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Tito Livio, Dante, Ariosto, Tasso, Goldoni, D’Annunzio
Ad urbe condida, Tito Livio
Tarquinio e Lucrezia, Tiziano
Moglie di Collatino viene presentata ad una
cena a Sesto Tarquinio amico del marito il quale
resta colpito dalla bellezza della donna e dalla
provata castità al punto tale di desiderarla
ardentemente
Soggiornando una notte a casa di Collatino,
assente, Sesto si reca nelle stanze di Lucrezia
obbligandola a concedersi con minacce di
morte.
Lucrezia non riuscendo a sopportare un
atto di tradimento tanto disdicevole,
riunisce i familiari e si suicida
"uideritis quid illi debeatur: ego me etsi peccato absoluo, supplicio non
libero; nec ulla deinde impudica Lucretiae exemplo uiuet."
Lo Stilnovo, Dante
A opporsi all'umiltà, vi è l'orgoglio che è (come
spiega Dante nella Divina Commedia), l'origine
di ogni male e peccato (incontinenza, violenza
e fraudolenza), proprio per questo la donna
angelo, che saluta l'uomo cortese, riesce a far
abbassare lui l'orgoglio in modo da farlo
elevare a Dio.
Quello della donna angelo, è un concetto
utilizzato all'interno del Dolce Stil Novo,
corrente letteraria che si sviluppò alla fine del
1200 a Firenze; la donna non viene vista dal
punto di vista esteriore, ma come creatura di
Dio che ha il compito di fare innamorare
l'uomo dal cuor gentile affinché egli si elevi a
Dio stesso.
Essendo ella una creatura angelicata, a spiccare
sono certamente le sue virtù, e in particolare
l'umiltà, che è proprio l'origine di ognuna di
esse.
• nello stilnovo è finalmente identificata da un nome
proprio, è oggetto di un amore tutto platonico ed
inattivo: non sono compiuti veri atti di conquista o
semplice corteggiamento nella sua direzione. Parlare
di lei è puro elogio e contemplazione descrittiva-
visiva che consente al poeta di mantenere sempre
intaccata e puramente potente la propria ispirazione
in quanto diretta ad un oggetto volontariamente
cristallizzato e, ovviamente, giammai raggiungibile
L'uomo che non è cortese non è nemmeno in
grado di vedere la donna angelo, quindi il
saluto di ella è diretto solo all'uomo dal cuor
gentile. Come è sottolineato nella poesia "Io
Voglio del ver la mia donna laudare"
La nuova concezione di donna introdotta da dante
( e dallo stil novo in generale), trasforma ,in modo
radicale , la concezione medioevale della donna. La
nuova figura non ha corpo fisico. Essa è nobile e
gentile e sembra essere più vicina allo donna cortese
,cioè idealizzata, che con amore consola il poeta.
La donna angelicata è una creatura creata da
Dio che fa innamorare l'uomo da cuor gentile
affinché esso abbia una rivelazione, è quindi
un ciclo
Ariosto
Ritratto di Tiziano
Angelica e Alcina
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Inseguita da questi cavalieri innamorati,
scappa in continuazione da loro, usando
l'astuzia e una mente brillante insieme
alla sua bellezza, tanto che questi non
riescono mai a raggiungerla.
Ariosto ci descrive Angelica come una
dolce fanciulla venuta dal tranquillo
Oriente, ma anche come donna forte
e coraggiosa che sfugge ai suoi
inseguitori grazie alla sua
determinazione e alla furbizia.
Molto probabilmente era una donna
bellissima. Infatti si racconta che nel
suo cammino, tutti coloro che la
incontravano, sia cavalieri che
mendicanti, sia cristiani che saraceni,
si innamoravano di lei
Pasinelli Lorenzo - Angelica e Medoro
Alcina invece è l'esempio di donna diavolo.
Fisicamente bellissima grazie alla magia,
ma in realtà vecchia e brutta, Alcina usa le
armi della seduzione e soprattutto il suo
fascino per attirare a se e far innamorare
gli uomini.
Ariosto scusa la deviazione di Ruggero,
spiegando che era impossibile non
resistere ad Alcina:
“Alcina era la più bella,
si come è bello il sol più di ogni stella”
Data la perfezione del suo aspetto Alcina
potrebbe essere considerata un angelo,
ma nel corso degli otto canti dedicati alla
sua descrizione, Ariosto lascia trapelare
anche la sua natura infida e ammaliatrice
come nell'ottava sedici:
“aveva in ogni sua parte un laccio teso”
Giuliano Pini - Alcina bella e brutta
Tasso
Erminia e Armida
Giovanni Lanfranco – Erminia tra i pastori
Non contano le azioni esteriori di Erminia
ma ciò che si svolge nella sua anima.
Ella è un personaggio che vive nella
propria interiorità, non agisce nella
realtà esterna. Compare in scena
nell’atto di abbandonarsi a sogni e
fantasie.
Erminia, principessa pagana
segretamente innamorata di Tancredi,
ha assistito dall’alto delle mura di
Gerusalemme al duello dell’amato con
Argante ed è angosciata nel saperlo
gravemente ferito. Vestita delle armi
di Clorinda,esce nottetempo dalla città
per raggiungerlo e curarlo
Al contrario di Angelica, Erminia è timida e
smarrita
Guercino - Erminia trova Tancredi
Inviata nel campo cristiano per sedurre i
più valorosi campioni, Armida si
presenta a Goffredo come profuga dal
suo regno e bisognosa di aiuto contro
lo zio preteso usurpatore: il suo
discorso menzognero, ma più la sua
bellezza e le sue arti, commuovono
quasi tutti i cavalieri cristiani, che la
seguono al suo partire.
Giovanni Battista Tiepolo – Rinaldo abbandona Armida
Giovanni Battista Tiepolo – Rinaldo sotto l’incantesimo di Armida
In seguito la bella donna si rivela loro una maga
spietata nel suo castello del Mar Morto,
dove li ha condotti e donde, dopo aver dato
un saggio della sua potenza, trasformandoli
in animali e poi restituendo loro la forma
umana, li invia prigionieri al re d'Egitto.
La locandiera, Carlo Goldoni, 1752
Forte e volitiva, simbolo della sicurezza del potere
femminile, furba ed intrigante che conscia del
proprio potere seduttivo, sfrutta le proprie
capacità per il raggiungimento di obbiettivi e
piaceri personali.
Servetta della commedia dell’arte, derivata da
Colombina, che si sviluppa da stereotipo a
personaggio a tutto tondo
Rivalutazione della figura femminile sulla
scena e del ruolo dell'attrice stessa
Si avvale dell’arte della parola come “arma” di
seduzione e palesare le proprie idee al pubblico e
per guadagnarsene le simpatie
Eleonora Duse, 1891
Fredda
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Nel momento in cui si rende conto di essere impotente nei confronti
del cavaliere, unico immune alla suo potere, tenta con tutti i mezzi di
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Capendo il rischio di incorrere in uno scandalo che la danneggerebbe
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D’Annunzio Gabriele
L'uomo è debole,fragile, sottomesso la donna lo
domina, è lussuriosa, perversa, crudele esercita
sull'uomo un potere a cui lui non può sfuggire e
che lo porta inevitabilmente alla follia o alla
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Nemica, figura forte, che come un
antagonista si oppone all'uomo
fragile
superiorità femminile
Fascino perverso e seducente, e dalla fisicità
prorompente che non possono lasciare
indifferente l'uomo e anzi lo sottomettono
inevitabilmente
Femme Fatal
1863-1930
Poi che nessuno amore umano appaga
l'artefice superbo che non soffre
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poi che la donna è impura e la sua piaga
eterna; poi che nessun cielo m'offre
ancóra quella che non fu mai vista;
oggi il potere occulto del mio sogno
evoca pel disgusto mio supremo
quella che fu da tutti posseduta
nel suo letto sul trivio ove il bisogno
immondo trasse gli uomini del remo,
i soldati ebri, una turba sconosciuta:
quella che fu dei principi e dei duchi
nel suo letto d'argento, e il suo veleno
letale infuse nel più ricco sangue,
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preziosi e coprì di gemme il seno
e d'anelli gravò la mano esangue:
da tutti posseduta, dal mendico
e dal sire, coperta di carezze
immemorabili, ultima tua prole,
Elena, ancóra del mistero antico
circonfusa per me le sue bellezze
che vide Ilio risplendere nel sole!
Quella amerò. Ne le sue membra impure
io coglierò tutto il desìo terreno,
conoscerò tutto l'amor del mondo;
negli occhi suoi nembi di cose oscure
inseguirò; udrò sotto il suo seno
arido battere il suo cor profondo;
bacerò le sue mani, le sue mani
esperte che toccarono il lanoso
mento al pilota reduce da mari
sconosciuti e solcarono con piani
gesti i capelli al giovine pensoso
mentre errava pe' grandi interlunari
silenzi in sogno l'anima smarrita;
bacerò le sue mani in cui gli unguenti
creato avranno un soprannaturale
candore, tra le cui musiche dita
forse in antico risonò pe' vènti
lesbìaci una lira sul natale
Egèo dove i rosai di Mitilene
aulivan cari a le segrete amiche
di Saffo da la chioma di viola;
bacerò ne' suoi polsi le sue vene
più azzurre; da le sue labbra impudiche
muto trarrò la cupida parola
più lasciva del bacio; tutti i nomi
più dolci e ardenti apprenderò che ai mille
amanti ella avrà dati in un sospiro
o in un grido; berrò tutti gli aromi
de le foreste più remote, a stille,
infusi nel suo liquido respiro;
negli occhi suoi nembi di cose oscure
inseguirò; udrò sotto il suo seno
arido battere il suo cor profondo.
E l'amerò! Ne le sue membra impure
io coglierò tutto il desìo terreno,
conoscerò tutto l'amor del mondo.
Poema Paradisiaco, 1893
Il Piacere, 1888
Ella parlava con qualche pausa. Aveva la voce così
insinuante che quasi dava la sensazione d'una carezza
carnale; e aveva quello sguardo involontariamente
amoroso e voluttuoso che turba tutti gli uomini e ne
accende d'improvviso la brama.
Era uno spirito senza equilibrio in un corpo voluttuario. A similitudine di tutte le creature
avide di piacere, ella aveva per fondamento del suo essere morale uno smisurato egoismo
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Donna angelo diavolo

  • 1. Tito Livio, Dante, Ariosto, Tasso, Goldoni, D’Annunzio
  • 2. Ad urbe condida, Tito Livio Tarquinio e Lucrezia, Tiziano Moglie di Collatino viene presentata ad una cena a Sesto Tarquinio amico del marito il quale resta colpito dalla bellezza della donna e dalla provata castità al punto tale di desiderarla ardentemente Soggiornando una notte a casa di Collatino, assente, Sesto si reca nelle stanze di Lucrezia obbligandola a concedersi con minacce di morte. Lucrezia non riuscendo a sopportare un atto di tradimento tanto disdicevole, riunisce i familiari e si suicida "uideritis quid illi debeatur: ego me etsi peccato absoluo, supplicio non libero; nec ulla deinde impudica Lucretiae exemplo uiuet."
  • 3. Lo Stilnovo, Dante A opporsi all'umiltà, vi è l'orgoglio che è (come spiega Dante nella Divina Commedia), l'origine di ogni male e peccato (incontinenza, violenza e fraudolenza), proprio per questo la donna angelo, che saluta l'uomo cortese, riesce a far abbassare lui l'orgoglio in modo da farlo elevare a Dio. Quello della donna angelo, è un concetto utilizzato all'interno del Dolce Stil Novo, corrente letteraria che si sviluppò alla fine del 1200 a Firenze; la donna non viene vista dal punto di vista esteriore, ma come creatura di Dio che ha il compito di fare innamorare l'uomo dal cuor gentile affinché egli si elevi a Dio stesso. Essendo ella una creatura angelicata, a spiccare sono certamente le sue virtù, e in particolare l'umiltà, che è proprio l'origine di ognuna di esse.
  • 4. • nello stilnovo è finalmente identificata da un nome proprio, è oggetto di un amore tutto platonico ed inattivo: non sono compiuti veri atti di conquista o semplice corteggiamento nella sua direzione. Parlare di lei è puro elogio e contemplazione descrittiva- visiva che consente al poeta di mantenere sempre intaccata e puramente potente la propria ispirazione in quanto diretta ad un oggetto volontariamente cristallizzato e, ovviamente, giammai raggiungibile
  • 5. L'uomo che non è cortese non è nemmeno in grado di vedere la donna angelo, quindi il saluto di ella è diretto solo all'uomo dal cuor gentile. Come è sottolineato nella poesia "Io Voglio del ver la mia donna laudare" La nuova concezione di donna introdotta da dante ( e dallo stil novo in generale), trasforma ,in modo radicale , la concezione medioevale della donna. La nuova figura non ha corpo fisico. Essa è nobile e gentile e sembra essere più vicina allo donna cortese ,cioè idealizzata, che con amore consola il poeta. La donna angelicata è una creatura creata da Dio che fa innamorare l'uomo da cuor gentile affinché esso abbia una rivelazione, è quindi un ciclo
  • 7. Simone Peterzano - Angelica e Medoro Inseguita da questi cavalieri innamorati, scappa in continuazione da loro, usando l'astuzia e una mente brillante insieme alla sua bellezza, tanto che questi non riescono mai a raggiungerla. Ariosto ci descrive Angelica come una dolce fanciulla venuta dal tranquillo Oriente, ma anche come donna forte e coraggiosa che sfugge ai suoi inseguitori grazie alla sua determinazione e alla furbizia. Molto probabilmente era una donna bellissima. Infatti si racconta che nel suo cammino, tutti coloro che la incontravano, sia cavalieri che mendicanti, sia cristiani che saraceni, si innamoravano di lei Pasinelli Lorenzo - Angelica e Medoro
  • 8. Alcina invece è l'esempio di donna diavolo. Fisicamente bellissima grazie alla magia, ma in realtà vecchia e brutta, Alcina usa le armi della seduzione e soprattutto il suo fascino per attirare a se e far innamorare gli uomini. Ariosto scusa la deviazione di Ruggero, spiegando che era impossibile non resistere ad Alcina: “Alcina era la più bella, si come è bello il sol più di ogni stella” Data la perfezione del suo aspetto Alcina potrebbe essere considerata un angelo, ma nel corso degli otto canti dedicati alla sua descrizione, Ariosto lascia trapelare anche la sua natura infida e ammaliatrice come nell'ottava sedici: “aveva in ogni sua parte un laccio teso” Giuliano Pini - Alcina bella e brutta
  • 10. Giovanni Lanfranco – Erminia tra i pastori Non contano le azioni esteriori di Erminia ma ciò che si svolge nella sua anima. Ella è un personaggio che vive nella propria interiorità, non agisce nella realtà esterna. Compare in scena nell’atto di abbandonarsi a sogni e fantasie. Erminia, principessa pagana segretamente innamorata di Tancredi, ha assistito dall’alto delle mura di Gerusalemme al duello dell’amato con Argante ed è angosciata nel saperlo gravemente ferito. Vestita delle armi di Clorinda,esce nottetempo dalla città per raggiungerlo e curarlo Al contrario di Angelica, Erminia è timida e smarrita Guercino - Erminia trova Tancredi
  • 11. Inviata nel campo cristiano per sedurre i più valorosi campioni, Armida si presenta a Goffredo come profuga dal suo regno e bisognosa di aiuto contro lo zio preteso usurpatore: il suo discorso menzognero, ma più la sua bellezza e le sue arti, commuovono quasi tutti i cavalieri cristiani, che la seguono al suo partire. Giovanni Battista Tiepolo – Rinaldo abbandona Armida Giovanni Battista Tiepolo – Rinaldo sotto l’incantesimo di Armida In seguito la bella donna si rivela loro una maga spietata nel suo castello del Mar Morto, dove li ha condotti e donde, dopo aver dato un saggio della sua potenza, trasformandoli in animali e poi restituendo loro la forma umana, li invia prigionieri al re d'Egitto.
  • 12. La locandiera, Carlo Goldoni, 1752 Forte e volitiva, simbolo della sicurezza del potere femminile, furba ed intrigante che conscia del proprio potere seduttivo, sfrutta le proprie capacità per il raggiungimento di obbiettivi e piaceri personali. Servetta della commedia dell’arte, derivata da Colombina, che si sviluppa da stereotipo a personaggio a tutto tondo Rivalutazione della figura femminile sulla scena e del ruolo dell'attrice stessa Si avvale dell’arte della parola come “arma” di seduzione e palesare le proprie idee al pubblico e per guadagnarsene le simpatie Eleonora Duse, 1891
  • 13. Fredda calcolatrice Ingannatrice Nel momento in cui si rende conto di essere impotente nei confronti del cavaliere, unico immune alla suo potere, tenta con tutti i mezzi di farlo cadere tra le sue braccia per poi umiliarlo deridendone la debolezza. Capendo il rischio di incorrere in uno scandalo che la danneggerebbe socialmente ed economicamente e per placare gli animi ardenti di passione per lei, proclama il matrimonio con Fabrizio, suo cameriere. autonoma affascinante furba intelligente “Perfida Sirena” sensuale dominatrice
  • 14. D’Annunzio Gabriele L'uomo è debole,fragile, sottomesso la donna lo domina, è lussuriosa, perversa, crudele esercita sull'uomo un potere a cui lui non può sfuggire e che lo porta inevitabilmente alla follia o alla distruzione. Nemica, figura forte, che come un antagonista si oppone all'uomo fragile superiorità femminile Fascino perverso e seducente, e dalla fisicità prorompente che non possono lasciare indifferente l'uomo e anzi lo sottomettono inevitabilmente Femme Fatal 1863-1930
  • 15. Poi che nessuno amore umano appaga l'artefice superbo che non soffre ombra straniera su la sua conquista; poi che la donna è impura e la sua piaga eterna; poi che nessun cielo m'offre ancóra quella che non fu mai vista; oggi il potere occulto del mio sogno evoca pel disgusto mio supremo quella che fu da tutti posseduta nel suo letto sul trivio ove il bisogno immondo trasse gli uomini del remo, i soldati ebri, una turba sconosciuta: quella che fu dei principi e dei duchi nel suo letto d'argento, e il suo veleno letale infuse nel più ricco sangue, e il suo pallore colorì di fuchi preziosi e coprì di gemme il seno e d'anelli gravò la mano esangue: da tutti posseduta, dal mendico e dal sire, coperta di carezze immemorabili, ultima tua prole, Elena, ancóra del mistero antico circonfusa per me le sue bellezze che vide Ilio risplendere nel sole! Quella amerò. Ne le sue membra impure io coglierò tutto il desìo terreno, conoscerò tutto l'amor del mondo; negli occhi suoi nembi di cose oscure inseguirò; udrò sotto il suo seno arido battere il suo cor profondo; bacerò le sue mani, le sue mani esperte che toccarono il lanoso mento al pilota reduce da mari sconosciuti e solcarono con piani gesti i capelli al giovine pensoso mentre errava pe' grandi interlunari silenzi in sogno l'anima smarrita; bacerò le sue mani in cui gli unguenti creato avranno un soprannaturale candore, tra le cui musiche dita forse in antico risonò pe' vènti lesbìaci una lira sul natale Egèo dove i rosai di Mitilene aulivan cari a le segrete amiche di Saffo da la chioma di viola; bacerò ne' suoi polsi le sue vene più azzurre; da le sue labbra impudiche muto trarrò la cupida parola più lasciva del bacio; tutti i nomi più dolci e ardenti apprenderò che ai mille amanti ella avrà dati in un sospiro o in un grido; berrò tutti gli aromi de le foreste più remote, a stille, infusi nel suo liquido respiro; negli occhi suoi nembi di cose oscure inseguirò; udrò sotto il suo seno arido battere il suo cor profondo. E l'amerò! Ne le sue membra impure io coglierò tutto il desìo terreno, conoscerò tutto l'amor del mondo. Poema Paradisiaco, 1893
  • 16. Il Piacere, 1888 Ella parlava con qualche pausa. Aveva la voce così insinuante che quasi dava la sensazione d'una carezza carnale; e aveva quello sguardo involontariamente amoroso e voluttuoso che turba tutti gli uomini e ne accende d'improvviso la brama. Era uno spirito senza equilibrio in un corpo voluttuario. A similitudine di tutte le creature avide di piacere, ella aveva per fondamento del suo essere morale uno smisurato egoismo Ella metteva anche negli spiriti più ottusi o più fatui un turbamento, un'inquietudine, un'aspirazione indefinibile. Chi aveva un cuore libero immaginava con un fremito profondo l'amore di lei; Giuditta , Gustav Klimt, 1901