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38 Internazionale 993 | 29 marzo 2013
Incopertina
I
l sacchetto si apre con un fruscìo.
L’aroma di carne afumicata sale
nel naso. Ed eccole, le allettanti
patatine: sottilissime, vaporose,
spolverizzate di rosso. Appena la
prima tocca la lingua, in bocca si
difondeunpiacevolegustosalato,cheperò
svanisce rapidamente. Cric, croc. Si scio-
glieinbocca,einunattimoègiàinita.Re-
stasolounleggeroretrogusto.Elavogliadi
mangiarneancora.Lamanocorredinuovo
alsacchetto.
Milioniemilionidipersoneognigiorno
cedonoallatentazionedeglisnackabasedi
patate. Ma nessuna ha idea di quanti studi
si nascondano dietro a questa semplice
esperienza, a cui spesso non riesce a resi-
stereneanchechisabenissimochelepata-
tine fritte sono uno dei cibi ipercalorici più
malsani. I tedeschi ne consumano quasi
400milionidiconfezioniall’anno.
Perché perdiamo tanto facilmente il
sensodellamisuraquandocimettonosotto
il naso un sacchetto di patatine fritte? Non
puòdipenderedallepatate:inoranessuno
hamaisentitoparlarediorgeabasedipata-
te sbucciate. E poi le patatine fritte confe-
zionatehannopocoachefareconlepatate
vere.Nelprocessodiproduzione,quasinul-
laèlasciatoalcaso:sonounprodottoartii-
cialerainatochegrazieaunaserieditruc-
chi induce le persone a mangiarne il più
possibileeilpiùspessopossibile.
Prendiamo per esempio il concetto
scientiico di “punto di rottura”. Le indu-
striealimentarihannoscopertochelamag-
gioranza dei consumatori preferisce una
patatina che si spezza sotto una pressione
di276millibar.Ècosìcheilcrocdàilmassi-
mo del gusto e fa venir voglia di mangiare
subitoun’altrapatatina.Ancheilfattocheil
boccone si disi all’istante, dissolvendosi
sotto identi,èfruttodiuncalcolo.Tuttiin-
fatti tendiamo a credere che un cibo che si
scioglierapidamentesullalinguacontenga
poche calorie. E così sgranocchiamo una
patatina dopo l’altra ino a vuotare il sac-
chetto.
Poi ci sono le sostanze che servono da
esca per il cervello. Per esempio un’abbon-
dante dose di sale sulla supericie di certi
alimenti attiva il meccanismo neuronale
della ricompensa. Bliss point o punto di be-
atitudine è il nome che le aziende danno
alla dose di sale che procura il massimo
“sballo”.L’amido,untipodizuccherochefa
aumentare e poi rapidamente scendere la
glicemia, aumenta l’appetito. Inine c’è il
grasso, di cui le patatine sono imbevute: è
quello che procura la piacevole sensazione
vellutatainbocca.
Non si può rimproverare l’industria ali-
mentaresecercadirendereappetitosiisuoi
prodottiodiincoraggiarneilconsumo:èla
legge del mercato. Ma c’è da chiedersi se
questapoliticanonvadalimitatainqualche
modo.Chediredeiproduttorichemettono
a rischio intenzionalmente, o addirittura
dolosamente, la salute dei consumatori,
lanciando sul mercato prodotti che creano
dipendenza?Chefarequandogliscienziati
arrivanoallaconclusionecheilconsumodi
Atavolacon
Der Spiegel, Germania
Foto di Thomas & Quentin
Grassi, sale e zucchero. Sono i tre ingredienti base
che l’industria alimentare usa nelle merende
e in altri prodotti di largo consumo, che creano
dipendenza e danneggiano la salute.
Un libro appena uscito negli Stati Uniti denuncia
le responsabilità delle grandi multinazionali
FATANdFURIoUSBURGER
Internazionale 993 | 29 marzo 2013 39
l’assassino
massadialimentiindustrialiabassoprezzo
ha provocato la più grande crisi sanitaria
delnostrotempo?
Gli scandali alimentari che recente-
mente hanno scosso la Germania – la pre-
senzadicarnedicavalloincertemarchedi
lasagne, l’imbroglio delle uova “biologi-
che”, l’aggiunta di enzimi ricavati
dall’Aspergillus,unfungotossico,aimangi-
mi per l’allevamento – pongono al centro
dell’attenzione un’industria potente e glo-
balizzata. La carne avariata nel kebab, il
intoprosciuttosullapizza,lesostanzechi-
miche cancerogene nelle patatine fritte:
quandosiscopronoquestecose,l’opinione
pubblica protesta. Ma nel giro di qualche
giorno l’agitazione si placa. E la grande ab-
bufatacontinua.
Ora però sembra che la situazione stia
cambiando. Sta nascendo un movimento
internazionale, a cui partecipano medici,
nutrizionisti,psicologieassociazioniperla
tutela dei consumatori, che vuole mettere
alcentrodell’attenzioneuntemamoltopiù
importante.
Secondogliespertidisalute,ilveropro-
blemanonsononélesoisticazionialimen-
tari né le singole sostanze nocive, ma il ge-
nerale aumento di peso delle persone. Gli
scienziati lo dicono chiaramente: le patati-
ne piene di grasso, le bevande gassate zuc-
cherate e i prodotti alimentari troppo rai-
nati non sono diversi da altri due veleni al-
trettanto piacevoli e onnipresenti, il tabac-
coel’alcol.
Nel suo nuovo libro Salt sugar fat: how
the food giants hooked us, appena uscito ne-
gli Stati Uniti, il premio Pulitzer Michael
Mossdescrivetuttiitrucchiconcuileindu-
striealimentarispingonolepersoneaman-
giare sempre di più, ino ad ammalarsi. I
giganti dell’alimentazione, spiega Moss,
conoscevano gli efetti devastanti dei loro
prodotti sulla salute dei consumatori, e se
ne sono inischiati. Moss ha ricostruito un
incontro che si svolse l’8 aprile 1999 nel
quartier generale della Pillsbury, a Minne-
apolis. C’erano i capi dei più grandi gruppi
delsettore:Nestlé,Kraft,Coca-Cola,Mars,
Nabisco, Pillsbury, General Mills e Procter
&Gamble.L’argomentoall’ordinedelgior-Theendburger
Incopertina
no era l’allarmante aumento dell’obesità
nei bambini. Michael Mudd, uno dei vice-
presidenti della Kraft, andò subito al sodo:
“Noncisonorispostesemplicialladoman-
dasucosadebbanofareiresponsabilidella
salutepubblicaperarginareilproblema,né
sucosadebbafarel’industriaalimentarese
altrilaaccuseranno”.Solounacosaècerta,
concluse, “non possiamo non fare niente”.
Alla ine del suo intervento Mudd propose
di limitare l’impiego di sostanze dannose
perlasaluteeripensarelestrategiedimar-
keting delle aziende alimentari. Ma il suo
appelloincontròunnettoriiuto,elariunio-
nesiconcluseconunnulladifatto.
Irresistibili
A14annididistanza,nelfebbraiodel2012,
la rivista scientiica The Lancet ha pubbli-
cato uno studio condotto da un’équipe in-
ternazionalediepidemiologi.Irisultatiso-
no agghiaccianti: gli impegni presi dall’in-
dustriaalimentare,letantebuoneintenzio-
ni, non sono serviti a nulla. Come spiega
Rob Moodie dell’università di Melbourne,
che ha guidato la ricerca, sperare che le
aziende fabbricassero prodotti più sani e si
occupassero del benessere e dell’indice di
massacorporeadeiconsumatorièstatoco-
me“chiedereadeiladrid’appartamentodi
montare la serratura”. Finora la potente
lobbydelsettorealimentareèriuscitaasof-
focaresulnascereitentativideipoliticieu-
ropeiestatunitensidiproteggereicittadini
dall’invasione di calorie promossa dall’in-
dustria alimentare con l’aiuto di leggi o re-
golamenti. Associazioni per la difesa dei
consumatori, aziende sanitarie e pediatri
hannopretesoinvanocheicibidannosiper
la salute fossero almeno contrassegnati in
modochiaro.
Intantolasituazionepeggiora:nel2010
quasi35milionidipersonenelmondosono
morte di malattie non trasmissibili come il
cancro, l’infarto e il diabete. Nello stesso
annoil65percentodeidecessieraricondu-
cibile almeno in parte ad abitudini di vita
malsane: fumo, alcol, scarso esercizio isi-
co, ma anche assunzione di bombe calori-
cheadaltotenoredigrassi.
Ilproblemaèparticolarmentegravene-
gli Stati Uniti: un adulto su tre è obeso, un
bambino su cinque è troppo grasso. Gli
americani malati di diabete di tipo 2 sono
26 milioni. Anche in Germania la situazio-
neèpreoccupante:unadultosucinqueeun
bambino su dieci sono obesi e secondo il
Robert Koch-Institut, un istituto di ricerca
biomedicatedesco,il67percentodegliuo-
minieil53delledonnesonosovrappeso.
Come siamo arrivati a questo punto?
Che ruolo ha avuto l’industria alimentare?
Esoprattutto,comepossiamoevitarelaca-
tastrofe? Lo abbiamo chiesto a David Kes-
sler,ilgiuristaemedicodiHarvardchene-
gli anni novanta, quando dirigeva la Food
anddrugadministration,l’entestatuniten-
se per la tutela della saluta pubblica, ha
condottounadurabattagliacontrolelobby
deltabaccoehacontribuitoanegoziareun
accordomiliardariotraiproduttoridisiga-
rette e 46 stati americani. Il suo ultimo li-
bro, Overeating, è un atto di accusa contro
l’industriaalimentare.
OggiKesslerha61annieinsegnapedia-
tria all’università della California a San
Francisco. Ci accoglie nella sua graziosa
villa,inunadelletipichestradineripidedel
centro di San Francisco, e viene subito al
dunque. Prende un pezzo di carta e con la
biro abbozza un graico del tema centrale
del suo studio, la bulimia. Prende diversi
annieconfrontailpesocorporeoel’etàdel-
lepersone:neipiùgiovanilacurvasiinarca
versol’alto,propriocomeunapancia.“Og-
giiventennipesanoalmenoottochiliinpiù
rispettoaquarant’annifa”,spiega.“Hocer-
catodicapireperché,ecomemaimoltitro-
vanocosìdiicileresistereaquestodeside-
rioincontenibiledicibo”.
Per cominciare, Kessler ha studiato la
dietadell’americanomedio.Sièintrufolato
dinotteneiristorantiperfrugarenellaspaz-
zatura e ha studiato le etichette dei cartoni
vuoti.Cosìhacapitocosavieneservitodav-
veroaitavoli.Sipuòriassumereintreparo-
le:sale,zucchero,grasso.Lestessetreparo-
le che ha scelto Michael Moss per il titolo
delsuolibro.Lohascrittodopoquasiquat-
tro anni di ricerche, centinaia di colloqui
con dirigenti e dipendenti di grandi indu-
strie alimentari, chimici, nutrizionisti, stu-
diosidelcomportamento,espertidimarke-
tingelobbisti.Conilloroaiutoharicostrui-
to in che modo, nei laboratori delle indu-
strie, in pochi decenni siano stati creati, a
partire da cibi veri, dei prodotti artiiciali
pieni di zucchero, sale e grasso. “In realtà
volevoscrivereunlibrosullozucchero,per-
chéloconsideravol’elementopiùdannoso
della nostra alimentazione”, spiega. “Ma
nelcorsodellericerchehocapitocheanche
il grasso stimola le persone a mangiare
sempre di più, e che forse il sale è perino
più importante per l’industria alimenta-
re”.
Maquestobastaperspiegarel’epidemia
di obesità? In fondo, nella loro forma pura,
né lo zucchero né il sale né il grasso hanno
mai mandato in estasi nessuno. Eppure
sembra che la voglia di dolce sia innata: i
neonati reagiscono con piacere quando gli
si mette in bocca qualche goccia di una so-
luzione zuccherata. Il fenomeno ha una
spiegazioneperfettamentelogicadalpunto
divistadellabiologiaevolutiva:innaturail
sapore dolce contraddistingue soprattutto
gli alimenti ricchi di calorie. E per i nostri
antenatieraconsigliabilemangiaretuttala
frutta dolce che trovavano: era un piacere
raro.
Nell’epocadell’abbondanzaperòlecose
sonodiverse.Esperimenticondottisuitopi
hannodimostratochelozuccheroproduce
nelcervellolostessoschemadiattivitàdel-
ledroghechedannodipendenza.Ilsuopo-
tenzialediassuefazionenonèparagonabile
a quello dell’eroina o della cocaina, ma è
suicienteafarsìchelamaggiorpartedelle
personecedaallemolteplicieonnipresenti
tentazionidelgustodolce.
Gli statunitensi consumano ogni anno
58 chili di zucchero a testa, i tedeschi circa
36,ildoppiorispettoallaquantitàconsiglia-
ta dalla Società tedesca per la nutrizione.
L’83 per cento dello zucchero si nasconde
nei cibi precotti. I produttori lo usano non
solo perché stimola l’appetito, ma anche
perché,seaggiuntoacertesostanzearoma-
tizzanti, può sostituire ingredienti più co-
stosi,comelafruttaelaverdura.
Matorniamoaineonati.Diicilmentela
somministrazione di una soluzione salina
suscita in loro reazioni entusiastiche, per-
chéildesideriodisalesisviluppaconilpas-
sare del tempo. Resta il fatto che il cloruro
40 Internazionale 993 | 29 marzo 2013
DasapereObesità
Stati Uniti
Messico
Nuova Zelanda
Australia
Regno Unito
Canada
Cile
Sudafrica
Islanda
Grecia
Spagna
Russia
Germania
Finlandia
Turchia
Brasile
Polonia
Paesi Bassi
Francia
Svezia
Italia
Corea del Sud
Giappone
Cina
India
*o ultimi anni disponibili.
Fonte: The Economist
Adulti con un indice di massa corporea uguale
o superiore a 30, percentuale, 2009*
0 5 10 15 20 25 30 35
Internazionale 993 | 29 marzo 2013 41
disodioèessenzialeperlavita:nervi, reni,
ossa,ognicelluladelnostrocorponehabi-
sogno. Il sale che gli esseri umani perdono
con il sudore e con le altre escrezioni (da
uno a tre grammi al giorno) deve essere
reintegratoattraversoglialimenti.
Molto tempo prima che i supermercati
siriempisserodipatatinegrasseecibipron-
ti ultrasalati, il sale era raro e prezioso: nel
medioevo le città anseatiche costruirono il
lorobenesseresull’“orobianco”.Ilsaleser-
viva da moneta (da cui “salario”) e fu una
delle prime sostanze usate per conservare
glialimenti.L’evoluzionehaiscrittoquesta
predilezioneperilsaleneinostricircuitice-
rebrali più primitivi. I nostri antenati, vi-
vendo in un clima caldo, perdevano ogni
giornomoltosaleattraversoilsudore,enon
sempre riuscivano a reintegrarlo. Ma l’as-
sunzione di sale stimola la distribuzione
della dopamina nel diencefalo, un efetto
che spingeva gli uomini delle caverne a ri-
costituire le loro riserve di sale. In altri ter-
mini, il nostro corpo dispone di un sistema
di ricompensa che garantisce la nostra vo-
gliadisale,avolteancheinquantitàecces-
sive. Oggi, infatti, quasi tutti assumiamo
piùsaledelnecessario,esoloil10percento
circadelsalecheassumiamoprovienedalla
saliera: il resto si annida nel pane e nei cra-
cker, nelle patatine e nei pasti pronti da
scaldare al microonde. Insomma, nei pro-
dottidiun’industriachehacapitodatempo
cometrarreilmassimodelproittodaistin-
tiumaniantichissimi.
Poi c’è il grasso, la terza esca usata
dall’industriaalimentare.Ilgrassoinprimo
luogo fa da veicolo ai sapori, perché molte
sostanzearomatichesonosolubilineigras-
si.Seunoschizzodipannaliquidamigliora
ilgustodiunsugoperlapasta,èpermotivi
puramente biochimici. Ma il grasso deter-
minaanchelaconsistenzadeglialimenti,la
sensazionechecidannoinbocca.Leperso-
neacuipiaceversarsiinboccaunabustina
dizuccherosonopochissime,manellagiu-
stacombinazioneconilgrasso,lozucchero
puòdiventareirresistibile:pensatealgelato
oallacioccolata.
In conclusione, zucchero, sale e grasso
dispieganoalmassimolaloroforzad’attra-
zionequandosonoabilmentemescolatitra
loro in combinazioni, quantità e forme di-
verse. Un esperimento condotto dallo
scienziato Barry Lewin presso la New Jer-
seymedicalschoolmostrailpoteredique-
stesostanze.Lewinhalavoratosuungrup-
po di topi di laboratorio che normalmente
smettono di mangiare quando sono sazi.
Quando però, al posto del solito mangime
inpellet,glihasomministratouncomposto
FataNdFUrIOUSBUrger(2)
Theburgiving
MynameisBun,JamesBun
42 Internazionale 993 | 29 marzo 2013
Incopertina
cremosodizuccheroegrasso,tutteledighe
sono crollate: “Non la inivano più di rim-
pinzarsi”,raccontaLewin.
Il commento di David Kessler è disin-
cantato:“Icibiindustrialisonocompostida
tanti di quegli strati di grasso, zucchero e
sale,chesottoèdiiciletrovarciancoradel
cibovero”.Secondolui,piùquesticibisono
disgustosiepiùèdiicileresistergli.Kessler
sadicosaparla:l’esperimentolohafattosu
se stesso. Ha comprato dei biscotti al cioc-
colato (cioè un concentrato di zucchero e
grassopiùunapresadisale)elihaposatisul
tavolodapranzodavantiasé.Latentazione
di prenderne uno, racconta, era enorme.
Haresistitoperore,poihalasciatolaconfe-
zionesultavoloedèandatoinuncafèvici-
noacasasua.Aquelpunto,difronteaidol-
ciinvetrina,lasuadeterminazioneècrolla-
taehadivoratounbrownie.
Kessler si consola con una spiegazione
scientiica.Nelcervelloabbiamodeicircu-
iti–luilideinisce“circuitidellamotivazio-
neabituale”–chesiformanoquandosiamo
bambiniesonoattivatidaspeciichecondi-
zionichesiveriicanonell’ambiente.Alcuni
cibi sono in grado di condizionare il nostro
cervello come quello di un tossicodipen-
dente.Sitrattadicibiparticolarmentedesi-
derabili che stimolano la produzione di
dopamina. Al punto che dopo un po’ basta
vederli perché i circuiti si attivino. L’unica
via d’uscita da questa trappola alimentare,
secondoKessler,èevitareperquantopossi-
bilel’attivazionediquesticircuiti.Luistes-
so, quando va all’aeroporto di San Franci-
sco,sitieneallalargadallatavolacaldaper
nonvederelavetrinadeiraviolifritti.Sache
se ci si avvicina è perduto: “Un boccone di
quellarobaequivaleaunistantedibeatitu-
dine”, spiega. “Dimentichi ogni stress e
nont’importapiùnulla.Unattimodoposei
lìchetichiedi:perchél’hofatto?”.
Maèproprioquestalareazionechel’in-
dustriadelcibocerca.NelsuolibroMichael
Moss racconta quanto spendono le indu-
strieperottimizzareiloroprodotti.Prendo-
no dei consumatori e li tengono per ore nei
loro laboratori ad assaggiare, gustare, sor-
seggiare, annusare e palpare. Ogni loro
sensazionevieneaccuratamenteregistrata
einseritainuncomputer.Poi,conl’aiutodi
una procedura statistica detta analisi con-
giunta,ottengonolacombinazioneottima-
letraesaltatoridelgusto,confezionamento
ecoloredelprodotto.
Maglistrateghidell’industriasannoan-
chechenondevonoidarsidelleprimerea-
zioni delle loro cavie. Non sempre, infatti,
quello che gli piace istintivamente è anche
quello che alla ine mangeranno. La regola
generale è un’altra: un prodotto che si ven-
de in grande quantità non può essere trop-
pobuono.Gliespertichiamanoquestaleg-
ge apparentemente paradossale “sazietà
sensorio-speciica”. Signiica che, quando
viene inondato da stimoli gustativi troppo
marcati, il cervello umano reagisce atte-
nuandoildesideriodiripeterel’assunzione
del cibo che li provoca. Il miglior modo di
“ingannare”questareazione,quindi,èpro-
porresaporifamiliarienontroppointensi.
Kessler non ha dubbi sul fatto che i fab-
bricanti usino questi meccanismi in modo
consapevole:“Ilbusinessplandellemoder-
neindustriealimentariconsistenelprodur-
re miscele di grasso, zucchero e sale, ren-
derle disponibili 24 ore al giorno a ogni an-
golo di strada, e farlo sapere a tutti con una
campagnapromozionalebasatasulleemo-
zioni”.
Kesslerhavintounabattagliamoltodu-
ra contro l’industria del tabacco. E pensa
chequellacontrolemultinazionalidell’ali-
mentazionesiaugualmentedura,anchese
in modo diverso: “Il fumo si poteva proibi-
re”,osserva.“Abbiamodemoniz-
zatoiltabacco,manonsipuòde-
monizzare il cibo”. Kessler spera
invece di suscitare nell’opinione
pubblica un grande dibattito
sull’alimentazione. “La prima
domanda da farsi dev’essere: quello che
mangiamo è davvero ancora cibo? La se-
conda è: quali sono i cibi che desideriamo
davvero mangiare?”. In altre parole, qual-
cosa cambierà solo quando i consumatori
imparerannoaguardarelecosedamangia-
resottoun’altraluce.Èstatocosìancheper
le sigarette: “Prima vedevamo la sigaretta
come un’amica, qualcosa di desiderabile,
sexy e fascinoso. Ora la vediamo come un
prodotto mortale, schifoso, che dà dipen-
denza”.
Questionedivitaodimorte
Secondo Robert Lustig, un collega di Kes-
slercheinsegnapediatriaclinicaall’univer-
sitàdellaCaliforniaaSanFrancisco,susci-
tare un dibattito non basta. Nel 2009 Lu-
stig,cheoggiha56anni,èdiventatofamoso
grazieaunaconferenzatenutaallasuauni-
versitàeintitolata“Zucchero:l’amaraveri-
tà”.Ilvideodellaconferenzaèstatovistosu
YouTubepiùditremilionidivolte.Lustigsi
presentaalnostroincontroconunacamicia
turchesebrillante.Mihadatoappuntamen-
to alla mensa dell’Hastings college of law
dell’università: la frequenta da quando ha
chiesto un anno sabbatico per prendere un
master in giurisprudenza. La specializza-
zione gli serve per prepararsi alla battaglia
control’industriaalimentare.“Ilpuntoè:ci
sono vie legali per mettere i bastoni tra le
ruote all’industria alimentare? La risposta
è:assolutamentesì”.
Nellasuatesi,Lustigcercheràdipropor-
re un parallelo con la campagna contro le
sigarettedegliannisessanta.Secondoluila
battaglia contro l’industria alimentare do-
vrebbe seguire esattamente il “copione ta-
bacco”:inentrambiicasi,infatti,sitrattadi
unaquestionedivitaodimorte.“Ilproble-
manonècheleaziendealimentarimettono
sul mercato prodotti irresistibili”, osserva.
“Ilproblemaèchequestiprodottisonotos-
sicielagentenemuore”.
Mentre parla, Lustig si arrabbia. Oggi è
particolarmente nervoso, perché tra venti-
quattr’ore presenterà insieme ad alcuni
colleghi uno studio che stabilisce un rap-
portoepidemiologicotrailconsumodizuc-
cheri e il diabete. Gli studiosi hanno con-
frontato la quantità di zuccheri presente
neglialimenticonl’incidenzadeldiabetein
175 paesi negli ultimi dieci anni. Risultato:
più zuccheri nei cibi hanno determinato
ovunque tassi di diabete più ele-
vati. La sorpresa è che il numero
delle persone obese non c’entra
proprio niente. Negli Stati Uniti i
disturbi del metabolismo riguar-
dano più o meno lo stesso nume-
ro di normopeso e di obesi. “Lo zucchero è
veleno”,èlasuaconclusione:“Aprescinde-
redallaquantitàdicalorie”.
Lustigèunespertodidisturbiormonali
eobesitàneibambini.Èmoltopreoccupato
per il numero crescente dei cosiddetti
“grassi di 6 mesi”, cioè i bambini che sono
sovrappeso già al momento di venire al
mondo o quasi. “In molti paesi, il peso dei
bambini alla nascita è signiicativamente
piùaltorispettoaventicinqueannifa”,spie-
ga. All’origine del problema, secondo lui,
c’è l’alimentazione sbagliata delle madri.
Ma non sono loro a dover inire sul banco
degli imputati: “I consumatori non hanno
scelta”,spiega.Sugliscafalideisupermer-
cati statunitensi ci sono 60mila prodotti
alimentaridiversi.Nell’80percentodeica-
si contengono zuccheri aggiunti. I cibi non
alterati sono rari, e più costosi: “Molte per-
sone semplicemente non possono più per-
mettersiilcibovero”.
Ilcibononalteratoè
piùcostoso:“Molti
nonselopossono
permettere”
Internazionale 993 | 29 marzo 2013 43
Poic’èl’imbrogliodeinomidegliingre-
dienti. Negli Stati Uniti ci sono 56 modi di-
versi per indicare la presenza di zucchero
neglialimenti.“Moltisonoincomprensibi-
li,ealcuniaddiritturaillegali”,diceLustig.
Cosasaràmai,peresempio,lo“zuccherodi
canna evaporato”? Il produttore dello yo-
gurtChobanièalcentrodiunaseriedicau-
se collettive in California e nello stato di
New York perché stampa sui prodotti dici-
ture come queste, che le autorità sanitarie
deiniscono“falseefuorvianti”.Neiproce-
dimenti giudiziari, Lustig è intervenuto in
qualitàdiperito.“Ifabbricantihannocarta
bianca”, afferma sempre più arrabbiato.
“Possono mettere nei loro prodotti tutto lo
zuccherochevogliono”.Percambiareserve
lapressioneforteecompattadell’opinione
pubblica:“Anchel’industriadeltabaccoha
reagito solo quando non ha più potuto evi-
tarlo”.
IlkebabdiAhmed
Ahmedèaltounmetroe70,pesacentochi-
li e si cura con otto farmaci diversi. Vive a
Berlino. Alla mano destra porta un guanto
protettivo perché le dita gli formicolano di
continuo: come molti pazienti affetti da
diabete di tipo 2, l’aumento della glicemia
glihadanneggiatoleterminazioninervose.
Loincontroneilocalidelserviziodiconsu-
lenzanutrizionaleofertodalrepartodien-
docrinologia,diabeteemedicinadelricam-
biodellaclinicamedicadell’ospedaledella
Charité. Nell’ingresso, per i clienti “di pe-
soӏadisposizioneunapoltronaavvitataal
pavimentoconunasedutadi83centimetri.
Gli incontri che si svolgono qui servono a
insegnare agli obesi a mangiare in modo
sano. Secondo Rotraud Zehbe, una snella
signora di 60 anni che fa la consulente nu-
trizionale,iprofessorisannopocoonulladi
questo argomento. Zehbe tiene sul tavolo
unassortimentodiintipanini,melanzane,
pomodori, carote e salsicce. I suoi pazienti
hanno una caratteristica in comune: sicco-
me non sanno cucinare, si nutrono quasi
esclusivamente di cibi pronti o nei fast
food.
Ahmed giocherella con una bustina di
dolciicante e guarda Zehbe pieno d’aspet-
tativa. “Quando assumiamo più energia di
quellacheciserve”,comincialei,“aumen-
tiamo di peso. Quindi per perdere peso
dobbiamo eliminare qualcosa”. Il paziente
annuisce.Moltepersonenonbevonoabba-
stanza: per il buon funzionamento del me-
tabolismo un adulto sano dovrebbe assu-
mere ogni giorno, per ogni chilo di peso
corporeo, 35 millilitri di liquidi privi di zuc-
chero:acquaotè,manientealcolnésucchi
FAtANdFURIoUSBURGeR(2)
BurgerdeTroie
Dhundiburger
Incopertina
difruttaolatte.Ahmedognigiornosiscola
un litro di latte ed è convinto che contenga
soprattuttoacqua.“Già”,ribatteZehbe.“E
allattosiononcipensa?”.
E qui comincia a parlare di grassi: a una
donna ne bastano circa 60 grammi al gior-
no, a un uomo 80. L’olio d’oliva e di colza è
buono,igrassianimalino.Gliinsaccatiso-
no da evitare: troppo grassi. “Buttiamoli
nella spazzatura”, esorta Zehbe. Quando
comunicaadAhmedchedovràlasciarper-
dereanchelacarnegrondantedigrassodel
kebab,luilaguardaavvilito.Lacarnevabe-
ne, purché sia magra, gli spiega Zehbe. La
suaregolageneraleècheognigiornosipos-
sonoconsumaredagli80ai100grammidi
proteine.L’azotodelleproteinevieneelimi-
nato con le urine sotto forma di urea, che
aiuta il metabolismo a bruciare più ener-
gia.
Perinire,Zehbeafrontalesostanzepiù
problematiche: i carboidrati. Sono genera-
tori di energia che si annidano in molti ali-
menti. Troppi carboidrati fanno male, per-
ché il fegato li trasforma in grasso, quello
che poi si accumula sulla pancia. Quindi
Ahmed dovrà rinunciare al muesli, ai dolci
eallaNutella.
OraZehbepassaaspiegare,servendosi
deisuoiintialimenti,cosasipuòmangiare
ognigiornoperassumerelagiustaquantità
dicarboidrati:unpaninospalma-
todimiele,unamela,duepatate,
unagrossafettadipane,uncesti-
no di fragole e, “per il piacere”,
unminuscolopezzettodiciocco-
lato.Ahmednonsembraconvin-
to. Come per consolarlo, la nutrizionista
raccomanda al suo corpulento paziente di
mangiare verdure, sia cotte al vapore sia
crude. Serve a combattere la fame, spiega,
così come il formaggio quark magro. Me-
scolatoconunpo’d’acquaemessoinvaset-
ti di vetro, può essere una merenda da por-
tareconséallavoro.
Certo,Ahmedsarebbemenoavvilitose
farelaspesafosseun’impresasemplice.Se
i prodotti nei supermercati non avessero
etichette così diicili. Lo sanno tutti che il
riso integrale accompagnato da verdure
fresche cotte al vapore è sano: ma se uno
non ha tempo per cucinare? Quali sono i
cibi pronti che contengono solo zucchero,
sale e grasso, e quali si possono deinire il
male minore? Per esempio, se uno vuole a
tuttiicostifareunacolazioneabasedicere-
ali, quali scegliere? Esiste uno yogurt alla
frutta che non sia troppo dolce né troppo
grasso?
Nel2006laFoodstandardsagencybri-
tannica ha proposto, su incarico del parla-
44 Internazionale 993 | 29 marzo 2013
mento,dicontrassegnareleconfezionide-
glialimenticondeipiccolisemaforiperfar
capire quanto grasso, zucchero e sale con-
tenessero 100 grammi di prodotto: rosso
per una percentuale nociva, giallo per una
media,verdenessunpericolo.
DopoalcuneesperienzepositivenelRe-
gno Unito, anche gli scienziati tedeschi
hannoproposto,nelnovembredel2005,un
sistemasegnaleticosimile,ehannoinvitato
lalobbydell’industriaalimentareaparteci-
parealprogetto.Associazioniprofessionali
comequelladeimedicipediatri,organizza-
zionidiconsumatorieiVerdisisonoschie-
ratiafavoredeisemafori,ecosìancheil69
per cento dei cittadini interpellati in un
sondaggio. Ma Ilse Aigner, la ministra
dell’alimentazione, dell’agricoltura e della
protezione dei consumatori, si è detta con-
traria, così il problema è stato sottoposto
all’Unione europea. A quel punto associa-
zioni e imprese hanno cominciato a bom-
bardareglieuroparlamentariditelefonate,
emailedocumenti.Ilobbistihan-
no sostenuto che i valori limite
usati per classiicare gli alimenti
erano arbitrari. E alla ine sono
riusciti a far respingere la propo-
sta dei semafori. Oggi in Germa-
nialapercentualedigrasso,zuccheroesale
presente negli alimenti è indicata esclusi-
vamentedanumeri.
Imarchidellasalute
L’esempio della Finlandia mostra che un
sistema di segnalazione può non solo mo-
diicareicomportamentidellepersone,ma
forsesalvargliperinolavita.Allainedegli
annisettantaleautoritàsanitarieinlandesi
registrarono un numero allarmante di in-
farti. Da alcuni studi emerse che l’alimen-
tazionericcadisaleeraunfattoredirischio
determinante.Oggisuglialimentipoveridi
salespiccauncuoricinorossoconlascritta
parempi valinta, “scelta migliore”, mentre
gli alimenti ad alto tenore di cloruro di so-
dio sono contrassegnati dall’avvertenza
voimakassuolainen (“molto salato”). L’in-
troduzione di queste etichette ha avuto un
successosbalorditivo:oggiiinlandesicon-
sumano un terzo di sale in meno rispetto a
trent’anni fa e la mortalità per infarto e ic-
tusèdiminuitadicircal’80percento.
InveceinGermanialepropostediintro-
durre scritte chiare, i divieti di fare pubbli-
cità ai cibi malsani, di tassarli o di stabilire
deivalorilimitepergliingredientinocivisi
schiantano contro un muro. La lobby del
settoreètroppopotente:laproduzioneela
venditadialimentidannolavoroacircadue
milionidipersone,eilgirod’afariraggiun-
gei170miliardidieuro.Maiconsumatori,
turbatidagliscandaliedailoroproblemidi
peso, sono diventati più attenti. L’immagi-
nedell’industriaalimentarenonèmaistata
tanto negativa, e l’esigenza di chiarezza è
semprepiùforte.
Stephan Becker-Sonnenschein è da
qualchesettimanailprincipalelobbistadel
settore in Germania. Nei suoi uici ancora
spogliinFriedrichstraße,aBerlino,sioccu-
pa di rimettere in sesto la reputazione
dell’industriaalimentare.Becker-Sonnen-
schein è il direttore dell’associazione Die
Lebensmittelwirtschaft (L’economia ali-
mentare), di cui fanno parte sette delle più
potenti industrie del settore. Per questo
esperto di pubbliche relazioni di 56 anni la
sua nuova creatura è “una grande sida”.
Becker-Sonnenschein è abituato alle mis-
sioni diicili: è stato responsabile dell’im-
maginedellaPhilipMorris(tabacco)edella
Rwe(centraliacarbone).EhalettosulNew
York Times un estratto del libro di Michael
Moss. “Molto di quello che scrive si riferi-
sceaglianniottantaenovanta”,spiega.Da
allora, secondo lui, sono cambiate molte
cose.
Mi racconta che nel periodo in cui lavo-
ravaperlaKraftFoodsDeutschlandl’azien-
da aveva modificato la composizione di
1.500 prodotti. La Coca-Cola rivendica di
aver ridotto il potere calorico della sua po-
polarissimabibitadel9percentodal2000.
E anche la Nestlé avrebbe imboccato la
stradaperdiventareun’aziendasalutista.Il
grupposvizzeroinfattihaavviatounacolla-
borazione con l’università di Losanna per
creareprodottisalutari,peresempioyogurt
contenente sostanze utili a combattere i
sintomidell’Alzheimer.LaDanone,princi-
paleconcorrentedellaNestlé,haallostudio
un prodotto simile. Tutti progetti di cui si
parla troppo poco, secondo Becker-Son-
nenschein. In realtà, gruppi come Nestlé e
Coca-Cola fanno di tutto per inluenzare
l’opinione pubblica. Secondo alcune stime
laNestléspendecircatremiliardididollari
all’annoperlapubblicità.
Quandoperòsitrattadiresponsabilità,
i manager si tirano indietro. A volte si pre-
sentano con calcoli dei valori nutritivi tal-
mente astrusi da far credere che anche i
cereali da colazione con più zuccheri ag-
L’industria
alimentareinveste
moltisoldiperattirare
bambinieragazzi
Internazionale 993 | 29 marzo 2013 45
giunti siano salutari. Altre volte si giustii-
canodicendochefannodituttopermante-
nereinformaiconsumatori.LaCoca-Cola,
per esempio, ha lanciato la sua Mission
Olympicpertrovarelacittà“piùattiva”del-
la Germania. Il portavoce del gruppo ci in-
dirizzadauncertoThomasBach.
Bach è presidente dell’Unione tedesca
sport olimpici. Dunque è una specie di alto
dirigente dello sport tedesco, e anche una
sorta di ambasciatore della Coca-Cola. “Il
nostroobiettivo”,mispiega,“èpromuovere
l’attività sportiva, in collaborazione con i
nostri partner Coca-Cola Deutschland e
Samsung. Questo signiica incoraggiare la
cittadinanzaadabbracciareunostiledivita
attivo”.
Maaltempostessol’industriaalimenta-
re punta sui giovani, con una strategia che
ricorda quella dell’industria del tabacco.
Daidocumentiinternichelemultinaziona-
lidellesigarettereseropubblicinel1998,si
èappresoche lelobbydeltabacco avevano
congegnato una campagna pubblicitaria
per difondere il fumo tra i giovani. Anche
l’industria alimentare investe molti soldi
perattirarebambinieragazzi.L’associazio-
ne di consumatori tedeschi Foodwatch ha
individuato 1.514 prodotti che nei super-
mercatisonopresentatiinmododaattirare
i bambini. Circa il 73 per cento è costituito
da merendine piene di zuccheri o grassi: “I
piccoli vengono drogati per far girare la
macchina dei consumi”, aferma il vicedi-
rettore di Foodwatch Matthias Wolfsch-
midt.
Dal punto di vista delle imprese è per-
fettamente logico. Le ricerche nutrizionali
mostranocheleabitudinialimentarisipos-
sonoconsolidare:unavoltachesièscoper-
toilsaporediunacaramellaodiuncracker
alformaggio,glisirestafedeli.
Lezionediomelette
AllaGorch-Fock,unascuoladiBlankenese,
alla periferia di Amburgo, è l’ora di educa-
zione civica, eppure si sente il rumore di
una centrifuga per verdure. In cucina una
macchina per fabbricare popcorn sputa
fuorilesuepallinebianche.LamaestraAn-
gela Wöbke-Hasenkamp ha il compito di
insegnareaquattordicialunnidiquartache
ilgelatoallacremaèfattosolodizuccheroe
latte e che la passata di mela fatta in casa è
buona anche senza zucchero. “Molti di
questi bambini non hanno mai fatto nean-
cheunuovosbattuto”,dice.“Ogginellefa-
miglienonsicucinapiù”.
“Pasta e pizza”, risponde una biondina
conglistivalettiargentatiachiledomanda
quali siano i suoi cibi preferiti. È iglia uni-
ca, è molto iera del suo nuovo iPad mini e
scaricadaiTuneslecanzonidiPinkediPsy.
A casa sua si cucina poco o niente: la sua
esperienza culinaria più importante, rac-
conta, è stato “mettere il formaggio su una
pizza”.
Tutt’altrochefacile,dunque,ilcompito
di Wöbke-Hasenkamp. Oggi la classe im-
parerà a fare i popcorn e i muin alla bana-
na: bisogna pur scendere a qualche com-
promesso. “Voglio far capire ai bambini
che non va bene buttar via la roba da man-
giare.Peresempio,chelebanane,ancheun
po’ scurite, vanno bene per dolcificare i
muin”.
Se in un quartiere benestante come
Blankenese è diicile far capire ai bambini
cosa signiica mangiare sano, iguriamoci
quanto dovrà faticare l’assistente sociale
scolasticaJeanettePremper,chelavoraalla
Hegelsbergschule di Kassel, nel nord della
Germania. Prima che li portasse in gita in
un’azienda agricola, la maggioranza dei
bambininonavevamaivistounagallinané
una mucca. Oggi a lezione si fa l’omelette
con feta, pomodori e spinaci. In uno dei
quattro box della cucina didattica, Emir,
Büsra, Max e Kathrin mescolano le uova
con il latte. Un po’ di erbe aromatiche, un
cucchiaiod’olionellapadella,ecisiamo.O
no?Quellacheribollesulfornellosomiglia
piùaunaminestrinaall’uovo:icuochihan-
no sbagliato a misurare la quantità di latte.
Eallainedellalezione,piùchedierbearo-
matiche,lacucinaodorad’uovobruciato.
“Ibambinidevonoimpararechenessun
piatto riesce perfetto al primo tentativo”,
spiegaPremper.Lasettimanascorsa,però,
glispaghettialpomodorosonovenutisubi-
to bene, e il prossimo piatto in menù è la
zuppa di patate. Nel frattempo la maggior
parte degli alunni del corso di cucina ha
presoconidenzaconifornellieprovaacu-
cinareancheacasa:“Hofattolapastasciut-
ta tutto da solo!”, dice Emir, 11 anni. Ma
quandoglichiedoqualialtripiatticonosce,
risponde tutto fiero: “I Chicken McNug-
gets!”. ma
FATANDFUrIOUSBUrGEr
Michael Moss è un
giornalista del New York
Times. Nel 2010 ha vinto il
premio Pulitzer per un articolo
sull’Escherichia coli O157:H7.
Il suo ultimo libro, Salt sugar
fat: how the food giants hooked
us (random House 2013) sarà pubblicato in
Italia da Mondadori nell’autunno del 2013.
Illibro
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  • 1.
  • 2. 38 Internazionale 993 | 29 marzo 2013 Incopertina I l sacchetto si apre con un fruscìo. L’aroma di carne afumicata sale nel naso. Ed eccole, le allettanti patatine: sottilissime, vaporose, spolverizzate di rosso. Appena la prima tocca la lingua, in bocca si difondeunpiacevolegustosalato,cheperò svanisce rapidamente. Cric, croc. Si scio- glieinbocca,einunattimoègiàinita.Re- stasolounleggeroretrogusto.Elavogliadi mangiarneancora.Lamanocorredinuovo alsacchetto. Milioniemilionidipersoneognigiorno cedonoallatentazionedeglisnackabasedi patate. Ma nessuna ha idea di quanti studi si nascondano dietro a questa semplice esperienza, a cui spesso non riesce a resi- stereneanchechisabenissimochelepata- tine fritte sono uno dei cibi ipercalorici più malsani. I tedeschi ne consumano quasi 400milionidiconfezioniall’anno. Perché perdiamo tanto facilmente il sensodellamisuraquandocimettonosotto il naso un sacchetto di patatine fritte? Non puòdipenderedallepatate:inoranessuno hamaisentitoparlarediorgeabasedipata- te sbucciate. E poi le patatine fritte confe- zionatehannopocoachefareconlepatate vere.Nelprocessodiproduzione,quasinul- laèlasciatoalcaso:sonounprodottoartii- cialerainatochegrazieaunaserieditruc- chi induce le persone a mangiarne il più possibileeilpiùspessopossibile. Prendiamo per esempio il concetto scientiico di “punto di rottura”. Le indu- striealimentarihannoscopertochelamag- gioranza dei consumatori preferisce una patatina che si spezza sotto una pressione di276millibar.Ècosìcheilcrocdàilmassi- mo del gusto e fa venir voglia di mangiare subitoun’altrapatatina.Ancheilfattocheil boccone si disi all’istante, dissolvendosi sotto identi,èfruttodiuncalcolo.Tuttiin- fatti tendiamo a credere che un cibo che si scioglierapidamentesullalinguacontenga poche calorie. E così sgranocchiamo una patatina dopo l’altra ino a vuotare il sac- chetto. Poi ci sono le sostanze che servono da esca per il cervello. Per esempio un’abbon- dante dose di sale sulla supericie di certi alimenti attiva il meccanismo neuronale della ricompensa. Bliss point o punto di be- atitudine è il nome che le aziende danno alla dose di sale che procura il massimo “sballo”.L’amido,untipodizuccherochefa aumentare e poi rapidamente scendere la glicemia, aumenta l’appetito. Inine c’è il grasso, di cui le patatine sono imbevute: è quello che procura la piacevole sensazione vellutatainbocca. Non si può rimproverare l’industria ali- mentaresecercadirendereappetitosiisuoi prodottiodiincoraggiarneilconsumo:èla legge del mercato. Ma c’è da chiedersi se questapoliticanonvadalimitatainqualche modo.Chediredeiproduttorichemettono a rischio intenzionalmente, o addirittura dolosamente, la salute dei consumatori, lanciando sul mercato prodotti che creano dipendenza?Chefarequandogliscienziati arrivanoallaconclusionecheilconsumodi Atavolacon Der Spiegel, Germania Foto di Thomas & Quentin Grassi, sale e zucchero. Sono i tre ingredienti base che l’industria alimentare usa nelle merende e in altri prodotti di largo consumo, che creano dipendenza e danneggiano la salute. Un libro appena uscito negli Stati Uniti denuncia le responsabilità delle grandi multinazionali FATANdFURIoUSBURGER
  • 3. Internazionale 993 | 29 marzo 2013 39 l’assassino massadialimentiindustrialiabassoprezzo ha provocato la più grande crisi sanitaria delnostrotempo? Gli scandali alimentari che recente- mente hanno scosso la Germania – la pre- senzadicarnedicavalloincertemarchedi lasagne, l’imbroglio delle uova “biologi- che”, l’aggiunta di enzimi ricavati dall’Aspergillus,unfungotossico,aimangi- mi per l’allevamento – pongono al centro dell’attenzione un’industria potente e glo- balizzata. La carne avariata nel kebab, il intoprosciuttosullapizza,lesostanzechi- miche cancerogene nelle patatine fritte: quandosiscopronoquestecose,l’opinione pubblica protesta. Ma nel giro di qualche giorno l’agitazione si placa. E la grande ab- bufatacontinua. Ora però sembra che la situazione stia cambiando. Sta nascendo un movimento internazionale, a cui partecipano medici, nutrizionisti,psicologieassociazioniperla tutela dei consumatori, che vuole mettere alcentrodell’attenzioneuntemamoltopiù importante. Secondogliespertidisalute,ilveropro- blemanonsononélesoisticazionialimen- tari né le singole sostanze nocive, ma il ge- nerale aumento di peso delle persone. Gli scienziati lo dicono chiaramente: le patati- ne piene di grasso, le bevande gassate zuc- cherate e i prodotti alimentari troppo rai- nati non sono diversi da altri due veleni al- trettanto piacevoli e onnipresenti, il tabac- coel’alcol. Nel suo nuovo libro Salt sugar fat: how the food giants hooked us, appena uscito ne- gli Stati Uniti, il premio Pulitzer Michael Mossdescrivetuttiitrucchiconcuileindu- striealimentarispingonolepersoneaman- giare sempre di più, ino ad ammalarsi. I giganti dell’alimentazione, spiega Moss, conoscevano gli efetti devastanti dei loro prodotti sulla salute dei consumatori, e se ne sono inischiati. Moss ha ricostruito un incontro che si svolse l’8 aprile 1999 nel quartier generale della Pillsbury, a Minne- apolis. C’erano i capi dei più grandi gruppi delsettore:Nestlé,Kraft,Coca-Cola,Mars, Nabisco, Pillsbury, General Mills e Procter &Gamble.L’argomentoall’ordinedelgior-Theendburger
  • 4. Incopertina no era l’allarmante aumento dell’obesità nei bambini. Michael Mudd, uno dei vice- presidenti della Kraft, andò subito al sodo: “Noncisonorispostesemplicialladoman- dasucosadebbanofareiresponsabilidella salutepubblicaperarginareilproblema,né sucosadebbafarel’industriaalimentarese altrilaaccuseranno”.Solounacosaècerta, concluse, “non possiamo non fare niente”. Alla ine del suo intervento Mudd propose di limitare l’impiego di sostanze dannose perlasaluteeripensarelestrategiedimar- keting delle aziende alimentari. Ma il suo appelloincontròunnettoriiuto,elariunio- nesiconcluseconunnulladifatto. Irresistibili A14annididistanza,nelfebbraiodel2012, la rivista scientiica The Lancet ha pubbli- cato uno studio condotto da un’équipe in- ternazionalediepidemiologi.Irisultatiso- no agghiaccianti: gli impegni presi dall’in- dustriaalimentare,letantebuoneintenzio- ni, non sono serviti a nulla. Come spiega Rob Moodie dell’università di Melbourne, che ha guidato la ricerca, sperare che le aziende fabbricassero prodotti più sani e si occupassero del benessere e dell’indice di massacorporeadeiconsumatorièstatoco- me“chiedereadeiladrid’appartamentodi montare la serratura”. Finora la potente lobbydelsettorealimentareèriuscitaasof- focaresulnascereitentativideipoliticieu- ropeiestatunitensidiproteggereicittadini dall’invasione di calorie promossa dall’in- dustria alimentare con l’aiuto di leggi o re- golamenti. Associazioni per la difesa dei consumatori, aziende sanitarie e pediatri hannopretesoinvanocheicibidannosiper la salute fossero almeno contrassegnati in modochiaro. Intantolasituazionepeggiora:nel2010 quasi35milionidipersonenelmondosono morte di malattie non trasmissibili come il cancro, l’infarto e il diabete. Nello stesso annoil65percentodeidecessieraricondu- cibile almeno in parte ad abitudini di vita malsane: fumo, alcol, scarso esercizio isi- co, ma anche assunzione di bombe calori- cheadaltotenoredigrassi. Ilproblemaèparticolarmentegravene- gli Stati Uniti: un adulto su tre è obeso, un bambino su cinque è troppo grasso. Gli americani malati di diabete di tipo 2 sono 26 milioni. Anche in Germania la situazio- neèpreoccupante:unadultosucinqueeun bambino su dieci sono obesi e secondo il Robert Koch-Institut, un istituto di ricerca biomedicatedesco,il67percentodegliuo- minieil53delledonnesonosovrappeso. Come siamo arrivati a questo punto? Che ruolo ha avuto l’industria alimentare? Esoprattutto,comepossiamoevitarelaca- tastrofe? Lo abbiamo chiesto a David Kes- sler,ilgiuristaemedicodiHarvardchene- gli anni novanta, quando dirigeva la Food anddrugadministration,l’entestatuniten- se per la tutela della saluta pubblica, ha condottounadurabattagliacontrolelobby deltabaccoehacontribuitoanegoziareun accordomiliardariotraiproduttoridisiga- rette e 46 stati americani. Il suo ultimo li- bro, Overeating, è un atto di accusa contro l’industriaalimentare. OggiKesslerha61annieinsegnapedia- tria all’università della California a San Francisco. Ci accoglie nella sua graziosa villa,inunadelletipichestradineripidedel centro di San Francisco, e viene subito al dunque. Prende un pezzo di carta e con la biro abbozza un graico del tema centrale del suo studio, la bulimia. Prende diversi annieconfrontailpesocorporeoel’etàdel- lepersone:neipiùgiovanilacurvasiinarca versol’alto,propriocomeunapancia.“Og- giiventennipesanoalmenoottochiliinpiù rispettoaquarant’annifa”,spiega.“Hocer- catodicapireperché,ecomemaimoltitro- vanocosìdiicileresistereaquestodeside- rioincontenibiledicibo”. Per cominciare, Kessler ha studiato la dietadell’americanomedio.Sièintrufolato dinotteneiristorantiperfrugarenellaspaz- zatura e ha studiato le etichette dei cartoni vuoti.Cosìhacapitocosavieneservitodav- veroaitavoli.Sipuòriassumereintreparo- le:sale,zucchero,grasso.Lestessetreparo- le che ha scelto Michael Moss per il titolo delsuolibro.Lohascrittodopoquasiquat- tro anni di ricerche, centinaia di colloqui con dirigenti e dipendenti di grandi indu- strie alimentari, chimici, nutrizionisti, stu- diosidelcomportamento,espertidimarke- tingelobbisti.Conilloroaiutoharicostrui- to in che modo, nei laboratori delle indu- strie, in pochi decenni siano stati creati, a partire da cibi veri, dei prodotti artiiciali pieni di zucchero, sale e grasso. “In realtà volevoscrivereunlibrosullozucchero,per- chéloconsideravol’elementopiùdannoso della nostra alimentazione”, spiega. “Ma nelcorsodellericerchehocapitocheanche il grasso stimola le persone a mangiare sempre di più, e che forse il sale è perino più importante per l’industria alimenta- re”. Maquestobastaperspiegarel’epidemia di obesità? In fondo, nella loro forma pura, né lo zucchero né il sale né il grasso hanno mai mandato in estasi nessuno. Eppure sembra che la voglia di dolce sia innata: i neonati reagiscono con piacere quando gli si mette in bocca qualche goccia di una so- luzione zuccherata. Il fenomeno ha una spiegazioneperfettamentelogicadalpunto divistadellabiologiaevolutiva:innaturail sapore dolce contraddistingue soprattutto gli alimenti ricchi di calorie. E per i nostri antenatieraconsigliabilemangiaretuttala frutta dolce che trovavano: era un piacere raro. Nell’epocadell’abbondanzaperòlecose sonodiverse.Esperimenticondottisuitopi hannodimostratochelozuccheroproduce nelcervellolostessoschemadiattivitàdel- ledroghechedannodipendenza.Ilsuopo- tenzialediassuefazionenonèparagonabile a quello dell’eroina o della cocaina, ma è suicienteafarsìchelamaggiorpartedelle personecedaallemolteplicieonnipresenti tentazionidelgustodolce. Gli statunitensi consumano ogni anno 58 chili di zucchero a testa, i tedeschi circa 36,ildoppiorispettoallaquantitàconsiglia- ta dalla Società tedesca per la nutrizione. L’83 per cento dello zucchero si nasconde nei cibi precotti. I produttori lo usano non solo perché stimola l’appetito, ma anche perché,seaggiuntoacertesostanzearoma- tizzanti, può sostituire ingredienti più co- stosi,comelafruttaelaverdura. Matorniamoaineonati.Diicilmentela somministrazione di una soluzione salina suscita in loro reazioni entusiastiche, per- chéildesideriodisalesisviluppaconilpas- sare del tempo. Resta il fatto che il cloruro 40 Internazionale 993 | 29 marzo 2013 DasapereObesità Stati Uniti Messico Nuova Zelanda Australia Regno Unito Canada Cile Sudafrica Islanda Grecia Spagna Russia Germania Finlandia Turchia Brasile Polonia Paesi Bassi Francia Svezia Italia Corea del Sud Giappone Cina India *o ultimi anni disponibili. Fonte: The Economist Adulti con un indice di massa corporea uguale o superiore a 30, percentuale, 2009* 0 5 10 15 20 25 30 35
  • 5. Internazionale 993 | 29 marzo 2013 41 disodioèessenzialeperlavita:nervi, reni, ossa,ognicelluladelnostrocorponehabi- sogno. Il sale che gli esseri umani perdono con il sudore e con le altre escrezioni (da uno a tre grammi al giorno) deve essere reintegratoattraversoglialimenti. Molto tempo prima che i supermercati siriempisserodipatatinegrasseecibipron- ti ultrasalati, il sale era raro e prezioso: nel medioevo le città anseatiche costruirono il lorobenesseresull’“orobianco”.Ilsaleser- viva da moneta (da cui “salario”) e fu una delle prime sostanze usate per conservare glialimenti.L’evoluzionehaiscrittoquesta predilezioneperilsaleneinostricircuitice- rebrali più primitivi. I nostri antenati, vi- vendo in un clima caldo, perdevano ogni giornomoltosaleattraversoilsudore,enon sempre riuscivano a reintegrarlo. Ma l’as- sunzione di sale stimola la distribuzione della dopamina nel diencefalo, un efetto che spingeva gli uomini delle caverne a ri- costituire le loro riserve di sale. In altri ter- mini, il nostro corpo dispone di un sistema di ricompensa che garantisce la nostra vo- gliadisale,avolteancheinquantitàecces- sive. Oggi, infatti, quasi tutti assumiamo piùsaledelnecessario,esoloil10percento circadelsalecheassumiamoprovienedalla saliera: il resto si annida nel pane e nei cra- cker, nelle patatine e nei pasti pronti da scaldare al microonde. Insomma, nei pro- dottidiun’industriachehacapitodatempo cometrarreilmassimodelproittodaistin- tiumaniantichissimi. Poi c’è il grasso, la terza esca usata dall’industriaalimentare.Ilgrassoinprimo luogo fa da veicolo ai sapori, perché molte sostanzearomatichesonosolubilineigras- si.Seunoschizzodipannaliquidamigliora ilgustodiunsugoperlapasta,èpermotivi puramente biochimici. Ma il grasso deter- minaanchelaconsistenzadeglialimenti,la sensazionechecidannoinbocca.Leperso- neacuipiaceversarsiinboccaunabustina dizuccherosonopochissime,manellagiu- stacombinazioneconilgrasso,lozucchero puòdiventareirresistibile:pensatealgelato oallacioccolata. In conclusione, zucchero, sale e grasso dispieganoalmassimolaloroforzad’attra- zionequandosonoabilmentemescolatitra loro in combinazioni, quantità e forme di- verse. Un esperimento condotto dallo scienziato Barry Lewin presso la New Jer- seymedicalschoolmostrailpoteredique- stesostanze.Lewinhalavoratosuungrup- po di topi di laboratorio che normalmente smettono di mangiare quando sono sazi. Quando però, al posto del solito mangime inpellet,glihasomministratouncomposto FataNdFUrIOUSBUrger(2) Theburgiving MynameisBun,JamesBun
  • 6. 42 Internazionale 993 | 29 marzo 2013 Incopertina cremosodizuccheroegrasso,tutteledighe sono crollate: “Non la inivano più di rim- pinzarsi”,raccontaLewin. Il commento di David Kessler è disin- cantato:“Icibiindustrialisonocompostida tanti di quegli strati di grasso, zucchero e sale,chesottoèdiiciletrovarciancoradel cibovero”.Secondolui,piùquesticibisono disgustosiepiùèdiicileresistergli.Kessler sadicosaparla:l’esperimentolohafattosu se stesso. Ha comprato dei biscotti al cioc- colato (cioè un concentrato di zucchero e grassopiùunapresadisale)elihaposatisul tavolodapranzodavantiasé.Latentazione di prenderne uno, racconta, era enorme. Haresistitoperore,poihalasciatolaconfe- zionesultavoloedèandatoinuncafèvici- noacasasua.Aquelpunto,difronteaidol- ciinvetrina,lasuadeterminazioneècrolla- taehadivoratounbrownie. Kessler si consola con una spiegazione scientiica.Nelcervelloabbiamodeicircu- iti–luilideinisce“circuitidellamotivazio- neabituale”–chesiformanoquandosiamo bambiniesonoattivatidaspeciichecondi- zionichesiveriicanonell’ambiente.Alcuni cibi sono in grado di condizionare il nostro cervello come quello di un tossicodipen- dente.Sitrattadicibiparticolarmentedesi- derabili che stimolano la produzione di dopamina. Al punto che dopo un po’ basta vederli perché i circuiti si attivino. L’unica via d’uscita da questa trappola alimentare, secondoKessler,èevitareperquantopossi- bilel’attivazionediquesticircuiti.Luistes- so, quando va all’aeroporto di San Franci- sco,sitieneallalargadallatavolacaldaper nonvederelavetrinadeiraviolifritti.Sache se ci si avvicina è perduto: “Un boccone di quellarobaequivaleaunistantedibeatitu- dine”, spiega. “Dimentichi ogni stress e nont’importapiùnulla.Unattimodoposei lìchetichiedi:perchél’hofatto?”. Maèproprioquestalareazionechel’in- dustriadelcibocerca.NelsuolibroMichael Moss racconta quanto spendono le indu- strieperottimizzareiloroprodotti.Prendo- no dei consumatori e li tengono per ore nei loro laboratori ad assaggiare, gustare, sor- seggiare, annusare e palpare. Ogni loro sensazionevieneaccuratamenteregistrata einseritainuncomputer.Poi,conl’aiutodi una procedura statistica detta analisi con- giunta,ottengonolacombinazioneottima- letraesaltatoridelgusto,confezionamento ecoloredelprodotto. Maglistrateghidell’industriasannoan- chechenondevonoidarsidelleprimerea- zioni delle loro cavie. Non sempre, infatti, quello che gli piace istintivamente è anche quello che alla ine mangeranno. La regola generale è un’altra: un prodotto che si ven- de in grande quantità non può essere trop- pobuono.Gliespertichiamanoquestaleg- ge apparentemente paradossale “sazietà sensorio-speciica”. Signiica che, quando viene inondato da stimoli gustativi troppo marcati, il cervello umano reagisce atte- nuandoildesideriodiripeterel’assunzione del cibo che li provoca. Il miglior modo di “ingannare”questareazione,quindi,èpro- porresaporifamiliarienontroppointensi. Kessler non ha dubbi sul fatto che i fab- bricanti usino questi meccanismi in modo consapevole:“Ilbusinessplandellemoder- neindustriealimentariconsistenelprodur- re miscele di grasso, zucchero e sale, ren- derle disponibili 24 ore al giorno a ogni an- golo di strada, e farlo sapere a tutti con una campagnapromozionalebasatasulleemo- zioni”. Kesslerhavintounabattagliamoltodu- ra contro l’industria del tabacco. E pensa chequellacontrolemultinazionalidell’ali- mentazionesiaugualmentedura,anchese in modo diverso: “Il fumo si poteva proibi- re”,osserva.“Abbiamodemoniz- zatoiltabacco,manonsipuòde- monizzare il cibo”. Kessler spera invece di suscitare nell’opinione pubblica un grande dibattito sull’alimentazione. “La prima domanda da farsi dev’essere: quello che mangiamo è davvero ancora cibo? La se- conda è: quali sono i cibi che desideriamo davvero mangiare?”. In altre parole, qual- cosa cambierà solo quando i consumatori imparerannoaguardarelecosedamangia- resottoun’altraluce.Èstatocosìancheper le sigarette: “Prima vedevamo la sigaretta come un’amica, qualcosa di desiderabile, sexy e fascinoso. Ora la vediamo come un prodotto mortale, schifoso, che dà dipen- denza”. Questionedivitaodimorte Secondo Robert Lustig, un collega di Kes- slercheinsegnapediatriaclinicaall’univer- sitàdellaCaliforniaaSanFrancisco,susci- tare un dibattito non basta. Nel 2009 Lu- stig,cheoggiha56anni,èdiventatofamoso grazieaunaconferenzatenutaallasuauni- versitàeintitolata“Zucchero:l’amaraveri- tà”.Ilvideodellaconferenzaèstatovistosu YouTubepiùditremilionidivolte.Lustigsi presentaalnostroincontroconunacamicia turchesebrillante.Mihadatoappuntamen- to alla mensa dell’Hastings college of law dell’università: la frequenta da quando ha chiesto un anno sabbatico per prendere un master in giurisprudenza. La specializza- zione gli serve per prepararsi alla battaglia control’industriaalimentare.“Ilpuntoè:ci sono vie legali per mettere i bastoni tra le ruote all’industria alimentare? La risposta è:assolutamentesì”. Nellasuatesi,Lustigcercheràdipropor- re un parallelo con la campagna contro le sigarettedegliannisessanta.Secondoluila battaglia contro l’industria alimentare do- vrebbe seguire esattamente il “copione ta- bacco”:inentrambiicasi,infatti,sitrattadi unaquestionedivitaodimorte.“Ilproble- manonècheleaziendealimentarimettono sul mercato prodotti irresistibili”, osserva. “Ilproblemaèchequestiprodottisonotos- sicielagentenemuore”. Mentre parla, Lustig si arrabbia. Oggi è particolarmente nervoso, perché tra venti- quattr’ore presenterà insieme ad alcuni colleghi uno studio che stabilisce un rap- portoepidemiologicotrailconsumodizuc- cheri e il diabete. Gli studiosi hanno con- frontato la quantità di zuccheri presente neglialimenticonl’incidenzadeldiabetein 175 paesi negli ultimi dieci anni. Risultato: più zuccheri nei cibi hanno determinato ovunque tassi di diabete più ele- vati. La sorpresa è che il numero delle persone obese non c’entra proprio niente. Negli Stati Uniti i disturbi del metabolismo riguar- dano più o meno lo stesso nume- ro di normopeso e di obesi. “Lo zucchero è veleno”,èlasuaconclusione:“Aprescinde- redallaquantitàdicalorie”. Lustigèunespertodidisturbiormonali eobesitàneibambini.Èmoltopreoccupato per il numero crescente dei cosiddetti “grassi di 6 mesi”, cioè i bambini che sono sovrappeso già al momento di venire al mondo o quasi. “In molti paesi, il peso dei bambini alla nascita è signiicativamente piùaltorispettoaventicinqueannifa”,spie- ga. All’origine del problema, secondo lui, c’è l’alimentazione sbagliata delle madri. Ma non sono loro a dover inire sul banco degli imputati: “I consumatori non hanno scelta”,spiega.Sugliscafalideisupermer- cati statunitensi ci sono 60mila prodotti alimentaridiversi.Nell’80percentodeica- si contengono zuccheri aggiunti. I cibi non alterati sono rari, e più costosi: “Molte per- sone semplicemente non possono più per- mettersiilcibovero”. Ilcibononalteratoè piùcostoso:“Molti nonselopossono permettere”
  • 7. Internazionale 993 | 29 marzo 2013 43 Poic’èl’imbrogliodeinomidegliingre- dienti. Negli Stati Uniti ci sono 56 modi di- versi per indicare la presenza di zucchero neglialimenti.“Moltisonoincomprensibi- li,ealcuniaddiritturaillegali”,diceLustig. Cosasaràmai,peresempio,lo“zuccherodi canna evaporato”? Il produttore dello yo- gurtChobanièalcentrodiunaseriedicau- se collettive in California e nello stato di New York perché stampa sui prodotti dici- ture come queste, che le autorità sanitarie deiniscono“falseefuorvianti”.Neiproce- dimenti giudiziari, Lustig è intervenuto in qualitàdiperito.“Ifabbricantihannocarta bianca”, afferma sempre più arrabbiato. “Possono mettere nei loro prodotti tutto lo zuccherochevogliono”.Percambiareserve lapressioneforteecompattadell’opinione pubblica:“Anchel’industriadeltabaccoha reagito solo quando non ha più potuto evi- tarlo”. IlkebabdiAhmed Ahmedèaltounmetroe70,pesacentochi- li e si cura con otto farmaci diversi. Vive a Berlino. Alla mano destra porta un guanto protettivo perché le dita gli formicolano di continuo: come molti pazienti affetti da diabete di tipo 2, l’aumento della glicemia glihadanneggiatoleterminazioninervose. Loincontroneilocalidelserviziodiconsu- lenzanutrizionaleofertodalrepartodien- docrinologia,diabeteemedicinadelricam- biodellaclinicamedicadell’ospedaledella Charité. Nell’ingresso, per i clienti “di pe- so”èadisposizioneunapoltronaavvitataal pavimentoconunasedutadi83centimetri. Gli incontri che si svolgono qui servono a insegnare agli obesi a mangiare in modo sano. Secondo Rotraud Zehbe, una snella signora di 60 anni che fa la consulente nu- trizionale,iprofessorisannopocoonulladi questo argomento. Zehbe tiene sul tavolo unassortimentodiintipanini,melanzane, pomodori, carote e salsicce. I suoi pazienti hanno una caratteristica in comune: sicco- me non sanno cucinare, si nutrono quasi esclusivamente di cibi pronti o nei fast food. Ahmed giocherella con una bustina di dolciicante e guarda Zehbe pieno d’aspet- tativa. “Quando assumiamo più energia di quellacheciserve”,comincialei,“aumen- tiamo di peso. Quindi per perdere peso dobbiamo eliminare qualcosa”. Il paziente annuisce.Moltepersonenonbevonoabba- stanza: per il buon funzionamento del me- tabolismo un adulto sano dovrebbe assu- mere ogni giorno, per ogni chilo di peso corporeo, 35 millilitri di liquidi privi di zuc- chero:acquaotè,manientealcolnésucchi FAtANdFURIoUSBURGeR(2) BurgerdeTroie Dhundiburger
  • 8. Incopertina difruttaolatte.Ahmedognigiornosiscola un litro di latte ed è convinto che contenga soprattuttoacqua.“Già”,ribatteZehbe.“E allattosiononcipensa?”. E qui comincia a parlare di grassi: a una donna ne bastano circa 60 grammi al gior- no, a un uomo 80. L’olio d’oliva e di colza è buono,igrassianimalino.Gliinsaccatiso- no da evitare: troppo grassi. “Buttiamoli nella spazzatura”, esorta Zehbe. Quando comunicaadAhmedchedovràlasciarper- dereanchelacarnegrondantedigrassodel kebab,luilaguardaavvilito.Lacarnevabe- ne, purché sia magra, gli spiega Zehbe. La suaregolageneraleècheognigiornosipos- sonoconsumaredagli80ai100grammidi proteine.L’azotodelleproteinevieneelimi- nato con le urine sotto forma di urea, che aiuta il metabolismo a bruciare più ener- gia. Perinire,Zehbeafrontalesostanzepiù problematiche: i carboidrati. Sono genera- tori di energia che si annidano in molti ali- menti. Troppi carboidrati fanno male, per- ché il fegato li trasforma in grasso, quello che poi si accumula sulla pancia. Quindi Ahmed dovrà rinunciare al muesli, ai dolci eallaNutella. OraZehbepassaaspiegare,servendosi deisuoiintialimenti,cosasipuòmangiare ognigiornoperassumerelagiustaquantità dicarboidrati:unpaninospalma- todimiele,unamela,duepatate, unagrossafettadipane,uncesti- no di fragole e, “per il piacere”, unminuscolopezzettodiciocco- lato.Ahmednonsembraconvin- to. Come per consolarlo, la nutrizionista raccomanda al suo corpulento paziente di mangiare verdure, sia cotte al vapore sia crude. Serve a combattere la fame, spiega, così come il formaggio quark magro. Me- scolatoconunpo’d’acquaemessoinvaset- ti di vetro, può essere una merenda da por- tareconséallavoro. Certo,Ahmedsarebbemenoavvilitose farelaspesafosseun’impresasemplice.Se i prodotti nei supermercati non avessero etichette così diicili. Lo sanno tutti che il riso integrale accompagnato da verdure fresche cotte al vapore è sano: ma se uno non ha tempo per cucinare? Quali sono i cibi pronti che contengono solo zucchero, sale e grasso, e quali si possono deinire il male minore? Per esempio, se uno vuole a tuttiicostifareunacolazioneabasedicere- ali, quali scegliere? Esiste uno yogurt alla frutta che non sia troppo dolce né troppo grasso? Nel2006laFoodstandardsagencybri- tannica ha proposto, su incarico del parla- 44 Internazionale 993 | 29 marzo 2013 mento,dicontrassegnareleconfezionide- glialimenticondeipiccolisemaforiperfar capire quanto grasso, zucchero e sale con- tenessero 100 grammi di prodotto: rosso per una percentuale nociva, giallo per una media,verdenessunpericolo. DopoalcuneesperienzepositivenelRe- gno Unito, anche gli scienziati tedeschi hannoproposto,nelnovembredel2005,un sistemasegnaleticosimile,ehannoinvitato lalobbydell’industriaalimentareaparteci- parealprogetto.Associazioniprofessionali comequelladeimedicipediatri,organizza- zionidiconsumatorieiVerdisisonoschie- ratiafavoredeisemafori,ecosìancheil69 per cento dei cittadini interpellati in un sondaggio. Ma Ilse Aigner, la ministra dell’alimentazione, dell’agricoltura e della protezione dei consumatori, si è detta con- traria, così il problema è stato sottoposto all’Unione europea. A quel punto associa- zioni e imprese hanno cominciato a bom- bardareglieuroparlamentariditelefonate, emailedocumenti.Ilobbistihan- no sostenuto che i valori limite usati per classiicare gli alimenti erano arbitrari. E alla ine sono riusciti a far respingere la propo- sta dei semafori. Oggi in Germa- nialapercentualedigrasso,zuccheroesale presente negli alimenti è indicata esclusi- vamentedanumeri. Imarchidellasalute L’esempio della Finlandia mostra che un sistema di segnalazione può non solo mo- diicareicomportamentidellepersone,ma forsesalvargliperinolavita.Allainedegli annisettantaleautoritàsanitarieinlandesi registrarono un numero allarmante di in- farti. Da alcuni studi emerse che l’alimen- tazionericcadisaleeraunfattoredirischio determinante.Oggisuglialimentipoveridi salespiccauncuoricinorossoconlascritta parempi valinta, “scelta migliore”, mentre gli alimenti ad alto tenore di cloruro di so- dio sono contrassegnati dall’avvertenza voimakassuolainen (“molto salato”). L’in- troduzione di queste etichette ha avuto un successosbalorditivo:oggiiinlandesicon- sumano un terzo di sale in meno rispetto a trent’anni fa e la mortalità per infarto e ic- tusèdiminuitadicircal’80percento. InveceinGermanialepropostediintro- durre scritte chiare, i divieti di fare pubbli- cità ai cibi malsani, di tassarli o di stabilire deivalorilimitepergliingredientinocivisi schiantano contro un muro. La lobby del settoreètroppopotente:laproduzioneela venditadialimentidannolavoroacircadue milionidipersone,eilgirod’afariraggiun- gei170miliardidieuro.Maiconsumatori, turbatidagliscandaliedailoroproblemidi peso, sono diventati più attenti. L’immagi- nedell’industriaalimentarenonèmaistata tanto negativa, e l’esigenza di chiarezza è semprepiùforte. Stephan Becker-Sonnenschein è da qualchesettimanailprincipalelobbistadel settore in Germania. Nei suoi uici ancora spogliinFriedrichstraße,aBerlino,sioccu- pa di rimettere in sesto la reputazione dell’industriaalimentare.Becker-Sonnen- schein è il direttore dell’associazione Die Lebensmittelwirtschaft (L’economia ali- mentare), di cui fanno parte sette delle più potenti industrie del settore. Per questo esperto di pubbliche relazioni di 56 anni la sua nuova creatura è “una grande sida”. Becker-Sonnenschein è abituato alle mis- sioni diicili: è stato responsabile dell’im- maginedellaPhilipMorris(tabacco)edella Rwe(centraliacarbone).EhalettosulNew York Times un estratto del libro di Michael Moss. “Molto di quello che scrive si riferi- sceaglianniottantaenovanta”,spiega.Da allora, secondo lui, sono cambiate molte cose. Mi racconta che nel periodo in cui lavo- ravaperlaKraftFoodsDeutschlandl’azien- da aveva modificato la composizione di 1.500 prodotti. La Coca-Cola rivendica di aver ridotto il potere calorico della sua po- polarissimabibitadel9percentodal2000. E anche la Nestlé avrebbe imboccato la stradaperdiventareun’aziendasalutista.Il grupposvizzeroinfattihaavviatounacolla- borazione con l’università di Losanna per creareprodottisalutari,peresempioyogurt contenente sostanze utili a combattere i sintomidell’Alzheimer.LaDanone,princi- paleconcorrentedellaNestlé,haallostudio un prodotto simile. Tutti progetti di cui si parla troppo poco, secondo Becker-Son- nenschein. In realtà, gruppi come Nestlé e Coca-Cola fanno di tutto per inluenzare l’opinione pubblica. Secondo alcune stime laNestléspendecircatremiliardididollari all’annoperlapubblicità. Quandoperòsitrattadiresponsabilità, i manager si tirano indietro. A volte si pre- sentano con calcoli dei valori nutritivi tal- mente astrusi da far credere che anche i cereali da colazione con più zuccheri ag- L’industria alimentareinveste moltisoldiperattirare bambinieragazzi
  • 9. Internazionale 993 | 29 marzo 2013 45 giunti siano salutari. Altre volte si giustii- canodicendochefannodituttopermante- nereinformaiconsumatori.LaCoca-Cola, per esempio, ha lanciato la sua Mission Olympicpertrovarelacittà“piùattiva”del- la Germania. Il portavoce del gruppo ci in- dirizzadauncertoThomasBach. Bach è presidente dell’Unione tedesca sport olimpici. Dunque è una specie di alto dirigente dello sport tedesco, e anche una sorta di ambasciatore della Coca-Cola. “Il nostroobiettivo”,mispiega,“èpromuovere l’attività sportiva, in collaborazione con i nostri partner Coca-Cola Deutschland e Samsung. Questo signiica incoraggiare la cittadinanzaadabbracciareunostiledivita attivo”. Maaltempostessol’industriaalimenta- re punta sui giovani, con una strategia che ricorda quella dell’industria del tabacco. Daidocumentiinternichelemultinaziona- lidellesigarettereseropubblicinel1998,si èappresoche lelobbydeltabacco avevano congegnato una campagna pubblicitaria per difondere il fumo tra i giovani. Anche l’industria alimentare investe molti soldi perattirarebambinieragazzi.L’associazio- ne di consumatori tedeschi Foodwatch ha individuato 1.514 prodotti che nei super- mercatisonopresentatiinmododaattirare i bambini. Circa il 73 per cento è costituito da merendine piene di zuccheri o grassi: “I piccoli vengono drogati per far girare la macchina dei consumi”, aferma il vicedi- rettore di Foodwatch Matthias Wolfsch- midt. Dal punto di vista delle imprese è per- fettamente logico. Le ricerche nutrizionali mostranocheleabitudinialimentarisipos- sonoconsolidare:unavoltachesièscoper- toilsaporediunacaramellaodiuncracker alformaggio,glisirestafedeli. Lezionediomelette AllaGorch-Fock,unascuoladiBlankenese, alla periferia di Amburgo, è l’ora di educa- zione civica, eppure si sente il rumore di una centrifuga per verdure. In cucina una macchina per fabbricare popcorn sputa fuorilesuepallinebianche.LamaestraAn- gela Wöbke-Hasenkamp ha il compito di insegnareaquattordicialunnidiquartache ilgelatoallacremaèfattosolodizuccheroe latte e che la passata di mela fatta in casa è buona anche senza zucchero. “Molti di questi bambini non hanno mai fatto nean- cheunuovosbattuto”,dice.“Ogginellefa- miglienonsicucinapiù”. “Pasta e pizza”, risponde una biondina conglistivalettiargentatiachiledomanda quali siano i suoi cibi preferiti. È iglia uni- ca, è molto iera del suo nuovo iPad mini e scaricadaiTuneslecanzonidiPinkediPsy. A casa sua si cucina poco o niente: la sua esperienza culinaria più importante, rac- conta, è stato “mettere il formaggio su una pizza”. Tutt’altrochefacile,dunque,ilcompito di Wöbke-Hasenkamp. Oggi la classe im- parerà a fare i popcorn e i muin alla bana- na: bisogna pur scendere a qualche com- promesso. “Voglio far capire ai bambini che non va bene buttar via la roba da man- giare.Peresempio,chelebanane,ancheun po’ scurite, vanno bene per dolcificare i muin”. Se in un quartiere benestante come Blankenese è diicile far capire ai bambini cosa signiica mangiare sano, iguriamoci quanto dovrà faticare l’assistente sociale scolasticaJeanettePremper,chelavoraalla Hegelsbergschule di Kassel, nel nord della Germania. Prima che li portasse in gita in un’azienda agricola, la maggioranza dei bambininonavevamaivistounagallinané una mucca. Oggi a lezione si fa l’omelette con feta, pomodori e spinaci. In uno dei quattro box della cucina didattica, Emir, Büsra, Max e Kathrin mescolano le uova con il latte. Un po’ di erbe aromatiche, un cucchiaiod’olionellapadella,ecisiamo.O no?Quellacheribollesulfornellosomiglia piùaunaminestrinaall’uovo:icuochihan- no sbagliato a misurare la quantità di latte. Eallainedellalezione,piùchedierbearo- matiche,lacucinaodorad’uovobruciato. “Ibambinidevonoimpararechenessun piatto riesce perfetto al primo tentativo”, spiegaPremper.Lasettimanascorsa,però, glispaghettialpomodorosonovenutisubi- to bene, e il prossimo piatto in menù è la zuppa di patate. Nel frattempo la maggior parte degli alunni del corso di cucina ha presoconidenzaconifornellieprovaacu- cinareancheacasa:“Hofattolapastasciut- ta tutto da solo!”, dice Emir, 11 anni. Ma quandoglichiedoqualialtripiatticonosce, risponde tutto fiero: “I Chicken McNug- gets!”. ma FATANDFUrIOUSBUrGEr Michael Moss è un giornalista del New York Times. Nel 2010 ha vinto il premio Pulitzer per un articolo sull’Escherichia coli O157:H7. Il suo ultimo libro, Salt sugar fat: how the food giants hooked us (random House 2013) sarà pubblicato in Italia da Mondadori nell’autunno del 2013. Illibro Caniculeburger