Cos'è l'Arte Digitale? Massimo Cremagnani, artista e ricercatore, indaga da oltre 15 anni sul significato e sulla coerenza della più contemporanea forma d'arte, legandola a stili e tecniche tradizionali ed esaltandone le caratteristiche che la identificano.
Un testo unico nel suo genere, che individua e dimostra attraverso 10 dogmi liberamente interpretabili l'essenza di uno stile troppo spesso frainteso.
3. 4 Intro
6 Prequel
8 Manifesto dell’Arte Digitale [SPECCHIO]
12 Revelation
14 Poster, Chiave di lettura & Postilla
19 Manifesto Amplificato dell’Arte Digitale Figurativa
20 Assunto - La Formula Definitiva
24 Dell’Arte: Il Potere del Virtuale
28 Dell’Arte: L’unicità del Riproducibile
32 Dell’Arte: LìEsigenza del Bello Artistico
36 Dell’Artista: La Pratica dell’Alchimia
40 Dell’Artista: La Metafisica dell’Iter Creativo
44 Dell’Artista: La Perpetuazione della Ricerca
48 Dell’Intorno: La Presa di Contemporaneità
52 Dell’Intorno: La Negazione della Superficialità
56 Dell’Intorno: Il Rifiuto della Simulazione
60 In Fede...
63 Nota Biografica
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4. Il caos ha bisogno di regole.
È consuetudine che le Avanguardie Artistiche si presentino al mondo tramite una più o meno
complessa chiave di lettura, un documento di identificazione in cui siano enunciati senza fronzoli
lo spirito, le motivazioni, l’atteggiamento e gli obiettivi preposti.
Questo documento è definito “Manifesto”.
Il manifestismo, se mi è permessa questa definizione, è parte delle avanguardie quanto le loro opere
e il loro spirito. Ne racchiude il lato comunicativo, diretto ma più descrittivo rispetto all’opera figurativa
o poetica (oppure, nuovamente, multimediale), mantenendo gli ideali nella forma e nell’intenzione.
Un Manifesto è un po’ come un canovaccio redatto con stile autoreferenziale, uno spunto generale
per chi segue attivamente o passivamente i princìpi del movimento. Ma è anche un fulcro ideologico
per chi ha iniziato o intende continuare la ricerca in questione. Talvolta è una sintesi, più spesso apre
le porte a diversi approfondimenti.
Filippo Tommaso Marinetti, autore dei più noti Manifesti
del Futurismo, in un ritratto a punta secca virtuale del XXI secolo.
Per gentile concessione dell’autore.
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5. La necessità di redigere un Manifesto nasce da un’insicurezza motivata, dall’autocritica di superiorità
che caratterizza, tra gli altri, i pionieri dell’estetica e i liberi pensatori. Avere un’intuizione innovativa
non è cosa di tutti i giorni, e ancor più difficile è metterla in pratica. Prima di questo sussistono
innumerevoli dubbi, variabili e verifiche. L’estrema complessità della sperimentazione richiede una
precisa analisi speculativa, continua e sempre dinamica. Serve quindi, in un certo momento, un punto
fermo su cui poter riflettere e al quale riferirsi, limitando al minimo vaghe interpretazioni e voli
pindarici degli autori (prima) e dei fruitori (dopo).
La stesura di un manifesto è un atto creativo di grande potenza. La sua gestazione spesso consente
maggiori approfondimenti rispetto allo slancio filosofico e creativo di un’opera d’arte come
comunemente la si intende. Anche se molti manifesti sembrano scritti d’impulso, carichi di energia
cinetica ed emozionale, essi sono in realtà l’estremizzazione di un ricco background, di idee forgiate
e macinate dietro le quinte per lungo tempo prima di essere messe a fuoco. L’aggressività, la prepotenza
del Manifesto è implicito nel manifestarsi, con uno stile che significa: “Ora sono pronto: ascoltami!”.
La sua pubblicazione, oltre a inseguire notorietà e prestigio, favorisce le possibilità di confronto, di
riscontro e, come riflesso, di evoluzione.
Anzi, ritengo che il suo scopo principale sia proprio quest’ultimo.
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6. Da cent’anni a questa parte, quando una filosofia raggiunge un’espressività, nasce un manifesto.
La nascita di strumenti creativi digitali, la loro evoluzione e la loro diffusione a livello globale hanno
stimolato gli artisti in diversi momenti e in differenti situazioni. Il fenomeno di portata internazionale
ha visto - e vede tuttora - molteplici interpreti, e più volte sono stati espressi i dogmi di un’Arte legata
ai computer.
Pare che, già nel 1995, Lello Masucci abbia pubblicato su Internet un Manifesto dell’Arte Digitale,
ottenendo riscontri internazionali; ma di questo manifesto non v’è più traccia, almeno sulla rete.
Un Manifesto Digitalista venne quindi promosso da Lorenzo Paolini nel 1997, sottoscritto da diversi
artisti tra cui Larry Gartel e Bert Monroy. Il testo chiaro e conciso ribadiva con solennità retorica la
necessità della componente umana nella creazione digitale. Anche questo trattato sembra caduto
nel dimenticatoio.
Lorenzo Paolini
Terzo Millennio, 1997
http://www.lorenzopaolini.it/manifesto.html
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7. J.D. Jarvis e Myriam Lozada
Carnival, nd
http://www.dunkingbirdproductions.com
Altri tentativi sono stati perpetrati da J.D. Jarvis e Myriam Lozada, da Demetrios Vakras, da Gerald
O’Connel (per la Web Art), da Kerry Mitchell (Fractal Art), da Pelle Ehn (Digital Bauhaus) e così via.
Io stesso nel ’98, inconsapevole dei miei precursori, scrissi una breve lirica satirica, intitolandola con
sordida ambiguità Manifesto dell’Arte Digitale. La formula scelta, caratterizzata da una struttura poetica
e dal tono sarcastico, voleva stimolare attraverso l’ironia l’amor proprio degli Artisti Digitali, sedicenti
o meno, di galleristi e curatori, esperti o meno, e di collezionisti e spettatori, coscienziosi o meno.
Questa mia prima dissertazione è riprodotta in forma integrale nelle pagine seguenti, con l’aggiunta
di una piccola postilla.
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8. Siete abituati male. Molto male.
Vi illudete che il mondo sia semplicemente quello che vi facciamo vedere:
alla televisione; sulle riviste; nelle opere d’arte.
(specchio)
E noi siamo stanchi:
siamo stanchi di lanciarci in ricerche formali sempre più raffinate;
stanchi di dover trovare sempre qualcosa di nuovo e di originale;
stanchi di non essere apprezzati per i nostri sforzi, se non superficialmente.
(specchio)
Per secoli abbiamo tentato di aprirvi gli occhi sul mondo e su voi stessi,
di farvi vedere più in là;
ma a voi questo non interessa più, al giorno d’oggi è così evidente:
preferite facili risposte alle domande che vorremmo vi poneste.
(specchio)
Siamo così stanchi che abbiamo scelto anche noi una risposta facile:
ci siamo dati al digitale.
(specchio)
Cosa importa se la definizione non è la stessa di una fotografia.
Se le idee sono quelle vecchie a cui non avete mai badato,
leggermente aggiornate alle vostre consuetudini visive.
Se la materia non c’è più.
Se il gesto viene meccanizzato.
Se lasciamo che un macchinario svolga il nostro lavoro.
Nota dell’Autore:
(specchio)
Il sottotitolo “specchio” e l’incessante Scommetto che molti di voi non se ne sono accorti,
ripetersi di questo termine all’interno del e che agli altri non importa.
Manifesto sottolineano l’assoluta necessità Neanche a noi; tanto ormai lavoriamo nell’immateriale, nel virtuale.
di riflettere prima di definire qualcosa Ci siamo rifugiati in un mondo che non potete toccare, perché non esiste.
“un’opera d’arte”. Specchio è inoltre il (specchio)
confronto con sé stessi, con la propria
Opera come parte di sé e con punti di vista Voi credete di vederci, su di uno schermo o sulla carta.
esterni purché mirati e coerenti. Ma quella è solo un’interpretazione di quello che facciamo,
La storia ha purtroppo dimostrato che di quello che siamo nella nostra realtà virtuale,
l’allegoria era troppo sottile per sortire fatta apposta per voi che non potete (volete) capire.
l’effetto desiderato.
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9. E’ bello:
Computerarte? gia; un presente sociale e artistico in cui agire nel modo
più attivo per proporre un futuro migliore e attinente alle
Sognare su basi solide proprie idee. Insomma usavano l’espressione artistica
Sebbene diversi tra loro per ispirazione e contenuti, (non solo figurativa, ma anche letteraria, musicale, ecce-
questi tre movimenti avevano in comune la negazione tera) come strumento di stimolazione cerebrale verso un
non dobbiamo più sforzarci di riportare i nostri sogni o le nostre sensazioni al vostro livello:
del didascalismo statico, ovvero la semplice rappresenta- mondo apparentemente addormentato.
zione del mondo in cui viviamo. E, pur mantenendo una Oggi confondiamo invece questa stimolazione, l’abbia-
chiave di lettura apparentemente accessibile a tutti, evi- mo resa passiva: lasciamo fin troppo spesso che lo stru-
denziavano problematiche e simbologie molto più mento tecnologico sproni il nostro cervello, senza accor-
profonde. Nonostante queste apparenti complicazioni, gerci di essere così manipolati e rinchiusi in una scatola
ci pensa il computer.
però, tutti questi gruppi avevano una storia: un passato a ben più piccola dell’immaginario umano. Una scatola
cui attingere e sulle cui basi fondare una propria ideolo- come la televisione, o il computer.
Manifesto dell’arte digitale
Non dobbiamo più trovare una forma comunemente accettabile per le nostre idee: Lo specchio digitale
Siete abituati male.
Molto male.
Se la materia non c’è più.
Se il gesto viene meccanizzato.
Se lasciamo che un macchinario svolga il
nostro lavoro.
(SPECCHIO)
Sì, noi ci stiamo abituando bene.
Abbiamo trovato questo specchietto
le filtra il computer.
(SPECCHIO) per le allodole
Vi illudete che il mondo e lo abbiamo trasformato
sia semplicemente Scommetto che molti di voi nella nostra arma vincente:
quello che vi facciamo vedere: non se ne sono accorti, un artista digitale
alla televisione; e che agli altri non importa. è sicuramente all’avanguardia,
Non ci dobbiamo più sporcare di colore o intossicare coi solventi.
sulle riviste; Neanche a noi; è il nuovo pensiero,
nelle opere d’arte. tanto ormai lavoriamo nell’immateriale, è il futuro;
(SPECCHIO) nel virtuale. (SPECCHIO)
Ci siamo rifugiati in un mondo “quando tutto sarà informatizzato
(presto, molto presto, forse ieri),
E soprattutto, non abbiamo più paura di sbagliare,
E noi siamo stanchi: che non potete toccare,
siamo stanchi di lanciarci perché non esiste. potremo godere appieno
in ricerche formali (SPECCHIO) solo di opere virtuali,
sempre più raffinate; meglio pensarci da adesso,
stanchi di dover trovare sempre Voi credete di vederci, incominciare ad adeguarsi” .
possiamo farlo tutte le volte che vogliamo, con il computer.
qualcosa di nuovo su di uno schermo o sulla carta. Peccato che alcuni artisti
e di originale; Ma quella è solo un’interpretazione di quello operino attraverso il computer
stanchi di non essere apprezzati che facciamo, da più di vent’anni,
per i nostri sforzi, di quello che siamo senza che ve ne siate accorti.
se non superficialmente. nella nostra realtà virtuale, (SPECCHIO)
Voi non lo saprete mai.
(SPECCHIO) fatta apposta per voi
che non potete (volete) capire. Noi vi illudiamo di poter fare
Per secoli abbiamo tentato (SPECCHIO) il nostro stesso lavoro,
di aprirvi gli occhi sul mondo con il vostro computer;
e su voi stessi, noi vi illudiamo
(specchio)
di farvi vedere più in là; È bello: che il vostro computer
ma a voi questo non interessa più, non dobbiamo più sforzarci possa fare il nostro stesso lavoro.
al giorno d’oggi è così evidente: di riportare i nostri sogni E per darvi una mano
preferite facili risposte alle domande che o le nostre sensazioni (e avere più tempo libero)
vorremmo vi poneste. al vostro livello: spesso lavoriamo superficialmente,
(SPECCHIO) ci pensa il computer. al di sotto delle capacità nostre
Non dobbiamo più trovare e della nostra attrezzatura;
Sì, noi ci stiamo abituando bene.
Siamo così stanchi una forma comunemente accettabile (SPECCHIO)
che abbiamo scelto anche noi per le nostre idee:
una risposta facile: le filtra il computer. consciamente non ve ne accorgete,
ci siamo dati al digitale. Non ci dobbiamo più ma nel vostro intimo
(SPECCHIO) sporcare di colore vi sentite più vicini all’arte,
Abbiamo trovato questo specchietto per le allodole
o intossicare coi solventi. così vicini da voler provare voi stessi
Cosa importa se la definizione E soprattutto, l’ebbrezza della creazione
non è la stessa di una fotografia. non abbiamo più paura di sbagliare, andando così di fotocopia in fotocopia
Se le idee sono quelle vecchie possiamo farlo fino al totale annullamento delle sfumature.
a cui non avete mai badato, tutte le volte che vogliamo,
e lo abbiamo trasformato nella nostra arma vincente.
leggermente aggiornate con il computer;
alle vostre consuetudini visive. voi non lo saprete mai. Massimo Cremagnani, 1998
Un artista digitale è sicuramente all’avanguardia, è il nuovo pensiero, è il futuro.
28 marzo/aprile 1999 | Computer Graphics & Publishing
(specchio)
“Quando tutto sarà informatizzato Computerarte?
(presto, molto presto, forse ieri) di Massimo Cremagnani (prometeo@galactica.it)
O
ggi si sente spesso affermare che “è già stato René Magritte
potremo godere appieno solo di opere virtuali,
detto tutto”, e dietro questa scusante si tra- R ené Magritte, 1898 - 1967, bel-
scura l’importanza dell’originalità, mentre si
ga, visionario. Tutto il suo lavoro era
ripropongono idee vecchie, adattate con una
basato sugli sconvolgimenti dei rapporti relazionali: un oggetto e le
sue proprietà fisiche, due situazioni unite assurdamente in un unico
sorta di restyling ai tempi e alle occasioni in cui verran-
contesto, stravolgimenti e aberrazioni delle regole prospettiche. I suoi
no presentate.
meglio pensarci da adesso, incominciare ad adeguarsi”.
dipinti ritraevano soggetti
Premettendo che qualunque concetto o idea valida, ri-
normalissimi in situazioni
impossibili. E proprio que-
sta sua dote di mescolatore
concettuale istruisce e ispi-
Peccato che alcuni artisti operino attraverso il computer da più di vent’anni,
ra oggi fotomontatori e fo-
tocollagisti digitali, il cui la-
voro è enormemente facili-
tato dalla sempre più vasta
reperibilità d’immagini ori-
senza che ve ne siate accorti.
ginali e dagli specifici
software di montaggio.
Molti ritengono la tecnica
pittorica di Magritte super-
ficiale e infantile,ma fu pro-
Fin troppo spesso gli artisti prio questa sua didascalità
(specchio)
digitali non fanno i conti coi nella figurazione, questo
suo illustrazionismo marca-
loro predecessori. Ispirazione, to a sottolineare l’instabi-
omaggio o semplicemente plagio? lità del reale rappresentato
nelle sue opere.Certamente
visitata in momenti diversi, produce impressioni diverse, lavorare con immagini iperrealistiche,di qualità fotografica,comporta
Noi vi illudiamo di poter fare il nostro stesso lavoro, con il vostro computer;
sia nell’autore, sia nel fruitore; che un’evoluzione tecni- un differente approccio al risultante emotivo del lavoro finale. Forse
ca e/o tecnologica porta inevitabilmente a riprendere
per questo oggi è molto facile imbattersi in eccessivi effetti speciali,
temi già trattati, sia come complemento alla precedente
che con la loro appariscenza tendono a offuscare il significato simboli-
co dell’idea.
ricerca, sia per la necessità di avere un punto di riferi-
mento nell’evoluzione espressiva; che alcune tematiche
noi vi illudiamo che il vostro computer possa fare il nostro stesso lavoro.
e alcune simbologie sono così geneticamente radicate
nella nostra cultura che non si può fare a meno di par- fittando della buona fede e dell’ignoranza degli spettato-
larne… Premesso questo, capita sovente che sedicenti ri e varcando quella sottile linea che divide il citazioni-
artisti cerchino deliberatamente di spacciare per proprie smo dal plagio.
E per darvi una mano (e avere più tempo libero) spesso lavoriamo superficialmente,
creature lavori visibilmente ispirati ad altri autori, appro- Questo fenomeno non è una novità, e non solo nel
Mi dipingo a mano o al computer?
L a creazione della donna. Il potere dell’artista. Lo stesso concetto, per
al di sotto delle capacità nostre e della nostra attrezzatura.
quanto simile nell’esposizione, se esaminato in periodi diversi porta a conclu-
sioni diverse. Una donna negli anni ’20 aveva bisogno di un uomo per essere
completa (o completata),o almeno così voleva una società più maschilista e fal-
locratica.L’artista (maschio,come furono quasi tutti gli artisti fino agli anni ’60)
crea,contemporaneamente con devozione e distacco,la sua donna.Oggi,grazie
(specchio)
all’emancipazione, alla rivoluzione sessuale e ai computer, una donna può be-
nissimo dipingersi da sola, indipendente ma comunque sospettosa dell’uomo-
artista che, non inquadrato, la ritrae da dietro l’obiettivo, subdolamente.
Nel primo caso, la donna non è neanche più soggetto della composizione, ma
oggetto incompleto in attesa di essere definito, con lo sguardo nel vuoto, com-
pletamente apatico; le manca la personalità, l’anima. Nel secondo lavoro, inve-
Consciamente non ve ne accorgete,
ce, possiamo riconoscere chiaramente la determinazione della ragazza, i cui
dettagli ancora mancanti sono irrilevanti per il proprio essere, tanto quanto la
mancanza di biancheria.
� René Magritte, “Il tentativo del- � Ernst Nusterer, “Titolo scono-
l’impossibile”, 1928 sciuto”, anni ’90
ma nel vostro intimo vi sentite più vicini all’arte; 26 marzo/aprile 1999 | Computer Graphics & Publishing
così vicini da voler provare voi stessi l’ebbrezza della creazione
Il Manifesto era inserito a compendio
andando così di fotocopia in fotocopia dell’articolo sui cloni del surrealismo,
fino al totale annullamento delle sfumature. nella rubrica “ComputerArte?” (da
me ideata (e gestita per due anni
sulla defunta rivista Computer
Massimo Cremagnani, 1998 Graphics & Publishing, IHT)
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10. Ognuno di questi Manifesti - soprattutto il mio - rappresentava uno sfogo giustificato ma anche
fine a sé stesso, senza approfondire un valore storico e formale, senza dichiarare un’identità artistica
e cronologica, senza ammettere o indagare un’estetica poliedrica e in continuo sviluppo. L’espressione
tradotta in parole di una ricerca condivisa era, nella sua approssimazione, troppo poco incisiva,
dettagliata o esplicita per spiegare, informare e convincere.
Noi Artisti, forse troppo concentrati sulle recenti scoperte, avremmo anche dovuto tenere in
considerazione un forte fattore di disturbo: l’invasione informatica. Questo moderno vaso di Pandora
ha contribuito a rendere inefficaci i nostri propositi illudendo, confondendo, logorando le buone
intenzioni di artieri e accoliti, sommergendoci di non-arte. Il proliferare del pensiero comune, espresso
sul Web da chiunque avesse una tastiera al posto della cultura, ha suicidato la nuova esperienza con
la massificazione. Come sintomo, molti degli artisti precedentemente citati come probabili precursori,
ricercatori e innovatori, oggi come oggi hanno abbandonato il digitale, oppure si presentano come
illustratori, fotografi, grafici pubblicitari cavalcando l’onda della comunicazione didascalica.
Bert Monroy
Come to Florida, 1997
http://www.bertmonroy.com
10
11. Un chiaro processo deduttivo mi ha quindi portato alla seguente antinomica conclusione:
la nostra avanguardia si è dimostrata obsoleta.
Il concetto di Manifesto, funzionale nel tempo in cui solo chi aveva realmente qualcosa da dire
veniva pubblicato – e letto – è finito. Le parole hanno un peso diverso, soffocate dal rumore di fondo
e da mercanti da trivio che strillano le contestabili doti delle proprie improvvisazioni.
Oggi il concetto di Manifesto deve essere rivisto in chiave ancor più contemporanea, adeguandosi
a un mondo dove normative e certificazioni hanno più autorevolezza rispetto a concetti su cui è
necessario ragionare. Ho intrapreso quindi una nuova formula, più disciplinare e pragmatica, cercando
di mantenere lo stile coerente e indipendentista tipico dell’Arte. Il risultato è il Manifesto Amplificato
protagonista di questo volume.
Ora ve la presento.
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12. Il Manifesto rinasce nell’anno 2005 come base per un codice deontologico coerente e qualificante,
un punto di partenza per tornare a capire cosa è Arte (digitale). O, meglio, cosa può non esserlo.
A differenza degli onorevoli predecessori, diviene più spiegazione che definizione, più indagine
che rivelazione, più ricerca che risultato, rimanendo aperto ad approfondimenti ed estensioni.
L’aggressività lascia il posto all’autocritica, senza imporre alcunché. Lascio questo atteggiamento a
politici, ecclesiasti e operatori commerciali, con o senza la mia approvazione.
In questo nuovo Manifesto le affermazioni lasciano il posto a constatazioni e descrizioni.
Lo spirito intraprendente e dinamico è sottinteso nel riconoscimento e nella coerente approvazione
di uno status di fatto, per divenire in seguito liberamente interpretabile, integrabile e perfezionabile
in modo soggettivo. Esattamente come un’opera d’Arte.
L’importante è Essere in Mostra con sincerità e competenza sviluppando un’Arte realmente
contemporanea, circondato da avversari abili e stimolanti, da opere stuzzicanti, piacevoli, uniche e,
soprattutto, da estimatori coscienti.
Il caos ha bisogno di regole, così da poterle infrangere.
12
14. Il Manifesto Amplificato dell’Arte Digitale Figurativa si sviluppa in un decalogo. È introdotto da una
dichiarazione plenaria definita Assunto, seguita da tre sottoinsiemi di argomentazioni: Dell’Arte,
Dell’Artista e Dell’Intorno. Ogni argomentazione presenta a sua volta tre voci capillari di
approfondimento. Ogni voce è composta da un titolo riassuntivo e una descrizione esplicita.
La prima stesura del Manifesto Amplificato comprendeva esclusivamente questo decalogo: essenziale,
schematico e diretto. Cominciai a diffonderlo stampandolo in diversi formati, dalla cartolina (santino,
bugiardino) al poster 35x50, locandina dei tempi presenti.
Sembrava una buona idea, ma sorse qualche piccolo problema...
Non poche persone mi hanno rinfacciato il linguaggio ermetico, aulico e anche un po’ pedante con
cui ho redatto il Manifesto. Lo ammetto, mi sono lasciato trasportare dall’entusiasmo miscelando
terminologie tipiche dei più estremi trattati di estetica, neologismi legati al digital imaging e qualche
arcaismo. Lo scopo era (è) quello di sottolineare simbolicamente la profondità culturale dell’idea che
ne sta alla base, impedendo un’interpretazione didascalica e piatta.
Forse ho un po’ esagerato, sfornando un testo più ostico che illuminante, almeno alla prima lettura.
Nelle pubblicazioni successive l’ho dotato di ulteriori ampliamenti, per renderlo comprensibile a un
maggior numero di lettori, soprattutto quando Luca Magnoni, ai tempi editor della rivista Computer
Arts, mi propose di pubblicare il Manifesto solo a condizione che lo rendessi più accessibile.
Scrissi quindi una versione commentata, in cui ogni punto del Manifesto era corredato da una
14
15. Assunto
lA FormulA DeFInItIvA
Dell’Arte
Il potere Del vIrtuAle
l’unIcItà Del rIproDucIbIle
l’esIgenzA Del bello ArtIstIco
Dell’ArtIstA
lA prAtIcA Dell’AlchImIA
lA metAFIsIcA Dell’Iter creAtIvo
lA perpetuAzIone DellA rIcercA
Dell’Intorno
lA presA DI contemporAneItà
lA negAzIone DellA superFIcIAlItà
Il rIFIuto DellA sImulAzIone
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15
16. spiegazione più ampia, con esempi teorici e aneddoti personali. Questa per diverso tempo è stata
la forma più diffusa del Manifesto: un vero e proprio poster esageratamente testuale, corredato da
note introduttive ed esplicative: una per l’Assunto, una per ogni argomentazione, più una
conclusiva.
Alla fine, la rivista Computer Arts pubblicò il Manifesto in cinque puntate, tra l’aprile e l’agosto del
2005. Il testo era ulteriormente arricchito da diversi approfondimenti, inerenti la mia ricerca quanto
il panorama artistico storico digitale globale.
Questo libro, versione 2.2, è per ora l’ultimo compendio al Manifesto. Ho deciso di smembrare
ulteriormente la struttura, equipaggiando ogni singolo tema di nuovi contributi per una migliore
comprensione.
Mi auguro di essere giunto al corretto equilibrio tra ciò che avevo in mente - e sostengo tuttora - e
a una sua comprensibile traduzione nel linguaggio degli uomini.
Buona lettura.
16
17. Un suggerimento
che elargisco
spesso insieme a
una copia del
Manifesto è quello
di appenderla in
bagno, di fronte
alla tazza. Credo
che una frase per
volta, nel momento
di massima
concentrazione,
privacy e libertà sia
il metodo più
consono per
assorbirne l’essenza
e comprenderne la
profondità. In caso
contrario, può
sempre essere utile
come stimolante.
Puoi scaricare la
versione “poster”
del Manifesto
Amplificato
dell’Arte Digitale
Figurativa su: www.
capitolouno.com/
manifesto
17
20. nel senso che “definisce”
Con Arte Digitale Figurativa intendiamo quelle opere
statiche, dinamiche o interattive che presuppongano la
necessità di strumenti digitali per la propria realizzazione,
ove altri metodi non porterebbero un simile o altrettanto
efficace effetto estetico.
20
21. Il primo punto del Manifesto è dedicato alla definizione di Opera d’Arte Digitale Figurativa.
È assolutamente necessario dare una definizione, in quanto la leggenda per cui “con un computer
tutti possono essere artisti” è purtroppo ormai radicata nella credenza comune, popolare e non.
L’influenza di oniriche promozioni commerciali, la spettacolarità di effetti ormai obsoleti, la praticità
dell’automatismo virtuale in vece di esperienza, allenamento e impegno fanno gola a tutti.
E il mondo dell’Arte ne soffre, invaso da una dilettantesca imprecisione semantica e semiotica.
Gli elementi della figurazione - colore, segno, prospettiva, dettaglio, tratto, dimensione e via dicendo,
ma anche soggetto, ambientazione, concetto, simbologia, illusione... - sono il più delle volte trascurati.
Sto parlando di conoscere veramente la tecnica produttiva e riproduttiva prima di metterla in atto.
Di rispettarne le caratteristiche nella composizione e nell’esposizione. Di sentire il gusto della creazione,
un termine ormai sottovalutato, come sinonimo di originalità. Di apprezzare l’evoluzione tecnologica
e le scoperte estetiche in quanto stimoli per l’innovazione, e non per la clonazione.
La scelta per un Artista nell’utilizzare strumenti digitali per le proprie creazioni deve essere motivata
sì da un’affinità, ma i risultati, le Opere, devono staccarsi dal contesto concettuale e formale delle
altre tecniche per conquistare una meritata identità.
La stampa digitale, nel dettaglio, è da molti confusi con la “fotocopia”, vuoi per l’affinità meccanica,
vuoi per l’idea di riproducibilità dell’immagine digitale. L’onorevole parentela è intesa in senso
negativo, così come una fotocopia è vista come “copia di qualità inferiore rispetto all’originale”.
L’Opera stampata merita invece tutta l’attenzione e la ricerca necessarie ad esprimere l’idea figurativa,
catturando la percezione del fruitore ad ogni livello percettivo come un buon quadro o una buona
fotografia. Senza questi accorgimenti, non facciamo altro che dare ragione al superficiale giudizio
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21
22. La manipolazione di luci, tonalità e contrasti permette di evidenziare il “bello dentro”,
una visione data dalla tecnologia ma interpretata dal’Uomo.
22
23. appena accennato, sminuendo tanto la nostra attività creativa quanto il valore tecnico-espressivo della
tecnica e dello stile digitali.
Riguardo poi al termine Figurativa, voglio precisare che non è stato introdotto per escludere le immagini
astratte, bensì per coinvolgere tutte le formule espressive basate sulle immagini. Questo dettaglio è un
piccolo escamotage mantenere i presupposti del Manifesto aperti anche ad altre forme d’Arte realizzate
al computer senza però sviscerarne i dettagli: la musica, l’installazione multimediale, la poetica di
programmazione e così via. Non tratto in prima persona questi argomenti per mancanza di esperienza
diretta, ma resto convinto del loro valore potenziale e delle analogie con la figurazione per quanto
riguarda i rispettivi criteri di valutazione e identificazione: originalità, estreme possibilità di approfondimento,
qualità formale ed estetica tra l’idea iniziale e l’esecuzione pratica.
L’ultimo criterio fondamentale per l’identificazione dell’Arte DIgitale riguarda la necessità di utilizzare
strumenti digitali nella realizzazione dell’opera. Spesso purtroppo ci si affida al computer per pigrizia
nella tempistica di lavorazione o, peggio, di elaborazione. L’approccio casuale, applicato al computer,
prima o poi darà un risultato particolare, piacevole, apparentemente valido; un po’ come le famose
diecimila scimmie con diecimila macchine da scrivere. Il computer, riassunto nel processo noto come
“copia-e-incolla”, è spesso utilizzato per rimaneggiare idee del passato, già realizzate con tecniche e
strumenti tradizionali ma impoverite dalla mancanza di quel pathos che le caratterizzava nella fase
creativa e nell’aspetto finale dell’opera.
La complicità tra la componente umana e lo strumento diviene invece un punto fermo per l’affermazione
stilistica e personale, là dove l’autore elegge consapevolmente il computer a catalizzatore della propria
idea espressiva, per diversi motivazioni analizzate più approfonditamente nei punti successivi.
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23
24. che logora chi non ce l’ha
Nel computer non esiste nulla,
quindi si può fare di tutto.
24
25. Dell’Arte: i seguenti tre punti del Manifesto sono dedicati all’identità dell’Arte Digitale Figurativa,
purtroppo più volte confusa con forme espressive inferiori e dilettantesche, se non con una “semplice”
tecnica alla portata di tutti.
Il concetto di “virtuale”, termine di cui si è impropriamente abusato per definire la simulazione,
viene qui rivisto come legame con l’immaginazione umana. L’impalpabilità dei pensieri è pari a quella
di ogni creazione digitale, godibile solamente attraverso l’apparato informatico almeno per quanto
riguarda la fase creativa. La creazione di forme, l’applicazione del colore, la modifica dei tratti sono
solo un passaggio di bit, un intangibile calcolo in codice binario al quale viene data un maschera da
indossare dietro al cristallo del monitor.
Questo vincolo diviene per l’Arte sinonimo di assoluta libertà, almeno in tutta la gestazione dell’opera.
L’atto artistico può essere definito principalmente elaborazione dell’immagine, con un legame alla
fantasia e uno all’attività pratica della creazione. Ma voglio includere in questa analogia anche la
memoria, come raccolta e gestione di formule visive ed elementi figurativi, il ragionamento in cui si
intrecciano i dati assimilati alla ricerca di una nuova chiave di interpretazione e la meditazione come
astrazione dai vincoli materiali delle tecniche tradizionali.
Agire in virtuale è, in sostanza, mediazione del processo mentale. La materializzazione definitiva,
che nelle altre tecniche espressive come la pittura o la scultura costituisce l’elemento dominante,
può essere qui esclusa, o almeno declassata a favore dell’indipendenza creativa. In questa prima
fase di gestazione dell’opera (seconda, se andiamo a considerare un’ispirazione pregressa) possiamo
evitare di preoccuparci della manifesta realizzabilità, della materializzazione del concetto figurativo
(anche se, come vedremo più avanti, a un certo punto la materia avrà il suo peso). Il virtuale permette
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26. La fusione di una texture naturale come la pelle e una astratta, per quanto realizzata
26 tramite una macchina, può mantenere spontaneità e grazia.
27. di eludere i limiti della fisica nella raffigurazione quanto quelli economico/pratici della messa in
opera. Certamente si può essere condizionati da altri fattori: il tempo esecutivo, le risorse tecnologiche
o la padronanza degli strumenti. Si tratta però di difficoltà momentanee, con una soluzione evidente
e che non possono impedire in assoluto lo svolgersi del processo creativo.
L’astrazione metafisica dell’operazione digitale, la sua non-esistenza sul piano materiale è quindi da
considerare come un enorme vantaggio (insieme ad altri che vedremo più avanti) per la libera espressione,
di cui diviene un pragmatico rappresentante. La fase successiva, ovvero la presentazione tangibile
dell’operato, si riallaccia con maggiore affinità ai più consueti problemi espositivi e comunicativi, dividendosi
tra i metodi classici (materializzazione) e quelli intrinsecamente innovativi, cioè legati all’essenza tecnologica
del digitale: riproduzione su schermo, diffusione cross-media, interattività, multimedialità e così via.
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28. distinguere per distinguersi
L’Arte Digitale Figurativa sfrutta la forza della riproducibilità
a fini divulgativi, purché le riproduzioni in oggetto seguano
pedissequamente i criteri qualitativi dell’opera unica.
28
29. Affrontiamo ora una tematica su cui si sono sviluppate diverse scuole di pensiero. La riproducibilità,
spesso demonizzata più per questioni economiche che estetiche, viene in questa sede accettata
come valore positivo e caratteristica propria dell’Arte Digitale.
La riproducibilità è un elemento intrinseco dell’opera di tiratura, come già accade da secoli per
ogni tecnica calcografica e per la fotografia. Si può, al limite, distinguere tra le scelte estetiche e
quelle commerciali, ovvero tra l’uso di una particolare tecnica perché espressamente congeniale
all’artista e/o al singolo progetto artistico, oppure optare per una maggiore diffusione dell’opera
così da poterla vendere a un prezzo inferiore di quello dell’opera singola, con tutti i benefici che il
mass-marketing ci insegna. In quest’ultimo caso possono anche rientrare i casi di riproduzione
declassata come i “cloni” di opere pittoriche (litografie, serigrafie, poster), mera operazione di cassetta
dal dubbio valore artistico, anche se apprezzabile dal punto di vista divulgativo.
Il nostro caso è sicuramente più vicino alla prima opzione, legata alla consapevolezza dell’Artista:
qui parliamo di riproducibilità come elemento inscindibile dell’opera digitale, una riproducibilità
estrema, se si considera l’invulnerabilità dell’originale rispetto, ad esempio, a una lastra di zinco.
L’opera digitale può essere riprodotta all’infinito, sempre uguale, purché gli strumenti (e i supporti)
di riproduzione rimangano invariati. Cosa che, per nostra fortuna, non accade, lasciandoci il piacevole
senso di evoluzione continua (che in termini tecnici viene brutalmente e impropriamente definito
aggiornamento).
L’evoluzione tecnologica rivede a brevissimo termine ogni suo aspetto, mutando non solo i sistemi
di riproduzione ma anche il modo in cui le riproduzioni stesse vengono percepite dal pubblico. Una
formula espressiva, un concetto di qualità formale, uno stile, un livello comunicativo può passare da
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30. La sovrapposizione di elementi grafici e pittorici in un’unica immagine può simboleggiare
concettualmente la fusione tra uomo e tecnologia.
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31. ideale a obsoleto nel giro di pochissimo tempo, sempre per via della facile diffusione, lecita o illecita
che sia. Possiamo quindi immaginare come la riproduzione perpetua perda il suo senso, e necessiti
di un’oculata scelta evolutiva o comunicativa dell’artista.
Un sapiente uso della riproducibilità, intesa come intervento attivo dell’Artista, aggiunge valore e
identità all’opera, tanto quanto l’atto superficiale può sminuirne l’essenza. Approvare la diffusione
dell’Opera Digitale significa vederla emergere dal mare di produzioni pseudo-artistiche che ci invade
in ogni ambiente. Grazie ai servocomandi digitali stiamo raggiungendo il massimo qualunquismo
dell’espressività e per questo, ora più che mai, l’Artista deve distinguersi nel confuso oceano delle
immagini e della comunicazione.
Una volta, la calcografia d’Artista veniva definita anche stampa originale, come a sottolineare che
ogni altra pubblicazione non fosse in netta relazione con l’idea primaria dell’Autore. Oggi questa
certificazione viene data da marchi o contratti il cui valore è spesso impersonale, tecnico, fiscale.
L’Artista Digitale, più di ogni altro Artista, deve riprendere le redini delle proprie creature seguendone,
dopo la nascita, anche la crescita e lo sviluppo: la presentazione stampata e virtuale, la diffusione,
l’opinione che ne viene data o che si può percepire da un confronto con il mondo dell’Arte, dell’Immagine
e della Cultura in generale.
La cosa bella è che, a prescindere delle più approfondite ricerche individuali da parte degli Artisti
più coscienziosi, molti degli strumenti nozionistici e pratici per mettere in pratica quanto sopra sono
universalmente disponibili, spesso a titolo gratuito, nella più contemporanea e malgestita formula
di comunicazione: il Web.
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32. mai troppo per essere vero
L’Arte Digitale Figurativa rappresenta l’attuale evoluzione
delle Belle Arti tutte, allacciandosi al concetto di bellezza
estetica come interpretazione estrema dei concetti e nesso
imprescindibile con l’ideale.
32
33. Come incentivo al valore storico di un’identità dell’Arte Digitale, viene qui sottolineata la responsabilità
nell’accuratezza del messaggio e il valore estetico di una buona realizzazione.
Il concetto di bellezza viene esteso dalla ricerca stilistica alla cultura iconografica, così che gli
elementi visivi possano essere reinterpretati e non ripetuti. La simbologia visiva ruota sempre intorno
agli stessi elementi (forma, luce, colore, contrasto...) e a una ricca gamma di simbologie, il cui impatto
cambia però in relazione al momento storico e al contesto. Questo comporta un’analisi della
contemporaneità nei canoni di interpretazione, per individuare i valori espressivi più efficaci della
storia umana ed enfatizzarli con composizioni o stili adeguati alla percezione del momento. Con
l’invenzione della fotografia, i pittori iniziarono a studiare la luce in maniera diversa, insolita, scientifica,
anomala. Con la diffusione dei mezzi di locomozione nacque il culto della velocità e del dinamismo.
Con l’avvento del cinema, si cominciò a raffigurare la quarta dimensione (più altre). Cosa può dare
quindi l’informatica alla figurazione?
Nascono in continuazione nuove linee espressive, ma bisogna tenere conto della loro provenienza
perché siano un’evoluzione. Nascono nuove interpretazioni di argomenti storici, visti e presentati in
ottiche differenti. Nascono nuovi parametri di valutazione stilistica e tecnica, ma spesso si considera
superficialmente l’appariscenza piuttosto che la raffinatezza, il costrutto, l’indagine formale,
compromettendo il più delle volte il valore del messaggio.
Qualcuno di cui non faccio il nome (ma lo conosciamo tutti), un centinaio di anni fa iniziò a provocare
il mondo dell’Arte detronizzando il valore estetico dell’Opera e mettendo al suo posto il concetto,
l’idea espressiva. Un’azione artistica più che lecita, se non fosse stata (ed è tuttora) fraintesa, ripetuta
fino allo sfinimento e sfruttata vigliaccamente da chi non conosce l’estetica o non la sa rappresentare.
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34. I grafismi artificiosi dell’interpretazione digitale possono, più o meno
34 involontariamente, riprendere elementi naturali nascosti.
35. Opere obiettivamente brutte (e prive di comunicatività per i più) sono state criticate e derise, all’interno
di famosi musei e manifestazioni artistiche tra le più rinomate.
Non è questione di gusti, ognuno ha diritto di tenersi stretti i propri. Parliamo di quadri dipinti
male, di assoluta misconoscenza dei colori e dei supporti, dell’anatomia e della prospettiva. Parliamo
di solidi platonici spacciati per sculture, architetture, oggetti. Parliamo di cose che fanno pensare
solo a degli espedienti per nascondere pigrizia fisica e mentale, mancanza d’estro e/o di capacità
realizzativa. Un po’ come una delle accuse principali rivolte agli utenti di computer...
Ritornando ai punti precedenti del Manifesto, e anticipando i seguenti, sappiamo che non è così,
che il computer non è solo una stampella. Quindi non facciamoci dare dello zoppo inutilmente.
Sappiamo che questo freddo strumento, questo elettrodomestico che vive di porno e di pseudo-
contatti a distanza può dare molto, a noi e a chi gode del nostro operato. Il Bello è dentro al computer,
nell’innovazione grafica e in quella dei processi logici che opera e che invita a manifestare, in formule
nuove tanto quanto nell’evoluzione di quelle più antiche.
Il valore archetipico di bellezza è un invitante nesso tra la purezza dell’ispirazione e la realizzazione
vera e propria, ma anche tra chi crea l’opera e chi la osserva. Un bel tratto è un valore universale,
così come un bel colore, un bel soggetto, una bella composizione. Più approfonditamente, si
apprezzeranno un buon uso dello strumento, una dinamica emotiva o un richiamo percettivo.
È una questione di rispetto per l’idea e per lo spettatore, le cui emozioni vanno stimolate e non
aggredite.
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36. ritorno a un’Arte dimenticata
L’Artista Digitale si pone come catalizzatore tra
cultura e miopia, tra passato e presente, tra
istinto e pragmatismo onde mediare l’impatto
autocratico delle tecnologie nell’immaginifico
umano.
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37. L’Artista è una figura unica nel panorama sociale, un ‘diverso’ che sente la necessità di esprimere
la propria interpretazione delle cose. Quello che spesso sfugge è la responsabilità di questo
comportamento, sia nei confronti dell’Arte, sia verso il proprio pubblico. L’Artista influenza ciò che
lo circonda esasperandolo, criticandolo e idealizzandolo, prevedendone gli sviluppi o l’entropia.
L’Artista che sceglie lo strumento digitale assume implicitamente il compito di svelare una nuova
faccia dell’informatica, serva e padrona negli ultimi decenni di ogni stile di vita. Affrontandola
direttamente, fondendosi con essa in un unico canale espressivo, l’Artista incarna contemporaneamente
il ruolo di mediatore e quello di esploratore.
La ricerca può portare a innovative figurazioni, esperienze visive che si sviluppano durante la
creazione con la complicità dello strumento. Questa esperienza, lo storico dell’atto creativo, è una
componente fondamentale dell’opera finale che nell’opera finale deve trasparire. Trasmettendo
l’energia della gestazione, l’artista può insinuare simbolicamente il valore costruttivo del mezzo
digitale, esplicandone l’elevato potenziale nascosto.
Il riferimento simbolico di un Artista Digitale inizia quindi con l’essere Digitale, intervenendo su
strumenti apparentemente alla portata di tutti ma utilizzandoli oltre la norma e con criterio di causa.
L’Artista è il pilota di rally di fronte all’impiegato con l’utilitaria: impegnato in un effimera competizione
con sé stesso, affiancato da una tecnologia complice, ispirato dal percorso medesimo più che dal
raggiungimento del traguardo. Il suo ruolo non è direttamente pratico, ma d’ispirazione riflessiva.
Mostrare queste differenze è da sempre parte del gioco dell’Arte ma, per funzionare, il linguaggio
utilizzato deve mostrare un legame tangibile con lo spettatore, arricchito dai giusti virtuosismi. E lo
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38. La deformità geometrica dell’eleborazione digitale, opportunamente manipolata,
38 può creare un maggiore senso di alienazione e quindi simbolismo.
39. spettatore possiede una memoria genetica, ricca di tecniche, di stili, di simboli. Per non perdere
questa possibilità di comunicare all’inconscio, ma neanche perdere quel medesimo retaggio di
esperienze mentre creiamo, cerchiamo di ricordarne il valore celebrandolo con il privilegio
dell’evoluzione.
La maggior parte dei software è (o comunque è nato per essere) un’emulazione di qualcosa di reale:
Word una macchina da scrivere. Photoshop un laboratorio fotografico. Molti tipi di stampanti
riprendono i sistemi di stampa tradizionali, talvolta anche nella forma. Stampiamo una foto, un
quadro con l’intenzione di appenderlo in una cornice. Ma cosa c’è di diverso tra una Olivetti M1 e un
word processor? Tra un’ombra inserita col mouse e una creata con delle maschere in camera oscura?
Tra l’inchiostro serigrafico e il toner delle stampanti laser?
Tutti sono strumenti. Tutti interagiscono con noi per dare vita alla nostra visione. Sono complici
della creazione, e rimarranno incastonati nell’opera. Questa traccia, quest’energia, positiva o negativa,
appare evidentemente a chi la sa cercare. Ma talvolta è bene esagerare un po’, portare sotto i riflettori
con orgoglio le caratteristiche salienti del digitale: un nuovo stile.
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40. oltre la quarta dimensione
La metodica creativa implicita dell’Arte Digitale Figurativa
comporta in maniera unica e innovativa processi mentali
non lineari da parte dell’Artista, evidenti nelle continue
evoluzioni e reinterpretazioni delle simbologie trattate.
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41. Per sincronizzarsi creativamente con lo strumento digitale, astratto rispetto a quelli tradizionali,
l’Artista Digitale assume un nuovo metodo creativo in cui le regole costruttive vengono modificate
e, in alcuni casi, ampliate.
Là dove un pittore immaginava, schizzava, dipingeva progressivamente dallo sfondo verso il più
delicato dettaglio, l’Ar tista Digitale può af frontare un’idea da molteplici punti di vista
contemporaneamente, agendo indistintamente su composizione, dettaglio, figurazione e cromia.
Può creare versioni alternative di uno stesso lavoro grazie a sviluppi paralleli e varianti immediate.
Può tornare sui suoi passi e ottimizzare all’infinito, senza necessariamente ricominciare da zero. Può
anticipare dettagli normalmente relegati agli stadi finali dell’azione creativa e, viceversa, riprendere
quelli iniziali a lavoro ultimato.
Queste operazioni permettono di incrementare notevolmente la ricerca compositiva, allargandone
il raggio d’azione all’infinito. L’esplorazione continua, l’aggiustamento del tiro consente una più
rapida crescita espressiva dell’autore, ora in grado di confrontare le variabili della propria ispirazione
in tempo quasi reale.
Con il computer prima e con Internet poi, il caos e l’ordine hanno assunto una nuova identità: tutto
è disponibile, a portata di mano: immagini, informazioni, contatti, confronti. Quanto può influire
questo sull’ispirazione di un Artista, sul suo ragionamento creativo? Il bagaglio culturale e la
disponibilità di strumenti può crescere così velocemente da far mutare un’idea infinite volte durante
la sua materializzazione, contraddicendola e reinventandola in continuazione. La convinzione di
poter terminare un’Opera può anche volatilizzarsi, portando l’Artista a un bivio: definire impeccabilmente
un concetto o uno stile, oppure indagare le infinite sfaccettature di un solo protagonista, di un
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42. Il pixel, elemento primario dell’immagine digitale, può crescere fino a diventare elemento
figurativo e compositivo, rimando macroscopico ad alcune tecniche tradizionali.
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43. pensiero specifico. In entrambi i casi le possibilità sono evidentemente maggiori rispetto all’uso di
tecniche tradizionali, caratteristica questa che dovrebbe determinare una particolare prerogativa
dell’Artista Digitale.
Un atteggiamento di ricerca così espanso non comporta naturalmente la perdita dello slancio
creativo o del dinamismo, poiché queste doti, come in ogni altra disciplina, rappresentano una fase
differente dell’atto creativo consentita dalla padronanza e dalla dimestichezza con lo strumento. La
rapidità di esecuzione si raggiunge con un allenamento mentale e fisico, oltremodo stimolato dalla
continua evoluzione di questi strumenti. I tempi creativi, a dire il vero, subiscono anche in questo
caso una forte turbolenza. Azioni rapide e dinamiche possono, a seconda degli strumenti, apparire
lente e tediose nella loro versione virtuale. Altri processi più raffinati, che richiedono precisione e
pazienza, possono essere tranquillamente demandati alla potenza di calcolo del processore e alla
sua meticolosità.
L’atto Artistico rimane, come è sempre stato, un gesto catartico che all’interpretazione della realtà
unisce una profonda azione introspettiva. Come Artisti Digitali vivremo sempre l’opera finita nella
consapevolezza di uno sviluppo ulteriore, una evolutiva incompletezza vista nell’eterno divenire
come stimolo a fare di più.
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44. chi si ferma è perduto
L’impegno e la passione dell’Artista Digitale
abbracciano la ricerca di nuove formule compositive,
stilistiche e comunicative legate alla contemporaneità
tecnologica ed espressiva, vertendo in ogni modo
alla ricerca continua della massima interpretazione
dell’ideale con detti strumenti, utilizzandoli oltre i limiti
del consueto.
44
45. Se il metodo digitale fornisce un aiuto pratico alla ricerca stilistica ed emozionale, dobbiamo ancora
ricordare che in ambito virtuale tutto è possibile. La metafisica dell’ispirazione può espandersi così
in ogni direzione, trattenuta solo e in parte dall’aspetto “reale” della comunicazione artistica.
Questo metodo creativo acquista ancor più valore se viene rapportato alla ricerca di una figurazione
contemporanea: quante forme e stili sono già onnipresenti (seppur con minor audacia del passato)
per l’abuso quotidiano dello strumento digitale? Questo abuso svilisce, lo abbiamo già detto. Possiamo
ignorarlo, fingendo di essere su un altro pianeta? Sbagliato. Possiamo analizzarne le caratteristiche
per eluderle, andare oltre, visto che esse stesse già rappresentano - a loro inapprezzabile maniera
- la realtà.
Gli strumenti digitali, più di tanti altri strumenti e similmente a ogni elettrodomestico, pretendono
di essere utilizzati da chiunque. Per questo motivo nascono con una maschera, definita interfaccia,
che ci permette di fare “delle cose”. Dietro questa maschera c’è molto di più: dietro i software ci sono
formule matematiche, emulazioni della natura, codici, leggi, categorie. Dietro l’hardware c’è la
tecnologia, la fisica, la tangibilità. Facendo solo qualche piccolo passo verso l’interno, possiamo
trovare la novità. Il segreto. L’illuminazione. Per poi scoprire, subito dopo, quanto essa sia già noiosa
e obsoleta. Almeno se facciamo un po’ di sincera autocritica.
Allora facciamo qualche altro passettino. Indaghiamo, sperimentiamo, riscontriamo. Interpretiamo.
C’è un’attitudine particolare, che io definisco “il genio dell’ignoranza”. È un po’ come la fortuna del
principiante, ma più complessa: da una conoscenza assolutamente basilare nascono intuizioni
inaspettate, somme di concetti irrazionalmente posizionati che portano a un risultato coerente.
Faccio un esempio: non conosciamo l’algoritmo di variazione del colore quando applichiamo un
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46. I materiali virtuali che compongono l’immagine possono illudere percettivamente lo
46 spettatore, restando implicitamente ancorati ad un’unica stesura.
47. filtro su un’immagine, ma, seguendo l’istinto, raggiungiamo un risultato soiddisfacente. Per arrivare
all’ideale, però, l’istinto non è sempre sufficiente, né la fortuna. ce ne rendiamo conto non appena
scopriamo un segreto, un meccanismo trascurato dal libretto delle istruzioni forse perchè non
previsto. Il vasto mondo del digitale, con i suoi meccanismi e le sue emulazioni, comincia a rasentare
la realtà per il numero di possibili variabili.
E non è forse questa l’illuminazione? Razionalizzando processi misteriosi, attingendo ai pochi punti
di contatto reale che abbiamo con il digitale, possiamo aprire nuove conoscenze, tramutarle in
immagini e mostrarle al mondo, invece di fotocopiarlo.
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48. una missione possibile
L’Arte Digitale Figurativa ha il compito
di rispecchiare migliorandola
l’estetica invasiva
del metodo informatico per la comunicazione.
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49. Con Intorno intendiamo ciò che circonda i protagonisti dell’Arte: gli Artisti e le loro Opere. Intorno
ci sono gli estimatori e gli approfittatori, i mercanti e i fornitori. Ma soprattutto ci sono gli spettatori,
un termine forse improprio ma che può tranquillamente essere sostituito con chiunque. Nell’era
digitale, la diffusione di immagini e di cultura in generale è alla portata di tutti. Sebbene molti, anche
apertamente, non prestino una grande attenzione all’Arte come normalmente viene intesa, ne sono
comunque investiti di riflesso.
La ricchezza individuale dell’Arte è legata a doppio filo con l’intera esperienza umana. In senso lato,
possiamo affermare che in origine ne trae ispirazione e, una volta maturata, finisce con influenzarla.
L’oggetto computer è l’evidente punto di unione tra l’Arte Digitale e l’invasione informatica riscontrabile
in ogni ambito, professionale e domestico, elemento dominante della nostra era. Il riflesso dell’Arte
sul mondo è quindi un elemento di grande responsabilità per l’Artista, che con la propria opera
mostra aspetti eclettici e informali di questa tecnologia, alterandone l’aspetto globalizzante o,
concettualmente, portandolo all’esasperazione per protesta.
L’analogia più evidente si rivolge alla grafica di comunicazione, che condivide strumenti e stili ma,
troppo spesso, si limita a messaggi didascalici e diretti. In questo modo nega, per principio, una
libera interpretazione allo spettatore ma anche al suo creatore, complice di un livellamento
dell’esperienza mediatica. L’avere di fronte ogni giorno in ogni momento immagini pubblicitarie
mediocri abbassa inconsciamente il criterio di giudizio dello spettatore, che si abitua a un turbinio
visivo sicuramente più vario di un tempo, ma confuso e ripetitivo. Il gusto si affloscia, e l’appena
poco più che mediocre suscita emozione. Una piccola piccola emozione che, nel grigiore, fa da
placebo, evitando lo sforzo di cercare di più.
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50. L’unione di forme oniriche e tratti euclidei può aumentare la sensazione di caos
50 controllato, dando allo spettatore maggiore libertà di interpretazione.
51. Mica come un tempo, quando gli eventi Artistici erano l’unico diversivo e venivano accolti con foga,
respirati fino in fondo prima di essere metabolizzati e, nel migliore dei casi, comunque frequente,
suscitare emozioni. Grandi Emozioni. Positive o negative, ma grandi. L’arte si è fatta soffiare il trono
dall’intrattenimento, che però utilizza i suoi stessi strumenti. Ritengo quindi la partita ancora aperta
(non una guerra, perchè le due realtà - Arte e intrattenimento - possano anche convivere, se non
addirittura allearsi.
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52. mantieni il conrollo
L’Arte Digitale affida i virtuosismi dell’immaginifico
umano alla caratteristica accuratezza dello strumento
informatico là dove la simbiosi tra i due fattori porti
a qualità di rappresentazione e singolarità dello stile.
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53. Intorno all’Artista Digitale ci sono anche i suoi strumenti. Sono nati per aiutare l’uomo, per fare le
cose evitando uno dei problemi irrisolvibili della natura: l’errore umano. La velocità, la memoria, la
versatilità degli strumenti informatici sono elementi che non varrebbero nulla senza la precisione.
I computer sono molto precisi: per le dimensioni, per i colori (anche se talvolta fanno fatica a spiegarsi
tra loro), per il tempo, per le forme. In alcuni ambiti la precisione è necessaria, come in architettura
o in medicina. Nell’Arte è una scelta, una possibilità di effettuare quel qualcosa esattamente come
lo si desidera. Se si ha chiaro cosa si ha in testa, abbiamo la pietra filosofale.
A volte però è difficile lasciare uscire l’ispirazione in maniera così lineare, in modo che comunichi
agli strumenti cosa fare. La precisione, però, sta anche nel mezzo, aiutandoci a individuare quei
piccolissimi tasselli che dal primo approccio ci porteranno nella giusta direzione, Quando penso a
questa minuziosa ricerca mi viene in mente il paradosso di Zenone, ma credo capiti a molti Artisti
quindi procediamo. Come già accennato, i piccoli tasselli possono essere salvati in tutta la loro
integrità in una memoria sicura. Possono essere confrontati tra loro. Possono essere riveduti e corretti
all’infinito, con uno sforzo nettamente inferiore rispetto al passato.
Questa evoluzione frattale del metodo di ricerca artistica può, per logica deduttiva, dare origine a
infinite combinazioni, le più pregiate delle quali potranno tramutarsi in stile. Ora, per stile si può
intendere la formula che caratterizza un gruppo di Artisti, spesso collegati da una comune ricerca,
oppure la peculiarità espressiva di un unico individuo. Se le possibilità di affinamento della ricerca
sono così tante, sarebbe più corretto credere che ogni singolo Artista Digitale sia potenzialmente
in grado di avere un proprio stile, originale e inconfondibile.
La similarità tra i prodotti della figurazione digitale può essere causata da due principali fattori:
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54. Il gioco tra regolare e irregolare può aggiungere profondità all’immagine, senza
54 per questo essere piattamente attribuito alla figura d’ispirazione.
55. l’imitazione e la superficialità. Dell’imitazione parleremo al prossimo punto, ma la superficialità è
esattamente l’opposto del criterio di precisione di cui si parlava prima. Come può coesistere un’uso
impreciso di uno strumento preciso? Semplicemente, ancora una volta, per un errore umano. L’errore
di accontentarsi, di fermarsi al primo livello, di non voler dedicare energie a cercare il pelo nell’uovo.
Quel pelo solletica e infastidisce anche se non si sa perché, anche se è sopportabile, ma non è cosa
buona. Non è corretto nei confronti di noi stessi, che meritiamo il libero sfogo della fantasia e non
una sua controfigura. E non è corretto neanche nei confronti degli spettatori che, si sa, vogliono
sempre di più.
Dove si trova quindi questo pelo? Pensiamo un momento ad un’immagine digitale: è composta di
pixel. Pallini colorati. Centinaia, migliaia, miliardi di pallini colorati che possiamo riverniciare e spostare
a piacere. Tutti insieme, a gruppi oppure uno alla volta. Questa è precisione. Un’immagine vettoriale?
Coordinate e formule matematiche dai decimali potenzialmente infiniti. La stampa? Microscopiche
goccioline di colore che si affiancano, si sovrappongono, penetrano tra le fibre di un supporto o si
adagiano mollemente su un altro. E così via.
Credo che la possibilità di trovare uno stile unico esista.
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56. una scelta coerente
Sebbene gli strumenti digitali nascano per simulare
gli strumenti e le tecniche classiche, o la realtà stessa,
consideriamo Opera d’Arte Digitale Figurativa quell’opera
che, nell’interpretazione dell’artista,
rifugga il concetto di simulazione, emulazione e copia,
ovvero la semplice attuazione con mezzi informatici
di quanto possibile esprimere o realizzare
in metodi canonici.
56
57. L’avevo promesso, qui si parla di imitazione. E se ne parla male. L’imitazione tra gli Artisti è sempre
esistita, creando anche qualche diatriba e alcuni falsi storici. Ma la componente umana ha sempre
influito sull’operato, creando quelle piccole differenze che permettevano di distinguere le mele dalle
pere. Tranne forse nel cubismo, ma non vorrei andare fuori tema. Gli strumenti digitali, proprio per
la precisione di cui sopra, possono influenzare notevolmente il risultato finale, cospargendo di
anonimato uno sforzo creativo. Va da sé che scopiazzare è sì molto più facile con il computer, ma
anche molto più evidente.
Se all’opinione dell’esperto aggiungiamo la facile reperibilità delle immagini e delle informazioni
da parte di chiunque, colui che copia, imita, clona ha un altissima percentuale di probabilità di essere
scoperto, e di fare una figura barbina. Questa non vuole essere una minaccia, almeno non apertamente,
ma una constatazione obiettiva.
C’è poi un’altra interpretazione dell’imitazione, quella che riporta gli strumenti informatici alle loro
origini, al loro significato recondito: versione virtuale di strumenti reali. Abbiamo visto in diverse
occasioni come il computer possa fare meglio dell’uomo o di altri strumenti, là dove “meglio” è inteso
come “differente con carattere positivo”. Non c’è alcuna ragione, quindi, di fermarsi all’imitazione.
Un’immagine con effetto acquerello non è un acquerello. E anche se la differenza è inidentificabile,
non c’è alcuna ragione per non dipingere direttamente un acquerello, con pennelli, acqua e colori.
A pensarci bene, non ritengo nemmeno giusto un effetto fotocopia.
Essere Artista Digitale deve essere una scelta precisa, dettata dalla complicità con lo strumento.
Ogni tentativo di risolvere i problemi con le tecniche tradizionali, e non mi riferisco solo a una plateale
incapacità ma anche a problemi di spazio, movimento, salute o quant’altro, non può che avere
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58. Nell’interpretazione artistica, con un giusto equilibrio,l’elemento naturale
può essere artificializzato, e quello sintetico apparire come spontaneo.
58
59. un’accezione negativa. È come salire su un’auto sportiva e fare brum brum a motore spento. La figurazione
digitale è una delle poche nuove frontiere espressive che ci rimangono, non possiamo sprecarle per
rivisitare tecniche e stili già visti, studiati, assimilati e digeriti. Ne risentirebbe l’originalità dell’Opera e
quella dell’Artista, mentre il già confuso concetto di Arte Digitale perderebbe quei piccoli frammenti di
identità che faticosamente inizia a collezionare.
E con questo vado a concludere, riassumendo brevemente i princìpi dell’Arte più contemporanea che
ci sia. Per l’Artista dovrebbe essere una necessità quanto un piacere intraprendere una ricerca per il
raggiungimento di un proprio stile, un linguaggio che unisca la specificità del messaggio figurato al
proprio approfondimento tecnico, ribadendo l’importanza del dettaglio simbolico di fronte a un’iconografia
sfocata e ritrita. E sebbene uno dei pregi maggiori della computergrafica, merito anche della sua origine,
sia dovuto al potere di simulazione di eventi o tecniche reali, resta implicito come il vero potere di
quest’Arte sia andare oltre. Proporre visioni ed evoluzioni visive di carattere innovativo, soddisfa non
solo l’ispirazione dell’Artista, ma è anche uno stimolo universale per chi ne gode i frutti.
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60. Al fine dei punti precedenti pratichiamo, richiediamo,
stimoliamo e promuoviamo la piena padronanza degli
strumenti e delle tecniche in questione, sia per la fase
creativa quanto per quella espositiva. Tale padronanza
si rende necessaria a livello tecnico qualitativo per la
finalità espressiva dell’idea dell’opera, per la tutela e
l’esaltazione dell’originalità stilistica e per il mantenimento
della componente umana nell’opera stessa e nella sua
interpretazione.
Finché essere individui diventerà il nuovo standard.
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61. È d’uso concludere un Manifesto con una sorta di ‘giuramento’, un’approvazione dei princìpi citati
che, in più occccasioni storiche, viene controfirmato dagli aderenti al movimento in questione.
Tuttavia non è mia intenzione vincolare Artisti ed estimatori con un codice limitativo, poiché
l’evoluzione artistica non può permettersi alcun freno.
Questo epilogo vuole quindi essere un piccolo riassunto delle intenzioni espresse, ricordando la
semplice coerenza di una dignità umana e professionale applicata alla responsabilità dell’espressione
artistica. In un mondo in cui è facile cadere nei cliché, soprattutto utilizzando strumenti che dei
cliché fanno la loro forza produttiva, ritengo fondamentale celebrare il valore dell’intelletto e della
maestria, magari inducendo il lettore a immedesimarsi con un impegno personale.
Insisto sulla padronanza tecnica per un ritorno al piacere estetico e formale, che nell’arte ha la sua
espressione più pura ma che spero si estenda a ogni aspetto della vita quotidiana, soggiogando il
comune senso dell’accontentarci. Mi impunto sulla componente umana facendo leva sull’orgoglio
personale, che nell’Artista è spesso definito egocentrismo, come punto focale di una necessaria
diversificazione di pensiero. E concludo con un ambiguo aforisma, ben conscio del fatto che quando
si avvererà potremo divertirci a cominciare con nuove ideologie.
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62. Massimo Cremagnani vive e lavora a Milano.
Parte della sua ricerca è stata a lungo pubblicata dalle riviste Computer Graphics & Publishing,
Graph Creative, Fotocomputer, Graphicus, Computer Arts e Italia Grafica.
Tra le sue collaborazioni professionali, ricordiamo le aziende Chanel, Natuzzi, Tetrapak e
McDonald’s. Attualmente è consulente per la stampa digitale artistica e di grande formato.
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63. La ricerca artistica di Massimo Cremagnani, dopo anni di studio sulle tecniche più classiche della pittura e
delle arti figurative, indaga ormai da tempo sulla coerenza e sulle peculiarità dell’espressività digitale, nel
tentativo di conferire a quest’ultima una valida identità espressiva.
Affascinato dai concetti inseparabili di evoluzione umana e tecnologica, l’artista gioca con una raffinata
elaborazione estrema di immagini casuali o ricercate, considerando le piene potenzialità – spesso considerate
improprie – dei sistemi informatici, dall’acquisizione alla realizzazione, all’esposizione.
Consapevole dell’incessante progresso tecnologico legato a questa forma d’arte, racchiude le sue esperienze
sotto il marchio “capitolouno”, almeno fino a quando considererà questa linea espressiva ancora in fase
embrionale e di studio. Il primo passo significativo viene fatto nel 1998 con la concretizzazione dell’Homo
Sapiens Marsupialis – ovvero Nudo con le mani in tasca – in cui, attraverso un fotoritocco iperrealistico e lo
studio del metacomportamento, cerca di comprendere se Madre Natura sia ancora in grado di stare al passo
con i ritmi del progresso umano. Le opere, proposte prima al Palazzo della Permanente di Milano, vengono
poi richieste dalla Galleria Art Kiosk di Bruxelles, per una collettiva cui partecipavano artisti del calibro di Orlan
e Dinos e Jake Chapman.
La noia imposta dalla stereotipizzazione forzata, di una comunicazione globale impreparata e ineducativa
porta Cremagnani verso una ricerca etica della professionalità dell’artista. Le ricerche sul ribaltamento dell’iter
creativo, sulla conoscenza approfondita dei (sempre) nuovi strumenti e sull’evoluzione della percettività si
pongono come elementi complementari di uno stile unico ma in continuo sviluppo, e di una nuova estetica.
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64. Limpatto visivo di forme e colori può essere violento ed esplicito ad una certa distanza
e dimensione, e morbidamente soffuso ad un’altra.
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