SlideShare a Scribd company logo
1 of 209
Download to read offline
BOLLETTINO UFFICIALE
DELL'ARCIDIOCESI METROPOLITANA
        DI PESCARA-PENNE
periodico                                                    amministratore:
della diocesi di pescara                                     can. antonio di giulio
anno 62 - n° 2
bollettino@diocesipescara.it                                 editore:
                                                             curia arcivescovile metropolitana pescara-penne
presidente:                                                  sede legale:
s. e. r. mons. tommaso valentinetti                          curia arcivescovile metropolitana pescara-penne
arcivescovo@diocesipescara.it                                piazza spirito santo, 5
                                                             65121 pescara
direttore responsabile:
dott. ernesto grippo                                         fotocomposizione e stampa:
                                                             tipografia grafica ltd
direttore:                                                   65016 montesilvano (pe)
dott.ssa lidia basti
l.basti@diocesipescara.it                                    rivista diocesana
                                                             c..c.p. n° 16126658
programma editoriale                                         periodico registrato presso il tribunale di pescara
a cura del dott. simone chiappetta                           al n° 11/95 in data 24.05.1995
s.chiappetta@diocesipescara.it                               spedizione in abb. postale 50% pescara



                                               curia metropolitana
                 piazza spirito santo, 5 - 65121 pescara - tel. 085-4222571 - fax 085-4213149
                                             www.diocesipescara.it

                                                   arcivescovado
                            piazza spirito santo, 5 - 65121 pescara - tel. 085-2058897
INDICE




      LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
      DISCORSI
7     Alla veglia di preghiera per la beatificazione del Cardinale John Henry
      Newman
12    All’incontro con i Vescovi d’Inghilterra, Galles e Scozia
16    All’incontro con i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i seminaristi nella Cat-
      tedrale di Palermo
20    All’ncontro con i ragazzi e i giovanissimi dell’Azione Cattolica Italiana
      MESSAGGI
26    Pasqua 2010
29    Per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (2010)
      LETTERE
32    Ai Seminaristi
      OMELIE
39    Nella solennità del Natale del Signore
44    Nella Celebrazione dei Primi Vespri della solennità di Maria SS.ma Madre di
      Dio Te Deum di ringraziamento
      VARIE
48    Meditazione sulla Prima Congregazione Generale del Sinodo dei Vescovi
      all’Assemblea Speciale per il Medio Oriente
53    Preghiera per la vita nascente


      LA PAROLA DEI VESCOVI ITALIANI
      CEI - ORIENTAMENTI PASTORALI
57    Educare alla vita buona del Vangelo - Orientamenti pastorali dell’Episcopa-
      to Italiano per il decennio 2010-2020
      MESSAGGI
127   Per la giornata del Ringraziamento
      43ª MARCIA PER LA PACE
130   Cristo, nostra pace


      LA PAROLA DI MONS. VALENTINETTI
      NOMINE E DECRETI
141   Nomine
INDICE




 144     La Parrocchia dell’Immacolata Concezione della B.V. Maria diventa Cuore
         Immacolato della B.V. Maria


         IN DIOCESI
 149     Necrologio

         NOTIZIE
 150     Notizie in breve
 151     Notizie in rassegna - La Caritas abruzzese dice stop alla povertà
 152     “Sogno un mondo per tutti” - di Cristina Santonastaso
 155     All’unisono per dare voce all’amore
 156     Con Frisina per la “solidarietà sociale” - di Roberta Fioravante

         APPROFONDIMENTI
 158     La questione antropologica: sfide e prospettive - di S. E. Mons. Ignazio San-
         na
 175     La proposta morale oggi: “La carità nella verità... per la costruzione di una
         buona società e di un vero sviluppo integrale” (Caritas in veritate, n. 4)


         SPECIALE “laPorzione.it”
 189     LaPorzione.it... nel frammento, tutto - L’Arcidiocesi sceglie l’informazione
         digitale
         ESEMPIO DI “EDITORIALE”
 191     Borghezio e GF specchio di una Italia decadente - di Simone Chiappetta
         ESEMPIO DI “BIANCO E NERO”
 194     La democrazia che cade in “basso” - di Simone Chiappetta
         ESEMPIO DI “INTERVISTA”
 196     “Vorrei avere il buon umore di Wojtyla” - di Davide De Amicis
         ESEMPIO DI “LA PORZIONE”
 199     Teologia della Porzione - di Giovanni Marcotullio
         ESEMPIO DI “TERZA WEB”
 202     La verità rosa - di Giovanni Marcotullio
LA PAROLA
DI BENEDETTO XVI
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                    DISCORSI



     Alla veglia di preghiera per la beatificazione
          del Cardinale John Henry Newman
                          Hyde Park - London
                       Sabato, 18 settembre 2010


  Cari Fratelli e Sorelle in Cristo,

   questa è una serata di gioia, di immensa gioia spirituale per tutti
noi. Siamo qui riuniti in questa veglia di preghiera per prepararci alla
Messa di domani, durante la quale un grande figlio di questa Nazione,
il Cardinale John Henry Newman, sarà dichiarato Beato. Quante per-
sone, in Inghilterra e in tutto il mondo, hanno atteso questo momen-
to! Anche per me personalmente è una grande gioia condividere que-
sta esperienza con voi. Come sapete, Newman ha avuto da tanto tem-
po un influsso importante nella mia vita e nel mio pensiero, come lo
è stato per moltissime persone al di là di queste isole. Il dramma della
vita di Newman ci invita ad esaminare le nostre vite, a vederle nel
contesto del vasto orizzonte del piano di Dio, e a crescere in comu-
nione con la Chiesa di ogni tempo e di ogni luogo: la Chiesa degli
Apostoli, la Chiesa dei martiri, la Chiesa dei santi, la Chiesa che New-
man amò ed alla cui missione consacrò la propria intera esistenza.

    Ringrazio l’Arcivescovo Peter Smith per le gentili parole di benve-
nuto pronunciate a vostro nome, e sono particolarmente lieto di vede-
re molti giovani presenti a questa veglia. Questa sera, nel contesto
della preghiera comune, desidero riflettere con voi su alcuni aspetti
della vita di Newman, che considero importanti per le nostre vite di
credenti e per la vita della Chiesa oggi.Permettetemi di cominciare ri-
cordando che Newman, secondo il suo stesso racconto, ha ripercorso
il cammino della sua intera vita alla luce di una potente esperienza di
conversione, che ebbe quando era giovane. Fu un’esperienza imme-
diata della verità della Parola di Dio, dell’oggettiva realtà della rivela-
zione cristiana quale era stata trasmessa nella Chiesa. Tale esperienza,
al contempo religiosa e intellettuale, avrebbe ispirato la sua vocazione
ad essere ministro del Vangelo, il suo discernimento della sorgente di

                                                                      7
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
DISCORSI



 insegnamento autorevole nella Chiesa di Dio ed il suo zelo per il rin-
 novamento della vita ecclesiale nella fedeltà alla tradizione apostolica.
 Alla fine della vita, Newman avrebbe descritto il proprio lavoro come
 una lotta contro la tendenza crescente a considerare la religione come
 un fatto puramente privato e soggettivo, una questione di opinione
 personale. Qui vi è la prima lezione che possiamo apprendere dalla
 sua vita: ai nostri giorni, quando un relativismo intellettuale e morale
 minaccia di fiaccare i fondamenti stessi della nostra società, Newman
 ci rammenta che, quali uomini e donne creati ad immagine e somi-
 glianza di Dio, siamo stati creati per conoscere la verità, per trovare in
 essa la nostra definitiva libertà e l’adempimento delle più profonde
 aspirazioni umane. In una parola, siamo stati pensati per conoscere
 Cristo, che è Lui stesso “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6).

    L’esistenza di Newman, inoltre, ci insegna che la passione per la
 verità, per l’onestà intellettuale e per la conversione genuina compor-
 tano un grande prezzo da pagare. La verità che ci rende liberi non
 può essere trattenuta per noi stessi; esige la testimonianza, ha bisogno
 di essere udita, ed in fondo la sua potenza di convincere viene da es-
 sa stessa e non dall’umana eloquenza o dai ragionamenti nei quali
 può essere adagiata. Non lontano da qui, a Tyburn, un gran numero
 di nostri fratelli e sorelle morirono per la fede; la testimonianza della
 loro fedeltà sino alla fine fu ben più potente delle parole ispirate che
 molti di loro dissero prima di abbandonare ogni cosa al Signore. Nella
 nostra epoca, il prezzo da pagare per la fedeltà al Vangelo non è tanto
 quello di essere impiccati, affogati e squartati, ma spesso implica l’es-
 sere additati come irrilevanti, ridicolizzati o fatti segno di parodia. E
 tuttavia la Chiesa non si può esimere dal dovere di proclamare Cristo
 e il suo Vangelo quale verità salvifica, la sorgente della nostra felicità
 ultima come individui, e quale fondamento di una società giusta e
 umana.

    Infine, Newman ci insegna che se abbiamo accolto la verità di Cri-
 sto e abbiamo impegnato la nostra vita per lui, non vi può essere se-
 parazione tra ciò che crediamo ed il modo in cui viviamo la nostra
 esistenza. Ogni nostro pensiero, parola e azione devono essere rivolti
 alla gloria di Dio e alla diffusione del suo Regno. Newman comprese

     8
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                     DISCORSI



questo e fu il grande campione dell’ufficio profetico del laicato cristia-
no. Vide chiaramente che non dobbiamo tanto accettare la verità co-
me un atto puramente intellettuale, quanto piuttosto accoglierla me-
diante una dinamica spirituale che penetra sino alle più intime fibre
del nostro essere. La verità non viene trasmessa semplicemente me-
diante un insegnamento formale, pur importante che sia, ma anche
mediante la testimonianza di vite vissute integralmente, fedelmente e
santamente; coloro che vivono della e nella verità riconoscono istinti-
vamente ciò che è falso e, proprio perché falso, è nemico della bel-
lezza e della bontà che accompagna lo splendore della verità, veritatis
splendor.

   La prima lettura di stasera è la magnifica preghiera con la quale san
Paolo chiede che ci sia dato di conoscere “l’amore di Cristo che supe-
ra ogni conoscenza” (cfr Ef 3,14-21). L’Apostolo prega affinché Cristo
dimori nei nostri cuori mediante la fede (cfr Ef 3,17) e perché possia-
mo giungere a “comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la
lunghezza, l’altezza e la profondità” di quell’amore. Mediante la fede
giungiamo a vedere la parola di Dio come una lampada per i nostri
passi e luce del nostro cammino (cfr Sal 119, 105). Come innumerevo-
li santi che lo precedettero sulla via del discepolato cristiano, New-
man insegnò che la “luce gentile” della fede ci conduce a renderci
conto della verità su noi stessi, sulla nostra dignità di figli di Dio, e sul
sublime destino che ci attende in cielo. Permettendo a questa luce
della fede di risplendere nei nostri cuori e abbandonandoci ad essa
mediante la quotidiana unione al Signore nella preghiera e nella par-
tecipazione ai sacramenti della Chiesa, datori di vita, diventiamo noi
stessi luce per quanti ci stanno attorno; esercitiamo il nostro “ufficio
profetico”; spesso, senza saperlo, attiriamo le persone più vicino al Si-
gnore ed alla sua verità. Senza la vita di preghiera, senza l’interiore
trasformazione che avviene mediante la grazia dei sacramenti, non
possiamo – con le parole di Newman – “irradiare Cristo”; diveniamo
semplicemente un altro “cembalo squillante” (1Cor 13,1) in un mondo
già pieno di crescente rumore e confusione, pieno di false vie che
conducono solo a profondo dolore del cuore e ad illusione.

                                                                        9
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
DISCORSI



     Una delle più amate meditazioni del Cardinale contiene queste pa-
 role: “Dio mi ha creato per offrire a lui un certo specifico servizio. Mi
 ha affidato un certo lavoro che non ha affidato ad altri” (Meditations
 on Christian Doctrine). Vediamo qui il preciso realismo cristiano di
 Newman, il punto nel quale la fede e la vita inevitabilmente si incro-
 ciano. La fede è destinata a portare frutto nella trasformazione del no-
 stro mondo mediante la potenza dello Spirito Santo che opera nella
 vita e nell’attività dei credenti. Nessuno che guardi realisticamente al
 nostro mondo d’oggi può pensare che i cristiani possano continuare a
 far le cose di ogni giorno, ignorando la profonda crisi di fede che è
 sopraggiunta nella società, o semplicemente confidando che il patri-
 monio di valori trasmesso lungo i secoli cristiani possa continuare ad
 ispirare e plasmare il futuro della nostra società. Sappiamo che in tem-
 pi di crisi e di ribellioni Dio ha fatto sorgere grandi santi e profeti per
 il rinnovamento della Chiesa e della società cristiana; noi abbiamo fi-
 ducia nella sua provvidenza e preghiamo per la sua continua guida.
 Ma ciascuno di noi, secondo il proprio stato di vita, è chiamato ad
 operare per la diffusione del Regno di Dio impregnando la vita tem-
 porale dei valori del Vangelo. Ciascuno di noi ha una missione, cia-
 scuno è chiamato a cambiare il mondo, ad operare per una cultura
 della vita, una cultura forgiata dall’amore e dal rispetto per la dignità
 di ogni persona umana. Come il Signore ci insegna nel Vangelo appe-
 na ascoltato, la nostra luce deve risplendere al cospetto di tutti, così
 che, vedendo le nostre opere buone, possano dar gloria al nostro Pa-
 dre celeste (cfr Mt 5,16).

    Qui desidero dire una parola speciale ai molti giovani presenti. Cari
 giovani amici: solo Gesù conosce quale “specifico servizio” ha in
 mente per voi. Siate aperti alla sua voce che risuona nel profondo del
 vostro cuore: anche ora il suo cuore parla al vostro cuore. Cristo ha
 bisogno di famiglie che ricordano al mondo la dignità dell’amore
 umano e la bellezza della vita familiare. Egli ha bisogno di uomini e
 donne che dedichino la loro vita al nobile compito dell’educazione,
 prendendosi cura dei giovani e formandoli secondo le vie del Vange-
 lo. Ha bisogno di quanti consacreranno la propria vita al persegui-
 mento della carità perfetta, seguendolo in castità, povertà e obbedien-
 za, e servendoLo nel più piccolo dei nostri fratelli e sorelle. Ha biso-

     10
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                   DISCORSI



gno dell’amore potente dei religiosi contemplativi che sorreggono la
testimonianza e l’attività della Chiesa mediante la loro continua ora-
zione. Ed ha bisogno di sacerdoti, buoni e santi sacerdoti, uomini di-
sposti a perdere la propria vita per il proprio gregge. Chiedete a Dio
cosa ha in mente per voi! Chiedetegli la generosità di dirgli di sì! Non
abbiate paura di donarvi interamente a Gesù. Vi darà la grazia neces-
saria per adempiere alla vostra vocazione. Permettetemi di concludere
queste poche parole invitandovi ad unirvi a me il prossimo anno a
Madrid per la Giornata Mondiale della Gioventù. Si tratta sempre di
una splendida occasione per crescere nell’amore per Cristo ed essere
incoraggiati nella vostra gioiosa vita di fede assieme a migliaia di altri
giovani. Spero di vedere là molti di voi!

   Ed ora, cari amici, continuiamo questa veglia di preghiera prepa-
randoci ad incontrare Cristo, presente fra noi nel Santissimo Sacra-
mento dell’Altare. Insieme, nel silenzio della nostra comune adorazio-
ne, apriamo le menti ed i cuori alla sua presenza, al suo amore, alla
potenza convincente della sua verità. In modo speciale, ringraziamolo
per la continua testimonianza a quella verità, offerta dal Cardinale
John Henry Newman. Confidando nelle sue preghiere, chiediamo a
Dio di illuminare i nostri passi e quelli della società britannica, con la
luce gentile della sua verità, del suo amore, della sua pace. Amen.




                                                                    11
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
DISCORSI



          All’incontro con i Vescovi d’Inghilterra,
                       Galles e Scozia
   Cappella del Francis Martin House dell’Oscott College - Birmingham
                     Domenica, 19 settembre 2010


    Venerati Fratelli nell’Episcopato,

    questo è stato un giorno di grande gioia per la comunità cattolica
 in queste isole. Il Beato John Henry Newman, come ora lo possiamo
 chiamare, è stato elevato all’onore degli altari quale esempio di fe-
 deltà eroica al Vangelo ed un intercessore per la Chiesa in queste ter-
 re, che egli amò e servì così bene. Qui proprio in questa cappella nel
 1852, diede voce alla nuova fiducia e vitalità della comunità cattolica
 in Inghilterra e Galles, dopo la restaurazione della gerarchia, e le sue
 parole possono essere applicate pure alla Scozia, venticinque anni do-
 po. La sua beatificazione odierna è un ricordo della continua azione
 dello Spirito Santo nell’elargire doni di santità su tutta la gente della
 Gran Bretagna, così che da est ad ovest e dal nord al sud, sia elevata
 una perfetta oblazione di lode e di ringraziamento alla gloria del no-
 me di Dio.

    Ringrazio il Cardinale O’Brien e l’Arcivescovo Nichols per le loro
 parole e, ciò facendo, mi viene alla mente quanto poco tempo è tra-
 scorso da quando mi è stato dato di accogliervi tutti a Roma per le vi-
 site Ad limina delle vostre rispettive Conferenze Episcopali. In quella
 occasione abbiamo parlato di alcune delle sfide che vi stanno innanzi
 nel vostro guidare la gente nella fede, particolarmente circa l’urgente
 necessità di proclamare il Vangelo di nuovo in un contesto altamente
 secolarizzato. Nel corso della mia visita mi è apparso chiaro come, fra
 i britannici, sia profonda la sete per la buona novella di Gesù Cristo.
 Siete stati scelti da Dio per offrire loro l’acqua viva del Vangelo, inco-
 raggiandoli a porre le proprie speranze non nelle vane lusinghe di
 questo mondo, bensì nelle solide rassicurazioni del mondo futuro.
 Mentre annunciate la venuta del Regno, con le sue promesse di spe-
 ranza per i poveri ed i bisognosi, i malati e gli anziani, i non ancora

     12
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                   DISCORSI



nati e gli abbandonati, fate di tutto per presentare nella sua interezza
il messaggio vivificante del Vangelo, compresi quegli elementi che sfi-
dano le diffuse convinzioni della cultura odierna. Come sapete, è stato
di recente costituito un Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizza-
zione dei Paesi di lunga tradizione cristiana, e desidero incoraggiarvi
ad avvalervi dei suoi servigi per affrontare i compiti che vi stanno in-
nanzi. Inoltre, molti dei nuovi movimenti ecclesiali hanno un carisma
particolare per l’evangelizzazione e son certo che continuerete ad
esplorare vie appropriate ed efficaci per coinvolgerli nella missione
della Chiesa.

    Dalla vostra visita a Roma, i cambiamenti politici nel Regno Unito
hanno concentrato l’attenzione sulle conseguenze della crisi finanzia-
ria, che ha causato tante privazioni ad innumerevoli persone e tante
famiglie. Lo spettro della disoccupazione sta stendendo le proprie om-
bre sulla vita di molta gente, ed il costo a lungo termine di pratiche
d’investimento dei tempi recenti, mal consigliate, sta diventando
quantomai evidente. In tali circostanze, vi saranno ulteriori appelli alla
caratteristica generosità dei cattolici britannici, e sono certo che voi
sarete in prima linea per esortare alla solidarietà nei confronti dei bi-
sognosi. La voce profetica dei cristiani ha un ruolo importante nel
mettere in evidenza i bisogni dei poveri e degli svantaggiati, che pos-
sono così facilmente essere trascurati nella destinazione di risorse li-
mitate. Nel documento magisteriale Choosing the Common Good, i Ve-
scovi d’Inghilterra e del Galles hanno sottolineato l’importanza della
pratica della virtù nella vita pubblica. Le circostanze odierne offrono
una buona opportunità per rafforzare quel messaggio, e certamente
per incoraggiare le persone ad aspirare ai valori morali più alti in ogni
settore della loro vita, contro un retroterra di crescente cinismo addi-
rittura circa la possibilità di una vita virtuosa.

   Un altro argomento che ha ricevuto molta attenzione nei mesi tra-
scorsi e che mina seriamente la credibilità morale dei responsabili del-
la Chiesa è il vergogno abuso di ragazzi e di giovani da parte di sacer-
doti e di religiosi. In molte occasioni ho parlato delle profonde ferite
che tale comportamento ha causato, anzitutto nelle vittime ma anche
nel rapporto di fiducia che dovrebbe esistere fra sacerdoti e popolo,

                                                                    13
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
DISCORSI



 fra sacerdoti e i loro Vescovi, come pure fra le autorità della Chiesa e
 la gente. So bene che avete fatto passi molto seri per portare rimedio
 a questa situazione, per assicurare che i ragazzi siano protetti in ma-
 niera efficace da qualsiasi danno, e per affrontare in modo appropria-
 to e trasparente le accuse quando esse sorgono. Avete pubblicamente
 fatto conoscere il vostro profondo dispiacere per quanto accaduto e
 per i modi spesso inadeguati con i quali, in passato, si è affrontata la
 questione. La vostra crescente comprensione dell’estensione degli
 abusi sui ragazzi nella società, dei suoi effetti devastanti, e della ne-
 cessità di fornire adeguato sostegno alle vittime, dovrebbe servire da
 incentivo per condividere, con la società più ampia, la lezione da voi
 appresa. In realtà, quale via migliore potrebbe esserci se non quella di
 fare riparazione per tali peccati avvicinandovi, in umile spirito di com-
 passione, ai ragazzi che soffrono anche altrove per gli abusi? Il nostro
 dovere di prenderci cura della gioventù esige proprio questo e niente
 di meno.

    Mentre riflettiamo sulla fragilità umana che questi tragici eventi ri-
 velano in maniera così dura, ci viene ricordato che, per essere guide
 cristiane efficaci, dobbiamo vivere nella più alta integrità, umiltà e
 santità. Come scrisse una volta il beato John Henry Newman: “Che
 Dio ci doni dei sacerdoti che sappiano sentire la propria debolezza di
 peccatori, e che il popolo li sappia compatire ed amare e pregare per
 la loro crescita in ogni buon dono di grazia” (Sermon, 22 marzo
 1829). 191). Prego che fra le grazie di questa visita vi sia un rinnovato
 impegno da parte delle guide cristiane alla vocazione profetica che
 hanno ricevuto, e un nuovo apprezzamento da parte del popolo per il
 grande dono del ministero ordinato. Sgorgheranno così spontanea-
 mente le preghiere per le vocazioni, e possiamo esser fiduciosi che il
 Signore risponderà inviando operai che raccolgano l’abbondante mes-
 se che ha preparato in tutto il Regno Unito (cfr Mt 9,37-38). A tale
 proposito sono lieto di avere l’opportunità di incontrare fra poco i se-
 minaristi dell’Inghilterra, della Scozia e del Galles per rassicurarli delle
 mie preghiere, mentre si preparano a far la loro parte per raccogliere
 quella messe.

     14
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                   DISCORSI



   Infine vorrei parlarvi di due materie specifiche che riguardano in
questo tempo il vostro ministero episcopale. Una è l’imminente pub-
blicazione della nuova traduzione del Messale Romano. In questa cir-
costanza desidero ringraziare tutti voi per il contributo dato, con così
minuziosa cura, all’esercizio collegiale nella revisione e nell’approva-
zione dei testi. Ciò ha fornito un immenso servizio ai cattolici di tutto
il mondo anglofono. Vi incoraggio a cogliere l’occasione che questa
nuova traduzione offre, per una approfondita catechesi sull’Eucaristia
e per una rinnovata devozione nei modi in cui essa viene celebrata.
“Quanto più viva è la fede eucaristica nel popolo di Dio, tanto più
profonda è la sua partecipazione alla vita ecclesiale che Cristo ha affi-
dato ai suoi discepoli” (Sacramentum caritatis, 6). L’altro punto lo
sollevai in febbraio con i Vescovi dell’Inghilterra e del Galles, quando
vi chiesi di essere generosi nel porre in atto la Costituzione apostolica
Anglicanorum coetibus. Questo dovrebbe essere considerato un gesto
profetico che può contribuire positivamente allo sviluppo delle rela-
zioni fra anglicani e cattolici. Ci aiuta a volgere lo sguardo allo scopo
ultimo di ogni attività ecumenica: la restaurazione della piena comu-
nione ecclesiale nel contesto della quale il reciproco scambio di doni
dai nostri rispettivi patrimoni spirituali, serve da arricchimento per noi
tutti. Continuiamo a pregare e ad operare incessantemente per affret-
tare il lieto giorno in cui quel traguardo potrà essere raggiunto.

   Con tali sentimenti vi ringrazio cordialmente per la vostra ospitalità
durante questi ultimi quattro giorni. Nell’affidare voi e il popolo che
servite all’intercessione di sant’Andrea, san Davide e san Giorgio, vo-
lentieri imparto la Benedizione Apostolica a voi, al clero, ai religiosi e
ai laici dell’Inghilterra, della Scozia e del Galles.




                                                                    15
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
DISCORSI



           All’incontro con i sacerdoti, i religiosi,
                  le religiose e i seminaristi
                            Cattedrale di Palermo
                           Domenica, 3 ottobre 2010


    Venerati Fratelli nell’Episcopato,
    cari fratelli e sorelle!

     In questa mia visita pastorale nella vostra terra non poteva mancare
 l’incontro con voi. Grazie per la vostra accoglienza! Mi è piaciuto il
 parallelismo, nelle parole dell’Arcivescovo, tra la bellezza della Catte-
 drale e quella dell’edificio di “pietre vive” che siete voi. Sì, in questo
 breve ma intenso momento con voi io posso ammirare il volto della
 Chiesa, nella varietà dei suoi doni. E, come Successore di Pietro, ho la
 gioia di confermarvi nell’unica fede e nella profonda comunione che
 il Signore Gesù Cristo ci ha acquistato. A Mons. Paolo Romeo esprimo
 la mia gratitudine, e la estendo al Vescovo Ausiliare. A voi, cari pre-
 sbiteri di questa Arcidiocesi e di tutte le Diocesi della Sicilia, a voi, ca-
 ri diaconi e seminaristi, e a voi, religiosi e religiose, e laici consacrati,
 rivolgo il mio saluto più cordiale, e vorrei farlo arrivare a tutti i confra-
 telli e le consorelle della Sicilia, in modo speciale a quelli che sono
 malati e molto anziani.

    L’adorazione eucaristica, che abbiamo avuto la grazia e la gioia di
 condividere, ci ha svelato e ci ha fatto sentire il senso profondo di ciò
 che siamo: membra del Corpo di Cristo che è la Chiesa. Prostrato da-
 vanti a Gesù, qui in mezzo a voi, gli ho chiesto di infiammare i vostri
 cuori con la sua carità, così che siate assimilati a Lui e possiate imitar-
 lo nella più completa e generosa donazione alla Chiesa e ai fratelli.

    Cari sacerdoti, vorrei rivolgermi prima di tutto a voi. So che lavora-
 te con zelo e intelligenza, senza risparmio di energie. Il Signore Gesù,
 al quale avete consacrato la vita, è con voi! Siate sempre uomini di
 preghiera, per essere anche maestri di preghiera. Le vostre giornate
 siano scandite dai tempi dell’orazione, durante i quali, sul modello di

     16
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                   DISCORSI



Gesù, vi intrattenete in colloquio rigenerante con il Padre. Non è faci-
le mantenersi fedeli a questi quotidiani appuntamenti con il Signore,
soprattutto oggi che il ritmo della vita si è fatto frenetico e le occupa-
zioni assorbono in misura sempre maggiore. Dobbiamo tuttavia con-
vincerci: il momento della preghiera è fondamentale: in essa, agisce
con più efficacia la grazia divina, dando fecondità al ministero. Tante
cose ci premono, ma se non siamo interiormente in comunione con
Dio non possiamo dare niente neppure agli altri. Dobbiamo sempre
riservare il tempo necessario per “stare con lui” (cfr Mc 3,14).

   Il Concilio Vaticano II a proposito dei sacerdoti afferma: “È nel cul-
to eucaristico o sinassi che essi esercitano soprattutto il loro ministero
sacro” (Cost. dogm. Lumen gentium, 28). L’Eucaristia è la sorgente e il
culmine di tutta la vita cristiana. Cari fratelli sacerdoti, possiamo dire
che lo è per noi, per la nostra vita sacerdotale? Quale cura poniamo
nel prepararci alla santa Messa, nel celebrarla, nel rimanere in adora-
zione? Le nostre chiese sono veramente “casa di Dio”, dove la sua
presenza attira la gente, che purtroppo oggi sente spesso l’assenza di
Dio?

   Il Sacerdote trova sempre, ed in maniera immutabile, la sorgente
della propria identità in Cristo Sacerdote. Non è il mondo a fissare il
nostro statuto, secondo i bisogni e le concezioni dei ruoli sociali. Il
prete è segnato dal sigillo del Sacerdozio di Cristo, per partecipare al-
la sua funzione di unico Mediatore e Redentore. In forza di questo le-
game fondamentale, si apre al sacerdote il campo immenso del servi-
zio delle anime, per la loro salvezza in Cristo e nella Chiesa. Un servi-
zio che deve essere completamente ispirato dalla carità di Cristo. Dio
vuole che tutti gli uomini siano salvi, che nessuno si perda. Diceva il
Santo Curato d’Ars: “Il sacerdote dev’essere sempre pronto a risponde-
re ai bisogni delle anime. Egli non è per sé, è per voi”. Il sacerdote è
per i fedeli: li anima e li sostiene nell’esercizio del sacerdozio comune
dei battezzati, nel loro cammino di fede, nel coltivare la speranza, nel
vivere la carità, l’amore di Cristo. Cari sacerdoti, abbiate sempre una
particolare attenzione anche per il mondo giovanile. Come disse in
questa terra il Venerabile Giovanni Paolo II, spalancate le porte delle

                                                                    17
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
DISCORSI



 vostre parrocchie ai giovani, perché possano aprire le porte del loro
 cuore a Cristo! Mai le trovino chiuse!

    Il Sacerdote non può restare lontano dalle preoccupazioni quotidia-
 ne del Popolo di Dio; anzi, deve essere vicinissimo, ma da sacerdote,
 sempre nella prospettiva della salvezza e del Regno di Dio. Egli è te-
 stimone e dispensatore di una vita diversa da quella terrena (cfr Decr.
 Presbyterorum Ordinis, 3). Egli è portatore di una speranza forte, di
 una “speranza affidabile”, quella di Cristo, con la quale affrontare il
 presente, anche se spesso faticoso (cfr Enc. Spe salvi, 1). E’ essenziale
 per la Chiesa che l’identità del sacerdote sia salvaguardata, con la sua
 dimensione “verticale”. La vita e la personalità di san Giovanni Maria
 Vianney, ma anche di tanti Santi della vostra terra, come sant’Annibale
 Maria di Francia, il beato Giacomo Cusmano o il beato Francesco
 Spoto, ne sono una dimostrazione particolarmente illuminante e vigo-
 rosa.

     La Chiesa di Palermo ha ricordato recentemente l’anniversario del
 barbaro assassinio di Don Giuseppe Puglisi, appartenente a questo
 presbiterio, ucciso dalla mafia. Egli aveva un cuore che ardeva di au-
 tentica carità pastorale; nel suo zelante ministero ha dato largo spazio
 all’educazione dei ragazzi e dei giovani, ed insieme si è adoperato
 perché ogni famiglia cristiana vivesse la fondamentale vocazione di
 prima educatrice della fede dei figli. Lo stesso popolo affidato alle sue
 cure pastorali ha potuto abbeverarsi alla ricchezza spirituale di questo
 buon pastore, del quale è in corso la causa di Beatificazione. Vi esor-
 to a conservare viva memoria della sua feconda testimonianza sacer-
 dotale imitandone l’eroico esempio.

     Con grande affetto mi rivolgo anche a voi, che in varie forme ed
 istituti vivete la consacrazione a Dio in Cristo e nella Chiesa. Un parti-
 colare pensiero ai monaci e alle monache di clausura, il cui servizio di
 preghiera è così prezioso per la Comunità ecclesiale. Cari fratelli e so-
 relle, continuate a seguire Gesù senza compromessi, come viene pro-
 posto nel Vangelo, dando così testimonianza della bellezza di essere
 cristiani in maniera radicale. Spetta in particolare a voi tenere viva nei
 battezzati la consapevolezza delle esigenze fondamentali del Vangelo.

     18
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                      DISCORSI



Infatti, la vostra stessa presenza e il vostro stile infondono alla Comu-
nità ecclesiale un prezioso impulso verso la “misura alta” della vita vo-
cazione cristiana; anzi potremmo dire che la vostra esistenza costitui-
sce come una predicazione, assai eloquente, anche se spesso silenzio-
sa. Il vostro, carissimi, è un genere di vita antico e sempre nuovo, no-
nostante la diminuzione del numero e delle forze. Ma abbiate fiducia:
i nostri tempi non sono quelli di Dio e della sua provvidenza. E’ ne-
cessario pregare e crescere nella santità personale e comunitaria. Il Si-
gnore poi provvede!

   Con affetto di predilezione saluto voi, cari seminaristi, e vi esorto a
rispondere con generosità alla chiamata del Signore e alle attese del
Popolo di Dio, crescendo nell’identificazione con Cristo, il Sommo Sa-
cerdote, preparandovi alla missione con una solida formazione uma-
na, spirituale, teologica e culturale. Il Seminario è quanto mai prezio-
so per il vostro futuro, perché, attraverso un’esperienza completa e un
lavoro paziente, vi conduce ad essere pastori d’anime e maestri di fe-
de, ministri dei santi misteri e portatori della carità di Cristo. Vivete
con impegno questo tempo di grazia e conservate nel cuore la gioia e
lo slancio del primo momento della chiamata e del vostro “sì”, quan-
do, rispondendo alla voce misteriosa di Cristo, avete dato una svolta
decisiva alla vostra vita. Siate docili alle direttive dei superiori e dei re-
sponsabili della vostra crescita in Cristo, e imparate da Lui l’amore per
ogni figlio di Dio e della Chiesa.

   Cari fratelli e sorelle, mentre vi ringrazio ancora per il vostro affet-
to, vi assicuro il mio ricordo nella preghiera, perché proseguiate con
rinnovato slancio e con forte speranza il cammino di fedele adesione
a Cristo e di generoso servizio alla Chiesa. Vi assista sempre la Vergine
Maria, nostra Madre; vi proteggano santa Rosalia e tutti i Santi patroni
di questa terra di Sicilia; e vi accompagni anche la Benedizione Apo-
stolica, che imparto di cuore a voi e alle vostre comunità.




                                                                        19
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
DISCORSI



          All’incontro con i ragazzi e i giovanissimi
                 dell’Azione Cattolica Italiana
                               Piazza San Pietro
                             Sabato, 30 ottobre 2010


    Domanda del ragazzo ACR:

    Santità, cosa significa diventare grandi? Cosa devo fare per crescere
    seguendo Gesù? Chi mi può aiutare?

    Cari amici dell’Azione Cattolica Italiana!

     Sono semplicemente felice di incontrarvi, così numerosi, su questa
  bella piazza e vi ringrazio di cuore per il vostro affetto! A tutti voi ri-
  volgo il mio benvenuto. In particolare, saluto il Presidente, Prof. Fran-
  co Miano, e l’Assistente Generale, Mons. Domenico Sigalini. Saluto il
  Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale
  Italiana, gli altri Vescovi, i sacerdoti, gli educatori e i genitori che han-
  no voluto accompagnarvi.

     Allora, ho ascoltato la domanda del ragazzo dell’ACR. La risposta
  più bella su che cosa significa diventare grandi la portate scritta voi
  tutti sulle vostre magliette, sui cappellini, sui cartelloni: “C’è di più”.
  Questo vostro motto, che non conoscevo, mi fa riflettere. Che cosa fa
  un bambino per vedere se diventa grande? Confronta la sua altezza
  con quella dei compagni; e immagina di diventare più alto, per sentir-
  si più grande. Io, quando sono stato ragazzo, alla vostra età, nella mia
  classe ero uno dei più piccoli, e tanto più ho avuto il desiderio di es-
  sere un giorno molto grande; e non solo grande di misura, ma volevo
  fare qualcosa di grande, di più nella mia vita, anche se non conosce-
  vo questa parola “c’è di più”. Crescere in altezza implica questo “c’è
  di più”. Ve lo dice il vostro cuore, che desidera avere tanti amici, che
  è contento quando si comporta bene, quando sa dare gioia al papà e
  alla mamma, ma soprattutto quando incontra un amico insuperabile,
  buonissimo e unico che è Gesù. Voi sapete quanto Gesù voleva bene
  ai bambini e ai ragazzi! Un giorno tanti bambini come voi si avvicina-

     20
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                   DISCORSI



rono a Gesù, perché si era stabilita una bella intesa, e nel suo sguardo
coglievano il riflesso dell’amore di Dio; ma c’erano anche degli adulti
che invece si sentivano disturbati da quei bambini. Capita anche a voi
che qualche volta, mentre giocate, vi divertite con gli amici, i grandi
vi dicono di non disturbare… Ebbene, Gesù rimprovera proprio que-
gli adulti e dice loro: Lasciate qui tutti questi ragazzi, perché hanno
nel cuore il segreto del Regno di Dio. Così Gesù ha insegnato agli
adulti che anche voi siete “grandi” e che gli adulti devono custodire
questa grandezza, che è quella di avere un cuore che vuole bene a
Gesù. Cari bambini, cari ragazzi: essere “grandi” vuol dire amare tanto
Gesù, ascoltarlo e parlare con Lui nella preghiera, incontrarlo nei Sa-
cramenti, nella Santa Messa, nella Confessione; vuole dire conoscerlo
sempre di più e anche farlo conoscere agli altri, vuol dire stare con gli
amici, anche i più poveri, gli ammalati, per crescere insieme. E l’ACR
è proprio parte di quel “di più”, perché non siete soli a voler bene a
Gesù - siete in tanti, lo vediamo anche questa mattina! -, ma vi aiutate
gli uni gli altri; perché non volete lasciare che nessun amico sia solo,
ma a tutti volete dire forte che è bello avere Gesù come amico ed è
bello essere amici di Gesù; ed è bello esserlo insieme, aiutati dai vo-
stri genitori, sacerdoti, animatori! Così diventate grandi davvero, non
solo perché la vostra altezza aumenta, ma perché il vostro cuore si
apre alla gioia e all’amore che Gesù vi dona. E così si apre alla vera
grandezza, stare nel grande amore di Dio, che è anche sempre amore
degli amici. Speriamo e preghiamo di crescere in questo senso, di tro-
vare il “di più” e di essere veramente persone con un cuore grande,
con un Amico grande che dà la sua grandezza anche a noi. Grazie.

  Domanda della giovanissima:

  Santità, i nostri educatori dell’Azione Cattolica ci dicono che per di-
  ventare grandi occorre imparare ad amare, ma spesso noi ci per-
  diamo e soffriamo nelle nostre relazioni, nelle nostre amicizie, nei
  nostri primi amori. Ma cosa significa amare fino in fondo? Come
  possiamo imparare ad amare davvero?

  Una grande questione. E’ molto importante, direi fondamentale im-
parare ad amare, amare veramente, imparare l’arte del vero amore!

                                                                   21
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
DISCORSI



 Nell’adolescenza ci si ferma davanti allo specchio e ci si accorge che
 si sta cambiando. Ma fino a quando si continua a guardare se stessi,
 non si diventa mai grandi! Diventate grandi quando non permettete
 più allo specchio di essere l’unica verità di voi stessi, ma quando la
 lasciate dire a quelli che vi sono amici. Diventate grandi se siete capa-
 ci di fare della vostra vita un dono agli altri, non di cercare se stessi,
 ma di dare se stessi agli altri: questa è la scuola dell’amore. Questo
 amore, però, deve portarsi dentro quel “di più” che oggi gridate a tut-
 ti. “C’è di più”! Come vi ho già detto, anch’io nella mia giovinezza vo-
 levo qualcosa di più di quello che mi presentava la società e la men-
 talità del tempo. Volevo respirare aria pura, soprattutto desideravo un
 mondo bello e buono, come lo aveva voluto per tutti il nostro Dio, il
 Padre di Gesù. E ho capito sempre di più che il mondo diventa bello
 e diventa buono se si conosce questa volontà di Dio e se il mondo è
 in corrispondenza con questa volontà di Dio, che è la vera luce, la
 bellezza, l’amore che dà senso al mondo.

    E’ proprio vero: voi non potete e non dovete adattarvi ad un amore
 ridotto a merce di scambio, da consumare senza rispetto per sé e per
 gli altri, incapace di castità e di purezza. Questa non è libertà. Molto
 “amore” proposto dai media, in internet, non è amore, ma è egoismo,
 chiusura, vi dà l’illusione di un momento, ma non vi rende felici, non
 vi fa grandi, vi lega come una catena che soffoca i pensieri e i senti-
 menti più belli, gli slanci veri del cuore, quella forza insopprimibile
 che è l’amore e che trova in Gesù la sua massima espressione e nello
 Spirito Santo la forza e il fuoco che incendia le vostre vite, i vostri
 pensieri, i vostri affetti. Certo costa anche sacrificio vivere in modo ve-
 ro l’amore - senza rinunce non si arriva a questa strada - ma sono si-
 curo che voi non avete paura della fatica di un amore impegnativo e
 autentico, E’ l’unico che, in fin dei conti, dà la vera gioia! C’è una pro-
 va che vi dice se il vostro amore sta crescendo bene: se non escludete
 dalla vostra vita gli altri, soprattutto i vostri amici che soffrono e sono
 soli, le persone in difficoltà, e se aprite il vostro cuore al grande Ami-
 co che è Gesù. Anche l’Azione Cattolica vi insegna le strade per impa-
 rare l’amore autentico: la partecipazione alla vita della Chiesa, della
 vostra comunità cristiana, il voler bene ai vostri amici del gruppo di
 ACR, di AC, la disponibilità verso i coetanei che incontrate a scuola,

     22
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                    DISCORSI



in parrocchia o in altri ambienti, la compagnia della Madre di Gesù,
Maria, che sa custodire il vostro cuore e guidarvi nella via del bene.
Del resto, nell’Azione Cattolica, avete tanti esempi di amore genuino,
bello, vero: il beato Pier Giorgio Frassati, il beato Alberto Marvelli;
amore che arriva anche al sacrificio della vita, come la beata Pierina
Morosini e la beata Antonia Mesina.

    Giovanissimi di Azione Cattolica, aspirate a mete grandi, perché
Dio ve ne dà la forza. Il “di più” è essere ragazzi e giovanissimi che
decidono di amare come Gesù, di essere protagonisti della propria vi-
ta, protagonisti nella Chiesa, testimoni della fede tra i vostri coetanei.
Il “di più” è la formazione umana e cristiana che sperimentate in AC,
che unisce la vita spirituale, la fraternità, la testimonianza pubblica
della fede, la comunione ecclesiale, l’amore per la Chiesa, la collabo-
razione con i Vescovi e i sacerdoti, l’amicizia spirituale. “Diventare
grandi insieme” dice l’importanza di far parte di un gruppo e di una
comunità che vi aiutano a crescere, a scoprire la vostra vocazione e a
imparare il vero amore. Grazie.

  Domanda dell’educatrice:

  Santità, cosa significa oggi essere educatori? Come affrontare le dif-
  ficoltà che incontriamo nel nostro servizio? E come fare in modo
  che siano tutti a prendersi cura del presente e del futuro delle nuove
  generazioni? Grazie.

   Una grande domanda. Lo vediamo in questa situazione del proble-
ma dell’educazione. Direi che essere educatori significa avere una
gioia nel cuore e comunicarla a tutti per rendere bella e buona la vita;
significa offrire ragioni e traguardi per il cammino della vita, offrire la
bellezza della persona di Gesù e far innamorare di Lui, del suo stile di
vita, della sua libertà, del suo grande amore pieno di fiducia in Dio
Padre. Significa soprattutto tenere sempre alta la meta di ogni esisten-
za verso quel “di più” che ci viene da Dio. Questo esige una cono-
scenza personale di Gesù, un contatto personale, quotidiano, amore-
vole con Lui nella preghiera, nella meditazione sulla Parola di Dio,
nella fedeltà ai Sacramenti, all’Eucaristia, alla Confessione; esige di co-
municare la gioia di essere nella Chiesa, di avere amici con cui condi-

                                                                     23
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
DISCORSI



 videre non solo le difficoltà, ma anche le bellezze e le sorprese della
 vita di fede.

     Voi sapete bene che non siete padroni dei ragazzi, ma servitori del-
 la loro gioia a nome di Gesù, guide verso di Lui. Avete ricevuto il
 mandato dalla Chiesa per questo compito. Quando aderite all’Azione
 Cattolica dite a voi stessi e a tutti che amate la Chiesa, che siete dispo-
 sti ad essere corresponsabili con i Pastori della sua vita e della sua
 missione, in un’associazione che si spende per il bene delle persone,
 per i loro e vostri cammini di santità, per la vita delle comunità cristia-
 ne nella quotidianità della loro missione. Voi siete dei buoni educatori
 se sapete coinvolgere tutti per il bene dei più giovani. Non potete es-
 sere autosufficienti, ma dovete far sentire l’urgenza dell’educazione
 delle giovani generazioni a tutti i livelli. Senza la presenza della fami-
 glia, ad esempio, rischiate di costruire sulla sabbia; senza una collabo-
 razione con la scuola non si forma un’intelligenza profonda della fe-
 de; senza un coinvolgimento dei vari operatori del tempo libero e del-
 la comunicazione la vostra opera paziente rischia di non essere effica-
 ce, di non incidere sulla vita quotidiana. Io sono sicuro che l’Azione
 Cattolica è ben radicata nel territorio e ha il coraggio di essere sale e
 luce. La vostra presenza qui, stamattina, dice non solo a me, ma a tutti
 che è possibile educare, che è faticoso ma bello dare entusiasmo ai
 ragazzi e ai giovanissimi. Abbiate il coraggio, vorrei dire l’audacia di
 non lasciare nessun ambiente privo di Gesù, della sua tenerezza che
 fate sperimentare a tutti, anche ai più bisognosi e abbandonati, con la
 vostra missione di educatori.

     Cari amici, alla fine vi ringrazio per aver partecipato a questo in-
 contro. Mi piacerebbe fermarmi ancora con voi, perché quando sono
 in mezzo a tanta gioia ed entusiasmo, anche io sono pieno di gioia,
 mi sento ringiovanito! Ma purtroppo il tempo passa veloce, mi aspet-
 tano altri. Ma col cuore sono con voi e rimango con voi! E vi invito,
 cari amici, a continuare nel vostro cammino, ad essere fedeli all’iden-
 tità e alla finalità dell’Azione Cattolica. La forza dell’amore di Dio può
 compiere in voi grandi cose. Vi assicuro che mi ricordo di tutti nella
 mia preghiera e vi affido alla materna intercessione della Vergine Ma-
 ria, Madre della Chiesa, perché come lei possiate testimoniare che “c’è

     24
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                 DISCORSI



di più”, la gioia della vita piena della presenza del Signore. Grazie a
tutti voi di cuore!




                                                                 25
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
MESSAGGI



                               Pasqua 2010

           “CANTEMUS DOMINO: GLORIOSE ENIM MAGNIFICATUS EST”.
             “CANTIAMO AL SIGNORE: È VERAMENTE GLORIOSO!”
           (Liturgia delle Ore, Pasqua, Ufficio di Lettura, Ant. 1)


    Cari fratelli e sorelle!

    Vi reco l’annuncio della Pasqua con queste parole della Liturgia,
 che riecheggiano l’antichissimo inno di lode degli ebrei dopo il pas-
 saggio del Mar Rosso. Narra il Libro dell’Esodo (cfr 15,19-21) che
 quando ebbero attraversato il mare all’asciutto e videro gli egiziani
 sommersi dalle acque, Miriam – la sorella di Mosè e di Aronne – e le
 altre donne intonarono danzando questo canto di esultanza: “Cantate
 al Signore, / perché ha mirabilmente trionfato: / cavallo e cavaliere /
 ha gettato nel mare!”. I cristiani, in tutto il mondo, ripetono questo
 cantico nella Veglia pasquale, ed una speciale preghiera ne spiega il
 significato; una preghiera che ora, nella piena luce della Risurrezione,
 con gioia facciamo nostra: “O Dio, anche ai nostri tempi vediamo ri-
 splendere i tuoi antichi prodigi: ciò che facesti con la tua mano poten-
 te per liberare un solo popolo dall’oppressione del faraone, ora lo
 compi attraverso l’acqua del Battesimo per la salvezza di tutti i popoli;
 concedi che l’umanità intera sia accolta tra i figli di Abramo e parteci-
 pi alla dignità del popolo eletto”.

     Il Vangelo ci ha rivelato il compimento delle antiche figure: con la
 sua morte e risurrezione, Gesù Cristo ha liberato l’uomo dalla schia-
 vitù radicale, quella del peccato, e gli ha aperto la strada verso la vera
 Terra promessa, il Regno di Dio, Regno universale di giustizia, di amo-
 re e di pace. Questo “esodo” avviene prima di tutto dentro l’uomo
 stesso, e consiste in una nuova nascita nello Spirito Santo, effetto del
 Battesimo che Cristo ci ha donato proprio nel mistero pasquale. L’uo-
 mo vecchio lascia il posto all’uomo nuovo; la vita di prima è alle spal-
 le, si può camminare in una vita nuova (cfr Rm 6,4). Ma l’“esodo” spi-
 rituale è principio di una liberazione integrale, capace di rinnovare
 ogni dimensione umana, personale e sociale.

     26
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                    MESSAGGI



   Sì, fratelli, la Pasqua è la vera salvezza dell’umanità! Se Cristo – l’A-
gnello di Dio – non avesse versato il suo Sangue per noi, non avrem-
mo alcuna speranza, il destino nostro e del mondo intero sarebbe ine-
vitabilmente la morte. Ma la Pasqua ha invertito la tendenza: la Risur-
rezione di Cristo è una nuova creazione, come un innesto che può ri-
generare tutta la pianta. E’ un avvenimento che ha modificato l’orien-
tamento profondo della storia, sbilanciandola una volta per tutte dalla
parte del bene, della vita, del perdono. Siamo liberi, siamo salvi! Ecco
perché dall’intimo del cuore esultiamo: “Cantiamo al Signore: è vera-
mente glorioso!”.

    Il popolo cristiano, uscito dalle acque del Battesimo, è inviato in
tutto il mondo a testimoniare questa salvezza, a portare a tutti il frutto
della Pasqua, che consiste in una vita nuova, liberata dal peccato e re-
stituita alla sua bellezza originaria, alla sua bontà e verità. Continua-
mente, nel corso di duemila anni, i cristiani – specialmente i santi –
hanno fecondato la storia con l’esperienza viva della Pasqua. La Chie-
sa è il popolo dell’esodo, perché costantemente vive il mistero pa-
squale e diffonde la sua forza rinnovatrice in ogni tempo e in ogni
luogo. Anche ai nostri giorni l’umanità ha bisogno di un “esodo”, non
di aggiustamenti superficiali, ma di una conversione spirituale e mora-
le. Ha bisogno della salvezza del Vangelo, per uscire da una crisi che
è profonda e come tale richiede cambiamenti profondi, a partire dalle
coscienze.

   Al Signore Gesù chiedo che in Medio Oriente, ed in particolare nel-
la Terra santificata dalla sua morte e risurrezione, i Popoli compiano
un “esodo” vero e definitivo dalla guerra e dalla violenza alla pace ed
alla concordia. Alle comunità cristiane, che, specialmente in Iraq, co-
noscono prove e sofferenze, il Risorto ripeta la parola carica di conso-
lazione e di incoraggiamento che rivolse agli Apostoli nel Cenacolo:
“Pace a voi!” (Gv 20,21).

   Per quei Paesi Latino-americani e dei Caraibi che sperimentano una
pericolosa recrudescenza dei crimini legati al narcotraffico, la Pasqua
di Cristo segni la vittoria della convivenza pacifica e del rispetto per il
bene comune. La diletta popolazione di Haiti, devastata dall’immane

                                                                      27
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
MESSAGGI



 tragedia del terremoto, compia il suo “esodo” dal lutto e dalla dispera-
 zione ad una nuova speranza, sostenuta dalla solidarietà internaziona-
 le. Gli amati cittadini cileni, prostrati da un’altra grave catastrofe, ma
 sorretti dalla fede, affrontino con tenacia l’opera di ricostruzione.

    Nella forza di Gesù risorto, in Africa si ponga fine ai conflitti che
 continuano a provocare distruzione e sofferenze e si raggiunga quella
 pace e quella riconciliazione che sono garanzie di sviluppo. In parti-
 colare, affido al Signore il futuro della Repubblica Democratica del
 Congo, della Guinea e della Nigeria.

    Il Risorto sostenga i cristiani che, per la loro fede, soffrono la per-
 secuzione e persino la morte, come in Pakistan. Ai Paesi afflitti dal ter-
 rorismo e dalle discriminazioni sociali o religiose, Egli conceda la for-
 za di intraprendere percorsi di dialogo e di convivenza serena. Ai re-
 sponsabili di tutte le Nazioni, la Pasqua di Cristo rechi luce e forza,
 perché l’attività economica e finanziaria sia finalmente impostata se-
 condo criteri di verità, di giustizia e di aiuto fraterno. La potenza salvi-
 fica della risurrezione di Cristo investa tutta l’umanità, affinché essa
 superi le molteplici e tragiche espressioni di una “cultura di morte”
 che tende a diffondersi, per edificare un futuro di amore e di verità, in
 cui ogni vita umana sia rispettata ed accolta.

    Cari fratelli e sorelle! La Pasqua non opera alcuna magia. Come al
 di là del Mar Rosso gli ebrei trovarono il deserto, così la Chiesa, dopo
 la Risurrezione, trova sempre la storia con le sue gioie e le sue spe-
 ranze, i suoi dolori e le sue angosce. E tuttavia, questa storia è cam-
 biata, è segnata da un’alleanza nuova ed eterna, è realmente aperta al
 futuro. Per questo, salvati nella speranza, proseguiamo il nostro pelle-
 grinaggio, portando nel cuore il canto antico e sempre nuovo: “Can-
 tiamo al Signore: è veramente glorioso!”.




     28
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                    MESSAGGI



                 Per la Giornata Mondiale
            del Migrante e del Rifugiato (2010)
                   "I   MIGRANTI E I RIFUGIATI MINORENNI"



  Cari fratelli e sorelle,

    la celebrazione della Giornata del Migrante e del Rifugiato mi offre
nuovamente l'occasione di manifestare la costante sollecitudine che la
Chiesa nutre verso coloro che vivono, in vari modi, l'esperienza dell'e-
migrazione. Si tratta di un fenomeno che, come ho scritto nell'Encicli-
ca Caritas in veritate, impressiona per il numero di persone coinvolte,
per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religio-
se che solleva, per le sfide drammatiche che pone alle comunità na-
zionali e a quella internazionale. Il migrante è una persona umana
con diritti fondamentali inalienabili da rispettare sempre e da tutti (cfr
n. 62). Il tema di quest'anno - "I migranti e i rifugiati minorenni" toc-
ca un aspetto che i cristiani valutano con grande attenzione, memori
del monito di Cristo, il quale nel giudizio finale considererà riferito a
Lui stesso tutto ciò che è stato fatto o negato "a uno solo di questi più
piccoli" (cfr Mt 25, 40.45). E come non considerare tra "i più piccoli"
anche i minori migranti e rifugiati? Gesù stesso da bambino ha vissuto
l'esperienza del migrante perché, come narra il Vangelo, per sfuggire
alle minacce di Erode dovette rifugiarsi in Egitto insieme a Giuseppe e
Maria (cfr Mt 2,14).

   Se la Convenzione dei Diritti del Bambino afferma con chiarezza
che va sempre salvaguardato l'interesse del minore (cfr art. 3), al qua-
le vanno riconosciuti i diritti fondamentali della persona al pari dell'a-
dulto, purtroppo nella realtà questo non sempre avviene. Infatti, men-
tre cresce nell'opinione pubblica la consapevolezza della necessità di
un'azione puntuale e incisiva a protezione dei minori, di fatto tanti so-
no lasciati in abbandono e, in vari modi, si ritrovano a rischio di sfrut-
tamento. Della drammatica condizione in cui essi versano, si è fatto
interprete il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II nel messag-
gio inviato il 22 settembre del 1990 al Segretario Generale delle Nazio-

                                                                    29
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
MESSAGGI



 ni Unite, in occasione del Vertice Mondiale per i Bambini. "Sono testi-
 mone - egli scrisse - della straziante condizione di milioni di bambini
 di ogni continente. Essi sono più vulnerabili perché meno capaci di
 far sentire la loro voce" (Insegnamenti XIII, 2, 1990, p. 672). Auspico
 di cuore che si riservi la giusta attenzione ai migranti minorenni, biso-
 gnosi di un ambiente sociale che consenta e favorisca il loro sviluppo
 fisico, culturale, spirituale e morale. Vivere in un paese straniero sen-
 za effettivi punti di riferimento crea ad essi, specialmente a quelli privi
 dell'appoggio della famiglia, innumerevoli e talora gravi disagi e diffi-
 coltà.

     Un aspetto tipico della migrazione minorile è costituito dalla situa-
 zione dei ragazzi nati nei paesi ospitanti oppure da quella dei figli che
 non vivono con i genitori emigrati dopo la loro nascita, ma li raggiun-
 gono successivamente. Questi adolescenti fanno parte di due culture
 con i vantaggi e le problematiche connesse alla loro duplice apparte-
 nenza, condizione questa che tuttavia può offrire l'opportunità di spe-
 rimentare la ricchezza dell'incontro tra differenti tradizioni culturali. È
 importante che ad essi sia data la possibilità della frequenza scolastica
 e del successivo inserimento nel mondo del lavoro e che ne vada faci-
 litata l'integrazione sociale grazie a opportune strutture formative e so-
 ciali. Non si dimentichi mai che l'adolescenza rappresenta una tappa
 fondamentale per la formazione dell'essere umano.

    Una particolare categoria di minori è quella dei rifugiati che chie-
 dono asilo, fuggendo per varie ragioni dal proprio paese, dove non ri-
 cevono adeguata protezione. Le statistiche rivelano che il loro numero
 è in aumento. Si tratta dunque di un fenomeno da valutare con atten-
 zione e da affrontare con azioni coordinate, con misure di prevenzio-
 ne, di protezione e di accoglienza adatte, secondo quanto prevede
 anche la stessa Convenzione dei Diritti del Bambino (cfr art. 22).

    Mi rivolgo ora particolarmente alle parrocchie e alle molte associa-
 zioni cattoliche che, animate da spirito di fede e di carità, compiono
 grandi sforzi per venire incontro alle necessità di questi nostri fratelli e
 sorelle. Mentre esprimo gratitudine per quanto si sta facendo con
 grande generosità, vorrei invitare tutti i cristiani a prendere consape-

     30
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                  MESSAGGI



volezza della sfida sociale e pastorale che pone la condizione dei mi-
nori migranti e rifugiati. Risuonano nel nostro cuore le parole di Gesù:
"Ero forestiero e mi avete ospitato" (Mt 25,35), come pure il comanda-
mento centrale che Egli ci ha lasciato: amare Dio con tutto il cuore,
con tutta l'anima e con tutta la mente, ma unito all'amore al prossimo
(cfr Mt 22,37-39). Questo ci porta a considerare che ogni nostro con-
creto intervento deve nutrirsi prima di tutto di fede nell'azione della
grazia e della Provvidenza divina. In tal modo anche l'accoglienza e la
solidarietà verso lo straniero, specialmente se si tratta di bambini, di-
viene annuncio del Vangelo della solidarietà. La Chiesa lo proclama
quando apre le sue braccia e opera perché siano rispettati i diritti dei
migranti e dei rifugiati, stimolando i responsabili delle Nazioni, degli
Organismi e delle istituzioni internazionali perché promuovano oppor-
tune iniziative a loro sostegno. Vegli su tutti materna la Beata Vergine
Maria e ci aiuti a comprendere le difficoltà di quanti sono lontani dalla
propria patria. A quanti sono coinvolti nel vasto mondo dei migranti e
rifugiati assicuro la mia preghiera e imparto di cuore la Benedizione
Apostolica.

  Dal Vaticano, 16 ottobre 2009




                                                                   31
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
LETTERE



                             Ai Seminaristi


    Cari Seminaristi,

    nel dicembre 1944, quando fui chiamato al servizio militare, il co-
 mandante di compagnia domandò a ciascuno di noi a quale professio-
 ne aspirasse per il futuro. Risposi di voler diventare sacerdote cattoli-
 co. Il sottotenente replicò: Allora Lei deve cercarsi qualcos’altro. Nella
 nuova Germania non c’è più bisogno di preti. Sapevo che questa
 “nuova Germania” era già alla fine, e che dopo le enormi devastazioni
 portate da quella follia sul Paese, ci sarebbe stato bisogno più che mai
 di sacerdoti. Oggi, la situazione è completamente diversa. In vari mo-
 di, però, anche oggi molti pensano che il sacerdozio cattolico non sia
 una “professione” per il futuro, ma che appartenga piuttosto al passa-
 to. Voi, cari amici, vi siete decisi ad entrare in seminario, e vi siete,
 quindi, messi in cammino verso il ministero sacerdotale nella Chiesa
 Cattolica, contro tali obiezioni e opinioni. Avete fatto bene a farlo.
 Perché gli uomini avranno sempre bisogno di Dio, anche nell’epoca
 del dominio tecnico del mondo e della globalizzazione: del Dio che ci
 si è mostrato in Gesù Cristo e che ci raduna nella Chiesa universale,
 per imparare con Lui e per mezzo di Lui la vera vita e per tenere pre-
 senti e rendere efficaci i criteri della vera umanità. Dove l’uomo non
 percepisce più Dio, la vita diventa vuota; tutto è insufficiente. L’uomo
 cerca poi rifugio nell’ebbrezza o nella violenza, dalla quale proprio la
 gioventù viene sempre più minacciata. Dio vive. Ha creato ognuno di
 noi e conosce, quindi, tutti. È così grande che ha tempo per le nostre
 piccole cose: “I capelli del vostro capo sono tutti contati”. Dio vive, e
 ha bisogno di uomini che esistono per Lui e che Lo portano agli altri.
 Sì, ha senso diventare sacerdote: il mondo ha bisogno di sacerdoti, di
 pastori, oggi, domani e sempre, fino a quando esisterà.

    Il seminario è una comunità in cammino verso il servizio sacerdota-
 le. Con ciò, ho già detto qualcosa di molto importante: sacerdoti non
 si diventa da soli. Occorre la “comunità dei discepoli”, l’insieme di co-
 loro che vogliono servire la comune Chiesa. Con questa lettera vorrei

     32
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                     LETTERE



evidenziare – anche guardando indietro al mio tempo in seminario –
qualche elemento importante per questi anni del vostro essere in
cammino.

    1. Chi vuole diventare sacerdote, dev’essere soprattutto un “uomo
di Dio”, come lo descrive san Paolo (1 Tm 6,11). Per noi Dio non è
un’ipotesi distante, non è uno sconosciuto che si è ritirato dopo il “big
bang”. Dio si è mostrato in Gesù Cristo. Nel volto di Gesù Cristo ve-
diamo il volto di Dio. Nelle sue parole sentiamo Dio stesso parlare
con noi. Perciò la cosa più importante nel cammino verso il sacerdo-
zio e durante tutta la vita sacerdotale è il rapporto personale con Dio
in Gesù Cristo. Il sacerdote non è l’amministratore di una qualsiasi as-
sociazione, di cui cerca di mantenere e aumentare il numero dei
membri. È il messaggero di Dio tra gli uomini. Vuole condurre a Dio
e così far crescere anche la vera comunione degli uomini tra di loro.
Per questo, cari amici, è tanto importante che impariate a vivere in
contatto costante con Dio. Quando il Signore dice: “Pregate in ogni
momento”, naturalmente non ci chiede di dire continuamente parole
di preghiera, ma di non perdere mai il contatto interiore con Dio.
Esercitarsi in questo contatto è il senso della nostra preghiera. Perciò
è importante che il giorno incominci e si concluda con la preghiera.
Che ascoltiamo Dio nella lettura della Scrittura. Che gli diciamo i no-
stri desideri e le nostre speranze, le nostre gioie e sofferenze, i nostri
errori e il nostro ringraziamento per ogni cosa bella e buona, e che in
questo modo Lo abbiamo sempre davanti ai nostri occhi come punto
di riferimento della nostra vita. Così diventiamo sensibili ai nostri erro-
ri e impariamo a lavorare per migliorarci; ma diventiamo sensibili an-
che a tutto il bello e il bene che riceviamo ogni giorno come cosa ov-
via, e così cresce la gratitudine. Con la gratitudine cresce la gioia per
il fatto che Dio ci è vicino e possiamo servirlo.

   2. Dio non è solo una parola per noi. Nei Sacramenti Egli si dona a
noi in persona, attraverso cose corporali. Il centro del nostro rapporto
con Dio e della configurazione della nostra vita è l’Eucaristia. Cele-
brarla con partecipazione interiore e incontrare così Cristo in persona,
dev’essere il centro di tutte le nostre giornate. San Cipriano ha inter-
pretato la domanda del Vangelo: “Dacci oggi il nostro pane quotidia-

                                                                     33
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
LETTERE



 no”, dicendo, tra l’altro, che “nostro” pane, il pane che possiamo rice-
 vere da cristiani nella Chiesa, è il Signore eucaristico stesso. Nella do-
 manda del Padre Nostro preghiamo quindi che Egli ci doni ogni gior-
 no questo “nostro” pane; che esso sia sempre il cibo della nostra vita.
 Che il Cristo risorto, che si dona a noi nell’Eucaristia, plasmi davvero
 tutta la nostra vita con lo splendore del suo amore divino. Per la retta
 celebrazione eucaristica è necessario anche che impariamo a conosce-
 re, capire e amare la liturgia della Chiesa nella sua forma concreta.
 Nella liturgia preghiamo con i fedeli di tutti i secoli – passato, presen-
 te e futuro si congiungono in un unico grande coro di preghiera. Co-
 me posso affermare per il mio cammino personale, è una cosa entu-
 siasmante imparare a capire man mano come tutto ciò sia cresciuto,
 quanta esperienza di fede ci sia nella struttura della liturgia della Mes-
 sa, quante generazioni l’abbiano formata pregando.

     3. Anche il sacramento della Penitenza è importante. Mi insegna a
 guardarmi dal punto di vista di Dio, e mi costringe ad essere onesto
 nei confronti di me stesso. Mi conduce all’umiltà. Il Curato d’Ars ha
 detto una volta: Voi pensate che non abbia senso ottenere l’assoluzio-
 ne oggi, pur sapendo che domani farete di nuovo gli stessi peccati.
 Ma – così dice – Dio stesso dimentica al momento i vostri peccati di
 domani, per donarvi la sua grazia oggi. Benché abbiamo da combatte-
 re continuamente con gli stessi errori, è importante opporsi all’abbru-
 timento dell’anima, all’indifferenza che si rassegna al fatto di essere
 fatti così. È importante restare in cammino, senza scrupolosità, nella
 consapevolezza riconoscente che Dio mi perdona sempre di nuovo.
 Ma anche senza indifferenza, che non farebbe più lottare per la san-
 tità e per il miglioramento. E, nel lasciarmi perdonare, imparo anche a
 perdonare gli altri. Riconoscendo la mia miseria, divento anche più
 tollerante e comprensivo nei confronti delle debolezze del prossimo.

     4. Mantenete pure in voi la sensibilità per la pietà popolare, che è
 diversa in tutte le culture, ma che è pur sempre molto simile, perché il
 cuore dell’uomo alla fine è lo stesso. Certo, la pietà popolare tende al-
 l’irrazionalità, talvolta forse anche all’esteriorità. Eppure, escluderla è
 del tutto sbagliato. Attraverso di essa, la fede è entrata nel cuore degli
 uomini, è diventata parte dei loro sentimenti, delle loro abitudini, del

     34
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                     LETTERE



loro comune sentire e vivere. Perciò la pietà popolare è un grande
patrimonio della Chiesa. La fede si è fatta carne e sangue. Certamente
la pietà popolare dev’essere sempre purificata, riferita al centro, ma
merita il nostro amore, ed essa rende noi stessi in modo pienamente
reale “Popolo di Dio”.

    5. Il tempo in seminario è anche e soprattutto tempo di studio. La
fede cristiana ha una dimensione razionale e intellettuale che le è es-
senziale. Senza di essa la fede non sarebbe se stessa. Paolo parla di
una “forma di insegnamento”, alla quale siamo stati affidati nel battesi-
mo (Rm 6,17). Voi tutti conoscete la parola di San Pietro, considerata
dai teologi medioevali la giustificazione per una teologia razionale e
scientificamente elaborata: “Pronti sempre a rispondere a chiunque vi
domandi ‘ragione’ (logos) della speranza che è in voi” (1 Pt 3,15). Im-
parare la capacità di dare tali risposte, è uno dei principali compiti de-
gli anni di seminario. Posso solo pregarvi insistentemente: Studiate
con impegno! Sfruttate gli anni dello studio! Non ve ne pentirete. Cer-
to, spesso le materie di studio sembrano molto lontane dalla pratica
della vita cristiana e dal servizio pastorale. Tuttavia è completamente
sbagliato porre sempre subito la domanda pragmatica: Mi potrà servi-
re questo in futuro? Sarà di utilità pratica, pastorale? Non si tratta ap-
punto soltanto di imparare le cose evidentemente utili, ma di conosce-
re e comprendere la struttura interna della fede nella sua totalità, così
che essa diventi risposta alle domande degli uomini, i quali cambiano,
dal punto di vista esteriore, di generazione in generazione, e tuttavia
restano in fondo gli stessi. Perciò è importante andare oltre le mutevo-
li domande del momento per comprendere le domande vere e pro-
prie e capire così anche le risposte come vere risposte. È importante
conoscere a fondo la Sacra Scrittura interamente, nella sua unità di
Antico e Nuovo Testamento: la formazione dei testi, la loro peculiarità
letteraria, la graduale composizione di essi fino a formare il canone
dei libri sacri, l’interiore unità dinamica che non si trova in superficie,
ma che sola dà a tutti i singoli testi il loro significato pieno. È impor-
tante conoscere i Padri e i grandi Concili, nei quali la Chiesa ha assi-
milato, riflettendo e credendo, le affermazioni essenziali della Scrittu-
ra. Potrei continuare in questo modo: ciò che chiamiamo dogmatica è
il comprendere i singoli contenuti della fede nella loro unità, anzi,

                                                                     35
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
LETTERE



 nella loro ultima semplicità: ogni singolo particolare è alla fine solo
 dispiegamento della fede nell’unico Dio, che si è manifestato e si ma-
 nifesta a noi. Che sia importante conoscere le questioni essenziali del-
 la teologia morale e della dottrina sociale cattolica, non ho bisogno di
 dirlo espressamente. Quanto importante sia oggi la teologia ecumeni-
 ca, il conoscere le varie comunità cristiane, è evidente; parimenti la
 necessità di un orientamento fondamentale sulle grandi religioni, e
 non da ultima la filosofia: la comprensione del cercare e domandare
 umano, al quale la fede vuol dare risposta. Ma imparate anche a com-
 prendere e - oso dire – ad amare il diritto canonico nella sua necessità
 intrinseca e nelle forme della sua applicazione pratica: una società
 senza diritto sarebbe una società priva di diritti. Il diritto è condizione
 dell’amore. Ora non voglio continuare ad elencare, ma solo dire anco-
 ra una volta: amate lo studio della teologia e seguitelo con attenta
 sensibilità per ancorare la teologia alla comunità viva della Chiesa, la
 quale, con la sua autorità, non è un polo opposto alla scienza teologi-
 ca, ma il suo presupposto. Senza la Chiesa che crede, la teologia
 smette di essere se stessa e diventa un insieme di diverse discipline
 senza unità interiore.

    6. Gli anni nel seminario devono essere anche un tempo di matura-
 zione umana. Per il sacerdote, il quale dovrà accompagnare altri lun-
 go il cammino della vita e fino alla porta della morte, è importante
 che egli stesso abbia messo in giusto equilibrio cuore e intelletto, ra-
 gione e sentimento, corpo e anima, e che sia umanamente “integro”.
 La tradizione cristiana, pertanto, ha sempre collegato con le “virtù teo-
 logali” anche le “virtù cardinali”, derivate dall’esperienza umana e dal-
 la filosofia, e in genere la sana tradizione etica dell’umanità. Paolo lo
 dice ai Filippesi in modo molto chiaro: “In conclusione, fratelli, quello
 che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è pu-
 ro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò
 che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri” (4,8). Di que-
 sto contesto fa parte anche l’integrazione della sessualità nell’insieme
 della personalità. La sessualità è un dono del Creatore, ma anche un
 compito che riguarda lo sviluppo del proprio essere umano. Quando
 non è integrata nella persona, la sessualità diventa banale e distruttiva
 allo stesso tempo. Oggi vediamo questo in molti esempi nella nostra

     36
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                     LETTERE



società. Di recente abbiamo dovuto constatare con grande dispiacere
che sacerdoti hanno sfigurato il loro ministero con l’abuso sessuale di
bambini e giovani. Anziché portare le persone ad un’umanità matura
ed esserne l’esempio, hanno provocato, con i loro abusi, distruzioni di
cui proviamo profondo dolore e rincrescimento. A causa di tutto ciò
può sorgere la domanda in molti, forse anche in voi stessi, se sia bene
farsi prete; se la via del celibato sia sensata come vita umana. L’abuso,
però, che è da riprovare profondamente, non può screditare la missio-
ne sacerdotale, la quale rimane grande e pura. Grazie a Dio, tutti co-
nosciamo sacerdoti convincenti, plasmati dalla loro fede, i quali testi-
moniano che in questo stato, e proprio nella vita celibataria, si può
giungere ad un’umanità autentica, pura e matura. Ciò che è accaduto,
però, deve renderci più vigilanti e attenti, proprio per interrogare ac-
curatamente noi stessi, davanti a Dio, nel cammino verso il sacerdo-
zio, per capire se ciò sia la sua volontà per me. È compito dei padri
confessori e dei vostri superiori accompagnarvi e aiutarvi in questo
percorso di discernimento. È un elemento essenziale del vostro cam-
mino praticare le virtù umane fondamentali, con lo sguardo rivolto al
Dio manifestato in Cristo, e lasciarsi, sempre di nuovo, purificare da
Lui.

    7. Oggi gli inizi della vocazione sacerdotale sono più vari e diversi
che in anni passati. La decisione per il sacerdozio si forma oggi spes-
so nelle esperienze di una professione secolare già appresa. Cresce
spesso nelle comunità, specialmente nei movimenti, che favoriscono
un incontro comunitario con Cristo e la sua Chiesa, un’esperienza spi-
rituale e la gioia nel servizio della fede. La decisione matura anche in
incontri del tutto personali con la grandezza e la miseria dell’essere
umano. Così i candidati al sacerdozio vivono spesso in continenti spi-
rituali completamente diversi. Potrà essere difficile riconoscere gli ele-
menti comuni del futuro mandato e del suo itinerario spirituale. Pro-
prio per questo il seminario è importante come comunità in cammino
al di sopra delle varie forme di spiritualità. I movimenti sono una cosa
magnifica. Voi sapete quanto li apprezzo e amo come dono dello Spi-
rito Santo alla Chiesa. Devono essere valutati, però, secondo il modo
in cui tutti sono aperti alla comune realtà cattolica, alla vita dell’unica
e comune Chiesa di Cristo che in tutta la sua varietà è comunque solo

                                                                     37
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
LETTERE



 una. Il seminario è il periodo nel quale imparate l’uno con l’altro e
 l’uno dall’altro. Nella convivenza, forse talvolta difficile, dovete impa-
 rare la generosità e la tolleranza non solo nel sopportarvi a vicenda,
 ma nell’arricchirvi l’un l’altro, in modo che ciascuno possa apportare
 le sue peculiari doti all’insieme, mentre tutti servono la stessa Chiesa,
 lo stesso Signore. Questa scuola della tolleranza, anzi, dell’accettarsi e
 del comprendersi nell’unità del Corpo di Cristo, fa parte degli elemen-
 ti importanti degli anni di seminario.

    Cari seminaristi! Con queste righe ho voluto mostrarvi quanto pen-
 so a voi proprio in questi tempi difficili e quanto vi sono vicino nella
 preghiera. E pregate anche per me, perché io possa svolgere bene il
 mio servizio, finché il Signore lo vuole. Affido il vostro cammino di
 preparazione al Sacerdozio alla materna protezione di Maria Santissi-
 ma, la cui casa fu scuola di bene e di grazia. Tutti vi benedica Dio on-
 nipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo.

    Dal Vaticano, 18 ottobre 2010, Festa di San Luca, Evangelista.




     38
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                      OMELIE



          Nella solennità del Natale del Signore
                        Santa messa di mezzanotte
                        Venerdì, 24 dicembre 2010


  Cari fratelli e sorelle!

    “Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato” – con questa parola del
Salmo secondo, la Chiesa inizia la liturgia della Notte Santa. Essa sa
che questa parola originariamente apparteneva al rituale dell’incoro-
nazione dei re d’Israele. Il re, che di per sé è un essere umano come
gli altri uomini, diventa “figlio di Dio” mediante la chiamata e l’inse-
diamento nel suo ufficio: è una specie di adozione da parte di Dio, un
atto di decisione, mediante il quale Egli dona a quell’uomo una nuova
esistenza, lo attrae nel suo proprio essere. In modo ancora più chiaro
la lettura tratta dal profeta Isaia, che abbiamo appena ascoltato, pre-
senta lo stesso processo in una situazione di travaglio e di minaccia
per Israele: “Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle
sue spalle è il potere” (9,5). L’insediamento nell’ufficio del re è come
una nuova nascita. Proprio come nuovo nato dalla decisione persona-
le di Dio, come bambino proveniente da Dio, il re costituisce una
speranza. Sulle sue spalle poggia il futuro. Egli è il detentore della
promessa di pace. Nella notte di Betlemme, questa parola profetica è
diventata realtà in un modo che al tempo di Isaia sarebbe stato ancora
inimmaginabile. Sì, ora è veramente un bambino Colui sulle cui spalle
è il potere. In Lui appare la nuova regalità che Dio istituisce nel mon-
do. Questo bambino è veramente nato da Dio. È la Parola eterna di
Dio, che unisce l’una all’altra umanità e divinità. Per questo bambino
valgono i titoli di dignità che il cantico d’incoronazione di Isaia gli at-
tribuisce: Consigliere mirabile – Dio potente – Padre per sempre –
Principe della pace (9,5). Sì, questo re non ha bisogno di consiglieri
appartenenti ai sapienti del mondo. Egli porta in se stesso la sapienza
e il consiglio di Dio. Proprio nella debolezza dell’essere bambino Egli
è il Dio forte e ci mostra così, di fronte ai poteri millantatori del mon-
do, la fortezza propria di Dio.

                                                                     39
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
OMELIE



     Le parole del rituale dell’incoronazione in Israele, in verità, erano
 sempre soltanto rituali di speranza, che prevedevano da lontano un
 futuro che sarebbe stato donato da Dio. Nessuno dei re salutati in
 questo modo corrispondeva alla sublimità di tali parole. In loro, tutte
 le parole sulla figliolanza di Dio, sull’insediamento nell’eredità delle
 genti, sul dominio delle terre lontane (Sal 2,8) restavano solo rimando
 a un avvenire – quasi cartelli segnaletici della speranza, indicazioni
 che conducevano verso un futuro che in quel momento era ancora in-
 concepibile. Così l’adempimento della parola che inizia nella notte di
 Betlemme è al contempo immensamente più grande e – dal punto di
 vista del mondo – più umile di ciò che la parola profetica lasciava in-
 tuire. È più grande, perché questo bambino è veramente Figlio di Dio,
 veramente “Dio da Dio, Luce da Luce, generato, non creato, della
 stessa sostanza del Padre”. L’infinita distanza tra Dio e l’uomo è supe-
 rata. Dio non si è soltanto chinato verso il basso, come dicono i Salmi;
 Egli è veramente “disceso”, entrato nel mondo, diventato uno di noi
 per attrarci tutti a sé. Questo bambino è veramente l’Emmanuele – il
 Dio-con-noi. Il suo regno si estende veramente fino ai confini della
 terra. Nella vastità universale della santa Eucaristia, Egli ha veramente
 eretto isole di pace. Ovunque essa viene celebrata si ha un’isola di
 pace, di quella pace che è propria di Dio. Questo bambino ha acceso
 negli uomini la luce della bontà e ha dato loro la forza di resistere alla
 tirannia del potere. In ogni generazione Egli costruisce il suo regno
 dal di dentro, a partire dal cuore. Ma è anche vero che “il bastone del-
 l’aguzzino” non è stato spezzato. Anche oggi marciano rimbombanti i
 calzari dei soldati e sempre ancora e sempre di nuovo c’è il “mantello
 intriso di sangue” (Is 9,3s). Così fa parte di questa notte la gioia per la
 vicinanza di Dio. Ringraziamo perché Dio, come bambino, si dà nelle
 nostre mani, mendica, per così dire, il nostro amore, infonde la sua
 pace nel nostro cuore. Questa gioia, tuttavia, è anche una preghiera:
 Signore, realizza totalmente la tua promessa. Spezza i bastoni degli
 aguzzini. Brucia i calzari rimbombanti. Fa che finisca il tempo dei
 mantelli intrisi di sangue. Realizza la promessa: “La pace non avrà fi-
 ne” (Is 9,6). Ti ringraziamo per la tua bontà, ma ti preghiamo anche:
 mostra la tua potenza. Erigi nel mondo il dominio della tua verità, del
 tuo amore – il “regno della giustizia, dell’amore e della pace”.

     40
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                       OMELIE



    “Maria diede alla luce il suo figlio primogenito” (Lc 2,7). Con que-
sta frase, san Luca racconta, in modo assolutamente privo di pathos, il
grande evento che le parole profetiche nella storia di Israele avevano
intravisto in anticipo. Luca qualifica il bambino come “primogenito”.
Nel linguaggio formatosi nella Sacra Scrittura dell’Antica Alleanza,
“primogenito” non significa il primo di una serie di altri figli. La parola
“primogenito” è un titolo d’onore, indipendentemente dalla questione
se poi seguono altri fratelli e sorelle o no. Così, nel Libro dell’Esodo
(Es 4,22), Israele viene chiamato da Dio “il mio figlio primogenito”, e
con ciò si esprime la sua elezione, la sua dignità unica, l’amore parti-
colare di Dio Padre. La Chiesa nascente sapeva che in Gesù questa
parola aveva ricevuto una nuova profondità; che in Lui sono riassunte
le promesse fatte ad Israele. Così la Lettera agli Ebrei chiama Gesù “il
primogenito” semplicemente per qualificarLo, dopo le preparazioni
nell’Antico Testamento, come il Figlio che Dio manda nel mondo (cfr
Eb 1,5-7). Il primogenito appartiene in modo particolare a Dio, e per
questo egli – come in molte religioni – doveva essere in modo parti-
colare consegnato a Dio ed essere riscattato mediante un sacrificio so-
stitutivo, come san Luca racconta nell’episodio della presentazione di
Gesù al tempio. Il primogenito appartiene a Dio in modo particolare,
è, per così dire, destinato al sacrificio. Nel sacrificio di Gesù sulla cro-
ce, la destinazione del primogenito si compie in modo unico. In se
stesso, Egli offre l’umanità a Dio e unisce uomo e Dio in modo tale
che Dio sia tutto in tutti. San Paolo, nelle Lettere ai Colossesi e agli
Efesini, ha ampliato ed approfondito l’idea di Gesù come primogeni-
to: Gesù, ci dicono tali Lettere, è il Primogenito della creazione – il
vero archetipo dell’uomo secondo cui Dio ha formato la creatura uo-
mo. L’uomo può essere immagine di Dio, perché Gesù è Dio e Uomo,
la vera immagine di Dio e dell’uomo. Egli è il primogenito dei morti,
ci dicono inoltre queste Lettere. Nella Risurrezione, Egli ha sfondato il
muro della morte per tutti noi. Ha aperto all’uomo la dimensione della
vita eterna nella comunione con Dio. Infine, ci viene detto: Egli è il
primogenito di molti fratelli. Sì, ora Egli è tuttavia il primo di una serie
di fratelli, il primo, cioè, che inaugura per noi l’essere in comunione
con Dio. Egli crea la vera fratellanza – non la fratellanza, deturpata dal
peccato, di Caino ed Abele, di Romolo e Remo, ma la fratellanza nuo-

                                                                      41
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
OMELIE



 va in cui siamo la famiglia stessa di Dio. Questa nuova famiglia di Dio
 inizia nel momento in cui Maria avvolge il “primogenito” in fasce e lo
 pone nella mangiatoia. Preghiamolo: Signore Gesù, tu che hai voluto
 nascere come primo di molti fratelli, donaci la vera fratellanza. Aiutaci
 perché diventiamo simili a te. Aiutaci a riconoscere nell’altro che ha
 bisogno di me, in coloro che soffrono o che sono abbandonati, in tut-
 ti gli uomini, il tuo volto, ed a vivere insieme con te come fratelli e
 sorelle per diventare una famiglia, la tua famiglia.

    Il Vangelo di Natale ci racconta, alla fine, che una moltitudine di
 angeli dell’esercito celeste lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più
 alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama.” (Lc 2,14). La
 Chiesa ha amplificato, nel Gloria, questa lode, che gli angeli hanno in-
 tonato di fronte all’evento della Notte Santa, facendone un inno di
 gioia sulla gloria di Dio. “Ti rendiamo grazie per la tua gloria immen-
 sa”. Ti rendiamo grazie per la bellezza, per la grandezza, per la tua
 bontà, che in questa notte diventano visibili a noi. L’apparire della
 bellezza, del bello, ci rende lieti senza che dobbiamo interrogarci sulla
 sua utilità. La gloria di Dio, dalla quale proviene ogni bellezza, fa
 esplodere in noi lo stupore e la gioia. Chi intravede Dio prova gioia, e
 in questa notte vediamo qualcosa della sua luce. Ma anche degli uo-
 mini parla il messaggio degli angeli nella Notte Santa: “Pace agli uo-
 mini che egli ama”. La traduzione latina di tale parola, che usiamo
 nella liturgia e che risale a Girolamo, suona diversamente: “Pace agli
 uomini di buona volontà”. L’espressione “gli uomini di buona volontà”
 proprio negli ultimi decenni è entrata in modo particolare nel vocabo-
 lario della Chiesa. Ma quale traduzione è giusta? Dobbiamo leggere
 ambedue i testi insieme; solo così comprendiamo la parola degli an-
 geli in modo giusto. Sarebbe sbagliata un’interpretazione che ricono-
 scesse soltanto l’operare esclusivo di Dio, come se Egli non avesse
 chiamato l’uomo ad una risposta libera di amore. Sarebbe sbagliata,
 però, anche un’interpretazione moralizzante, secondo cui l’uomo con
 la sua buona volontà potrebbe, per così dire, redimere se stesso. Am-
 bedue le cose vanno insieme: grazia e libertà; l’amore di Dio, che ci
 previene e senza il quale non potremmo amarLo, e la nostra risposta,
 che Egli attende e per la quale, nella nascita del suo Figlio, addirittura
 ci prega. L’intreccio di grazia e libertà, l’intreccio di chiamata e rispo-

     42
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                       OMELIE



sta non lo possiamo scindere in parti separate l’una dall’altra. Ambe-
due sono inscindibilmente intessute tra loro. Così questa parola è in-
sieme promessa e chiamata. Dio ci ha prevenuto con il dono del suo
Figlio. Sempre di nuovo Dio ci previene in modo inatteso. Non cessa
di cercarci, di sollevarci ogniqualvolta ne abbiamo bisogno. Non ab-
bandona la pecora smarrita nel deserto in cui si è persa. Dio non si la-
scia confondere dal nostro peccato. Egli ricomincia sempre nuova-
mente con noi. Tuttavia aspetta il nostro amare insieme con Lui. Egli
ci ama affinché noi possiamo diventare persone che amano insieme
con Lui e così possa esservi pace sulla terra.

    Luca non ha detto che gli angeli hanno cantato. Egli scrive molto
sobriamente: l’esercito celeste lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel
più alto dei cieli…” (Lc 2,13s). Ma da sempre gli uomini sapevano che
il parlare degli angeli è diverso da quello degli uomini; che proprio in
questa notte del lieto messaggio esso è stato un canto in cui la gloria
sublime di Dio ha brillato. Così questo canto degli angeli è stato per-
cepito fin dall’inizio come musica proveniente da Dio, anzi, come in-
vito ad unirsi nel canto, nella gioia del cuore per l’essere amati da
Dio. Cantare amantis est, dice sant'Agostino: cantare è cosa di chi
ama. Così, lungo i secoli, il canto degli angeli è diventato sempre
nuovamente un canto di amore e di gioia, un canto di coloro che
amano. In quest’ora noi ci associamo pieni di gratitudine a questo
cantare di tutti i secoli, che unisce cielo e terra, angeli e uomini. Sì, ti
rendiamo grazie per la tua gloria immensa. Ti ringraziamo per il tuo
amore. Fa che diventiamo sempre di più persone che amano insieme
con te e quindi persone di pace. Amen.




                                                                      43
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
OMELIE



              Nella Celebrazione dei Primi Vespri
          della solennità di Maria SS.ma Madre di Dio
                   Te Deum di ringraziamento
                          Venerdì, 31 dicembre 2010


    Cari fratelli e sorelle!

    Al termine di un anno, ci ritroviamo questa sera nella Basilica Vati-
 cana per celebrare i Primi Vespri della solennità di Maria Santissima
 Madre di Dio ed elevare un inno di ringraziamento al Signore per le
 innumerevoli grazie che ci ha donato, ma anche e soprattutto per la
 Grazia in persona, ossia per il Dono vivente e personale del Padre,
 che è il Figlio suo prediletto, il Signore nostro Gesù Cristo. Proprio
 questa gratitudine per i doni ricevuti da Dio nel tempo che ci è dato
 di vivere ci aiuta a scoprire un grande valore iscritto nel tempo: scan-
 dito nei suoi ritmi annuali, mensili, settimanali e quotidiani, esso è
 abitato dall’amore di Dio, dai suoi doni di grazia; è tempo di salvezza.
 Sì, il Dio eterno è entrato e rimane nel tempo dell’uomo. Vi è entrato
 e vi rimane con la persona di Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, il Sal-
 vatore del mondo. È quanto ci ha ricordato l’apostolo Paolo nella bre-
 ve lettura poc’anzi proclamata: «Quando venne la pienezza del tempo,
 Dio mandò il suo Figlio…perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal
 4,4-5).

    Dunque, l’Eterno entra nel tempo e lo rinnova in radice, liberando
 l’uomo dal peccato e rendendolo figlio di Dio. Già “al principio”, os-
 sia con la creazione del mondo e dell’uomo nel mondo, l’eternità di
 Dio ha fatto sbocciare il tempo, nel quale scorre la storia umana, di
 generazione in generazione. Ora, con la venuta di Cristo e con la sua
 redenzione, siamo ‘alla pienezza’ del tempo. Come rileva san Paolo,
 con Gesù il tempo si fa pieno, giunge al suo compimento, acquistan-
 do quel significato di salvezza e di grazia per il quale è stato voluto
 da Dio prima della creazione del mondo. Il Natale ci richiama a que-
 sta ‘pienezza’ del tempo, ossia alla salvezza rinnovatrice portata da
 Gesù a tutti gli uomini. Ce la richiama e, misteriosamente ma realmen-

     44
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                       OMELIE



te, ce la dona sempre di nuovo. Il nostro tempo umano è sì carico di
mali, di sofferenze, di drammi di ogni genere – da quelli provocati
dalla cattiveria degli uomini a quelli derivanti dagli infausti eventi na-
turali –, ma racchiude ormai e in maniera definitiva e incancellabile la
novità gioiosa e liberatrice di Cristo salvatore. Proprio nel Bambino di
Betlemme possiamo contemplare in modo particolarmente luminoso
ed eloquente l’incontro dell’eternità con il tempo, come ama espri-
mersi la liturgia della Chiesa. Il Natale ci fa ritrovare Dio nella carne
umile e debole di un bambino. Non c’è qui forse un invito a ritrovare
la presenza di Dio e del suo amore che dona la salvezza anche nelle
brevi e faticose ore della nostra vita quotidiana? Non è forse un invito
a scoprire che il nostro tempo umano – anche nei momenti difficili e
pesanti – è incessantemente arricchito delle grazie del Signore, anzi
della Grazia che è il Signore stesso?

   Alla fine di quest’anno 2010, prima di consegnarne i giorni e le ore
a Dio e al suo giudizio giusto e misericordioso, sento più vivo nel
cuore il bisogno di elevare il nostro “grazie” a Lui e al suo amore per
noi. In questo clima di riconoscenza, desidero rivolgere un particolare
saluto al Cardinale Vicario, ai Vescovi Ausiliari, ai sacerdoti, alle perso-
ne consacrate, come pure ai tanti fedeli laici qui convenuti. Saluto il
Signor Sindaco e le Autorità presenti. Un ricordo speciale va a quanti
sono in difficoltà e trascorrono fra disagi e sofferenze questi giorni di
festa. A tutti e a ciascuno assicuro il mio affettuoso pensiero, che ac-
compagno con la preghiera.

   Cari fratelli e sorelle, la nostra Chiesa di Roma è impegnata ad aiu-
tare tutti i battezzati a vivere fedelmente la vocazione che hanno rice-
vuto e a testimoniare la bellezza della fede. Per poter essere autentici
discepoli di Cristo, un aiuto essenziale ci viene dalla meditazione quo-
tidiana della Parola di Dio che, come ho scritto nella recente Esorta-
zione apostolica Verbum Domini, «sta alla base di ogni autentica spiri-
tualità cristiana» (n. 86). Per questo desidero incoraggiare tutti a colti-
vare un intenso rapporto con essa, in particolare attraverso la lectio
divina, per avere quella luce necessaria a discernere i segni di Dio nel
tempo presente e a proclamare efficacemente il Vangelo. Anche a Ro-
ma, infatti, c’è sempre più bisogno di un rinnovato annuncio del Van-

                                                                      45
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
OMELIE



 gelo affinché i cuori degli abitanti della nostra città si aprano all’incon-
 tro con quel Bambino, che è nato per noi, con Cristo, Redentore del-
 l’uomo. Poiché, come ricorda l’Apostolo Paolo, «la fede viene dell’a-
 scolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo» (Rm 10,17), un utile aiu-
 to in questa azione evangelizzatrice può venire – come già sperimen-
 tato durante la Missione Cittadina in preparazione al Grande Giubileo
 dell’anno 2000 – dai “Centri di ascolto del Vangelo”, che incoraggio a
 far rinascere o a rivitalizzare non solo nei condomini, ma anche negli
 ospedali, nei luoghi di lavoro e in quelli dove si formano le nuove ge-
 nerazioni e si elabora la cultura. Il Verbo di Dio, infatti, si è fatto car-
 ne per tutti e la sua verità è accessibile ad ogni uomo e ad ogni cultu-
 ra. Ho appreso con favore dell’ulteriore impegno del Vicariato nell’or-
 ganizzazione dei “Dialoghi in Cattedrale”, che avranno luogo nella Ba-
 silica di San Giovanni in Laterano: tali significativi appuntamenti espri-
 mono il desiderio della Chiesa di incontrare tutti coloro che sono alla
 ricerca delle risposte ai grandi quesiti dell’esistenza umana.

    Il luogo privilegiato dell’ascolto della Parola di Dio è la celebrazio-
 ne dell’Eucaristia. Il Convegno diocesano del giugno scorso, al quale
 ho partecipato, ha voluto evidenziare la centralità della Santa Messa
 domenicale nella vita di ogni comunità cristiana e ha offerto delle in-
 dicazioni affinché la bellezza dei divini misteri possa maggiormente ri-
 splendere nell’atto celebrativo e nei frutti spirituali che da essi deriva-
 no. Incoraggio i parroci e i sacerdoti a dare attuazione a quanto indi-
 cato nel programma pastorale: la formazione di un gruppo liturgico
 che animi la celebrazione, e una catechesi che aiuti tutti a conoscere
 maggiormente il mistero eucaristico, da cui scaturisce la testimonianza
 della carità. Nutriti da Cristo, anche noi siamo attirati nello stesso atto
 di offerta totale, che spinse il Signore a donare la propria vita, rivelan-
 do in tal modo l’immenso amore del Padre. La testimonianza della ca-
 rità possiede, dunque, un’essenziale dimensione teologale ed è
 profondamente unita all’annuncio della Parola. In questa celebrazione
 di ringraziamento a Dio per i doni ricevuti nel corso dell’anno, ricordo
 in particolare la visita che ho compiuto all’Ostello della Caritas alla
 Stazione Termini dove, attraverso il servizio e la generosa dedizione
 di numerosi volontari, tanti uomini e donne possono toccare con ma-
 no l’amore di Dio. Il momento presente genera ancora preoccupazio-

     46
LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                     OMELIE



ne per la precarietà in cui versano tante famiglie e chiede all’intera co-
munità diocesana di essere vicina a coloro che vivono in condizioni di
povertà e disagio. Dio, infinito amore, infiammi il cuore di ciascuno di
noi con quella carità che lo spinse a donarci il suo Figlio unigenito.

   Cari fratelli e sorelle, siamo invitati a guardare al futuro e a guar-
darlo con quella speranza che è la parola finale del Te Deum: “In te,
Domine, speravi: non confundar in aeternum! - Signore, Tu sei la no-
stra speranza, non saremo confusi in eterno”. A donarci Cristo, nostra
Speranza, è sempre lei, la Madre di Dio: Maria santissima. Come già ai
pastori e ai magi, le sue braccia e ancor più il suo cuore continuano
ad offrire al mondo Gesù, suo Figlio e nostro Salvatore. In Lui sta tutta
la nostra speranza, perché da Lui sono venute per ogni uomo la sal-
vezza e la pace. Amen!




                                                                    47
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)
Bollettino (II/2010)

More Related Content

What's hot

Parrocchie informa settembre
Parrocchie informa settembreParrocchie informa settembre
Parrocchie informa settembreSergio Abbatelli
 
testimonianza vergini consacrate diocesi di Nicosia
testimonianza vergini consacrate diocesi di Nicosiatestimonianza vergini consacrate diocesi di Nicosia
testimonianza vergini consacrate diocesi di NicosiaOrdo Virginum Sicilia
 
Santificare la festa - Intervento del card. O'Malley al Family 2012
Santificare la festa - Intervento del card. O'Malley al Family 2012Santificare la festa - Intervento del card. O'Malley al Family 2012
Santificare la festa - Intervento del card. O'Malley al Family 2012Raffaele Nappi
 
Messaggio della Consigliera per le Missioni - ITA
Messaggio della Consigliera per le Missioni - ITAMessaggio della Consigliera per le Missioni - ITA
Messaggio della Consigliera per le Missioni - ITAMaike Loes
 
Numero quattro
Numero quattroNumero quattro
Numero quattrofrancy71
 
Visita di Papa Francesco a Fatima
Visita di Papa Francesco a FatimaVisita di Papa Francesco a Fatima
Visita di Papa Francesco a FatimaMartin M Flynn
 
Fra Umile Fidanza anno 2012 - n.1
Fra Umile Fidanza   anno 2012 - n.1Fra Umile Fidanza   anno 2012 - n.1
Fra Umile Fidanza anno 2012 - n.1fraumile
 
Fra Umile Fidanza anno 2012 - n.2
Fra Umile Fidanza  anno 2012 - n.2Fra Umile Fidanza  anno 2012 - n.2
Fra Umile Fidanza anno 2012 - n.2fraumile
 
14 ottobre 2015
14 ottobre 201514 ottobre 2015
14 ottobre 2015Maike Loes
 
Papa Francesco a Cipre
Papa Francesco a CiprePapa Francesco a Cipre
Papa Francesco a CipreMartin M Flynn
 
Maria Ausiliatrice concluso il 150° - uBroker
Maria Ausiliatrice concluso il 150° - uBrokerMaria Ausiliatrice concluso il 150° - uBroker
Maria Ausiliatrice concluso il 150° - uBrokeruBroker
 
Formazione dei volontari di don giustino
Formazione dei volontari di don giustinoFormazione dei volontari di don giustino
Formazione dei volontari di don giustinoadongiustino
 
Parrochia informa Ottobre 2014
Parrochia informa Ottobre 2014Parrochia informa Ottobre 2014
Parrochia informa Ottobre 2014Sergio Abbatelli
 
Parrocchie informa Marzo 2014
Parrocchie informa Marzo 2014Parrocchie informa Marzo 2014
Parrocchie informa Marzo 2014Sergio Abbatelli
 
La Dimensione Pastoralle delle PDDM nella nuova Regola di Vita
La Dimensione Pastoralle delle PDDM nella nuova Regola di VitaLa Dimensione Pastoralle delle PDDM nella nuova Regola di Vita
La Dimensione Pastoralle delle PDDM nella nuova Regola di Vitanrpena
 

What's hot (20)

24 Anni insieme
24 Anni insieme24 Anni insieme
24 Anni insieme
 
Bollettino (I/2006)
Bollettino (I/2006)Bollettino (I/2006)
Bollettino (I/2006)
 
Chiesa viva 457 f
Chiesa viva 457 fChiesa viva 457 f
Chiesa viva 457 f
 
Parrocchie informa settembre
Parrocchie informa settembreParrocchie informa settembre
Parrocchie informa settembre
 
testimonianza vergini consacrate diocesi di Nicosia
testimonianza vergini consacrate diocesi di Nicosiatestimonianza vergini consacrate diocesi di Nicosia
testimonianza vergini consacrate diocesi di Nicosia
 
Santificare la festa - Intervento del card. O'Malley al Family 2012
Santificare la festa - Intervento del card. O'Malley al Family 2012Santificare la festa - Intervento del card. O'Malley al Family 2012
Santificare la festa - Intervento del card. O'Malley al Family 2012
 
Messaggio della Consigliera per le Missioni - ITA
Messaggio della Consigliera per le Missioni - ITAMessaggio della Consigliera per le Missioni - ITA
Messaggio della Consigliera per le Missioni - ITA
 
Numero quattro
Numero quattroNumero quattro
Numero quattro
 
Visita di Papa Francesco a Fatima
Visita di Papa Francesco a FatimaVisita di Papa Francesco a Fatima
Visita di Papa Francesco a Fatima
 
Fra Umile Fidanza anno 2012 - n.1
Fra Umile Fidanza   anno 2012 - n.1Fra Umile Fidanza   anno 2012 - n.1
Fra Umile Fidanza anno 2012 - n.1
 
Fra Umile Fidanza anno 2012 - n.2
Fra Umile Fidanza  anno 2012 - n.2Fra Umile Fidanza  anno 2012 - n.2
Fra Umile Fidanza anno 2012 - n.2
 
14 ottobre 2015
14 ottobre 201514 ottobre 2015
14 ottobre 2015
 
Papa Francesco a Cipre
Papa Francesco a CiprePapa Francesco a Cipre
Papa Francesco a Cipre
 
Maria Ausiliatrice concluso il 150° - uBroker
Maria Ausiliatrice concluso il 150° - uBrokerMaria Ausiliatrice concluso il 150° - uBroker
Maria Ausiliatrice concluso il 150° - uBroker
 
Formazione dei volontari di don giustino
Formazione dei volontari di don giustinoFormazione dei volontari di don giustino
Formazione dei volontari di don giustino
 
Parrochia informa Ottobre 2014
Parrochia informa Ottobre 2014Parrochia informa Ottobre 2014
Parrochia informa Ottobre 2014
 
Parrocchie informa Marzo 2014
Parrocchie informa Marzo 2014Parrocchie informa Marzo 2014
Parrocchie informa Marzo 2014
 
La Dimensione Pastoralle delle PDDM nella nuova Regola di Vita
La Dimensione Pastoralle delle PDDM nella nuova Regola di VitaLa Dimensione Pastoralle delle PDDM nella nuova Regola di Vita
La Dimensione Pastoralle delle PDDM nella nuova Regola di Vita
 
141012
141012141012
141012
 
Bollettino (II/2006)
Bollettino (II/2006)Bollettino (II/2006)
Bollettino (II/2006)
 

Viewers also liked (6)

Al Servizio del bene comune
Al Servizio del bene comuneAl Servizio del bene comune
Al Servizio del bene comune
 
Bollettino (II/2009)
Bollettino (II/2009)Bollettino (II/2009)
Bollettino (II/2009)
 
Bollettino (I/2009)
Bollettino (I/2009)Bollettino (I/2009)
Bollettino (I/2009)
 
Sussidio (V fascicolo)
Sussidio (V fascicolo)Sussidio (V fascicolo)
Sussidio (V fascicolo)
 
Bollettino (II/2011)
Bollettino (II/2011)Bollettino (II/2011)
Bollettino (II/2011)
 
Bollettino (II-2007)
Bollettino (II-2007)Bollettino (II-2007)
Bollettino (II-2007)
 

Similar to Bollettino (II/2010)

La coppia senza figli scopre un'altra fecondità
La coppia senza figli scopre un'altra feconditàLa coppia senza figli scopre un'altra fecondità
La coppia senza figli scopre un'altra feconditàOutDoor Setting
 
Linementi pastorali dell'arcidiocesi di Pescara-Penne
Linementi pastorali dell'arcidiocesi di Pescara-PenneLinementi pastorali dell'arcidiocesi di Pescara-Penne
Linementi pastorali dell'arcidiocesi di Pescara-Pennecomunicazionisociali
 
Barresi salvatore, amore e senso per la vita 2010
Barresi salvatore, amore e senso per la vita 2010Barresi salvatore, amore e senso per la vita 2010
Barresi salvatore, amore e senso per la vita 2010Salvatore [Sasa'] Barresi
 
Domenica 8 settembre 2013: le pagine di Avvenire "Lazio Sette" della Diocesi ...
Domenica 8 settembre 2013: le pagine di Avvenire "Lazio Sette" della Diocesi ...Domenica 8 settembre 2013: le pagine di Avvenire "Lazio Sette" della Diocesi ...
Domenica 8 settembre 2013: le pagine di Avvenire "Lazio Sette" della Diocesi ...Alberto Colaiacomo
 
PAPA FRANCESCO IN UNGHERIA Aprile 2023.pptx
PAPA FRANCESCO IN UNGHERIA Aprile 2023.pptxPAPA FRANCESCO IN UNGHERIA Aprile 2023.pptx
PAPA FRANCESCO IN UNGHERIA Aprile 2023.pptxMartin M Flynn
 
Linee pastorali 2015-16_slim
Linee pastorali 2015-16_slimLinee pastorali 2015-16_slim
Linee pastorali 2015-16_slimMaria Concetta
 
Papa Francesco in Ungheria
Papa Francesco in UngheriaPapa Francesco in Ungheria
Papa Francesco in UngheriaMartin M Flynn
 
PlinioSeniore_SecondariaII.pdf
PlinioSeniore_SecondariaII.pdfPlinioSeniore_SecondariaII.pdf
PlinioSeniore_SecondariaII.pdfmodestinonastri
 
Monastero Domenicano Della Ss.Annunziata
Monastero Domenicano Della Ss.AnnunziataMonastero Domenicano Della Ss.Annunziata
Monastero Domenicano Della Ss.Annunziataguest285838a
 
Monastero Domenicano Della Ss.Annunziata
Monastero Domenicano Della Ss.AnnunziataMonastero Domenicano Della Ss.Annunziata
Monastero Domenicano Della Ss.Annunziatamonacaop
 
Bollettino parrocchiale maggio 2010
Bollettino parrocchiale maggio 2010Bollettino parrocchiale maggio 2010
Bollettino parrocchiale maggio 2010Acastions
 
Il decano e la comunicazione
Il decano e la comunicazioneIl decano e la comunicazione
Il decano e la comunicazioneCanonizzazione
 
Il decano e la comunicazione
Il decano e la comunicazioneIl decano e la comunicazione
Il decano e la comunicazioneCanonizzazione
 
Papa francesco in slovacchia 2
Papa francesco in slovacchia   2Papa francesco in slovacchia   2
Papa francesco in slovacchia 2Martin M Flynn
 

Similar to Bollettino (II/2010) (20)

Bollettino (I/2011)
Bollettino (I/2011)Bollettino (I/2011)
Bollettino (I/2011)
 
Bollettino (II/2008)
Bollettino (II/2008)Bollettino (II/2008)
Bollettino (II/2008)
 
La coppia senza figli scopre un'altra fecondità
La coppia senza figli scopre un'altra feconditàLa coppia senza figli scopre un'altra fecondità
La coppia senza figli scopre un'altra fecondità
 
Linementi pastorali dell'arcidiocesi di Pescara-Penne
Linementi pastorali dell'arcidiocesi di Pescara-PenneLinementi pastorali dell'arcidiocesi di Pescara-Penne
Linementi pastorali dell'arcidiocesi di Pescara-Penne
 
Barresi salvatore, amore e senso per la vita 2010
Barresi salvatore, amore e senso per la vita 2010Barresi salvatore, amore e senso per la vita 2010
Barresi salvatore, amore e senso per la vita 2010
 
Domenica 8 settembre 2013: le pagine di Avvenire "Lazio Sette" della Diocesi ...
Domenica 8 settembre 2013: le pagine di Avvenire "Lazio Sette" della Diocesi ...Domenica 8 settembre 2013: le pagine di Avvenire "Lazio Sette" della Diocesi ...
Domenica 8 settembre 2013: le pagine di Avvenire "Lazio Sette" della Diocesi ...
 
LazioSette20131020
LazioSette20131020LazioSette20131020
LazioSette20131020
 
PAPA FRANCESCO IN UNGHERIA Aprile 2023.pptx
PAPA FRANCESCO IN UNGHERIA Aprile 2023.pptxPAPA FRANCESCO IN UNGHERIA Aprile 2023.pptx
PAPA FRANCESCO IN UNGHERIA Aprile 2023.pptx
 
Concilio Vaticano II
Concilio Vaticano IIConcilio Vaticano II
Concilio Vaticano II
 
Linee pastorali 2015-16_slim
Linee pastorali 2015-16_slimLinee pastorali 2015-16_slim
Linee pastorali 2015-16_slim
 
Bollettino (I/2008)
Bollettino (I/2008)Bollettino (I/2008)
Bollettino (I/2008)
 
Laziosette 24 novembre 2013
Laziosette 24 novembre 2013Laziosette 24 novembre 2013
Laziosette 24 novembre 2013
 
Papa Francesco in Ungheria
Papa Francesco in UngheriaPapa Francesco in Ungheria
Papa Francesco in Ungheria
 
PlinioSeniore_SecondariaII.pdf
PlinioSeniore_SecondariaII.pdfPlinioSeniore_SecondariaII.pdf
PlinioSeniore_SecondariaII.pdf
 
Monastero Domenicano Della Ss.Annunziata
Monastero Domenicano Della Ss.AnnunziataMonastero Domenicano Della Ss.Annunziata
Monastero Domenicano Della Ss.Annunziata
 
Monastero Domenicano Della Ss.Annunziata
Monastero Domenicano Della Ss.AnnunziataMonastero Domenicano Della Ss.Annunziata
Monastero Domenicano Della Ss.Annunziata
 
Bollettino parrocchiale maggio 2010
Bollettino parrocchiale maggio 2010Bollettino parrocchiale maggio 2010
Bollettino parrocchiale maggio 2010
 
Il decano e la comunicazione
Il decano e la comunicazioneIl decano e la comunicazione
Il decano e la comunicazione
 
Il decano e la comunicazione
Il decano e la comunicazioneIl decano e la comunicazione
Il decano e la comunicazione
 
Papa francesco in slovacchia 2
Papa francesco in slovacchia   2Papa francesco in slovacchia   2
Papa francesco in slovacchia 2
 

More from comunicazionisociali (17)

L'opuscolo 2013-2014 (seconda parte)
L'opuscolo 2013-2014 (seconda parte)L'opuscolo 2013-2014 (seconda parte)
L'opuscolo 2013-2014 (seconda parte)
 
La chiesa è comunione
La chiesa è comunioneLa chiesa è comunione
La chiesa è comunione
 
Sussidio (fascicolo IV)
Sussidio (fascicolo IV)Sussidio (fascicolo IV)
Sussidio (fascicolo IV)
 
Sussidio (fascicolo III)
Sussidio (fascicolo III)Sussidio (fascicolo III)
Sussidio (fascicolo III)
 
Sussidio (fascicolo II)
Sussidio (fascicolo II)Sussidio (fascicolo II)
Sussidio (fascicolo II)
 
Una nuova sobrietà per abitare la terra
Una nuova sobrietà per abitare la terraUna nuova sobrietà per abitare la terra
Una nuova sobrietà per abitare la terra
 
Norme cresima
Norme cresimaNorme cresima
Norme cresima
 
Il Dio vicino
Il Dio vicinoIl Dio vicino
Il Dio vicino
 
Scheda verifica interesse culturale
Scheda verifica interesse culturaleScheda verifica interesse culturale
Scheda verifica interesse culturale
 
Tempistica beni culturali
Tempistica beni culturaliTempistica beni culturali
Tempistica beni culturali
 
Istruttoria verifica
Istruttoria verificaIstruttoria verifica
Istruttoria verifica
 
Contributo organi a canne
Contributo organi a canneContributo organi a canne
Contributo organi a canne
 
Contributo per il restauro e il consolidamente statico
Contributo per il restauro e il consolidamente staticoContributo per il restauro e il consolidamente statico
Contributo per il restauro e il consolidamente statico
 
Sussidio (fascicolo I)
Sussidio (fascicolo I)Sussidio (fascicolo I)
Sussidio (fascicolo I)
 
Presentazione Anno della fede
Presentazione Anno della fedePresentazione Anno della fede
Presentazione Anno della fede
 
Bollettino (I/2007)
Bollettino (I/2007)Bollettino (I/2007)
Bollettino (I/2007)
 
Bollettino (I/2009)
Bollettino (I/2009)Bollettino (I/2009)
Bollettino (I/2009)
 

Bollettino (II/2010)

  • 1.
  • 3. periodico amministratore: della diocesi di pescara can. antonio di giulio anno 62 - n° 2 bollettino@diocesipescara.it editore: curia arcivescovile metropolitana pescara-penne presidente: sede legale: s. e. r. mons. tommaso valentinetti curia arcivescovile metropolitana pescara-penne arcivescovo@diocesipescara.it piazza spirito santo, 5 65121 pescara direttore responsabile: dott. ernesto grippo fotocomposizione e stampa: tipografia grafica ltd direttore: 65016 montesilvano (pe) dott.ssa lidia basti l.basti@diocesipescara.it rivista diocesana c..c.p. n° 16126658 programma editoriale periodico registrato presso il tribunale di pescara a cura del dott. simone chiappetta al n° 11/95 in data 24.05.1995 s.chiappetta@diocesipescara.it spedizione in abb. postale 50% pescara curia metropolitana piazza spirito santo, 5 - 65121 pescara - tel. 085-4222571 - fax 085-4213149 www.diocesipescara.it arcivescovado piazza spirito santo, 5 - 65121 pescara - tel. 085-2058897
  • 4. INDICE LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI 7 Alla veglia di preghiera per la beatificazione del Cardinale John Henry Newman 12 All’incontro con i Vescovi d’Inghilterra, Galles e Scozia 16 All’incontro con i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i seminaristi nella Cat- tedrale di Palermo 20 All’ncontro con i ragazzi e i giovanissimi dell’Azione Cattolica Italiana MESSAGGI 26 Pasqua 2010 29 Per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (2010) LETTERE 32 Ai Seminaristi OMELIE 39 Nella solennità del Natale del Signore 44 Nella Celebrazione dei Primi Vespri della solennità di Maria SS.ma Madre di Dio Te Deum di ringraziamento VARIE 48 Meditazione sulla Prima Congregazione Generale del Sinodo dei Vescovi all’Assemblea Speciale per il Medio Oriente 53 Preghiera per la vita nascente LA PAROLA DEI VESCOVI ITALIANI CEI - ORIENTAMENTI PASTORALI 57 Educare alla vita buona del Vangelo - Orientamenti pastorali dell’Episcopa- to Italiano per il decennio 2010-2020 MESSAGGI 127 Per la giornata del Ringraziamento 43ª MARCIA PER LA PACE 130 Cristo, nostra pace LA PAROLA DI MONS. VALENTINETTI NOMINE E DECRETI 141 Nomine
  • 5. INDICE 144 La Parrocchia dell’Immacolata Concezione della B.V. Maria diventa Cuore Immacolato della B.V. Maria IN DIOCESI 149 Necrologio NOTIZIE 150 Notizie in breve 151 Notizie in rassegna - La Caritas abruzzese dice stop alla povertà 152 “Sogno un mondo per tutti” - di Cristina Santonastaso 155 All’unisono per dare voce all’amore 156 Con Frisina per la “solidarietà sociale” - di Roberta Fioravante APPROFONDIMENTI 158 La questione antropologica: sfide e prospettive - di S. E. Mons. Ignazio San- na 175 La proposta morale oggi: “La carità nella verità... per la costruzione di una buona società e di un vero sviluppo integrale” (Caritas in veritate, n. 4) SPECIALE “laPorzione.it” 189 LaPorzione.it... nel frammento, tutto - L’Arcidiocesi sceglie l’informazione digitale ESEMPIO DI “EDITORIALE” 191 Borghezio e GF specchio di una Italia decadente - di Simone Chiappetta ESEMPIO DI “BIANCO E NERO” 194 La democrazia che cade in “basso” - di Simone Chiappetta ESEMPIO DI “INTERVISTA” 196 “Vorrei avere il buon umore di Wojtyla” - di Davide De Amicis ESEMPIO DI “LA PORZIONE” 199 Teologia della Porzione - di Giovanni Marcotullio ESEMPIO DI “TERZA WEB” 202 La verità rosa - di Giovanni Marcotullio
  • 7.
  • 8. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI Alla veglia di preghiera per la beatificazione del Cardinale John Henry Newman Hyde Park - London Sabato, 18 settembre 2010 Cari Fratelli e Sorelle in Cristo, questa è una serata di gioia, di immensa gioia spirituale per tutti noi. Siamo qui riuniti in questa veglia di preghiera per prepararci alla Messa di domani, durante la quale un grande figlio di questa Nazione, il Cardinale John Henry Newman, sarà dichiarato Beato. Quante per- sone, in Inghilterra e in tutto il mondo, hanno atteso questo momen- to! Anche per me personalmente è una grande gioia condividere que- sta esperienza con voi. Come sapete, Newman ha avuto da tanto tem- po un influsso importante nella mia vita e nel mio pensiero, come lo è stato per moltissime persone al di là di queste isole. Il dramma della vita di Newman ci invita ad esaminare le nostre vite, a vederle nel contesto del vasto orizzonte del piano di Dio, e a crescere in comu- nione con la Chiesa di ogni tempo e di ogni luogo: la Chiesa degli Apostoli, la Chiesa dei martiri, la Chiesa dei santi, la Chiesa che New- man amò ed alla cui missione consacrò la propria intera esistenza. Ringrazio l’Arcivescovo Peter Smith per le gentili parole di benve- nuto pronunciate a vostro nome, e sono particolarmente lieto di vede- re molti giovani presenti a questa veglia. Questa sera, nel contesto della preghiera comune, desidero riflettere con voi su alcuni aspetti della vita di Newman, che considero importanti per le nostre vite di credenti e per la vita della Chiesa oggi.Permettetemi di cominciare ri- cordando che Newman, secondo il suo stesso racconto, ha ripercorso il cammino della sua intera vita alla luce di una potente esperienza di conversione, che ebbe quando era giovane. Fu un’esperienza imme- diata della verità della Parola di Dio, dell’oggettiva realtà della rivela- zione cristiana quale era stata trasmessa nella Chiesa. Tale esperienza, al contempo religiosa e intellettuale, avrebbe ispirato la sua vocazione ad essere ministro del Vangelo, il suo discernimento della sorgente di 7
  • 9. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI insegnamento autorevole nella Chiesa di Dio ed il suo zelo per il rin- novamento della vita ecclesiale nella fedeltà alla tradizione apostolica. Alla fine della vita, Newman avrebbe descritto il proprio lavoro come una lotta contro la tendenza crescente a considerare la religione come un fatto puramente privato e soggettivo, una questione di opinione personale. Qui vi è la prima lezione che possiamo apprendere dalla sua vita: ai nostri giorni, quando un relativismo intellettuale e morale minaccia di fiaccare i fondamenti stessi della nostra società, Newman ci rammenta che, quali uomini e donne creati ad immagine e somi- glianza di Dio, siamo stati creati per conoscere la verità, per trovare in essa la nostra definitiva libertà e l’adempimento delle più profonde aspirazioni umane. In una parola, siamo stati pensati per conoscere Cristo, che è Lui stesso “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). L’esistenza di Newman, inoltre, ci insegna che la passione per la verità, per l’onestà intellettuale e per la conversione genuina compor- tano un grande prezzo da pagare. La verità che ci rende liberi non può essere trattenuta per noi stessi; esige la testimonianza, ha bisogno di essere udita, ed in fondo la sua potenza di convincere viene da es- sa stessa e non dall’umana eloquenza o dai ragionamenti nei quali può essere adagiata. Non lontano da qui, a Tyburn, un gran numero di nostri fratelli e sorelle morirono per la fede; la testimonianza della loro fedeltà sino alla fine fu ben più potente delle parole ispirate che molti di loro dissero prima di abbandonare ogni cosa al Signore. Nella nostra epoca, il prezzo da pagare per la fedeltà al Vangelo non è tanto quello di essere impiccati, affogati e squartati, ma spesso implica l’es- sere additati come irrilevanti, ridicolizzati o fatti segno di parodia. E tuttavia la Chiesa non si può esimere dal dovere di proclamare Cristo e il suo Vangelo quale verità salvifica, la sorgente della nostra felicità ultima come individui, e quale fondamento di una società giusta e umana. Infine, Newman ci insegna che se abbiamo accolto la verità di Cri- sto e abbiamo impegnato la nostra vita per lui, non vi può essere se- parazione tra ciò che crediamo ed il modo in cui viviamo la nostra esistenza. Ogni nostro pensiero, parola e azione devono essere rivolti alla gloria di Dio e alla diffusione del suo Regno. Newman comprese 8
  • 10. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI questo e fu il grande campione dell’ufficio profetico del laicato cristia- no. Vide chiaramente che non dobbiamo tanto accettare la verità co- me un atto puramente intellettuale, quanto piuttosto accoglierla me- diante una dinamica spirituale che penetra sino alle più intime fibre del nostro essere. La verità non viene trasmessa semplicemente me- diante un insegnamento formale, pur importante che sia, ma anche mediante la testimonianza di vite vissute integralmente, fedelmente e santamente; coloro che vivono della e nella verità riconoscono istinti- vamente ciò che è falso e, proprio perché falso, è nemico della bel- lezza e della bontà che accompagna lo splendore della verità, veritatis splendor. La prima lettura di stasera è la magnifica preghiera con la quale san Paolo chiede che ci sia dato di conoscere “l’amore di Cristo che supe- ra ogni conoscenza” (cfr Ef 3,14-21). L’Apostolo prega affinché Cristo dimori nei nostri cuori mediante la fede (cfr Ef 3,17) e perché possia- mo giungere a “comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità” di quell’amore. Mediante la fede giungiamo a vedere la parola di Dio come una lampada per i nostri passi e luce del nostro cammino (cfr Sal 119, 105). Come innumerevo- li santi che lo precedettero sulla via del discepolato cristiano, New- man insegnò che la “luce gentile” della fede ci conduce a renderci conto della verità su noi stessi, sulla nostra dignità di figli di Dio, e sul sublime destino che ci attende in cielo. Permettendo a questa luce della fede di risplendere nei nostri cuori e abbandonandoci ad essa mediante la quotidiana unione al Signore nella preghiera e nella par- tecipazione ai sacramenti della Chiesa, datori di vita, diventiamo noi stessi luce per quanti ci stanno attorno; esercitiamo il nostro “ufficio profetico”; spesso, senza saperlo, attiriamo le persone più vicino al Si- gnore ed alla sua verità. Senza la vita di preghiera, senza l’interiore trasformazione che avviene mediante la grazia dei sacramenti, non possiamo – con le parole di Newman – “irradiare Cristo”; diveniamo semplicemente un altro “cembalo squillante” (1Cor 13,1) in un mondo già pieno di crescente rumore e confusione, pieno di false vie che conducono solo a profondo dolore del cuore e ad illusione. 9
  • 11. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI Una delle più amate meditazioni del Cardinale contiene queste pa- role: “Dio mi ha creato per offrire a lui un certo specifico servizio. Mi ha affidato un certo lavoro che non ha affidato ad altri” (Meditations on Christian Doctrine). Vediamo qui il preciso realismo cristiano di Newman, il punto nel quale la fede e la vita inevitabilmente si incro- ciano. La fede è destinata a portare frutto nella trasformazione del no- stro mondo mediante la potenza dello Spirito Santo che opera nella vita e nell’attività dei credenti. Nessuno che guardi realisticamente al nostro mondo d’oggi può pensare che i cristiani possano continuare a far le cose di ogni giorno, ignorando la profonda crisi di fede che è sopraggiunta nella società, o semplicemente confidando che il patri- monio di valori trasmesso lungo i secoli cristiani possa continuare ad ispirare e plasmare il futuro della nostra società. Sappiamo che in tem- pi di crisi e di ribellioni Dio ha fatto sorgere grandi santi e profeti per il rinnovamento della Chiesa e della società cristiana; noi abbiamo fi- ducia nella sua provvidenza e preghiamo per la sua continua guida. Ma ciascuno di noi, secondo il proprio stato di vita, è chiamato ad operare per la diffusione del Regno di Dio impregnando la vita tem- porale dei valori del Vangelo. Ciascuno di noi ha una missione, cia- scuno è chiamato a cambiare il mondo, ad operare per una cultura della vita, una cultura forgiata dall’amore e dal rispetto per la dignità di ogni persona umana. Come il Signore ci insegna nel Vangelo appe- na ascoltato, la nostra luce deve risplendere al cospetto di tutti, così che, vedendo le nostre opere buone, possano dar gloria al nostro Pa- dre celeste (cfr Mt 5,16). Qui desidero dire una parola speciale ai molti giovani presenti. Cari giovani amici: solo Gesù conosce quale “specifico servizio” ha in mente per voi. Siate aperti alla sua voce che risuona nel profondo del vostro cuore: anche ora il suo cuore parla al vostro cuore. Cristo ha bisogno di famiglie che ricordano al mondo la dignità dell’amore umano e la bellezza della vita familiare. Egli ha bisogno di uomini e donne che dedichino la loro vita al nobile compito dell’educazione, prendendosi cura dei giovani e formandoli secondo le vie del Vange- lo. Ha bisogno di quanti consacreranno la propria vita al persegui- mento della carità perfetta, seguendolo in castità, povertà e obbedien- za, e servendoLo nel più piccolo dei nostri fratelli e sorelle. Ha biso- 10
  • 12. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI gno dell’amore potente dei religiosi contemplativi che sorreggono la testimonianza e l’attività della Chiesa mediante la loro continua ora- zione. Ed ha bisogno di sacerdoti, buoni e santi sacerdoti, uomini di- sposti a perdere la propria vita per il proprio gregge. Chiedete a Dio cosa ha in mente per voi! Chiedetegli la generosità di dirgli di sì! Non abbiate paura di donarvi interamente a Gesù. Vi darà la grazia neces- saria per adempiere alla vostra vocazione. Permettetemi di concludere queste poche parole invitandovi ad unirvi a me il prossimo anno a Madrid per la Giornata Mondiale della Gioventù. Si tratta sempre di una splendida occasione per crescere nell’amore per Cristo ed essere incoraggiati nella vostra gioiosa vita di fede assieme a migliaia di altri giovani. Spero di vedere là molti di voi! Ed ora, cari amici, continuiamo questa veglia di preghiera prepa- randoci ad incontrare Cristo, presente fra noi nel Santissimo Sacra- mento dell’Altare. Insieme, nel silenzio della nostra comune adorazio- ne, apriamo le menti ed i cuori alla sua presenza, al suo amore, alla potenza convincente della sua verità. In modo speciale, ringraziamolo per la continua testimonianza a quella verità, offerta dal Cardinale John Henry Newman. Confidando nelle sue preghiere, chiediamo a Dio di illuminare i nostri passi e quelli della società britannica, con la luce gentile della sua verità, del suo amore, della sua pace. Amen. 11
  • 13. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI All’incontro con i Vescovi d’Inghilterra, Galles e Scozia Cappella del Francis Martin House dell’Oscott College - Birmingham Domenica, 19 settembre 2010 Venerati Fratelli nell’Episcopato, questo è stato un giorno di grande gioia per la comunità cattolica in queste isole. Il Beato John Henry Newman, come ora lo possiamo chiamare, è stato elevato all’onore degli altari quale esempio di fe- deltà eroica al Vangelo ed un intercessore per la Chiesa in queste ter- re, che egli amò e servì così bene. Qui proprio in questa cappella nel 1852, diede voce alla nuova fiducia e vitalità della comunità cattolica in Inghilterra e Galles, dopo la restaurazione della gerarchia, e le sue parole possono essere applicate pure alla Scozia, venticinque anni do- po. La sua beatificazione odierna è un ricordo della continua azione dello Spirito Santo nell’elargire doni di santità su tutta la gente della Gran Bretagna, così che da est ad ovest e dal nord al sud, sia elevata una perfetta oblazione di lode e di ringraziamento alla gloria del no- me di Dio. Ringrazio il Cardinale O’Brien e l’Arcivescovo Nichols per le loro parole e, ciò facendo, mi viene alla mente quanto poco tempo è tra- scorso da quando mi è stato dato di accogliervi tutti a Roma per le vi- site Ad limina delle vostre rispettive Conferenze Episcopali. In quella occasione abbiamo parlato di alcune delle sfide che vi stanno innanzi nel vostro guidare la gente nella fede, particolarmente circa l’urgente necessità di proclamare il Vangelo di nuovo in un contesto altamente secolarizzato. Nel corso della mia visita mi è apparso chiaro come, fra i britannici, sia profonda la sete per la buona novella di Gesù Cristo. Siete stati scelti da Dio per offrire loro l’acqua viva del Vangelo, inco- raggiandoli a porre le proprie speranze non nelle vane lusinghe di questo mondo, bensì nelle solide rassicurazioni del mondo futuro. Mentre annunciate la venuta del Regno, con le sue promesse di spe- ranza per i poveri ed i bisognosi, i malati e gli anziani, i non ancora 12
  • 14. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI nati e gli abbandonati, fate di tutto per presentare nella sua interezza il messaggio vivificante del Vangelo, compresi quegli elementi che sfi- dano le diffuse convinzioni della cultura odierna. Come sapete, è stato di recente costituito un Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizza- zione dei Paesi di lunga tradizione cristiana, e desidero incoraggiarvi ad avvalervi dei suoi servigi per affrontare i compiti che vi stanno in- nanzi. Inoltre, molti dei nuovi movimenti ecclesiali hanno un carisma particolare per l’evangelizzazione e son certo che continuerete ad esplorare vie appropriate ed efficaci per coinvolgerli nella missione della Chiesa. Dalla vostra visita a Roma, i cambiamenti politici nel Regno Unito hanno concentrato l’attenzione sulle conseguenze della crisi finanzia- ria, che ha causato tante privazioni ad innumerevoli persone e tante famiglie. Lo spettro della disoccupazione sta stendendo le proprie om- bre sulla vita di molta gente, ed il costo a lungo termine di pratiche d’investimento dei tempi recenti, mal consigliate, sta diventando quantomai evidente. In tali circostanze, vi saranno ulteriori appelli alla caratteristica generosità dei cattolici britannici, e sono certo che voi sarete in prima linea per esortare alla solidarietà nei confronti dei bi- sognosi. La voce profetica dei cristiani ha un ruolo importante nel mettere in evidenza i bisogni dei poveri e degli svantaggiati, che pos- sono così facilmente essere trascurati nella destinazione di risorse li- mitate. Nel documento magisteriale Choosing the Common Good, i Ve- scovi d’Inghilterra e del Galles hanno sottolineato l’importanza della pratica della virtù nella vita pubblica. Le circostanze odierne offrono una buona opportunità per rafforzare quel messaggio, e certamente per incoraggiare le persone ad aspirare ai valori morali più alti in ogni settore della loro vita, contro un retroterra di crescente cinismo addi- rittura circa la possibilità di una vita virtuosa. Un altro argomento che ha ricevuto molta attenzione nei mesi tra- scorsi e che mina seriamente la credibilità morale dei responsabili del- la Chiesa è il vergogno abuso di ragazzi e di giovani da parte di sacer- doti e di religiosi. In molte occasioni ho parlato delle profonde ferite che tale comportamento ha causato, anzitutto nelle vittime ma anche nel rapporto di fiducia che dovrebbe esistere fra sacerdoti e popolo, 13
  • 15. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI fra sacerdoti e i loro Vescovi, come pure fra le autorità della Chiesa e la gente. So bene che avete fatto passi molto seri per portare rimedio a questa situazione, per assicurare che i ragazzi siano protetti in ma- niera efficace da qualsiasi danno, e per affrontare in modo appropria- to e trasparente le accuse quando esse sorgono. Avete pubblicamente fatto conoscere il vostro profondo dispiacere per quanto accaduto e per i modi spesso inadeguati con i quali, in passato, si è affrontata la questione. La vostra crescente comprensione dell’estensione degli abusi sui ragazzi nella società, dei suoi effetti devastanti, e della ne- cessità di fornire adeguato sostegno alle vittime, dovrebbe servire da incentivo per condividere, con la società più ampia, la lezione da voi appresa. In realtà, quale via migliore potrebbe esserci se non quella di fare riparazione per tali peccati avvicinandovi, in umile spirito di com- passione, ai ragazzi che soffrono anche altrove per gli abusi? Il nostro dovere di prenderci cura della gioventù esige proprio questo e niente di meno. Mentre riflettiamo sulla fragilità umana che questi tragici eventi ri- velano in maniera così dura, ci viene ricordato che, per essere guide cristiane efficaci, dobbiamo vivere nella più alta integrità, umiltà e santità. Come scrisse una volta il beato John Henry Newman: “Che Dio ci doni dei sacerdoti che sappiano sentire la propria debolezza di peccatori, e che il popolo li sappia compatire ed amare e pregare per la loro crescita in ogni buon dono di grazia” (Sermon, 22 marzo 1829). 191). Prego che fra le grazie di questa visita vi sia un rinnovato impegno da parte delle guide cristiane alla vocazione profetica che hanno ricevuto, e un nuovo apprezzamento da parte del popolo per il grande dono del ministero ordinato. Sgorgheranno così spontanea- mente le preghiere per le vocazioni, e possiamo esser fiduciosi che il Signore risponderà inviando operai che raccolgano l’abbondante mes- se che ha preparato in tutto il Regno Unito (cfr Mt 9,37-38). A tale proposito sono lieto di avere l’opportunità di incontrare fra poco i se- minaristi dell’Inghilterra, della Scozia e del Galles per rassicurarli delle mie preghiere, mentre si preparano a far la loro parte per raccogliere quella messe. 14
  • 16. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI Infine vorrei parlarvi di due materie specifiche che riguardano in questo tempo il vostro ministero episcopale. Una è l’imminente pub- blicazione della nuova traduzione del Messale Romano. In questa cir- costanza desidero ringraziare tutti voi per il contributo dato, con così minuziosa cura, all’esercizio collegiale nella revisione e nell’approva- zione dei testi. Ciò ha fornito un immenso servizio ai cattolici di tutto il mondo anglofono. Vi incoraggio a cogliere l’occasione che questa nuova traduzione offre, per una approfondita catechesi sull’Eucaristia e per una rinnovata devozione nei modi in cui essa viene celebrata. “Quanto più viva è la fede eucaristica nel popolo di Dio, tanto più profonda è la sua partecipazione alla vita ecclesiale che Cristo ha affi- dato ai suoi discepoli” (Sacramentum caritatis, 6). L’altro punto lo sollevai in febbraio con i Vescovi dell’Inghilterra e del Galles, quando vi chiesi di essere generosi nel porre in atto la Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus. Questo dovrebbe essere considerato un gesto profetico che può contribuire positivamente allo sviluppo delle rela- zioni fra anglicani e cattolici. Ci aiuta a volgere lo sguardo allo scopo ultimo di ogni attività ecumenica: la restaurazione della piena comu- nione ecclesiale nel contesto della quale il reciproco scambio di doni dai nostri rispettivi patrimoni spirituali, serve da arricchimento per noi tutti. Continuiamo a pregare e ad operare incessantemente per affret- tare il lieto giorno in cui quel traguardo potrà essere raggiunto. Con tali sentimenti vi ringrazio cordialmente per la vostra ospitalità durante questi ultimi quattro giorni. Nell’affidare voi e il popolo che servite all’intercessione di sant’Andrea, san Davide e san Giorgio, vo- lentieri imparto la Benedizione Apostolica a voi, al clero, ai religiosi e ai laici dell’Inghilterra, della Scozia e del Galles. 15
  • 17. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI All’incontro con i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i seminaristi Cattedrale di Palermo Domenica, 3 ottobre 2010 Venerati Fratelli nell’Episcopato, cari fratelli e sorelle! In questa mia visita pastorale nella vostra terra non poteva mancare l’incontro con voi. Grazie per la vostra accoglienza! Mi è piaciuto il parallelismo, nelle parole dell’Arcivescovo, tra la bellezza della Catte- drale e quella dell’edificio di “pietre vive” che siete voi. Sì, in questo breve ma intenso momento con voi io posso ammirare il volto della Chiesa, nella varietà dei suoi doni. E, come Successore di Pietro, ho la gioia di confermarvi nell’unica fede e nella profonda comunione che il Signore Gesù Cristo ci ha acquistato. A Mons. Paolo Romeo esprimo la mia gratitudine, e la estendo al Vescovo Ausiliare. A voi, cari pre- sbiteri di questa Arcidiocesi e di tutte le Diocesi della Sicilia, a voi, ca- ri diaconi e seminaristi, e a voi, religiosi e religiose, e laici consacrati, rivolgo il mio saluto più cordiale, e vorrei farlo arrivare a tutti i confra- telli e le consorelle della Sicilia, in modo speciale a quelli che sono malati e molto anziani. L’adorazione eucaristica, che abbiamo avuto la grazia e la gioia di condividere, ci ha svelato e ci ha fatto sentire il senso profondo di ciò che siamo: membra del Corpo di Cristo che è la Chiesa. Prostrato da- vanti a Gesù, qui in mezzo a voi, gli ho chiesto di infiammare i vostri cuori con la sua carità, così che siate assimilati a Lui e possiate imitar- lo nella più completa e generosa donazione alla Chiesa e ai fratelli. Cari sacerdoti, vorrei rivolgermi prima di tutto a voi. So che lavora- te con zelo e intelligenza, senza risparmio di energie. Il Signore Gesù, al quale avete consacrato la vita, è con voi! Siate sempre uomini di preghiera, per essere anche maestri di preghiera. Le vostre giornate siano scandite dai tempi dell’orazione, durante i quali, sul modello di 16
  • 18. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI Gesù, vi intrattenete in colloquio rigenerante con il Padre. Non è faci- le mantenersi fedeli a questi quotidiani appuntamenti con il Signore, soprattutto oggi che il ritmo della vita si è fatto frenetico e le occupa- zioni assorbono in misura sempre maggiore. Dobbiamo tuttavia con- vincerci: il momento della preghiera è fondamentale: in essa, agisce con più efficacia la grazia divina, dando fecondità al ministero. Tante cose ci premono, ma se non siamo interiormente in comunione con Dio non possiamo dare niente neppure agli altri. Dobbiamo sempre riservare il tempo necessario per “stare con lui” (cfr Mc 3,14). Il Concilio Vaticano II a proposito dei sacerdoti afferma: “È nel cul- to eucaristico o sinassi che essi esercitano soprattutto il loro ministero sacro” (Cost. dogm. Lumen gentium, 28). L’Eucaristia è la sorgente e il culmine di tutta la vita cristiana. Cari fratelli sacerdoti, possiamo dire che lo è per noi, per la nostra vita sacerdotale? Quale cura poniamo nel prepararci alla santa Messa, nel celebrarla, nel rimanere in adora- zione? Le nostre chiese sono veramente “casa di Dio”, dove la sua presenza attira la gente, che purtroppo oggi sente spesso l’assenza di Dio? Il Sacerdote trova sempre, ed in maniera immutabile, la sorgente della propria identità in Cristo Sacerdote. Non è il mondo a fissare il nostro statuto, secondo i bisogni e le concezioni dei ruoli sociali. Il prete è segnato dal sigillo del Sacerdozio di Cristo, per partecipare al- la sua funzione di unico Mediatore e Redentore. In forza di questo le- game fondamentale, si apre al sacerdote il campo immenso del servi- zio delle anime, per la loro salvezza in Cristo e nella Chiesa. Un servi- zio che deve essere completamente ispirato dalla carità di Cristo. Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi, che nessuno si perda. Diceva il Santo Curato d’Ars: “Il sacerdote dev’essere sempre pronto a risponde- re ai bisogni delle anime. Egli non è per sé, è per voi”. Il sacerdote è per i fedeli: li anima e li sostiene nell’esercizio del sacerdozio comune dei battezzati, nel loro cammino di fede, nel coltivare la speranza, nel vivere la carità, l’amore di Cristo. Cari sacerdoti, abbiate sempre una particolare attenzione anche per il mondo giovanile. Come disse in questa terra il Venerabile Giovanni Paolo II, spalancate le porte delle 17
  • 19. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI vostre parrocchie ai giovani, perché possano aprire le porte del loro cuore a Cristo! Mai le trovino chiuse! Il Sacerdote non può restare lontano dalle preoccupazioni quotidia- ne del Popolo di Dio; anzi, deve essere vicinissimo, ma da sacerdote, sempre nella prospettiva della salvezza e del Regno di Dio. Egli è te- stimone e dispensatore di una vita diversa da quella terrena (cfr Decr. Presbyterorum Ordinis, 3). Egli è portatore di una speranza forte, di una “speranza affidabile”, quella di Cristo, con la quale affrontare il presente, anche se spesso faticoso (cfr Enc. Spe salvi, 1). E’ essenziale per la Chiesa che l’identità del sacerdote sia salvaguardata, con la sua dimensione “verticale”. La vita e la personalità di san Giovanni Maria Vianney, ma anche di tanti Santi della vostra terra, come sant’Annibale Maria di Francia, il beato Giacomo Cusmano o il beato Francesco Spoto, ne sono una dimostrazione particolarmente illuminante e vigo- rosa. La Chiesa di Palermo ha ricordato recentemente l’anniversario del barbaro assassinio di Don Giuseppe Puglisi, appartenente a questo presbiterio, ucciso dalla mafia. Egli aveva un cuore che ardeva di au- tentica carità pastorale; nel suo zelante ministero ha dato largo spazio all’educazione dei ragazzi e dei giovani, ed insieme si è adoperato perché ogni famiglia cristiana vivesse la fondamentale vocazione di prima educatrice della fede dei figli. Lo stesso popolo affidato alle sue cure pastorali ha potuto abbeverarsi alla ricchezza spirituale di questo buon pastore, del quale è in corso la causa di Beatificazione. Vi esor- to a conservare viva memoria della sua feconda testimonianza sacer- dotale imitandone l’eroico esempio. Con grande affetto mi rivolgo anche a voi, che in varie forme ed istituti vivete la consacrazione a Dio in Cristo e nella Chiesa. Un parti- colare pensiero ai monaci e alle monache di clausura, il cui servizio di preghiera è così prezioso per la Comunità ecclesiale. Cari fratelli e so- relle, continuate a seguire Gesù senza compromessi, come viene pro- posto nel Vangelo, dando così testimonianza della bellezza di essere cristiani in maniera radicale. Spetta in particolare a voi tenere viva nei battezzati la consapevolezza delle esigenze fondamentali del Vangelo. 18
  • 20. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI Infatti, la vostra stessa presenza e il vostro stile infondono alla Comu- nità ecclesiale un prezioso impulso verso la “misura alta” della vita vo- cazione cristiana; anzi potremmo dire che la vostra esistenza costitui- sce come una predicazione, assai eloquente, anche se spesso silenzio- sa. Il vostro, carissimi, è un genere di vita antico e sempre nuovo, no- nostante la diminuzione del numero e delle forze. Ma abbiate fiducia: i nostri tempi non sono quelli di Dio e della sua provvidenza. E’ ne- cessario pregare e crescere nella santità personale e comunitaria. Il Si- gnore poi provvede! Con affetto di predilezione saluto voi, cari seminaristi, e vi esorto a rispondere con generosità alla chiamata del Signore e alle attese del Popolo di Dio, crescendo nell’identificazione con Cristo, il Sommo Sa- cerdote, preparandovi alla missione con una solida formazione uma- na, spirituale, teologica e culturale. Il Seminario è quanto mai prezio- so per il vostro futuro, perché, attraverso un’esperienza completa e un lavoro paziente, vi conduce ad essere pastori d’anime e maestri di fe- de, ministri dei santi misteri e portatori della carità di Cristo. Vivete con impegno questo tempo di grazia e conservate nel cuore la gioia e lo slancio del primo momento della chiamata e del vostro “sì”, quan- do, rispondendo alla voce misteriosa di Cristo, avete dato una svolta decisiva alla vostra vita. Siate docili alle direttive dei superiori e dei re- sponsabili della vostra crescita in Cristo, e imparate da Lui l’amore per ogni figlio di Dio e della Chiesa. Cari fratelli e sorelle, mentre vi ringrazio ancora per il vostro affet- to, vi assicuro il mio ricordo nella preghiera, perché proseguiate con rinnovato slancio e con forte speranza il cammino di fedele adesione a Cristo e di generoso servizio alla Chiesa. Vi assista sempre la Vergine Maria, nostra Madre; vi proteggano santa Rosalia e tutti i Santi patroni di questa terra di Sicilia; e vi accompagni anche la Benedizione Apo- stolica, che imparto di cuore a voi e alle vostre comunità. 19
  • 21. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI All’incontro con i ragazzi e i giovanissimi dell’Azione Cattolica Italiana Piazza San Pietro Sabato, 30 ottobre 2010 Domanda del ragazzo ACR: Santità, cosa significa diventare grandi? Cosa devo fare per crescere seguendo Gesù? Chi mi può aiutare? Cari amici dell’Azione Cattolica Italiana! Sono semplicemente felice di incontrarvi, così numerosi, su questa bella piazza e vi ringrazio di cuore per il vostro affetto! A tutti voi ri- volgo il mio benvenuto. In particolare, saluto il Presidente, Prof. Fran- co Miano, e l’Assistente Generale, Mons. Domenico Sigalini. Saluto il Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, gli altri Vescovi, i sacerdoti, gli educatori e i genitori che han- no voluto accompagnarvi. Allora, ho ascoltato la domanda del ragazzo dell’ACR. La risposta più bella su che cosa significa diventare grandi la portate scritta voi tutti sulle vostre magliette, sui cappellini, sui cartelloni: “C’è di più”. Questo vostro motto, che non conoscevo, mi fa riflettere. Che cosa fa un bambino per vedere se diventa grande? Confronta la sua altezza con quella dei compagni; e immagina di diventare più alto, per sentir- si più grande. Io, quando sono stato ragazzo, alla vostra età, nella mia classe ero uno dei più piccoli, e tanto più ho avuto il desiderio di es- sere un giorno molto grande; e non solo grande di misura, ma volevo fare qualcosa di grande, di più nella mia vita, anche se non conosce- vo questa parola “c’è di più”. Crescere in altezza implica questo “c’è di più”. Ve lo dice il vostro cuore, che desidera avere tanti amici, che è contento quando si comporta bene, quando sa dare gioia al papà e alla mamma, ma soprattutto quando incontra un amico insuperabile, buonissimo e unico che è Gesù. Voi sapete quanto Gesù voleva bene ai bambini e ai ragazzi! Un giorno tanti bambini come voi si avvicina- 20
  • 22. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI rono a Gesù, perché si era stabilita una bella intesa, e nel suo sguardo coglievano il riflesso dell’amore di Dio; ma c’erano anche degli adulti che invece si sentivano disturbati da quei bambini. Capita anche a voi che qualche volta, mentre giocate, vi divertite con gli amici, i grandi vi dicono di non disturbare… Ebbene, Gesù rimprovera proprio que- gli adulti e dice loro: Lasciate qui tutti questi ragazzi, perché hanno nel cuore il segreto del Regno di Dio. Così Gesù ha insegnato agli adulti che anche voi siete “grandi” e che gli adulti devono custodire questa grandezza, che è quella di avere un cuore che vuole bene a Gesù. Cari bambini, cari ragazzi: essere “grandi” vuol dire amare tanto Gesù, ascoltarlo e parlare con Lui nella preghiera, incontrarlo nei Sa- cramenti, nella Santa Messa, nella Confessione; vuole dire conoscerlo sempre di più e anche farlo conoscere agli altri, vuol dire stare con gli amici, anche i più poveri, gli ammalati, per crescere insieme. E l’ACR è proprio parte di quel “di più”, perché non siete soli a voler bene a Gesù - siete in tanti, lo vediamo anche questa mattina! -, ma vi aiutate gli uni gli altri; perché non volete lasciare che nessun amico sia solo, ma a tutti volete dire forte che è bello avere Gesù come amico ed è bello essere amici di Gesù; ed è bello esserlo insieme, aiutati dai vo- stri genitori, sacerdoti, animatori! Così diventate grandi davvero, non solo perché la vostra altezza aumenta, ma perché il vostro cuore si apre alla gioia e all’amore che Gesù vi dona. E così si apre alla vera grandezza, stare nel grande amore di Dio, che è anche sempre amore degli amici. Speriamo e preghiamo di crescere in questo senso, di tro- vare il “di più” e di essere veramente persone con un cuore grande, con un Amico grande che dà la sua grandezza anche a noi. Grazie. Domanda della giovanissima: Santità, i nostri educatori dell’Azione Cattolica ci dicono che per di- ventare grandi occorre imparare ad amare, ma spesso noi ci per- diamo e soffriamo nelle nostre relazioni, nelle nostre amicizie, nei nostri primi amori. Ma cosa significa amare fino in fondo? Come possiamo imparare ad amare davvero? Una grande questione. E’ molto importante, direi fondamentale im- parare ad amare, amare veramente, imparare l’arte del vero amore! 21
  • 23. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI Nell’adolescenza ci si ferma davanti allo specchio e ci si accorge che si sta cambiando. Ma fino a quando si continua a guardare se stessi, non si diventa mai grandi! Diventate grandi quando non permettete più allo specchio di essere l’unica verità di voi stessi, ma quando la lasciate dire a quelli che vi sono amici. Diventate grandi se siete capa- ci di fare della vostra vita un dono agli altri, non di cercare se stessi, ma di dare se stessi agli altri: questa è la scuola dell’amore. Questo amore, però, deve portarsi dentro quel “di più” che oggi gridate a tut- ti. “C’è di più”! Come vi ho già detto, anch’io nella mia giovinezza vo- levo qualcosa di più di quello che mi presentava la società e la men- talità del tempo. Volevo respirare aria pura, soprattutto desideravo un mondo bello e buono, come lo aveva voluto per tutti il nostro Dio, il Padre di Gesù. E ho capito sempre di più che il mondo diventa bello e diventa buono se si conosce questa volontà di Dio e se il mondo è in corrispondenza con questa volontà di Dio, che è la vera luce, la bellezza, l’amore che dà senso al mondo. E’ proprio vero: voi non potete e non dovete adattarvi ad un amore ridotto a merce di scambio, da consumare senza rispetto per sé e per gli altri, incapace di castità e di purezza. Questa non è libertà. Molto “amore” proposto dai media, in internet, non è amore, ma è egoismo, chiusura, vi dà l’illusione di un momento, ma non vi rende felici, non vi fa grandi, vi lega come una catena che soffoca i pensieri e i senti- menti più belli, gli slanci veri del cuore, quella forza insopprimibile che è l’amore e che trova in Gesù la sua massima espressione e nello Spirito Santo la forza e il fuoco che incendia le vostre vite, i vostri pensieri, i vostri affetti. Certo costa anche sacrificio vivere in modo ve- ro l’amore - senza rinunce non si arriva a questa strada - ma sono si- curo che voi non avete paura della fatica di un amore impegnativo e autentico, E’ l’unico che, in fin dei conti, dà la vera gioia! C’è una pro- va che vi dice se il vostro amore sta crescendo bene: se non escludete dalla vostra vita gli altri, soprattutto i vostri amici che soffrono e sono soli, le persone in difficoltà, e se aprite il vostro cuore al grande Ami- co che è Gesù. Anche l’Azione Cattolica vi insegna le strade per impa- rare l’amore autentico: la partecipazione alla vita della Chiesa, della vostra comunità cristiana, il voler bene ai vostri amici del gruppo di ACR, di AC, la disponibilità verso i coetanei che incontrate a scuola, 22
  • 24. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI in parrocchia o in altri ambienti, la compagnia della Madre di Gesù, Maria, che sa custodire il vostro cuore e guidarvi nella via del bene. Del resto, nell’Azione Cattolica, avete tanti esempi di amore genuino, bello, vero: il beato Pier Giorgio Frassati, il beato Alberto Marvelli; amore che arriva anche al sacrificio della vita, come la beata Pierina Morosini e la beata Antonia Mesina. Giovanissimi di Azione Cattolica, aspirate a mete grandi, perché Dio ve ne dà la forza. Il “di più” è essere ragazzi e giovanissimi che decidono di amare come Gesù, di essere protagonisti della propria vi- ta, protagonisti nella Chiesa, testimoni della fede tra i vostri coetanei. Il “di più” è la formazione umana e cristiana che sperimentate in AC, che unisce la vita spirituale, la fraternità, la testimonianza pubblica della fede, la comunione ecclesiale, l’amore per la Chiesa, la collabo- razione con i Vescovi e i sacerdoti, l’amicizia spirituale. “Diventare grandi insieme” dice l’importanza di far parte di un gruppo e di una comunità che vi aiutano a crescere, a scoprire la vostra vocazione e a imparare il vero amore. Grazie. Domanda dell’educatrice: Santità, cosa significa oggi essere educatori? Come affrontare le dif- ficoltà che incontriamo nel nostro servizio? E come fare in modo che siano tutti a prendersi cura del presente e del futuro delle nuove generazioni? Grazie. Una grande domanda. Lo vediamo in questa situazione del proble- ma dell’educazione. Direi che essere educatori significa avere una gioia nel cuore e comunicarla a tutti per rendere bella e buona la vita; significa offrire ragioni e traguardi per il cammino della vita, offrire la bellezza della persona di Gesù e far innamorare di Lui, del suo stile di vita, della sua libertà, del suo grande amore pieno di fiducia in Dio Padre. Significa soprattutto tenere sempre alta la meta di ogni esisten- za verso quel “di più” che ci viene da Dio. Questo esige una cono- scenza personale di Gesù, un contatto personale, quotidiano, amore- vole con Lui nella preghiera, nella meditazione sulla Parola di Dio, nella fedeltà ai Sacramenti, all’Eucaristia, alla Confessione; esige di co- municare la gioia di essere nella Chiesa, di avere amici con cui condi- 23
  • 25. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI videre non solo le difficoltà, ma anche le bellezze e le sorprese della vita di fede. Voi sapete bene che non siete padroni dei ragazzi, ma servitori del- la loro gioia a nome di Gesù, guide verso di Lui. Avete ricevuto il mandato dalla Chiesa per questo compito. Quando aderite all’Azione Cattolica dite a voi stessi e a tutti che amate la Chiesa, che siete dispo- sti ad essere corresponsabili con i Pastori della sua vita e della sua missione, in un’associazione che si spende per il bene delle persone, per i loro e vostri cammini di santità, per la vita delle comunità cristia- ne nella quotidianità della loro missione. Voi siete dei buoni educatori se sapete coinvolgere tutti per il bene dei più giovani. Non potete es- sere autosufficienti, ma dovete far sentire l’urgenza dell’educazione delle giovani generazioni a tutti i livelli. Senza la presenza della fami- glia, ad esempio, rischiate di costruire sulla sabbia; senza una collabo- razione con la scuola non si forma un’intelligenza profonda della fe- de; senza un coinvolgimento dei vari operatori del tempo libero e del- la comunicazione la vostra opera paziente rischia di non essere effica- ce, di non incidere sulla vita quotidiana. Io sono sicuro che l’Azione Cattolica è ben radicata nel territorio e ha il coraggio di essere sale e luce. La vostra presenza qui, stamattina, dice non solo a me, ma a tutti che è possibile educare, che è faticoso ma bello dare entusiasmo ai ragazzi e ai giovanissimi. Abbiate il coraggio, vorrei dire l’audacia di non lasciare nessun ambiente privo di Gesù, della sua tenerezza che fate sperimentare a tutti, anche ai più bisognosi e abbandonati, con la vostra missione di educatori. Cari amici, alla fine vi ringrazio per aver partecipato a questo in- contro. Mi piacerebbe fermarmi ancora con voi, perché quando sono in mezzo a tanta gioia ed entusiasmo, anche io sono pieno di gioia, mi sento ringiovanito! Ma purtroppo il tempo passa veloce, mi aspet- tano altri. Ma col cuore sono con voi e rimango con voi! E vi invito, cari amici, a continuare nel vostro cammino, ad essere fedeli all’iden- tità e alla finalità dell’Azione Cattolica. La forza dell’amore di Dio può compiere in voi grandi cose. Vi assicuro che mi ricordo di tutti nella mia preghiera e vi affido alla materna intercessione della Vergine Ma- ria, Madre della Chiesa, perché come lei possiate testimoniare che “c’è 24
  • 26. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI di più”, la gioia della vita piena della presenza del Signore. Grazie a tutti voi di cuore! 25
  • 27. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI MESSAGGI Pasqua 2010 “CANTEMUS DOMINO: GLORIOSE ENIM MAGNIFICATUS EST”. “CANTIAMO AL SIGNORE: È VERAMENTE GLORIOSO!” (Liturgia delle Ore, Pasqua, Ufficio di Lettura, Ant. 1) Cari fratelli e sorelle! Vi reco l’annuncio della Pasqua con queste parole della Liturgia, che riecheggiano l’antichissimo inno di lode degli ebrei dopo il pas- saggio del Mar Rosso. Narra il Libro dell’Esodo (cfr 15,19-21) che quando ebbero attraversato il mare all’asciutto e videro gli egiziani sommersi dalle acque, Miriam – la sorella di Mosè e di Aronne – e le altre donne intonarono danzando questo canto di esultanza: “Cantate al Signore, / perché ha mirabilmente trionfato: / cavallo e cavaliere / ha gettato nel mare!”. I cristiani, in tutto il mondo, ripetono questo cantico nella Veglia pasquale, ed una speciale preghiera ne spiega il significato; una preghiera che ora, nella piena luce della Risurrezione, con gioia facciamo nostra: “O Dio, anche ai nostri tempi vediamo ri- splendere i tuoi antichi prodigi: ciò che facesti con la tua mano poten- te per liberare un solo popolo dall’oppressione del faraone, ora lo compi attraverso l’acqua del Battesimo per la salvezza di tutti i popoli; concedi che l’umanità intera sia accolta tra i figli di Abramo e parteci- pi alla dignità del popolo eletto”. Il Vangelo ci ha rivelato il compimento delle antiche figure: con la sua morte e risurrezione, Gesù Cristo ha liberato l’uomo dalla schia- vitù radicale, quella del peccato, e gli ha aperto la strada verso la vera Terra promessa, il Regno di Dio, Regno universale di giustizia, di amo- re e di pace. Questo “esodo” avviene prima di tutto dentro l’uomo stesso, e consiste in una nuova nascita nello Spirito Santo, effetto del Battesimo che Cristo ci ha donato proprio nel mistero pasquale. L’uo- mo vecchio lascia il posto all’uomo nuovo; la vita di prima è alle spal- le, si può camminare in una vita nuova (cfr Rm 6,4). Ma l’“esodo” spi- rituale è principio di una liberazione integrale, capace di rinnovare ogni dimensione umana, personale e sociale. 26
  • 28. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI MESSAGGI Sì, fratelli, la Pasqua è la vera salvezza dell’umanità! Se Cristo – l’A- gnello di Dio – non avesse versato il suo Sangue per noi, non avrem- mo alcuna speranza, il destino nostro e del mondo intero sarebbe ine- vitabilmente la morte. Ma la Pasqua ha invertito la tendenza: la Risur- rezione di Cristo è una nuova creazione, come un innesto che può ri- generare tutta la pianta. E’ un avvenimento che ha modificato l’orien- tamento profondo della storia, sbilanciandola una volta per tutte dalla parte del bene, della vita, del perdono. Siamo liberi, siamo salvi! Ecco perché dall’intimo del cuore esultiamo: “Cantiamo al Signore: è vera- mente glorioso!”. Il popolo cristiano, uscito dalle acque del Battesimo, è inviato in tutto il mondo a testimoniare questa salvezza, a portare a tutti il frutto della Pasqua, che consiste in una vita nuova, liberata dal peccato e re- stituita alla sua bellezza originaria, alla sua bontà e verità. Continua- mente, nel corso di duemila anni, i cristiani – specialmente i santi – hanno fecondato la storia con l’esperienza viva della Pasqua. La Chie- sa è il popolo dell’esodo, perché costantemente vive il mistero pa- squale e diffonde la sua forza rinnovatrice in ogni tempo e in ogni luogo. Anche ai nostri giorni l’umanità ha bisogno di un “esodo”, non di aggiustamenti superficiali, ma di una conversione spirituale e mora- le. Ha bisogno della salvezza del Vangelo, per uscire da una crisi che è profonda e come tale richiede cambiamenti profondi, a partire dalle coscienze. Al Signore Gesù chiedo che in Medio Oriente, ed in particolare nel- la Terra santificata dalla sua morte e risurrezione, i Popoli compiano un “esodo” vero e definitivo dalla guerra e dalla violenza alla pace ed alla concordia. Alle comunità cristiane, che, specialmente in Iraq, co- noscono prove e sofferenze, il Risorto ripeta la parola carica di conso- lazione e di incoraggiamento che rivolse agli Apostoli nel Cenacolo: “Pace a voi!” (Gv 20,21). Per quei Paesi Latino-americani e dei Caraibi che sperimentano una pericolosa recrudescenza dei crimini legati al narcotraffico, la Pasqua di Cristo segni la vittoria della convivenza pacifica e del rispetto per il bene comune. La diletta popolazione di Haiti, devastata dall’immane 27
  • 29. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI MESSAGGI tragedia del terremoto, compia il suo “esodo” dal lutto e dalla dispera- zione ad una nuova speranza, sostenuta dalla solidarietà internaziona- le. Gli amati cittadini cileni, prostrati da un’altra grave catastrofe, ma sorretti dalla fede, affrontino con tenacia l’opera di ricostruzione. Nella forza di Gesù risorto, in Africa si ponga fine ai conflitti che continuano a provocare distruzione e sofferenze e si raggiunga quella pace e quella riconciliazione che sono garanzie di sviluppo. In parti- colare, affido al Signore il futuro della Repubblica Democratica del Congo, della Guinea e della Nigeria. Il Risorto sostenga i cristiani che, per la loro fede, soffrono la per- secuzione e persino la morte, come in Pakistan. Ai Paesi afflitti dal ter- rorismo e dalle discriminazioni sociali o religiose, Egli conceda la for- za di intraprendere percorsi di dialogo e di convivenza serena. Ai re- sponsabili di tutte le Nazioni, la Pasqua di Cristo rechi luce e forza, perché l’attività economica e finanziaria sia finalmente impostata se- condo criteri di verità, di giustizia e di aiuto fraterno. La potenza salvi- fica della risurrezione di Cristo investa tutta l’umanità, affinché essa superi le molteplici e tragiche espressioni di una “cultura di morte” che tende a diffondersi, per edificare un futuro di amore e di verità, in cui ogni vita umana sia rispettata ed accolta. Cari fratelli e sorelle! La Pasqua non opera alcuna magia. Come al di là del Mar Rosso gli ebrei trovarono il deserto, così la Chiesa, dopo la Risurrezione, trova sempre la storia con le sue gioie e le sue spe- ranze, i suoi dolori e le sue angosce. E tuttavia, questa storia è cam- biata, è segnata da un’alleanza nuova ed eterna, è realmente aperta al futuro. Per questo, salvati nella speranza, proseguiamo il nostro pelle- grinaggio, portando nel cuore il canto antico e sempre nuovo: “Can- tiamo al Signore: è veramente glorioso!”. 28
  • 30. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI MESSAGGI Per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (2010) "I MIGRANTI E I RIFUGIATI MINORENNI" Cari fratelli e sorelle, la celebrazione della Giornata del Migrante e del Rifugiato mi offre nuovamente l'occasione di manifestare la costante sollecitudine che la Chiesa nutre verso coloro che vivono, in vari modi, l'esperienza dell'e- migrazione. Si tratta di un fenomeno che, come ho scritto nell'Encicli- ca Caritas in veritate, impressiona per il numero di persone coinvolte, per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religio- se che solleva, per le sfide drammatiche che pone alle comunità na- zionali e a quella internazionale. Il migrante è una persona umana con diritti fondamentali inalienabili da rispettare sempre e da tutti (cfr n. 62). Il tema di quest'anno - "I migranti e i rifugiati minorenni" toc- ca un aspetto che i cristiani valutano con grande attenzione, memori del monito di Cristo, il quale nel giudizio finale considererà riferito a Lui stesso tutto ciò che è stato fatto o negato "a uno solo di questi più piccoli" (cfr Mt 25, 40.45). E come non considerare tra "i più piccoli" anche i minori migranti e rifugiati? Gesù stesso da bambino ha vissuto l'esperienza del migrante perché, come narra il Vangelo, per sfuggire alle minacce di Erode dovette rifugiarsi in Egitto insieme a Giuseppe e Maria (cfr Mt 2,14). Se la Convenzione dei Diritti del Bambino afferma con chiarezza che va sempre salvaguardato l'interesse del minore (cfr art. 3), al qua- le vanno riconosciuti i diritti fondamentali della persona al pari dell'a- dulto, purtroppo nella realtà questo non sempre avviene. Infatti, men- tre cresce nell'opinione pubblica la consapevolezza della necessità di un'azione puntuale e incisiva a protezione dei minori, di fatto tanti so- no lasciati in abbandono e, in vari modi, si ritrovano a rischio di sfrut- tamento. Della drammatica condizione in cui essi versano, si è fatto interprete il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II nel messag- gio inviato il 22 settembre del 1990 al Segretario Generale delle Nazio- 29
  • 31. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI MESSAGGI ni Unite, in occasione del Vertice Mondiale per i Bambini. "Sono testi- mone - egli scrisse - della straziante condizione di milioni di bambini di ogni continente. Essi sono più vulnerabili perché meno capaci di far sentire la loro voce" (Insegnamenti XIII, 2, 1990, p. 672). Auspico di cuore che si riservi la giusta attenzione ai migranti minorenni, biso- gnosi di un ambiente sociale che consenta e favorisca il loro sviluppo fisico, culturale, spirituale e morale. Vivere in un paese straniero sen- za effettivi punti di riferimento crea ad essi, specialmente a quelli privi dell'appoggio della famiglia, innumerevoli e talora gravi disagi e diffi- coltà. Un aspetto tipico della migrazione minorile è costituito dalla situa- zione dei ragazzi nati nei paesi ospitanti oppure da quella dei figli che non vivono con i genitori emigrati dopo la loro nascita, ma li raggiun- gono successivamente. Questi adolescenti fanno parte di due culture con i vantaggi e le problematiche connesse alla loro duplice apparte- nenza, condizione questa che tuttavia può offrire l'opportunità di spe- rimentare la ricchezza dell'incontro tra differenti tradizioni culturali. È importante che ad essi sia data la possibilità della frequenza scolastica e del successivo inserimento nel mondo del lavoro e che ne vada faci- litata l'integrazione sociale grazie a opportune strutture formative e so- ciali. Non si dimentichi mai che l'adolescenza rappresenta una tappa fondamentale per la formazione dell'essere umano. Una particolare categoria di minori è quella dei rifugiati che chie- dono asilo, fuggendo per varie ragioni dal proprio paese, dove non ri- cevono adeguata protezione. Le statistiche rivelano che il loro numero è in aumento. Si tratta dunque di un fenomeno da valutare con atten- zione e da affrontare con azioni coordinate, con misure di prevenzio- ne, di protezione e di accoglienza adatte, secondo quanto prevede anche la stessa Convenzione dei Diritti del Bambino (cfr art. 22). Mi rivolgo ora particolarmente alle parrocchie e alle molte associa- zioni cattoliche che, animate da spirito di fede e di carità, compiono grandi sforzi per venire incontro alle necessità di questi nostri fratelli e sorelle. Mentre esprimo gratitudine per quanto si sta facendo con grande generosità, vorrei invitare tutti i cristiani a prendere consape- 30
  • 32. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI MESSAGGI volezza della sfida sociale e pastorale che pone la condizione dei mi- nori migranti e rifugiati. Risuonano nel nostro cuore le parole di Gesù: "Ero forestiero e mi avete ospitato" (Mt 25,35), come pure il comanda- mento centrale che Egli ci ha lasciato: amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente, ma unito all'amore al prossimo (cfr Mt 22,37-39). Questo ci porta a considerare che ogni nostro con- creto intervento deve nutrirsi prima di tutto di fede nell'azione della grazia e della Provvidenza divina. In tal modo anche l'accoglienza e la solidarietà verso lo straniero, specialmente se si tratta di bambini, di- viene annuncio del Vangelo della solidarietà. La Chiesa lo proclama quando apre le sue braccia e opera perché siano rispettati i diritti dei migranti e dei rifugiati, stimolando i responsabili delle Nazioni, degli Organismi e delle istituzioni internazionali perché promuovano oppor- tune iniziative a loro sostegno. Vegli su tutti materna la Beata Vergine Maria e ci aiuti a comprendere le difficoltà di quanti sono lontani dalla propria patria. A quanti sono coinvolti nel vasto mondo dei migranti e rifugiati assicuro la mia preghiera e imparto di cuore la Benedizione Apostolica. Dal Vaticano, 16 ottobre 2009 31
  • 33. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI LETTERE Ai Seminaristi Cari Seminaristi, nel dicembre 1944, quando fui chiamato al servizio militare, il co- mandante di compagnia domandò a ciascuno di noi a quale professio- ne aspirasse per il futuro. Risposi di voler diventare sacerdote cattoli- co. Il sottotenente replicò: Allora Lei deve cercarsi qualcos’altro. Nella nuova Germania non c’è più bisogno di preti. Sapevo che questa “nuova Germania” era già alla fine, e che dopo le enormi devastazioni portate da quella follia sul Paese, ci sarebbe stato bisogno più che mai di sacerdoti. Oggi, la situazione è completamente diversa. In vari mo- di, però, anche oggi molti pensano che il sacerdozio cattolico non sia una “professione” per il futuro, ma che appartenga piuttosto al passa- to. Voi, cari amici, vi siete decisi ad entrare in seminario, e vi siete, quindi, messi in cammino verso il ministero sacerdotale nella Chiesa Cattolica, contro tali obiezioni e opinioni. Avete fatto bene a farlo. Perché gli uomini avranno sempre bisogno di Dio, anche nell’epoca del dominio tecnico del mondo e della globalizzazione: del Dio che ci si è mostrato in Gesù Cristo e che ci raduna nella Chiesa universale, per imparare con Lui e per mezzo di Lui la vera vita e per tenere pre- senti e rendere efficaci i criteri della vera umanità. Dove l’uomo non percepisce più Dio, la vita diventa vuota; tutto è insufficiente. L’uomo cerca poi rifugio nell’ebbrezza o nella violenza, dalla quale proprio la gioventù viene sempre più minacciata. Dio vive. Ha creato ognuno di noi e conosce, quindi, tutti. È così grande che ha tempo per le nostre piccole cose: “I capelli del vostro capo sono tutti contati”. Dio vive, e ha bisogno di uomini che esistono per Lui e che Lo portano agli altri. Sì, ha senso diventare sacerdote: il mondo ha bisogno di sacerdoti, di pastori, oggi, domani e sempre, fino a quando esisterà. Il seminario è una comunità in cammino verso il servizio sacerdota- le. Con ciò, ho già detto qualcosa di molto importante: sacerdoti non si diventa da soli. Occorre la “comunità dei discepoli”, l’insieme di co- loro che vogliono servire la comune Chiesa. Con questa lettera vorrei 32
  • 34. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI LETTERE evidenziare – anche guardando indietro al mio tempo in seminario – qualche elemento importante per questi anni del vostro essere in cammino. 1. Chi vuole diventare sacerdote, dev’essere soprattutto un “uomo di Dio”, come lo descrive san Paolo (1 Tm 6,11). Per noi Dio non è un’ipotesi distante, non è uno sconosciuto che si è ritirato dopo il “big bang”. Dio si è mostrato in Gesù Cristo. Nel volto di Gesù Cristo ve- diamo il volto di Dio. Nelle sue parole sentiamo Dio stesso parlare con noi. Perciò la cosa più importante nel cammino verso il sacerdo- zio e durante tutta la vita sacerdotale è il rapporto personale con Dio in Gesù Cristo. Il sacerdote non è l’amministratore di una qualsiasi as- sociazione, di cui cerca di mantenere e aumentare il numero dei membri. È il messaggero di Dio tra gli uomini. Vuole condurre a Dio e così far crescere anche la vera comunione degli uomini tra di loro. Per questo, cari amici, è tanto importante che impariate a vivere in contatto costante con Dio. Quando il Signore dice: “Pregate in ogni momento”, naturalmente non ci chiede di dire continuamente parole di preghiera, ma di non perdere mai il contatto interiore con Dio. Esercitarsi in questo contatto è il senso della nostra preghiera. Perciò è importante che il giorno incominci e si concluda con la preghiera. Che ascoltiamo Dio nella lettura della Scrittura. Che gli diciamo i no- stri desideri e le nostre speranze, le nostre gioie e sofferenze, i nostri errori e il nostro ringraziamento per ogni cosa bella e buona, e che in questo modo Lo abbiamo sempre davanti ai nostri occhi come punto di riferimento della nostra vita. Così diventiamo sensibili ai nostri erro- ri e impariamo a lavorare per migliorarci; ma diventiamo sensibili an- che a tutto il bello e il bene che riceviamo ogni giorno come cosa ov- via, e così cresce la gratitudine. Con la gratitudine cresce la gioia per il fatto che Dio ci è vicino e possiamo servirlo. 2. Dio non è solo una parola per noi. Nei Sacramenti Egli si dona a noi in persona, attraverso cose corporali. Il centro del nostro rapporto con Dio e della configurazione della nostra vita è l’Eucaristia. Cele- brarla con partecipazione interiore e incontrare così Cristo in persona, dev’essere il centro di tutte le nostre giornate. San Cipriano ha inter- pretato la domanda del Vangelo: “Dacci oggi il nostro pane quotidia- 33
  • 35. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI LETTERE no”, dicendo, tra l’altro, che “nostro” pane, il pane che possiamo rice- vere da cristiani nella Chiesa, è il Signore eucaristico stesso. Nella do- manda del Padre Nostro preghiamo quindi che Egli ci doni ogni gior- no questo “nostro” pane; che esso sia sempre il cibo della nostra vita. Che il Cristo risorto, che si dona a noi nell’Eucaristia, plasmi davvero tutta la nostra vita con lo splendore del suo amore divino. Per la retta celebrazione eucaristica è necessario anche che impariamo a conosce- re, capire e amare la liturgia della Chiesa nella sua forma concreta. Nella liturgia preghiamo con i fedeli di tutti i secoli – passato, presen- te e futuro si congiungono in un unico grande coro di preghiera. Co- me posso affermare per il mio cammino personale, è una cosa entu- siasmante imparare a capire man mano come tutto ciò sia cresciuto, quanta esperienza di fede ci sia nella struttura della liturgia della Mes- sa, quante generazioni l’abbiano formata pregando. 3. Anche il sacramento della Penitenza è importante. Mi insegna a guardarmi dal punto di vista di Dio, e mi costringe ad essere onesto nei confronti di me stesso. Mi conduce all’umiltà. Il Curato d’Ars ha detto una volta: Voi pensate che non abbia senso ottenere l’assoluzio- ne oggi, pur sapendo che domani farete di nuovo gli stessi peccati. Ma – così dice – Dio stesso dimentica al momento i vostri peccati di domani, per donarvi la sua grazia oggi. Benché abbiamo da combatte- re continuamente con gli stessi errori, è importante opporsi all’abbru- timento dell’anima, all’indifferenza che si rassegna al fatto di essere fatti così. È importante restare in cammino, senza scrupolosità, nella consapevolezza riconoscente che Dio mi perdona sempre di nuovo. Ma anche senza indifferenza, che non farebbe più lottare per la san- tità e per il miglioramento. E, nel lasciarmi perdonare, imparo anche a perdonare gli altri. Riconoscendo la mia miseria, divento anche più tollerante e comprensivo nei confronti delle debolezze del prossimo. 4. Mantenete pure in voi la sensibilità per la pietà popolare, che è diversa in tutte le culture, ma che è pur sempre molto simile, perché il cuore dell’uomo alla fine è lo stesso. Certo, la pietà popolare tende al- l’irrazionalità, talvolta forse anche all’esteriorità. Eppure, escluderla è del tutto sbagliato. Attraverso di essa, la fede è entrata nel cuore degli uomini, è diventata parte dei loro sentimenti, delle loro abitudini, del 34
  • 36. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI LETTERE loro comune sentire e vivere. Perciò la pietà popolare è un grande patrimonio della Chiesa. La fede si è fatta carne e sangue. Certamente la pietà popolare dev’essere sempre purificata, riferita al centro, ma merita il nostro amore, ed essa rende noi stessi in modo pienamente reale “Popolo di Dio”. 5. Il tempo in seminario è anche e soprattutto tempo di studio. La fede cristiana ha una dimensione razionale e intellettuale che le è es- senziale. Senza di essa la fede non sarebbe se stessa. Paolo parla di una “forma di insegnamento”, alla quale siamo stati affidati nel battesi- mo (Rm 6,17). Voi tutti conoscete la parola di San Pietro, considerata dai teologi medioevali la giustificazione per una teologia razionale e scientificamente elaborata: “Pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ‘ragione’ (logos) della speranza che è in voi” (1 Pt 3,15). Im- parare la capacità di dare tali risposte, è uno dei principali compiti de- gli anni di seminario. Posso solo pregarvi insistentemente: Studiate con impegno! Sfruttate gli anni dello studio! Non ve ne pentirete. Cer- to, spesso le materie di studio sembrano molto lontane dalla pratica della vita cristiana e dal servizio pastorale. Tuttavia è completamente sbagliato porre sempre subito la domanda pragmatica: Mi potrà servi- re questo in futuro? Sarà di utilità pratica, pastorale? Non si tratta ap- punto soltanto di imparare le cose evidentemente utili, ma di conosce- re e comprendere la struttura interna della fede nella sua totalità, così che essa diventi risposta alle domande degli uomini, i quali cambiano, dal punto di vista esteriore, di generazione in generazione, e tuttavia restano in fondo gli stessi. Perciò è importante andare oltre le mutevo- li domande del momento per comprendere le domande vere e pro- prie e capire così anche le risposte come vere risposte. È importante conoscere a fondo la Sacra Scrittura interamente, nella sua unità di Antico e Nuovo Testamento: la formazione dei testi, la loro peculiarità letteraria, la graduale composizione di essi fino a formare il canone dei libri sacri, l’interiore unità dinamica che non si trova in superficie, ma che sola dà a tutti i singoli testi il loro significato pieno. È impor- tante conoscere i Padri e i grandi Concili, nei quali la Chiesa ha assi- milato, riflettendo e credendo, le affermazioni essenziali della Scrittu- ra. Potrei continuare in questo modo: ciò che chiamiamo dogmatica è il comprendere i singoli contenuti della fede nella loro unità, anzi, 35
  • 37. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI LETTERE nella loro ultima semplicità: ogni singolo particolare è alla fine solo dispiegamento della fede nell’unico Dio, che si è manifestato e si ma- nifesta a noi. Che sia importante conoscere le questioni essenziali del- la teologia morale e della dottrina sociale cattolica, non ho bisogno di dirlo espressamente. Quanto importante sia oggi la teologia ecumeni- ca, il conoscere le varie comunità cristiane, è evidente; parimenti la necessità di un orientamento fondamentale sulle grandi religioni, e non da ultima la filosofia: la comprensione del cercare e domandare umano, al quale la fede vuol dare risposta. Ma imparate anche a com- prendere e - oso dire – ad amare il diritto canonico nella sua necessità intrinseca e nelle forme della sua applicazione pratica: una società senza diritto sarebbe una società priva di diritti. Il diritto è condizione dell’amore. Ora non voglio continuare ad elencare, ma solo dire anco- ra una volta: amate lo studio della teologia e seguitelo con attenta sensibilità per ancorare la teologia alla comunità viva della Chiesa, la quale, con la sua autorità, non è un polo opposto alla scienza teologi- ca, ma il suo presupposto. Senza la Chiesa che crede, la teologia smette di essere se stessa e diventa un insieme di diverse discipline senza unità interiore. 6. Gli anni nel seminario devono essere anche un tempo di matura- zione umana. Per il sacerdote, il quale dovrà accompagnare altri lun- go il cammino della vita e fino alla porta della morte, è importante che egli stesso abbia messo in giusto equilibrio cuore e intelletto, ra- gione e sentimento, corpo e anima, e che sia umanamente “integro”. La tradizione cristiana, pertanto, ha sempre collegato con le “virtù teo- logali” anche le “virtù cardinali”, derivate dall’esperienza umana e dal- la filosofia, e in genere la sana tradizione etica dell’umanità. Paolo lo dice ai Filippesi in modo molto chiaro: “In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è pu- ro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri” (4,8). Di que- sto contesto fa parte anche l’integrazione della sessualità nell’insieme della personalità. La sessualità è un dono del Creatore, ma anche un compito che riguarda lo sviluppo del proprio essere umano. Quando non è integrata nella persona, la sessualità diventa banale e distruttiva allo stesso tempo. Oggi vediamo questo in molti esempi nella nostra 36
  • 38. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI LETTERE società. Di recente abbiamo dovuto constatare con grande dispiacere che sacerdoti hanno sfigurato il loro ministero con l’abuso sessuale di bambini e giovani. Anziché portare le persone ad un’umanità matura ed esserne l’esempio, hanno provocato, con i loro abusi, distruzioni di cui proviamo profondo dolore e rincrescimento. A causa di tutto ciò può sorgere la domanda in molti, forse anche in voi stessi, se sia bene farsi prete; se la via del celibato sia sensata come vita umana. L’abuso, però, che è da riprovare profondamente, non può screditare la missio- ne sacerdotale, la quale rimane grande e pura. Grazie a Dio, tutti co- nosciamo sacerdoti convincenti, plasmati dalla loro fede, i quali testi- moniano che in questo stato, e proprio nella vita celibataria, si può giungere ad un’umanità autentica, pura e matura. Ciò che è accaduto, però, deve renderci più vigilanti e attenti, proprio per interrogare ac- curatamente noi stessi, davanti a Dio, nel cammino verso il sacerdo- zio, per capire se ciò sia la sua volontà per me. È compito dei padri confessori e dei vostri superiori accompagnarvi e aiutarvi in questo percorso di discernimento. È un elemento essenziale del vostro cam- mino praticare le virtù umane fondamentali, con lo sguardo rivolto al Dio manifestato in Cristo, e lasciarsi, sempre di nuovo, purificare da Lui. 7. Oggi gli inizi della vocazione sacerdotale sono più vari e diversi che in anni passati. La decisione per il sacerdozio si forma oggi spes- so nelle esperienze di una professione secolare già appresa. Cresce spesso nelle comunità, specialmente nei movimenti, che favoriscono un incontro comunitario con Cristo e la sua Chiesa, un’esperienza spi- rituale e la gioia nel servizio della fede. La decisione matura anche in incontri del tutto personali con la grandezza e la miseria dell’essere umano. Così i candidati al sacerdozio vivono spesso in continenti spi- rituali completamente diversi. Potrà essere difficile riconoscere gli ele- menti comuni del futuro mandato e del suo itinerario spirituale. Pro- prio per questo il seminario è importante come comunità in cammino al di sopra delle varie forme di spiritualità. I movimenti sono una cosa magnifica. Voi sapete quanto li apprezzo e amo come dono dello Spi- rito Santo alla Chiesa. Devono essere valutati, però, secondo il modo in cui tutti sono aperti alla comune realtà cattolica, alla vita dell’unica e comune Chiesa di Cristo che in tutta la sua varietà è comunque solo 37
  • 39. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI LETTERE una. Il seminario è il periodo nel quale imparate l’uno con l’altro e l’uno dall’altro. Nella convivenza, forse talvolta difficile, dovete impa- rare la generosità e la tolleranza non solo nel sopportarvi a vicenda, ma nell’arricchirvi l’un l’altro, in modo che ciascuno possa apportare le sue peculiari doti all’insieme, mentre tutti servono la stessa Chiesa, lo stesso Signore. Questa scuola della tolleranza, anzi, dell’accettarsi e del comprendersi nell’unità del Corpo di Cristo, fa parte degli elemen- ti importanti degli anni di seminario. Cari seminaristi! Con queste righe ho voluto mostrarvi quanto pen- so a voi proprio in questi tempi difficili e quanto vi sono vicino nella preghiera. E pregate anche per me, perché io possa svolgere bene il mio servizio, finché il Signore lo vuole. Affido il vostro cammino di preparazione al Sacerdozio alla materna protezione di Maria Santissi- ma, la cui casa fu scuola di bene e di grazia. Tutti vi benedica Dio on- nipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo. Dal Vaticano, 18 ottobre 2010, Festa di San Luca, Evangelista. 38
  • 40. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI OMELIE Nella solennità del Natale del Signore Santa messa di mezzanotte Venerdì, 24 dicembre 2010 Cari fratelli e sorelle! “Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato” – con questa parola del Salmo secondo, la Chiesa inizia la liturgia della Notte Santa. Essa sa che questa parola originariamente apparteneva al rituale dell’incoro- nazione dei re d’Israele. Il re, che di per sé è un essere umano come gli altri uomini, diventa “figlio di Dio” mediante la chiamata e l’inse- diamento nel suo ufficio: è una specie di adozione da parte di Dio, un atto di decisione, mediante il quale Egli dona a quell’uomo una nuova esistenza, lo attrae nel suo proprio essere. In modo ancora più chiaro la lettura tratta dal profeta Isaia, che abbiamo appena ascoltato, pre- senta lo stesso processo in una situazione di travaglio e di minaccia per Israele: “Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere” (9,5). L’insediamento nell’ufficio del re è come una nuova nascita. Proprio come nuovo nato dalla decisione persona- le di Dio, come bambino proveniente da Dio, il re costituisce una speranza. Sulle sue spalle poggia il futuro. Egli è il detentore della promessa di pace. Nella notte di Betlemme, questa parola profetica è diventata realtà in un modo che al tempo di Isaia sarebbe stato ancora inimmaginabile. Sì, ora è veramente un bambino Colui sulle cui spalle è il potere. In Lui appare la nuova regalità che Dio istituisce nel mon- do. Questo bambino è veramente nato da Dio. È la Parola eterna di Dio, che unisce l’una all’altra umanità e divinità. Per questo bambino valgono i titoli di dignità che il cantico d’incoronazione di Isaia gli at- tribuisce: Consigliere mirabile – Dio potente – Padre per sempre – Principe della pace (9,5). Sì, questo re non ha bisogno di consiglieri appartenenti ai sapienti del mondo. Egli porta in se stesso la sapienza e il consiglio di Dio. Proprio nella debolezza dell’essere bambino Egli è il Dio forte e ci mostra così, di fronte ai poteri millantatori del mon- do, la fortezza propria di Dio. 39
  • 41. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI OMELIE Le parole del rituale dell’incoronazione in Israele, in verità, erano sempre soltanto rituali di speranza, che prevedevano da lontano un futuro che sarebbe stato donato da Dio. Nessuno dei re salutati in questo modo corrispondeva alla sublimità di tali parole. In loro, tutte le parole sulla figliolanza di Dio, sull’insediamento nell’eredità delle genti, sul dominio delle terre lontane (Sal 2,8) restavano solo rimando a un avvenire – quasi cartelli segnaletici della speranza, indicazioni che conducevano verso un futuro che in quel momento era ancora in- concepibile. Così l’adempimento della parola che inizia nella notte di Betlemme è al contempo immensamente più grande e – dal punto di vista del mondo – più umile di ciò che la parola profetica lasciava in- tuire. È più grande, perché questo bambino è veramente Figlio di Dio, veramente “Dio da Dio, Luce da Luce, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre”. L’infinita distanza tra Dio e l’uomo è supe- rata. Dio non si è soltanto chinato verso il basso, come dicono i Salmi; Egli è veramente “disceso”, entrato nel mondo, diventato uno di noi per attrarci tutti a sé. Questo bambino è veramente l’Emmanuele – il Dio-con-noi. Il suo regno si estende veramente fino ai confini della terra. Nella vastità universale della santa Eucaristia, Egli ha veramente eretto isole di pace. Ovunque essa viene celebrata si ha un’isola di pace, di quella pace che è propria di Dio. Questo bambino ha acceso negli uomini la luce della bontà e ha dato loro la forza di resistere alla tirannia del potere. In ogni generazione Egli costruisce il suo regno dal di dentro, a partire dal cuore. Ma è anche vero che “il bastone del- l’aguzzino” non è stato spezzato. Anche oggi marciano rimbombanti i calzari dei soldati e sempre ancora e sempre di nuovo c’è il “mantello intriso di sangue” (Is 9,3s). Così fa parte di questa notte la gioia per la vicinanza di Dio. Ringraziamo perché Dio, come bambino, si dà nelle nostre mani, mendica, per così dire, il nostro amore, infonde la sua pace nel nostro cuore. Questa gioia, tuttavia, è anche una preghiera: Signore, realizza totalmente la tua promessa. Spezza i bastoni degli aguzzini. Brucia i calzari rimbombanti. Fa che finisca il tempo dei mantelli intrisi di sangue. Realizza la promessa: “La pace non avrà fi- ne” (Is 9,6). Ti ringraziamo per la tua bontà, ma ti preghiamo anche: mostra la tua potenza. Erigi nel mondo il dominio della tua verità, del tuo amore – il “regno della giustizia, dell’amore e della pace”. 40
  • 42. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI OMELIE “Maria diede alla luce il suo figlio primogenito” (Lc 2,7). Con que- sta frase, san Luca racconta, in modo assolutamente privo di pathos, il grande evento che le parole profetiche nella storia di Israele avevano intravisto in anticipo. Luca qualifica il bambino come “primogenito”. Nel linguaggio formatosi nella Sacra Scrittura dell’Antica Alleanza, “primogenito” non significa il primo di una serie di altri figli. La parola “primogenito” è un titolo d’onore, indipendentemente dalla questione se poi seguono altri fratelli e sorelle o no. Così, nel Libro dell’Esodo (Es 4,22), Israele viene chiamato da Dio “il mio figlio primogenito”, e con ciò si esprime la sua elezione, la sua dignità unica, l’amore parti- colare di Dio Padre. La Chiesa nascente sapeva che in Gesù questa parola aveva ricevuto una nuova profondità; che in Lui sono riassunte le promesse fatte ad Israele. Così la Lettera agli Ebrei chiama Gesù “il primogenito” semplicemente per qualificarLo, dopo le preparazioni nell’Antico Testamento, come il Figlio che Dio manda nel mondo (cfr Eb 1,5-7). Il primogenito appartiene in modo particolare a Dio, e per questo egli – come in molte religioni – doveva essere in modo parti- colare consegnato a Dio ed essere riscattato mediante un sacrificio so- stitutivo, come san Luca racconta nell’episodio della presentazione di Gesù al tempio. Il primogenito appartiene a Dio in modo particolare, è, per così dire, destinato al sacrificio. Nel sacrificio di Gesù sulla cro- ce, la destinazione del primogenito si compie in modo unico. In se stesso, Egli offre l’umanità a Dio e unisce uomo e Dio in modo tale che Dio sia tutto in tutti. San Paolo, nelle Lettere ai Colossesi e agli Efesini, ha ampliato ed approfondito l’idea di Gesù come primogeni- to: Gesù, ci dicono tali Lettere, è il Primogenito della creazione – il vero archetipo dell’uomo secondo cui Dio ha formato la creatura uo- mo. L’uomo può essere immagine di Dio, perché Gesù è Dio e Uomo, la vera immagine di Dio e dell’uomo. Egli è il primogenito dei morti, ci dicono inoltre queste Lettere. Nella Risurrezione, Egli ha sfondato il muro della morte per tutti noi. Ha aperto all’uomo la dimensione della vita eterna nella comunione con Dio. Infine, ci viene detto: Egli è il primogenito di molti fratelli. Sì, ora Egli è tuttavia il primo di una serie di fratelli, il primo, cioè, che inaugura per noi l’essere in comunione con Dio. Egli crea la vera fratellanza – non la fratellanza, deturpata dal peccato, di Caino ed Abele, di Romolo e Remo, ma la fratellanza nuo- 41
  • 43. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI OMELIE va in cui siamo la famiglia stessa di Dio. Questa nuova famiglia di Dio inizia nel momento in cui Maria avvolge il “primogenito” in fasce e lo pone nella mangiatoia. Preghiamolo: Signore Gesù, tu che hai voluto nascere come primo di molti fratelli, donaci la vera fratellanza. Aiutaci perché diventiamo simili a te. Aiutaci a riconoscere nell’altro che ha bisogno di me, in coloro che soffrono o che sono abbandonati, in tut- ti gli uomini, il tuo volto, ed a vivere insieme con te come fratelli e sorelle per diventare una famiglia, la tua famiglia. Il Vangelo di Natale ci racconta, alla fine, che una moltitudine di angeli dell’esercito celeste lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama.” (Lc 2,14). La Chiesa ha amplificato, nel Gloria, questa lode, che gli angeli hanno in- tonato di fronte all’evento della Notte Santa, facendone un inno di gioia sulla gloria di Dio. “Ti rendiamo grazie per la tua gloria immen- sa”. Ti rendiamo grazie per la bellezza, per la grandezza, per la tua bontà, che in questa notte diventano visibili a noi. L’apparire della bellezza, del bello, ci rende lieti senza che dobbiamo interrogarci sulla sua utilità. La gloria di Dio, dalla quale proviene ogni bellezza, fa esplodere in noi lo stupore e la gioia. Chi intravede Dio prova gioia, e in questa notte vediamo qualcosa della sua luce. Ma anche degli uo- mini parla il messaggio degli angeli nella Notte Santa: “Pace agli uo- mini che egli ama”. La traduzione latina di tale parola, che usiamo nella liturgia e che risale a Girolamo, suona diversamente: “Pace agli uomini di buona volontà”. L’espressione “gli uomini di buona volontà” proprio negli ultimi decenni è entrata in modo particolare nel vocabo- lario della Chiesa. Ma quale traduzione è giusta? Dobbiamo leggere ambedue i testi insieme; solo così comprendiamo la parola degli an- geli in modo giusto. Sarebbe sbagliata un’interpretazione che ricono- scesse soltanto l’operare esclusivo di Dio, come se Egli non avesse chiamato l’uomo ad una risposta libera di amore. Sarebbe sbagliata, però, anche un’interpretazione moralizzante, secondo cui l’uomo con la sua buona volontà potrebbe, per così dire, redimere se stesso. Am- bedue le cose vanno insieme: grazia e libertà; l’amore di Dio, che ci previene e senza il quale non potremmo amarLo, e la nostra risposta, che Egli attende e per la quale, nella nascita del suo Figlio, addirittura ci prega. L’intreccio di grazia e libertà, l’intreccio di chiamata e rispo- 42
  • 44. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI OMELIE sta non lo possiamo scindere in parti separate l’una dall’altra. Ambe- due sono inscindibilmente intessute tra loro. Così questa parola è in- sieme promessa e chiamata. Dio ci ha prevenuto con il dono del suo Figlio. Sempre di nuovo Dio ci previene in modo inatteso. Non cessa di cercarci, di sollevarci ogniqualvolta ne abbiamo bisogno. Non ab- bandona la pecora smarrita nel deserto in cui si è persa. Dio non si la- scia confondere dal nostro peccato. Egli ricomincia sempre nuova- mente con noi. Tuttavia aspetta il nostro amare insieme con Lui. Egli ci ama affinché noi possiamo diventare persone che amano insieme con Lui e così possa esservi pace sulla terra. Luca non ha detto che gli angeli hanno cantato. Egli scrive molto sobriamente: l’esercito celeste lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli…” (Lc 2,13s). Ma da sempre gli uomini sapevano che il parlare degli angeli è diverso da quello degli uomini; che proprio in questa notte del lieto messaggio esso è stato un canto in cui la gloria sublime di Dio ha brillato. Così questo canto degli angeli è stato per- cepito fin dall’inizio come musica proveniente da Dio, anzi, come in- vito ad unirsi nel canto, nella gioia del cuore per l’essere amati da Dio. Cantare amantis est, dice sant'Agostino: cantare è cosa di chi ama. Così, lungo i secoli, il canto degli angeli è diventato sempre nuovamente un canto di amore e di gioia, un canto di coloro che amano. In quest’ora noi ci associamo pieni di gratitudine a questo cantare di tutti i secoli, che unisce cielo e terra, angeli e uomini. Sì, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa. Ti ringraziamo per il tuo amore. Fa che diventiamo sempre di più persone che amano insieme con te e quindi persone di pace. Amen. 43
  • 45. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI OMELIE Nella Celebrazione dei Primi Vespri della solennità di Maria SS.ma Madre di Dio Te Deum di ringraziamento Venerdì, 31 dicembre 2010 Cari fratelli e sorelle! Al termine di un anno, ci ritroviamo questa sera nella Basilica Vati- cana per celebrare i Primi Vespri della solennità di Maria Santissima Madre di Dio ed elevare un inno di ringraziamento al Signore per le innumerevoli grazie che ci ha donato, ma anche e soprattutto per la Grazia in persona, ossia per il Dono vivente e personale del Padre, che è il Figlio suo prediletto, il Signore nostro Gesù Cristo. Proprio questa gratitudine per i doni ricevuti da Dio nel tempo che ci è dato di vivere ci aiuta a scoprire un grande valore iscritto nel tempo: scan- dito nei suoi ritmi annuali, mensili, settimanali e quotidiani, esso è abitato dall’amore di Dio, dai suoi doni di grazia; è tempo di salvezza. Sì, il Dio eterno è entrato e rimane nel tempo dell’uomo. Vi è entrato e vi rimane con la persona di Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, il Sal- vatore del mondo. È quanto ci ha ricordato l’apostolo Paolo nella bre- ve lettura poc’anzi proclamata: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio…perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,4-5). Dunque, l’Eterno entra nel tempo e lo rinnova in radice, liberando l’uomo dal peccato e rendendolo figlio di Dio. Già “al principio”, os- sia con la creazione del mondo e dell’uomo nel mondo, l’eternità di Dio ha fatto sbocciare il tempo, nel quale scorre la storia umana, di generazione in generazione. Ora, con la venuta di Cristo e con la sua redenzione, siamo ‘alla pienezza’ del tempo. Come rileva san Paolo, con Gesù il tempo si fa pieno, giunge al suo compimento, acquistan- do quel significato di salvezza e di grazia per il quale è stato voluto da Dio prima della creazione del mondo. Il Natale ci richiama a que- sta ‘pienezza’ del tempo, ossia alla salvezza rinnovatrice portata da Gesù a tutti gli uomini. Ce la richiama e, misteriosamente ma realmen- 44
  • 46. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI OMELIE te, ce la dona sempre di nuovo. Il nostro tempo umano è sì carico di mali, di sofferenze, di drammi di ogni genere – da quelli provocati dalla cattiveria degli uomini a quelli derivanti dagli infausti eventi na- turali –, ma racchiude ormai e in maniera definitiva e incancellabile la novità gioiosa e liberatrice di Cristo salvatore. Proprio nel Bambino di Betlemme possiamo contemplare in modo particolarmente luminoso ed eloquente l’incontro dell’eternità con il tempo, come ama espri- mersi la liturgia della Chiesa. Il Natale ci fa ritrovare Dio nella carne umile e debole di un bambino. Non c’è qui forse un invito a ritrovare la presenza di Dio e del suo amore che dona la salvezza anche nelle brevi e faticose ore della nostra vita quotidiana? Non è forse un invito a scoprire che il nostro tempo umano – anche nei momenti difficili e pesanti – è incessantemente arricchito delle grazie del Signore, anzi della Grazia che è il Signore stesso? Alla fine di quest’anno 2010, prima di consegnarne i giorni e le ore a Dio e al suo giudizio giusto e misericordioso, sento più vivo nel cuore il bisogno di elevare il nostro “grazie” a Lui e al suo amore per noi. In questo clima di riconoscenza, desidero rivolgere un particolare saluto al Cardinale Vicario, ai Vescovi Ausiliari, ai sacerdoti, alle perso- ne consacrate, come pure ai tanti fedeli laici qui convenuti. Saluto il Signor Sindaco e le Autorità presenti. Un ricordo speciale va a quanti sono in difficoltà e trascorrono fra disagi e sofferenze questi giorni di festa. A tutti e a ciascuno assicuro il mio affettuoso pensiero, che ac- compagno con la preghiera. Cari fratelli e sorelle, la nostra Chiesa di Roma è impegnata ad aiu- tare tutti i battezzati a vivere fedelmente la vocazione che hanno rice- vuto e a testimoniare la bellezza della fede. Per poter essere autentici discepoli di Cristo, un aiuto essenziale ci viene dalla meditazione quo- tidiana della Parola di Dio che, come ho scritto nella recente Esorta- zione apostolica Verbum Domini, «sta alla base di ogni autentica spiri- tualità cristiana» (n. 86). Per questo desidero incoraggiare tutti a colti- vare un intenso rapporto con essa, in particolare attraverso la lectio divina, per avere quella luce necessaria a discernere i segni di Dio nel tempo presente e a proclamare efficacemente il Vangelo. Anche a Ro- ma, infatti, c’è sempre più bisogno di un rinnovato annuncio del Van- 45
  • 47. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI OMELIE gelo affinché i cuori degli abitanti della nostra città si aprano all’incon- tro con quel Bambino, che è nato per noi, con Cristo, Redentore del- l’uomo. Poiché, come ricorda l’Apostolo Paolo, «la fede viene dell’a- scolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo» (Rm 10,17), un utile aiu- to in questa azione evangelizzatrice può venire – come già sperimen- tato durante la Missione Cittadina in preparazione al Grande Giubileo dell’anno 2000 – dai “Centri di ascolto del Vangelo”, che incoraggio a far rinascere o a rivitalizzare non solo nei condomini, ma anche negli ospedali, nei luoghi di lavoro e in quelli dove si formano le nuove ge- nerazioni e si elabora la cultura. Il Verbo di Dio, infatti, si è fatto car- ne per tutti e la sua verità è accessibile ad ogni uomo e ad ogni cultu- ra. Ho appreso con favore dell’ulteriore impegno del Vicariato nell’or- ganizzazione dei “Dialoghi in Cattedrale”, che avranno luogo nella Ba- silica di San Giovanni in Laterano: tali significativi appuntamenti espri- mono il desiderio della Chiesa di incontrare tutti coloro che sono alla ricerca delle risposte ai grandi quesiti dell’esistenza umana. Il luogo privilegiato dell’ascolto della Parola di Dio è la celebrazio- ne dell’Eucaristia. Il Convegno diocesano del giugno scorso, al quale ho partecipato, ha voluto evidenziare la centralità della Santa Messa domenicale nella vita di ogni comunità cristiana e ha offerto delle in- dicazioni affinché la bellezza dei divini misteri possa maggiormente ri- splendere nell’atto celebrativo e nei frutti spirituali che da essi deriva- no. Incoraggio i parroci e i sacerdoti a dare attuazione a quanto indi- cato nel programma pastorale: la formazione di un gruppo liturgico che animi la celebrazione, e una catechesi che aiuti tutti a conoscere maggiormente il mistero eucaristico, da cui scaturisce la testimonianza della carità. Nutriti da Cristo, anche noi siamo attirati nello stesso atto di offerta totale, che spinse il Signore a donare la propria vita, rivelan- do in tal modo l’immenso amore del Padre. La testimonianza della ca- rità possiede, dunque, un’essenziale dimensione teologale ed è profondamente unita all’annuncio della Parola. In questa celebrazione di ringraziamento a Dio per i doni ricevuti nel corso dell’anno, ricordo in particolare la visita che ho compiuto all’Ostello della Caritas alla Stazione Termini dove, attraverso il servizio e la generosa dedizione di numerosi volontari, tanti uomini e donne possono toccare con ma- no l’amore di Dio. Il momento presente genera ancora preoccupazio- 46
  • 48. LA PAROLA DI BENEDETTO XVI OMELIE ne per la precarietà in cui versano tante famiglie e chiede all’intera co- munità diocesana di essere vicina a coloro che vivono in condizioni di povertà e disagio. Dio, infinito amore, infiammi il cuore di ciascuno di noi con quella carità che lo spinse a donarci il suo Figlio unigenito. Cari fratelli e sorelle, siamo invitati a guardare al futuro e a guar- darlo con quella speranza che è la parola finale del Te Deum: “In te, Domine, speravi: non confundar in aeternum! - Signore, Tu sei la no- stra speranza, non saremo confusi in eterno”. A donarci Cristo, nostra Speranza, è sempre lei, la Madre di Dio: Maria santissima. Come già ai pastori e ai magi, le sue braccia e ancor più il suo cuore continuano ad offrire al mondo Gesù, suo Figlio e nostro Salvatore. In Lui sta tutta la nostra speranza, perché da Lui sono venute per ogni uomo la sal- vezza e la pace. Amen! 47