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Questo sonetto ha per tema la sera, metafora della
morte vista come approdo di pace. Vi si esprime il
motivo romantico della continua aspirazione a una
pace che viene negata da una realtà ostile. La serenità
della natura spegne per un momento le ansie del
poeta , nonostante egli sia convinto che il destino è
avverso all’uomo e che oltre la morte non ci sia nulla.
Tipicamente romantica è anche la compresenza di
elementi contrastanti: la vita e la morte, l’ansia e la
pace. Ma la forma, armoniosa ed equilibrata, conferisce
alla poesia una pacatezza classica.
Ugo Foscolo nacque nel 1778 a Zante, isola greca allora
possedimento della repubblica di San Marco. Rimasto orfano di
padre in giovane età, dovette lasciare l’isola natale e trasferirsi a
Venezia con la madre e i due fratelli.
Nella prima giovinezza partecipò attivamente alla lotta politica
per orientare in senso democratico la repubblica veneziana;
con l’arrivo di Napoleone nel 1797 le sue speranze sembrarono
realizzarsi, ma con il trattato di Campoformio nel quale
Bonaparte cede Venezia all’impero d’Austria, Foscolo è
costretto ad uno esilio volontario, si trasferisce prima a Milano,
poi a Bologna e Firenze e poi di nuovo a Milano.
Continua a sostenere Napoleone combattendo come ufficiale di
cavalleria nell’armata francese. Nel 1808 diventa professore
all’università di Pavia.
Nel 1814,dopo l’esilio di Napoleone all’isola d’Elba e la caduta del regno d’Italia, preferisce allontanarsi da
Milano, tornata sotto il dominio austriaco, e si rifugia prima in Svizzera e poi in Inghilterra.
Lontano dall’Italia, povero e malato, viene assistito da sua figli Floriana, nata da una breve relazione con
una inglese, e trova conforto nell’attività letteraria.
          Muore in un villaggio presso Londra nel 1827. Nel 1871 le sue spoglie vengono traslate a Firenze
nella basilica di Santa Croce dove sono sepolti molti grandi personaggi della cultura italiana.
O sera a me si cara vieni forse perchè tu
sei l’immago¹ della fatal quiete! Sempre
scendi invocata, e le segrete vie del mio
cor soavemente tieni quando ti corteggian
liete le nubi estive e i zeffiri² sereni,
e quando dal nevoso aere³ inquiete
tenebre e lunghe all’universo meni. Mi fai
vagar co’ i miei pensieri su l’orme che
vanno al nulla eterno⁴; e intanto questo
reo tempo⁵ fugge, e van con lui le torme
delle cure⁶ onde meco egli si strugge; e
mentre io guardo la tua pace, dorme
quello spirto.
Forse perché della fatal quïete

               tu sei l'immago a me sì cara
vieni
                                 o sera! E
quando ti corteggian liete

   le nubi estive e i zeffiri sereni,

e quando dal nevoso aere inquïete

         tenebre e lunghe all'universo meni

                           sempre scendi
invocata, e le secrete
                                             vie
del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
Forse perché della fatal quïete

               tu sei l'immago a me sì cara
vieni
                                 o sera! E
quando ti corteggian liete

   le nubi estive e i zeffiri sereni,

e quando dal nevoso aere inquïete

         tenebre e lunghe all'universo meni

                           sempre scendi
invocata, e le secrete
                                             vie
del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
L’enjambement è una figura retorica che consiste nel
    far protrarre la frase nel verso successivo, senza
  rispettare la pausa di fine verso, legandola al verso
                       precedente:

              tu sei l'imago a me sì cara vieni
            o sera! E quando ti corteggian liete
               le nubi estive e i zeffiri sereni,

            e quando dal nevoso aere inquiete
            tenebre e lunghe all'universo meni
           sempre scendi invocata, e le secrete
             vie del mio cor soavemente tieni.
Forse perché della fatal quïete

               tu sei l'immago a me sì cara
vieni
                                 o sera! E
quando ti corteggian liete

   le nubi estive e i zeffiri sereni,

e quando dal nevoso aere inquïete

         tenebre e lunghe all'universo meni

                           sempre scendi
invocata, e le secrete
                                             vie
del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
L’ossimoro è una figura retorica, si ha quando
 vengono accostate due parole di significato
                  opposto.
Forse perché della fatal quïete

               tu sei l'immago a me sì cara
vieni
                                 o sera! E
quando ti corteggian liete

   le nubi estive e i zeffiri sereni,

e quando dal nevoso aere inquïete

         tenebre e lunghe all'universo meni

                           sempre scendi
invocata, e le secrete
                                             vie
del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
L’antitesi è una figura retorica, consiste
nell’accostare due frasi di significato opposto.


    e mentre io guardo la tua pace, dorme
   quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.

     Il tema della pace che induce alla riflessione e alla
          tranquillità si oppone a quello dello spirito
            guerriero che incoraggia alla battaglia.
Forse perché sei l’immagine della morte
Forse perché della fatal quïete
                                                     che dona la quiete; tu sei per me così cara,
                                                     o sera! Sia quando ti accompagnano
          tu sei l'immago a me sì cara vieni
                                                     festosamente le leggere nubi dell’estate e i
                                                     venti tiepide della primavera che
                 o sera! E quando ti corteggian
                                                     rasserenano l’aria, sia quando attraverso
liete
                                                     l’aria fredda di neve conduci lunghe notti
                        le nubi estive e i zeffiri
                                                     sconvolte dalla tormenta, scendi sempre
sereni,
                                                     desiderata da e prendi possesso con
                                                     dolcezza dei sentieri nascosti che portano
e quando dal nevoso aere inquïete
                                                     al mio cuore. Fai vagare i miei pensieri sulle
                                                     tracce che vanno verso la morte e intanto
   tenebre e lunghe all'universo meni
                                                     fugge questo tempo malvagio e doloroso e
                                                     vanno con lui la grande quantità delle
               sempre scendi invocata, e le
                                                     preoccupazioni assieme alle quali si
secrete
                                                     consuma la mia vita e mentre guardo la tua
                         vie del mio cor
                                                     pace, dorme quell’animo inquieto e
soavemente tieni.
                                                     combattivo che ruggisce dentro il mio
                                                     cuore.
Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
L’autore sembra essersi già posto implicitamente delle domande che il lettore può forse solo
immaginare dopo aver letto gli ultimi versi. Il poeta, in un difficile periodo personale di vita e
della sua patria, è lacerato da uno spirito ribelle che tormenta il suo animo, ma al calar della
sera questo sentimento si assopisce perché la sera è immagine e anticipazione della morte.
Si può osservare che il sonetto foscoliano esce dallo schema consueto che associa la sera placida
alla pace interiore (come in “La mia sera” di Giovanni Pascoli). Anche la sera tempestosa o cupa
dell’inverno è pur sempre, in quanto immagine di morte, portatrice di serenità. Foscolo fa una
sorta di analisi della sua esistenza nel momento in cui viene la sera, come quando la giornata
finisce e si fa un resoconto di ciò che si è vissuto.
Il sonetto segue lo schema metrico ABAB ABAB CDC DCD. La struttura fedele alla tradizione
viene però interamente modificata con alcuni enjambement ai versi 5-6, 7-8, 10- 11, 11-12,.
Quest’ultimo è particolarmente forte in quanto cade fra una terzina e l’altra, dove di solito si
pone una pausa marcata. Anche tra le quartine, invece della pausa, c’è continuità sintattica,
sottolineata dal parallelismo: “E quando... e quando”.
Barocco

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  • 1.
  • 2. Questo sonetto ha per tema la sera, metafora della morte vista come approdo di pace. Vi si esprime il motivo romantico della continua aspirazione a una pace che viene negata da una realtà ostile. La serenità della natura spegne per un momento le ansie del poeta , nonostante egli sia convinto che il destino è avverso all’uomo e che oltre la morte non ci sia nulla. Tipicamente romantica è anche la compresenza di elementi contrastanti: la vita e la morte, l’ansia e la pace. Ma la forma, armoniosa ed equilibrata, conferisce alla poesia una pacatezza classica.
  • 3. Ugo Foscolo nacque nel 1778 a Zante, isola greca allora possedimento della repubblica di San Marco. Rimasto orfano di padre in giovane età, dovette lasciare l’isola natale e trasferirsi a Venezia con la madre e i due fratelli. Nella prima giovinezza partecipò attivamente alla lotta politica per orientare in senso democratico la repubblica veneziana; con l’arrivo di Napoleone nel 1797 le sue speranze sembrarono realizzarsi, ma con il trattato di Campoformio nel quale Bonaparte cede Venezia all’impero d’Austria, Foscolo è costretto ad uno esilio volontario, si trasferisce prima a Milano, poi a Bologna e Firenze e poi di nuovo a Milano. Continua a sostenere Napoleone combattendo come ufficiale di cavalleria nell’armata francese. Nel 1808 diventa professore all’università di Pavia. Nel 1814,dopo l’esilio di Napoleone all’isola d’Elba e la caduta del regno d’Italia, preferisce allontanarsi da Milano, tornata sotto il dominio austriaco, e si rifugia prima in Svizzera e poi in Inghilterra. Lontano dall’Italia, povero e malato, viene assistito da sua figli Floriana, nata da una breve relazione con una inglese, e trova conforto nell’attività letteraria. Muore in un villaggio presso Londra nel 1827. Nel 1871 le sue spoglie vengono traslate a Firenze nella basilica di Santa Croce dove sono sepolti molti grandi personaggi della cultura italiana.
  • 4.
  • 5. O sera a me si cara vieni forse perchè tu sei l’immago¹ della fatal quiete! Sempre scendi invocata, e le segrete vie del mio cor soavemente tieni quando ti corteggian liete le nubi estive e i zeffiri² sereni, e quando dal nevoso aere³ inquiete tenebre e lunghe all’universo meni. Mi fai vagar co’ i miei pensieri su l’orme che vanno al nulla eterno⁴; e intanto questo reo tempo⁵ fugge, e van con lui le torme delle cure⁶ onde meco egli si strugge; e mentre io guardo la tua pace, dorme quello spirto.
  • 6. Forse perché della fatal quïete tu sei l'immago a me sì cara vieni o sera! E quando ti corteggian liete le nubi estive e i zeffiri sereni, e quando dal nevoso aere inquïete tenebre e lunghe all'universo meni sempre scendi invocata, e le secrete vie del mio cor soavemente tieni. Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
  • 7. Forse perché della fatal quïete tu sei l'immago a me sì cara vieni o sera! E quando ti corteggian liete le nubi estive e i zeffiri sereni, e quando dal nevoso aere inquïete tenebre e lunghe all'universo meni sempre scendi invocata, e le secrete vie del mio cor soavemente tieni. Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
  • 8. L’enjambement è una figura retorica che consiste nel far protrarre la frase nel verso successivo, senza rispettare la pausa di fine verso, legandola al verso precedente: tu sei l'imago a me sì cara vieni o sera! E quando ti corteggian liete le nubi estive e i zeffiri sereni, e quando dal nevoso aere inquiete tenebre e lunghe all'universo meni sempre scendi invocata, e le secrete vie del mio cor soavemente tieni.
  • 9. Forse perché della fatal quïete tu sei l'immago a me sì cara vieni o sera! E quando ti corteggian liete le nubi estive e i zeffiri sereni, e quando dal nevoso aere inquïete tenebre e lunghe all'universo meni sempre scendi invocata, e le secrete vie del mio cor soavemente tieni. Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
  • 10. L’ossimoro è una figura retorica, si ha quando vengono accostate due parole di significato opposto.
  • 11. Forse perché della fatal quïete tu sei l'immago a me sì cara vieni o sera! E quando ti corteggian liete le nubi estive e i zeffiri sereni, e quando dal nevoso aere inquïete tenebre e lunghe all'universo meni sempre scendi invocata, e le secrete vie del mio cor soavemente tieni. Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
  • 12. L’antitesi è una figura retorica, consiste nell’accostare due frasi di significato opposto. e mentre io guardo la tua pace, dorme quello spirto guerrier ch'entro mi rugge. Il tema della pace che induce alla riflessione e alla tranquillità si oppone a quello dello spirito guerriero che incoraggia alla battaglia.
  • 13. Forse perché sei l’immagine della morte Forse perché della fatal quïete che dona la quiete; tu sei per me così cara, o sera! Sia quando ti accompagnano tu sei l'immago a me sì cara vieni festosamente le leggere nubi dell’estate e i venti tiepide della primavera che o sera! E quando ti corteggian rasserenano l’aria, sia quando attraverso liete l’aria fredda di neve conduci lunghe notti le nubi estive e i zeffiri sconvolte dalla tormenta, scendi sempre sereni, desiderata da e prendi possesso con dolcezza dei sentieri nascosti che portano e quando dal nevoso aere inquïete al mio cuore. Fai vagare i miei pensieri sulle tracce che vanno verso la morte e intanto tenebre e lunghe all'universo meni fugge questo tempo malvagio e doloroso e vanno con lui la grande quantità delle sempre scendi invocata, e le preoccupazioni assieme alle quali si secrete consuma la mia vita e mentre guardo la tua vie del mio cor pace, dorme quell’animo inquieto e soavemente tieni. combattivo che ruggisce dentro il mio cuore. Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
  • 14. L’autore sembra essersi già posto implicitamente delle domande che il lettore può forse solo immaginare dopo aver letto gli ultimi versi. Il poeta, in un difficile periodo personale di vita e della sua patria, è lacerato da uno spirito ribelle che tormenta il suo animo, ma al calar della sera questo sentimento si assopisce perché la sera è immagine e anticipazione della morte. Si può osservare che il sonetto foscoliano esce dallo schema consueto che associa la sera placida alla pace interiore (come in “La mia sera” di Giovanni Pascoli). Anche la sera tempestosa o cupa dell’inverno è pur sempre, in quanto immagine di morte, portatrice di serenità. Foscolo fa una sorta di analisi della sua esistenza nel momento in cui viene la sera, come quando la giornata finisce e si fa un resoconto di ciò che si è vissuto. Il sonetto segue lo schema metrico ABAB ABAB CDC DCD. La struttura fedele alla tradizione viene però interamente modificata con alcuni enjambement ai versi 5-6, 7-8, 10- 11, 11-12,. Quest’ultimo è particolarmente forte in quanto cade fra una terzina e l’altra, dove di solito si pone una pausa marcata. Anche tra le quartine, invece della pausa, c’è continuità sintattica, sottolineata dal parallelismo: “E quando... e quando”.