divergono al crescere di VG , rendendo molto
difficile la determinazione teorica di h attraverso Nu.

Nella modellizzazione fatta si è ritenuto di utilizzare l’espressione di Nusselt
data da Churchill, in quanto si è visto che nel caso in esame è sempre verificata
(Pr>0.2) e, a parità di condizioni, permette di ottenere h maggiori e quindi di
contenere l’errore.
2.2.3.2. Errore dovuto alla conduzione

È il termine dovuto al trasferimento di energia per conduzione tra la sonda
più calda alla sua estremità e la parete interna del condotto di scarico.
È così esprimibile:

kT d 2 − d i2 d 2T (x )
TG − T (x ) = −
4h
d
dx 2

(2.11)

Avendo modellizzato la sonda come fosse un cilindro cavo con asse ortogonale al
flusso dei gas. Essa è esposta per una lunghezza l lungo il suo asse (asse x, con
origine nella giunzione calda) il cui verso positivo è quello del flusso termico.
La differenza di temperatura tra la parete e la giunzione più calda, provoca quindi
un flusso termico verso la parete fredda, e ciò causa una distribuzione non
uniforme della temperatura lungo la sonda.
_______________________________________________________________________________

39
Figura 2.0

Schema della sonda

Fissando le condizioni al contorno:
la base della termocoppia si trova alla temperatura interna di parete :

T ( x = l ) = Tw
il calore che la sonda assorbe dal gas alla sua estremità è trascurabile:

dT
dx

=0
x =0

e risolvendo l’equazione (2.11) si può ricavare l’errore di misura dovuto alla
conduzione:

∆Tk =

TG − Tw
cosh(B * l )

(2.12)

4hd
k T d 2 − d i2

(2.13)

dove si è posto:

B=

(

)

con:
d : diametro esterno sonda [m]
di : diametro interno sonda [m]
Ancora una volta per la determinazione dell’errore si rende necessario trovare h, e
per fare questo si procederà come già visto in precedenza nel paragrafo relativo
all’errore di misura per irraggiamento.
_______________________________________________________________________________

40
A questo punto l’errore di misura totale dovuto ai due contributi separati
può essere espresso in questo modo:

TG − Tm = ∆Ttot = ∆Tr + ∆Tk =

εσ
h

(T

4
m

)

− Tw4 +

TG − Tw
cosh(B * l )

_______________________________________________________________________________

41
2.3. Modelli termodinamici per la determinazione delle temperature
di parete del condotto di scarico.

2.3.1. Introduzione

Poiché per la determinazione dell’errore di misura è necessario conoscere la
temperatura interna di parete, è stato necessario creare una modellizzazione
termodinamica del condotto in grado di fornire le temperature di parete.
Si è cercato di realizzare tale modello nella maniera più semplice possibile per
evitare di rendere la trattazione troppo complessa, ottenendo comunque un
risultato che ben approssima il comportamento reale.

2.3.2. Modello Termodinamico

Le temperature interna ed esterna della parete del condotto di scarico
possono essere calcolate uguagliando le potenze termiche scambiate, che a regime
devono coincidere.
Il flusso termico si sviluppa tra il gas e la parete interna del condotto, tra le pareti
interna ed esterna di questo e tra la parete esterna e l’ambiente circostante.
Vediamo nel dettaglio i vari meccanismi di scambio termico.

_______________________________________________________________________________

42
Qr

Qco
Qk
Qci

De

Di

∆x

Fig. 2.1

Dove:
♦ Qci è la potenza termica scambiata per convezione tra il gas e il condotto
♦ Qco è la potenza termica scambiata per convezione tra il condotto e
l’ambiente
♦ Qr è la potenza termica scambiata per irraggiamento tra il condotto e
l’ambiente
♦ Qk è la potenza termica scambiata per conduzione attraverso il condotto

_______________________________________________________________________________

43
2.3.2.1. Scambio termico tra gas e parete interna.

Il calore trasferito dal gas di scarico alla parete interna del condotto è dovuto
principalmente alla convezione forzata ed è fortemente dipendente dalle
caratteristiche del flusso del gas e dalla geometria del condotto.
La potenza termica scambiata si può perciò così esprimere:

Qci = hciπDi ∆x(TG − Twin )

(2.14)

Dove:

TG

temperatura gas di scarico

[K]

Twin temperatura di parete interna

[K]

hci

[W/m2s]

coefficiente di convezione interna

Il calcolo teorico di hci si basa sulla definizione del numero di Nusselt, e si può
esprimere nella maniera seguente:

hci =

Nu * k G
Di

(2.14)

E’ quindi necessario conoscere il numero di Nusselt, che nel caso di flusso interno
in condotti circolari è ricavato con buona approssimazione mediante le equazioni
di Gnielinsky modificate Chan [12]:

Nu =

FB * Fpul *

f
* Re* Pr
8
1

2
f 2
1.07 + 12.7   Pr 3 − 1



8 

per 104 < Re < 5*106

(2.15)

ed anche:

_______________________________________________________________________________

44
f
* (Re − 1000)* Pr
8
Nu =
1
 f  2  23 
1.07 + 12.7   Pr − 1

8 
FB * Fpul *

per Re < 104

(2.16)

dove:

f = (0.790 ln Re− 1.64)

−2

(2.17)

è il Fattore d’attrito.

FB = 1 +

21 * Di
Re 0.14 * Dbend

(2.18)

è un coefficiente che tiene conto del raggio di curvatura del condotto (Dbend), il
quale diametro, nel caso dello scarico del motore in esame, è stato assunto in
prima approssimazione uguale a 0.50m (vedi figura 3.3 paragrafo 3.3).

F pul = 1.6 ÷ 3

(2.19)

è un coefficiente che tiene conto delle onde di pressione all’interno del condotto di
scarico.

_______________________________________________________________________________

45
2.3.2.2. Scambio termico tra parete esterna ed ambiente.

Il trasferimento di calore tra la parete esterna e l’ambiente circostante
avviene sia per convezione (in questo caso naturale) che per irraggiamento.

Cominciamo con l’analizzare la potenza termica scambiata per convezione
naturale:

Qco = hcoπDe ∆x(Twout − Ta )

(2.20)

dove:

Twout

temperatura di parete esterna

[K]

Ta

temperatura ambiente circostante

[K]

hco

coefficiente di convezione esterno

[W/m2K]

Il calcolo teorico di hco si basa sulla definizione del numero di Nusselt, e si può
esprimere nella maniera seguente:

hco =

Nu * k G
De

(2.21)

E’ quindi necessario conoscere il numero di Nusselt, che nel caso di convezione
libera di corpo cilindrico immerso in un fluido (aria) è ben approssimato con la
formula fornitaci da Churchill e Chu [9]:



Nu = 0.6 +






1

0.387 * Ra 6

8
9
27 

16 
0.599

1 +
Pr  

 

(

)

2

per Ra ≤ 1012

(2.22)

In cui Ra rappresenta il Numero di Rayleigh:

Ra =

L3 gβ (Twout − Ta )
2
νa

Pr

(2.23)

_______________________________________________________________________________

46
dove:
L = π De

lunghezza caratteristica

[m]

β = 1/T

coefficiente di espansione alla Ta

[K-1]

νa = µa/ρa

viscosità cinematica aria alla Tf

[m2/s]

Pr =

µ a * c pa
ka

Numero di Prandtl aria alla Tf

e la temperatura Tf a cui si determina Pr e νa è la seguente:

T f = Twout − 0.38(Twout − Ta )

(2.24)

La potenza termica scambiata per irraggiamento la si può esprimere nel
seguente modo, in funzione del tipo di materiale e delle temperature di parete e
ambiente:

(

4
Q r = εσπDe ∆x Twout − Ta4

)

(2.25)

in cui:
σ

costante di Stephan-Boltzmann [5,67*10-8 W/m2 K4]

ε

emissività del materiale del condotto di scarico, che per un
acciaio con poco carbonio (C10) è indicata dalla letteratura in
0.85 [3].

2.3.2.3.

Scambio

termico

tra

parete

interna ed esterna del condotto di
scarico.

_______________________________________________________________________________

47
In questo caso il meccanismo di scambio termico è la conduzione.
Dato il ridotto spessore della parete del condotto di scarico (s = 1.5mm) rispetto al
diametro esterno (De = 37mm), per semplificare la trattazione si considera un
modello geometrico piano anziché cilindrico cavo [5].
La potenza termica la posso quindi esprimere come:

Qk =

A* k p
s

(Twin − Twout )

(2.26)

dove:
A

superficie ortogonale al flusso termico

[m2]

s

spessore del condotto di scarico

[m]

kp

conducibilità del materiale

[W/mK]

_______________________________________________________________________________

48
2.3.2.4. Determinazione delle temperature
di parete.

Supponendo di essere in regime stazionario, e trascurando quindi il calore
accumulato dal condotto per aumentare la propria temperatura (o ceduto per
diminuirla), il calore che il condotto assorbe dal gas deve essere uguale a quello
che cede all’ambiente esterno.
Perciò se si considerano le potenze scambiate per unità di lunghezza, risulta:

qci = qco + qr

(2.27)

Chiamata ora qout la potenza totale scambiata per convezione e irraggiamento tra
la parete esterna e l’ambiente:

(

4
q out = q co + q r = hcoπDe (Twout − Ta ) + εσπDe Twout − Ta4

)

(2.28)

che si può scrivere come :

qout = htotπDe (Twout − Ta )

(2.29)

dove:

htot = hco

(T
+ εσ

4
wout

(Twout

)

− Ta4
− Ta )

(2.30)

viene definito coefficiente globale di scambio termico.

_______________________________________________________________________________

49
Come già detto, poiché analizziamo il comportamento a regime, il calore
trasferito per convezione dal gas di scarico alla parete interna del condotto sarà
uguale a quello trasferito per conduzione tra le pareti interna ed esterna del
condotto e a quello trasferito per convezione e irraggiamento dalla parete esterna
all’ambiente circostante.

TG

Ta

Qci

Qk

Qout

Dove:

Qci = hci A(TG − Twin )
Qk =

A* k p
s

(Twin − Twout )

Qout = htot A(Twout − Ta )

(2.31)

(2.32)
(2.33)

Quindi si può scrivere:

Qci = Qk

Qk = Qout

Sostituendo le (2.31), (2.32) e (2.33) nelle espressioni precedenti si ricava:
_______________________________________________________________________________

50
kp
 kp

Twin 
+ hci  = hci TG +
Twout
 s

s



(2.34)

kp  kp

=
Twout  htot +
Twin + htot Ta

s  s



(2.35)

Sostituendo ora la (2.35) nella (2.34) , dopo una serie di semplificazioni si trova
Twin:

Twin =

(sh

tot

+ k p )hci

k p htot + shci htot + k p hci

TG +

k p htot
k p htot + shci htot + k p hci

Ta

(2.36)

e allo stesso modo, ma con procedimento inverso, si trova Twout:

Twout =

k p hci
k p htot + shci htot + k p hci

TG +

(k

p

+ shci )htot

k p htot + shci htot + k p hci

Ta

(2.37)

_______________________________________________________________________________

51
2.3.2.5.

Trasmissione

del

calore

attraverso il condotto coibentato.

Poiché per ridurre l’errore di misura (per conduzione ed irraggiamento)
delle termocoppie, si sono effettuate misurazioni sullo scarico coibentato, è
necessario disporre di una modellizzazione che permetta di ricavare le
temperature di parete in tale situazione.
Ancora una volta si utilizza un modello geometrico piano, in quanto lo spessore
non uniforme dello strato di coibentazione e la difficile determinazione della
temperatura della sua superficie esterna, renderebbero superfluo il ricorso ad un
modello cilindrico più preciso ma più complesso.
Si suppone quindi una situazione di questo tipo:

TG

sp

scoib
Ta

Qci

Qk

Qcoib

Qtot

stot
Dove:

♦ Qci è la potenza termica scambiata per convezione tra il gas e il condotto
_______________________________________________________________________________

52
♦ Qk è la potenza termica scambiata per conduzione attraverso il condotto
♦ Qcoib è la potenza termica scambiata per conduzione attraverso la
coibentazione

♦ Qout è la potenza termica scambiata per convezione e irraggiamento tra la
coibentazione e l’ambiente circostante

Poiché la trasmissione del calore attraverso il condotto e la coibentazione avviene
per conduzione, si considera come uno strato unico di spessore stot la cui
conducibilità complessiva è data da [5]:

k tot =

1
sp
kp

+

scoib
k coib

=

k p k coib
s p k coib + scoib k p

(2.38)

La potenza termica trasferita tra la parete interna del condotto ed esterna dello
strato isolante (di temperatura Text) è quindi data da:

Qeq =

A * k tot
(Twin − Text )
stot

(2.39)

E operando come in precedenza, nell’ipotesi quindi di modello geometrico piano,
sostituendo la (2.39) alla (2.33) si ottiene la temperatura di parete interna:

Twin =

(s tot htot
k tot htot

+ k tot )hci
k tot htot
TG +
Ta
+ s tot hci htot + k tot hci
k tot htot + s tot hci htot + k tot hci

(2.40)

In cui i vari termini hanno i significati già visti in precedenza.
Per determinare la temperatura della parete esterna del condotto di scarico (sotto
la coibentazione), considerando la condizione a regime, si uguaglia la potenza
scambiata per convezione tra il gas e la parete interna:

Qci = hci A(TG − Twin )

(2.41)

_______________________________________________________________________________

53
con la potenza trasmessa per conduzione attraverso il condotto di scarico:

Qk =

kp A
s

(Twin − Twout )

(2.42)

si ottiene quindi:

hci (TG − Twin ) =

kp
s

(Twin − Twout )

(2.43)

da cui si ricava la Twout :


h ∗s
Twin − hci ∗ s TG
Twout = 1 + ci

kp 
kp



(2.44)

in cui ancora una volta i termini hanno il significato già visto in precedenza.

_______________________________________________________________________________

54
2.4. Modello dell’errore di misura

A questo punto, vediamo come si presenta graficamente il modello
termodinamico per la determinazione dell’errore di misura che è stato illustrato
dal punto di vista fisico nei paragrafi precedenti:
Non è superfluo ricordare che il modello sviluppato ha le seguenti caratteristiche:
È a valori medi: il valore calcolato ad ogni passo della simulazione è il
valore medio che esso assume all’interno di un ciclo motore completo.
È zero-dimensionale, ossia a parametri concentrati: cioè trascuro la
dipendenza delle varie grandezze dalle variabili spaziali.
Di seguito è riportato il modello sviluppato in Simulink, e costituito da 3 diversi
blocchi principali, che rappresentano rispettivamente le modellizzazioni
dell’errore di misura, della temperatura di parete e della portata in massa dei gas
di scarico.

figura 2.2 Modello per la determinazione della temperatura
misurata a partire dalla temperatura del gas

Come si vede chiaramente il modello ha come ingressi principali:
La temperatura del Gas (Tg)
La temperatura ambiente (Tamb)
_______________________________________________________________________________

55
•
La portata in massa dei Gas  mG  , che a sua volta è calcolata in un blocco







a parte, il quale ha come ingressi: velocità di rotazione (n), pressione nel
collettore di aspirazione (pcoll) e temperatura nel collettore di aspirazione
(Tcoll).
Vediamo ora come si presentano i singoli blocchi al loro interno, iniziando
con l’analizzare il blocco “errore_misura”.

figura 2.3 blocco “errore_misura”

Come si vede chiaramente all’interno di tale blocco compaiono i due sottoblocchi
separati per il calcolo dei contributi all’errore di misura dovuti alla conduzione e
all’irraggiamento.
Vediamo meglio nel dettaglio i due sottoblocchi:

_______________________________________________________________________________

56
Figura 2.4 sottoblocco “errore_conduzione”

Figura 2.5 sottoblocco “errore_irraggiamento”

Vediamo ora il blocco “temperatura parete” nel dettaglio. Tale blocco
rappresenta l’implementazione in Simulink dei modelli determinati al paragrafo
2.3 per la determinazione delle temperature di parete.

_______________________________________________________________________________

57
Figura 2.6 blocco “temperatura parete”

E’ necessario a questo punto precisare che la Tw in ingresso ai blocchi precedenti
non è altro che la Twin in uscita dal blocco “temperatura parete”, la quale
rappresenta la stima della temperatura interna di parete.

I due sottoblocchi al suo interno rappresentano i modelli fisico-matematici
illustrati ai paragrafi 2.3.2.4. e 2.3.2.5. per la determinazione delle temperature di
parete (interna ed esterna) rispettivamente per condotto non coibentato e
coibentato.
Vediamo ora un po’ meglio tali sottoblocchi, ricordando che rappresentano
l’implementazione con Simulink delle equazioni (2.36) e (2.37) per il condotto
non coibentato, e (2.40) e (2.44) per il condotto coibentato.

_______________________________________________________________________________

58
Figura 2.7 sottoblocco “Modello scarico non coibentato”

Figura 2.8 sottoblocco “Modello scarico coibentato”

_______________________________________________________________________________

59
Analizziamo ora il blocco “portata gas di scarico”: esso permette la
determinazione della portata in massa dei gas di scarico.
Tale modellizzazione è stata effettuata supponendo che a regime la portata in
massa dei gas di scarico sia uguale a quella della miscela aspirata e determinando
quindi quest’ultima a partire dall’equazione dei gas perfetti riferita al collettore di
aspirazione [2]. Si è in tal modo ottenuta la seguente equazione:

•

m G (t ) =

pasp (t )
R ⋅ Tasp

⋅ηV (ω , pasp )⋅ VC ⋅

ω (t )
4π

(2.45)

dove pasp è la pressione nel collettore di aspirazione, Tasp la temperatura nel
collettore di aspirazione, R la costante universale dei gas perfetti, Vc la cilindrata
totale del motore (Vc = 4 Vcil , con Vcil cilindrata unitaria), e ω(t) la velocità di
rotazione del motore in radianti al secondo. Nell’espressione è presente anche il
termine ηv che rappresenta il rendimento di carica relativo, in quanto riferito alle
condizioni nel collettore di aspirazione e non ambientali, e che sarà meglio
illustrato in seguito (paragrafo 3.7).
Ecco quindi come appare tale modello in Simulink:

Figura 2.9 blocco “portate gas di scarico”
2.4.1.

Modello invertito per la validazione dei risultati

_______________________________________________________________________________

60
Per la validazione del modello e per elaborare i dati sperimentali raccolti
(vedi cap. 4), è stata utilizzata una variante del modello visto alla fig. 2.2, che
altro non era se non il modello visto invertito e con gli stessi sottoblocchi.
Si trattava infatti di utilizzare le temperature misurate dalla sonda immersa
(Tgmis) e di parete (Tpar), per risalire alla Tgas stimata, sia per il condotto
coibentato, che non coibentato, e per fare ciò si è utilizzata la seguente
modellizzazione di Simulink:

Figura 2.10

Modello per la stima della temperatura effettiva del gas

Il modello è formato da 2 blocchi principali: il blocco “portata gas di
scarico” che abbiamo gia visto, e il blocco “errore_misura inv.” che rappresenta
quello visto in fig. 2.3 ma invertito e che sarà meglio illustrato in fig. 2.11.

_______________________________________________________________________________

61
figura 2.11 blocco “errore_misura inv.”

Come si vede in tale variante c’è il sottoblocco “Temp_parete_interna” che
serve per ottenere la temperatura di parete interna del condotto di scarico a partire
da quella esterna misurata, la quale è un ingresso del modello, nonché i
sottoblocchi “errore_conduzione” ed “errore_irraggiamento” che sono gia stati
illustrati in precedenza.
Il sottoblocco “Temp_parete_interna” è stato ottenuto a partire dalla equazione
(2.35), ed è di seguito illustrato (fig. 2.12).

_______________________________________________________________________________

62
figura 2.12 sottoblocco “Temp_parete_interna”

I sottoblocchi che compaiono all’interno di “Temp_parete_interna” sono gli
stessi che compaiono nella versione gia illustrata al paragrafo 2.4 e non ci
soffermeremo oltre sulla loro trattazione.

_______________________________________________________________________________

63
2.5. Variante del Modello per la determinazione dell’errore di
misura.

Come si è visto al paragrafo 2.2.3 , dall’analisi dello scambio termico tra la
sonda, il gas e la parete si giunge quindi alla seguente equazione:

(

d 2 − d i2 d 2T ( x) εσ
(T (x ))4 − Tw4
+
2
4h
d
dx
h

(TG − T (x )) = − kT

)

(2.7)

A questo punto si vede che ci troviamo di fronte ad una equazione
differenziale non lineare del secondo ordine, per la quale non si conoscono
soluzioni in forma chiusa.
Per risolverla (al paragrafo 2.2.3) si è utilizzato un approccio semplificato, che
consiste nell’affrontare separatamente i due diversi contributi per conduzione ed
irraggiamento: va però specificato che questo tipo di approccio, a fronte di una
elevata semplicità, non è corretto dal punto di vista formale, essendo l’equazione
(2.7) di partenza non lineare.
Si è quindi generata la necessità di sviluppare anche una modellizzazione più
corretta dal punto di vista formale, per poter poi confrontare i risultati delle due
modellizzazioni e verificare l’affidabilità delle stime del modello più semplice
sviluppato per primo.

Tale tipo di approccio, più corretto dal punto di vista matematico, si basa
sulla linearizzazione della (2.7) attraverso l’utilizzo al posto di Tx4 del suo valor
medio calcolato lungo l’asse della sonda (di lunghezza l) [16]:

l

Tx =

∫T

x

dx

0

l

che è un valore necessariamente compreso tra TG e Tw.
Tale semplificazione è giustificata dal fatto che (TG- Tw)<< Tw perciò si compie
un’approssimazione trascurabile prendendo il suo valor medio al posto di Tx.

_______________________________________________________________________________

64
Operando in questo modo la (2.7) può essere scritta nel modo seguente e appare
come una equazione differenziale lineare del secondo ordine e perciò risolvibile in
forma chiusa:

d 2 Tx
− B 2 Tx + A = 0
2
dx

(2.45)

dove le costanti che compaiono sono così definite:

A=

B=

4d
(h TG + hr Tw )
k T d 2 − d i2

(

)

4d (h + hr )
kT d 2 − d i2

(

)

(2.46)

(2.47)

4

hr = ε σ

T x − Tw4
T x − Tw

(2.48)

hr è il coefficiente di scambio termico per irraggiamento, mentre gli altri termini
sono quelli esplicitati al paragrafo 2.2.3.

Fissando le condizioni al contorno:
la base della termocoppia si trova alla temperatura interna di parete :

T ( x = l ) = Tw
il calore che la sonda assorbe dal gas alla sua estremità è trascurabile:

dT
dx

=0
x =0

si può risolvere la (2.45), e si può quindi esprimere l’andamento di Tx:

A  e Bx + e − Bx A

Tx =  Tw − 2  Bl
+
B  e + e − Bl B 2


(2.49)

che, esplicitando le costanti, può essere scritta nel seguente modo:

_______________________________________________________________________________

65

(h TG + hr Tw ) e Bx + e −Bx + h TG + hrTw
Tx = Tw −
 Bl − Bl
h + hr
h + hr

 e +e

(2.50)

dalla quale ottengo la temperatura del gas (TG) in funzione della temperatura (Tm)
che la sonda “legge” alla sua estremità (per x=0):

 T − Tm cosh ( Bl )

(h + hr ) − hr Tw  1
TG =  w
 1 − cosh ( Bl )
h

(2.51)

A questo punto per determinare TG, e quindi l’errore di misura, è necessario
eseguire un ciclo iterativo partendo da un valore di primo tentativo di T x , per poi
giungere al valore effettivo di T x che sostituisco nella (2.51) per ricavare la TG
effettiva.
Vediamo di seguito, passo per passo, il procedimento seguito per giungere alla
stima di TG:

1. Si è fissato in prima approssimazione T x =

Tm + Tw
2

2. Si ottiene hr con la (2.48), si ricava poi TG con la (2.51) e quindi si
ricavano rispettivamente i valori di primo tentativo di A e B con le
(2.46) e (2.47).

3. Si sostituiscono ora A, B e hr nella (2.49) e si trova l’andamento della
temperatura della sonda lungo il suo asse (Tx).

4. Si determina il valor medio effettivo di Tx (lo chiamo Tmean) e lo si
confronta col T x di tentativo precedente.

5. Si ricavano dei nuovi valori di A, B e hr utilizzando Tmean al posto di T x
e si ricava nuovamente la Tx.

6. Si ripetono i passaggi da 3 a 5 fino a quando il valore di T x non arriva a
convergenza.

A questo punto utilizzando il valore finale di T x si ottiene con la (2.51) il
valore stimato di TG, e noto questo si ricava l’errore complessivo di misura
dovuto a conduzione ed irraggiamento.

_______________________________________________________________________________

66
Note TG e la distribuzione di Tx si possono ora ricavare separatamente i due errori
scomponendo la (2.7) nei due contributi.

Ora, nota la Tx, si può scrivere la (2.7) nel modo seguente senza incorrere in un
errore formale:

kT d 2 − d i2 d 2T ( x)
(TG − Tm ) = ∆Ttot = −
4h d
dx 2

+
x =0

εσ
h

((T (x )) − T )
4

4
w

(2.52)
x =0

dove il primo termine a secondo membro rappresenta l’errore per conduzione e il
secondo termine l’errore per irraggiamento.
Risolvendo la (2.52) si ottiene quindi:

∆Tirr =

εσ
h

∆Tcond = −

(T

)

(2.53)

k T d 2 − d i2 d 2T ( x)
4h
d
dx 2

(2.54)

4
m

− Tw4

x =0

e sostituendo la (2.49) al posto di Tx, derivando due volte e calcolando il
valore per x=0 si ottiene:

∆Tcond =

h + hr
h

h TG + hr Tw
− Tw
h + hr
cosh( Bl )

(2.55)

Quindi con la (2.53) e con la (2.55) si possono determinare i due contributi
dati all’errore dalle due diverse forme di scambio termico tra la sonda e la parete:
conduzione ed irraggiamento
Questo metodo, essendo molto più rigoroso del precedente, affrontato al paragrafo
2.2.3, offre senza dubbio stime più affidabili: è quindi di particolare interesse un
confronto tra i risultati ottenuti dai due modelli.
Prima di effettuare tale confronto, è interessante approfondire il comportamento di
quest’ultima modellizzazione, valutando la velocità con cui il ciclo iterativo

_______________________________________________________________________________

67
converge alla temperatura media effettiva (cioè calcola la stessa temperatura
media Tmean in due iterazioni successive).
Riportiamo ora i risultati relativi ad alcune simulazioni effettuate sui dati delle
tabelle 3.9 e 3.10.

NOTA: i numeri delle prove si riferiscono a quelli che caratterizzano la prova
nelle tabelle specificate.

I termini usati in seguito hanno il seguente significato:

pcoll : pressione nel collettore di aspirazione
Tmis : temperatura della sonda nella giunzione
Tpar : temperatura di parete interna

Tx

: temperatura media di prima approssimazione, T x =

TG + Tw
2

Tmean1: temperatura media effettiva calcolata alla prima iterazione
Tmean2: temperatura media effettiva calcolata alla seconda iterazione

∆T x : errore di misura calcolato in base al valore medio di primo
tentativo ( T x )

∆T1 : errore di misura calcolato in base al valore medio effettivo
Tmean1

∆T2 : errore di misura calcolato in base al valore medio effettivo al
secondo ciclo di iterazione (Tmean2).
TG_eff : temperatura stimata del gas in base alla Tmean2
Vediamo di seguito i dati riferiti a simulazioni eseguite sulle prove 5, 10, 16
di tabella 3.10, e cioè su prove coibentate.

Prova 5:
Giri
[rpm]
2000

pcoll
[bar]
0.691

Tmis
[K]
845.2

Tpar
Tmean1 Tmean2
Tx
[K]
[K]
[K]
[K]
823.2 834.15 839.32 839.32

∆T x
[K]
9.28

∆T1
[K]
9.28

TG_eff
∆T2
[K]
[K]
9.28 854.44

_______________________________________________________________________________

68
Vediamo ora l’andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse,
calcolata con la (2.50), dopo aver portato il ciclo a convergenza (si vede nella
tabella che raggiunge la convergenza dopo 1 sola iterazione).

Fig. 2.13 andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse
(x=0 è la sommità, x=L è la base)

Prova 10:
Giri
pcoll
Tmis
Tpar
Tmean1 Tmean2 ∆T x
TG_eff
∆T1
∆T2
Tx
[rpm] [bar]
[K]
[K]
[K]
[K]
[K]
[K]
[K]
[K]
[K]
2000 0.951 934.2 918.2 926.15 929.17 929.17 12.32 12.30 12.30 946.46

Vediamo ora l’andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse,
calcolata con la (2.50), dopo aver portato il ciclo a convergenza (si vede nella
tabella che anche in questo caso raggiunge la convergenza dopo 1 sola iterazione).

_______________________________________________________________________________

69
Fig. 2.14 andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse
(x=0 è la sommità, x=L è la base)

Prova 16:
Giri
pcoll
Tmis
Tpar
Tmean1 Tmean2
Tx
[rpm] [bar]
[K]
[K]
[K]
[K]
[K]
3400 0.998 1018.2 997.7 1007.9 1013.6 1013.6

∆T1 ∆T2 TG_eff
[K]
[K] [K]
[K]
8.64 8.66 8.66 1026.8

∆T x

È riportato di seguito l’andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse,
calcolata con la (2.50), dopo aver portato il ciclo a convergenza (si vede nella
tabella che anche in questo caso raggiunge la convergenza dopo 1 sola iterazione).

Fig. 2.15 andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse
(x=0 è la sommità, x=L è la base)

Vediamo di seguito i dati riferiti a simulazioni eseguite sulle prove 50 e 72
di tabella 3.9, e cioè su prove non coibentate.

Prova 50:
Giri
pcoll
Tmis
Tpar
Tmean1 Tmean2 ∆T x
TG_eff
∆T1
∆T2
Tx
[rpm] [bar]
[K]
[K]
[K]
[K]
[K]
[K]
[K]
[K]
[K]
2200 0.301 812.5 662.0 737.22 770.56 770.62 91.75 91.40 91.40 903.85

Vediamo ora l’andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse,
calcolata con la (2.50), dopo aver portato il ciclo a convergenza (si vede nella
tabella che raggiunge la convergenza dopo 1 sola iterazione).
_______________________________________________________________________________

70
Fig. 2.16 andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse
(x=0 è la sommità, x=L è la base)

Prova 72:
Giri
pcoll
Tmis
Tpar
Tmean1 Tmean2 ∆T x
TG_eff
∆T1
∆T2
Tx
[rpm] [bar]
[K]
[K]
[K]
[K]
[K]
[K]
[K]
[K]
[K]
3000 0.450 867.7 715.2 791.44 827.66 827.75 65.10 65.29 65.29 932.94

È riportato di seguito l’andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse,
calcolata con la (2.50), dopo aver portato il ciclo a convergenza (si vede nella
tabella che anche in questo caso raggiunge la convergenza dopo 1 sola iterazione).

Fig. 2.17 andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse
(x=0 è la sommità, x=L è la base)

_______________________________________________________________________________

71
Ciò che emerge chiaramente dall’analisi delle prove viste, che rappresentano
un campione di tutte quelle riportate in tab. 3.9, 3.10 e 3.11, è la veloce
convergenza del modello, il quale gia dopo una iterazione da risultati praticamente
costanti, a meno di una variazione di pochi centesimi di grado nel calcolo della
Tmean, o di quantità inferiori al centesimo di grado nella stima dell’errore.
Si può pertanto ritenere che dopo una iterazione il modello giunga a convergenza
per qualunque prova, ed effettuare la stima degli errori di misura su tutto il campo
di prove a nostra disposizione, fermandoci sistematicamente per ogni prova dopo
una ripetizione del ciclo.
I dati così raccolti, potranno quindi essere confrontati con quelli riportati al
capitolo 4 ed ottenuti mediante il modello più semplificato, ma anche meno
rigoroso formalmente, illustrato al paragrafo 2.2.3.

Sono di seguito riportati i risultati mediante il modello precedentemente
illustrato, continuando con la separazione tra dati su condotto coibentato e dati su
condotto non coibentato.

_______________________________________________________________________________

72
2.5.1.

Risultati

delle

simulazioni

su

condotto coibentato.

I dati stimati si riferiscono alle prove riportate nelle tabelle 3.10 e 3.11 al
capitolo 3.
calcolati con vecchio
Calcolati con nuovo
modello
modello
Errore Errore Errore Errore Errore Errore
pcoll
Tmis
Tpar
differenza
tot
cond
irr
tot
cond
irr
0.457
693.2 647.2
27.2
23.6
3.6
25.0
21.5
3.6
-2.2
0.670
850.7 820.7
15.4
8.6
6.8
13.1
6.4
6.8
-2.3
0.950
928.7 902.5
12.8
5.1
7.7
11.0
3.4
7.7
-1.8
0.690
853.2 824.2
7.3
0.8
6.6
7.0
0.5
6.6
-0.4
0.690
845.2 823.2
10.8
6.1
4.8
9.3
4.5
4.8
-1.6
0.690
852.4 824.5
7.0
0.7
6.3
6.7
0.4
6.3
-0.3
0.690
840.0 822.7
18.1
14.4
3.7
15.2
11.6
3.6
-2.9
0.950
930.2 915.0
14.4
9.8
4.6
11.6
7.1
4.6
-2.8
0.950
940.4 918.2
7.4
0.3
7.0
7.1
0.1
7.0
-0.2
0.950
934.2 918.2
15.3
10.3
5.0
12.3
7.4
4.9
-3.0
0.950
944.2 920.8
7.9
0.3
7.6
7.7
0.2
7.6
-0.2
0.495
797.2 770.2
15.3
10.2
5.0
13.1
8.1
5.1
-2.2
0.730
917.7 883.7
15.2
6.3
8.9
13.1
4.3
8.9
-2.1
0.945
951.2 923.8
11.1
3.7
7.4
9.7
2.4
7.4
-1.3
0.570
951.2 914.2
21.3
8.3
13.0
18.0
5.1
13.1
-3.3
0.997 1018.2 997.7
9.7
2.4
7.4
8.7
1.3
7.4
-1.1
0.456
681.2 597.2
47.6
42.5
5.0
50.2
45.5
5.0
2.6
0.566
917.2 790.2
57.0
26.1
30.9
51.5
22.6
31.2
-5.5
0.998
995.2 881.2
42.7
12.1
30.6
39.2
9.8
31.1
-3.4
2.3 Confronto tra le stime effettuate dal modello affrontato al paragrafo 2.2.3

Dati misurati
prova

giri

1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19

1465
2000
2000
2000
2000
2000
2000
2000
2000
2000
2000
2100
3000
3000
3400
3400
1465
3400
3400
Tabella

(vecchio) e quello più rigoroso (nuovo) sui dati di tab. 3.10 e 3.11

_______________________________________________________________________________

73
2.5.2.

Risultati

delle

simulazioni

su

condotto non coibentato.

I dati stimati si riferiscono alle prove riportate nella tabella 3.9 al capitolo 3.

Dati misurati
prova
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41

giri

pcoll

Tmis

Tpar

892
1100
1100
1100
1100
1100
1100
1100
1100
1100
1100
1300
1300
1300
1300
1300
1300
1300
1300
1300
1300
1500
1500
1500
1500
1500
1500
1500
1500
1500
1700
1700
1700
1700
1700
1700
1700
1700
1700
2100
2100

0.370
0.329
0.463
0.500
0.577
0.651
0.724
0.803
0.875
0.951
0.954
0.291
0.345
0.458
0.522
0.601
0.673
0.752
0.823
0.899
0.946
0.374
0.457
0.526
0.602
0.675
0.755
0.828
0.900
0.962
0.405
0.451
0.527
0.601
0.674
0.750
0.825
0.900
0.961
0.375
0.448

627.2
661.4
662.1
670.2
707.5
747.4
768.2
786.2
800.2
807.8
815.6
642.4
681.1
682.9
698.2
741.4
774.6
793
810.6
828.8
863.8
671.1
692.1
721.6
772.5
804.5
819.2
823.7
837.7
874.6
716.6
728.4
766.7
816.1
843.6
849.4
865.1
880.9
896.1
756.2
771.9

539.8
567.4
570.2
575.6
595.7
629.4
655
665.7
690.9
699.9
715.7
557.1
578.1
588.7
597.7
626.7
657.5
678.7
696.3
715.3
737
568.3
603.6
623
654.4
691.6
704.5
710.3
723.3
751.6
609
629.5
651.8
687.9
717.6
727.8
739.7
751.4
764.7
635.6
662.2

calcolati con vecchio
Calcolati con nuovo
modello
modello
Errore Errore Errore Errore Errore Errore
differenza
tot
cond
irr
tot
cond
irr
72.8
70.4
2.3
77.7
75.5
2.3
4.9
73.8
68.5
5.3
76.2
71.4
5.3
2.4
60.5
55.9
4.5
62.9
58.8
4.5
2.5
59.3
54.2
5.1
61.4
56.7
5.1
2.1
65.1
56.0
9.0
65.2
57.0
9.1
0.2
66.2
52.7
13.5
64.1
51.7
13.6
-2.1
60.7
45.8
14.9
57.9
44.2
15.0
-2.8
60.6
43.6
17.0
57.2
41.6
17.1
-3.4
53.1
36.4
16.7
49.8
34.2
16.8
-3.3
49.1
32.7
16.5
46.0
30.7
16.6
-3.1
46.6
30.2
16.4
43.4
28.0
16.5
-3.2
62.4
59.2
3.1
65.9
63.0
3.1
3.5
70.9
63.9
6.9
72.2
65.9
6.9
1.3
56.3
50.4
5.9
57.7
52.2
5.9
1.4
56.2
48.9
7.2
56.9
50.3
7.2
0.8
60.3
48.3
12.0
58.9
48.0
12.0
-1.4
59.6
44.2
15.4
56.7
42.5
15.5
-2.9
55.0
38.6
16.4
51.8
36.6
16.5
-3.2
53.0
35.2
17.8
49.4
32.9
17.9
-3.5
51.0
31.8
19.1
47.2
29.3
19.3
-3.8
58.9
33.3
25.6
53.3
29.4
25.8
-5.6
62.1
56.7
5.4
64.4
59.5
5.4
2.2
48.2
42.3
5.9
49.2
43.7
5.9
1.0
50.3
41.8
8.6
50.2
42.3
8.6
-0.1
58.6
43.6
15.0
56.0
42.2
15.1
-2.6
55.0
37.4
17.6
51.4
35.0
17.8
-3.6
52.5
33.9
18.6
48.8
31.5
18.7
-3.7
48.4
30.5
17.9
45.1
28.4
18.1
-3.3
47.1
28.2
18.9
43.7
26.0
19.1
-3.4
52.1
27.7
24.4
47.4
24.5
24.7
-4.8
60.6
51.2
9.4
60.3
51.7
9.5
-0.3
52.7
43.2
9.5
52.1
43.3
9.5
-0.6
57.0
42.9
14.1
54.7
41.7
14.1
-2.3
62.8
41.6
21.1
58.0
38.6
21.3
-4.7
60.5
36.7
23.7
55.1
33.1
23.9
-5.4
54.2
31.8
22.4
49.6
28.7
22.6
-4.6
53.7
29.7
24.0
48.9
26.5
24.2
-4.8
53.7
27.9
25.8
48.7
24.6
26.0
-5.0
53.8
26.3
27.5
48.5
22.8
27.7
-5.2
65.7
51.2
14.5
63.2
50.0
14.6
-2.5
55.0
40.8
14.2
52.5
39.4
14.2
-2.5

_______________________________________________________________________________

74
calcolati con vecchio
Calcolati con nuovo
modello
modello
Errore Errore Errore Errore Errore Errore
Tmis
Tpar
differenza
tot
cond
irr
tot
cond
irr
816.2
684
62.9
41.7
21.2
58.3
38.8
21.3
-4.6
850.5 714.5
63.2
37.6
25.6
57.4
33.9
25.8
-5.8
871.4 740.5
58.9
32.3
26.6
53.2
28.5
26.8
-5.7
878 749.7
53.2
27.9
25.3
48.3
24.7
25.5
-4.9
892.1 762.1
51.8
25.5
26.3
46.9
22.4
26.5
-4.9
908.2 775.8
51.6
23.7
27.9
46.6
20.5
28.2
-5.0
944 798.8
59.9
24.1
35.7
53.3
19.9
36.1
-6.6
718.6 608.3
67.8
57.3
10.5
67.0
57.4
10.5
-0.8
812.5
662 100.5
70.7
29.8
90.6
63.8
30.1
-9.8
855.7 717.8
78.8
47.8
31.0
70.1
41.6
31.3
-8.7
895.4 740.3
85.4
45.9
39.5
74.7
38.4
40.0
-10.7
926.4 772.8
83.6
40.0
43.6
72.5
32.2
44.1
-11.1
945.2 798.8
77.5
33.8
43.7
67.4
26.6
44.2
-10.2
919.2 786.1
59.8
27.4
32.4
53.2
22.8
32.8
-6.6
927.1 794.5
57.0
24.9
32.2
50.9
20.7
32.5
-6.1
952 814.1
59.7
23.4
36.3
53.0
18.9
36.7
-6.7
968.8 828.6
61.3
22.2
39.0
54.3
17.5
39.5
-7.0
802.5 663.8
92.1
66.0
26.1
83.8
60.1
26.4
-8.3
805.8 659.9
88.9
62.9
26.0
81.3
57.8
26.2
-7.6
810 676.1
72.0
49.4
22.7
66.3
45.6
22.8
-5.7
841.5 693.5
73.7
46.0
27.6
66.8
41.7
27.9
-6.9
892 738.9
76.8
40.8
36.0
67.8
34.8
36.3
-8.9
913.8 766.1
71.7
34.8
37.0
63.2
29.0
37.4
-8.5
923.1 780.2
65.4
29.9
35.5
57.9
24.8
35.8
-7.5
929.3 790.8
59.4
25.8
33.6
52.9
21.5
34.0
-6.5
939.9 801.4
57.6
23.5
34.0
51.3
19.4
34.4
-6.2
957 844.6
47.7
17.5
30.1
42.8
14.0
30.5
-4.8
973.4 831.6
57.8
19.9
37.9
51.5
15.9
38.3
-6.3
824.8 659.3
89.9
60.3
29.5
81.7
55.4
29.8
-8.2
834.9
695
69.9
44.3
25.6
63.7
40.3
25.7
-6.2
867.7 715.2
72.2
41.3
31.0
64.8
36.5
31.2
-7.4
892.6 745.5
66.7
34.4
32.3
59.5
29.7
32.6
-7.2
903.7 765.7
58.9
28.4
30.5
52.8
24.4
30.8
-6.1
907.3 780.9
50.6
23.4
27.3
45.7
20.1
27.5
-4.9
907.2
791
43.0
19.2
23.8
39.2
16.7
24.1
-3.8
911.2
796
39.8
17.0
22.8
36.5
14.9
23.0
-3.3
937.4 806.1
45.0
17.2
27.8
40.9
14.7
28.1
-4.1
tra le stime effettuate dal modello affrontato al paragrafo 2.2.3

Dati misurati
prova
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
61
62
63
64
65
66
67
68
69
70
71
72
73
74
75
76
77
78
Tabella

giri

pcoll

2100 0.528
2100 0.601
2100 0.671
2100 0.752
2100 0.827
2100 0.900
2100 0.949
2200 0.276
2200 0.301
2200 0.452
2200 0.527
2200 0.601
2200 0.680
2200 0.758
2200 0.825
2200 0.898
2200 0.953
2500 0.261
2500 0.299
2500 0.373
2500 0.454
2500 0.531
2500 0.602
2500 0.677
2500 0.752
2500 0.823
2500 0.900
2500 0.966
3000 0.308
3000 0.378
3000 0.450
3000 0.528
3000 0.602
3000 0.676
3000 0.752
3000 0.827
3000 0.901
2.4 Confronto

(vecchio) e quello più rigoroso (nuovo) sui dati di tab. 3.9

_______________________________________________________________________________

75
2.5.3. Analisi dei risultati
Questo

metodo risolutivo, che è stato proposto da Benedict, anche se

necessariamente si basa su una approssimazione (prendo il suo valor medio al
posto di Tx4 ) per linearizzare e rendere risolvibile l’equazione (2.7), è più rigoroso
da un punto di vista matematico rispetto all’approccio precedente (paragrafo
2.2.3), che consisteva nell’affrontare separatamente i due contributi (per
conduzione ed irraggiamento) dell’errore di misura.
Ciononostante, confrontando i risultati ottenuti con le modellizzazioni derivanti
dai due diversi approcci al problema visti in precedenza, si vede che le differenze
tra le stime delle temperature del gas e dell’errore di misura sono molto ridotte.
Si va infatti da 1÷3 K nel caso di condotto coibentato, ad un massimo di 10 K in
alcune prove non coibentate, su un errore complessivo di 70÷100 K (cioè una
variazione del 10÷15 %).
In seguito a ciò si può affermare che l’utilizzo della modellizzazione affrontata
per prima al paragrafo 2.2.3, la quale è estremamente più semplificata e non
necessita iterazioni successive per effettuare le stime, porta comunque a risultati
attendibili e significativi (si discostano al massimo del 10÷15% dalla
modellizzazione più complessa proposta da Benedict) sia per quanto riguarda
l’errore complessivo che i suoi contributi dovuti a conduzione ed irraggiamento,
pertanto essa può essere utilizzata senza incorrere in errori molto elevati per la
stima degli errori di misura in tutto il campo di funzionamento.

_______________________________________________________________________________

76
2.5.4. Modellizzazione dell’errore.
A questo punto, vediamo come si presenta graficamente il modello
termodinamico per la determinazione dell’errore di misura che è stato illustrato
dal punto di vista fisico al paragrafo 2.5.
Di seguito è riportato il modello sviluppato in Simulink e costituito da 4
diversi blocchi principali, che rappresentano rispettivamente le modellizzazioni
dell’errore di misura complessivo, dei due diversi contributi dell’errore e della
portata in massa dei gas di scarico.

Figura 2.18

Modello per la stima della temperatura effettiva del gas e dell’errore di misura

Vediamo ora nel dettaglio i blocchi che compongono il modello, ricordando
che il blocco “portata gas di scarico” è gia stato mostrato al paragrafo 2.4.

_______________________________________________________________________________

77
Figura 2.19

Figura 2.20

Blocco “modello errore tot” ottenuto implementando la (2.51)

Blocco “errore_irraggiamento” ottenuto implementando la (2.53)

_______________________________________________________________________________

78
Figura 2.21

Blocco “errore_conduzione” ottenuto implementando la (2.55)

I sottoblocchi per la determinazione dei coefficienti di scambio termico che
compaiono all’interno dei blocchi principali, essi altro non sono se non
l’implementazione in Simulink delle espressioni che li definiscono.

Per meglio chiarire il concetto della T x utilizzata per ricavare hr , così come
definito nella 2.48, mostriamo i sottoblocchi per la determinazione del
coefficiente di scambio termico per irraggiamento (hr) utilizzati rispettivamente
per ricavare il valore hr di primo tentativo (usa T x ) e per il ciclo iterativo (usa il
valore medio effettivo Tmean).
Vediamo quindi di seguito riportati i due sottoblocchi sopraindicati.

_______________________________________________________________________________

79
Figura 2.22 Sottoblocco per la determinazione di hr di primo tentativo

Figura 2.23 Sottoblocco per la determinazione di hr in funzione del valore medio
effettivo Tmean

_______________________________________________________________________________

80
Capitolo 3

PROVE SPERIMENTALI

1.1. Introduzione

Dopo aver determinato dal punto di vista teorico i modelli per la
determinazione dell’errore di misura e delle temperature di parete (interna ed
esterna) dello scarico per condotti sia scoperti che coibentati, si è reso necessario
determinare i vari coefficienti che compaiono nei modelli mediante un approccio
di tipo sperimentale.
Nel seguente capitolo saranno quindi illustrate le caratteristiche geometriche del
motore utilizzato nelle prove, le caratteristiche termodinamiche dei gas di scarico
e i dati raccolti nelle prove eseguite al banco.
Data la difficoltà di reperire sensori di temperatura che abbinassero una elevata
resistenza alle alte temperature ad una ridotta costante di tempo, si è deciso di
puntare sulla resistenza, eseguendo quindi le prove in condizioni di regime.

1.2.

Caratteristiche del motore

Il motore utilizzato nelle prove è il FIAT PUNTO FIRE 1242 8V, le cui
caratteristiche sono di seguito riportate:
_______________________________________________________________________________

81
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Tesi Laurea Sergio Taddia

  • 1. Università degli Studi di Bologna FACOLTA’ DI INGEGNERIA Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica Dipartimento di Ingegneria delle Costruzioni Meccaniche, Nucleari, Aeronautiche e di Metallurgia Tesi di Laurea in Macchine II ANALISI DELLE PROBLEMATICHE NELLA MISURA DI TEMPERATURA DEI GAS DI SCARICO DI UN MOTORE A COMBUSTIONE INTERNA. Tesi di Laurea di: SERGIO TADDIA Relatore: Chiar.mo Prof. Ing. GIORGIO MINELLI Correlatori: Chiar.mo Prof. Ing. PIERO PELLONI Ing. NICOLO’ CAVINA Sessione I Anno Accademico 2001/2002 _______________________________________________________________________________ 1
  • 2. Parole chiave Sensori di temperatura Gas di scarico Errore di misura Modello matematico Identificazione sperimentale _______________________________________________________________________________ 2
  • 3. Dedico questo mio modesto lavoro Che si pone a conclusione di un lungo e faticoso cammino Alle persone che più mi hanno aiutato ed insegnato, mia mamma e mio papà. _______________________________________________________________________________ 3
  • 4. Ringraziamenti Primi fra tutti voglio ringraziare i miei genitori, i quali mi hanno sostenuto, spronato e sopportato in tutti questi anni di studio e soprattutto nell’ultimo periodo di tempo dedicato a questo lavoro. Desidero poi ringraziare il Chiar.mo Prof. Giorgio Minelli, per avermi dato la possibilità di affrontare un argomento così importante quanto complesso come la modellizzazione dell’errore di misura della temperatura dei gas di scarico di un motore. Un ringraziamento particolare va poi all’ing. Nicolò Cavina, per avermi sostenuto, guidato e spesso incoraggiato durante il travagliato periodo di questo lavoro. Non posso poi dimenticare di ringraziare la Magneti Marelli S.p.A., per l’interessante tema di studio proposto. E infine, ma non certo per importanza, vorrei ringraziare Isabella, che forse più di chiunque altro ha dovuto sopportarmi durante la realizzazione di questa tesi. _______________________________________________________________________________ 4
  • 5. INDICE Cap. 1. La riduzione degli inquinanti in un motore endotermico ad accensione comandata…….………..............................................1 1.1. Introduzione……………………...……………………….……..1 1.2. Storia dei catalizzatori…………………………………….…….3 1.3. Le sostanze inquinanti…………………………………….…….5 1.4. Metodi per la riduzione delle sostanze inquinanti……………....7 1.5. Funzionamento del catalizzatore……………………………….10 1.5.1. Descrizione generale……………….…………………….10 1.5.2. Temperature di esercizio…………………………………11 1.5.3. Posizionamento del Catalizzatore in Vettura…...………..14 1.6. La misura delle temperature dei gas di scarico…………………16 1.7. Le termocoppie…………………………………………………18 Cap. 2. Modelli termodinamici………………………………………21 2.1. Introduzione……………….……………………………………21 2.2. Errore nelle misure di temperatura dei gas combusti nel collettore di scarico………………………………………………………..24 2.2.1. Generalità………………………………………………...24 2.2.2. Modellizzazione degli scambi termici…………………...25 2.2.3. Modello termodinamico………………………………….25 2.2.3.1. Errore dovuto all’irraggiamento……….…………28 2.2.3.2. Errore dovuto alla conduzione……………………34 2.3. Modelli termodinamici per la determinazione delle temperature di parete del condotto di scarico…………………………………...36 2.3.1. Introduzione………………………………………………36 2.3.2. Modello termodinamico………………………………….36 2.3.2.1. Scambio termico tra gas e parete interna…………38 2.3.2.2. Scambio termico tra parete esterna e ambiente…..40 2.3.2.3. Scambio termico tra parete interna ed esterna del condotto di scarico…………………………….…42 2.3.2.4. Determinazione delle temperature di parete……..43 _______________________________________________________________________________ 5
  • 6. 2.3.2.5. Trasmissione del calore attraverso il condotto coibentato………………………………………..46 2.4. Modello dell’errore di misura………………………………….49 2.4.1. Modello invertito per la validazione dei risultati………..55 2.5. Variante del modello per la determinazione dell’errore……….58 2.5.1. Risultati delle simulazioni su condotto coibentato………67 2.5.2. Risultati delle simulazioni su condotto non coibentato….68 2.5.3. Analisi dei risultati………………………………………70 2.5.4. Modellizzazione dell’errore……………………………..71 Cap. 3. Prove sperimentali………………………………………...…75 3.1. Introduzione……………………………………………………75 3.2. Caratteristiche del motore……………………………………...76 3.3. Sistema di scarico……………………………………………...77 3.3.1. Caratteristiche del tubo di scarico in acciaio……………80 3.4. Sensori montati sul motore………….…………………………81 3.4.1. Sensori di temperatura…………………………………..82 3.4.2. Sensore di pressione…………………………………….87 3.5. Caratteristiche dei gas di scarico………………………………88 3.6. Dati sperimentali………………………………………………91 3.6.1. Dati prove al banco……………………………………..95 3.6.1.1. Prove su condotto non coibentato………………95 3.6.1.2. Prove su condotto coibentato………………...…98 3.7. Rendimento volumetrico…………………………………….100 Cap. 4. Validazione dei modelli e risultati sperimentali 103 4.1. Introduzione…………………………………………………103 4.2. Validazione dei modelli……………………………………..104 4.2.1. Confronto tra misurazioni con diverse profondità della sonda…………………………………………………..104 4.2.2. Confronto tra condotto coibentato e non coibentato……106 4.3. Analisi dei risultati…………………………………………….108 4.3.1. Risultati delle simulazioni su condotto non coibentato…109 4.3.2. Risultati delle simulazioni su condotto coibentato…...…119 4.4. Conclusioni e sviluppi futuri…………………………………..128 _______________________________________________________________________________ 6
  • 7. Appendice. A. Caratteristiche dei motori endotermici ad accensione comandata………………………………………………...129 A.1. Motori a combustione interna ad accensione comandata………………………………………...….129 A.1.1. Generalità…………………………………….129 A.1.2. Ciclo termodinamico…………………………131 A.1.3. Diagrammi di indicatore…...………………...132 A.1.3.1. Diagrammi di indicatore ideali……..132 A.1.3.2. Diagrammi di indicatore reali………134 A.1.4. Valutazione della potenza……………………138 A.1.4.1. Tonalità termica…………………….138 A.1.4.2. Rendimento di carica……………….139 A.1.4.3. Valutazione della potenza per via termica………………………………140 A.1.4.4. Pressioni medie……………………..141 Appendice. B. Programmi Matlab…………………………………..143 B.1. Introduzione…………………………………….143 B.2. Files di lancio per condotto coibentato…………144 B.3. Files di lancio per condotto non coibentato…….149 Bibliografia…………………………………………………………………..155 _______________________________________________________________________________ 7
  • 8. Capitolo 1 LA RIDUZIONE DEGLI INQUINANTI IN UN MOTORE ENDOTERMICO AD ACCENSIONE COMANDATA 1.1. Introduzione Il miglioramento delle tecnologie atte alla riduzione delle emissioni inquinanti, da parte dei motori a combustione interna, ha costituito negli ultimi decenni e costituirà in futuro la maggiore pulsione per la ricerca in campo automobilistico a livello mondiale. In quest’ottica si pone lo studio delle temperature dei gas di scarico, in quanto di primario interesse per ottimizzare il rendimento dei sistemi di scarico catalizzati. Questi ultimi hanno infatti un campo di funzionamento piuttosto limitato , che va da circa 250°C (temperatura di entrata in funzione) fino a 700/800°C (temperature massime prima del danneggiamento del riporto di platino) : è pertanto necessario conoscere con buona approssimazione la temperatura dei gas combusti in uscita dal motore per fare in modo di velocizzare l’entrata in funzione del catalizzatore controllando altresì di non oltrepassare le temperature massime consentite. Negli ultimi anni i miglioramenti dei catalizzatori stessi e l’ottimizzazione del loro posizionamento, ne ha ridotto sempre di più il tempo di entrata in funzione (che resta il tallone d’Achille di questo efficace sistema), ma intervenendo sul controllo motore si possono ridurre ancora maggiormente tali ritardi, facendo in modo che nei primi secondi di funzionamento i gas combusti siano molto caldi, per poi _______________________________________________________________________________ 8
  • 9. ridurne la temperatura intervenendo sui vari parametri di controllo, al fine di evitare il danneggiamento del catalizzatore. Come gia sottolineato, diventa perciò fondamentale conoscere la temperatura dei gas di scarico in entrata nel catalizzatore. Non essendo economicamente conveniente il posizionamento a bordo vettura di sonde per la misura di tali temperature (avrebbero inoltre durata limitata a causa dell’ambiente aggressivo…), si rende necessario lo sviluppo di software in grado di stimare, con buona approssimazione, queste temperature in funzione dei parametri di controllo del motore. Per la validazione sperimentale di tali modelli e per l’identificazione di alcuni parametri, è però necessaria la conoscenza dei valori effettivi della temperatura del gas, che devono essere misurati, nelle varie condizioni di funzionamento, in sala prove da sensori posizionati nei punti di interesse. Tali valori misurati, sono però soggetti ad un errore di misura dovuto allo scambio termico per conduzione ed irraggiamento tra la sonda e la parete interna del condotto di scarico, quindi non rappresentano le temperature effettive del gas. L’obiettivo principale di questo lavoro è perciò la determinazione di modelli fisici e termodinamici (sviluppati col Matlab in ambiente Simulink ) che permettano di stimare con buona approssimazione tale errore e le sue singole componenti, così da poter risalire alle temperature effettive del gas, necessarie per la validazione di modelli in grado di stimare la temperatura del gas all’entrata del catalizzatore. Data la complessità di tale argomento, tale capitolo sarà dedicato alla storia ed allo stato dell’arte dei catalizzatori [1], nonché delle termocoppie usate per la misura delle temperature dei gas di scarico in sala prove [2]. _______________________________________________________________________________ 9
  • 10. 1.2. Storia dei Catalizzatori Un motore a combustione interna ad accensione comandata ad iniezione indiretta, com'è noto, durante il suo ciclo termodinamico attraversa le canoniche fasi di aspirazione di una miscela preformata di aria e benzina in rapporto costante fra loro, una fase di compressione della suddetta miscela nella camera di combustione, una fase di combustione, innescata dalla scintilla di una apposita candela ad arco elettrico, grazie alla quale il motore riceve calore, e quindi lavoro, dal combustibile. Infine una fase di scarico permette di far fuoriuscire i gas combusti dalla camera di combustione, liberando la cilindrata per una nuova quantità di miscela fresca. Le ultime due fasi (combustione e scarico), nonché altri parametri quali ad esempio il rapporto aria benzina e l’anticipo di accensione, sono i fattori che più influiscono sulla composizione chimica della miscela di scarico. A questo punto è importante introdurre un importante coefficiente che indica l’entità del rapporto aria-benzina della miscela aspirata dal motore, il quale viene comunemente chiamato titolo (indicato col simbolo λ) ed è definito come il rapporto tra la quantità d’aria realmente aspirata per ogni chilogrammo di benzina e la quantità d’aria stechiometrica per ogni chilogrammo di benzina. λ= (kg aria / kg combustibile)effettivo (kg aria / kg combustibile )stechiometrico I gas prodotti dalle reazioni chimiche di combustione, fino a pochi anni fa, venivano rilasciati nell’aria tramite un semplice tubo di scarico, poi ci sì accorse, osservando la pessima qualità dell'aria di grandi metropoli statunitensi (ad esempio Los Angeles), che era necessario intervenire sulle emissioni degli autoveicoli in modo da ridurre gli inquinanti. I primi interventi furono mirati a migliorare l'efficienza della combustione, riducendo le zone di quenching in camera per evitare un raffreddamento brusco della combustione, e quindi di espellere miscela non combusta. In seguito si cercarono nuove forme più raccolte di camera di combustione e caratterizzate da una elevata turbolenza della miscela in ingresso, favorendo perciò una più intima miscelazione fra aria e benzina. Questa tecnica, consentiva di poter operare con titoli di miscela leggermente _______________________________________________________________________________ 10
  • 11. poveri (λ>1), al contrario di quello che veniva fatto per avere motori orientati alle sole prestazioni, cioè lavorare con titoli di miscela leggermente ricchi (λ<1). Il risultato ottenuto fu quello di abbassare il livello di certi inquinanti, ad esempio il monossido di carbonio e gli idrocarburi incombusti, come chiarito nel seguito. Un' altra strada percorsa, fu quella di realizzare nell’impianto di scarico un sistema di ricircolo dei gas, esterno alla camera di combustione, il quale permetteva di far aspirare al motore una percentuale di gas combusti che, durante la combustione, si comportano come massa inerte, abbassando le temperature operative e di conseguenza gli ossidi di azoto come spiegato più avanti. Questi interventi erano limitati al solo svolgersi dell’evento combustione, non consideravano cioè la possibilità di un trattamento radicale proprio sull’elemento incriminato: i gas di scarico. Si arrivò pertanto al punto che, le sempre più severe norme (espresse come quantità in massa di inquinante per chilometro percorso), non potevano più essere soddisfatte da soli interventi sul motore. Nacquero cosi i primi catalizzatori, il cui nome ben chiarisce il loro comportamento, ovvero quello di accelerare determinate reazioni chimiche e farle avvenire a temperature più basse, grazie alla presenza al loro interno, di un supporto poroso (in grado quindi di far defluire liberamente l'aria), ricoperto di agenti catalizzanti, che in precise condizioni di temperatura e titolo della miscela riescono a ridurre o a ossidare gli inquinanti presenti nel flusso di scarico. Con il passare degli anni e con il giusto inasprimento delle norme, il problema è diventato sempre più basilare nell’ingegneria veicolistica, tanto che oggi tutte le vetture nuove devono essere dotate di impianti di catalisi sempre più complessi, affidabili ed efficienti. Questo continuo rincorrere l'obiettivo di mezzi di trasporto a basse emissioni ha contribuito e contribuirà in maniera sempre più significativa alla salvaguardia dell’ambiente in cui viviamo, rappresentando una importante sfida per tutte quelle persone che quotidianamente lavorano su queste tematiche. _______________________________________________________________________________ 11
  • 12. 1.3. Le Sostanze Inquinanti Normalmente si riconoscono, per i motori ad accensione comandata, tre sostanze fondamentali responsabili di essere dannose per l'ambiente: 1) Monossido di Carbonio CO 2) HC Idrocarburi Incombusti 3) Ossidi di Azoto NOx Il primo è causato dalla incompleta reazione di ossidazione fra monossido di carbonio, ancora dotato di forte reattività, e ossigeno per dare anidride carbonica secondo lo schema: CO + 1 O2 ⇒ CO2 2 Infatti in presenza di poco ossigeno (questo è il classico caso di combustione con titolo ricco), viene impedita la completa ossidazione della CO. Anche il secondo è caratteristico di ambienti carenti di ossigeno e di titoli ricchi, in quanto si rende impossibile la reazione di ossidazione dei vari idrocarburi di cui è composta la benzina, secondo il seguente schema, che prende in esempio solo due di essi: C 3 H 8 + 5O2 ⇒ 3CO2 + 4 H 2 O C 3 H 6 + 9 O2 ⇒ 3CO2 + 3H 2 O 2 Risulta chiaro adesso il motivo per il quale una miscela magra in titolo, quindi con eccesso d'aria, permetta un completamento delle suddette reazioni di ossidazione ed eviti il formarsi di idrocarburi incombusti (HC). Per il terzo punto occorre precisare che, come ossidi di azoto, si intendono le numerose configurazioni dell’azoto come ossido (NO, NO2). _______________________________________________________________________________ 12
  • 13. Queste sostanze sono presenti nei gas, a causa dell’elevata temperatura presente in camera, la quale permette il legame fra azoto e ossigeno sotto forma di ossido. Una possibile reazione di riduzione di questi inquinanti, è: CO + NO ⇒ CO2 + N 2 Queste sostanze sono fortemente influenzate dalla temperatura, cioè più questa è elevata, maggiore è il contenuto di ossidi di azoto nei gas. L' utilizzo del ricircolo dei gas, produce un abbassamento della temperatura di combustione, riducendo la formazione di ossidi di azoto. Si è dunque chiarito che per evitare la formazione di tali sostanze inquinanti, i primi due necessitano di una reazione di ossidazione, mentre all'ultimo di una reazione di riduzione (vedi fig. 1.1). Ben si comprendono le difficoltà che si sono presentate nelle prime prove, poiché era impossibile conciliare entrambi i comportamenti con le conoscenze ancora incomplete che si avevano, ed infatti i primi catalizzatori erano di tipo ossidante bivalente, ovvero si occupavano di due soli inquinanti, gli idrocarburi incombusti e il monossido di carbonio. Poi, la scoperta di nuovi materiali, ha incrementato le possibilità di intervento, e i catalizzatori sono divenuti ossidanti-riducenti trivalenti, in grado di intervenire su tutto lo spettro delle sostanze inquinanti. _______________________________________________________________________________ 13
  • 14. Figura 1.1 Andamento degli inquinanti (CO, HC, NOx), dell’ossigeno e del consumo specifico di combustibile in funzione del titolo di miscela. 1.4. Metodi per la Riduzione delle Sostanze Inquinanti Come si è visto al paragrafo precedente, per ottenere la diminuzione di CO e HC, è necessario che avvenga una reazione di ossidazione, ma affinché ciò avvenga è necessaria la presenza di molto ossigeno. Il trattamento sui gas di scarico ottenuto con l'iniezione di aria secondaria direttamente nel collettore di scarico permette di raggiungere una discreta efficienza nel processo di ossidazione di CO e HC, ma ciò sopratutto quando i gas raggiungono temperature elevate (dell’ordine di 500°C). Il catalizzatore ossidante, invece, riesce a far avvenire le stesse reazioni _______________________________________________________________________________ 14
  • 15. senza l'ausilio di aria supplementare, ma soprattutto esse si completano a temperature notevolmente inferiori, dell’ordine di 250°C circa. Questo grazie alla presenza del convertitore catalitico, formato da un supporto ceramico a celle esagonali sul quale viene depositato un refrattario ad elevatissima porosità a sua volta impregnato dal materiale catalizzante, che per i catalizzatori ossidanti è in genere costituito da platino-palladio. Entrambi i metodi non necessitano di un sistema che tiene monitorato il titolo della miscela, essi possono essere alimentati da un comune carburatore ed assorbire variazioni di titolo senza grossi stravolgimenti, purché si abbia una miscela magra, ovvero λ≥1. Questo perché nel campo delle miscele magre l’eccesso d'aria completa l’ossidazione e favorisce l’effetto catalizzante, mentre se avessimo una miscela grassa (λ≤1) non avremmo sufficiente ossigeno per far avvenire l’ossidazione dei gas combusti. In poche parole il sistema lavora in modo unilaterale, solo verso l’ossidazione. Il catalizzatore trivalente, comunemente chiamato a tre vie, è un catalizzatore che, in presenza di una composizione dei gas di scarico molto prossime al valore stechiometrico, riesce a svolgere due azione antitetiche fra loro: l’ossidazione di monossido di carbonio e idrocarburi incombusti a vapore d’acqua e anidride carbonica, nonché la riduzione degli ossidi di azoto in azoto e ossigeno. Questa caratteristica viene conferita al catalizzatore impiegando come materiale attivo un composto di platino e rodio in proporzione 10/1 o 5/1 generalmente. _______________________________________________________________________________ 15
  • 16. Figura 1.2 Andamento dell’efficienza di conversione del catalizzatore verso i principi inquinanti, in funzione del titolo. Il buon funzionamento del sistema è legato alla temperatura di funzionamento del catalizzatore, al tempo stesso che il flusso di gas impiega ad attraversarlo, ma soprattutto al titolo della miscela. Infatti, come si vede in figura 1.2, l’efficienza del catalizzatore è alta solo in una ristrettissima "finestra" di titolo. Ecco che risulta necessario dunque, l'impiego di un trasduttore che sia in grado di generare un impulso elettrico in funzione della concentrazione di ossigeno, utilizzato opportunamente dal sistema di controllo titolo del motore, in modo da mantenere il più possibile centrato intorno ad 1 il valore di lambda. Sta qui la sostanziale differenza fra, la scelta di utilizzare un catalizzatore ossidante e uno trivalente, cioè l'impiego di un controllo in retroazione sulla correzione del titolo miscela, oltre ovviamente al fatto di diffondere o meno ossidi di azoto nell’atmosfera. Inoltre va sottolineato che l’utilizzo del catalizzatore trivalente porta ad un inevitabile incremento dei costi sia per il valore stesso del catalizzatore, che per la notevole complessità del sistema di controllo. _______________________________________________________________________________ 16
  • 17. 1.5. Funzionamento del Catalizzatore 1.5.1. Descrizione Generale Il catalizzatore si presenta come un involucro metallico, inserito nella linea di scarico dell’autoveicolo, dotato di un foro di ingresso al quale è flangiato il segmento di linea di scarico proveniente direttamente dal collettore di scarico (Fig. 1.3). Quest'ultimo componente svolge l'importante funzione di raccogliere i gas appena combusti fuoriuscenti dalle valvole e di conferire loro la direzione voluta, inoltre deve soddisfare precisi requisiti di fluidodinamica dettati dalla necessità di combinare, nel modo desiderato, le pulsazioni innescate nel gas dall'alternarsi delle fasi di apertura e chiusura valvola, così da ottimizzarne la fuoriuscita. Il catalizzatore presenta anche un foro di uscita, al quale è flangiato un ulteriore segmento di scarico, il quale conduce al silenziatore in grado di smorzare le onde sonore, e quindi all’atmosfera. All'interno dell’involucro suddetto si cela il cuore vero e proprio del sistema, rappresentato da un supporto monolitico di tipo ceramico o metallico (washcoat) dotato di una elevata porosità nei confronti dei gas. Esso crea in sostanza una suddivisione della sezione frontale di ingresso, in tanti piccoli esagoni nei quali il flusso è costretto ad incanalarsi. Questa caratteristica è detta porosità del supporto e si misura in numero di celle per centimetro quadrato di sezione. Per i limiti di emissioni Euro 1 e 2 la porosità è intorno a 46 celle/cm2, i supporti per catalizzatori Euro 3 e 4 sono già a 92 celle/cm2, questo per sottolineare come i catalizzatori aumentino costantemente la loro efficacia. Sul supporto viene quindi depositato lo strato attivo di materiale catalizzante che per un trivalente è costituito, come già ricordato, da un composto di platino-rodio. _______________________________________________________________________________ 17
  • 18. Figura 1.3 Catalizzatore Trivalente 1.5.2. Temperature di Esercizio Il catalizzatore riceve una notevole quantità di calore dal flusso di gas di scarico che lo porta gradualmente dalla temperatura ambiente a quella di funzionamento dell’ordine dei 400/600°C. Dopo un avviamento a motore freddo i gas di scarico diventano nel giro di pochi secondi molto caldi cominciando a riscaldare il corpo del catalizzatore. Il funzionamento del motore attraversa quindi una fase di transitorio termico di riscaldamento, detta warm-up, nella quale risulta ancora inadeguata l’efficienza di catalisi, e che pertanto si cerca di ridurre in misura sempre maggiore, anche intervenendo sul controllo motore. Giunti in prossimità dei 250°C il catalizzatore inizia la sua azione, cominciando a favorire le reazioni di ossidazione e riduzione. A questo punto esso sfrutta due sorgenti di calore: la prima, sempre dovuta alla temperatura dei gas combusti, la seconda dovuta invece alla forte esotermicità delle reazioni di ossidazione del monossido di carbonio in anidride carbonica, attraversando una fase detta di light-on ovvero di accensione. In questa fase il catalizzatore raggiunge temperature più elevate del flusso stesso di gas grazie alle differenti sorgenti da cui trae calore. _______________________________________________________________________________ 18
  • 19. Analogamente all’accensione, esiste il fenomeno contrario ossia lo spegnimento o light-off, caratteristicamente legato a particolari condizioni di funzionamento motore, ad esempio un prolungato cut-off dovuto alla percorrenza del veicolo di una strada fortemente in discesa, provoca un forte calo di temperatura dei gas di scarico e dunque un raffreddamento del catalizzatore provocando lo “spegnimento” dello stesso. Viene riportato in figura 1.4 il risultato di una prova di misura delle temperature in gioco, ovvero sia la temperatura del flusso di gas che quella del corpo catalizzatore nei due casi dl catalizzatore nuovo e deteriorato. Figura 1.4 Andamento delle temperature di ingresso del flusso di gas di scarico e delle temperature del catalizzatore in funzione del tempo trascorso dall’avviamento [14]. _______________________________________________________________________________ 19
  • 20. Come mostra la figura 1.4 si nota come dopo un certo periodo di tempo, le temperature del catalizzatore superino quelle del gas, e come un catalizzatore ancora nuovo, impieghi meno tempo di uno ormai esaurito, a riscaldarsi. La temperatura resta un parametro fondamentale, in quanto se troppo bassa impedisce l’attivazione dello strato catalizzante, mentre se risulta troppo elevata porta alla bruciatura vera e propria e alla dissoluzione dello strato suddetto. Ecco perché diventa fondamentale la modellizzazione delle temperature dei gas di scarico, e quindi la realizzazione di modelli capaci di stimare gli errori di misura delle sonde utilizzate in sala prove per la validazione ed identificazione. Ad esempio, l’uso sempre più massiccio negli ultimi anni sulle autovetture di dispositivi atti a gestire elettronicamente l’aderenza tra pneumatico e asfalto, comunemente noti come controllo della trazione o controllo di stabilità hanno portato non pochi problemi nell’ambito delle temperature dei gas di scarico. Il motivo risiede nei fatto che i sistemi sopra citati, prevedono una sezione di strategia che controlla in retroazione la parte di sistema controllo motore detta controllo di coppia in base ai segnali posti sulle ruote del veicolo. Essi sono in grado di rilevare le accelerazioni angolari della ruota motrice del veicolo confrontandole con quelle delle altre ruote e intervenire, quando necessario, sull’anticipo di accensione, forzandolo su valori più elevati, in modo da ottenere una rapidissima caduta di coppia motrice erogata. Questo intervento ha come effetto quello di interrompere lo slittamento del pneumatico e quindi di riportare il veicolo in condizioni di guidabilità, ma per contro le brusche variazioni di anticipo possono far passare benzina incombusta allo scarico e se l’azione del controllo trazione si prolunga nel tempo con aperture di farfalla notevoli, di lasciarla depositare nel catalizzatore. Se il catalizzatore è molto caldo la benzina incombusta può completare la sua combustione contro le pareti calde del catalizzatore, provocando dannosissimi picchi termici dell’ordine dei 1200 °C. Questo spiega l'interesse della Magneti Marelli Powertrain verso la realizzazione di modelli in grado di stimare, con buona approssimazione, l’andamento delle temperature dei gas di scarico e degli errori di misura di queste in funzione di tutti i parametri gestiti dal sistema di controllo motore, tra cui appunto l’anticipo di accensione. _______________________________________________________________________________ 20
  • 21. 1.5.3. Posizionamento del Catalizzatore in Vettura. Risulta subito chiaro come la distanza del catalizzatore dal collettore di scarico, influisca in maniera fondamentale sulla sua temperatura. Infatti più è vicino allo scarico, meno tempo impiega a riscaldarsi per esempio dopo avviamenti a freddo, mentre risulta più soggetto al rischio di subire shock termici. La sua vicinanza allo scarico ne obbliga anche la sua ubicazione nel vano motore, ambiente comunque protetto dall’esterno che gode di una temperatura a motore caldo sufficientemente costante. Aumentando la distanza si incrementano proporzionalmente i tempi di riscaldamento, salvaguardando però il catalizzatore dai dannosi picchi di temperatura, in quanto il gas ha tempo per abbassare la sua temperatura nel tubo di scarico. L' ubicazione in questo caso è sotto il pianale della vettura (underfloor, tipico caso di vetture Euro 2), quindi la situazione termica si complica notevolmente, in quanto il catalizzatore è esposto al vento di corsa che si incanala sotto la vettura provocando uno scambio termico legato alla velocità della vettura. Oppure si pensi alla marcia in autostrada in condizioni di asfalto bagnato dalla pioggia battente che provoca il sollevamento di nuvole di gocce d'acqua, le quali sottraggono calore al catalizzatore. Da qui la necessità di proteggerlo con opportuni strati di isolanti nell’involucro e di utilizzare paratie metalliche sotto la vettura che ne riducano l'impatto nei confronti degli agenti atmosferici. Una soluzione ampiamente adottata per le nuove generazioni di veicoli Euro 3, è quella di scomporre il catalizzatore in due corpi distinti in modo da trarre i vantaggi da entrambe le situazione appena descritte. L'impianto si comporrà dunque da una unità piccola, compatta e resistentissima alle alte temperature, ma con una efficienza un po' inferiore, posta subito a valle del collettore di scarico nel vano motore, che prenderà il nome di precatalizzatore. Il secondo catalizzatore invece sarà posto sotto il pianale e svolgerà l’azione principale di abbattimento. _______________________________________________________________________________ 21
  • 22. Il vantaggio risiede nel fatto che il precatalizzatore si scalda subito e riesce, anche se con un’efficacia inferiore, a svolgere la sua azione proprio quando è più necessario, cioè nei primi secondi di funzionamento quando le emissioni sono elevatissime a causa dell’arricchimento della miscela per sostenere il motore (a causa del Wall Wetting) tipico dell’avviamento a freddo. In attesa, quindi, che il catalizzatore principale si riscaldi, il precatalizzatore “sgrossa” la qualità dei gas, poi finalmente anche il principale si riscalda portando a regime l'impianto, che a regime non e di per sé più potente di un sistema senza precatalizzatore, ma sfrutta meglio le tempistiche tipiche di un transitorio di riscaldamento motore. Con questa installazione, tipicamente si raggiunge il 50% di efficienza, cioè 280°C di temperatura catalizzatore, dopo 60 metri sul ciclo ECE e il 98%di efficienza, cioè 500°C di temperatura, dopo 100 metri dello stesso ciclo. Gli stessi traguardi di efficienza e temperatura, per un veicolo Euro 2 o comunque con installazione underfloor, vengono raggiunti rispettivamente in 300 metri e 700 metri, sempre del ciclo ECE. Attualmente sono in studio progetti inerenti a microcatalizzatori inseribili direttamente nei condotti di scarico nella testata del motore ovvero subito a valle delle valvole di scarico, in numero pari al numero di cilindri del motore: essi svolgeranno sempre un'azione di pre-catalisi nei confronti del gas anticipando sempre più il riscaldamento. _______________________________________________________________________________ 22
  • 23. 1.6. La Misura delle Temperature dei Gas di Scarico. I sensori per la misura delle alte temperature dei gas di scarico usati in campo automobilistico sono principalmente di tre tipi [15]: Termistori Termocoppie RTD (Resistive Temperature Detectors) L’importanza di tali misurazioni e quindi di tali sensori è accresciuta notevolmente con l’introduzione dei sistemi di scarico catalizzati, i quali hanno, come precedentemente mostrato, un campo di funzionamento piuttosto limitato (da 250°C temperatura di entrata in funzione, fino a circa 800°C, temperatura oltre la quale si danneggia il rivestimento in platino), ed è pertanto necessario conoscere la temperatura dei gas in uscita per velocizzarne l’entrata in funzione senza arrivare a danneggiarli. Si potrebbe quindi pensare all’utilizzo in vettura di tali sensori di misura, ma l’elevato costo e la notevole inerzia termica, ne rendono l’utilizzo sconsigliabile a favore di software in grado di stimare tali temperature con buona approssimazione in funzione dei parametri di controllo motore. L’uso di tali sensori diventa perciò necessario solo in sala prove, per l’identificazione dei parametri dei modelli e per la loro validazione. Le caratteristiche più importanti di tali sensori sono pertanto la precisione ed il tempo di reazione (generalmente inteso come il tempo richiesto per arrivare al 64% del valore totale del salto di temperatura). E’ infatti necessario oltre ad avere un segnale proporzionale al valore effettivo della temperatura, che i sensori non abbiano costanti di tempo troppo elevate, così da evitare di raccogliere misurazioni non utilizzabili (non ancora regimate) o di dovere attendere tempi troppo elevati tra le varie misure. _______________________________________________________________________________ 23
  • 24. Vediamo ora uno ad uno i tre tipi di sensori più usati in campo automobilistico: RTD (Resistive Temperature Detectors) Sono da tempo utilizzati per misure di temperature sotto i 600°C ma negli ultimi anni i miglioramenti di progettazione e costruzione hanno esteso il loro range di utilizzo fino a 850°C. Gli attuali sviluppi stanno cercando di portarne l’utilizzo fino a 1000°C attraverso miglioramenti nei materiali e nei rivestimenti ceramici. I miglioramenti dei materiali riguardano l’uso di avvolgimenti in platino, il cui maggior difetto, che si contrappone alla semplicità progettuale, è l’elevato costo. TERMISTORI Usati fin dall’inizio degli anni ’80 per misure intorno ai 1000°C , possono resistere fino a 1200°C per un tempo limitato. Il loro maggior difetto è però un elevato tempo di reazione dovuto alle loro relativamente grandi dimensioni rispetto agli altri tipi di sensori. TERMOCOPPIE Sono usate nella maggior parte dei casi per il loro costo piuttosto contenuto abbinato ad una buona precisione in uscita e ad un basso tempo di reazione per la loro massa limitata. Bisogna però tenere conto dell’errore di misura causato dalla temperatura a cui si trovano le giunzioni dei fili della termocoppia con i cavi di compensazione, attraverso circuiti elettronici compensatori il cui costo però è piuttosto elevato. Pertanto attualmente nelle misure delle temperature dei gas di scarico dei motori veicolistici, si utilizzano prevalentemente le Termocoppie, che analizzeremo più approfonditamente nel paragrafo seguente. _______________________________________________________________________________ 24
  • 25. 1.7. Le Termocoppie. Per la misura delle temperature dei gas di scarico si usano principalmente due tipi di termocoppie (fig. 1.5): il primo tipo è a giunzione esposta, ed usa perciò fili di dimensioni relativamente elevate, onde evitarne il veloce danneggiamento nell’ambiente altamente aggressivo in cui deve lavorare. Il secondo tipo (grounded) è dotato di un rivestimento per proteggere l’elemento sensibile dall’aggressione dei gas di scarico. Quest’ultimo tipo di sensore può quindi essere realizzato con fili di diametro inferiore al precedente, ma poiché la costante di tempo è legata alla massa dell’intero sensore, le termocoppie grounded a fronte di una maggior durata in ambienti altamente corrosivi, presentano una costante di tempo molto più elevata. I tipi di termocoppie più usate in ambito automobilistico sono quelli al PlatinoRodio(tipo R,S) e Cromo-Alluminio(tipo K) per le temperature più elevate (vedi tab. 1.1). Le termocoppie sono collegate al registratore di dati attraverso dei “cavi di compensazione”, che altro non sono se non cavi di una lega simile alla termocoppia ma a più basso costo, scelti in modo da contenere l'errore al di sotto del 3% [15]. Figura 1.5 Due tipi di termocoppie per misure di temperatura dei gas di scarico. _______________________________________________________________________________ 25
  • 26. Tipi di termocoppie, range di temperatura e limiti di errore Standard Speciali J Ferro/Costantana K Cromo/Alluminio T E Rame/Costantana Cromo/Costantana N Nicrosil/Nisil R Platino/Platino-13% Rodio S Platino/Platino-10% Rodio B Platino/Platino-30% Rodio Tabella 1.1 Limiti di errore Range di temperatura Limiti di errore da 0 a 293°C da 293 a 760°C da -200 a -110°C da -110 a 0°C da 0 a 293°C da 293 a 1250°C da -200 a -67°C da -67a 0°C da 0 a 133°C da 133 a 350°C da -200 a -67°C da -170 a 0°C da 0 a 340°C da 340 a 900°C da 0 a 293°C da 293 a 1260°C 2.2°C 0.75% 2% 2.2°C 2.2°C 0.75% 1.50% 1°C 1°C 0.75% 1% 1.7°C 1.7°C 0.50% 2.2°C 0.75% da 0 a 275°C da 275 a 760°C 1.1°C 0.40% da 0 a 275°C da 275 a 1250°C 1.1°C 0.40% da 0 a 125°C da 125 a 350°C 0.5°C 0.40% da 0 a 250°C da 250 a 900°C 1°C 0.40% da 0 a 600°C 1.5°C da 0 a 600°C 1.1°C 0.25% da 600 a 1450°C 0.10% da 0 a 600°C 1.5°C da 0 a 600°C 1.1°C da 600 a 1450°C Materiali Range di temperatura da 600 a 1450°C TIPO 0.25% da 600 a 1450°C 0.10% da 800 a 1700°C 0.50% da 800 a 1700°C Tipi di termocoppie, range di temperatura e limiti di errore [2]. Per maggiori informazioni sul tipo di termocoppie utilizzate nel presente lavoro, si rimanda ad una più approfondita trattazione al capitolo 3. _______________________________________________________________________________ 26
  • 27. Capitolo 2 MODELLI TERMODINAMICI 2.1. Introduzione La necessità di ridurre le emissioni inquinanti dei motori a combustione interna ad accensione comandata che equipaggiano gran parte dei veicoli su gomma, ha reso necessario lo studio dell’andamento della temperatura dei gas all’interno del collettore di scarico. In particolare interessano i valori della temperatura dei gas in due punti definiti del collettore di scarico: in prossimità della sonda λ e a monte del catalizzatore. Per fare questo si è ricorsi ad una modellizzazione matematica del motore, avente lo scopo di fornire i valori delle temperature in esame in funzione dei vari parametri, sul funzionamento del motore e sulle condizioni ambientali, che giungono alla centralina di controllo del motore. Si è quindi giunti ad un modello matematico schematizzabile nel modo seguente: _______________________________________________________________________________ 27
  • 28. Tamb Pamb Tsca Tasp In 1 Tpar Pasp Th2O MODELLO del MOTORE λ Tsca In 2 Tpar ζ ω Ang. farf … Dove Tsca è la temperatura dei gas di scarico e Tpar è quella della parete del collettore di scarico nei punti in esame. Per dare una validazione al modello, ed anche per la difficile determinazione per via teorica di alcuni parametri, si è resa necessaria una raccolta di dati per via sperimentale: tali valori sono stati ottenuti da sensori (termocoppie) collocati nei punti motore di interesse. A questo punto per poter confrontare i valori calcolati dal modello termodinamico del motore con quelli misurati, si rende necessario correggere questi ultimi dell’errore di misura. Il problema dell’errore di misura è infatti intrinseco di tutti i sensori, in alcune situazioni però è maggiormente rilevante così da non poter essere trascurato: è questo il caso delle misure di temperatura elevata, dove i valori “letti” dai sensori differiscono notevolmente dai valori effettivi della temperatura. È quindi necessario ricorrere ad un ulteriore modello matematico in grado di prevedere tali errori, così da permettere di passare dalle temperature reali a quelle misurate. Tale modello può essere schematizzato nel modo seguente: _______________________________________________________________________________ 28
  • 29. Pasp Tasp Tmis in 1 Tamb ω MODELLO dell’ERRORE di MISURA Tmis in 2 Tsca1 Tsca2 Dove Tmis è la temperatura letta dalla sonda. Data l’importanza di conoscere i valori delle temperature effettive a partire da quelle misurate per la validazione del modello matematico del motore, tale lavoro si pone come obiettivo quello di affrontare il problema dell’errore di misura, in modo da realizzare un modello che permetta di calcolarlo con buona approssimazione. Per quanto riguarda il modello del motore, è stato affrontato in un precedente lavoro [2] e sarà frutto di sviluppi futuri. _______________________________________________________________________________ 29
  • 30. 2.2. Errore nelle misure di temperatura dei gas combusti nel collettore di scarico. 2.2.1. Generalità Come si è già accennato in precedenza, il problema è rappresentato dalla differenza tra la temperatura effettiva del gas e quella letta dal sensore, che nel nostro caso è una termocoppia. Data la complessità del problema è stata effettuata una ricerca bibliografica sullo Stato dell’Arte nelle misure di temperatura dei gas di scarico, così da poter avere maggiori informazioni sul tipo di errori che allo stato pratico alterano tali misurazioni. Il materiale raccolto, anche se non sempre relativo a studi su motori a 4 tempi ad accensione comandata, ha permesso di acquisire una serie di informazioni utili per affrontare un’analisi approfondita del problema. In particolare emerge che la temperatura “letta” dalle termocoppie può essere diversa da quella effettiva del gas circostante in quanto bisogna tenere conto dei seguenti aspetti [3] : Inerzia termica della termocoppia; Calore scambiato tra termocoppia ed ambiente circostante per: Conduzione Convezione Irraggiamento Ciò porta ad una temperatura di equilibrio della giunzione della termocoppia che può essere diversa da quella del gas circostante, portando ad avere quale risultato delle misurazioni dei valori che differiscono da quelli reali. 2.2.2. Modellizzazione degli scambi termici. Dagli studi effettuati sulle misure di temperatura con termocoppie e reperibili in letteratura, emerge che l’errore di misura è dovuto principalmente agli _______________________________________________________________________________ 30
  • 31. scambi termici per conduzione ed irraggiamento tra la termocoppia e l’ambiente circostante. Secondo lo studio di Kee-O’really-Fleck [3] , tali errori sono in genere trascurabili, ma ciò conseguentemente all’uso di termocoppie di diametro molto piccolo (inferiore al millimetro), in quanto viene dimostrato che tale errore è direttamente proporzionale al diametro della termocoppia. Da uno studio antecedente di Scadron-Warshawsky [4] su misure di temperatura con termocoppie a fili scoperti nei Jet si è visto che tali errori rappresentano entità spesso inferiori al 10% , ma che date le elevate temperature in gioco non possono essere trascurati. Basandosi anche su tali conclusioni si è ritenuto opportuno tenere conto di entrambi gli errori di misura dovuti a conduzione e irraggiamento, mentre si trascurerà quello dovuto all’inerzia termica , poiché al momento interessa determinare il comportamento dello strumento di misura in condizioni stazionarie. 2.2.3. Modello termodinamico Poiché le termocoppie usate per le misure di temperatura dei gas nel condotto di scarico sono del tipo “grounded”, rivestite in Inconel600, saranno modellizzate come un cilindro cavo di diametro esterno d e diametro interno di, immerso in un flusso di gas ortogonale al suo asse. Facendo un bilancio termodinamico, la potenza termica accumulata dalla termocoppia dovrà essere uguale alla somma delle potenze scambiate per conduzione, convezione ed irraggiamento. Usando la solita convenzione per cui sono positivi i calori entranti nel sistema, se si considera un elemento di lunghezza unitaria della sonda, l’energia assorbita per unità di tempo (Potenza termica) può essere espressa come [4],[5],[6]: Q a = ρ T cT π (d 4 2 − d i2 ( ) ∂T∂x, t ) t (2.1) La potenza termica scambiata per conduzione attraverso la sezione trasversale dell’elementino di termocoppia di asse x: _______________________________________________________________________________ 31
  • 32. Qk = k T π 4 (d 2 −d 2 i ) ∂ 2T ( x, t ) ∂x 2 (< 0 ) (2.2) La potenza termica scambiata per convezione col gas circostante attraverso la superficie dell’elementino di termocoppia: Qc = hπd (TG − T ( x, t )) (> 0 ) (2.3) Infine la potenza termica scambiata per irraggiamento con le pareti interne del condotto di scarico attraverso la superficie laterale di lunghezza unitaria dell’elementino: ( Qr = −εσπd (T ( x, t )) − Tw4 4 ) (< 0 ) (2.4) Avendo supposto che il gas sia trasparente e che l’emissività ε del sistema a due corpi parete-termocoppia sia coincidente con quella della termocoppia poiché la sua superficie immersa è trascurabile rispetto a quella della parete interna [6]. Eseguendo ora il bilancio energetico: Q a = Qk + Qc + Q r (2.5) e quindi sostituendo si ottiene: (T G − T( x ,t ) ) = ρ T cT d 2 − d i2 ∂T( x ,t ) 4h d ∂t 2 k T d 2 − d i2 ∂ T( x ,t ) εσ 4 − + T( x ,t ) − Tw4 4h d h ∂x 2 ( ) (2.6) In cui i termini a secondo membro rappresentano rispettivamente gli errori di misura dovuti a inerzia termica, conduzione e irraggiamento. I valori che compaiono nell’equazione sono di seguito esplicitati: TG : temperatura effettiva del gas [K] _______________________________________________________________________________ 32
  • 33. T(x,t) : temperatura della sonda nella generica sezione [K] Tm : temperatura della sonda nella giunzione [K] Tw : temperatura interna di parete [K] ρT : densità del materiale di rivestimento della termocoppia [kg/m3] cT : calore specifico del materiale di rivestimento della termocoppia [J/kg K] kT : coefficiente di conduzione del mat. di rivest. della termocoppia [W/m K] d : diametro esterno della sonda [m] di : diametro interno della sonda [m] h : coefficiente di convezione [W/m2 K] ε : emissività della sonda σ : costante di Stephan-Boltzmann [5,67*10-8 W/m2 K4] Il modello ottenuto può inoltre essere semplificato poiché prenderemo in esame solo il comportamento a regime (caso stazionario), perciò diventa: ( d 2 − d i2 d 2T ( x) εσ + (T (x ))4 − Tw4 2 4h d dx h (TG − T (x )) = − kT ) (2.7) che rappresenta una equazione differenziale non lineare del secondo ordine, per la quale non si conoscono soluzioni in forma chiusa. Per risolverla consideriamo quindi un approccio semplificato, che permetta di determinare una soluzione approssimata affrontando separatamente i due contributi all’errore. 2.2.3.1. Errore dovuto all’Irraggiamento Rappresenta il termine a secondo membro del mio modello dovuto appunto al trasferimento di energia per irraggiamento tra la sonda più calda e la parete più fredda. È così esprimibile: ∆Tr = εσ h (T 4 m − Tw4 ) (2.8) Analizziamo ora i parametri che compaiono nell’equazione: _______________________________________________________________________________ 33
  • 34. σ è la costante di Stephan-Boltzmann ed è data da : σ = 5,67*10-8 W/m2 K4 ε è l’emissività ridotta del sistema a due corpi sonda-parete, ma poiché la superficie della termocoppia immersa nel fluido è trascurabile rispetto alla superficie di parete interna, la si può supporre uguale a quella della termocoppia [6]. Poiché nel nostro caso sono state usate termocoppie di tipo “grounded”, rivestite in Inconel 600, l’emissività ε presa in considerazione è appunto quella di tale materiale (vedi paragrafo 3.4.1). h è il coefficiente di scambio convettivo tra gas e sonda . É un coefficiente di difficile determinazione teorica, essendo la convezione un fenomeno estremamente complesso e dipendente da una vasta gamma di parametri, tra cui geometria della superficie, velocità del fluido, proprietà del fluido e differenza di temperatura tra fluido e superficie [7]. Per la determinazione teorica di tale coefficiente ci si baserà sull’analisi dimensionale, e cioè sui coefficienti adimensionali Re, Pr, Nu. Vediamo innanzi tutto di definire questi coefficienti, così da poterli determinare per il caso in esame [5],[9]. NUMERO DI REYNOLDS : Re = ρ G VG L µG Rappresenta il rapporto tra le forze d’inerzia e le forze viscose. ρG densità del gas [kg/m3] VG velocità gas [m/s] µG viscosità gas [kg/m s] L lunghezza caratteristica [m] NUMERO DI PRANDTL : Pr = µ G c pG kG Rappresenta il rapporto tra la disponibilità del fluido a trasportare quantità di moto e quella a trasportare calore. _______________________________________________________________________________ 34
  • 35. CpG calore specifico del gas a pressione costante [J/kg K] KG conducibilità termica del gas [W/m K] NUMERO DI NUSSELT : Nu = hL kG Rappresenta il rapporto tra il flusso termico per convezione e il flusso termico per conduzione in uno strato di fluido stagnante di spessore L. h coefficiente di convezione [W/m2 K] Nelle definizioni di Re e Nu compare la lunghezza caratteristica L, vediamo a cosa corrisponde. Dalla definizione di Nu emerge che L rappresenta lo spessore dello strato di fluido stagnante attorno al corpo attraverso il quale si scambierebbe la stessa potenza termica ma per conduzione, quindi L è in relazione con le dimensioni del corpo che scambia calore, e cioè la termocoppia, e non con il diametro del condotto di scarico che in questo caso rappresenta l’ambiente esterno. Perciò nella determinazione di Re e Nu per il nostro modello sull’errore di misura, poiché gli scambi avvengono tra la termocoppia e l’ambiente circostante, prendo come lunghezza caratteristica L il diametro esterno d della termocoppia [8],[9]: Re = ρ G VG d µG Nu = hd kG Ritornando ora al problema della determinazione del coefficiente di scambio convettivo h , si è visto che posso esprimerlo in funzione di Nu della termocoppia: h= Nu * k G d _______________________________________________________________________________ 35
  • 36. dobbiamo quindi conoscere Nu. Anche in questo caso ci viene in aiuto la letteratura scientifica fornendoci delle espressioni approssimate per ricavare Nu nelle varie condizioni di esercizio. Poiché nel nostro caso la velocità media del gas di scarico varia da pochi m/s fino a circa 50 m/s ai max regimi, i numeri di Reynolds relativi alla termocoppia saranno piuttosto ridotti. Infatti per il motore FIAT 1242cc su cui abbiamo eseguito le prove, ad un regime di 3000 rpm e con farfalla aperta al 25%, si ricava dal Modello del motore una portata dei gas di scarico: mG = 0.012 kg sec perciò essendo il condotto di scarico composto da due tubi paralleli di diametro interno Di = 34 mm , secondo i dati di tab.1 avrò: Area _ sca = π * (0.034)2 4 = 0.0009m 2 e quindi: VG = mG 0.012 = ≅ 19 m sec ρ G * Area _ sca * 2 0.347 * 0.0009 * 2 Nota la velocità dei gas di scarico è immediato ricavare il numero di Reynolds della termocoppia, il cui diametro esterno (del rivestimento) è d = 4.8 mm: Re = ρ G * VG * d ≅ 830 µG Che vediamo essere un numero piuttosto basso. ρG 0.347 kg/m3 Calore specifico cpG 1320 J/kg K Densità _______________________________________________________________________________ 36
  • 37. Conducibilità kG 0.07 W/m K Viscosità µG 3.8*10-5 kg/m s Tab. 2.1 Proprietà dei gas di scarico [8] Si dovranno quindi scegliere quelle espressioni approssimate del Numero di Nusselt valide anche per Re di alcune centinaia, e ciò restringe notevolmente il campo di ricerca. Inoltre essendo la termocoppia come un cilindro immerso in un fluido in moto, avremo un’ulteriore restrizione alla ricerca. In base a ciò non potranno essere usate le espressioni più conosciute, come quella di Dittus-Boelter [5]: Nu = 0.023 Re 0.8 Pr 0.3 valida per Re > 104 e quelle proposte da Gnielinsky [9],[11] , valide per Re comunque maggiori di 3000, e sviluppate per flussi interni a condotti, e non adatte al caso della termocoppia investita dal gas. Vediamo ora alcune espressione approssimate di Nu utilizzabili nel nostro caso. Un’equazione specifica, per corpi cilindrici immersi in flussi perpendicolari, ci viene fornita da Moffat [8] : Nu = 0.44 * Re 0.50 per 100 < Re < 10000 (2.9) Un’altra espressione, sempre specifica per corpi cilindrici immersi in flussi ortogonali, ci viene fornita da Churchill-Bernstein [9]: 1 3  0.62 * Re 0.5 Pr   Re  Nu = 0.3 + 1+   1   282000  2 4    1 +  0.4  3      Pr     5 8     4 5 (2.10) valida per qualsiasi Re e per Pr > 0.2 _______________________________________________________________________________ 37
  • 38. Vediamo ora in tabella 2.2 un confronto tra i numeri di Nusselt calcolati con le espressioni di Moffat e Churchill per varie VG, su una sonda con d = 4.8 mm e per Pr = µ G c pG kG = 0.716 VG [m/s] Re Nu Moffat Nu Churchill 3 5 8 10 12 15 20 30 40 50 100 131 218 349 436 524 655 873 1309 1745 2182 4364 5.0 6.5 8.2 9.2 10.1 11.3 13.0 15.9 18.4 20.6 29.1 5.9 7.6 9.5 10.6 11.6 13.0 15.0 18.4 21.3 23.9 34.4 Tab. 2.2 Confronto tra vari Numero di Nusselt E diagrammando: _______________________________________________________________________________ 38
  • 39. Numero di Nusselt 40.0 35.0 Nusselt 30.0 25.0 Nu Moffat Nu Churchill 20.0 15.0 10.0 5.0 0.0 0 20 40 60 80 100 120 velocità gas Vg [m/s] Si vede che i due numeri di Nusselt divergono al crescere di VG , rendendo molto difficile la determinazione teorica di h attraverso Nu. Nella modellizzazione fatta si è ritenuto di utilizzare l’espressione di Nusselt data da Churchill, in quanto si è visto che nel caso in esame è sempre verificata (Pr>0.2) e, a parità di condizioni, permette di ottenere h maggiori e quindi di contenere l’errore. 2.2.3.2. Errore dovuto alla conduzione È il termine dovuto al trasferimento di energia per conduzione tra la sonda più calda alla sua estremità e la parete interna del condotto di scarico. È così esprimibile: kT d 2 − d i2 d 2T (x ) TG − T (x ) = − 4h d dx 2 (2.11) Avendo modellizzato la sonda come fosse un cilindro cavo con asse ortogonale al flusso dei gas. Essa è esposta per una lunghezza l lungo il suo asse (asse x, con origine nella giunzione calda) il cui verso positivo è quello del flusso termico. La differenza di temperatura tra la parete e la giunzione più calda, provoca quindi un flusso termico verso la parete fredda, e ciò causa una distribuzione non uniforme della temperatura lungo la sonda. _______________________________________________________________________________ 39
  • 40. Figura 2.0 Schema della sonda Fissando le condizioni al contorno: la base della termocoppia si trova alla temperatura interna di parete : T ( x = l ) = Tw il calore che la sonda assorbe dal gas alla sua estremità è trascurabile: dT dx =0 x =0 e risolvendo l’equazione (2.11) si può ricavare l’errore di misura dovuto alla conduzione: ∆Tk = TG − Tw cosh(B * l ) (2.12) 4hd k T d 2 − d i2 (2.13) dove si è posto: B= ( ) con: d : diametro esterno sonda [m] di : diametro interno sonda [m] Ancora una volta per la determinazione dell’errore si rende necessario trovare h, e per fare questo si procederà come già visto in precedenza nel paragrafo relativo all’errore di misura per irraggiamento. _______________________________________________________________________________ 40
  • 41. A questo punto l’errore di misura totale dovuto ai due contributi separati può essere espresso in questo modo: TG − Tm = ∆Ttot = ∆Tr + ∆Tk = εσ h (T 4 m ) − Tw4 + TG − Tw cosh(B * l ) _______________________________________________________________________________ 41
  • 42. 2.3. Modelli termodinamici per la determinazione delle temperature di parete del condotto di scarico. 2.3.1. Introduzione Poiché per la determinazione dell’errore di misura è necessario conoscere la temperatura interna di parete, è stato necessario creare una modellizzazione termodinamica del condotto in grado di fornire le temperature di parete. Si è cercato di realizzare tale modello nella maniera più semplice possibile per evitare di rendere la trattazione troppo complessa, ottenendo comunque un risultato che ben approssima il comportamento reale. 2.3.2. Modello Termodinamico Le temperature interna ed esterna della parete del condotto di scarico possono essere calcolate uguagliando le potenze termiche scambiate, che a regime devono coincidere. Il flusso termico si sviluppa tra il gas e la parete interna del condotto, tra le pareti interna ed esterna di questo e tra la parete esterna e l’ambiente circostante. Vediamo nel dettaglio i vari meccanismi di scambio termico. _______________________________________________________________________________ 42
  • 43. Qr Qco Qk Qci De Di ∆x Fig. 2.1 Dove: ♦ Qci è la potenza termica scambiata per convezione tra il gas e il condotto ♦ Qco è la potenza termica scambiata per convezione tra il condotto e l’ambiente ♦ Qr è la potenza termica scambiata per irraggiamento tra il condotto e l’ambiente ♦ Qk è la potenza termica scambiata per conduzione attraverso il condotto _______________________________________________________________________________ 43
  • 44. 2.3.2.1. Scambio termico tra gas e parete interna. Il calore trasferito dal gas di scarico alla parete interna del condotto è dovuto principalmente alla convezione forzata ed è fortemente dipendente dalle caratteristiche del flusso del gas e dalla geometria del condotto. La potenza termica scambiata si può perciò così esprimere: Qci = hciπDi ∆x(TG − Twin ) (2.14) Dove: TG temperatura gas di scarico [K] Twin temperatura di parete interna [K] hci [W/m2s] coefficiente di convezione interna Il calcolo teorico di hci si basa sulla definizione del numero di Nusselt, e si può esprimere nella maniera seguente: hci = Nu * k G Di (2.14) E’ quindi necessario conoscere il numero di Nusselt, che nel caso di flusso interno in condotti circolari è ricavato con buona approssimazione mediante le equazioni di Gnielinsky modificate Chan [12]: Nu = FB * Fpul * f * Re* Pr 8 1 2 f 2 1.07 + 12.7   Pr 3 − 1    8  per 104 < Re < 5*106 (2.15) ed anche: _______________________________________________________________________________ 44
  • 45. f * (Re − 1000)* Pr 8 Nu = 1  f  2  23  1.07 + 12.7   Pr − 1  8  FB * Fpul * per Re < 104 (2.16) dove: f = (0.790 ln Re− 1.64) −2 (2.17) è il Fattore d’attrito. FB = 1 + 21 * Di Re 0.14 * Dbend (2.18) è un coefficiente che tiene conto del raggio di curvatura del condotto (Dbend), il quale diametro, nel caso dello scarico del motore in esame, è stato assunto in prima approssimazione uguale a 0.50m (vedi figura 3.3 paragrafo 3.3). F pul = 1.6 ÷ 3 (2.19) è un coefficiente che tiene conto delle onde di pressione all’interno del condotto di scarico. _______________________________________________________________________________ 45
  • 46. 2.3.2.2. Scambio termico tra parete esterna ed ambiente. Il trasferimento di calore tra la parete esterna e l’ambiente circostante avviene sia per convezione (in questo caso naturale) che per irraggiamento. Cominciamo con l’analizzare la potenza termica scambiata per convezione naturale: Qco = hcoπDe ∆x(Twout − Ta ) (2.20) dove: Twout temperatura di parete esterna [K] Ta temperatura ambiente circostante [K] hco coefficiente di convezione esterno [W/m2K] Il calcolo teorico di hco si basa sulla definizione del numero di Nusselt, e si può esprimere nella maniera seguente: hco = Nu * k G De (2.21) E’ quindi necessario conoscere il numero di Nusselt, che nel caso di convezione libera di corpo cilindrico immerso in un fluido (aria) è ben approssimato con la formula fornitaci da Churchill e Chu [9]:   Nu = 0.6 +      1  0.387 * Ra 6  8 9 27   16  0.599  1 + Pr      ( ) 2 per Ra ≤ 1012 (2.22) In cui Ra rappresenta il Numero di Rayleigh: Ra = L3 gβ (Twout − Ta ) 2 νa Pr (2.23) _______________________________________________________________________________ 46
  • 47. dove: L = π De lunghezza caratteristica [m] β = 1/T coefficiente di espansione alla Ta [K-1] νa = µa/ρa viscosità cinematica aria alla Tf [m2/s] Pr = µ a * c pa ka Numero di Prandtl aria alla Tf e la temperatura Tf a cui si determina Pr e νa è la seguente: T f = Twout − 0.38(Twout − Ta ) (2.24) La potenza termica scambiata per irraggiamento la si può esprimere nel seguente modo, in funzione del tipo di materiale e delle temperature di parete e ambiente: ( 4 Q r = εσπDe ∆x Twout − Ta4 ) (2.25) in cui: σ costante di Stephan-Boltzmann [5,67*10-8 W/m2 K4] ε emissività del materiale del condotto di scarico, che per un acciaio con poco carbonio (C10) è indicata dalla letteratura in 0.85 [3]. 2.3.2.3. Scambio termico tra parete interna ed esterna del condotto di scarico. _______________________________________________________________________________ 47
  • 48. In questo caso il meccanismo di scambio termico è la conduzione. Dato il ridotto spessore della parete del condotto di scarico (s = 1.5mm) rispetto al diametro esterno (De = 37mm), per semplificare la trattazione si considera un modello geometrico piano anziché cilindrico cavo [5]. La potenza termica la posso quindi esprimere come: Qk = A* k p s (Twin − Twout ) (2.26) dove: A superficie ortogonale al flusso termico [m2] s spessore del condotto di scarico [m] kp conducibilità del materiale [W/mK] _______________________________________________________________________________ 48
  • 49. 2.3.2.4. Determinazione delle temperature di parete. Supponendo di essere in regime stazionario, e trascurando quindi il calore accumulato dal condotto per aumentare la propria temperatura (o ceduto per diminuirla), il calore che il condotto assorbe dal gas deve essere uguale a quello che cede all’ambiente esterno. Perciò se si considerano le potenze scambiate per unità di lunghezza, risulta: qci = qco + qr (2.27) Chiamata ora qout la potenza totale scambiata per convezione e irraggiamento tra la parete esterna e l’ambiente: ( 4 q out = q co + q r = hcoπDe (Twout − Ta ) + εσπDe Twout − Ta4 ) (2.28) che si può scrivere come : qout = htotπDe (Twout − Ta ) (2.29) dove: htot = hco (T + εσ 4 wout (Twout ) − Ta4 − Ta ) (2.30) viene definito coefficiente globale di scambio termico. _______________________________________________________________________________ 49
  • 50. Come già detto, poiché analizziamo il comportamento a regime, il calore trasferito per convezione dal gas di scarico alla parete interna del condotto sarà uguale a quello trasferito per conduzione tra le pareti interna ed esterna del condotto e a quello trasferito per convezione e irraggiamento dalla parete esterna all’ambiente circostante. TG Ta Qci Qk Qout Dove: Qci = hci A(TG − Twin ) Qk = A* k p s (Twin − Twout ) Qout = htot A(Twout − Ta ) (2.31) (2.32) (2.33) Quindi si può scrivere: Qci = Qk  Qk = Qout Sostituendo le (2.31), (2.32) e (2.33) nelle espressioni precedenti si ricava: _______________________________________________________________________________ 50
  • 51. kp  kp  Twin  + hci  = hci TG + Twout  s  s   (2.34) kp  kp  = Twout  htot + Twin + htot Ta  s  s   (2.35) Sostituendo ora la (2.35) nella (2.34) , dopo una serie di semplificazioni si trova Twin: Twin = (sh tot + k p )hci k p htot + shci htot + k p hci TG + k p htot k p htot + shci htot + k p hci Ta (2.36) e allo stesso modo, ma con procedimento inverso, si trova Twout: Twout = k p hci k p htot + shci htot + k p hci TG + (k p + shci )htot k p htot + shci htot + k p hci Ta (2.37) _______________________________________________________________________________ 51
  • 52. 2.3.2.5. Trasmissione del calore attraverso il condotto coibentato. Poiché per ridurre l’errore di misura (per conduzione ed irraggiamento) delle termocoppie, si sono effettuate misurazioni sullo scarico coibentato, è necessario disporre di una modellizzazione che permetta di ricavare le temperature di parete in tale situazione. Ancora una volta si utilizza un modello geometrico piano, in quanto lo spessore non uniforme dello strato di coibentazione e la difficile determinazione della temperatura della sua superficie esterna, renderebbero superfluo il ricorso ad un modello cilindrico più preciso ma più complesso. Si suppone quindi una situazione di questo tipo: TG sp scoib Ta Qci Qk Qcoib Qtot stot Dove: ♦ Qci è la potenza termica scambiata per convezione tra il gas e il condotto _______________________________________________________________________________ 52
  • 53. ♦ Qk è la potenza termica scambiata per conduzione attraverso il condotto ♦ Qcoib è la potenza termica scambiata per conduzione attraverso la coibentazione ♦ Qout è la potenza termica scambiata per convezione e irraggiamento tra la coibentazione e l’ambiente circostante Poiché la trasmissione del calore attraverso il condotto e la coibentazione avviene per conduzione, si considera come uno strato unico di spessore stot la cui conducibilità complessiva è data da [5]: k tot = 1 sp kp + scoib k coib = k p k coib s p k coib + scoib k p (2.38) La potenza termica trasferita tra la parete interna del condotto ed esterna dello strato isolante (di temperatura Text) è quindi data da: Qeq = A * k tot (Twin − Text ) stot (2.39) E operando come in precedenza, nell’ipotesi quindi di modello geometrico piano, sostituendo la (2.39) alla (2.33) si ottiene la temperatura di parete interna: Twin = (s tot htot k tot htot + k tot )hci k tot htot TG + Ta + s tot hci htot + k tot hci k tot htot + s tot hci htot + k tot hci (2.40) In cui i vari termini hanno i significati già visti in precedenza. Per determinare la temperatura della parete esterna del condotto di scarico (sotto la coibentazione), considerando la condizione a regime, si uguaglia la potenza scambiata per convezione tra il gas e la parete interna: Qci = hci A(TG − Twin ) (2.41) _______________________________________________________________________________ 53
  • 54. con la potenza trasmessa per conduzione attraverso il condotto di scarico: Qk = kp A s (Twin − Twout ) (2.42) si ottiene quindi: hci (TG − Twin ) = kp s (Twin − Twout ) (2.43) da cui si ricava la Twout :  h ∗s Twin − hci ∗ s TG Twout = 1 + ci  kp  kp   (2.44) in cui ancora una volta i termini hanno il significato già visto in precedenza. _______________________________________________________________________________ 54
  • 55. 2.4. Modello dell’errore di misura A questo punto, vediamo come si presenta graficamente il modello termodinamico per la determinazione dell’errore di misura che è stato illustrato dal punto di vista fisico nei paragrafi precedenti: Non è superfluo ricordare che il modello sviluppato ha le seguenti caratteristiche: È a valori medi: il valore calcolato ad ogni passo della simulazione è il valore medio che esso assume all’interno di un ciclo motore completo. È zero-dimensionale, ossia a parametri concentrati: cioè trascuro la dipendenza delle varie grandezze dalle variabili spaziali. Di seguito è riportato il modello sviluppato in Simulink, e costituito da 3 diversi blocchi principali, che rappresentano rispettivamente le modellizzazioni dell’errore di misura, della temperatura di parete e della portata in massa dei gas di scarico. figura 2.2 Modello per la determinazione della temperatura misurata a partire dalla temperatura del gas Come si vede chiaramente il modello ha come ingressi principali: La temperatura del Gas (Tg) La temperatura ambiente (Tamb) _______________________________________________________________________________ 55
  • 56. • La portata in massa dei Gas  mG  , che a sua volta è calcolata in un blocco     a parte, il quale ha come ingressi: velocità di rotazione (n), pressione nel collettore di aspirazione (pcoll) e temperatura nel collettore di aspirazione (Tcoll). Vediamo ora come si presentano i singoli blocchi al loro interno, iniziando con l’analizzare il blocco “errore_misura”. figura 2.3 blocco “errore_misura” Come si vede chiaramente all’interno di tale blocco compaiono i due sottoblocchi separati per il calcolo dei contributi all’errore di misura dovuti alla conduzione e all’irraggiamento. Vediamo meglio nel dettaglio i due sottoblocchi: _______________________________________________________________________________ 56
  • 57. Figura 2.4 sottoblocco “errore_conduzione” Figura 2.5 sottoblocco “errore_irraggiamento” Vediamo ora il blocco “temperatura parete” nel dettaglio. Tale blocco rappresenta l’implementazione in Simulink dei modelli determinati al paragrafo 2.3 per la determinazione delle temperature di parete. _______________________________________________________________________________ 57
  • 58. Figura 2.6 blocco “temperatura parete” E’ necessario a questo punto precisare che la Tw in ingresso ai blocchi precedenti non è altro che la Twin in uscita dal blocco “temperatura parete”, la quale rappresenta la stima della temperatura interna di parete. I due sottoblocchi al suo interno rappresentano i modelli fisico-matematici illustrati ai paragrafi 2.3.2.4. e 2.3.2.5. per la determinazione delle temperature di parete (interna ed esterna) rispettivamente per condotto non coibentato e coibentato. Vediamo ora un po’ meglio tali sottoblocchi, ricordando che rappresentano l’implementazione con Simulink delle equazioni (2.36) e (2.37) per il condotto non coibentato, e (2.40) e (2.44) per il condotto coibentato. _______________________________________________________________________________ 58
  • 59. Figura 2.7 sottoblocco “Modello scarico non coibentato” Figura 2.8 sottoblocco “Modello scarico coibentato” _______________________________________________________________________________ 59
  • 60. Analizziamo ora il blocco “portata gas di scarico”: esso permette la determinazione della portata in massa dei gas di scarico. Tale modellizzazione è stata effettuata supponendo che a regime la portata in massa dei gas di scarico sia uguale a quella della miscela aspirata e determinando quindi quest’ultima a partire dall’equazione dei gas perfetti riferita al collettore di aspirazione [2]. Si è in tal modo ottenuta la seguente equazione: • m G (t ) = pasp (t ) R ⋅ Tasp ⋅ηV (ω , pasp )⋅ VC ⋅ ω (t ) 4π (2.45) dove pasp è la pressione nel collettore di aspirazione, Tasp la temperatura nel collettore di aspirazione, R la costante universale dei gas perfetti, Vc la cilindrata totale del motore (Vc = 4 Vcil , con Vcil cilindrata unitaria), e ω(t) la velocità di rotazione del motore in radianti al secondo. Nell’espressione è presente anche il termine ηv che rappresenta il rendimento di carica relativo, in quanto riferito alle condizioni nel collettore di aspirazione e non ambientali, e che sarà meglio illustrato in seguito (paragrafo 3.7). Ecco quindi come appare tale modello in Simulink: Figura 2.9 blocco “portate gas di scarico” 2.4.1. Modello invertito per la validazione dei risultati _______________________________________________________________________________ 60
  • 61. Per la validazione del modello e per elaborare i dati sperimentali raccolti (vedi cap. 4), è stata utilizzata una variante del modello visto alla fig. 2.2, che altro non era se non il modello visto invertito e con gli stessi sottoblocchi. Si trattava infatti di utilizzare le temperature misurate dalla sonda immersa (Tgmis) e di parete (Tpar), per risalire alla Tgas stimata, sia per il condotto coibentato, che non coibentato, e per fare ciò si è utilizzata la seguente modellizzazione di Simulink: Figura 2.10 Modello per la stima della temperatura effettiva del gas Il modello è formato da 2 blocchi principali: il blocco “portata gas di scarico” che abbiamo gia visto, e il blocco “errore_misura inv.” che rappresenta quello visto in fig. 2.3 ma invertito e che sarà meglio illustrato in fig. 2.11. _______________________________________________________________________________ 61
  • 62. figura 2.11 blocco “errore_misura inv.” Come si vede in tale variante c’è il sottoblocco “Temp_parete_interna” che serve per ottenere la temperatura di parete interna del condotto di scarico a partire da quella esterna misurata, la quale è un ingresso del modello, nonché i sottoblocchi “errore_conduzione” ed “errore_irraggiamento” che sono gia stati illustrati in precedenza. Il sottoblocco “Temp_parete_interna” è stato ottenuto a partire dalla equazione (2.35), ed è di seguito illustrato (fig. 2.12). _______________________________________________________________________________ 62
  • 63. figura 2.12 sottoblocco “Temp_parete_interna” I sottoblocchi che compaiono all’interno di “Temp_parete_interna” sono gli stessi che compaiono nella versione gia illustrata al paragrafo 2.4 e non ci soffermeremo oltre sulla loro trattazione. _______________________________________________________________________________ 63
  • 64. 2.5. Variante del Modello per la determinazione dell’errore di misura. Come si è visto al paragrafo 2.2.3 , dall’analisi dello scambio termico tra la sonda, il gas e la parete si giunge quindi alla seguente equazione: ( d 2 − d i2 d 2T ( x) εσ (T (x ))4 − Tw4 + 2 4h d dx h (TG − T (x )) = − kT ) (2.7) A questo punto si vede che ci troviamo di fronte ad una equazione differenziale non lineare del secondo ordine, per la quale non si conoscono soluzioni in forma chiusa. Per risolverla (al paragrafo 2.2.3) si è utilizzato un approccio semplificato, che consiste nell’affrontare separatamente i due diversi contributi per conduzione ed irraggiamento: va però specificato che questo tipo di approccio, a fronte di una elevata semplicità, non è corretto dal punto di vista formale, essendo l’equazione (2.7) di partenza non lineare. Si è quindi generata la necessità di sviluppare anche una modellizzazione più corretta dal punto di vista formale, per poter poi confrontare i risultati delle due modellizzazioni e verificare l’affidabilità delle stime del modello più semplice sviluppato per primo. Tale tipo di approccio, più corretto dal punto di vista matematico, si basa sulla linearizzazione della (2.7) attraverso l’utilizzo al posto di Tx4 del suo valor medio calcolato lungo l’asse della sonda (di lunghezza l) [16]: l Tx = ∫T x dx 0 l che è un valore necessariamente compreso tra TG e Tw. Tale semplificazione è giustificata dal fatto che (TG- Tw)<< Tw perciò si compie un’approssimazione trascurabile prendendo il suo valor medio al posto di Tx. _______________________________________________________________________________ 64
  • 65. Operando in questo modo la (2.7) può essere scritta nel modo seguente e appare come una equazione differenziale lineare del secondo ordine e perciò risolvibile in forma chiusa: d 2 Tx − B 2 Tx + A = 0 2 dx (2.45) dove le costanti che compaiono sono così definite: A= B= 4d (h TG + hr Tw ) k T d 2 − d i2 ( ) 4d (h + hr ) kT d 2 − d i2 ( ) (2.46) (2.47) 4 hr = ε σ T x − Tw4 T x − Tw (2.48) hr è il coefficiente di scambio termico per irraggiamento, mentre gli altri termini sono quelli esplicitati al paragrafo 2.2.3. Fissando le condizioni al contorno: la base della termocoppia si trova alla temperatura interna di parete : T ( x = l ) = Tw il calore che la sonda assorbe dal gas alla sua estremità è trascurabile: dT dx =0 x =0 si può risolvere la (2.45), e si può quindi esprimere l’andamento di Tx: A  e Bx + e − Bx A  Tx =  Tw − 2  Bl + B  e + e − Bl B 2  (2.49) che, esplicitando le costanti, può essere scritta nel seguente modo: _______________________________________________________________________________ 65
  • 66.  (h TG + hr Tw ) e Bx + e −Bx + h TG + hrTw Tx = Tw −  Bl − Bl h + hr h + hr   e +e (2.50) dalla quale ottengo la temperatura del gas (TG) in funzione della temperatura (Tm) che la sonda “legge” alla sua estremità (per x=0):  T − Tm cosh ( Bl )  (h + hr ) − hr Tw  1 TG =  w  1 − cosh ( Bl ) h (2.51) A questo punto per determinare TG, e quindi l’errore di misura, è necessario eseguire un ciclo iterativo partendo da un valore di primo tentativo di T x , per poi giungere al valore effettivo di T x che sostituisco nella (2.51) per ricavare la TG effettiva. Vediamo di seguito, passo per passo, il procedimento seguito per giungere alla stima di TG: 1. Si è fissato in prima approssimazione T x = Tm + Tw 2 2. Si ottiene hr con la (2.48), si ricava poi TG con la (2.51) e quindi si ricavano rispettivamente i valori di primo tentativo di A e B con le (2.46) e (2.47). 3. Si sostituiscono ora A, B e hr nella (2.49) e si trova l’andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse (Tx). 4. Si determina il valor medio effettivo di Tx (lo chiamo Tmean) e lo si confronta col T x di tentativo precedente. 5. Si ricavano dei nuovi valori di A, B e hr utilizzando Tmean al posto di T x e si ricava nuovamente la Tx. 6. Si ripetono i passaggi da 3 a 5 fino a quando il valore di T x non arriva a convergenza. A questo punto utilizzando il valore finale di T x si ottiene con la (2.51) il valore stimato di TG, e noto questo si ricava l’errore complessivo di misura dovuto a conduzione ed irraggiamento. _______________________________________________________________________________ 66
  • 67. Note TG e la distribuzione di Tx si possono ora ricavare separatamente i due errori scomponendo la (2.7) nei due contributi. Ora, nota la Tx, si può scrivere la (2.7) nel modo seguente senza incorrere in un errore formale: kT d 2 − d i2 d 2T ( x) (TG − Tm ) = ∆Ttot = − 4h d dx 2 + x =0 εσ h ((T (x )) − T ) 4 4 w (2.52) x =0 dove il primo termine a secondo membro rappresenta l’errore per conduzione e il secondo termine l’errore per irraggiamento. Risolvendo la (2.52) si ottiene quindi: ∆Tirr = εσ h ∆Tcond = − (T ) (2.53) k T d 2 − d i2 d 2T ( x) 4h d dx 2 (2.54) 4 m − Tw4 x =0 e sostituendo la (2.49) al posto di Tx, derivando due volte e calcolando il valore per x=0 si ottiene: ∆Tcond = h + hr h h TG + hr Tw − Tw h + hr cosh( Bl ) (2.55) Quindi con la (2.53) e con la (2.55) si possono determinare i due contributi dati all’errore dalle due diverse forme di scambio termico tra la sonda e la parete: conduzione ed irraggiamento Questo metodo, essendo molto più rigoroso del precedente, affrontato al paragrafo 2.2.3, offre senza dubbio stime più affidabili: è quindi di particolare interesse un confronto tra i risultati ottenuti dai due modelli. Prima di effettuare tale confronto, è interessante approfondire il comportamento di quest’ultima modellizzazione, valutando la velocità con cui il ciclo iterativo _______________________________________________________________________________ 67
  • 68. converge alla temperatura media effettiva (cioè calcola la stessa temperatura media Tmean in due iterazioni successive). Riportiamo ora i risultati relativi ad alcune simulazioni effettuate sui dati delle tabelle 3.9 e 3.10. NOTA: i numeri delle prove si riferiscono a quelli che caratterizzano la prova nelle tabelle specificate. I termini usati in seguito hanno il seguente significato: pcoll : pressione nel collettore di aspirazione Tmis : temperatura della sonda nella giunzione Tpar : temperatura di parete interna Tx : temperatura media di prima approssimazione, T x = TG + Tw 2 Tmean1: temperatura media effettiva calcolata alla prima iterazione Tmean2: temperatura media effettiva calcolata alla seconda iterazione ∆T x : errore di misura calcolato in base al valore medio di primo tentativo ( T x ) ∆T1 : errore di misura calcolato in base al valore medio effettivo Tmean1 ∆T2 : errore di misura calcolato in base al valore medio effettivo al secondo ciclo di iterazione (Tmean2). TG_eff : temperatura stimata del gas in base alla Tmean2 Vediamo di seguito i dati riferiti a simulazioni eseguite sulle prove 5, 10, 16 di tabella 3.10, e cioè su prove coibentate. Prova 5: Giri [rpm] 2000 pcoll [bar] 0.691 Tmis [K] 845.2 Tpar Tmean1 Tmean2 Tx [K] [K] [K] [K] 823.2 834.15 839.32 839.32 ∆T x [K] 9.28 ∆T1 [K] 9.28 TG_eff ∆T2 [K] [K] 9.28 854.44 _______________________________________________________________________________ 68
  • 69. Vediamo ora l’andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse, calcolata con la (2.50), dopo aver portato il ciclo a convergenza (si vede nella tabella che raggiunge la convergenza dopo 1 sola iterazione). Fig. 2.13 andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse (x=0 è la sommità, x=L è la base) Prova 10: Giri pcoll Tmis Tpar Tmean1 Tmean2 ∆T x TG_eff ∆T1 ∆T2 Tx [rpm] [bar] [K] [K] [K] [K] [K] [K] [K] [K] [K] 2000 0.951 934.2 918.2 926.15 929.17 929.17 12.32 12.30 12.30 946.46 Vediamo ora l’andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse, calcolata con la (2.50), dopo aver portato il ciclo a convergenza (si vede nella tabella che anche in questo caso raggiunge la convergenza dopo 1 sola iterazione). _______________________________________________________________________________ 69
  • 70. Fig. 2.14 andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse (x=0 è la sommità, x=L è la base) Prova 16: Giri pcoll Tmis Tpar Tmean1 Tmean2 Tx [rpm] [bar] [K] [K] [K] [K] [K] 3400 0.998 1018.2 997.7 1007.9 1013.6 1013.6 ∆T1 ∆T2 TG_eff [K] [K] [K] [K] 8.64 8.66 8.66 1026.8 ∆T x È riportato di seguito l’andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse, calcolata con la (2.50), dopo aver portato il ciclo a convergenza (si vede nella tabella che anche in questo caso raggiunge la convergenza dopo 1 sola iterazione). Fig. 2.15 andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse (x=0 è la sommità, x=L è la base) Vediamo di seguito i dati riferiti a simulazioni eseguite sulle prove 50 e 72 di tabella 3.9, e cioè su prove non coibentate. Prova 50: Giri pcoll Tmis Tpar Tmean1 Tmean2 ∆T x TG_eff ∆T1 ∆T2 Tx [rpm] [bar] [K] [K] [K] [K] [K] [K] [K] [K] [K] 2200 0.301 812.5 662.0 737.22 770.56 770.62 91.75 91.40 91.40 903.85 Vediamo ora l’andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse, calcolata con la (2.50), dopo aver portato il ciclo a convergenza (si vede nella tabella che raggiunge la convergenza dopo 1 sola iterazione). _______________________________________________________________________________ 70
  • 71. Fig. 2.16 andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse (x=0 è la sommità, x=L è la base) Prova 72: Giri pcoll Tmis Tpar Tmean1 Tmean2 ∆T x TG_eff ∆T1 ∆T2 Tx [rpm] [bar] [K] [K] [K] [K] [K] [K] [K] [K] [K] 3000 0.450 867.7 715.2 791.44 827.66 827.75 65.10 65.29 65.29 932.94 È riportato di seguito l’andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse, calcolata con la (2.50), dopo aver portato il ciclo a convergenza (si vede nella tabella che anche in questo caso raggiunge la convergenza dopo 1 sola iterazione). Fig. 2.17 andamento della temperatura della sonda lungo il suo asse (x=0 è la sommità, x=L è la base) _______________________________________________________________________________ 71
  • 72. Ciò che emerge chiaramente dall’analisi delle prove viste, che rappresentano un campione di tutte quelle riportate in tab. 3.9, 3.10 e 3.11, è la veloce convergenza del modello, il quale gia dopo una iterazione da risultati praticamente costanti, a meno di una variazione di pochi centesimi di grado nel calcolo della Tmean, o di quantità inferiori al centesimo di grado nella stima dell’errore. Si può pertanto ritenere che dopo una iterazione il modello giunga a convergenza per qualunque prova, ed effettuare la stima degli errori di misura su tutto il campo di prove a nostra disposizione, fermandoci sistematicamente per ogni prova dopo una ripetizione del ciclo. I dati così raccolti, potranno quindi essere confrontati con quelli riportati al capitolo 4 ed ottenuti mediante il modello più semplificato, ma anche meno rigoroso formalmente, illustrato al paragrafo 2.2.3. Sono di seguito riportati i risultati mediante il modello precedentemente illustrato, continuando con la separazione tra dati su condotto coibentato e dati su condotto non coibentato. _______________________________________________________________________________ 72
  • 73. 2.5.1. Risultati delle simulazioni su condotto coibentato. I dati stimati si riferiscono alle prove riportate nelle tabelle 3.10 e 3.11 al capitolo 3. calcolati con vecchio Calcolati con nuovo modello modello Errore Errore Errore Errore Errore Errore pcoll Tmis Tpar differenza tot cond irr tot cond irr 0.457 693.2 647.2 27.2 23.6 3.6 25.0 21.5 3.6 -2.2 0.670 850.7 820.7 15.4 8.6 6.8 13.1 6.4 6.8 -2.3 0.950 928.7 902.5 12.8 5.1 7.7 11.0 3.4 7.7 -1.8 0.690 853.2 824.2 7.3 0.8 6.6 7.0 0.5 6.6 -0.4 0.690 845.2 823.2 10.8 6.1 4.8 9.3 4.5 4.8 -1.6 0.690 852.4 824.5 7.0 0.7 6.3 6.7 0.4 6.3 -0.3 0.690 840.0 822.7 18.1 14.4 3.7 15.2 11.6 3.6 -2.9 0.950 930.2 915.0 14.4 9.8 4.6 11.6 7.1 4.6 -2.8 0.950 940.4 918.2 7.4 0.3 7.0 7.1 0.1 7.0 -0.2 0.950 934.2 918.2 15.3 10.3 5.0 12.3 7.4 4.9 -3.0 0.950 944.2 920.8 7.9 0.3 7.6 7.7 0.2 7.6 -0.2 0.495 797.2 770.2 15.3 10.2 5.0 13.1 8.1 5.1 -2.2 0.730 917.7 883.7 15.2 6.3 8.9 13.1 4.3 8.9 -2.1 0.945 951.2 923.8 11.1 3.7 7.4 9.7 2.4 7.4 -1.3 0.570 951.2 914.2 21.3 8.3 13.0 18.0 5.1 13.1 -3.3 0.997 1018.2 997.7 9.7 2.4 7.4 8.7 1.3 7.4 -1.1 0.456 681.2 597.2 47.6 42.5 5.0 50.2 45.5 5.0 2.6 0.566 917.2 790.2 57.0 26.1 30.9 51.5 22.6 31.2 -5.5 0.998 995.2 881.2 42.7 12.1 30.6 39.2 9.8 31.1 -3.4 2.3 Confronto tra le stime effettuate dal modello affrontato al paragrafo 2.2.3 Dati misurati prova giri 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 1465 2000 2000 2000 2000 2000 2000 2000 2000 2000 2000 2100 3000 3000 3400 3400 1465 3400 3400 Tabella (vecchio) e quello più rigoroso (nuovo) sui dati di tab. 3.10 e 3.11 _______________________________________________________________________________ 73
  • 74. 2.5.2. Risultati delle simulazioni su condotto non coibentato. I dati stimati si riferiscono alle prove riportate nella tabella 3.9 al capitolo 3. Dati misurati prova 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 giri pcoll Tmis Tpar 892 1100 1100 1100 1100 1100 1100 1100 1100 1100 1100 1300 1300 1300 1300 1300 1300 1300 1300 1300 1300 1500 1500 1500 1500 1500 1500 1500 1500 1500 1700 1700 1700 1700 1700 1700 1700 1700 1700 2100 2100 0.370 0.329 0.463 0.500 0.577 0.651 0.724 0.803 0.875 0.951 0.954 0.291 0.345 0.458 0.522 0.601 0.673 0.752 0.823 0.899 0.946 0.374 0.457 0.526 0.602 0.675 0.755 0.828 0.900 0.962 0.405 0.451 0.527 0.601 0.674 0.750 0.825 0.900 0.961 0.375 0.448 627.2 661.4 662.1 670.2 707.5 747.4 768.2 786.2 800.2 807.8 815.6 642.4 681.1 682.9 698.2 741.4 774.6 793 810.6 828.8 863.8 671.1 692.1 721.6 772.5 804.5 819.2 823.7 837.7 874.6 716.6 728.4 766.7 816.1 843.6 849.4 865.1 880.9 896.1 756.2 771.9 539.8 567.4 570.2 575.6 595.7 629.4 655 665.7 690.9 699.9 715.7 557.1 578.1 588.7 597.7 626.7 657.5 678.7 696.3 715.3 737 568.3 603.6 623 654.4 691.6 704.5 710.3 723.3 751.6 609 629.5 651.8 687.9 717.6 727.8 739.7 751.4 764.7 635.6 662.2 calcolati con vecchio Calcolati con nuovo modello modello Errore Errore Errore Errore Errore Errore differenza tot cond irr tot cond irr 72.8 70.4 2.3 77.7 75.5 2.3 4.9 73.8 68.5 5.3 76.2 71.4 5.3 2.4 60.5 55.9 4.5 62.9 58.8 4.5 2.5 59.3 54.2 5.1 61.4 56.7 5.1 2.1 65.1 56.0 9.0 65.2 57.0 9.1 0.2 66.2 52.7 13.5 64.1 51.7 13.6 -2.1 60.7 45.8 14.9 57.9 44.2 15.0 -2.8 60.6 43.6 17.0 57.2 41.6 17.1 -3.4 53.1 36.4 16.7 49.8 34.2 16.8 -3.3 49.1 32.7 16.5 46.0 30.7 16.6 -3.1 46.6 30.2 16.4 43.4 28.0 16.5 -3.2 62.4 59.2 3.1 65.9 63.0 3.1 3.5 70.9 63.9 6.9 72.2 65.9 6.9 1.3 56.3 50.4 5.9 57.7 52.2 5.9 1.4 56.2 48.9 7.2 56.9 50.3 7.2 0.8 60.3 48.3 12.0 58.9 48.0 12.0 -1.4 59.6 44.2 15.4 56.7 42.5 15.5 -2.9 55.0 38.6 16.4 51.8 36.6 16.5 -3.2 53.0 35.2 17.8 49.4 32.9 17.9 -3.5 51.0 31.8 19.1 47.2 29.3 19.3 -3.8 58.9 33.3 25.6 53.3 29.4 25.8 -5.6 62.1 56.7 5.4 64.4 59.5 5.4 2.2 48.2 42.3 5.9 49.2 43.7 5.9 1.0 50.3 41.8 8.6 50.2 42.3 8.6 -0.1 58.6 43.6 15.0 56.0 42.2 15.1 -2.6 55.0 37.4 17.6 51.4 35.0 17.8 -3.6 52.5 33.9 18.6 48.8 31.5 18.7 -3.7 48.4 30.5 17.9 45.1 28.4 18.1 -3.3 47.1 28.2 18.9 43.7 26.0 19.1 -3.4 52.1 27.7 24.4 47.4 24.5 24.7 -4.8 60.6 51.2 9.4 60.3 51.7 9.5 -0.3 52.7 43.2 9.5 52.1 43.3 9.5 -0.6 57.0 42.9 14.1 54.7 41.7 14.1 -2.3 62.8 41.6 21.1 58.0 38.6 21.3 -4.7 60.5 36.7 23.7 55.1 33.1 23.9 -5.4 54.2 31.8 22.4 49.6 28.7 22.6 -4.6 53.7 29.7 24.0 48.9 26.5 24.2 -4.8 53.7 27.9 25.8 48.7 24.6 26.0 -5.0 53.8 26.3 27.5 48.5 22.8 27.7 -5.2 65.7 51.2 14.5 63.2 50.0 14.6 -2.5 55.0 40.8 14.2 52.5 39.4 14.2 -2.5 _______________________________________________________________________________ 74
  • 75. calcolati con vecchio Calcolati con nuovo modello modello Errore Errore Errore Errore Errore Errore Tmis Tpar differenza tot cond irr tot cond irr 816.2 684 62.9 41.7 21.2 58.3 38.8 21.3 -4.6 850.5 714.5 63.2 37.6 25.6 57.4 33.9 25.8 -5.8 871.4 740.5 58.9 32.3 26.6 53.2 28.5 26.8 -5.7 878 749.7 53.2 27.9 25.3 48.3 24.7 25.5 -4.9 892.1 762.1 51.8 25.5 26.3 46.9 22.4 26.5 -4.9 908.2 775.8 51.6 23.7 27.9 46.6 20.5 28.2 -5.0 944 798.8 59.9 24.1 35.7 53.3 19.9 36.1 -6.6 718.6 608.3 67.8 57.3 10.5 67.0 57.4 10.5 -0.8 812.5 662 100.5 70.7 29.8 90.6 63.8 30.1 -9.8 855.7 717.8 78.8 47.8 31.0 70.1 41.6 31.3 -8.7 895.4 740.3 85.4 45.9 39.5 74.7 38.4 40.0 -10.7 926.4 772.8 83.6 40.0 43.6 72.5 32.2 44.1 -11.1 945.2 798.8 77.5 33.8 43.7 67.4 26.6 44.2 -10.2 919.2 786.1 59.8 27.4 32.4 53.2 22.8 32.8 -6.6 927.1 794.5 57.0 24.9 32.2 50.9 20.7 32.5 -6.1 952 814.1 59.7 23.4 36.3 53.0 18.9 36.7 -6.7 968.8 828.6 61.3 22.2 39.0 54.3 17.5 39.5 -7.0 802.5 663.8 92.1 66.0 26.1 83.8 60.1 26.4 -8.3 805.8 659.9 88.9 62.9 26.0 81.3 57.8 26.2 -7.6 810 676.1 72.0 49.4 22.7 66.3 45.6 22.8 -5.7 841.5 693.5 73.7 46.0 27.6 66.8 41.7 27.9 -6.9 892 738.9 76.8 40.8 36.0 67.8 34.8 36.3 -8.9 913.8 766.1 71.7 34.8 37.0 63.2 29.0 37.4 -8.5 923.1 780.2 65.4 29.9 35.5 57.9 24.8 35.8 -7.5 929.3 790.8 59.4 25.8 33.6 52.9 21.5 34.0 -6.5 939.9 801.4 57.6 23.5 34.0 51.3 19.4 34.4 -6.2 957 844.6 47.7 17.5 30.1 42.8 14.0 30.5 -4.8 973.4 831.6 57.8 19.9 37.9 51.5 15.9 38.3 -6.3 824.8 659.3 89.9 60.3 29.5 81.7 55.4 29.8 -8.2 834.9 695 69.9 44.3 25.6 63.7 40.3 25.7 -6.2 867.7 715.2 72.2 41.3 31.0 64.8 36.5 31.2 -7.4 892.6 745.5 66.7 34.4 32.3 59.5 29.7 32.6 -7.2 903.7 765.7 58.9 28.4 30.5 52.8 24.4 30.8 -6.1 907.3 780.9 50.6 23.4 27.3 45.7 20.1 27.5 -4.9 907.2 791 43.0 19.2 23.8 39.2 16.7 24.1 -3.8 911.2 796 39.8 17.0 22.8 36.5 14.9 23.0 -3.3 937.4 806.1 45.0 17.2 27.8 40.9 14.7 28.1 -4.1 tra le stime effettuate dal modello affrontato al paragrafo 2.2.3 Dati misurati prova 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 Tabella giri pcoll 2100 0.528 2100 0.601 2100 0.671 2100 0.752 2100 0.827 2100 0.900 2100 0.949 2200 0.276 2200 0.301 2200 0.452 2200 0.527 2200 0.601 2200 0.680 2200 0.758 2200 0.825 2200 0.898 2200 0.953 2500 0.261 2500 0.299 2500 0.373 2500 0.454 2500 0.531 2500 0.602 2500 0.677 2500 0.752 2500 0.823 2500 0.900 2500 0.966 3000 0.308 3000 0.378 3000 0.450 3000 0.528 3000 0.602 3000 0.676 3000 0.752 3000 0.827 3000 0.901 2.4 Confronto (vecchio) e quello più rigoroso (nuovo) sui dati di tab. 3.9 _______________________________________________________________________________ 75
  • 76. 2.5.3. Analisi dei risultati Questo metodo risolutivo, che è stato proposto da Benedict, anche se necessariamente si basa su una approssimazione (prendo il suo valor medio al posto di Tx4 ) per linearizzare e rendere risolvibile l’equazione (2.7), è più rigoroso da un punto di vista matematico rispetto all’approccio precedente (paragrafo 2.2.3), che consisteva nell’affrontare separatamente i due contributi (per conduzione ed irraggiamento) dell’errore di misura. Ciononostante, confrontando i risultati ottenuti con le modellizzazioni derivanti dai due diversi approcci al problema visti in precedenza, si vede che le differenze tra le stime delle temperature del gas e dell’errore di misura sono molto ridotte. Si va infatti da 1÷3 K nel caso di condotto coibentato, ad un massimo di 10 K in alcune prove non coibentate, su un errore complessivo di 70÷100 K (cioè una variazione del 10÷15 %). In seguito a ciò si può affermare che l’utilizzo della modellizzazione affrontata per prima al paragrafo 2.2.3, la quale è estremamente più semplificata e non necessita iterazioni successive per effettuare le stime, porta comunque a risultati attendibili e significativi (si discostano al massimo del 10÷15% dalla modellizzazione più complessa proposta da Benedict) sia per quanto riguarda l’errore complessivo che i suoi contributi dovuti a conduzione ed irraggiamento, pertanto essa può essere utilizzata senza incorrere in errori molto elevati per la stima degli errori di misura in tutto il campo di funzionamento. _______________________________________________________________________________ 76
  • 77. 2.5.4. Modellizzazione dell’errore. A questo punto, vediamo come si presenta graficamente il modello termodinamico per la determinazione dell’errore di misura che è stato illustrato dal punto di vista fisico al paragrafo 2.5. Di seguito è riportato il modello sviluppato in Simulink e costituito da 4 diversi blocchi principali, che rappresentano rispettivamente le modellizzazioni dell’errore di misura complessivo, dei due diversi contributi dell’errore e della portata in massa dei gas di scarico. Figura 2.18 Modello per la stima della temperatura effettiva del gas e dell’errore di misura Vediamo ora nel dettaglio i blocchi che compongono il modello, ricordando che il blocco “portata gas di scarico” è gia stato mostrato al paragrafo 2.4. _______________________________________________________________________________ 77
  • 78. Figura 2.19 Figura 2.20 Blocco “modello errore tot” ottenuto implementando la (2.51) Blocco “errore_irraggiamento” ottenuto implementando la (2.53) _______________________________________________________________________________ 78
  • 79. Figura 2.21 Blocco “errore_conduzione” ottenuto implementando la (2.55) I sottoblocchi per la determinazione dei coefficienti di scambio termico che compaiono all’interno dei blocchi principali, essi altro non sono se non l’implementazione in Simulink delle espressioni che li definiscono. Per meglio chiarire il concetto della T x utilizzata per ricavare hr , così come definito nella 2.48, mostriamo i sottoblocchi per la determinazione del coefficiente di scambio termico per irraggiamento (hr) utilizzati rispettivamente per ricavare il valore hr di primo tentativo (usa T x ) e per il ciclo iterativo (usa il valore medio effettivo Tmean). Vediamo quindi di seguito riportati i due sottoblocchi sopraindicati. _______________________________________________________________________________ 79
  • 80. Figura 2.22 Sottoblocco per la determinazione di hr di primo tentativo Figura 2.23 Sottoblocco per la determinazione di hr in funzione del valore medio effettivo Tmean _______________________________________________________________________________ 80
  • 81. Capitolo 3 PROVE SPERIMENTALI 1.1. Introduzione Dopo aver determinato dal punto di vista teorico i modelli per la determinazione dell’errore di misura e delle temperature di parete (interna ed esterna) dello scarico per condotti sia scoperti che coibentati, si è reso necessario determinare i vari coefficienti che compaiono nei modelli mediante un approccio di tipo sperimentale. Nel seguente capitolo saranno quindi illustrate le caratteristiche geometriche del motore utilizzato nelle prove, le caratteristiche termodinamiche dei gas di scarico e i dati raccolti nelle prove eseguite al banco. Data la difficoltà di reperire sensori di temperatura che abbinassero una elevata resistenza alle alte temperature ad una ridotta costante di tempo, si è deciso di puntare sulla resistenza, eseguendo quindi le prove in condizioni di regime. 1.2. Caratteristiche del motore Il motore utilizzato nelle prove è il FIAT PUNTO FIRE 1242 8V, le cui caratteristiche sono di seguito riportate: _______________________________________________________________________________ 81