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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO-BICOCCA

                   Facoltà di Psicologia
    Corso di Laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche




       MOVIMENTI OCULARI NELLA
                       LETTURA


               Relatore: Prof. ssa Emanuela Bricolo




                                                        Tesi di Laurea di:
                                                      Francesca FERIOLI
                                                  Matricola N° 710493



              Anno accademico 2010-2011
                                                                        1 

 
INDICE:

INTRODUZIONE                             p. 3




PRIMO CAPITOLO

MOVIMENTI OCULARI NELLA LETTURA          p. 4

1.1 Fisiologia dei movimenti oculari     p. 4

1.2 Metodologia della ricerca            p. 7

SECONDO CAPITOLO

PARADIGMI DEI MOVIMENTI OCULARI           p. 9

2.1 Finestra mobile                      p. 9

2.2 Paradigma di confine                p. 14

2.3 Maschera mobile                    p. 16

TERZO CAPITOLO

SVILUPPI DEI PARADIGMI                  p. 18




CONCLUSIONI                            p. 24

BIBLIOGRAFIA                           p. 26



                                                 2 

 
INTRODUZIONE



La lettura è un’attività ormai diventata fondamentale nella società contemporanea e
nonostante sia considerata quasi automatica e priva di sforzi dalla maggior parte degli
adulti, in realtà è un’abilità che nasconde numerosi processi ed elaborazioni sia
fisiologiche che cognitive, che da anni vengono esaminate dagli studiosi.

Partendo dalle prime scoperte sull’anatomia dell’occhio umano e passando dagli studi
pionieristici del diciannovesimo secolo, le ricerche e l’interesse per i movimenti oculari
nella lettura hanno cominciato ad evolversi e a perfezionarsi. Lo sviluppo maggiore si è
avuto nella metà degli anni settanta, grazie al progresso tecnologico e all’uso incrociato dei
computer con i sistemi oculometrici, che, attraverso la crescita dei sistemi di elaborazione
elettronica di dati, permettevano l’analisi di enormi quantità di informazioni. Questo ha
reso possibile la creazione di svariati modelli, esperimenti e teorie che continuano ancora
oggi ad essere espansi e sviluppati.

Uno dei più importanti e illustri studiosi che si è occupato di questo argomento è Keith
Rayner, sui cui numerosi e importanti paradigmi ci soffermeremo durante questa
trattazione, che fin dall’inizio della sua carriera (primi anni settanta) si è interessato ai
processi percettivi e cognitivi della lettura.




                                                                                            3 

 
CAPITOLO 1

MOVIMENTI OCULARI NELLA LETTURA



1.1 Fisiologia dei movimenti oculari



Durante la lettura abbiamo l’impressione che i nostri occhi si muovano uniformemente
lungo la pagina, ma in realtà essi procedono con una serie di rapidissimi salti da una
posizione all’altra chiamati saccadi. Queste sono dei rapidi movimenti degli occhi utilizzati
per spostare la zona d’interesse e farla coincidere con la fovea, la regione centrale della
retina in cui l’acuità visiva è massima. I movimenti oculari hanno in genere una durata di
10-20 millisecondi e un’estensione di circa otto lettere o spazi. Circa il 10 % di questi
movimenti sono regressioni, per il fatto che comportano lo spostamento all’indietro degli
occhi lungo il testo. Tra una saccade e l’altra il nostro occhio è relativamente fermo per
intervalli di circa 200-250 millisecondi, chiamati fissazioni, durante i quali si ritiene venga
estrapolata e registrata l’informazione testuale (Eysenck & Keane, 2006).

La quantità d’informazione che un lettore è in grado di elaborare ad ogni fissazione,
chiamata span percettivo, viene influenzata dalla difficoltà del testo e dalla dimensione dei
caratteri stampati. In genere esso ha un’estensione di 3 o 4 lettere a sinistra della fissazione
e di 15 lettere a destra (Eysenck & Keane, 2006). Questa asimmetria si verifica
probabilmente perché la maggior parte del testo informativo si trova a destra rispetto al
punto di fissazione. La forma dell’asimmetria è chiaramente appresa, basti pensare al fatto
che chi legge l’ebraico, che viene letto da destra verso sinistra, presenta l’asimmetria
opposta (Pollatsek, Bolozky, Well e Rayner, 1981).




                                                                                              4 

 
I movimenti degli occhi sono necessari a causa dell’anatomia della retina e delle
limitazioni date dall’acuità all’esterno della fovea. Nella lettura, la linea del testo che il
lettore sta guardando può essere divisa in tre regioni: la regione foveale (2 gradi di angolo
visivi attorno al centro della fissazione), la regione parafoveale (5 gradi attorno alla fovea)
e la regione periferica (tutto ciò che sta al di là della zona parafoveale). Benché l’acuità
visiva sia molto buona nella fovea, non lo è altrettanto nella zona parafoveale ed è scarsa
nella periferia. Le persone muovono i loro occhi per far sì che la fovea si posizioni sulla
parte dello stimolo che vogliono vedere chiaramente, visto che tipicamente la maggior
parte delle informazioni vengono processate attorno al punto di fissazione.

E’ stato dimostrato che la durata della fissazione e la lunghezza delle saccadi nella lettura
non sono correlate con le stesse misure nella percezione e nella ricerca visiva, nonostante i
circuiti neurali che controllano il movimento oculare siano gli stessi (Rayner, Li, Williams,
Cave & Well, 2007). Presumibilmente esistono delle differenze all’interno dei meccanismi
cognitivi coinvolti nei diversi compiti e il modo in cui questi interagiscono con il sistema
oculomotore. Nella tabella 1 (Rayner, 2009) vengono presentate le medie dei range della
durata della fissazione e le medie della lunghezza della saccade tipicamente associati con
la lettura silenziosa, la lettura ad alta voce, la percezione e la ricerca visiva.




Tabella 1.


                                                               SL

                                  FD (ms)            Gradi            Lettere

    Lettura silenziosa            225-250              2               7-9

    Lettura ad alta voce          275-325             1.5              6-7

    Percezione                    260-330             4-5

    Ricerca visiva                180-275              3



Note: FD durata media della fissazione; SL lunghezza della saccade.

                                                                                             5 

 
I dati mostrano che la durata della fissazione nella lettura silenziosa ha un intervallo di
225–250 ms e la lunghezza della saccade va da 7 a 9 lettere per spazio per tutti i sistemi di
scrittura alfabetici. Nella lettura ad alta voce quest’ultima risulta maggiore perché il lettore
deve riprodurre oralmente ogni parola letta; è maggiore nella percezione rispetto alla
lettura perché gli occhi (che si muovono più velocemente di quanto il lettore possa fare
producendo le parole) rimangono spesso su uno spazio più a lungo di quanto servirebbe, in
modo da non trovarsi troppo lontano dalla voce. Infine, l’intervallo della durata della
fissazione della ricerca visiva è più esteso di tutti gli altri.




I movimenti oculari nella lettura possono anche venire influenzati da variabili di tipo
testuale. Quando il testo che si sta leggendo diventa concettualmente più complesso, causa
un aumento della durata della fissazione, una diminuzione della lunghezza della saccade e
un aumento della frequenza delle regressioni (Jacobson & Dod-well, 1979; Rayner &
Pollatsek, 1989). Nonostante ciò, sappiamo che lo sguardo non si posa su tutte le parole.
Questo dipende sia dalla loro funzione, sia dalla loro lunghezza. Per esempio, le parole
dotate di contenuto (nomi comuni, verbi, ecc.) sono fissate per l’85% del tempo, mentre
quelle funzionali (preposizioni e congiunzioni) lo sono solo per il 35%. Queste ultime,
sono anche influenzate dal fatto di essere le più corte, quindi quelle con molte più
possibilità di essere saltate: le parole di 2 o 3 lettere vengono fissate solo per circa il 25%
del tempo, mentre quelle da 8 o più caratteri sono sempre fissate, in certi casi anche più di
una volta (Rayner & McConkie, 1976).




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1.2 Metodologia della ricerca



Per lo studio della lettura sono disponibili svariati metodi, ma quello probabilmente più
utilizzato consiste nella registrazione dei movimenti oculari mediante il paradigma dello
sguardo-contingenza (gaze-contingency paradigm). Questo consiste nell’utilizzo di un
computer interfacciato con un sistema di tracciamento del movimento dell’occhio e con un
display dello stimolo visivo. In questo tipo di paradigmi, il display stimolo viene
continuamente aggiornato in base alla posizione dello sguardo degli osservatori. Questa
tecnica porta a risultati affidabili e ha dato ai ricercatori la possibilità di osservare molto
più nel dettaglio le caratteristiche temporali dell’input visivo, la durata della percezione e
le differenze tra processamento centrale e periferico nella lettura. Il fatto che questo
metodo non sia invasivo e che anche fornisca una dettagliata registrazione in tempo reale
dei processi collegati all’attenzione, risultano due importanti vantaggi. Resta difficile
stabilire con precisione quale tipo di elaborazione abbia luogo durante ogni singola
fissazione e l’unica difficoltà per i soggetti che si sottopongono alla registrazione è
l’obbligo di mantenere la testa ferma.

La tecnica dello sguardo-contingenza è la base di diversi paradigmi sperimentali, ciascuno
dei quali permette di indagare specifici processi cognitivi. Tra questi possiamo citare il
paradigma della finestra mobile (McConkie & Rayner, 1975), il paradigma della maschera
mobile (Rayner & Bertera, 1979) e il paradigma di confine (Rayner, 1975; Balota,
Pollatsek & Rayner, 1985; Miellet & Sparrow, 2004), che vedremo nel dettaglio
successivamente.

E’ possibile misurare i movimenti oculari in tempo reale, anche senza utilizzare il
paradigma sguardo-contingenza. Attuando una registrazione della lettura ad alta voce, si
possono analizzare il tipo di errori commessi nel corso della lettura e i modi in cui i
soggetti reagiscono a imprecisioni inserite volutamente nel testo. Da questo tipo di
misurazione però, derivano tre tipi di problemi. Innanzi tutto sembra poco naturale a quasi
tutti i soggetti adulti; in secondo luogo, come abbiamo visto precedentemente nella tabella
1, vi sono notevoli differenze tra la lettura ad alta voce e quella silenziosa; infine, gli errori
commessi non sempre rispecchiano autentici errori di lettura, ma possono essere di tipo
mnemonico, in quanto l’occhio durante la lettura supera la voce di circa due parole.
                                                                                                7 

 
Nel 1989, Rayner e Pollatsek presentano un ulteriore metodo, composto da una varietà
considerevole di tecniche, definite tecniche di identificazione, perché valutano il tempo
necessario a identificare le singole parole. Tra queste possiamo trovare il compito di
decisione lessicale (che consiste nel decidere se una serie di lettere formi o meno una
parola) e il compito di denominazione (dire una parola il più velocemente possibile). La
possibilità di garantire che un certo tipo di elaborazione sia stato eseguito su una
determinata parola in un determinato lasso di tempo, è uno dei vantaggi principali di queste
tecniche. Il fatto però che i normali processi di lettura vengano disturbati dal compito
aggiuntivo e che non sia perfettamente chiaro quali siano i processi alla base della
decisione lessicale o dei tempi di denominazione, risultano importanti limiti all’utilizzo di
questo metodo.




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CAPITOLO 2

PARADIGMI DEI MOVIMENTI OCULARI



Nel seguente capitolo verranno trattati tre dei più importanti paradigmi utilizzati per
analizzare la quantità d’informazioni che è possibile ricavare durante la lettura, attraverso
l’uso della tecnica sguardo-contingenza.




2.1 Finestra mobile (moving-window)



I lettori spesso hanno l’impressione di poter vedere chiaramente l’intera riga del testo o
addirittura l’intera pagina; questa però è solo un’illusione, dimostrata dal paradigma della
finestra mobile (McConkie & Rayner, 1975; Rayner & Bertera, 1979), uno dei primi
utilizzati per studiare lo span della visione effettiva durante la lettura. La maggior parte del
testo viene “mutilata”, eccetto che per un’area, o finestra, definita dallo sperimentatore, che
circonda il punto di fissazione del lettore. Ad ogni movimento degli occhi, parti differenti
del testo vengono eliminate, facendo sì che ci sia una lettura normale solo nell’ambito della
regione della finestra.

E’ possibile che una comprensione generale dell’essenza della scena possa essere estratta
da una singola fissazione, ma che l’identificazione dell’oggetto sia limitata dall’abilità di
estrarre dettagli nell’area parafoveale e nella periferia.

Negli esperimenti che usano il paradigma della finestra mobile diviene possibile
confrontare gli effetti di finestre di dimensioni diverse sulla prestazione della lettura. La
logica sottostante è quella di variare la quantità di informazioni a disposizione e poi
determinare quanto deve essere grande la finestra di testo, prima che i lettori leggano
normalmente. Viceversa, bisogna anche determinare quanto piccola debba essere la
finestra prima che ci sia un’interruzione della lettura. Negli esperimenti all’interno del
testo, l’area della finestra viene normalmente misurata, ma, al di fuori, le lettere vengono
sostituite (con altre lettere o con delle X o con un modello omogeneo di mascheramento).

                                                                                              9 

 
Le ricerche che hanno utilizzato questo paradigma hanno dimostrato che lettori
specializzati in lingua inglese e negli altri sistemi di scrittura alfabetica, ottengono
informazioni utili da una regione che si estende circa da 3-4 spazi di carattere alla sinistra
del punto di fissazione (McConkie & Rayner, 1976a; Rayner, Well, & Pollatsek, 1980b;
Underwood & McConkie, 1985) a circa 14–15 spazi di carattere alla destra del punto di
fissazione (DenBuurman, Boersma, & Gerrissen, 1981; McConkie & Rayner, 1975;
Rayner & Bertera, 1979; Rayner, Well, Pollatsek, & Bertera, 1982; Underwood &
McConkie, 1985; Underwood & Zola, 1986). Questa forma di asimmetria si verifica, come
abbiamo già detto, poiché la maggior parte del testo con contenuto informativo si trova alla
destra del punto di fissazione.

La finestra appare un po’ più piccola in altre lingue (ebraico, cinese e giapponese), in
termini del numero dei caratteri che possono essere processati; per le persone che leggono
il cinese (che è letto da sinistra verso destra), lo span percettivo si estende da un carattere a
sinistra del punto di fissazione a 2-3 caratteri alla sua destra (Chen & Tang, 1998; Inhoff &
Liu, 1998); per gli ebrei è asimmetrico e risulta più largo a sinistra della fissazione
(Pollatsek et al., 1981), visto che il testo viene letto da destra verso sinistra. Non è chiaro
se questa differenza sia dovuta alle caratteristiche visive di queste ortografie o a fattori più
centrali come il fatto che l’informazione dello stesso morfema è rappresentata in modo più
compatto in queste lingue.

Un'altra questione interessante è capire se i lettori siano in grado di acquisire informazioni
utili dalla linea al di sotto di quella che si sta leggendo. Inhoff e Briihl nel 1991 e
successivamente Inhoff e Topolski         nel 1992, hanno affrontato questo tema in un
esperimento, che prevedeva di chiedere ai lettori di leggere una riga di testo presa come
target, ignorandone un’altra di distrazione, mentre venivano registrati i loro movimenti
oculari; quando i lettori completavano una linea, dovevano premere un pulsante. Così
facendo, veniva presentata la riga successiva, con al di sotto la relativa linea di distrazione.
Le risposte date dai lettori alle domande a scelta multipla, poste alla fine del test,
suggerivano una raccolta di informazioni da entrambe le linee. L’esame dettagliato dei
movimenti oculari ha dimostrato che, a volte, lo sguardo si fissa anche sulla parte di testo
di cui il lettore non avrebbe dovuto occuparsi; tuttavia, non è stata trovata alcuna prova che
i lettori avessero ottenuto informazioni semantiche utili da questo testo.


                                                                                              10 

 
Questo suggerisce che anche i fattori dell’attenzione giochino un ruolo importante nello
span della visione effettiva. Il limite orizzontale risulta determinante per le considerazioni
sull’abilità visiva, dato che le informazioni utili non sono estratte oltre i 5 gradi, anche se è
presente solo una singola parola nella zona parafoveale (Rayner, McConkie & Ehrlich,
1978), o se non sono presenti informazioni utili nella fovea (Rayner & Bertera, 1979).




Nella figura 1 (Rayner, 2009) possiamo osservare sette diversi esempi della tecnica della
finestra mobile, sempre utilizzando due fissazioni. La riga superiore mostra una normale
linea di testo. Le diverse tipologie di finestra mobile sono composti dai seguenti esempi:
una finestra di 15 caratteri (7 caratteri a sinistra e a destra della fissazione), una finestra di
29 caratteri (14 caratteri a sinistra e a destra della fissazione), una finestra asimmetrica che
si estende per 3 caratteri a sinistra della fissazione e 7 a destra (con la compilazione degli
spazi tra una parola e l’altra), una finestra di una sola parola, una finestra di due parole, una
di tre parole, e infine una finestra di due parole in cui le lettere al di fuori della finestra
sono sostituite con lettere visivamente simili (prima linea) o con lettere casuali (seconda
linea).




                                                                                               11 

 
Figura 1. Esempi di paradigma di finestra mobile




                                                   12 

 
I dati dimostrano che, generalmente, la lettura è più facile quando gli spazi tra le parole
non vengono compilati; se la parola fissata e la parola alla sua destra si presentano
disponibili su una singola fissazione (e le altre lettere sono sostituite con lettere
visivamente simili), i lettori non sono consapevoli del fatto che le parole al di fuori della
finestra non siano “normali” e la loro velocità di lettura diminuisce solo del 10% circa.
Tuttavia, quando la finestra è piccola, le prestazioni di lettura sono generalmente migliori
nel caso in cui al di fuori della finestra vi siano delle X rispetto a quando vi si trovano delle
lettere.




                                                                                              13 

 
2.2 Paradigma di confine (boundary paradigm)



La dimensione dello span percettivo indica che l’informazione parafoveale, cioè quella
proveniente dalla regione esterna a quella foveale o centrale, viene utilizzata nel corso
della lettura. Alcune delle evidenze sperimentali più convincenti derivano dall’uso del
paradigma di confine (Rayner, 1975).

Questo consiste nel presentare una frase con le seguenti caratteristiche: appena alla sinistra
della parola presa come target, si trova un limite, un confine invisibile, mentre alla sua
destra si pone inizialmente un’anteprima, che verrà sostituita dalla parola target appena il
lettore compirà un movimento saccadico verso questa parola. L’anteprima presentata ha
una durata di circa 20 -30 ms; può essere valida (la stessa parola) o meno, cioè può essere
un'altra parola, una non-parola o una stringa casuale di lettere. Quando gli occhi del lettore
attraversano il confine, l’anteprima è rimpiazzata dalla parola target.

Visto che il cambiamento avviene nel corso di una saccade, quindi durante la soppressione
saccadica della visione, i lettori non si rendono conto dell’identità delle anteprime e del
cambiamento nella visualizzazione. Tuttavia, dai risultati si evince che la lunghezza della
fissazione sulla parola bersaglio risulta inferiore quando questa è uguale alla parola
dell’anteprima e maggiore quando l’anteprima non è valida (Reichle et al., 1998).

La fonte del beneficio dell’anteprima non è rappresentata dalle informazioni semantiche,
ma da quelle relative alle lettere iniziali e finali delle parole e dall'informazione fonologica.
Tutte queste informazioni vengono integrate attraverso le saccadi.




La figura 2 (Rayner & Castelhano, 2010) mostra un esempio di paradigma di confine.
Nella riga in alto, l'anteprima non valida (ohbcnor) viene visualizzata inizialmente. Quando
gli occhi del lettore attraversano il confine invisibile (|), l'anteprima è sostituita dalla parola
target (addome). Gli asterischi rappresentano le posizioni delle fissazioni di una ipotetica
lettera per ogni parola.




                                                                                                14 

 
Figura 2. Esempio di paradigma di confine




Margaret's tender| ohbcnor impaired her ability

     *     *   *

Margaret's tender| abdomen impaired her ability

                          *          *      *     *




Il paradigma di confine ci mostra gli effetti benefici dell’anteprima.

Dodge, nel 1907, fu il primo a dimostrare che, se a un lettore viene presentata
un’anteprima dello stimolo, prima di spostare gli occhi su di esso, il soggetto riuscirà a
rispondervi molto più velocemente. Come abbiamo visto, nel 1975 Rayner, attraverso la
tecnica dello sguardo contingente, utilizzata nel paradigma di confine, è riuscito a misurare
l’importo del beneficio dell’anteprima, sottraendo il tempo di fissazione sulla parola target
con una anteprima valida da quello con un’anteprima non valida. Questi effetti benefici
sono importanti non solo per il risparmio di tempo, ma anche perché influiscono
sull’integrazione di informazioni tra la fissazione attuale e quelle successive.




                                                                                          15 

 
2.3 Maschera mobile (moving-mask)



Negli esperimenti della maschera mobile (Rayner & Bertera, 1979; Rayner, Inhoff,
Morrison, Slowiaczek, & Bertera, 1981; Fine & Rubin, 1999a, 1999b, 1999c), una
maschera visiva si muove in sintonia con ogni fissazione degli occhi, coprendo così le
lettere al centro della visione. L’abilità di identificare una parola o una lettera diminuisce
progressivamente se viene presentata fuori dalla fovea e man mano che ci si allontana dal
punto di fissazione. Leggere, quindi, è molto difficile, se non impossibile, visto che al
centro della zona foveale la visione è mascherata e solo le lettere nella zona parafoveale
sono disponibili alla lettura.

In sostanza, la tecnica della maschera mobile (o maschera foveale), che può essere
considerato il contrario del paradigma della finestra mobile, crea uno scotoma centrale
artificiale che imita i pazienti con danni al cervello, che effettivamente elimina il loro uso
della visione foveale.

Le dimensioni della maschera possono essere variate. Quando si presenta una maschera di
piccole dimensioni i soggetti sono in grado di leggere la frase, senza difficoltà; con
l’aumentare della dimensione della maschera però, la percentuale delle parole della frase
trasmesse correttamente, diminuisce drasticamente. Nel 18% dei casi (Rayner & Bertera,
1979), in cui la maschera foveale andava da 13 a 17 caratteri, i soggetti non riescono
neanche ad indovinare la parte di testo nascosta al loro sguardo; sono consapevoli delle
parole nella zona parafoveale e nella periferia, ma non sono in grado di identificarle. Con
una maschera di dimensioni maggiori, le uniche parole che si riescono a comprendere sono
quelle più corte di quattro lettere, in particolare quando queste si trovano all’inizio o alla
fine della frase




                                                                                           16 

 
Nella figura 3 (Rayner, 1998), possiamo vedere un esempio di due fissazioni successive
per ogni tecnica fin qui analizzata: finestra mobile, maschera mobile (o foveale) e
paradigma di confine. Il punto di fissazione è contrassegnato da un asterisco. La prima riga
mostra una normale linea di testo. Per la finestra mobile si è utilizzata una finestra di 17
lettere (con le altre lettere sostituite da X e la conservazione degli spazi tra le parole). Le
due righe seguenti mostrano la tecnica della maschera mobile con un oscuramento di 7
lettere. Le due righe finali mostrano un esempio del paradigma confine.




Figura 3.




                                                                                            17 

 
CAPITOLO 3

SVILUPPI DEI PARADIGMI


I tre importanti paradigmi analizzati nel precedente capitolo, sono risultati essere
fondamentali per lo sviluppo di altri studi e per le recenti scoperte riguardanti i movimenti
oculari nella lettura. Questi sono stati variati, integrati fra di loro o ad altri, o
semplicemente ripresi, per cercare di arrivare a risultati sempre migliori. Andremo ora ad
esaminarne alcuni delle più rilevanti.




Finestra mobile

Nel corso degli anni si è cercato di misurare in vari modi la dimensione del campo
percettivo nella lettura, non sapendo però se fosse meglio ragionare in termini di lettere o
di parole, visto che si riscontrano differenze a sinistra e a destra del punto di fissazione.
Rayner e Pollatsek nel 1980, hanno rilevato che il limite sinistro del campo percettivo si
colloca all’inizio della parola che si sta fissando; Rayner et al. nel 1982, invece, hanno
rilevato che il suo limite destro è definito in termini di lettere.

Gli autori, utilizzando il paradigma della finestra mobile, hanno fatto un confronto tra le
prestazioni di lettura nella situazione in cui la finestra è stata definita in termini di numero
di lettere a disposizione alla destra della fissazione, e quelle in cui la finestra viene definita
in base al numero di parole alla destra della fissazione. I risultati dimostrano come non vi
sia alcuna differenza tra i due tipi di finestra, quando queste erano più o meno simili nel
formato. Un’analisi dettagliata ha rivelato che le prestazioni in condizioni di finestra-
parola, potrebbero essere previste con estrema precisione conoscendo il numero di lettere
disponibili per ogni fissazione; le prestazioni in condizioni di finestra-lettera,
contrariamente, non possono essere previste, anche se si conosce il numero di parole
disponibili su ogni fissazione. Quindi, sarebbe meglio definire la dimensione dello span
percettivo come numero di lettere a disposizione alla destra di fissazione.

Il paradigma della finestra mobile viene ripreso da Rayner e Fisher (1987a, 1987b). Gli
autori danno agli osservatori il compito di ricercare una specifica lettera target in mezzo a
stringhe di lettere disposte in orizzontale. La dimensione dello span percettivo varia in
                                                                                               18 

 
funzione della difficoltà delle lettere usate come distrattori; quando queste erano simili alla
lettera target, lo span percettivo era più piccolo rispetto a quando differivano di molto dalla
lettera target.




Integrazioni tra paradigmi della finestra e della maschera mobile

Per comprendere appieno la questione del controllo dei movimenti oculari, bisogna
esaminare cosa comportino due sue componenti essenziali: il “dove” e il “quando”. E’
necessario, cioè, capire cosa determini la posizione e il momento in cui si spostano gli
occhi, analizzando anche se vi sia una correlazione tra queste due caratteristiche.

Per fare ciò, Rayner e Pollatsek, in un esperimento del 1981, hanno utilizzato il paradigma
della finestra mobile, integrato a quello della maschera mobile. Per prima cosa gli autori
hanno variato la dimensione della finestra da fissazione a fissazione, scoprendo che la
grandezza della saccade variava in funzione della dimensione della finestra
immediatamente precedente. Così, presentando una finestra piccola, la dimensione della
saccade era minore rispetto a quella di una finestra grande. In secondo luogo, il testo è
stato ritardato attraverso l’uso di una maschera, presentata al momento della comparsa di
una fissazione (con il tempo del ritardo variabile in modo casuale da fissazione a
fissazione). Rayner e Pollatsek constatano che una grande percentuale della durata della
fissazione varia a seconda del ritardo. Da questo deriva il fatto che la maggior parte delle
fissazioni nella lettura sono sotto il diretto controllo cognitivo, nonostante vi fosse anche
un sottoinsieme delle fissazioni che sembrava essere pre-programmato (Morrison, 1984).
E’ importante sottolineare che le manipolazioni interessano la grandezza della saccade e la
durata della fissazione in modo indipendente, rafforzando l'opinione che il “dove” e il
“quando” siano in qualche modo indipendenti.

In generale, la decisione di dove attuare lo spostamento successivo è dovuta in gran parte
alle proprietà di basso livello del testo, mentre la decisione di quando muovere gli occhi è
dovuto in gran parte a proprietà lessicali della parola fissata (Rayner 1998).




                                                                                            19 

 
Anche Bertera e Rayner (2000) hanno svolto ricerche che utilizzavano sia la tecnica della
finestra mobile, sia quella della maschera mobile. In questi esperimenti si presentano serie
casuali di lettere   in cui    il soggetto deve riconoscerne una presa come target. Le
dimensioni delle serie vengono variate (queste erano di 13 per 10 gradi, 6 per 6 gradi, o 5
per 3.5 gradi), ma il numero degli elementi rimane costante, quindi la serie più piccola
presenta un maggior addensamento delle informazioni. La dimensione della maschera era
di 0.3, 1, 1.7, 2.3, o 3 gradi; la dimensione della finestra era di 1, 2.3, 3.7, 5 e 5.7 gradi.
Viene effettuata anche una condizione di controllo, in cui non sono presenti né la
maschera, né la finestra. Non sorprende il fatto che la maschera mobile abbia un effetto
deleterio sul tempo e sull’accuratezza: più larga è la maschera, maggiore sarà il tempo, più
fissazioni vengono eseguite, maggiore sarà il tempo impiegato per le fissazioni. Le
dimensioni della serie influenzano quelle della saccade, mentre hanno solo un piccolo
effetto sulla grandezza della maschera. Nella condizione della finestra mobile, la migliore
prestazione della ricerca è stata ottenuta quando la finestra era di 5 gradi (tutte le lettere
che stavano entro i 2.5 gradi dal punto di fissazione erano visibili con questa dimensione
della finestra, mentre tutte le altre erano mascherate).

Prendendo spunto da questo esperimento di Bertera e Rayner e da altri studi in cui si
utilizzava la tecnica dello sguardo contingente (Greene, 2006; Greene & Rayner, 2001b;
Pomplun, Reingold, & Shen, 2001), Cornelissen, Bruin, e Kooijman (2005), chiedono ai
lettori di cercare una lettera target “O” tra i distrattori.       La ricerca consisteva nella
presentazione di una matrice esagonale 7_5 (tre file di sette e due file di sei oggetti
ciascuno) contenente 32 “C” (distrattori) e una sola “O” (il target). La dimensione della
matrice globale è stata di 38_28 gradi; la maschera e la finestra possono essere di 5, 10 o
15 gradi. Gli autori hanno rilevato che i tempi di ricerca, la durata e il numero delle
fissazioni aumentano e che la dimensione della finestra diminuisce. Tuttavia in questi
studi, la lunghezza della saccade sembra essere maggiormente colpita dalle manipolazioni
effettuate sulle dimensioni della finestra e della maschera, rispetto allo studio iniziale di
Bertera e Rayner. E’ difficile generalizzare e far un confronto tra i risultati dei due studi,
visto che in quest’ultimo la matrice delle variabili aveva un’estensione maggiore e
risultava più strutturata. Quel che è certo è il fatto che le dimensioni della matrice e la
maschera foveale, che crea un finto scotoma centrale, forniscono una più grande
interruzione nella ricerca visiva, creando una visione a tunnel.

                                                                                            20 

 
Paradigma di confine

Anche il paradigma di confine viene riutilizzato, per esempio in un esperimento di
McConkie e Hogaboam (1985). In questa variante, i soggetti leggono silenziosamente un
testo mentre i loro movimenti oculari vengono monitorati; ad un certo punto alcuni spazi
dello schermo vengono mascherati, o semplicemente rimossi, dallo sperimentatore e al
soggetto viene chiesto di riportare l’ultima parola che è riuscito a leggere. E’ considerato
un problema il fatto che il soggetto possa essere in grado di riconoscere una parola anche
se non l’ha propriamente vista, indovinandola in base al contesto precedente. Nonostante
ciò, i risultati sono coerenti con gli studi di Rayner. Nella figura 4 (Rayner & Pollatsek,
1989), si può trovare un esempio della distribuzione di frequenza della posizione
dell'ultima parola letta. Viene rappresentata sia la condizione con mascheramento, sia
quella in cui il testo viene rimosso.




Figura 4.




                                                                                         21 

 
La posizione 0 rappresenta l’ultima parola letta, l’1 quella alla sua destra e così via. La
distanza viene misurata prendendo come unità una parola, senza differenze in base alla
lunghezza. I due autori trovano che la parola che i lettori riportano più frequentemente è
l’ultima su cui si erano fissati, anche se la parola alla destra della fissazione era riportata
abbastanza spesso. Tuttavia le parole alla sinistra della parola fissata e anche due o più
parole alla sua destra vengono raramente riportate.




Benefici dell’anteprima 

Come abbiamo visto nel paradigma di confine, non è da mettere in dubbio il fatto che gli
osservatori, durante la ricerca, possano trarre benefici dall’anteprima. Questi dipendono dal
grado di difficoltà della parola fissata: se risulta troppo difficile da processare, il lettore
avrà solo uno scarso, o addirittura, nessun beneficio dalla parola alla destra della fissazione
(Henderson & Ferreira, 1990; Kennison & Clifton, 1995; White, Rayner & Liversedge,
2005a); quando invece si riesce a processare senza fatica la parola, il lettore ha un miglior
beneficio (Balota et al. 1985; Drieghe et al, 2005b).
Tipicamente negli studi che la utilizzano, si può presentare una visione con un'anteprima
della matrice di ricerca o parte della matrice, per un periodo di tempo limitato (ad esempio
500 ms), oppure nessuna anteprima in una condizione di controllo. In generale, si trova
(Watson & Inglis, 2007) che ci siano meno fissazioni sugli stimoli previsti e che, se sono
fissati, lo sono per durate più brevi, nella condizione di anteprima rispetto a quella di
controllo.

In una variante del paradigma di presentazione dell’anteprima, Van Zoest, Lleras,
Kingstone e Enns (2007), attraverso l’utilizzo di tre diversi esperimenti, hanno esaminato
le relazioni possibili tra il centro spaziale di attenzione e una ripresa della ricerca visiva,
dopo una breve interruzione effettuata dallo sperimentatore. Gli autori hanno dimostrato
che quando un display di ricerca è stato nascosto per 900 ms ed è stato ripresentato durante
la ricerca, gli osservatori sono stati rapidi a rispondere ai target che erano vicini al punto di
fissazione, appena prima dell'interruzione. Quando invece, in condizioni simili, è stato
utilizzato un paradigma dello sguardo contingente per presentare il bersaglio al punto di
fissazione attuale dopo una piccola interruzione, che provoca l'intervallo vuoto, gli
spettatori non sono stati rapidi a rispondere. In effetti, questi si dimostrano più bravi a
                                                                                                  22 

 
rispondere al bersaglio se autonomamente trovato, presumibilmente grazie a qualche
anteprima derivata dalla fissazione precedente.




Paradigma dell’ ingrandimento parafoveale

Miellet, O'Donnell e Sereno nel 2009 vogliono riuscire ad indagare i meccanismi
dell’attenzione eliminando l’effetto dell’acuità visiva. Per farlo hanno implementato un
nuovo    paradigma     di   lettura,   chiamato    ingrandimento   parafoveale   (parafoveal
magnification). Questo implica l’ingrandimento del testo parafoveale in tempo reale,
fissazione per fissazione, in modo da far pareggiare il suo impatto visivo con quello del
testo foveale, in cui l’acuità visiva è massima.

La figura 5 (Miellet, O'Donnell & Sereno, 2009), mostra una rappresentazione di una parte
di testo, letta mediante il paradigma dell’ingrandimento parafoveale, in cui il punto di
fissazione del lettore è indicato da una freccia, che si sposta consecutivamente, linea per
linea, in modo cronologico.




Figura 5.




                                                                                         23 

 
Gli esperimenti svolti dagli autori confermano la base attenzionale dei movimenti oculari
nella lettura, visto che riescono a dimostrare come l’utilizzo di questo paradigma non
faccia aumentare la quantità di testo che viene elaborata e che anche quando viene
aumentata la dimensione dell’informazione parafoveale, l’attenzione visiva è posizionata
in modo seriale da parola a parola.




CONCLUSIONI



Da oltre 70 anni (Buswell, 1922), anche se i movimenti oculari sono stati misurati
attraverso svariati metodi diversi tra loro, le tendenze dei dati riscontrati sono molto
coerenti. In una visione generale, quando l’abilità di lettura aumenta, diminuiscono la
frequenza delle regressioni, il numero e la durata delle fissazioni, mentre aumenta la
lunghezza della saccade.
 
Le misure effettuate sui movimenti oculari possono essere usate per comprendere i
processi cognitivi nella lettura (Just & Carpenter, 1980; McConkie, Hogaboam, Wolverton,
Zola & Lucas, 1979; Rayner, 1978b; Rayner, Sereno, Morris, Schmauder & Clifton, 1989).
Per esempio, vi sono abbondanti prove riguardo il fatto che la frequenza di una parola
fissata, influenzi il tempo speso dai lettori per guardarla (Inhoff & Rayner, 1986; Rayner &
Duffy, 1986). Le proprietà di questa determinata parola modulano il tempo di fissazione e
di conseguenza della loro variabilità. E’ anche presente una componente puramente
motoria (Kowler & Anton, 1987), visto che quando viene eliminata l'incertezza sia
spaziale, sia temporale riguardo il punto dove muovere gli occhi e il momento in cui
muoverli, la variabilità nella latenza dei movimenti oculari viene ancora riscontrata
(Rayner, Slowiaczek, et al, 1983; Salthouse & Ellis, 1980). A causa di ciò, il segnale
cognitivo del movimento degli occhi risulta difficile da registrare, ma, come abbiamo
visto, nel corso degli ultimi 20 anni sono stati fatti dei grandi passi avanti per riuscire a
comprendere il rapporto tra movimenti oculari e lettura.



                                                                                           24 

 
I movimenti oculari nella lettura sono stati, infatti, ampiamente esaminati e trattati,
permettendo di raccogliere una grande quantità di informazioni soprattutto dagli anni
settanta in poi. Gli esperimenti e le ricerche sono riusciti a raggiungere un alto livello di
conoscenze grazie al paradigma sguardo-contingenza, che è risultato essere fondamentale
per studiare specifici processi cognitivi. Il suo utilizzo nelle tecniche della finestra mobile,
della maschera mobile e del paradigma di confine, ha permesso uno sviluppo sempre
crescente in questo campo, in particolare per le nuove scoperte riguardanti il campo
percettivo, i benefici dell’anteprima, l’estrapolazione delle informazioni dalla zona
parafoveale e i contributi ai concetti di fissazione e saccadi.

Negli sviluppi più recenti il paradigma dello sguardo-contingenza è stato utilizzato non
solo negli studi sui movimenti oculari nella lettura, ma anche nei settori di percezione della
scena e di ricerca visiva. Possiamo citare, per esempio, gli esperimenti di Caldara, Zhou e
Miellet (2010), che si sono occupati dei movimenti oculari nel riconoscimento dei volti,
avendo come soggetti persone di culture diverse.

Lo studio dei movimenti oculari nella lettura è un argomento in continua espansione, che,
grazie alla costante crescita tecnologica, può trovare sempre nuovi scopi e utilizzi. Basti
pensare alle recenti nuove applicazioni in campi ancora in via di sviluppo, come
l’ergonomia, la scienza che si occupa dell’interazione tra l’utente e il mezzo utilizzato, con
lo scopo di arrivare alla soddisfazione del primo e al miglioramento del secondo. Questa
nuova branca della psicologia è risultata essere utile, per esempio, nello studio dei
comportamenti del consumatore, nella navigazione in internet e nella creazione di siti web.
Un altro ambito in cui viene già usato, come ausilio a persone disabili, è quello clinico,
permettendo loro di comunicare solamente grazie al controllo dei propri movimenti
oculari.




                                                                                             25 

 
BIBLIOGRAFIA



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                                                                                      26 

 
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                                                                                    28 

 

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  • 1. UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO-BICOCCA Facoltà di Psicologia Corso di Laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche MOVIMENTI OCULARI NELLA LETTURA Relatore: Prof. ssa Emanuela Bricolo Tesi di Laurea di: Francesca FERIOLI Matricola N° 710493 Anno accademico 2010-2011 1   
  • 2. INDICE: INTRODUZIONE p. 3 PRIMO CAPITOLO MOVIMENTI OCULARI NELLA LETTURA p. 4 1.1 Fisiologia dei movimenti oculari p. 4 1.2 Metodologia della ricerca p. 7 SECONDO CAPITOLO PARADIGMI DEI MOVIMENTI OCULARI p. 9 2.1 Finestra mobile p. 9 2.2 Paradigma di confine p. 14 2.3 Maschera mobile p. 16 TERZO CAPITOLO SVILUPPI DEI PARADIGMI p. 18 CONCLUSIONI p. 24 BIBLIOGRAFIA p. 26 2   
  • 3. INTRODUZIONE La lettura è un’attività ormai diventata fondamentale nella società contemporanea e nonostante sia considerata quasi automatica e priva di sforzi dalla maggior parte degli adulti, in realtà è un’abilità che nasconde numerosi processi ed elaborazioni sia fisiologiche che cognitive, che da anni vengono esaminate dagli studiosi. Partendo dalle prime scoperte sull’anatomia dell’occhio umano e passando dagli studi pionieristici del diciannovesimo secolo, le ricerche e l’interesse per i movimenti oculari nella lettura hanno cominciato ad evolversi e a perfezionarsi. Lo sviluppo maggiore si è avuto nella metà degli anni settanta, grazie al progresso tecnologico e all’uso incrociato dei computer con i sistemi oculometrici, che, attraverso la crescita dei sistemi di elaborazione elettronica di dati, permettevano l’analisi di enormi quantità di informazioni. Questo ha reso possibile la creazione di svariati modelli, esperimenti e teorie che continuano ancora oggi ad essere espansi e sviluppati. Uno dei più importanti e illustri studiosi che si è occupato di questo argomento è Keith Rayner, sui cui numerosi e importanti paradigmi ci soffermeremo durante questa trattazione, che fin dall’inizio della sua carriera (primi anni settanta) si è interessato ai processi percettivi e cognitivi della lettura. 3   
  • 4. CAPITOLO 1 MOVIMENTI OCULARI NELLA LETTURA 1.1 Fisiologia dei movimenti oculari Durante la lettura abbiamo l’impressione che i nostri occhi si muovano uniformemente lungo la pagina, ma in realtà essi procedono con una serie di rapidissimi salti da una posizione all’altra chiamati saccadi. Queste sono dei rapidi movimenti degli occhi utilizzati per spostare la zona d’interesse e farla coincidere con la fovea, la regione centrale della retina in cui l’acuità visiva è massima. I movimenti oculari hanno in genere una durata di 10-20 millisecondi e un’estensione di circa otto lettere o spazi. Circa il 10 % di questi movimenti sono regressioni, per il fatto che comportano lo spostamento all’indietro degli occhi lungo il testo. Tra una saccade e l’altra il nostro occhio è relativamente fermo per intervalli di circa 200-250 millisecondi, chiamati fissazioni, durante i quali si ritiene venga estrapolata e registrata l’informazione testuale (Eysenck & Keane, 2006). La quantità d’informazione che un lettore è in grado di elaborare ad ogni fissazione, chiamata span percettivo, viene influenzata dalla difficoltà del testo e dalla dimensione dei caratteri stampati. In genere esso ha un’estensione di 3 o 4 lettere a sinistra della fissazione e di 15 lettere a destra (Eysenck & Keane, 2006). Questa asimmetria si verifica probabilmente perché la maggior parte del testo informativo si trova a destra rispetto al punto di fissazione. La forma dell’asimmetria è chiaramente appresa, basti pensare al fatto che chi legge l’ebraico, che viene letto da destra verso sinistra, presenta l’asimmetria opposta (Pollatsek, Bolozky, Well e Rayner, 1981). 4   
  • 5. I movimenti degli occhi sono necessari a causa dell’anatomia della retina e delle limitazioni date dall’acuità all’esterno della fovea. Nella lettura, la linea del testo che il lettore sta guardando può essere divisa in tre regioni: la regione foveale (2 gradi di angolo visivi attorno al centro della fissazione), la regione parafoveale (5 gradi attorno alla fovea) e la regione periferica (tutto ciò che sta al di là della zona parafoveale). Benché l’acuità visiva sia molto buona nella fovea, non lo è altrettanto nella zona parafoveale ed è scarsa nella periferia. Le persone muovono i loro occhi per far sì che la fovea si posizioni sulla parte dello stimolo che vogliono vedere chiaramente, visto che tipicamente la maggior parte delle informazioni vengono processate attorno al punto di fissazione. E’ stato dimostrato che la durata della fissazione e la lunghezza delle saccadi nella lettura non sono correlate con le stesse misure nella percezione e nella ricerca visiva, nonostante i circuiti neurali che controllano il movimento oculare siano gli stessi (Rayner, Li, Williams, Cave & Well, 2007). Presumibilmente esistono delle differenze all’interno dei meccanismi cognitivi coinvolti nei diversi compiti e il modo in cui questi interagiscono con il sistema oculomotore. Nella tabella 1 (Rayner, 2009) vengono presentate le medie dei range della durata della fissazione e le medie della lunghezza della saccade tipicamente associati con la lettura silenziosa, la lettura ad alta voce, la percezione e la ricerca visiva. Tabella 1. SL FD (ms) Gradi Lettere Lettura silenziosa 225-250 2 7-9 Lettura ad alta voce 275-325 1.5 6-7 Percezione 260-330 4-5 Ricerca visiva 180-275 3 Note: FD durata media della fissazione; SL lunghezza della saccade. 5   
  • 6. I dati mostrano che la durata della fissazione nella lettura silenziosa ha un intervallo di 225–250 ms e la lunghezza della saccade va da 7 a 9 lettere per spazio per tutti i sistemi di scrittura alfabetici. Nella lettura ad alta voce quest’ultima risulta maggiore perché il lettore deve riprodurre oralmente ogni parola letta; è maggiore nella percezione rispetto alla lettura perché gli occhi (che si muovono più velocemente di quanto il lettore possa fare producendo le parole) rimangono spesso su uno spazio più a lungo di quanto servirebbe, in modo da non trovarsi troppo lontano dalla voce. Infine, l’intervallo della durata della fissazione della ricerca visiva è più esteso di tutti gli altri. I movimenti oculari nella lettura possono anche venire influenzati da variabili di tipo testuale. Quando il testo che si sta leggendo diventa concettualmente più complesso, causa un aumento della durata della fissazione, una diminuzione della lunghezza della saccade e un aumento della frequenza delle regressioni (Jacobson & Dod-well, 1979; Rayner & Pollatsek, 1989). Nonostante ciò, sappiamo che lo sguardo non si posa su tutte le parole. Questo dipende sia dalla loro funzione, sia dalla loro lunghezza. Per esempio, le parole dotate di contenuto (nomi comuni, verbi, ecc.) sono fissate per l’85% del tempo, mentre quelle funzionali (preposizioni e congiunzioni) lo sono solo per il 35%. Queste ultime, sono anche influenzate dal fatto di essere le più corte, quindi quelle con molte più possibilità di essere saltate: le parole di 2 o 3 lettere vengono fissate solo per circa il 25% del tempo, mentre quelle da 8 o più caratteri sono sempre fissate, in certi casi anche più di una volta (Rayner & McConkie, 1976). 6   
  • 7. 1.2 Metodologia della ricerca Per lo studio della lettura sono disponibili svariati metodi, ma quello probabilmente più utilizzato consiste nella registrazione dei movimenti oculari mediante il paradigma dello sguardo-contingenza (gaze-contingency paradigm). Questo consiste nell’utilizzo di un computer interfacciato con un sistema di tracciamento del movimento dell’occhio e con un display dello stimolo visivo. In questo tipo di paradigmi, il display stimolo viene continuamente aggiornato in base alla posizione dello sguardo degli osservatori. Questa tecnica porta a risultati affidabili e ha dato ai ricercatori la possibilità di osservare molto più nel dettaglio le caratteristiche temporali dell’input visivo, la durata della percezione e le differenze tra processamento centrale e periferico nella lettura. Il fatto che questo metodo non sia invasivo e che anche fornisca una dettagliata registrazione in tempo reale dei processi collegati all’attenzione, risultano due importanti vantaggi. Resta difficile stabilire con precisione quale tipo di elaborazione abbia luogo durante ogni singola fissazione e l’unica difficoltà per i soggetti che si sottopongono alla registrazione è l’obbligo di mantenere la testa ferma. La tecnica dello sguardo-contingenza è la base di diversi paradigmi sperimentali, ciascuno dei quali permette di indagare specifici processi cognitivi. Tra questi possiamo citare il paradigma della finestra mobile (McConkie & Rayner, 1975), il paradigma della maschera mobile (Rayner & Bertera, 1979) e il paradigma di confine (Rayner, 1975; Balota, Pollatsek & Rayner, 1985; Miellet & Sparrow, 2004), che vedremo nel dettaglio successivamente. E’ possibile misurare i movimenti oculari in tempo reale, anche senza utilizzare il paradigma sguardo-contingenza. Attuando una registrazione della lettura ad alta voce, si possono analizzare il tipo di errori commessi nel corso della lettura e i modi in cui i soggetti reagiscono a imprecisioni inserite volutamente nel testo. Da questo tipo di misurazione però, derivano tre tipi di problemi. Innanzi tutto sembra poco naturale a quasi tutti i soggetti adulti; in secondo luogo, come abbiamo visto precedentemente nella tabella 1, vi sono notevoli differenze tra la lettura ad alta voce e quella silenziosa; infine, gli errori commessi non sempre rispecchiano autentici errori di lettura, ma possono essere di tipo mnemonico, in quanto l’occhio durante la lettura supera la voce di circa due parole. 7   
  • 8. Nel 1989, Rayner e Pollatsek presentano un ulteriore metodo, composto da una varietà considerevole di tecniche, definite tecniche di identificazione, perché valutano il tempo necessario a identificare le singole parole. Tra queste possiamo trovare il compito di decisione lessicale (che consiste nel decidere se una serie di lettere formi o meno una parola) e il compito di denominazione (dire una parola il più velocemente possibile). La possibilità di garantire che un certo tipo di elaborazione sia stato eseguito su una determinata parola in un determinato lasso di tempo, è uno dei vantaggi principali di queste tecniche. Il fatto però che i normali processi di lettura vengano disturbati dal compito aggiuntivo e che non sia perfettamente chiaro quali siano i processi alla base della decisione lessicale o dei tempi di denominazione, risultano importanti limiti all’utilizzo di questo metodo. 8   
  • 9. CAPITOLO 2 PARADIGMI DEI MOVIMENTI OCULARI Nel seguente capitolo verranno trattati tre dei più importanti paradigmi utilizzati per analizzare la quantità d’informazioni che è possibile ricavare durante la lettura, attraverso l’uso della tecnica sguardo-contingenza. 2.1 Finestra mobile (moving-window) I lettori spesso hanno l’impressione di poter vedere chiaramente l’intera riga del testo o addirittura l’intera pagina; questa però è solo un’illusione, dimostrata dal paradigma della finestra mobile (McConkie & Rayner, 1975; Rayner & Bertera, 1979), uno dei primi utilizzati per studiare lo span della visione effettiva durante la lettura. La maggior parte del testo viene “mutilata”, eccetto che per un’area, o finestra, definita dallo sperimentatore, che circonda il punto di fissazione del lettore. Ad ogni movimento degli occhi, parti differenti del testo vengono eliminate, facendo sì che ci sia una lettura normale solo nell’ambito della regione della finestra. E’ possibile che una comprensione generale dell’essenza della scena possa essere estratta da una singola fissazione, ma che l’identificazione dell’oggetto sia limitata dall’abilità di estrarre dettagli nell’area parafoveale e nella periferia. Negli esperimenti che usano il paradigma della finestra mobile diviene possibile confrontare gli effetti di finestre di dimensioni diverse sulla prestazione della lettura. La logica sottostante è quella di variare la quantità di informazioni a disposizione e poi determinare quanto deve essere grande la finestra di testo, prima che i lettori leggano normalmente. Viceversa, bisogna anche determinare quanto piccola debba essere la finestra prima che ci sia un’interruzione della lettura. Negli esperimenti all’interno del testo, l’area della finestra viene normalmente misurata, ma, al di fuori, le lettere vengono sostituite (con altre lettere o con delle X o con un modello omogeneo di mascheramento). 9   
  • 10. Le ricerche che hanno utilizzato questo paradigma hanno dimostrato che lettori specializzati in lingua inglese e negli altri sistemi di scrittura alfabetica, ottengono informazioni utili da una regione che si estende circa da 3-4 spazi di carattere alla sinistra del punto di fissazione (McConkie & Rayner, 1976a; Rayner, Well, & Pollatsek, 1980b; Underwood & McConkie, 1985) a circa 14–15 spazi di carattere alla destra del punto di fissazione (DenBuurman, Boersma, & Gerrissen, 1981; McConkie & Rayner, 1975; Rayner & Bertera, 1979; Rayner, Well, Pollatsek, & Bertera, 1982; Underwood & McConkie, 1985; Underwood & Zola, 1986). Questa forma di asimmetria si verifica, come abbiamo già detto, poiché la maggior parte del testo con contenuto informativo si trova alla destra del punto di fissazione. La finestra appare un po’ più piccola in altre lingue (ebraico, cinese e giapponese), in termini del numero dei caratteri che possono essere processati; per le persone che leggono il cinese (che è letto da sinistra verso destra), lo span percettivo si estende da un carattere a sinistra del punto di fissazione a 2-3 caratteri alla sua destra (Chen & Tang, 1998; Inhoff & Liu, 1998); per gli ebrei è asimmetrico e risulta più largo a sinistra della fissazione (Pollatsek et al., 1981), visto che il testo viene letto da destra verso sinistra. Non è chiaro se questa differenza sia dovuta alle caratteristiche visive di queste ortografie o a fattori più centrali come il fatto che l’informazione dello stesso morfema è rappresentata in modo più compatto in queste lingue. Un'altra questione interessante è capire se i lettori siano in grado di acquisire informazioni utili dalla linea al di sotto di quella che si sta leggendo. Inhoff e Briihl nel 1991 e successivamente Inhoff e Topolski nel 1992, hanno affrontato questo tema in un esperimento, che prevedeva di chiedere ai lettori di leggere una riga di testo presa come target, ignorandone un’altra di distrazione, mentre venivano registrati i loro movimenti oculari; quando i lettori completavano una linea, dovevano premere un pulsante. Così facendo, veniva presentata la riga successiva, con al di sotto la relativa linea di distrazione. Le risposte date dai lettori alle domande a scelta multipla, poste alla fine del test, suggerivano una raccolta di informazioni da entrambe le linee. L’esame dettagliato dei movimenti oculari ha dimostrato che, a volte, lo sguardo si fissa anche sulla parte di testo di cui il lettore non avrebbe dovuto occuparsi; tuttavia, non è stata trovata alcuna prova che i lettori avessero ottenuto informazioni semantiche utili da questo testo. 10   
  • 11. Questo suggerisce che anche i fattori dell’attenzione giochino un ruolo importante nello span della visione effettiva. Il limite orizzontale risulta determinante per le considerazioni sull’abilità visiva, dato che le informazioni utili non sono estratte oltre i 5 gradi, anche se è presente solo una singola parola nella zona parafoveale (Rayner, McConkie & Ehrlich, 1978), o se non sono presenti informazioni utili nella fovea (Rayner & Bertera, 1979). Nella figura 1 (Rayner, 2009) possiamo osservare sette diversi esempi della tecnica della finestra mobile, sempre utilizzando due fissazioni. La riga superiore mostra una normale linea di testo. Le diverse tipologie di finestra mobile sono composti dai seguenti esempi: una finestra di 15 caratteri (7 caratteri a sinistra e a destra della fissazione), una finestra di 29 caratteri (14 caratteri a sinistra e a destra della fissazione), una finestra asimmetrica che si estende per 3 caratteri a sinistra della fissazione e 7 a destra (con la compilazione degli spazi tra una parola e l’altra), una finestra di una sola parola, una finestra di due parole, una di tre parole, e infine una finestra di due parole in cui le lettere al di fuori della finestra sono sostituite con lettere visivamente simili (prima linea) o con lettere casuali (seconda linea). 11   
  • 12. Figura 1. Esempi di paradigma di finestra mobile 12   
  • 13. I dati dimostrano che, generalmente, la lettura è più facile quando gli spazi tra le parole non vengono compilati; se la parola fissata e la parola alla sua destra si presentano disponibili su una singola fissazione (e le altre lettere sono sostituite con lettere visivamente simili), i lettori non sono consapevoli del fatto che le parole al di fuori della finestra non siano “normali” e la loro velocità di lettura diminuisce solo del 10% circa. Tuttavia, quando la finestra è piccola, le prestazioni di lettura sono generalmente migliori nel caso in cui al di fuori della finestra vi siano delle X rispetto a quando vi si trovano delle lettere. 13   
  • 14. 2.2 Paradigma di confine (boundary paradigm) La dimensione dello span percettivo indica che l’informazione parafoveale, cioè quella proveniente dalla regione esterna a quella foveale o centrale, viene utilizzata nel corso della lettura. Alcune delle evidenze sperimentali più convincenti derivano dall’uso del paradigma di confine (Rayner, 1975). Questo consiste nel presentare una frase con le seguenti caratteristiche: appena alla sinistra della parola presa come target, si trova un limite, un confine invisibile, mentre alla sua destra si pone inizialmente un’anteprima, che verrà sostituita dalla parola target appena il lettore compirà un movimento saccadico verso questa parola. L’anteprima presentata ha una durata di circa 20 -30 ms; può essere valida (la stessa parola) o meno, cioè può essere un'altra parola, una non-parola o una stringa casuale di lettere. Quando gli occhi del lettore attraversano il confine, l’anteprima è rimpiazzata dalla parola target. Visto che il cambiamento avviene nel corso di una saccade, quindi durante la soppressione saccadica della visione, i lettori non si rendono conto dell’identità delle anteprime e del cambiamento nella visualizzazione. Tuttavia, dai risultati si evince che la lunghezza della fissazione sulla parola bersaglio risulta inferiore quando questa è uguale alla parola dell’anteprima e maggiore quando l’anteprima non è valida (Reichle et al., 1998). La fonte del beneficio dell’anteprima non è rappresentata dalle informazioni semantiche, ma da quelle relative alle lettere iniziali e finali delle parole e dall'informazione fonologica. Tutte queste informazioni vengono integrate attraverso le saccadi. La figura 2 (Rayner & Castelhano, 2010) mostra un esempio di paradigma di confine. Nella riga in alto, l'anteprima non valida (ohbcnor) viene visualizzata inizialmente. Quando gli occhi del lettore attraversano il confine invisibile (|), l'anteprima è sostituita dalla parola target (addome). Gli asterischi rappresentano le posizioni delle fissazioni di una ipotetica lettera per ogni parola. 14   
  • 15. Figura 2. Esempio di paradigma di confine Margaret's tender| ohbcnor impaired her ability * * * Margaret's tender| abdomen impaired her ability * * * * Il paradigma di confine ci mostra gli effetti benefici dell’anteprima. Dodge, nel 1907, fu il primo a dimostrare che, se a un lettore viene presentata un’anteprima dello stimolo, prima di spostare gli occhi su di esso, il soggetto riuscirà a rispondervi molto più velocemente. Come abbiamo visto, nel 1975 Rayner, attraverso la tecnica dello sguardo contingente, utilizzata nel paradigma di confine, è riuscito a misurare l’importo del beneficio dell’anteprima, sottraendo il tempo di fissazione sulla parola target con una anteprima valida da quello con un’anteprima non valida. Questi effetti benefici sono importanti non solo per il risparmio di tempo, ma anche perché influiscono sull’integrazione di informazioni tra la fissazione attuale e quelle successive. 15   
  • 16. 2.3 Maschera mobile (moving-mask) Negli esperimenti della maschera mobile (Rayner & Bertera, 1979; Rayner, Inhoff, Morrison, Slowiaczek, & Bertera, 1981; Fine & Rubin, 1999a, 1999b, 1999c), una maschera visiva si muove in sintonia con ogni fissazione degli occhi, coprendo così le lettere al centro della visione. L’abilità di identificare una parola o una lettera diminuisce progressivamente se viene presentata fuori dalla fovea e man mano che ci si allontana dal punto di fissazione. Leggere, quindi, è molto difficile, se non impossibile, visto che al centro della zona foveale la visione è mascherata e solo le lettere nella zona parafoveale sono disponibili alla lettura. In sostanza, la tecnica della maschera mobile (o maschera foveale), che può essere considerato il contrario del paradigma della finestra mobile, crea uno scotoma centrale artificiale che imita i pazienti con danni al cervello, che effettivamente elimina il loro uso della visione foveale. Le dimensioni della maschera possono essere variate. Quando si presenta una maschera di piccole dimensioni i soggetti sono in grado di leggere la frase, senza difficoltà; con l’aumentare della dimensione della maschera però, la percentuale delle parole della frase trasmesse correttamente, diminuisce drasticamente. Nel 18% dei casi (Rayner & Bertera, 1979), in cui la maschera foveale andava da 13 a 17 caratteri, i soggetti non riescono neanche ad indovinare la parte di testo nascosta al loro sguardo; sono consapevoli delle parole nella zona parafoveale e nella periferia, ma non sono in grado di identificarle. Con una maschera di dimensioni maggiori, le uniche parole che si riescono a comprendere sono quelle più corte di quattro lettere, in particolare quando queste si trovano all’inizio o alla fine della frase 16   
  • 17. Nella figura 3 (Rayner, 1998), possiamo vedere un esempio di due fissazioni successive per ogni tecnica fin qui analizzata: finestra mobile, maschera mobile (o foveale) e paradigma di confine. Il punto di fissazione è contrassegnato da un asterisco. La prima riga mostra una normale linea di testo. Per la finestra mobile si è utilizzata una finestra di 17 lettere (con le altre lettere sostituite da X e la conservazione degli spazi tra le parole). Le due righe seguenti mostrano la tecnica della maschera mobile con un oscuramento di 7 lettere. Le due righe finali mostrano un esempio del paradigma confine. Figura 3. 17   
  • 18. CAPITOLO 3 SVILUPPI DEI PARADIGMI I tre importanti paradigmi analizzati nel precedente capitolo, sono risultati essere fondamentali per lo sviluppo di altri studi e per le recenti scoperte riguardanti i movimenti oculari nella lettura. Questi sono stati variati, integrati fra di loro o ad altri, o semplicemente ripresi, per cercare di arrivare a risultati sempre migliori. Andremo ora ad esaminarne alcuni delle più rilevanti. Finestra mobile Nel corso degli anni si è cercato di misurare in vari modi la dimensione del campo percettivo nella lettura, non sapendo però se fosse meglio ragionare in termini di lettere o di parole, visto che si riscontrano differenze a sinistra e a destra del punto di fissazione. Rayner e Pollatsek nel 1980, hanno rilevato che il limite sinistro del campo percettivo si colloca all’inizio della parola che si sta fissando; Rayner et al. nel 1982, invece, hanno rilevato che il suo limite destro è definito in termini di lettere. Gli autori, utilizzando il paradigma della finestra mobile, hanno fatto un confronto tra le prestazioni di lettura nella situazione in cui la finestra è stata definita in termini di numero di lettere a disposizione alla destra della fissazione, e quelle in cui la finestra viene definita in base al numero di parole alla destra della fissazione. I risultati dimostrano come non vi sia alcuna differenza tra i due tipi di finestra, quando queste erano più o meno simili nel formato. Un’analisi dettagliata ha rivelato che le prestazioni in condizioni di finestra- parola, potrebbero essere previste con estrema precisione conoscendo il numero di lettere disponibili per ogni fissazione; le prestazioni in condizioni di finestra-lettera, contrariamente, non possono essere previste, anche se si conosce il numero di parole disponibili su ogni fissazione. Quindi, sarebbe meglio definire la dimensione dello span percettivo come numero di lettere a disposizione alla destra di fissazione. Il paradigma della finestra mobile viene ripreso da Rayner e Fisher (1987a, 1987b). Gli autori danno agli osservatori il compito di ricercare una specifica lettera target in mezzo a stringhe di lettere disposte in orizzontale. La dimensione dello span percettivo varia in 18   
  • 19. funzione della difficoltà delle lettere usate come distrattori; quando queste erano simili alla lettera target, lo span percettivo era più piccolo rispetto a quando differivano di molto dalla lettera target. Integrazioni tra paradigmi della finestra e della maschera mobile Per comprendere appieno la questione del controllo dei movimenti oculari, bisogna esaminare cosa comportino due sue componenti essenziali: il “dove” e il “quando”. E’ necessario, cioè, capire cosa determini la posizione e il momento in cui si spostano gli occhi, analizzando anche se vi sia una correlazione tra queste due caratteristiche. Per fare ciò, Rayner e Pollatsek, in un esperimento del 1981, hanno utilizzato il paradigma della finestra mobile, integrato a quello della maschera mobile. Per prima cosa gli autori hanno variato la dimensione della finestra da fissazione a fissazione, scoprendo che la grandezza della saccade variava in funzione della dimensione della finestra immediatamente precedente. Così, presentando una finestra piccola, la dimensione della saccade era minore rispetto a quella di una finestra grande. In secondo luogo, il testo è stato ritardato attraverso l’uso di una maschera, presentata al momento della comparsa di una fissazione (con il tempo del ritardo variabile in modo casuale da fissazione a fissazione). Rayner e Pollatsek constatano che una grande percentuale della durata della fissazione varia a seconda del ritardo. Da questo deriva il fatto che la maggior parte delle fissazioni nella lettura sono sotto il diretto controllo cognitivo, nonostante vi fosse anche un sottoinsieme delle fissazioni che sembrava essere pre-programmato (Morrison, 1984). E’ importante sottolineare che le manipolazioni interessano la grandezza della saccade e la durata della fissazione in modo indipendente, rafforzando l'opinione che il “dove” e il “quando” siano in qualche modo indipendenti. In generale, la decisione di dove attuare lo spostamento successivo è dovuta in gran parte alle proprietà di basso livello del testo, mentre la decisione di quando muovere gli occhi è dovuto in gran parte a proprietà lessicali della parola fissata (Rayner 1998). 19   
  • 20. Anche Bertera e Rayner (2000) hanno svolto ricerche che utilizzavano sia la tecnica della finestra mobile, sia quella della maschera mobile. In questi esperimenti si presentano serie casuali di lettere in cui il soggetto deve riconoscerne una presa come target. Le dimensioni delle serie vengono variate (queste erano di 13 per 10 gradi, 6 per 6 gradi, o 5 per 3.5 gradi), ma il numero degli elementi rimane costante, quindi la serie più piccola presenta un maggior addensamento delle informazioni. La dimensione della maschera era di 0.3, 1, 1.7, 2.3, o 3 gradi; la dimensione della finestra era di 1, 2.3, 3.7, 5 e 5.7 gradi. Viene effettuata anche una condizione di controllo, in cui non sono presenti né la maschera, né la finestra. Non sorprende il fatto che la maschera mobile abbia un effetto deleterio sul tempo e sull’accuratezza: più larga è la maschera, maggiore sarà il tempo, più fissazioni vengono eseguite, maggiore sarà il tempo impiegato per le fissazioni. Le dimensioni della serie influenzano quelle della saccade, mentre hanno solo un piccolo effetto sulla grandezza della maschera. Nella condizione della finestra mobile, la migliore prestazione della ricerca è stata ottenuta quando la finestra era di 5 gradi (tutte le lettere che stavano entro i 2.5 gradi dal punto di fissazione erano visibili con questa dimensione della finestra, mentre tutte le altre erano mascherate). Prendendo spunto da questo esperimento di Bertera e Rayner e da altri studi in cui si utilizzava la tecnica dello sguardo contingente (Greene, 2006; Greene & Rayner, 2001b; Pomplun, Reingold, & Shen, 2001), Cornelissen, Bruin, e Kooijman (2005), chiedono ai lettori di cercare una lettera target “O” tra i distrattori. La ricerca consisteva nella presentazione di una matrice esagonale 7_5 (tre file di sette e due file di sei oggetti ciascuno) contenente 32 “C” (distrattori) e una sola “O” (il target). La dimensione della matrice globale è stata di 38_28 gradi; la maschera e la finestra possono essere di 5, 10 o 15 gradi. Gli autori hanno rilevato che i tempi di ricerca, la durata e il numero delle fissazioni aumentano e che la dimensione della finestra diminuisce. Tuttavia in questi studi, la lunghezza della saccade sembra essere maggiormente colpita dalle manipolazioni effettuate sulle dimensioni della finestra e della maschera, rispetto allo studio iniziale di Bertera e Rayner. E’ difficile generalizzare e far un confronto tra i risultati dei due studi, visto che in quest’ultimo la matrice delle variabili aveva un’estensione maggiore e risultava più strutturata. Quel che è certo è il fatto che le dimensioni della matrice e la maschera foveale, che crea un finto scotoma centrale, forniscono una più grande interruzione nella ricerca visiva, creando una visione a tunnel. 20   
  • 21. Paradigma di confine Anche il paradigma di confine viene riutilizzato, per esempio in un esperimento di McConkie e Hogaboam (1985). In questa variante, i soggetti leggono silenziosamente un testo mentre i loro movimenti oculari vengono monitorati; ad un certo punto alcuni spazi dello schermo vengono mascherati, o semplicemente rimossi, dallo sperimentatore e al soggetto viene chiesto di riportare l’ultima parola che è riuscito a leggere. E’ considerato un problema il fatto che il soggetto possa essere in grado di riconoscere una parola anche se non l’ha propriamente vista, indovinandola in base al contesto precedente. Nonostante ciò, i risultati sono coerenti con gli studi di Rayner. Nella figura 4 (Rayner & Pollatsek, 1989), si può trovare un esempio della distribuzione di frequenza della posizione dell'ultima parola letta. Viene rappresentata sia la condizione con mascheramento, sia quella in cui il testo viene rimosso. Figura 4. 21   
  • 22. La posizione 0 rappresenta l’ultima parola letta, l’1 quella alla sua destra e così via. La distanza viene misurata prendendo come unità una parola, senza differenze in base alla lunghezza. I due autori trovano che la parola che i lettori riportano più frequentemente è l’ultima su cui si erano fissati, anche se la parola alla destra della fissazione era riportata abbastanza spesso. Tuttavia le parole alla sinistra della parola fissata e anche due o più parole alla sua destra vengono raramente riportate. Benefici dell’anteprima  Come abbiamo visto nel paradigma di confine, non è da mettere in dubbio il fatto che gli osservatori, durante la ricerca, possano trarre benefici dall’anteprima. Questi dipendono dal grado di difficoltà della parola fissata: se risulta troppo difficile da processare, il lettore avrà solo uno scarso, o addirittura, nessun beneficio dalla parola alla destra della fissazione (Henderson & Ferreira, 1990; Kennison & Clifton, 1995; White, Rayner & Liversedge, 2005a); quando invece si riesce a processare senza fatica la parola, il lettore ha un miglior beneficio (Balota et al. 1985; Drieghe et al, 2005b). Tipicamente negli studi che la utilizzano, si può presentare una visione con un'anteprima della matrice di ricerca o parte della matrice, per un periodo di tempo limitato (ad esempio 500 ms), oppure nessuna anteprima in una condizione di controllo. In generale, si trova (Watson & Inglis, 2007) che ci siano meno fissazioni sugli stimoli previsti e che, se sono fissati, lo sono per durate più brevi, nella condizione di anteprima rispetto a quella di controllo. In una variante del paradigma di presentazione dell’anteprima, Van Zoest, Lleras, Kingstone e Enns (2007), attraverso l’utilizzo di tre diversi esperimenti, hanno esaminato le relazioni possibili tra il centro spaziale di attenzione e una ripresa della ricerca visiva, dopo una breve interruzione effettuata dallo sperimentatore. Gli autori hanno dimostrato che quando un display di ricerca è stato nascosto per 900 ms ed è stato ripresentato durante la ricerca, gli osservatori sono stati rapidi a rispondere ai target che erano vicini al punto di fissazione, appena prima dell'interruzione. Quando invece, in condizioni simili, è stato utilizzato un paradigma dello sguardo contingente per presentare il bersaglio al punto di fissazione attuale dopo una piccola interruzione, che provoca l'intervallo vuoto, gli spettatori non sono stati rapidi a rispondere. In effetti, questi si dimostrano più bravi a 22   
  • 23. rispondere al bersaglio se autonomamente trovato, presumibilmente grazie a qualche anteprima derivata dalla fissazione precedente. Paradigma dell’ ingrandimento parafoveale Miellet, O'Donnell e Sereno nel 2009 vogliono riuscire ad indagare i meccanismi dell’attenzione eliminando l’effetto dell’acuità visiva. Per farlo hanno implementato un nuovo paradigma di lettura, chiamato ingrandimento parafoveale (parafoveal magnification). Questo implica l’ingrandimento del testo parafoveale in tempo reale, fissazione per fissazione, in modo da far pareggiare il suo impatto visivo con quello del testo foveale, in cui l’acuità visiva è massima. La figura 5 (Miellet, O'Donnell & Sereno, 2009), mostra una rappresentazione di una parte di testo, letta mediante il paradigma dell’ingrandimento parafoveale, in cui il punto di fissazione del lettore è indicato da una freccia, che si sposta consecutivamente, linea per linea, in modo cronologico. Figura 5. 23   
  • 24. Gli esperimenti svolti dagli autori confermano la base attenzionale dei movimenti oculari nella lettura, visto che riescono a dimostrare come l’utilizzo di questo paradigma non faccia aumentare la quantità di testo che viene elaborata e che anche quando viene aumentata la dimensione dell’informazione parafoveale, l’attenzione visiva è posizionata in modo seriale da parola a parola. CONCLUSIONI Da oltre 70 anni (Buswell, 1922), anche se i movimenti oculari sono stati misurati attraverso svariati metodi diversi tra loro, le tendenze dei dati riscontrati sono molto coerenti. In una visione generale, quando l’abilità di lettura aumenta, diminuiscono la frequenza delle regressioni, il numero e la durata delle fissazioni, mentre aumenta la lunghezza della saccade.   Le misure effettuate sui movimenti oculari possono essere usate per comprendere i processi cognitivi nella lettura (Just & Carpenter, 1980; McConkie, Hogaboam, Wolverton, Zola & Lucas, 1979; Rayner, 1978b; Rayner, Sereno, Morris, Schmauder & Clifton, 1989). Per esempio, vi sono abbondanti prove riguardo il fatto che la frequenza di una parola fissata, influenzi il tempo speso dai lettori per guardarla (Inhoff & Rayner, 1986; Rayner & Duffy, 1986). Le proprietà di questa determinata parola modulano il tempo di fissazione e di conseguenza della loro variabilità. E’ anche presente una componente puramente motoria (Kowler & Anton, 1987), visto che quando viene eliminata l'incertezza sia spaziale, sia temporale riguardo il punto dove muovere gli occhi e il momento in cui muoverli, la variabilità nella latenza dei movimenti oculari viene ancora riscontrata (Rayner, Slowiaczek, et al, 1983; Salthouse & Ellis, 1980). A causa di ciò, il segnale cognitivo del movimento degli occhi risulta difficile da registrare, ma, come abbiamo visto, nel corso degli ultimi 20 anni sono stati fatti dei grandi passi avanti per riuscire a comprendere il rapporto tra movimenti oculari e lettura. 24   
  • 25. I movimenti oculari nella lettura sono stati, infatti, ampiamente esaminati e trattati, permettendo di raccogliere una grande quantità di informazioni soprattutto dagli anni settanta in poi. Gli esperimenti e le ricerche sono riusciti a raggiungere un alto livello di conoscenze grazie al paradigma sguardo-contingenza, che è risultato essere fondamentale per studiare specifici processi cognitivi. Il suo utilizzo nelle tecniche della finestra mobile, della maschera mobile e del paradigma di confine, ha permesso uno sviluppo sempre crescente in questo campo, in particolare per le nuove scoperte riguardanti il campo percettivo, i benefici dell’anteprima, l’estrapolazione delle informazioni dalla zona parafoveale e i contributi ai concetti di fissazione e saccadi. Negli sviluppi più recenti il paradigma dello sguardo-contingenza è stato utilizzato non solo negli studi sui movimenti oculari nella lettura, ma anche nei settori di percezione della scena e di ricerca visiva. Possiamo citare, per esempio, gli esperimenti di Caldara, Zhou e Miellet (2010), che si sono occupati dei movimenti oculari nel riconoscimento dei volti, avendo come soggetti persone di culture diverse. Lo studio dei movimenti oculari nella lettura è un argomento in continua espansione, che, grazie alla costante crescita tecnologica, può trovare sempre nuovi scopi e utilizzi. Basti pensare alle recenti nuove applicazioni in campi ancora in via di sviluppo, come l’ergonomia, la scienza che si occupa dell’interazione tra l’utente e il mezzo utilizzato, con lo scopo di arrivare alla soddisfazione del primo e al miglioramento del secondo. Questa nuova branca della psicologia è risultata essere utile, per esempio, nello studio dei comportamenti del consumatore, nella navigazione in internet e nella creazione di siti web. Un altro ambito in cui viene già usato, come ausilio a persone disabili, è quello clinico, permettendo loro di comunicare solamente grazie al controllo dei propri movimenti oculari. 25   
  • 26. BIBLIOGRAFIA Rayner K. (2009), Eye movements and attention in reading, scene perception, and visual Search, The Quarterly Journal of Experimental Psychology, 62:8, 1457-1506 Rayner K. and Pollatsek A. (1992), Eye Movements and Scene Perception, Canadian Journal of Psychology, 46:3, 342-376 Rayner K., Reichle E. D., Stroud M. J., Williams C.C. and Pollatsek A. (2006), The Effect of Word Frequency, Word Predictability, and Font Difficulty on the Eye Movements of Young and Older Readers, Psychology and Aging Vol. 21, No. 3, 448–465 Rayner K., Castelhano M. S and Yang J. (2009), Eye Movements and the Perceptual Span in Older and Younger Readers, Psychology and Aging Vol. 24, No. 3, 755–760 Rayner K. (1998), Eye Movements in Reading and Information Processing: 20 Years of Research, Psychological Bulletin Vol. 124, No. 3, 372-422 Rayner K., M.S. Castelhano and J. Yang (2010), Preview Benefit During Eye Fixations in Reading for Older and Younger Readers, Psychology and Aging Vol. 25, No. 3, 714–718 Underwood N.R. and McConkie G.W. (1985), Perceptual span for letter distinctions during reading, Reading Research Quarterly, Vol. 20, No. 2, 153-162 Rayner K., Slattery T.J. and Bélanger N.N. (2010), Eye movements, the perceptual span, and reading speed, Psychonomic Bulletin & Review, 17 (6), 834-839 Rayner K. and J.H. Bertera (1979), Reading Without a Fovea, Science, Vol. 206, 468-469 McConkie G.W. and Rayner K. (1975), The span of the effective stimulus during a fixation in reading, Perception & Psychophysics, 17, 578–86 McConkie G.W. and Rayner K. (1976), Asymmetry of the perceptual span in reading, Bulletin of the Psychonomic Society, 8, 365–68 Rayner K. (1975), The perceptual span and peripheral cues in reading, Cognitive Psychology, 7, 65–81 26   
  • 27. Pollatsek A. and Rayner K. (1990), Eye movements, the eye-hand span, and the perceptual span in sight-reading of music, Current Directions in Psychological Science, 49–53 Reichle E.D., Pollatsek A., Fisher D.L. and Rayner K. (1998), Toward a model of eye movement control in reading, 105 (1), 125-157. McConkie G.W. and Rayner K. (1975), The span of the effective stimulus during a fixation in reading, Perception and Psychophysics, 17, 578 – 586. Underwood N.R. and Zola D. (1986), The Span of Letter Recognition of Good and Poor Readers, Reading Research Quarterly, Vol. 21, No. 1, 6-19 McClelland J.L. and O’Regan J.K. (1981), Expectations Increase the Benefit Derived From Parafoveal Visual Information in Reading Words Aloud, Journal of Experimental Psychology: Human Perception and Performance, Vol. 7, No. 3, 634-644 Rayner K. and Pollatsek A. (1989), The Psychology of Reading, Prentice Hall. Eysenck K. and Keane M.T. (2006), Cognitive Psychology: A student's Handbook, 5th Edition, Psychology Press, Cap. 9 Miellet S., O'Donnell P.J. and Sereno S.C. (2009), Parafoveal Magnification: Visual Acuity Does Not Modulate the Perceptual Span in Reading, Psychological Science, 20, 721-728 Castelhano M.S. and Henderson J.M. (2008), Stable Individual Differences Across Images in Human Saccadic Eye Movements, Canadian Journal of Experimental Psychology, Vol. 62, No. 1, 1–14 Van Zoest W., Lleras A., Kingstone A.F. and Enns J.T. (2007), In sight out of mind: The role of eye movements in the rapid resumption of visual search, Perception & Psychophysics, 69, 1204-1217 Greene H. and Rayner K. (2001a), Eye movements and familiarity effects in visual search, Vision Research, 41, 3763-3773 Greene H. and Rayner K. (2001b), Eye-movement control in direction-coded visual search, Perception, 29, 363-372 27   
  • 28. Pomplun M., Reingold E.M. and Shen J. (2001), Peripheral and parafoveal cueing and masking effects on saccadic selectivity in a gaze-contingent window paradigm, Vision Research, 41, 2757-2769 Buswell G.T. (1922), Fundamental reading habits: A study of their development, Chicago, IL: University of Chicago Press Watson D.G. and Inglis M. (2007), Eye movements and time-based selection: where do the eyes go in preview search?, Psychonomic Bulletin & Review, 14 (5), 852-857 Kelly D.J., Miellet S. and Caldara R. (2010), Culture shapes eye movements for visually homogeneous objects, Frontiers in psychology, Vol. 1, Art. 6           28