Forza e funzione. Ovvero, la forza dei princìpi ed i princìpi della forza
Bellotti P.
Terminologia ed unità di misura della prestazione fisica
Knuttgen H. G., Kraemer J. W.
Tecniche di esercizio fisico contro resistenza ad intensità progressiva
DeLorme T. L., Watkins A. L.
Thomas L. DeLorme e la scienza dell’esercizio fisico contro resistenza ad intensità progressiva
Todd J. S., Shurley J. P., Todd T. C.
Allenamento della forza per il soldato moderno
Kraemer W. J., Szivak T. K.
Principi di allenamento della potenza
Gregory Haff G. G., Nimphius S.
Sviluppo a lungo termine dell’atleta e sua applicazione al sollevamento pesi in giovani atleti
Lloyd R. S., Oliver J. L., Meyers R. W., Moody J. A., Stone M. H.
Correzione dell’uso del termine “potenza” nella letteratura sulla forza e il condizionamento fisico
Knudson D. V.
http://www.calzetti-mariucci.it/shop/prodotti/i-quaderni-di-strength-conditioning-la-forza
1. 1.
Diranno che siamo guerrafondai: questo
Quaderno (primo di una serie) ospita uno
splendido lavoro sulla preparazione del solda-
to moderno. Splendido e di Autore. Ma splendido non
perché si occupa di guerra (ecco, lo stupido appostato
dietro l’angolo coglierà immancabilmente questo aspet-
to!), piuttosto perché espone il problema – chiarissimo
ed attualissimo problema – di prepararsi con cognizio-
ne di causa al futuro obiettivo che ci si è proposto di
raggiungere. Un obiettivo specifico, come avviene in chi
si allena per competere (l’atleta) o in chi si allena per es-
sere efficiente e poter gestire con oculatezza, proprietà,
congruità e adeguatezza una missione. Magari di pace:
i soldati servono alle missioni di pace. E devono essere
preparati, ben preparati. Ottimamente e specificamente
preparati. Il campo di azione moderno è quello di im-
pegni rapidi ed intensi. Campo della forza muscolare.
Ecco, dunque, il lavoro di WJ Kraemer e TK Szivak,
"
Allenamento della forza per il soldato moderno"(Orig.
Strength Training for the Warfighter, JSCR 2012, vol. 26,
supplement 7, luglio 2012, S107-S118) espone la nuo-
va maniera di interpretare l’allenamento del soldato: un
vero atleta, che necessita di sviluppare la forza: un vero
piccolo manuale dell’allenamento della forza. Utile, uti-
lissimo. Perciò lo abbiamo scelto.
2.
Ma diversi altri lavori abbiamo – fior da
fiore – raccolto qui dalla letteratura moder-
na e meno moderna. Volevamo partire dal
passato e dal passato che conta ed ha senso ed ha un
senso riscoprirlo e ripensarlo, perché il possibile bene
del presente risiede comunque nel passato e nei nostri
“classici”. Tra i classici, grande quel Thomas L DeLorme,
medico che studiò ed escogitò, dandogli pian piano un
metodo efficace ed insuperato (allora come oggi), l’e-
sercizio fisico a scopo riabilitativo, realizzato mediante
resistenze progressive. Abbiamo scelto un lavoro assai
datato (1948), le Tecniche di esercizio fisico contro re-
sistenza ad intensità progressiva (Technics of Progres-
sive Resistance Exercise), scritto insieme con Arthur L
Watkins, anch’egli medico), e tratto dagli Archives of
Physical Medicine (Department of Physical Medicine,
Massachussets General Hospital, Boston). Il lavoro ne
narra la genesi, del metodo intendiamo. Come nacque e
come si sviluppò, come si impose, come ne fu evidente
il vantaggio rispetto ad altri metodi passati e coevi. L’al-
lenamento della forza, come oggi lo concepiamo, ebbe
la sua culla negli anni che concludevano la prima metà
del secolo scorso. DeLorme ne fu l’artefice, iniziatore e
perfezionatore. Una storia interessante quella sua.
3.
La riproponiamo – perché sia di aiuto e di
ammaestramento – con un eccellente lavoro
di autori americani (Università, due diver-
se, del Texas), JS Todd, JP Shurley e TC Todd: Thomas
L. DeLorme e la scienza dell’esercizio fisico contro re-
sistenza ad intensità progressiva (Thomas L. DeLorme
and the Science of Progressive Resistance Exercise, JSCR,
volume 26, number 11, november 2012, 2913-2923). A
DeLorme dobbiamo molto; anche leggendo di lui ades-
so possiamo migliorarci e migliorare il nostro lavoro
e la professione. Cosa pensò e come incominciò, poi
proseguì, poi perfezionò, poi sviluppò ulteriormente.
L’allenamento contro resistenza gli deve l’approccio e lo
sviluppo delle basi. Non è poco, forse la gran parte del
lavoro che occorreva fare. Riflettiamo, serve.
4.
La bella rivista statunitense che si chiama The
Journal of Strength and Conditioning Resear-
ch (JSCR), dalla quale abbiamo tratto lavo-
ri significativi qui raccolti, vide la luce nel 1987, come
Journal of Applied Sport Science Research. Il Volume 1,
Numero 1, alle pagine 1-10, ospita un lavoro che merita
di essere davvero riproposto, poiché molto attuale e ric-
co di concetti che ancora oggi si fa fatica a far compren-
dere: Terminology and Measurement in Exercise Perfor-
mance, di Howard G. Knuttgen e William J. Kraemer. Lo
abbiamo reso con Terminologia ed unità di misura della
prestazione fisica. Lavoro, ripetiamo, fondamentale.
PRESENTAZIONE
PasqualeBellotti-MenottiCalvani-AntonioUrso
1.1.
Diranno che siamo guerrafondai: questoDiranno che siamo guerrafondai: questo
Quaderno (primo di una serie) ospita unoQuaderno (primo di una serie) ospita uno
splendido lavoro sulla preparazione del solda-splendido lavoro sulla preparazione del solda-
to moderno. Splendido e di Autore. Ma splendido nonto moderno. Splendido e di Autore. Ma splendido non
perché si occupa di guerra (ecco, lo stupido appostatoperché si occupa di guerra (ecco, lo stupido appostato
dietro l’angolo coglierà immancabilmente questo aspet-dietro l’angolo coglierà immancabilmente questo aspet-
to!), piuttosto perché espone il problema – chiarissimoto!), piuttosto perché espone il problema – chiarissimo
ed attualissimo problema – di prepararsi con cognizio-ed attualissimo problema – di prepararsi con cognizio-
ne di causa al futuro obiettivo che ci si è proposto dine di causa al futuro obiettivo che ci si è proposto di
raggiungere. Un obiettivo specifico, come avviene in chiraggiungere. Un obiettivo specifico, come avviene in chi
si allena per competere (l’atleta) o in chi si allena per es-si allena per competere (l’atleta) o in chi si allena per es-
sere efficiente e poter gestire con oculatezza, proprietà,sere efficiente e poter gestire con oculatezza, proprietà,
congruità e adeguatezza una missione. Magari di pace:congruità e adeguatezza una missione. Magari di pace:
i soldati servono alle missioni di pace. E devono esserei soldati servono alle missioni di pace. E devono essere
preparati, ben preparati. Ottimamente e specificamentepreparati, ben preparati. Ottimamente e specificamente
preparati. Il campo di azione moderno è quello di im-preparati. Il campo di azione moderno è quello di im-
pegni rapidi ed intensi. Campo della forza muscolare.pegni rapidi ed intensi. Campo della forza muscolare.
Ecco, dunque, il lavoro di WJ Kraemer e TK Szivak,Ecco, dunque, il lavoro di WJ Kraemer e TK Szivak,
""
Allenamento della forza per il soldato moderno"Allenamento della forza per il soldato moderno"
Strength Training for the WarfighterStrength Training for the Warfighter, JSCR 2012, vol. 26,, JSCR 2012, vol. 26,
supplement 7, luglio 2012, S107-S118)supplement 7, luglio 2012, S107-S118) espone la nuo-espone la nuo-
va maniera di interpretare l’allenamento del soldato: unva maniera di interpretare l’allenamento del soldato: un
vero atleta, che necessita di sviluppare la forza: un verovero atleta, che necessita di sviluppare la forza: un vero
piccolo manuale dell’allenamento della forza. Utile, uti-piccolo manuale dell’allenamento della forza. Utile, uti-
lissimo. Perciò lo abbiamo scelto.lissimo. Perciò lo abbiamo scelto.
2.2.
Ma diversi altri lavori abbiamo – fior daMa diversi altri lavori abbiamo – fior da
fiore – raccolto qui dalla letteratura moder-fiore – raccolto qui dalla letteratura moder-
na e meno moderna.na e meno moderna. Volevamo partire dalVolevamo partire dal
passato e dal passato che conta ed ha senso ed ha unpassato e dal passato che conta ed ha senso ed ha un
senso riscoprirlo e ripensarlo, perché il possibile benesenso riscoprirlo e ripensarlo, perché il possibile bene
del presente risiede comunque nel passato e nei nostridel presente risiede comunque nel passato e nei nostri
“classici”. Tra i classici, grande quel Thomas L DeLorme,“classici”. Tra i classici, grande quel Thomas L DeLorme,
medico che studiò ed escogitò, dandogli pian piano unmedico che studiò ed escogitò, dandogli pian piano un
metodo efficace ed insuperato (allora come oggi), l’e-metodo efficace ed insuperato (allora come oggi), l’e-
sercizio fisico a scopo riabilitativo, realizzato mediantesercizio fisico a scopo riabilitativo, realizzato mediante
resistenze progressive. Abbiamo scelto un lavoro assairesistenze progressive. Abbiamo scelto un lavoro assai
datato (1948), le Tecniche di esercizio fisico contro re-datato (1948), le Tecniche di esercizio fisico contro re-
sistenza ad intensità progressiva (sistenza ad intensità progressiva (Technics of Progres-Technics of Progres-
sive Resistance Exercisesive Resistance Exercise), scritto insieme con Arthur L), scritto insieme con Arthur L
PRESENTAZIONEPRESENTAZIONE
PasqualeBellotti-MenottiCalvani-AntonioUrsoPasqualeBellotti-MenottiCalvani-AntonioUrso
7
i Quaderni di
Strength & Conditioning - Per una Scienza del movimento dell’uomo
1
La
Forza
2. È sempre quel salire – quel consigliato salire – sulle
spalle dei Grandi che ci precedettero e che ci consen-
tono ora di guardare più lontano, molto più lontano.
Faticoso arrampicarsi, vero. Ma poi fruttuoso: quando
sei in cima ti accorgi di quanto è stato fruttuoso quel
cammino in salita.
5.
Sviluppo a lungo termine dell’atleta e sua
applicazione al sollevamento pesi in giovani
atleti. Si tratta di un altro lavoro di bel respi-
ro, autori statunitensi ed inglesi: RS Lloyd, JL Oliver, RW
Meyers, JA Moody, MH Stone (Long-Term Athletic De-
velopment and Its Application to Youth Weightlifting). Per
coprire il percorso che dalla fanciullezza arriva fino all’i-
nizio dello sport, con tutte le cure necessarie e le precau-
zioni per crescere bene con il movimento e con lo sport.
6.
Principi di allenamento della potenza (Trai-
ning Principles for Power), di GG Haff e S
Nimphius, è un altro interessante lavoro,
rigoroso e divulgativo. Tratto dal SCJ (vol.34, n°6, di-
cembre 2012). Per restare ancora sul tema della forza e
del suo collegamento con il concetto di potenza, croce e
delizia dei cultori dell’allenamento. I concetti chiave con
i quali si può affrontare il vasto tema del preparare, cioè
dell’effettuare la preparazione muscolare, ovvero ancora
della quasi totalità dell’allenamento sportivo: allenare
la forza è l’allenamento sportivo, qualsiasi sia il punto
di vista dal quale si voglia guardare il fenomeno. Si po-
trebbe pensare ad un inusitato ritorno a concetti oramai
noti, noti e stra-noti. Non è così, come insegna la storia,
più e meno recente. Per cui ripetere, giova; ripetere ag-
giungendo ed esplicando, ancora di più.
7.
Per questo motivo, pubblichiamo anche – si-
curi che farà un gran bene al mondo di chi
studia e ricerca in allenamento sportivo – il
bel lavoro del 2009 di Duane K Knudson, del Depart-
ment of Health and Human Performance dell’Univer-
sità del Texas, che nell’edizione originale (JSCR, 23(6):
1902-1908) si chiama proprio Correcting the Use of the
Term “Power” in the Strength and Conditioning Literatu-
re, sull’opportunità – per evitare di cadere in grossolani
e pericolosissimi errori – di correggere (leggi: calibrare,
leggi: usare con cognizione di causa; leggi: non abusare;
leggi: evitarne un uso leggere e troppo colloquiale) la
modalità di utilizzare il termine potenza (power) nella
letteratura sulla forza muscolare e sul suo sviluppo. Il
lavoro, assolutamente da leggere e studiare, rappresenta
un invito preciso a chiedersi e a darsi risposte quando
si allena la forza, ponendosi un obiettivo. Ci sono stra-
de diverse e metodologie differenti per allenare, ma per
arrivare all’obiettivo che ci prefiggiamo, è indispensabile
conoscere quel solo cammino e quei soli strumenti che
lo contraddistinguono. L’autore cita, tra gli altri, 4 lavori
(uno dei quali ospitiamo in questo numero, quello di
Knuttgen e Kraemer) che – per gli addetti ai lavori –
avrebbero dovuto segnare un’epoca, poiché facevano
il punto sulla terminologia che il professionista deve
utilizzare, facendovi ricorso in maniera appropriata. Li
ri-citiamo anche noi, raccomandando al lettore cortese
di cercarseli e di dedicarvi un po’ del tempo un po’ della
passione:
Harman E, Strength and power: a definition of ter-
ms. Natl Strength Cond Assoc J 15: 18–20, 1993.
Knuttgen HG, Force, work, power, and exercise.
Med Sci Sports Exerc 10: 227–228, 1978.
Knuttgen HG and Kraemer WJ, Terminology and
measurement in exercise performance. J Appl
Sport Sci Res 1: 1–10, 1987.
Moffroid M and Kusiak ET, The power struggle:
definition and evaluation of power of muscular
performance. Phys Ther 55: 1098–1104, 1975.
8.
Perché raccogliere documentazione, qualcu-
no si chiederà? Perché un lavoro di “esame di
molto” e “raccolta di poco” (7 lavori, tanti ne
sono ospitati qui)? Come si giustifica? Dove vuole arri-
vare e a cosa mira? Non grandi pretese, cari lettori, non
grandi pretese, solo offrire un’occasione in più per fare
mente locale e per riflettere. Riflettere. Sull’importanza
della professione soprattutto, che ci deve vedere pron-
ti, decisi, sicuri. Sempre, anche nella scelta delle parole.
Le parole sono comportamenti, le nostre azioni, la vita.
Professionale e non.
i Quaderni di
Strength & Conditioning
8
- Per una Scienza del movimento dell’uomo
1
La
Forza
3. Forza e funzione.
Ovvero, la forza dei princìpi ed i princìpi della forza
P. Bellotti
Poiché è di moda il discettare di
forza e di funzione, vorrei proprio
di qui prendere le mosse e provare
a riflettere – brevemente - sul signi-
ficato dei termini in questione. La
forza e la funzione, ovvero – cito dal
sottotitolo – la forza dei princìpi ed i
princìpi della forza.
E comincerò proprio da una breve
riflessione sui princìpi, però preci-
sando - da un lato - che la brevità
non significherà evitare di dire, per
limitarsi ad accennare, ma rispon-
derà al criterio che per dire il tut-
to basta poco e dunque perseguirà
l’essenziale, cioè proprio l’essenza
poiché con essa si può dichiarare la
realtà, come essa si manifesta ed è,
senza inutili preziosismi ed aggiun-
te fuorvianti; e sottintendendo -
dall’altro - che i princìpi sono la base
irrinunciabile di ogni conoscenza
e di ogni costruzione o percorso di
conoscenza, cui invece, come la mia
personale osservazione della realtà
mi pone davanti, spesso abbiamo
rinunciato, per rincorrere una ri-
sposta parziale e banale da dare o
un affare da concludere oggi, così
dimenticando gli obblighi anche
morali, anche deontologici, di ga-
rantirli sempre, i principi, sempre e
comunque, se si vuole operare bene
e se si desidera consegnare al futu-
ro un corpus di conoscenze ed una
dottrina e, forse, una scuola di pen-
siero, non una moda, non una fan-
tasia, non una pittura di facciata che
spacci il vecchio per nuovo ed origi-
nale, ma uno stato dell’arte, magari
rinnovato, perfezionato ed adeguato
ai tempi che viviamo. Non sempre
bei tempi, non sempre buoni tem-
pi, come i nostri presenti contras-
segnati anche dall’improvvisazione
9
i Quaderni di
Strength & Conditioning - Per una Scienza del movimento dell’uomo
1
La
Forza
4. Poiché i settori della fisiologia ap-
plicata e del condizionamento fisico
si sono sviluppati sempre di più e
si basano su dati scientifici, assume
maggiore importanza l’attenzione
prestata dallo specialista della for-
za e del condizionamento fisico alla
terminologia utilizzata per descri-
vere e quantificare lo sforzo fisico.
L’uso di una varietà di definizioni
per termini quali forza, lavoro e po-
tenza per descrivere la prestazione
fisica e per termini quali concentri-
co, eccentrico, isometrico e isotonico
per descrivere le azioni dei muscoli
può condurre ad una considerevole
confusione e a sterili controversie.
Quando i professionisti della forza e
del condizionamento fisico saranno
meglio informati riguardo alla ter-
minologia dell’attività fisica e dimo-
streranno una maggiore attenzione
nello scrivere e nel parlare della pre-
stazione fisica, verranno favoriti una
migliore comunicazione e un grado
più elevato di professionalità.
Con circa 100 produttori e venditori
di attrezzature per lo svolgimento di
un’ampia varietà di attività fisiche,
è importante per il professionista
avere una comprensione di base dei
diversi tipi di contrazione muscola-
re. Una tale conoscenza offrirà una
migliore preparazione allo speciali-
sta della forza e del condizionamen-
to fisico per valutare l’attrezzatura
con competenza e per progettare
programmi di allenamento in cui
verrà data grande considerazione al
concetto di specificità. Inoltre, l’uti-
lizzo corretto dei termini forza-for-
ce, lavoro, potenza e forza-strength
condurrà ad un’accuratezza e ad una
chiarezza maggiori nella comunica-
zione orale, così come in testi scritti
riguardanti l’attività fisica quali ma-
nuali, relazioni, articoli di riviste.
Infine, persistono confusione e pole-
miche circa il confronto e/o l’opposi-
zione tra i concetti di forza e potenza
(1, 9). Spesso, gli esercizi e i pro-
grammi di attività fisica sono iden-
tificati come in grado di sviluppare
la forza in opposizione alla potenza e
viceversa. Dove sta la verità, dove la
finzione e dove la confusione?
Gli Autori di questo articolo tecni-
co si propongono di considerare e
descrivere la terminologia correlata
alla contrazione muscolare e all’at-
tività fisica contro resistenza e pre-
sentare una serie di definizioni per
una terminologia adatta e corretta.
Azione muscolare
(Muscle Action)
Quando singole cellule muscolari
(fibre) o le varie cellule che com-
pongono le unità motorie di un
particolare muscolo ricevono la
stimolazione nervosa, tentano di
accorciarsi lungo un asse longitudi-
nale. Per un muscolo, ciò significa
che la forza viene esercitata verso
la porzione centrale della struttura
muscolare e tenta quindi di avvici-
nare le due inserzioni ossee.
L’attivazione di un muscolo schele-
trico determina tre diverse azioni,
a seconda della relazione tra la for-
za prodotta e le forze che agiscono
esternamente sulle inserzioni ossee.
Il muscolo attivo può accorciarsi,
può conservare la stessa lunghezza
o può allungarsi. Il problema della
terminologia più appropriata per
descrivere l’attività muscolare conti-
nua ad essere fonte di polemiche tra
i fisiologi.
Anzitutto, il termine contrazione
è definito nei dizionari in termini
generali come “accorciamento” e,
in riferimento all’azione muscola-
re, come “come un accorciamento
e un ispessimento” (“a shortening
and thickening”). Utilizzando tale
definizione con le tre possibili azio-
ni sopra menzionate, ci troviamo di
fronte a “ un accorciamento dell’ac-
corciamento” (ridondante!), a “un
accorciamento con nessun cambia-
mento di lunghezza” (contradditto-
rio!) e a “un accorciamento dell’al-
lungamento” (contraddittorio!).
Tuttavia, il termine contrazione
sembrerebbe essere una componen-
te ben consolidata nella storia e nel-
la tradizione quando ci si riferisce
al muscolo in azione. Una soluzio-
ne al dilemma consiste nel definire
la contrazione muscolare come, “lo
stato attivo del tessuto muscolare; il
tentativo del muscolo di accorciar-
si”. Non si deve presumere alcuna
direzionalità.
Segue poi la questione degli agget-
tivi che devono essere impiegati per
descrivere il muscolo in azione che
può accorciarsi, o essere mantenuto
alla stessa lunghezza, o essere allun-
gato. Nella tabella 1 sono presentati
diversi termini che sono stati impie-
gati negli anni. È molto probabile
che i termini miometrico, isometrico
e pliometrico possano ottenere il fa-
vore per un utilizzo futuro da parte
dei fisiologi, dei professionisti della
forza e del condizionamento fisico e
del pubblico che si dedica all’attività
fisica. I termini descrivono l’azione
muscolare in modo semplice e chia-
ro.
Poiché i termini concentrico, iso-
metrico ed eccentrico sono quelli
più comunemente utilizzati nella
letteratura scientifica contempora-
nea e dai professionisti della forza
i Quaderni di
Strength & Conditioning
14
- Per una Scienza del movimento dell’uomo
1
La
Forza
5. Durante gli ultimi tre anni sono sta-
ti fatti molti progressi nelle tecniche
di somministrazione degli esercizi
ad intensità progressiva. Questa re-
lazione puramente tecnica è stata
preparata allo scopo di spiegare le
nuove tecniche e i miglioramenti
rispetto alle tecniche precedenti.
Non verrà fatto alcun riferimento
agli aspetti fisiologici dell’esercizio,
alle indicazioni per l’utilizzo o ai
risultati ottenuti. Tuttavia, i metodi
di esecuzione degli esercizi contro
resistenza ad intensità progressiva
vengono considerati nei dettagli.
Quando gli esercizi furono descritti
inizialmente vennero indicati con
l’espressione “esercizi con sovrac-
carichi pesanti”: questa denomina-
zione non voleva sottintendere che
vengono utilizzati solo carichi pe-
santi e che un muscolo debba avere
all’inizio una potenza vicino al nor-
male. La resistenza è “pesante” solo
quando è presa in considerazione
la quantità di potenza muscolare.
Per esempio, per un muscolo mol-
to indebolito di un paziente affetto
da poliomielite, poche once saran-
no pesanti quanto 50 o 100 libbre
(22,68 kg – 45,36 kg) per un musco-
lo normale. Comunque, è evidente
che la denominazione “esercizi con
sovraccarichi pesanti” è accompa-
gnata da implicazioni ingannevoli e
che la denominazione “esercizi con-
tro resistenza ad intensità progres-
siva” che è stata suggerita sembra
essere più appropriata. Quest’ultima
è quella qui adottata e non sarà fatto
alcun riferimento alla denominazio-
ne originale.
Sviluppi recenti hanno reso impera-
tivo rivedere, definire e standardiz-
zare la terminologia utilizzata nel
settore dell’esercizio fisico contro
resistenza ad intensità progressiva.
Sono stati fatti tutti i tentativi possi-
bili per sviluppare termini semplici,
logici e autoesplicativi.
Il principio del contrappeso è stato
impiegato per esercitare muscoli
così deboli che non possono com-
pletare un intero arco di movimento
contro gravità. Tramite un siste-
ma di carrucole e di un carico che
funge da contrappeso, una parte
sufficiente del peso dell’arto viene
compensata per permettere al mu-
scolo debole di far compiere all’arto
una completa escursione articola-
re. Questo metodo rende possibile
assegnare a muscoli estremamente
deboli esercizi di intensità progres-
siva eseguiti attraverso un arco di
movimento completo e rappresenta
un miglioramento sostanziale ri-
spetto al metodo precedentemente
descritto, quello di sovraccaricare il
muscolo debole attraverso un’escur-
sione articolare limitata. Il muscolo
deve seguitare ad esercitare la mas-
sima potenza, anche se è assistito da
un contrappeso1
. Di conseguenza,
i principi degli esercizi contro resi-
stenza ad intensità progressiva non
sono infranti dall’utilizzo di un con-
trappeso.
Prima di passare a descrivere l’u-
tilizzo del contrappeso nell’attività
fisica, devono essere definiti due
termini: uno è “il carico di eserci-
zio”; l’altro, “il carico muscolare”. Il
carico di esercizio è il carico con cui
si esegue l’esercizio e non si riferisce
necessariamente alla resistenza che
il muscolo deve superare durante
l’esercizio. Come sarà spiegato più
avanti, questo carico può servire
ad assistere (figura 2) il muscolo o
a resistere ad esso (figura 3) duran-
te l’esercizio. Il carico muscolare è il
carico (o resistenza) che il muscolo
deve effettivamente superare duran-
te l’esercizio. Per i muscoli più forti,
il carico muscolare comprende sia il
peso dell’arto che il carico di eserci-
zio (figura 3). Per i muscoli deboli,
il carico muscolare è solo una por-
zione del peso dell’arto, il restante
essendo stato compensato dal carico
di lavoro che funge da contrappeso.
Il carico di lavoro è usato come con-
trappeso per compensare parte del
peso dell’arto nel caso di muscoli
estremamente deboli (figura 2); per
muscoli più forti, il carico di eserci-
zio viene aggiunto al peso dell’arto
(figura 3). Pertanto, quando viene
utilizzato il contrappeso, il carico di
esercizio assiste il muscolo, ovvero
riduce il carico muscolare, mentre
per muscoli più forti il carico di la-
voro oppone una resistenza al mu-
scolo. Un’ulteriore indagine eviden-
zia che quando il carico di esercizio
è utilizzato come contrappeso, il suo
peso non supera mai quello dell’ar-
to, perché se ciò avvenisse l’esercizio
diventerebbe puramente passivo,
poiché il carico di esercizio solleve-
rebbe l’intero peso dell’arto.
Per il muscolo che possiede una for-
za maggiore di quella appena suf-
ficiente per completare un arco di
movimento contro gravità, il peso
del solo arto non offre una resisten-
za sufficiente a stimolare l’ipertrofia.
Di conseguenza, il carico di eserci-
zio viene aggiunto al peso dell’arto.
La denominazione “esercizi con ca-
rico assistente” si applica a quegli
1.
DeLorme, T. L.: Restoration of Muscle Power by Heavy Resistance Exercises, J, Bone & Joint Surg. 87:045 (Oct.)
1945; Heavy Resistance Exercises, Arch. Phys. Med. 87:007 (Ottobre) 1940.
i Quaderni di
Strength & Conditioning
32
- Per una Scienza del movimento dell’uomo
1
La
Forza
6. Abstract
Todd, JS, Shurley, JP e Todd, TC. Thomas L. DeLorme and the science of progressive resistance exercise. (Thomas
L. DeLorme e la scienza dell’esercizio fisico contro resistenza ad intensità progressiva). J Strength Cond Res
26(11): 2913–2923, 2012 - Negli ultimi anni della seconda guerra mondiale, il numero dei militari americani
che avevano subito lesioni ortopediche stava mandando in crisi gli ospedali militari degli Stati Uniti. Il sovraf-
follamento dei pazienti era in parte dovuto al numero dei soldati coinvolti nello sforzo bellico, ma era esacer-
bato dai protocolli riabilitativi che richiedevano lunghi tempi di recupero. Nel 1945, il Dr. Thomas L. DeLorme,
un medico militare, sperimentò una nuova tecnica riabilitativa. DeLorme aveva utilizzato l’allenamento della
forza per guarire da una malattia infantile e ritenne che tale allenamento con carichi pesanti sarebbe stato
vantaggioso per i militari infortunati. Il nuovo protocollo di DeLorme consisteva in serie multiple di esercizi
contro resistenza in cui i pazienti sollevavano il loro 10 RM (Ripetizione Massima, un carico che con 10 ripe-
tizioni porta all’esaurimento. Così dicasi di 5 RM, 20 RM. Un carico 1 RM sta ad indicare il carico massimo che
un soggetto può vincere, spostare, sollevare, ecc. con un solo movimento, una sola ripetizione, NdC). Nel 1948
DeLorme perfezionò il sistema per includere 3 serie progressivamente più pesanti da 10 ripetizioni e chiamò
il programma con i termini inglesi “Progressive Resistance Exercise” (esercizio fisico contro resistenza ad in-
tensità progressiva). Il programma ad elevata intensità ebbe molto più successo dei protocolli precedenti e fu
presto adottato come standard nei programmi di fisioterapia sia militari che civili. Nel 1951, DeLorme pubblicò
il testo Progressive Resistance Exercise: Technic and Medical Application (Esercizio fisico contro resistenza ad
intensità progressiva: applicazioni tecniche e mediche), che fu letto da molti altri medici e professionisti del
settore. Il libro e le pubblicazioni accademiche di DeLorme sull’esercizio fisico contro resistenza ad intensità
progressiva hanno aiutato a legittimare l’allenamento della forza e hanno svolto un ruolo chiave nel porre le
basi della scienza dell’esercizio fisico contro resistenza.
Inizio di una fortuita
e fortunata carriera
nell’esercito degli
Stati Uniti
Il 26 febbraio 1944, il Dr. Thomas
Lanier DeLorme entrò in servizio
al Gardiner General Army Hospi-
tal di Chicago. DeLorme, da poco
nominato luogotenente del servizio
sanitario dell’esercito statunitense, fu
assegnato al Reparto Ortopedico al
Gardiner, un ospedale militare isti-
tuito velocemente in quello che era
stato, prima di essere requisito dall’e-
sercito, il Chicago Beach Hotel (28).
Al Gardiner, pieno fino all’inverosi-
mile di militari feriti, DeLorme ebbe
il primo incarico come medico a tutti
gli effetti dopo il diploma anticipato
al New York University’s College of
Medicine (NYU) nell’aprile del 1943,
avendo la scuola deciso che la sua
classe poteva saltare gli ultimi 2 mesi
di formazione medica a causa dello
sforzo bellico (48). DeLorme rice-
vette il Valentine Mott Award quella
primavera, poi fece un breve tiroci-
nio a New York prima di entrare nel
servizio sanitario dell’esercito il 1
gennaio 1944. Secondo sua moglie,
Eleanor Pearson DeLorme, sposata
nel 1941, DeLorme avrebbe voluto
essere assegnato a un reparto di carri
armati all’estero, ma invece fu inviato
a Chicago. Tuttavia, in un esempio
perfetto della “Legge delle conse-
guenze inattese” di Merton, quella
disposizione militare avrebbe cam-
biato il corso della moderna riabilit
azione e aiutato a creare la scienza
dell’allenamento della forza (12, 46).
Appena DeLorme iniziò a lavorare al
Gardiner nel mese di febbraio, capì
che l’enorme numero di pazienti or-
topedici che erano in cura nell’ospe-
dale non era dovuto alla mancanza di
medici. Invece, secondo DeLorme,
ciò che era “urgentemente necessa-
rio” era trovare un metodo più veloce
per riabilitare i pazienti in modo che
i loro letti potessero rendersi dispo-
nibili per altri soldati che erano stati
feriti in guerra (3, 21). A quel tempo
era usuale per i pazienti in riabilita-
zione trascorrere talvolta anche 6-9
mesi in terapia postoperatoria, il che
si traduceva nel sovraffollamento del
Gardiner e degli altri ospedali mili-
tari (62).
L’inizio di un
cambiamentoconcettuale
Poco tempo dopo il suo arrivo a
Chicago, DeLorme incontrò il Ser-
i Quaderni di
Strength & Conditioning
42
- Per una Scienza del movimento dell’uomo
1
La
Forza
7. Abstract
Kraemer, WJ e Szivak, TK. Strength training for the warfighter. J Strength Cond Res 26(7): S107–S118, 2012 -
L’ottimizzazione dell’allenamento della forza per i militari è messa in discussione dalle filosofie di allenamen-
to del passato che non si adattano più ai moderni soldati che affrontano il “campo di battaglia anaerobico”.
Gli approcci di allenamento, volti ad integrare la forza con altre capacità fisiche necessarie, hanno dimostrato
di avere bisogno di un modello di periodizzazione che sia flessibile ai cambiamenti e in grado di adattarsi
alle mutevoli circostanze che influiscono sulla qualità delle sedute di allenamento. Inoltre, è di primaria
importanza, per assicurare il successo a lungo termine, inserire in sequenza le sedute di allenamento per
limitare lo sviluppo delle sindromi da overreaching (sovrallenamento a breve termine) e da overtraining (so-
vrallenamento) che riducono il tempo in servizio e provocano lesioni. Concedere periodi di tempo adeguati
per il riposo e il recupero e riconoscere l’impatto negativo di programmi caratterizzati da sforzi estremi e
dell’allenamento di resistenza eccessivo saranno elementi fondamentali per indirizzare i programmi di alle-
namento fisico verso una prospettiva più moderna come quella utilizzata attualmente dagli atleti di élite
per l’allenamento anaerobico di forza-potenza negli sport (il grassetto è nostro, NdC). Poiché il soldato è un
atleta di élite, è arrivato il momento che gli approcci di allenamento fondati su dati scientifici siano applicati
nel settore militare se si vuole rispondere alle richieste funzionali delle moderne operazioni sul campo e ad
essi siano riconosciuti una considerazione e un valore maggiori da parte dei livelli di comando. Per ottimiz-
zare la forza del militare moderno sono necessari un’analisi dei bisogni, lo sviluppo di moduli di allenamento
periodizzati e la personalizzazione dei programmi. Attualmente, disponiamo delle conoscenze, di allenatori
professionisti, delle certificazioni di organizzazioni non profit con centri di educazione continua e di una
tecnologia di allenamento moderna, perché tutto ciò possa diventare realtà. E infine, perché tutto questo sia
possibile sono necessarie solo decisioni a livello di comando e la loro successiva attuazione.
INTRODUZIONE
I programmi di condizionamento
fisico che si incentrano sulla forza
e sulla potenza massimali vengono
sempre più considerati componen-
ti potenzialmente importanti del
benessere fisico in ambito milita-
re (34) dove, in passato e ancora
oggi, il fulcro del condizionamen-
to fisico è stato ed è l’allenamento
di resistenza aerobica. In parte ciò
deriva dalla facilità di attuazione di
tali programmi e dalla semplicità
di prescrizione degli esercizi quan-
do si deve allenare fisicamente un
numero elevato di soldati. Inoltre,
l’allenamento fisico è stato spesso
orientato verso la prestazione rela-
tiva alle componenti aerobiche dei
test annuali di idoneità fisica, piut-
tosto che verso quella relativa alle
richieste delle missioni in condizio-
ni reali. Tuttavia, poiché saper rico-
noscere e affrontare adeguatamente
le esigenze richieste al combattente
è una sfida in continua evoluzione a
causa della diversità dei fattori fisici,
psicologici e ambientali affrontati
sul campo di battaglia, è evidente il
ruolo centrale che assumono i pro-
grammi di condizionamento fisico
totale ben progettati. Non c’è dubbio
che la forza e la potenza massimali di
un soldato stabiliscono l’entità della
forza e della potenza nelle prestazio-
ni di resistenza submassimali ad alta
intensità, il che letteralmente si tra-
duce in una prestazione migliore sul
moderno campo di battaglia.
L’allenamento con sovraccarichi pe-
santi ad intensità progressiva resta
la modalità principale per miglio-
rare la forza e la potenza massi-
mali di un atleta. Esso comporta la
necessità di attrezzature e strutture
per l’allenamento contro resistenza
che assicurino l’attuazione di pro-
grammi correttamente progettati.
Sebbene quasi tutte le basi militari
siano dotate di sale pesi e di struttu-
re per il condizionamento fisico, le
dimensioni delle strutture e la com-
plessità delle attrezzature possono
non essere all’altezza delle esigenze
di allenamento di tutti i soldati. Seb-
bene i soldati statunitensi assegnati
ad unità specializzate (cioè le forze
speciali o “Special Operations For-
ces”) abbiano attualmente accesso
alle strutture della forza e del con-
dizionamento fisico secondo il pro-
gramma THOR3 (Tactical Human
Optimization, Rapid Rehabilitation,
and Reconditioning), queste stesse
risorse non sono disponibili per le
i Quaderni di
Strength & Conditioning
60
- Per una Scienza del movimento dell’uomo
1
La
Forza
8. INTRODUZIONE
Molti sport richiedono la capacità
di produrre quantità elevate di forza
in periodi di tempo relativamente
brevi (42, 58). La capacità di espri-
mere tassi elevati di sviluppo della
forza è spesso correlata ai livelli ge-
nerali della forza di un atleta (71) e
alla capacità di esprimere un’elevata
potenza (27, 30). Stone et al. (71)
hanno ipotizzato che la capacità di
esprimere tassi elevati di sviluppo
della forza e un’elevata potenza si-
ano caratteristiche fondamentali
della prestazione, aspetti focali per
ottenere successo nella maggior
parte degli eventi sportivi. Queste
capacità sono considerate tra le ca-
ratteristiche più importanti della
prestazione sportiva, soprattutto
nelle attività che si correlano alla
capacità di salto, ai cambi di direzio-
ne e/o all’esecuzione delle azioni di
sprint (31, 53, 71).
La relazione globale tra i movimen-
ti specifici dello sport e la capacità
di sviluppare un’elevata potenza è
ben documentata nella letteratura
scientifica (4, 5, 8, 60). Per esem-
pio, Hansen et al. (33) hanno ri-
ferito che le espressioni del picco
di potenza sono significativamente
(p < 0,001) più elevate nei giocatori
della Elite Rugby Union rispetto ai
loro colleghi più giovani. Analoga-
mente, Baker (4) ha ipotizzato che i
giocatori professionisti della Rugby
League (National Rugby League)
producano una quantità maggiore
di forza sia nei movimenti relativi
alla parte superiore del corpo che
in quelli della parte inferiore rispet-
to ai giocatori di college (Student
Rugby League). Inoltre, Fry e Kra-
emer (25) hanno dimostrato che,
nell’American Collegiate Football,
le caratteristiche della forza e del-
la potenza si differenziano in base
al livello di gioco, con gli atleti più
forti e più potenti che sono preva-
lenti nelle squadre di divisione su-
periore. Analogamente, Barker et al
(6) hanno riferito che la capacità di
produrre la massima forza e la mas-
sima potenza è in grado di differen-
ziare i titolari dalle riserve. Quan-
do sono stati esaminati altri sport,
quali la pallacanestro, la pallavolo e
il softball femminili, sono state tro-
vate significative correlazioni tra la
produzione della forza massimale e
del picco di potenza (r = 0,719) e il
tempo rilevato con il T test di agilità
(r = −0,408) (61). Quando sia gli uo-
mini (pallacanestro, pallavolo) che
le donne (pallacanestro, pallavolo e
softball) partecipanti a sport diversi
sono stati uniti in un unico gruppo,
la forza del back squat era altamen-
te correlata al picco di potenza (r =
0,917) e al tempo rilevato con il T
test di agilità (r = −0,784). Sulla base
delle conoscenze scientifiche attuali,
è evidente che la forza massimale,
il tasso di sviluppo della forza e la
capacità di generare un picco di po-
tenza sono tutte caratteristiche im-
portanti che è necessario sviluppare
quando si applicano i programmi
per la forza e il condizionamento
fisico.
Esiste un considerevole dibattito
che riguarda quali di queste carat-
teristiche dovrebbero rappresentare
gli obiettivi principali dell’allena-
mento, quando si tenta di ottimizza-
re la produzione di potenza con in-
terventi di allenamento con sovrac-
carichi. Per esempio, alcuni Autori
dimostrano che, quando sono stati
sviluppati livelli adeguati di forza,
continuare a sviluppare questo at-
tributo può portare a una riduzione
del rendimento (17), mentre altri
affermano che la forza massimale
incide sulla capacità di generare po-
tenza in maniera gerarchica, nella
quale la sua influenza sulla produ-
zione di potenza diminuisce al de-
crescere del carico esterno (65, 66).
Concettualmente, spesso si ritiene
che, al diminuire del carico esterno,
l’influenza della forza massimale si
riduca e si faccia maggiore affida-
mento sul tasso di sviluppo della
forza. Questa relazione è spesso uti-
lizzata come l’argomento centrale
per sviluppare la capacità di espres-
sione di potenza mediante esercizi
esplosivi che vengono eseguiti con
quello che è stato denominato il “ca-
rico ottimale” (20, 42).
In genere, quando si cerca di mas-
simizzare la produzione di potenza,
sembrano esservi 3 scuole di pensie-
ro principali (20). La prima scuola
suggerisce che sforzi ad intensità
inferiore (<50% di 1 ripetizione
massima [RM]) sono ottimali per lo
sviluppo della capacità di produrre
potenza (44, 54), mentre la seconda
scuola ritiene che siano necessari
carichi più elevati (50–70% di 1RM)
(63, 70, 81). La terza scuola di pen-
siero suggerisce un approccio con
modalità combinate, in cui diversi
carichi e diversi tipi di esercizio ven-
gono utilizzati in modo periodizza-
to per ottimizzare la produzione di
potenza (9, 20, 42, 58).
Benché ciascuna scuola di pensiero
offra motivazioni convincenti per
utilizzare metodi di allenamento
i Quaderni di
Strength & Conditioning
82
- Per una Scienza del movimento dell’uomo
1
La
Forza
9. 1. INTRODUZIONE
Il sollevamento pesi è, da molto
tempo, utilizzato nei programmi di
allenamento per sviluppare la forza,
la potenza e la velocità negli atleti
sia professionisti che non professio-
nisti. Il sollevamento pesi fa riferi-
mento allo sport ufficiale (che com-
prende lo strappo [snatch] e lo slan-
cio e strappo [clean and jerk] e non
deve essere confuso con l’allena-
mento con i pesi, l’allenamento con-
tro resistenza o il powerlifting (54).
Benché la modalità di allenamento
sia spesso utilizzata nell’ambito del-
lo sport professionistico (30, 52), il
suo inserimento nei programmi di
allenamento per i giovani è stato
messo in discussione per le preoc-
cupazioni riguardanti la sicurezza e
la salute dei giovani atleti (2). Tutta-
via, la letteratura recente suggerisce
che il numero degli infortuni che si
verificano come conseguenza diret-
ta di un generico allenamento con
sovraccarichi e di attività specifiche
di sollevamento pesi nei giovani
atleti è relativamente basso (10, 20,
21, 31, 45, 50, 55). In effetti, è im-
portante che gli insegnanti di edu-
cazione fisica, gli allenatori spor-
tivi e gli allenatori della forza e del
condizionamento fisico si rendano
conto della dicotomia che esiste tra
il rischio e il beneficio degli esercizi
di sollevamento pesi e la interpreti-
no razionalmente, come fanno per
molte altre modalità di allenamento
e programmi di preparazione tecni-
ca. Alcune delle principali autorità
nel campo delle scienze motorie,
quali la National Strength and Con-
ditioning Association (NSCA), l’Au-
stralian Strength and Conditioning
Association (ASCA), la United Kin-
gdom Strength and Conditioning As-
sociation (UKSCA) e la British Asso-
ciation of Sport and Exercise Sciences
(BASES), ritengono che in presenza
di personale qualificato l’allenamen-
to contro resistenza è, in generale,
sicuro ed efficace per i giovani atleti
(4, 19, 49, 55).
2. RISCHI TRASCURATI E
BENEFICI SOTTOVALUTATI
DEGLI ESERCIZI DI SOLLEVA-
MENTO PESI PER I GIOVANI
Una preoccupazione importante
connessa agli esercizi di solleva-
mento pesi per i giovani atleti è
incentrata sul danno potenziale al
piatto epifisario. Sebbene sia vero
che questo composto strutturale sia
più debole del tessuto connettivo
circostante, non vi sono evidenze
che indicano che il sollevamento
pesi, e più in generale l’allenamen-
to contro resistenza, sia particolar-
mente dannoso per le epifisi (49) o
sia direttamente correlato ad una
eventuale riduzione della crescita in
altezza nei giovani atleti (18, 39).
Viceversa, gli adattamenti del tes-
suto connettivo e dell’apparato
scheletrico che possono derivare
dal sollevamento pesi eseguito dai
giovani atleti sotto una supervisione
adeguata li preparerà meglio a tolle-
rare l’impatto e le forze di reazione
al terreno a cui saranno sottoposti
in ambito sportivo. Di conseguenza,
invece di pensare ai rischi che pos-
sono sorgere nell’“esporre” i giovani
atleti al sollevamento pesi, gli alle-
natori della forza e del condiziona-
mento fisico, gli allenatori sportivi
e gli insegnanti di educazione fisica
dovrebbero concentrarsi sui rischi
che possono sorgere nel “non espor-
re” i giovani atleti ad una modali-
tà di allenamento che li prepari al
meglio ad affrontare le situazioni
delle attività sportive agonistiche
[e la vita, aggiungiamo noi, convin-
ti che la motivazione principale alla
pratica dell’esercizio fisico in età gio-
vanile non sia la successiva pratica
dello sport agonistico, ma piuttosto
la necessità di vivere tutta l’esistenza
bene, ovvero – per quanto possibile –
nel pieno benessere fisico e psichico,
NdC/PB].
I ricercatori hanno identificato una
serie di fattori di rischio aggiuntivi
predominanti nel sollevamento pesi
(e nell’allenamento con sovraccari-
chi in generale), tra cui un ambien-
te e un’attrezzatura non sicuri, un
carico e un volume di allenamento
eccessivi e pause di riposo limitate
[dunque, troppo brevi, NdC] (25,
49). Tuttavia, come gli Autori con-
fermano, questi fattori di rischio
possono essere ridotti o eliminati,
con una supervisione adeguata e
istruzioni fornite da allenatori qua-
lificati. Gli allenatori, come minimo,
dovrebbero essere in possesso di
un’abilitazione riguardante la for-
za e il condizionamento fisico (per
es. NSCA Certified Strength and
Conditioning Specialist, UKSCA Ac-
credited Strength and Conditioning
Coach awards o USA Weightlifting
certification) [qualcosa di simile sta
nascendo, per fortuna e per opera di
una federazione sportiva illuminata
e davvero benemerita per questo pe-
culiare aspetto, anche nel nostro Pae-
se, NdC/PB].
Queste abilitazioni suggeriscono
solamente un livello adeguato di co-
noscenza o competenza e, di conse-
guenza, è essenziale che l’allenatore
i Quaderni di
Strength & Conditioning
96
- Per una Scienza del movimento dell’uomo
1
La
Forza
10. Introduzione
Dall’inizio del XX secolo sono sta-
ti effettuati numerosi studi di ri-
cerca sull’allenamento della forza
che hanno guidato lo sviluppo e la
pratica dei professionisti della riabi-
litazione (medicina fisica e terapia
fisica) e dell’allenamento della forza
(7). Negli Stati Uniti, nel 1978 ven-
ne fondata la National Strength and
Conditioning Association (NSCA),
al fine di promuovere lo sviluppo
delle professioni riguardanti la for-
za e il condizionamento fisico e le
conoscenze scientifiche sull’allena-
mento della forza. Uno dei cardini
della NSCA è sempre stato quello
di promuovere la ricerca scientifica
sull’allenamento della forza per for-
nire un patrimonio di conoscenze ai
programmi della forza e del condi-
zionamento fisico basati sulle evi-
denze.
I pionieri di questo settore propose-
ro delle regole per la terminologia
da utilizzare nei settori della forza
e dell’allenamento (29, 44, 45, 49).
Nonostante questi sforzi e circa 100
anni di ricerche sull’allenamento
della forza nell’uomo, vi sono anco-
ra in letteratura contraddizioni nella
definizione e nell’uso delle variabili
della prestazione muscolare, come
è il caso della “potenza”. Questo
articolo si incentra su un esempio
di questo problema terminologi-
co: il vasto numero di documenti
che utilizzano i nebulosi concetti
di “potenza”, “eventi di potenza” o
“allenamento della potenza” come
sinonimi per indicare un’unica pre-
stazione neuromuscolare a breve
termine e ad elevata intensità (anae-
robica). Questi articoli, inoltre, pre-
suppongono, nonostante gli scarsi
dati scientifici a sostegno, che la sti-
ma del picco delle potenze meccani-
che corrisponda direttamente a una
prestazione neuromuscolare signifi-
cativa caratteristica di questi brevi
movimenti ad elevata intensità. Ciò
è veramente da deplorare, poiché
esistono numerose ricerche e leggi
fisiche che si oppongono a questa
interpretazione. Diversi autori han-
no già fatto notare come nella lette-
ratura scientifica sull’attività fisica
siano presenti confusione, errori di
calcolo, assenza di una terminologia
e di una metodologia coerenti nelle
variabili della prestazione relative
all’allenamento della forza (20, 29,
44, 45, 49, 63, 68). L’articolo allarga
proprio questo lavoro ed è organiz-
zato in tre parti che trattano rispet-
tivamente dei problemi relativi alla
terminologia e alle definizioni di
potenza muscolare, del collegamen-
to dei punteggi nel salto a questo
concetto complesso di potenza e di
altri fattori biomeccanici che limita-
no l’applicazione di tale significato
colloquiale di potenza nell’allena-
mento.
Il recente interesse in stime impre-
cise di potenze di picco in molti
movimenti umani brevi e dinamici
ha trascurato le numerose ricerche
sulla definizione di potenza mecca-
nica, sul principio di specificità e sui
settori della forza muscolare/presta-
zione neuromuscolare che rimet-
tono in questione l’importanza di
questo significato colloquiale. Que-
sta enfasi mal posta, l’uso sbagliato
della terminologia e la mancanza di
attenzione alle precedenti ricerche
sulla forza e il condizionamento fisi-
co hanno contribuito a risultati con-
trastanti e conclusioni distorte (20).
Tali problemi rappresentano un
ostacolo sia al progresso scientifico
che all’applicazione professionale
delle conoscenze nel settore della
forza e del condizionamento fisico,
ma rappresentano anche un’oppor-
tunità per i ricercatori di offrire un
contributo significativo allo specifi-
co settore.
Problemi del significato
colloquiale di potenza
Sono stati pubblicati numerosi do-
cumenti che trattano della “potenza”
nel movimento umano. Tra il 1998 e
il 2008 SportDiscus e Google Scholar
hanno indicizzato, rispettivamen-
te, oltre 500 e oltre 21.000 citazioni
per una ricerca utilizzando le parole
“muscolare e potenza”. Molti di que-
sti documenti presentano problemi
quali una definizione non chiara di
potenza muscolare, una mancanza
di specificità dei dati e del modello
utilizzati per calcolare il flusso di
potenza e il momento in cui questo
flusso di potenza si verifica nel mo-
vimento. Un problema più grosso è
il significato colloquiale, la presunta
rilevanza di questo picco di “poten-
za” per la prestazione muscolare e
l’allenamento nell’uomo. Molti arti-
coli fanno riferimento alla “potenza”
come se fosse una caratteristica ben
definita e generica della prestazione
neuromuscolare o atletica e non la
i Quaderni di
Strength & Conditioning
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