Lanciata dallo Spazio l’edizione 2012 del ‘Living Planet Report’, l’indagine biennale del WWF sulla salute della Terra illustrata in orbita dall’astronauta dell’ESA, André Kuipers.
Le cifre: meno 30% di biodiversità in circa 40 anni, fino a -60% nei Tropici. In 1 anno consumiamo nel mondo le risorse di 1 Pianeta e mezzo; in Italia di 2,5 Pianeti ogni anno
Siamo talmente avidi che in un anno ‘divoriamo’ le risorse naturali di un Pianeta e mezzo (in parole povere utilizziamo risorse oltre la capacità che i sistemi naturali hanno di rigenerarle attraverso i loro cicli vitali). Una voracità che ha provocato, solo fra il 1970 e il 2008, la perdita del 30% di biodiversità a livello globale con punte del 60% nei Tropici, tra le aree geografiche più colpite del mondo. Un trend di sovrasfruttamento confermato anche dai dati sull’impronta ecologica degli ultimi anni: nel 2008, infatti, a fronte di una biocapacità (cioè della capacità che i sistemi naturali hanno di produrre risorse biologiche utilizzabili dagli esseri umani) della Terra di 12 miliardi di ettari globali (Gha) , corrispondenti ad una ‘porzione’ pro capite media di 1,8 gha – che nel 1961 era di 3,2 ettari globale, quasi il triplo - si è registrata un’impronta ecologica umana di 18,2 miliardi di gha complessivi per una quota procapite di 2,7 gha. In Italia superiamo addirittura la media mondiale con un consumo annuale di ben 2,5 Pianeti e una quota pro capite di 4,5 gha. http://bit.ly/JRAlVB
1. QUESTO
RAPPORTO
È STATO
PRODOTTO IN
COLLABORAZIONE
CON:
I
2012
Living Planet
Report 2012
Biodiversità, biocapacità
e scelte migliori
2. WWF
Il WWF è una delle più grandi organizzazioni mondiali indipendenti per la con-
servazione della natura, con oltre 5 milioni di soci e una rete globale attiva in oltre
100 paesi. La missione del WWF è arrestare il degrado dell’ambiente naturale del
nostro Pianeta e creare un mondo dove l’uomo possa vivere in armonia con la na-
tura, tutelando la biodiversità, garantendo un utilizzo sostenibile delle risorse nat-
urali rinnovabili e promuovendo la riduzione dell’inquinamento e degli sprechi.
Zoological Society of London
Fondata nel 1862, la Zoological Society of London (ZSL) è un’organizzazione inter-
nazionale scientifica dedita alla conservazione della natura e all’educazione am-
bientale. La sua missione è ottenere e promuovere la conservazione delle specie
animali e dei loro habitat a livello mondiale. La ZSL dirige il Giardino Zoologico di
Londra e il Parco di Whipsnade, fa ricerca scientifica nell’Istituto di Zoologia e par-
tecipa in modo attivo nel campo della conservazione della natura a livello mondiale.
Global Footprint Network
Il Global Footprint Network promuove la scienza della sostenibilità lavorando
sull’Impronta ecologica, uno strumento che consente di misurare la sostenibil-
ità. Insieme ai suoi partner, questo network opera per migliorare e implementare
questa scienza coordinando la ricerca, sviluppando standard metodologici e forn-
endo a coloro che devono prendere delle decisioni resoconti sulle risorse naturali
per aiutare l’economia umana a operare all’interno dei limiti ecologici della Terra.
Agenzia Spaziale Europea
L’Agenzia Spaziale Europea (ESA) è la porta di accesso allo spazio per l’Europa.
La sua missione consiste nello sviluppo delle capacità spaziali europee e nella
garanzia che gli investimenti effettuati per la conquista dello spazio continuino
a produrre vantaggi e ricadute positive per tutti i cittadini europei e del mondo.
L’ESA è un’organizzazione internazionale a cui appartengono 19 stati membri.
Coordinando le risorse finanziarie e intellettuali dei suoi membri, l’Agenzia ri-
esce a intraprendere programmi e attività che vanno ben oltre le possibilità dei
singoli paesi. I diversi programmi dell’ESA sono finalizzati ad approfondire le
conoscenze sulla Terra, lo spazio che la circonda, il sistema solare e l’universo.
WWF International Global Footprint Network
Avenue du Mont-Blanc 312 Clay Street, Suite 300
1196 Gland, Switzerland Oakland, California 94607, USA
www.panda.org www.footprintnetwork.org
WWF Italia European Space Agency
Via Po, 25/c ESA HQ Mario-Nikis
00198 Roma, Italia 8-10 rue Mario Nikis
www.wwf.it 75738 Paris Cedex 15
France
Institute of Zoology
Zoological Society of London
Regent’s Park, London NW1 4RY, UK LOGO FSC
www.zsl.org/indicators
www.livingplanetindex.org
3. Indice
Introduzione
Mantenere vivo il Pianeta vivente, di Jim Leape 4
Essere protagonisti del cambiamento, di Adriano Paolella 6
Il futuro è nelle nostre mani, di Gianfranco Bologna 8
Agenzia Spaziale Europea: La Terra dallo spazio 10
La Terra necessita di uno spazio maggiore, di André Kuipers 11
7 miliardi di aspettative, un Pianeta 12
Il Living Planet Report 2012 in breve 16
Capitolo 1: Lo stato del Pianeta 18
Tenere sotto controllo la biodiversità globale 22
L’Indice del Pianeta vivente 24
L’Impronta ecologica 40
Popolazione, sviluppo e urbanizzazione 56
L’Impronta idrica 66
Capitolo 2: perché occuparsene 72
Collegare biodiversità, servizi ecosistemici e persone 74
Le foreste 78
I fiumi a scorrimento libero 86
Gli oceani 88
La lotta per la terra 92
Capitolo 3: Cosa ci riserva il futuro? 94
Gli impatti dei cambiamenti climatici 96
L’utilizzo degli scenari 102
Progettare l’Impronta ecologica fino al 2050 104
Modellazione del capitale naturale a Sumatra 105
Il modello delle Foreste viventi 106
Capitolo 4: Le scelte migliori per un Pianeta vivente 108
Conclusioni128
Allegati: Note tecniche e tabelle dati 130
Allegato 1: L’Indice del Pianeta vivente 132
Allegato 2: L’Indice dell’Impronta ecologica 138
Allegato 3: Glossario e abbreviazioni 150
Bibliografia 157
4. A cura di
Redattore capo: Monique Grooten.
Redazione: Rosamunde Almond and Richard McLellan.
Team editoriale: Nigel Dudley, Emma Duncan, Natasja Oerlemans
and Sue Stolton.
Revisori esterni
William F. Laurance, FAAAS (Distinguished Research Professor and
Australian Laureate, Centre for Tropical Environmental and Sustainability
Science (TESS) and School of Marine and Tropical Biology, James Cook
University, Cairns, Australia; and Prince Bernhard Chair for International
Nature Conservation, Utrecht University, Utrecht, the Netherlands).
Pita Verweij (Copernicus Institute of Sustainable Development, Faculty
of Geosciences, Utrecht University, the Netherlands).
Zoological Society of London (ZSL):
Louise McRae and Ben Collen (gruppi direttivi: Indice del Pianeta vivente);
con Stefanie Deinet, Peter Hill, Jonathan Loh, Jonathan E. M. Baille and
Victoria Price.
Global Footprint Network (GFN):
Gemma Cranston (gruppo direttivo: Impronta ecologica); con Mathis
Wackernagel, Michael Borucke, Alessandro Galli, Kyle Gracey, Katsunori
Iha, Joy Larson, Scott Mattoon, David Moore, Juan Carlos Morales and
Pati Poblete.
WWF:
Neil Burgess, Antje Ahrends, Nirmal Bhagabati, Brendan Fisher, Emily
McKenzie and Kirsten Schuyt (servizi ecosistemici); Jessica Battle (marino);
Carina Borgstrom-Hansson (città); Ashok Chapagain (Impronta idrica);
Bart Wickel and Lifeng Li (acque dolci); Elaine Geyer-Allely (popolazione
e sviluppo); Rod Taylor and Therese Tepe (foreste); Nicholas Sundt
(cambiamenti climatici).
Un ringraziamento speciale per l’ulteriore revisione e i contributi
va a: Naikoa Aguilar-Amuchastegui, Keith Allott, Jason Anderson, Victor
Anderson, Simon Anstey, Alberto Arroyo-Schnell, Mike Baltzer, Adam Barlow,
Eugenio Barrios, Andreas Baumueller, Karin Bilo, Gianfranco Bologna, Bruce
Cabale, Sandra Charity, Boping Chen, Sarah Christie, Jason Clay, Carol Day,
Adrian Dellecker, Kristina Van Dexter, Cristina Eghenter, Wendy Elliott,
Helen Fox, Neva Frecheville, Erik Gerritsen, Aimee Gonzales, Johan van de
Gronden, May Guerraoui, Lasse Gustavsson, Pablo Gutman, Chris Hails, Ray
Hilborn, Reinier Hille Ris Lambers, Richard Holland, Jeff Hutchings, Colby
Loucks, Andrea Kohl, Jim Leape, Lou Leonard, Aimee Leslie, Jonathan Loh,
Imke Luebbeke, Gretchen Lyons, László Máthé, Anne Meikle, Sergy Moroz,
Sally Nicolson, Stuart Orr, Anouk Pasquier, Helen Pitman, Mark Powell,
Gerry Ryan, Anke Schulmeister, Alfred Schumm, Claudia Schweizer,
Stephan Singer, Samantha Smith, Gerald Steindlegger, Paul Sunters,
Jon Taylor, Michele Thieme, Samuel Turvey, Niall Watson, George White,
Luke Wreford, Julia Young and Natascha Zwaal.
European Space Agency:
Robert Meisner (gruppo direttivo); with Rosita Suenson, Bernhard von
Weyhe, Nadia Imbert-Vier, Roberto LoVerde and Chiara Solimini.
Edizione italiana a cura di: Eva Alessi, Gianfranco Bologna
Coordinamento editoriale: Emanuela Pietrobelli
Traduzione: Patrizia Zaratti
Impaginazione: Letré - Roma
7. 20 ANNI DOPO ziamo: aumentare l’efficienza di edifici, autoveicoli e fabbriche può
L’EPOCALE EARTH dimezzare la quantità totale di energia impiegata. Se impareremo a
risparmiare, sarà possibile soddisfare le nostre esigenze grazie alle
SUMMIT, energie rinnovabili, a patto, però, di inserire queste tecnologie nelle
CI TROVIAMO DAVANTI economie e porre fine ai 700 miliardi di dollari di sussidi che ci ten-
A UN’OPPORTUNITÀ gono legati a petrolio e carbone.
CRUCIALE PER FARE A giugno 2012 le nazioni del mondo, le imprese e un’ampia rappre-
IL PUNTO SUL PERCORSO sentanza della società civile si riuniranno a Rio de Janeiro per la Con-
INTRAPRESO ferenza ONU sullo Sviluppo Sostenibile. Venti anni dopo l’epocale
DAL MONDO E SU QUALE Earth Summit, questo appuntamento rappresenta un’opportunità
FUTURO vogliamo cruciale per fare il punto su dove sta andando il mondo e su quale
futuro vogliamo.
Questo evento può e deve rappresentare, per i governi, il punto di
partenza di un nuovo percorso verso la sostenibilità. Costituisce,
inoltre, un’opportunità unica per implementare le alleanze: governi
di regioni come il Bacino del Congo o l’Artico che si uniscono per ge-
stire le risorse condivise; città che competono e si ispirano l’un l’altra
per la riduzione delle emissioni di carbonio e la creazione di spazi
urbani più vivibili; aziende concorrenti sul mercato che uniscono le
forze per rendere sostenibili le proprie catene di approvvigionamento
e offrire prodotti che aiutino i clienti a utilizzare una minore quantità
di risorse; fondi pensionistici e fondi sovrani d’investimento che in-
vestono in professioni ecocompatibili.
Queste soluzioni, insieme alle altre contenute in questa edizione del
Living Planet Report, dimostrano come tutti dobbiamo contribuire a
mantenere vivo e vitale il nostro Pianeta – conciliando ciò con un’e-
qua gestione delle risorse alimentari, idriche ed energetiche e preser-
vando gli ecosistemi che sostengono la vita sulla Terra.
Jim Leape
Direttore Generale
WWF Internazionale
Introduzione pagina 5
9. Utilizzare al meglio Sembra quindi che oltre a predisporre ed utilizzare nuove
gli strumenti strumentazioni sia necessario modificare le modalità con cui esse
si mettono in pratica. L’elemento mancante, e che forse con la sua
conoscitivi assenza invalida tutte le iniziative, è la partecipazione delle comunità
e tecnologici nei principali processi decisionali.
disponibili Un certo numero di decisioni, quelle più profonde, quelle che
per ricomporre maggiormente delineano il futuro, non sono di pertinenza delle
comunità e spesso nemmeno delle loro rappresentanze istituzionali.
un sistema Dal costo dei cereali, a quello dei carburanti, alla speculazione
in cui le comunità finanziaria solo per citare tre elementi sui quali si confrontano tutte le
prendono possesso politiche nazionali non sono governati né dalle comunità, né dai loro
del proprio futuro. rappresentanti. Eppure queste decisioni hanno effetti destrutturanti
nell’ambiente e sulle comunità intendendo con questo termine non
solo l’insieme di individui ma anche la capacità produttive delle stesse
e quindi il tessuto imprenditoriale in esse presente.
Forse questo è il nodo della questione. Il rafforzamento della
governance internazionale dell’ambiente, anche oggetto della
prossima Conferenza di Rio + 20, seppure motivata e ragionevole, non
riuscirà a risolvere i problemi se non inserita in un diverso contesto
operativo dove governi nazionali ed istituzioni internazionali pongono
attenzione a coloro che essi dovrebbero rappresentare e da cui, invece,
sono sempre più distanti.
Forse con la partecipazione attiva, con l’autonomia delle comunità,
con la gestione diretta delle risorse si potrebbero ridurre i consumi e
la crescita demografica, aumentare la qualità delle merci, diffondere
le migliori tecnologie. Si potrebbero utilizzare al meglio gli strumenti
conoscitivi e tecnologici disponibili, si potrebbe ricomporre un
sistema in cui le comunità prendono possesso del proprio futuro e
consapevolmente lo delineano.
Quanto contenuto nel Living Planet Report va in questa direzione.
Fornire elementi conoscitivi e ipotesi di intervento attraverso i quali,
con consapevolezza e lucidità, esercitare una pressione sui governi
per obbligarli a scegliere percorsi sostenibili e per recuperare quella
autonomia decisionale delle comunità che, coordinata in una visione
complessiva, sola può conservare e riqualificare l’ambiente, garantire
occupazione, promuovere un benessere diffuso.
Adriano Paolella
Direttore Generale
WWF Italia
Introduzione pagina 7
10. IL FUTURO
è nelle nostre mani
Se i nostri modelli di produzione e consumo delle risorse naturali,
se i nostri impatti sugli ecosistemi e la biodiversità e se le modalità
di gestione delle nostre economie, centrate sulla continua crescita
materiale e quantitativa, continueranno senza essere profondamente
modificati e reindirizzati, l’intera umanità si troverà ad affrontare
livelli senza precedenti di distruzione e degrado.
I trend attuali con i quali continuiamo a gestire la complessa
relazione tra i sistemi naturali e quelli sociali, sono oggi chiaramente
insostenibili per il futuro. è bene che tutti siamo consapevoli che
queste affermazioni non si basano su delle opinioni personali.
La comunità scientifica internazionale che, da decenni, studia
la dinamica dei sistemi naturali ed i suoi cambiamenti globali,
analizzando e registrando l’impatto che l’attività umana esercita su
di essi, ha dimostrato che l’intervento umano sui sistemi naturali
del Pianeta è paragonabile alle grandi forze geologiche che hanno
modificato e plasmato da sempre la nostra Terra, nei suoi 4.5 miliardi
di anni di esistenza.
Non è quindi un caso che, sin dal 2000, il premio Nobel per la
chimica, Paul Crutzen, ha proposto di definire Antropocene il periodo
geologico che va dalla Rivoluzione Industriale ad oggi, un piccolo
battito di ciglia nella storia della Terra, proprio a dimostrazione del
ruolo dominante e pervasivo ormai esercitato dalla specie umana. Il
concetto di Antropocene è stato richiamato persino nelle copertine di
magazine di fama internazionale, come “The Economist” e “Time”.
E a fine marzo 2012 la comunità scientifica che si occupa dei
cambiamenti globali, l’autorevole Earth System Science Partnership
(ESSP), nell’ambito della più grande organizzazione scientifica
mondiale, l’International Council for Science (ICSU), ha realizzato
una grande conferenza dal titolo “Planet Under Pressure”, durante la
quale è stato fatto il punto delle conoscenze sin qui acquisite.
La conferenza si è conclusa con uno “State of the Planet Declaration”,
dove si sottolinea che il funzionamento del sistema Terra, grazie al
quale è stata possibile la civilizzazione umana, è oggi a rischio. Senza
azioni urgenti la disponibilità di acqua, di cibo, di biodiversità e di altre
risorse fondamentali, sarà sempre più a rischio e ciò intensificherà le
crisi economiche, ecologiche e sociali, creando le potenzialità per il
verificarsi di emergenze umanitarie su scala globale.
Ecco perché sono necessarie risposte immediate e concrete per avviare
le società umane sulla strada della sostenibilità. Il “Living Planet
Report” del WWF ci dimostra quanto sia importante che tutti noi
WWF Living Planet Report 2012 pagina 8
11. Sono necessarie possiamo diventare protagonisti di un cambiamento effettivo, nella
risposte immediate prospettiva di un solo Pianeta (One Planet Perspective).
Dobbiamo tutti avere ben chiara la consapevolezza dei limiti biofisici
e concrete per del nostro Pianeta rispetto alla nostra continua pressione, come
avviare le società brillantemente e pionieristicamente, aveva indicato il Club di Roma
umane sulla strada nel 1972, con il primo rapporto sui limiti della crescita (“The Limits
della sostenibilità. to Growth”), più che mai con una popolazione mondiale che ha già
sorpassato i 7 miliardi di abitanti e che nel 2050, secondo le Nazioni
Unite, sarà di 9,3 miliardi.
Applicare la sostenibilità vuol dire, in pratica, che tutti noi, istituzioni,
imprese, società civile, dobbiamo imparare a vivere nei limiti di un
solo Pianeta. Il WWF, con questo Rapporto e le sue attività concrete
in tutto il mondo, contribuisce a indicare la strada per far sì che questo
cambiamento diventi realtà. E noi tutti dobbiamo essere protagonisti
del cambiamento.
Gianfranco Bologna
Direttore scientifico
WWF Italia
Introduzione pagina 9
12. Agenzia Spaziale Europea: La Terra dallo spazio
Quest’anno un nuovo partner ha contribuito alla produzione del Living
Planet Report, l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), impegnata ad arricchi-
re le conoscenze sulla Terra, sull’ambiente che la circonda nello spazio,
sul nostro sistema solare e sull’universo, a beneficio del Pianeta e dei suoi
abitanti.
Coordinato dal consiglio direttivo dei Programmi di osservazione della
Terra, un crescente numero di satelliti fornisce un flusso costante di infor-
mazioni che consentono di comprendere e analizzare lo stato del Pianeta,
tenendo sotto controllo i cambiamenti.
L’ESA si è dedicata all’osservazione della Terra dallo spazio sin dal lancio
del primo satellite meteorologico, nel 1977. Sebbene continui a mettere a
punto satelliti in campo meteorologico, attualmente la sua attenzione si
è spostata sul comprendere i meccanismi di funzionamento del sistema
Terra e su come l’attività umana influenzi i processi naturali.
I satelliti offrono un pratico mezzo d’osservazione e controllo della Terra
nel suo insieme. A bordo dei veicoli spaziali, strumenti sensibili raccolgo-
no dati precisi volti a svelare le complessità del nostro Pianeta e a seguire
le mutazioni nel loro avvenire, soprattutto quelle associate agli effetti dei
cambiamenti climatici.
Oltre ad apportare benefici alla ricerca europea, ciò fornisce a coloro che
devono prendere decisioni le informazioni necessarie per fare fronte ai
cambiamenti climatici, garantire un futuro sostenibile e rispondere ai di-
sastri naturali e causati dall’attività umana.
ERS and Envisat, le missioni chiave dell’ESA, hanno rivelato nuovi scena-
ri su molti aspetti del Pianeta. Queste missioni, ognuna corredata di ap-
propriate strumentazioni, hanno consentito una comprensione migliore
dell’inquinamento atmosferico e dei buchi dell’ozono, redatto una mappa
dell’innalzamento del livello e della temperatura della superficie del mare,
tenuto sotto controllo i cambiamenti dei ghiacci artici e registrato le desti-
nazioni d’uso del territorio.
Le missioni Earth Explorer hanno affrontato pressanti questioni scien-
tifiche quali la gravità terrestre, i mutamenti nello spessore dei ghiacci,
il ciclo idrico, i campi magnetici, il ruolo delle nuvole del bilanciamento
dell’energia terrestre e il ciclo del carbonio.
Parallelamente, l’ESA ha messo a punto una serie di missioni chiamate
Sentinels, finalizzate alla fornitura di servizi per il Programma europeo di
monitoraggio della Terra (GMES). I dati sono stati utilizzati in una vasta
gamma di applicazioni per la gestione dell’ambiente, come il monitoraggio
della biodiversità, delle risorse naturali, della qualità dell’aria, della diffu-
sione di idrocarburi e delle ceneri vulcaniche, nonché per sostenere le mis-
sioni per gli aiuti umanitari e di risposta alle emergenze in caso di disastri.
WWF Living Planet Report 2012 pagina 10
14. 7 miliardi di aspettative,
un Pianeta
Nella vasta immensità dell’universo, un sottile strato di vita circon- L’INDICE
da un Pianeta. Su di esso, milioni di specie prosperano, delimitate in
basso dalla roccia e in alto dallo spazio. Insieme, esse formano gli eco-
DEL PIANETA
sistemi e gli habitat che noi conosciamo come pianeta Terra e che for- VIVENTE CONTINUA
niscono una moltitudine di servizi ecosistemici dai quali dipendono A MOSTRARE UN
l’umanità e tutte le forme di vita. DECLINO GLOBALE
Tuttavia, la crescente domanda antropica di risorse esercita pressioni DI CIRCA IL 30%
terribili sulla biodiversità. Ciò minaccia la continuità della fornitura
dei servizi ecosistemici, mettendo così a rischio non solo la biodiver-
DAL 1970
sità, ma anche la sicurezza, la salute e il benessere futuri della nostra
stessa specie.
Questa nona edizione del Living Planet Report documenta i muta-
menti dello stato della biodiversità, degli ecosistemi e della domanda
antropica sulle risorse naturali ed esplora le implicazioni di tali mu-
tamenti per la biodiversità e le società umane. Il rapporto evidenzia
come sia ancora possibile invertire i trend attuali operando scelte
migliori che pongano la Natura al centro delle economie, dei modelli
aziendali e degli stili di vita.
Il capitolo 1 presenta lo stato del Pianeta sulla base di tre indicatori
complementari. L’Indice del Pianeta vivente, basato sui dati di un nu-
mero di popolazioni di specie superiore a quello precedente, continua
a indicare un declino del 30% della salute della biodiversità, dal 1970
ad oggi (fig. 1). Questo trend viene osservato negli ecosistemi terrestri,
di acque dolci e marini, ma è maggiore per le specie di acqua dolce, le
cui popolazioni mostrano una decrescita media del 37%. L’Indice delle
acque dolci tropicali ha subito un declino ancora superiore, arrivando
al 70%. In generale, dal 1970 l’Indice tropicale globale è diminuito del
60%. Di contro, nello stesso periodo l’Indice delle regioni temperate
è aumentato del 30%. Tuttavia, ciò non significa necessariamente che
la biodiversità delle zone temperate si trovi in uno stato migliore di
quella delle zone tropicali, in quanto l’Indice temperato nasconde gra-
vi perdite storiche precedenti l’inizio dell’analisi.
L’Impronta ecologica mostra un trend consistente di sovraconsumo
(fig. 2). Nel 2008, l’anno più recente per il quale siano disponibili dati,
l’Impronta superava la biocapacità della Terra – la superficie realmen-
te disponibile per la produzione di risorse rinnovabili e l’assorbimento
delle emissioni di CO2 – di oltre il 50%. L’Impronta del carbonio co-
stituisce il fattore più significativo che determina il “superamento dei
limiti ecologici” – terminologia utilizzata per descrivere il momento in
cui a livello globale l’Impronta ecologica supera la biocapacità.
WWF Living Planet Report 2012 pagina 12
15. Fig. 1: Indice del 2
Pianeta vivente
(WWF / ZSL, 2012)
Valore dell’indice (1970 = 1)
Legenda
Indice globale
del pianeta vivente
1
Limiti di confidenza
0
1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2008
Anno
Fig. 2: Impronta 2
ecologica globale
(Global Footprint
Network, 2011)
Numero di Pianeti Terra
1
0
1961 1970 1980 1990 2000 2008
Anno
Una nuova analisi dei trend di consumo dei paesi BRIICS (Brasile,
Russia, India, Indonesia, Cina, Sudafrica) e di gruppi a livelli diversi
di reddito e sviluppo, insieme ai trend di urbanizzazione e di popola-
zione, ha evidenziato un preoccupante potenziale di un ulteriore in-
cremento dell’Impronta umana nel futuro.
L’Impronta idrica della produzione offre una seconda indicazione
della domanda antropica sulle risorse rinnovabili. Per la prima volta,
questo rapporto include l’analisi della disponibilità idrica, nel corso
dell’anno, nei principali fiumi del mondo. Tale analisi ha mostrato
come, nel mondo, 2,7 miliardi di persone vivano lungo bacini idrici
che almeno un mese l’anno subiscono carenze idriche gravi.
Il cap. 2 evidenzia i collegamenti fra biodiversità, servizi ecosistemi-
ci e persone. Gli impatti dell’attività umana su tre ecosistemi – fore-
ste, acque dolci e marino – vengono esaminati più dettagliatamente,
Introduzione pagina 13
16. insieme a un’analisi specifica dei servizi ecosistemici da essi forniti.
Vengono, inoltre, prese in esame le pressioni sulle risorse naturali, tra
cui quelle di interesse commerciale sui terreni agricoli nei Paesi in via
di sviluppo.
Il Living Planet Report offre una visione dello stato di salute del Pia-
neta. Il WWF guarda al di là dei dati scientifici per comprendere le
aspettative, gli sforzi, le richieste e i contributi dell’umanità che stan-
no causando tali cambiamenti sulla Terra. In questa edizione del Li-
ving Planet Report, l’agricoltrice keniota Margaret Wanjiru Mundia ci
UN PASSO AVANTI
aiuta a fare ciò. Margaret verrà presentata nel capitolo 2. In contrasto
con questo punto di vista, le straordinarie immagini dell’ESA. I GOVERNI E LE IMPRESE
Il capitolo 3 analizza ciò che potrebbe riservarci il futuro. Vengono HANNO INIZIATO A
presi in esame i possibili effetti dei cambiamenti climatici e vengono IMPEGNARSI PER
presentati diversi scenari, compreso quello dell’Impronta ecologica. MITIGARE TALI RISCHI
Queste analisi indicano che portare avanti uno scenario BAU avrà
gravi, potenzialmente catastrofiche, conseguenze. In particolare, i
PROMUOVENDO
continui incrementi delle emissioni di gas a effetto serra porteranno L’ENERGIA RINNOVABILE
a un aumento irreversibile della temperatura media di oltre 2°C, che
sconvolgerà gravemente il funzionamento di quasi tutti gli ecosistemi
mondiali e influenzerà drammaticamente lo sviluppo e il benessere
umano.
Chiaramente, l’attuale modello di sviluppo, che si basa su sempre
maggiori consumi e fa affidamento sui combustibili fossili, unito a una
popolazione in continua crescita e a una scarsa gestione complessiva
delle risorse naturali, risulta insostenibile. Molti paesi e popolazioni
stanno già facendo fronte a diverse problematiche connesse alla per-
dita di biodiversità, al degrado dei servizi ecosistemici e ai cambia-
menti climatici. Fra essi: la scarsità di risorse alimentari, idriche ed
energetiche; l’aumentata vulnerabilità nei confronti dei disastri na-
turali; i rischi per la salute; le migrazioni di popolazioni e i conflitti
per le risorse. Tali rischi ricadono in maniera sproporzionata sulle
popolazioni più povere, benché esse contribuiscano in misura minore
all’Impronta ecologica dell’umanità.
Sebbene la tecnologia possa essere utilizzata per sostituire alcuni ser-
vizi ecosistemici e per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici,
in uno scenario BAU (Business As Usual) questi rischi potranno solo
aumentare e diffondersi sempre più. Le economie emergenti corrono
il pericolo di non riuscire a realizzare la propria aspirazione a stan-
dard di vita più elevati, mentre i paesi e le comunità ad alto reddito
rischiano di veder intaccato il proprio benessere.
Governi e imprese più lungimiranti hanno iniziato un percorso di ri-
duzione di tali rischi, per esempio promuovendo le energie rinnovabi-
li, l’efficienza delle risorse, le produzioni più ecocompatibili e i modelli
di sviluppo inclusivi dal punto di vista sociale. Tuttavia, i trend e situa-
zioni evidenziati in questo rapporto mostrano come molti degli attuali
tentativi si rivelino insufficienti.
WWF Living Planet Report 2012 pagina 14
17. Come fare, quindi, per invertire il declino della biodiversità, riportare
l’Impronta ecologica nei limiti del Pianeta e ridurre realmente i cam-
biamenti climatici antropogenici contrastandone gli impatti dannosi?
Come ottenere questi risultati garantendo, contemporaneamente, a
un sempre maggiore numero di persone un accesso equo a risorse na-
turali, alimentari, idriche ed energetiche?
Il capitolo 3 offre alcune soluzioni già a portata di mano: futuri sce-
nari alternativi, basati su modelli differenti di consumi alimentari in
grado di arrestare la deforestazione e il degrado delle foreste, costitu-
iscono alcune delle opzioni già disponibili per ridurre il superamen-
to dei limiti ecologici e prevenire i pericolosi cambiamenti climatici.
Tali tematiche vengono poi approfondite nel capitolo 4, che illustra
la prospettiva One Planet del WWF per una gestione del capitale na-
turale - biodiversità, ecosistemi e servizi ecosistemici – entro i limiti
ecologici della Terra.
Oltre agli impegni su larga scala per la conservazione e il ripristino
degli ecosistemi, questa prospettiva esplora le scelte migliori, lungo
l’intero sistema di produzione e consumi, per la salvaguardia del ca-
pitale naturale, da sostenere reindirizzando i flussi finanziari e con
politiche di gestione delle risorse più eque. L’implementazione di
questo cambiamento costituirà una grande sfida, che comporterà de-
cisioni e compromessi difficili. Tuttavia, i nostri scenari dimostrano
come sia ancora possibile ridurre l’Impronta ecologica e i trend dei
cambiamenti climatici utilizzando le attuali conoscenze e tecnologie
e avviando un percorso verso società umane sane, sostenibili ed eque.
The Living Planet Report e Rio +20
20 anni fa, quando i leader mondiali si incontrarono a Rio de Ja-
TUTTI I 193 STATI neiro, furono messi a punto alcuni degli accordi internazionali
MEMBRI più importanti per fare fronte alle sfide che il nostro Pianeta do-
DELLE NAZIONI UNITE veva affrontare. Fra le altre iniziative, furono sottoscritte la Con-
SI SONO IMPEGNATI,
venzione sulla Diversità Biologica e la Convenzione Quadro delle
Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici e fu avviata la procedu-
CON GLI OBIETTIVI ra di creazione della Convenzione contro la Desertificazione. Il
DI SVILUPPO messaggio basilare del meeting fu rinforzato dall’impegno di tutti
DEL MILLENNIO, i 193 stati membri delle Nazioni Unite per gli Obiettivi di Sviluppo
A PORRE FINE del Millennio – eliminare la povertà, proteggere la biodiversità e
ridurre le emissioni dei gas a effetto serra. A giugno 2012, nel cor-
ALLA POVERTÀ, so di Rio +20 verranno valutati gli avvenimenti di questi 20 anni
PROTEGGERE e verranno individuate le nuove azioni da intraprendere per fare
LA BIODIVERSITÀ fronte alle problematiche urgenti di sicurezza ambientale, equità
E RIDURRE LE EMISSIONI e gestione delle risorse. Il Living Planet Report contiene informa-
DI GAS SERRA zioni importanti per questo summit cruciale e ai delegati verrà
offerta la possibilità di leggere un riassunto speciale del rapporto
per la conferenza (www.panda.org/lpr).
Introduzione pagina 15
18. Il Living Planet Report 2012
in breve
Capitolo 1: Lo stato del Pianeta
In tutto il mondo la biodiversità è diminuita
• l’Indice del Pianeta vivente globale è diminuito quasi del 30% fra
il 1970 e il 2008;
• nello stesso periodo, l’Indice tropicale globale è diminuito del
60%;
• l’Indice temperato globale è aumentato del 31%; tuttavia, ciò na-
sconde gravi perdite storiche precedenti al 1970;
• gli Indici terrestre, delle acque dolci e marino globali sono dimi-
nuiti, con l’Indice delle acque dolci che ha subito la diminuzione
maggiore, del 37%;
• l’Indice delle acque dolci tropicali ha subito un declino ancora
maggiore, pari al 70%.
La domanda antropica sul Pianeta supera l’offerta
• nel 2008, l’Impronta ecologica dell’umanità ha superato la bioca-
pacità della Terra di oltre il 50%;
• negli ultimi decenni, l’Impronta di carbonio ha influito pesante-
mente su questo superamento dei limiti ecologici;
• la biocapacità pro capite è diminuita da 3,2 ettari globali (gha)
del 1961 a 1,8 gha pro capite nel 2008, sebbene, nello stesso pe-
riodo, la biocapacità totale mondiale sia aumentata;
• il continuo incremento dei trend di consumo nei paesi ad alto
reddito del mondo e in quelli BRIICS, insieme a una crescita de-
mografica ininterrotta, mostra segnali d’allarme relativi a ulterio-
ri, futuri aumenti delle Impronte.
Molti bacini fluviali si trovano in una situazione di carenza
idrica
• l’analisi della carenza idrica su base mensile rivela che molti ba-
cini fluviali, la cui fornitura su base annua sembra sufficiente, si
trovano attualmente in una condizione di sovrasfruttamento, che
ostacola le principali funzioni ecosistemiche;
• nel mondo, 2,7 miliardi di persone vivono nei pressi di bacini
idrici che almeno 1 mese l’anno subiscono carenze idriche gravi.
Capitolo 2: Perché occuparsene
La nostra ricchezza, la nostra salute e il nostro benessere
dipendono dai servizi ecosistemici
• molte aree ad alta biodiversità forniscono anche importanti ser-
vizi ecosistemici come lo stoccaggio del carbonio, legna da arde-
re, acqua dolce e stock ittici; le attività umane influiscono sulla
fornitura continuata di tali servizi;
WWF Living Planet Report 2012 pagina 16
19. • attualmente la deforestazione e il degrado forestale sono respon-
sabili di circa il 20% delle emissioni antropogeniche globali di
CO2, incluse le perdite dai terreni forestali;
• solo un terzo dei fiumi del mondo, la cui lunghezza supera 1.000
km, scorre liberamente e senza dighe sul letto principale;
• un aumento dello sforzo di pesca mondiale in mare di circa 5 vol-
te, dai 19 milioni di tonnellate del 1950 agli 87 milioni di tonnel-
late del 2005, ha causato il sovrasfruttamento di molti stock ittici;
• frequenza e complessità delle competizioni per l’utilizzo della ter-
ra aumenteranno col crescere della domanda antropica; in tutto
il mondo in via di sviluppo si sta verificando una corsa senza pre-
cedenti, da parte di investitori esterni, a garantirsi l’accesso ai
territori per future produzioni di alimenti e combustibili;
• la perdita di biodiversità e dei relativi servizi ecosistemi-
ci colpisce in particolare le popolazioni povere, la cui so-
pravvivenza dipende più direttamente da tali servizi.
Capitolo 3: Cosa ci riserva il futuro?
Gli scenari presentano una vasta gamma di possibili alter-
native future
• negli ultimi decenni abbiamo assistito a un riscaldamento clima-
tico come mai si è verificato nei precedenti 400 anni;
• limitare il riscaldamento medio globale sotto i 2°C rispetto ai li-
velli pre-industriali richiederà probabilmente una riduzione delle
emissioni di oltre l’80% rispetto al picco previsto; se le emissioni
continueranno ad aumentare, probabilmente entro il 2040 alcu-
ne grandi regioni sperimenteranno un aumento di oltre 2°C della
temperatura media annuale;
• la diminuzione dell’Indice del Pianeta vivente e l’aumento
dell’Impronta ecologica evidenziano la necessità di politiche più
sostenibili; gli scenari possono essere d’aiuto nel compiere scelte
più informate per il futuro;
• gli scenari evidenziano l’importanza della conservazione
della biodiversità nella protezione dei servizi ecosistemici.
Capitolo 4: Le scelte migliori per un Pianeta vivente
Esistono soluzioni per vivere nei limiti di un solo Pianeta
• il capitale naturale – la biodiversità, gli ecosistemi e i servizi eco-
sistemici – deve essere preservato e, ove necessario, ripristinato,
come fondamento delle economie e delle società umane;
• la prospettiva One Planet del WWF propone soluzioni per gestire,
governare e condividere il capitale naturale entro i limiti ecologici
del Pianeta;
• vengono evidenziate 16 “scelte migliori” dalla prospettiva globale
One Planet, indicando gli obiettivi prioritari per la realizzazione
di questi scopi.
Introduzione pagina 17
20. Capitolo 1: Lo stato
del Pianeta~
L’immagine mostra la meticolosa pianificazione delle coltivazioni nel-
le comunità autonome di Aragona (ovest) e Catalogna, nel nord-est
della Spagna. È possibile osservare la crescita di molte colture, fra
cui grano, orzo, frutta e verdure. La forma circolare di molti campi
indica l’impiego di un’irrigazione a pivot centrale: un pozzo scavato al
centro di ogni cerchio fornisce acqua a una serie rotante di irrigatori
a pioggia.
design note:
Check for gutter and re-
peat image if necessary
24. Tenere sotto controllo
la biodiversità globale
Data la complessità della biodiversità globale, risulta estremamente
difficile fornirne un quadro completo dello stato di salute generale.
Tuttavia, in maniera simile a un Indice del mercato azionario, che mi-
sura lo stato del mercato tracciando i cambiamenti relativi alla capi-
talizzazione di alcune imprese selezionate, le variazioni delle dimen-
sioni (ovvero nel numero totale di individui di una data popolazione)
delle specie selezionate possono essere impiegate come un indicatore
importante dello stato ecologico del Pianeta.
L’Indice del Pianeta vivente mostra come, nel 2008, in tutto il Pianeta
le popolazioni di vertebrati siano diminuite in media di un terzo ri-
spetto al 1970 (fig. 3). Ciò sulla base dei trend di 9.014 popolazioni di
2.688 specie di mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci - un numero Fig. 3: Indice del
molto più elevato delle precedenti edizioni del Living Planet Report Pianeta vivente globale
L’Indice mostra un declino
(WWF, 2006b; 2008b; 2010a). di circa il 30% dal 1970
al 2008, sulla base di
9.014 popolazioni di
2.688 specie di uccelli,
mammiferi, anfibi,
rettili e pesci. In questa
figura e in tutte le figure
2.0 dell’Indice del Pianeta
vivente, è mostrata anche
la banda di variabilità
associata all’indice.
Valore dell’indice (1970 = 1)
Questa banda rappresenta
il 95% dell’intervallo di
confidenza: più è larga
1.0
-28% la banda, più è variabile
questa misura
(WWF/ZSL, 2012).
Legenda
Indice del pianeta
vivente globale
Limiti di confidenza
0
1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2008
Anno
WWF Living Planet Report 2012 pagina 22
25. LPI
GLOBALE
LPI
Temperato terrestre
Tropicale
LPI
Temperato marino
terrestre LPI
delle acque
Tropicale Temperato dolci
terrestre marino
Tropicale Temperato
marino d’acqua
Specie dolce
1
Tropicale
d’acqua
Specie dolce
Popolazione 2
1
Specie
Popolazione 3
2
Specie
3
Fig. 4: Trasformare Ogni popolazione dell’Indice del Pianeta vivente è classificata in base
i trend di una
alla localizzazione (regione temperata o tropicale) e all’ambiente prin-
popolazione nell’Indice
del Pianeta vivente cipale in cui vive, sia esso un sistema terrestre, marino o di acqua dol-
ce. Tali classificazioni risultano specifiche per ciascuna popolazione
piuttosto che per la specie e, di conseguenza, alcune specie sono in-
cluse in più di un Indice. Per esempio, le specie con popolazioni di
acqua dolce e marine, come il salmone, o le specie migratrici presenti
nelle zone sia tropicali sia temperate vengono registrate separatamen-
te. Nessuna popolazione è stata conteggiata due volte. Questi gruppi
comprendono gli Indici temperato e tropicale e quelli terrestre, di ac-
que dolci e marino, che insieme servono a calcolare l’Indice del Pia-
neta vivente globale (fig. 4). L’Indice temperato contiene un numero
maggiore di popolazioni rispetto a quello tropicale. Di conseguenza,
per evitare di influenzare l’Indice globale a favore dei trend di popola-
zione nelle zone temperate, nell’Indice globale è stato assegnato ugua-
le peso agli Indici tropicale e temperato (maggiori dettagli sull’argo-
LE POPOLAZIONI mento si trovano nell’Allegato 1).
DI VERTEBRATI Inoltre, ogni popolazione di specie terrestre e d’acqua dolce è stata
classificata in un reame, in base alla sua localizzazione geografica. Gli
DEL LPI GLOBALE Indici dei reami sono stati calcolati assegnando ugual peso a ogni spe-
SONO DIMINUITE, cie, con l’eccezione del reame Paleartico dove, per la prima volta in
MEDIAMENTE questa analisi, a ogni famiglia è stato assegnato ugual peso. Ciò allo
DI UN TERZO scopo di ridurre l’errore sistematico relativo alle specie di uccelli, per
le quali è disponibile un numero maggiore di dati rispetto ad altre spe-
TRA IL 1970 E IL 2008 cie che occupano lo stesso reame.
Capitolo 1: Lo stato del Pianeta pagina 23
26. L’Indice del Pianeta vivente
L’Indice del Pianeta vivente è un indicatore composito che misura le
variazioni di dimensione delle popolazioni di specie selvatiche, allo
scopo di indicare i trend nello stato generale della biodiversità glo-
bale. I trend di una particolare popolazione mostrano unicamente
cosa accade a una specie all’interno di una data area. Allo scopo di
creare un Indice valido vengono raccolti dati dettagliati su tutte le
popolazioni e specie possibili nel mondo. Nel periodo in cui sono sta-
te monitorate, alcune popolazioni sono aumentate e altre diminuite.
In media, tuttavia, le diminuzioni sono state superiori agli aumenti,
cosicché l’Indice mostra un declino globale.
Fig. 5: Tonno rosso (Thunnus thynnus), 60,000
Oceano Atlantico occidentale
Sin dagli anni ’70, livelli di pesca non sostenibili
Stock di biomassa
hanno causato una catastrofica diminuzione di
(tonnellate)
questa popolazione. Dato l’alto valore commercia-
le del tonno rosso, le pressioni dell’attività di pesca
sono continuate e, di conseguenza, la specie è ora a
rischio estinzione.
Nota: dati dell’International Commission for the
Conservation of Atlantic Tunas (ICCAT), in Safina
and Klinger, 2008. 0
1971 2004
Fig. 6: Lontra (Lutra lutra), Danimarca 450
Dopo aver subito una grave diminuzione della
popolazione negli anni ’60 e ’70, grazie a un mi-
Numero di lontre
glioramento nella qualità delle acque e al control-
lo dello sfruttamento si è assistito a una ripresa,
dal 1984 al 2004, in Danimarca e in diverse altre
nazioni.
Nota: dati da Normander et al., 2009.
0
1984 2004
Fig. 7: Albatro urlatore (Diomedea exulans),
1,800
Bird Island, South Georgia, Oceano Atlanti-
Dimensioni della popolazione
co meridionale
(in coppie riproduttrici)
Questa popolazione ha subito un rapido declino dal
1972. Si pensa che la causa primaria di questa dimi-
nuzione sia attribuibile alla morte da cattura acci-
dentale (bycatch) con gli attrezzi da pesca denomina-
ti palangari. Allo scopo di proteggere questa specie
sono state proposte la progettazione e l’implemen-
tazione di attrezzature adatte ad evitare il bycatch.
Nota: basato su dati inediti dal programma di mo-
nitoraggio a lungo termine British Antarctic Survey 0
1972 2010
2012.
WWF Living Planet Report 2012 pagina 24
28. Indici del Pianeta vivente tropicale e temperato
L’Indice del Pianeta vivente tropicale è diminuito di poco più del 60% Fig. 8: Indici del Pianeta
dal 1970 al 2008, mentre, nello stesso periodo, quello temperato è vivente tropicale e
temperato
aumentato del 31% (fig. 8). Questa differenza si riscontra per mam- L’Indice tropicale è
miferi, uccelli, anfibi e pesci, per le specie terrestri, marine e d’acqua calcolato sulla base dei
dolce (figg. 9-11) e in tutti i reami biogeografici tropicali e temperati dati delle popolazioni
terrestri e tropicali dei
(figg. 16-20). reami Afrotropicale,
A causa della mancanza di dati pubblicati prima del 1970, risulta im- Indopacifico e Neotropicale
possibile registrare le variazioni storiche della biodiversità nell’In- e dalle popolazioni marine
fra i Tropici del Cancro e
dice del Pianeta vivente e, di conseguenza, tutti gli Indici sono stati del Capricorno. L’Indice
impostati sul valore uguale a 1 al 1970. Tuttavia, come descritto più temperato è calcolato
dettagliatamente nelle pagine seguenti, si sono verificate variazioni sulla base dei dati delle
popolazioni terrestri e
considerevoli nei trend di popolazione, sia fra le singole specie sia fra d’acqua dolce dei reami
specie che condividono gli stessi vasti habitat. Paleartico e Neartico e dalle
popolazioni di specie marine
2.0
a nord o a sud dei tropici.
L’Indice tropicale globale
+31%
mostra una diminuzione di
Valore dell’indice (1970 = 1)
oltre il 60% fra il 1970 e il
2008. Nello stesso periodo,
l’Indice temperato globale
è aumentato di circa il 31%
1.0 (WWF/ZSL, 2012).
-61% Legenda
Indice del pianeta
vivente temperato
Limiti di confidenza
0.0
1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2008 Indice del pianeta
Anno vivente tropicale
Limiti di confidenza
I recenti aumenti medi nella popolazione non implicano necessaria-
mente che gli ecosistemi temperati si trovino in uno stato migliore
di quelli tropicali. Il trend dell’Indice del Pianeta vivente temperato
osservato rappresenta il risultato di quattro fenomeni interconnessi:
una linea di base recente; le differenze di andamento fra i gruppi tas-
sonomici; gli importanti successi nel campo della conservazione; la
recente e relativa stabilità delle popolazioni di specie. Se l’Indice tem-
perato si estendesse indietro nei secoli, invece che nei decenni passati,
probabilmente mostrerebbe una diminuzione sul lungo termine della
stessa entità di quella dell’Indice tropicale registrata negli ultimi anni.
Di contro, un Indice tropicale a lungo termine probabilmente mostre-
rebbe, prima del 1970, un tasso di variazioni più lento.
Negli ultimi anni, le popolazioni di alcune specie temperate sono au-
mentate grazie agli sforzi di conservazione. Fra queste, la fauna or-
nitica delle zone umide statunitensi (BirdLife International, 2008),
WWF Living Planet Report 2012 pagina 26
29. gli uccelli nidificanti del Regno Unito, gli uccelli marini e gli uccelli
svernanti (Defra, 2010), e alcune popolazioni di cetacei, come la popo-
lazione delle balene boreali (Balaena mysticetus) dell’Artico occiden-
tale che è passata, con la proibizione della caccia a scopo commerciale,
dai 1.000-3.000 individui fino a 10.545 individui del 2001 (Angliss
and Outlaw, 2006).
Fig. 9: Indice del Pianeta
vivente terrestre
(a) L’Indice terrestre globale
Indice del Pianeta vivente terrestre
mostra una diminuzione del L’Indice del Pianeta vivente terrestre globale è diminuito del 25% fra
25% fra il 1970 e il 2008; (b) il 1970 e il 2008 (fig. 9a). L’Indice terrestre comprende 3.770 popola-
l’Indice temperato terrestre zioni appartenenti a 1.432 specie di uccelli, mammiferi, anfibi e rettili
mostra un aumento di circa
il 5%, mentre quello tropicale che vivono in una vasta gamma di habitat temperati e tropicali, fra cui
terrestre un declino di circa foreste, pascoli e zone aride. L’Indice tropicale terrestre è diminuito di
il 44% (WWF/ZSL, 2012). quasi il 45%, mentre quello temperato terrestre è aumentato di circa
il 5% (fig. 9b).
Legenda
2.0
Indice terrestre
globale
Valori dell’indice (1970 = 1)
Limiti di confidenza
-25%
1.0
0.0
1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2008
Anno
2.0
Legenda
Indice temperato
Valori dell’indice (1970 = 1)
terrestre
+5%
Limiti di confidenza
Indice tropicale
1.0
terrestre
Limiti di confidenza
-44%
0.0
1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2008
Anno
Capitolo 1: Lo stato del Pianeta pagina 27
30. L’Indice del Pianeta vivente marino
L’Indice del Pianeta vivente marino è diminuito di oltre il 20% fra il
1970 e il 2008 (fig. 10a). L’Indice marino comprende 2.395 popolazio-
ni appartenenti a 675 specie di pesci, uccelli marini, tartarughe marine
e mammiferi marini presenti negli ecosistemi marini oceanici, costieri
e delle barriere coralline temperate e tropicali. Circa la metà delle spe-
cie incluse nella definizione di questo Indice viene utilizzata a scopo
commerciale.
Gli ecosistemi marini mostrano la maggiore discrepanza fra le spe-
cie delle zone tropicali e quelle delle zone temperate: l’Indice marino
tropicale mostra una diminuzione di circa il 60% fra il 1970 e il 2008,
mentre quello temperato un aumento di circa il 50% (fig. 10b). Tutta-
via, esistono prove del fatto che, negli ultimi secoli, all’interno delle
specie marine e costiere delle zone temperate si siano verificate forti
decrescite a lungo termine (Lotze et al., 2006; Thurstan et al., 2010) e Fig. 11: L’Indice del
Pianeta vivente marino
(a) L’Indice marino globale
2.0 mostra una diminuzione di
circa il 22% fra il 1970 e il
2008; (b) l’Indice marino
temperato mostra un
Valori dell’indice (1970 = 1)
aumento di circa il 53%,
mentre quello marino
-22% tropicale un declino di circa
il 62% (WWF/ZSL, 2012)..
1.0
Legenda 10a
Indice marino globale
Limiti di confidenza
0.0
1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2008
Anno
+53%
2.0
Valori dell’indice (1970 = 1)
Legenda 10b
1.0
-62%
Indice marino
temperato
Limiti di confidenza
Indice marino
tropicale
0.0 Limiti di confidenza
1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2008
Anno
WWF Living Planet Report 2012 pagina 28
31. che, quindi, nel 1970 l’Indice marino delle zone temperate sia partito
da una base molto inferiore rispetto a quella delle zone tropicali. Di
conseguenza, l’aumento relativo delle popolazioni marine delle zone
temperate, verificatosi da allora, rappresenta probabilmente una leg-
gera ripresa da tali depressioni storiche.
Indice del Pianeta vivente delle acque dolci
Il declino dell’Indice del Pianeta vivente delle acque dolci è stato su-
periore a quello di tutti gli altri biomi. L’Indice comprende 2.849 po-
polazioni appartenenti a 737 specie di uccelli, pesci, rettili, anfibi e
mammiferi presenti nelle zone umide, nei laghi e nei fiumi d’acqua
dolce temperati e tropicali. Complessivamente, l’Indice delle acque
dolci globale è diminuito del 37% fra il 1970 e il 2008 (fig. 11a). L’In-
dice delle acque dolci tropicali è diminuito del 70%, la percentuale
Fig. 11: L’Indice del
maggiore fra quelle degli Indici dei diversi biomi, mentre l’Indice delle
Pianeta vivente delle
acque dolci acque dolci temperate è aumentato di circa il 35% (fig. 11b).
(a) L’Indice delle acque 2.0
dolci globale mostra una
diminuzione del 37% fra il
1970 e il 2008; (b) l’Indice
Valori dell’indice (1970 = 1)
delle acque dolci temperate
mostra un aumento di
circa il 36%, mentre quello
delle acque dolci tropicali
un declino di circa il 70% 1.0
(WWF/ZSL, 2012).
Legenda 11a
Indice globale delle
acque dolci
-37%
Limiti di confidenza
0.0
1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2008
Anno
2.0
+36%
Valore dell’indice (1970 = 1)
Legenda 11b
1.0
Indice delle acque
dolci temperate
Limiti di confidenza
-70%
Indice delle acque
dolci tropicali
Limiti di confidenza 0.0
1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2008
Anno
Capitolo 1: Lo stato del Pianeta pagina 29
32. Trend di popolazione esemplificativi
-70%
2
Indice del pianeta vivente per le tigri
(1980-2010)
Valori dell’indice (1980 = 1)
1
5000
Tigre del Bengala
(popolazione indiana) 0
1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010
Anno
0
1970 1990 2010
•• ••
• •• • •
• •
••
• •
•
• •
••
•• Tigre Malese
625
(1997-98)
500
•
300
•
1996 1997 1998 1999
1200
Tigre di Sumatra
0
1970 1978 2007 2010
WWF Living Planet Report 2012 pagina 30
33. Studio di un caso concreto: le tigri
I numeri riguardanti le tigri (Panthera tigris) sono da
sempre stati bassi. L’Indice del Pianeta vivente indica
per le tigri una rapida diminuzione nelle popolazioni:
in media, una decrescita del 70% negli ultimi 30 anni.
Obbligate a lottare per il territorio in alcune tra le regio-
ni con la maggiore densità di popolazione della Terra, il
••
• •••
numero delle tigri è diminuito fino al 7 % rispetto alla
popolazione originaria (Sanderson et al., 2006). Le tigri
•••• •
sono classificate come Endangered (specie minacciate)
••
nella Lista Rossa delle specie animali e vegetali a rischio
120
di estinzione della IUCN (IUCN, 2011) e le stime del
••
Tigre dell’Amur
Piano globale per il Recupero della tigre indicano che
Russia
60 (16 siti) sono sopravvissute solamente 3.200-3.500 tigri adulte
Cina allo stato selvatico (Global Tiger Initiative, 2011).
(1 sit0) La specie è a rischio estinzione a causa del bracconag-
0
1970 1990 2010
gio, delle uccisioni per ritorsione, della perdita di habi-
tat e della scarsità di prede. Le più drastiche riduzioni
nel numero di esemplari, riportate negli ultimi anni,
sono avvenute al di fuori delle aree protette (Walston
et al., 2010). Nelle aree in cui l’impegno per la conser-
vazione è stato più intenso, le popolazioni risultano più
stabili. Molte organizzazioni per la conservazione, fra
cui WWF e ZSL, stanno concentrando i propri sforzi su-
gli ultimi e più importanti habitat, nel tentativo di in-
vertire il drammatico declino in tempi stretti. Obiettivo
complessivo di questo impegno globale è raddoppiare
la popolazione di tigri selvatiche fino ad almeno 6.000
esemplari entro il 2022.
Siti monitorati
Aree prioritarie per la conservazione
Distribuzione attuale
Fig. 12: Trend, distribuzione e priorità di conservazione
delle popolazioni di tigre
(a) Attuale distribuzione della tigre e recenti trend di popolazione.
Le aree colorate indicano: l’estensione attuale (verde chiaro) (IUCN,
2011) e le aree prioritarie di conservazione (verde scuro); i cerchi
rossi mostrano il valore centrale di ogni popolazione monitorata
(il periodo di tempo e l’area di ricerca variano da studio a studio; i
valori centrali a Sumatra, in Malesia e in Cina meridionale rappre-
sentano le sottospecie controllo monitorate in siti diversi), e i grafici
mostrano le variazioni di popolazione di cinque sottospecie di tigri.
Le due linee dei trend dei calcoli relativi alla tigre del Bengala in
India mostrano i risultati di due diversi metodi di studio; (b) Indice
del Pianeta vivente per le tigri. L’Indice mostra la variazione media
nelle dimensioni di 43 popolazioni dal 1980 al 2010 (a ognuna delle
sei sottospecie è stato assegnato ugual peso). Il punto di partenza è
fissato su un valore uguale a 1 nel 1980, a causa della mancanza di
dati sulle popolazioni negli anni ’70 (WWF / ZSL, 2012).
Capitolo 1: Lo stato del Pianeta pagina 31
34. Studio di un caso concreto: i delfini di fiume
Le popolazioni di cetacei d’acqua dolce sono in rapida diminuzione.
Questi delfini e focene vivono in alcuni dei fiumi più grandi del mon-
do, fra cui Gange, Indu, Yangtze, Mekong e Rio delle Amazzoni, che,
si calcola, ospitino anche il 15% delle popolazioni umane del Pianeta.
Lo sviluppo di infrastrutture come dighe, argini e sbarramenti, la
cattura accidentale nelle reti da pesca, la collisione con barche, il so-
vrasfruttamento degli stock ittici e l’inquinamento costituiscono tutti
fattori che, negli ultimi 30 anni, hanno contribuito a un rapido declino
di molte popolazioni di delfini (ovvero i delfini che vivono solamente
in fiumi e laghi), fino alla probabile estinzione di una specie, il delfino
del fiume Yangtze o baiji (Lipotes vexillifer) (Turvey et al., 2007; Fig.
13). Anche le popolazioni di Orcella asiatica (Orcaella brevirostris),
presenti in habitat sia marini sia di acqua dolce, sono diminuite. Il
trend in aumento della popolazione dei delfini del fiume Indu (Plata-
nista minor) potrebbe essere dovuto a una ripresa dovuta alla proibi-
zione della caccia o a un’immigrazione di delfini dalle zone circostanti
(Braulik, 2006); tuttavia, sono necessarie maggiori informazioni in
materia e su tutte le specie di cetacei di acqua dolce allo scopo di rag-
giungere una maggiore comprensione del loro stato complessivo. Le
attuali conoscenze indicano la necessità di un’azione urgente, volta a
prevenire l’estinzione di questi animali, tanto carismatici quanto an-
cora sconosciuti.
È NECESSARIA UN’AZIONE URGENTE
PER EVITARE CHE QUESTI ANIMALI
COSÌ AFFASCINANTI E MISTERIOSI
SI ESTINGUANO
WWF Living Planet Report 2012 pagina 32
35. Trend di popolazione esemplificativi
500 500
Platanista dell’Indo
Lipote
250 250
0 0
1970 1980 1990 2000 1970 1980 1990 2000 2010
3000
30 6000
1500
Platanista del Gange Focena dello Yangtze
20
3000
0
10 1980 1990 2000 2010
0
1980 1990 2000 2010
300
Orcella
50
0
1992 1998 2004 2010 2016
8
Inia
4
Gange Fig. 13: Trend e
distribuzione delle
Indu
popolazioni di cetacei
d’acqua dolce
0
1998 2000 2002
Distribuzione attuale
Yangtze dei trend di specie e di
popolazione per sei specie
Mekong
di cetacei d’acqua dolce.
L’area colorata indica
la distribuzione attuale
Rio delle (IUCN, 2011) e i grafici
mostrano i trend di
Amazzoni
popolazione esemplificativi
di ogni specie.
Capitolo 1: Lo stato del Pianeta pagina 33
36. Studio di un caso concreto: il merluzzo atlantico
74%
Esiste una vasta documentazione sulla rapida diminuzione degli stock
di merluzzo atlantico (Gadus morhua) (oer es., Roberts 2007). Questa
specie è stata sovrasfruttata per diversi secoli in quanto oggetto di un
commercio mondiale molto intenso (Thurstan et al., 2010). L’ impor- il merluzzo
tanza economica ne ha comportato, rispetto ad altre specie, però una atlantico
maggiore disponibilità di informazioni che ha consentito di far risalire
fino agli anni ’60 il trend delle popolazioni. I dati storici di alcune aree ha subito
sono persino precedenti: per esempio, la raccolta di dati nello Scotian una riduzione media
Shelf, Nuova Scozia, Canada, risale al 1800.
L’Indice del Pianeta vivente per il merluzzo atlantico mostra come,
del 74% negli ultimi
negli ultimi 50 anni, le popolazioni siano diminuite in media del 74% 50 anni
(fig. 14b). Le perdite maggiori si sono verificate nell’Atlantico nordoc-
cidentale. La biomassa dello stock dello scozzese Shelf ammonta a
meno del 3% rispetto ai livelli preindustriali (Rosenberg et al., 2005 e
fig. 14). Molte valutazioni delle variazioni dell’abbondanza dello stock
ittico non tengono conto dei dati storici a lungo termine. Al contrario,
ciò risulta estremamente importante, in quanto la pesca commerciale
viene praticata da centinaia di anni (Rosenberg et al., 2005) e la co-
noscenza di queste basi storiche può fornire un supporto nel fissare
appropriati obiettivi di ripristino. Una volta le specie come il merluzzo
erano molto più abbondanti; i tentativi di ripristinare questi stock itti-
ci devono quindi riflettere il loro stato originario, non quello di tempi
più recenti. Fig. 14a: Indice del
Pianeta vivente per il
merluzzo atlantico
2 L’Indice mostra le
variazioni medie nelle
dimensioni di 25 stock, fra
il 1960 e il 2010. La linea di
Valore dell’indice (1970 = 1)
base è fissata su un valore
di 1 nel 1960 e il valore
finale nel 2010 è di 0,26, il
che indica una diminuzione
1 media del 74% (WWF/ZSL,
2012).
-74% Legenda
Indice del pianeta vivente
del merluzzo atlantico
Limiti di confidenza
0
1960 1965 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010
Anno
WWF Living Planet Report 2012 pagina 34