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eventmag - periodico on line - anno 1 - numero 2 - novembre 2008




eventmag




   strategie: Intervista a Ashraf Ramzy


    mestieri: Incontro con Andrea Baccuini

  editoriale: Storytelling

management: Meet the media guru

                                                                                n°2
Pag 4 editoriale         eventmag - periodico on line
                             anno 1 - numero 2 - Novembre 2008

    Pag 6 strategie
                                direttore responsabile
                             Francesco Serra di Cassano
    Pag 8 eye tech
                                  direttore editoriale
                                   Davide Pellegrini
    Pag 10 profondo web

                                   capo redattore
    Pag 16 linguaggi              Francesca Fornari

                                     ufficio stampa
    Pag 20 management
                                       Silvia Galli


    Pag 26 mestieri         progetto grafico e illustrazioni
                              Alessandro Denci Niccolai

    Pag 30 eventi                 hanno collaborato
                          Davide Bennato, Francesca Fornari,
                               Arnaldo Funaro, Silvia Galli
    Pag 32 recensioni       Davide Pellegrini, Stefano Rollo



1
di Davide Pellegrini


A scuola tutti abbiamo studiato l’Iliade, capolavoro narrato e oralmente tramandato dall’aedo Omero, tutti
abbiamo sbuffato di noia durante le letture scolastiche, nel zigzagare tra accenti incomprensibili ed esa-
metri dattilici, ignorando che al suo interno già si nascondevano importanti riferimenti ai valori universali
dell’esistenza. Personaggi cattivi, eroi, amori e odii, strategie di guerra e viaggi interminabili, un mondo
sovraccarico di tracce da seguire o, almeno, su cui riflettere. A partire da questo esempio, sarebbe retorico
convincervi del fatto che ogni epoca si è consacrata grazie alle narrazioni; anche se, a pensarci, oggi il
fenomeno si è ancor più rafforzato. Riflettevo qualche giorno fa sul nome del social network più attuale: Fa-
cebook. Nessuno conosce ancora l’etimologia della parola, la provenienza vera e propria. Così, in un gioco
di interpretazioni possibili, ho pensato alla traduzione letterale, a quel Libro di Facce che racchiude micro-
storie spezzettate in dialoghi e pillole ininterrotte, botta e risposta, commenti, foto, applicazioni. Insomma,
non è un caso che fenomeni come Facebook stiano spopolando, fenomeni che dovrebbero probabilmente
portare a certe precise considerazioni. Come il fatto che la struttura narrativa stessa è alla base del lin-
guaggio (Lector in Fabula di Umberto Eco), e che la naturale rappresentazione di un concetto segue la
logica “incipit”, “sviluppo”, “momento di tensione” (climax), “scioglimento o risoluzione”. A dirla in parole
povere, si parte da un inizio, si discute di un preciso argomento, si arriva a una conclusione. Bisognereb-
be pensare che tutta la comunicazione oggi è dominata dal raccontare qualcosa, e non deve per forzare
essere Harry Potter, semmai quello che succede attorno a Harry Potter che, nel momento in cui viene
svelato, diventa esso stesso una specie di mondo: di fan, di mode e linguaggi, di possibili nuove avventure,
di gadget, di siti internet, di edizioni limitate, di persone che condividono quella filosofia, quel modo di
immaginare le cose, e che a loro volta prenderanno a raccontare e a raccontarsi. Eccoci allora al punto:
in comunicazione (e, quindi, negli eventi), quando ci si trova di fronte a una società che ormai non può più
negare la voce agli individui, che sono sempre più protagonisti, partecipi e consapevoli, quando cioè le
grandi Storie del mondo sono crollate e i sistemi sociali si sono finalmente aperti, svelati nei loro mille par-
ticolari, allora le aziende capiscono a un tratto l’importanza di dare spazio a queste voci, e farle diventare
parte delle narrazioni dei loro brand, racconti-confessione all’interno del grande racconto esperienziale
del marchio. Si afferma, perciò, la tecnica dello Storytelling, a cui abbiamo pensato di dedicare questo
numero. In linea di massima, lo storytelling si riallaccia a una disciplina di coaching aziendale nata negli



4
anni ‘90 e resa celebre da guru come
Steve Denning, manager incaricato
dalla Banca Mondiale di migliorare lo
scambio di informazioni dei dipendenti.
Secondo Denning le storie utili a un’im-
presa sono storie che permettono di
condividere conoscenze, storie che
incitano all’azione, storie che riguar-
dano cosa accadrà, storie umoristiche,
storie che illuminano il futuro prenden-
do spunto dal passato, storie che di-
cono chi siamo come persone, storie
che dicono cosa siamo come marche,
storie che portano valori, storie di ag-
giornamento, storie allegoriche. Ora:
potete divertirvi tra amici a incastrare
all’interno di ognuna di queste classi-                     Steve Denning

ficazioni i vari modelli che trovate in
giro. Non è difficile: da Spore (videogioco) a Harry Potter (libro), da Wall-e (film in computergrafica) a
Obama (politico), da Fat boy Slim (guru della musica elettronica) a Antony Robbins (guru del marketing
motivazionale), da Sergio Castellitto (attore) a Heins Beck (chef), da Brunello Cucinelli (stilista) a Anish
Kapoor (artista), da Beppe Grillo (comico) a Jimmy Wales (profeta dalla Wiki culture), vi renderete conto
che in quelle storie c’entra un sacco di roba. Per cui, volendo arrivare a un punto, oggi la comunicazione,
gli eventi e, ancor più, il mondo delle aziende e delle marche sono dominati dai sistemi simbolici propri
delle narrazioni. In Eventmag storytelling troverete, perciò, la nostra prossima agenzia, Its Cool che, della
capacità di trovare un’identità e un’immagine ben precise (corredate in bianco e nero), ha fatto uno stile
riconoscibile. Attraverso le parole di Andrea Baccuini, direttore creativo, capiremo se davvero l’evento è
una storia da raccontare e se un manager degli eventi può essere un narratore, uno storyteller. Perché
nel mondo dominato dai prodotti, ricreare emozioni è la vera sfida, e utilizzare la narrazione non è cosa
da nulla. Come ci insegna la più potente industria americana, quella del cinema che, a recitare l’epica di
Omero, ci ha messo attori brand americani come Brad Pitt, Orlando Bloom, Eric Bana, Julie Christie e (ogni
tanto un grande dello schermo) Peter O’Toole. Un caso? Non raccontiamoci storie...




                                                                                                                5
a cura di Francesca Fornari e Stefano Rollo

 Intervista a Mr Ashraf Ramzy, Ceo di Narrativity, una delle più importanti
      aziende di consulenza nel settore dello storytelling professionale.




                                                                           vogliono capire razionalmente, inter-connet-
                                                                           tere emotivamente e contribuire psicologica-
                                                                           mente alle più importanti proposte delle pro-
                                                                           prie aziende, vogliono far parte di qualcosa di
                                                                           più grande di loro stessi. Anche i consumatori
                                                                           hanno bisogno di legarsi all’identità della Mar-
                                                                           ca, alle sue proposte e alle sue promesse. Ciò
immagine tratta dal sito di Narrativity                                    che la mia compagnia offre ai suoi clienti è lo
                                                             sviluppo e l’implementazione dell’identità e dell’offerta
In che modo è nata l’idea di utilizzare lo storytel- della propria azienda, nella misura in cui ci sia la necessità
ling come forma di coaching professionale?                   di riferirla in modo più efficace ai propri impiegati e ai pro-
                                                             pri consumatori. In altri termini, i fatti e le immagini non ci
L’idea è partita nel 1982, quando ho scoperto la Narra- colpiscono così come invece può fare una buona storia.
tologia, la scienza e lo studio della Storia. Nella mia car-
riera di stratega della comunicazione di brand in agenzie Ci può descrivere il vostro metodo e la reazione
pubblicitarie come BBDO, TBWA e Publicis, l’idea presto dei vostri clienti rispetto a questa forma di sup-
si è sviluppata in una metodologia, fino al 2002, quando porto?
è stata proposta al pubblico per mezzo della mia nuova
compagnia, Narrativity, the Corporate Story Agency.          Il nostro metodo affonda le proprie radici all’interno della
                                                            disciplina accademica della Narratologia e si è sviluppato,
Come tutti sanno, la narrazione è alla base del             in 20 anni di consulenza nel campo del business e dell’or-
linguaggio; oggi si pensa che la maggior parte              ganizzazione, in un approccio sistemico in grado di svilup-
delle aziende faccia partecipare i propri utenti            pare una storia della Marca. Per avere un’idea più chiara,
alla storia dei prodotti e a tutti i valori ad essi         è essenziale capire che una storia è più di una cronologia
connessi. Che soluzione offrite voi?                        di eventi, ed è più di una kermesse di caratteri folklorici.
                                                            Quando si guarda al cuore di una storia, o di tutte le sto-
La narrazione è l’innato e universale bisogno e capacità rie, si trovano tre cose: un Eroe, il viaggio dell’Eroe, e un
degli uomini di dare senso alle proprie vite. Gli impiegati cambiamento radicale. Ecco, una Storia deve ricostruire

                                                             6
la trasformazione di un carattere, il destino di un Eroe e il Mondo che
egli vive e percorre. È chiaro che l’Eroe, come Archetipo, racchiude il
meglio di noi, l’Eroe è il riflesso di ciò a cui attribuiamo valore oltre noi stessi. Per questo, il nostro
metodo comincia con una puntuale ricerca del carattere della Marca, dell’attitudine alla competizio-
ne, dell’identità dei propri consumatori e di altre categorie, per fare in modo di individuare la migliore
qualità che l’azienda ha da offrire. Una qualità che viene, poi, elevata ed espressa come “Qualità
Eroica”, e come miglior requisito per trasformare il mondo. Insomma, alla fine abbiamo il Carattere,
il Plot e il Cambiamento. In altre parole, una storia. Il nostro Ministro della Pianificazione Urbana,
della Casa e dell’Ambiente, quindi, diventerà “l’Architetto della Casa d’Olanda che rende il paese un
posto migliore da vivere...”. VMS, una marca di omeopatia diventerà “la Guida che mostra alla gente
la via della cura naturale...”. La reazione dei clienti è quella di un ritorno a casa. Dopo essere stati
maltrattati e incompresi dalle agenzie tradizionali di advertising, i clienti apprezzano davvero molto
il tempo e lo sforzo che impieghiamo nello svelare la loro verità e nel metterla a fuoco con parole
e immagini. Il coinvolgimento e la motivazione dei loro impiegati crescono, così come la fedeltà dei
consumatori e la trasparenza della marca, le rendite, il profitto, il valore delle azioni. Come si spiega
questo successo? Perché il potere delle storie determina la misura del successo. Più si conosce chi
si è, cosa si fa, cosa si vuole e come ottenerlo, più si sarà capaci di guidare i propri affari.

È possibile definire come storytellers tutti coloro che lavorano nell’industria creativa,
come nel caso dei progetti di comunicazione, della pubblicità e degli eventi?

Sì e no. Sì perché senza storie non è possibile comunicare né i fatti reali né la finzione. Abbiamo
bisogno delle storie per dar senso alle nostre vite e al mondo che viviamo. Non c’è differenza tra la
struttura di un romanzo, una notizia di cronaca, un documentario o un film. No, perché un giornalista
che legge la cronaca non può essere equiparato a un poeta: c’è differenza se una storia si riferisce
a degli eventi attuali da una parte, o a delle verità culturali e universali dall’altra.

Ci fa un esempio?

Il caso più recente è quello del Ministero del Traffico e dei Trasporti. Una grande organizzazione
governativa con vari dipartimenti e con molta gente impegnata in diversi lavori in costante sviluppo,
aveva bisogno di una presa di posizione forte su chi fosse e che servizi offrisse. Abbiamo allora
lavorato insieme durante alcuni workshop, con l’idea di sviluppare una storia che è finita con il con-
cetto rinnovato che il ruolo del Ministero fosse quello di “Rendere gli Olandesi liberi di muoversi ed
essere al sicuro”.



                                                         7
di Davide Bennato




                                                                                                                    Barack Obama
    IL POTERE PREDITTIVO DELLA NARRAZIONE
      Tra conoscenza e anticipazione, il caso della serie televisiva The West Wing
                       e delle ultime elezioni presidenziali USA

A cosa serve la narrazione? È uno strumento di cono-             ficassero determinati eventi. Detto in altro modo, esi-
scenza. Detta oggi, questa risposta potrebbe lasciar-            stono forme del narrare che cercano di immaginare -
ci incerti, suona strana, anzi forse sembra nobilitare           e quindi prevedere - eventi futuri. La fantascienza, da
un’arte - quella del narrare - che ormai è appannaggio           alcuni definita “letteratura d’anticipazione”, è regina
di romanzieri, favolisti, forse cantanti, ma mai e poi mai       nell’uso del racconto per prevedere le cose. Sarebbe
sembrerebbe potersi ascrivere nell’alveo delle forme             ingenuo considerare la fantascienza uno strumento
di conoscenza. È invece lo è a tutti gli effetti: cos’è un       per prevedere tecnologie futuribili; non che non l’ab-
esperimento, se non il racconto di ciò che è avve-                      bia fatto, ma non è questa la sua forza. In realtà
nuto in laboratorio? Cos’è una ricerca se non un                        la forza della fantascienza sta nella sua capa-
modo per raccontare come si sono raccolte delle                         cità di prevedere le conseguenze sociali delle
informazioni e poi le si sono analizzate per otte-                      tecnologie, grazie alla tecnica delle aspettative.
nere un risultato? Volendo scomodare i classici,                        In pratica la fantascienza sviluppa situazioni in
cos’è l’Odissea se non un racconto eponimo con                          cui si verificano contesti futuribili - la presenza
valenze conoscitive? Esiste però un elemento in-                        dei robot nella società, il contatto con civiltà
teressante della narrazione, la capacità che ha di                      aliene, la scoperta di tecnologie terribili - che
immaginare cosa potrebbe succedere se si veri-                          poi vengono sviluppati sul piano narrativo gra-
                                                             8
zie alla capacità di immaginare le conseguenze di        te affascinante è che le somiglianze con la campagna
questi eventi, lavorando sulle aspettative: le rea-      di Obama sono diverse e impressionanti. Il senatore
zioni della società ai robot, la paura dell’altro alla   Santos dice ai propri collaboratori di non voler essere
base della relazione con gli alieni, le conseguenze      visto come un candidato di una minoranza ma come
nefaste se una tecnologia sofisticata dovesse es-        un candidato americano. Anche Obama. Il senatore
sere usata in maniera sbagliata. A questo pun-           Santos in un suo discorso afferma che in un mondo in
to la domanda: solo la fantascienza è in grado           cambiamento, la speranza che le cose accadano è re-
di prevedere eventi? No, anche la sceneggiatura          ale. Anche Obama (col suo “Yes, We Can”). Il senatore
televisiva. La storia è questa. Nel New York Times       Santos deve scontrarsi con il candidato repubblicano
dello scorso 30 ottobre nell’articolo Following          Arnold Vinick (impersonato da Alan Alda) che sembra
the Script: Obama, McCain and ‘The West Wing’,           non abbastanza conservatore, non conosce bene il
Brian Stelter racconta la storia di quando Eli At-       computer ed è più vecchio del suo antagonista demo-
tie - sceneggiatore della serie televisiva West Wing     cratico. Anche Obama (sono le caratteristiche di Mc-
- chiamò il consulente politico David Axelrod per        Cain). In sintesi, gli sceneggiatori di West Wing hanno
chiedere lumi su un giovane personaggio del par-         immaginato che il candidato ispanico, nonostante tut-
tito democratico di nome Barack Obama. L’idea di         to e tutti, avrebbe vinto le presidenziali grazie al suo
Attie era quella di sviluppare una sceneggiatura         messaggio di speranza e ottimismo. Anche Obama. È
del famoso serial tv basato sulle vicende politiche      impressionante vedere che dove i sondaggi invitava-
che gravitano intorno a Washington e alla Casa           no alla cautela, dove sembrava che ci dovesse essere
Bianca, che descrivesse il giorno in cui un candi-       un testa a testa, dove i giochi erano tutti da fare, un
dato non WASP - nella fattispecie un ispanico, Mat-      manipolo di sceneggiatori avveduti avevano predetto
thew Santos (interpretato dal bravo Jimmy Smits)         con ben quattro anni di anticipo un evento che fino a
- si fosse candidato per la casa bianca. Bene, po-       ieri sembrava fantapolitica. Ed erano riusciti a farlo
tremmo pensare, la storia della battaglia per la         mettendo insieme immaginazione, aspettative e buon
presidenza degli Stati Uniti e il successivo trionfo     senso in un modo molto semplice. Narrando.
elettorale di Obama, sono una buona fonte di ispi-
razione per gli sceneggiatori del serial. Vero: pec-
                                                              9
cato che le puntate ispirate al candidato ispanico                 il cast di The West Wing
sono state scritte nel
2000 e andate in onda
nel 2006, mentre l’in-
vestitura del candidato
democratico di colore
è di almeno un anno
dopo. La cosa veramen-
di Arnald



«Lo storytelling è la scienza che traduce e promuove
le cose (reali o immaginarie che siano) in parole, im-
magini, suoni. E traducendole le rende “vere”: pregne
di significanti e legittimate a esistere». (G. D’Ambrosio
Angelillo).


Ciao a tutti navigatori. Quanti di voi prendono la metro a Roma? Quanti di voi odiano gli schermi rumorosi
sparsi su tutta la banchina ai quali non sfuggi nemmeno se alzi al massimo il volume dell’I-pod? Rifletteteci un
secondo e poi cominciate pure a leggere. Il web, come diciamo da tempo, ha significato “democratizzazione


LA CREAZIONE DI MONDI CON
 Due strumenti privilegiati dello Storytelling, il fumetto e l’illustrazione, e
degli strumenti e degli spazi”. Wikipedia, nonostante non sia uno strumento realmente affidabile di consulta-
zione, compete con successo crescente con le enciclopedie più blasonate che non trovano on-line la stessa
fortuna ed esclusività che hanno avuto su carta. I blog diventano voci più autorevoli dei giornali, considerati
spesso polverosi e costosi sistemi di informazione: chi tra questi ha provato solo a restare al passo coi tempi
è condannato a morire. Chi invece ha cominciato a creare nuovi contenuti, come web tv, blog, scambio con i
lettori di materiale ecc., ha vinto la battaglia. Pensate a repubblica.it, che da giornale cartaceo ha sviluppato
un sito di contenuti infiniti e ben organizzati, dal gossip all’inchiesta, dal blog dei lettori a quello dei giornalisti.
Gli utenti diventano inviati e girano alla redazione immagini, vignette, storie, filmati spesso realizzati con il più
economico dei telefoni cellulari. La parola chiave di questo successo è “partecipazione” attraverso gli used
generated content, ossia il materiale generato dagli utenti. Lo stesso accade nei social network, dove troviamo
milioni di utenti che pubblicano musica, film, idee, nella maggior parte dei casi prive di qualsiasi futuro. Idee
che, fuori da qualsiasi ottica commerciale, non riescono a entrare neanche nell’ultima parte della coda lunga,
guadagnandosi quella nicchia di reputazione che ne fa qualcosa di vendibile o col quale passare il proprio
10
tempo. In questo coacervo di utenti, dunque, diventa difficile
   - se non impossibile emergere e trovare anche un piccolo
   bacino di navigatori interessati alle proprie opere. Il segreto
   per aprirsi una breccia nel cuore e negli interessi delle perso-
   ne è nello storytelling. Ma lo storytelling non è una novità dei
   nostri tempi, anzi, forse nei nostri tempi sta riconquistando
   grazie a internet lo spazio che aveva perduto. Pensate a
   Omero e il mito: storie sovrascritte sulla realtà che trasmette-
   vano una serie di valori attraverso simboli come gli dei e gli
   eroi. Oppure pensate alle domeniche in chiesa, quando si
   ascoltano le parabole dei vangeli o il vecchio testamento. Sto-
   rie che portano con sé dei valori da condividere e da ripetere.
   Certo, non potete aprire il Mar Rosso, né moltiplicare pani e
   pesci, a meno che non siate broker della finanza creativa (o
   creazionista?) che pensano addirittura di moltiplicare denaro
   dal nulla. Il web 2.0 ha portato a una radicalizzazione dello


NDIVISIBILI
il loro incontro con il web
   storytelling dandogli un significato ancora diverso: creazione
   di mondi condivisibili. Tra i vari strumenti di storytelling, il fu-
   metto e l’illustrazione hanno sempre avuto un posto privile-
   giato. Questo accadeva in tempi non sospetti quando, man-
   cando l’alfabetizzazione, lo storytelling era affidato al
   racconto narrato o al disegno. Provate a entrare in una chiesa del XVI secolo, osservatene le volte (cosa che
   noi oggi facciamo abbastanza distrattamente) e vi renderete conto di cosa sto parlando. Il fumetto stesso ha
   sempre rappresentato un grande strumento di storytelling per bambini ma soprattutto per gli adulti. Basti
   pensare a figure di spicco come Andrea Pazienza, prematuramente scomparso ad appena 32 anni e che,
   grazie al suo incontenibile talento, ha lasciato molte opere e modelli esecutivi. Andrea Pazienza ebbe non uno,
   ma due doni dalla vita: il primo, ovviamente, la genialità artistica. Il secondo, ma non di secondaria importanza,
   l’aver capito subito che il disegno era lo strumento che meglio faceva emergere il suo talento. Ma Paz, così
   viene chiamato ancora Andrea, non aveva solo una grande talento nelle mani, ma anche nel pensiero. Seppe
                                                                                                                   11
raccontare l’epoca della conte-
                                                                                     stazione giovanile degli anni
                                                                                     ’70 creando un personaggio
                                                                                     che ne è diventato uno dei più
                                                                                     grandi simboli: Penthotal. Paz
                                                                                     divorò letteralmente la vita e,
                                                                                     nonostante il breve tempo in
                                                                                     cui è stato al mondo, non ci fu
                                                                                     campo del disegno e della pit-
tura in cui non mostrò la sua eccellenza. La vita gli aveva regalato la possibilità di essere al posto giusto, nel
momento giusto e armato di un talento sconfinato. Di Andrea Pazienza possiamo trovare numerose tracce
anche in rete. Ma come se la cavano i fumettisti nel web? Come vivono la dicotomia tra carta e schermo? Di-
ciamo che la democratizzazione degli strumenti ha portato, a mio giudizio, conseguenze disastrose per questi
talenti per più di un motivo. Il primo, su tutti: i loro contenuti sono frutto di enormi fatiche che vengono senza
dubbio meglio apprezzate su carta. Realizzare una tavola non è come sparare in rete un filmatino fatto col
cellulare, né “accroccare” immagini con programmi di grafica più o meno professionali sui blog. L’altro è che
internet non paga: e questa non è una buona notizia per chi fa del fumetto il proprio pane quotidiano. Voglio
farvi capire quanto possa diventare frustrante mettersi in gioco in rete. Con un po’ di minimalismo e buon
senso si possono realizzare prodotti come questo: Spaccato di coppia è un format grafico trasformato in blog.
Il disegno è semplice (che in questo caso è un gran pregio), una volta pensato è ripetibile un milione di volte
senza sforzo e tutto, o quasi, vive sui testi. Il blog racconta situazioni di vita di coppia dalle quali prendere
spunto per aprire dibattiti più o meno leggeri sulla vita. Stessa cosa possiamo dire per Acid Street (disegno
minimalista trasformato in un format preciso e difficile da dimenticare). Molto diverso è Political Comics, il blog
fondato da Gianluca Costantini che si proponeva di raccogliere un anno di lavori di vari fumettisti italiani per
farne poi una pubblicazione su carta. Il progetto del salto di specie per ora è “fallito”, ma è indubbio che
Political Comics resti una delle pagine partecipative più interessanti del fumetto su web. Stesso discorso pos-
siamo fare per Nuvole Elettriche dove potrete trovare numerosi talenti, e tanti altri finora isibili solo nelle varie
fiere annuali del fumetto, che stanno aprendo blog dove inserire i propri lavori per allargare l’audience di
                                                                       pubblico. È un’arma a doppio taglio: di fron-
                                                                       te alla possibilità di essere sullo schermo di
                                                                       tutti, si rischia anche di dover competere
                                                                       con autori nemmeno degni di questo nome.
                                                                       A questo punto diventa fondamentale ac-
                                                                       crescere la propria reputazione sul web e la
                                                                       cosa non è semplicissima: un grande illu-
stratore deve superare prima di tutto la fatica psicologica di
“postare” i suoi lavori perdendo la possibilità di metterli su
carta per tutti. Ma ormai è un passaggio obbligato perché il
mondo dell’editoria cartacea è praticamente fermo e i fu-
mettisti rischiano di dissanguare le proprie finanze senza
riuscire a vendere o distribuire prodotti cartacei ben realiz-
zati ma privi di “ascolti”. Uno di questi grandi talenti in cerca
di spazio è Kanjano. Il suo blog è www.kanjano.org - Diario a
fumetti di un prigioniero politico. Kanjano è un fumettista di
talento che si misura anche con un bravo copywriter (detto
Ferro) per realizzare i suoi lavori. Per lui mettersi su una
tavola significa spesso e volentieri fare notte alla scrivania.
Al contrario, per me che ho pubblicato la vignetta in apertu-
ra, significa prendere un disegnino realizzato in serie con
altri e, a giro, metterci un testo sopra. Sono due facce della
stessa medaglia, che a dispetto di differenti fatiche raccol-
gono risultati spesso simili. Kanjano è un talento non solo
perché sa disegnare, ma perché ha colto l’importanza dello
                                             storytelling e del
                                               modello parte-
                                               cipativo come
                                               unica carta vin-
                                               cente per diven-
                                               tare degno di nota. Questi due lavori, per esempio, spingono un
                                               utente attraverso il divertimento a passare del tempo con un suo
                                               prodotto. Non è poco, visto che in prodotti come questi lo storytel-
                                               ling raggiunge un livello di raffinatezza partecipativa pazzesca.
                                               Ma fare cose del genere costa tempo e fatica; e senza il salto di
                                               specie da schermo a carta, non fanno sostanzialmente il percorso
                                               per cui sono nate. Rispetto alla musica il fumetto soffre, in questi
                                               casi di eccellenza esecutiva, il problema del supporto. Ciò che ha
                                               liberato la musica dal cd e dalla casa discografica, non ha fatto lo
                                               stesso con i comics. Ma c’è anche chi ha fatto il percorso inverso,
                                             Illustrazioni di Kanjano
                                                                                                             13
ossia è passato dalla realtà alla rete, usando la partecipazione del pubblico come vettore virale per far
diventare le proprie opere realizzate nel mondo reale ambitissimi pezzi d’arte. Stiamo parlando di Bansky.
La caratteristica che ha reso famoso Banksy - favorito anche dalle leggende sulla sua identità - è la sua
abilità di entrare nei musei più importanti del mondo e appendere delle sue opere tra le altre già presenti.
Spesso passano giorni prima che qualcuno si accorga dell’intrusione. I suoi temi preferiti in questi casi,
sono quadri dipinti in perfetto stile settecentesco, con l’aggiunta di alcuni particolari completamente ana-
cronistici (nobili del Settecento con bombolette spray, dame di corte con maschere antigas, ecc.). Il genio
di Bansky sta in questo: produrre per la realtà, pubblicizzare sul web, accrescere di volta in volta la sua
reputazione con la partecipazione del pubblico che fonda blog, forum e siti dedicati alle sue opere. Cosa
manca dunque al fumetto per emergere dalle acque tempestose del web? Spazio reale, non c’è dubbio.
Uno spazio in cui i talenti veri possano misurarsi, farsi conoscere e raccontare ciò che vogliono. Spazi
aperti, dove per aperti si intendono luoghi di passaggio e non fiere di nicchia o autoreferenziali. Immagi-
nate se oltre quegli schermi rumorosi e invadenti sulle banchine delle metropolitane e dei tram, ci fossero
anche dei cartelloni dove questi talenti possono raccontarci come vedono il mondo. Poi internet farebbe il
resto e la partecipazione avrebbe nel web una seconda vetrina più grande, ma finalmente complementare
a quelle cartacee del mondo reale.

                               14




                                                                                                     Opera di Bansky
Le regole fondamentali per il comunicatore                 di Obama per motivare l’elettorato di centrosini-
dei nostri giorni: conoscenza dei linguag-                 stra e indurlo a credere che invertire le previsioni
gi, duttilità, capacità di agire in modo non               dei sondaggi fosse non solo possibile, ma addi-
convenzionale, possedere un’anima creati-                  rittura probabile man mano che ci si avvicinava il
va per stupire e innovare                                  voto, è stata invece una mossa abile, ma che non
                                                           si è coniugata con una strategia innovativa sul
Comunicare un progetto, un’idea, una possibilità,          prodotto, producendo alla fine solo una ridistribu-
ha che fare con la sensibilità delle persone? I cre-       zione di voti all’interno del proprio schieramento.
ativi operano con il “cuore caldo”? Chi si orienta         In questo caso, l’aggravante è che si è trattato di
verso il settore deve sviluppare una particolare           una mossa dettata dalla convinzione che i sondag-
attitudine per riuscire a trasmettere il suo mes-          gi non fossero realmente attendibili. Queste scelte




                                                                                    16

saggio? La recente campagna elettorale in Italia
offre interessanti spunti alla riflessione su questo
tema. La scelta del leader del Pdl di contravvenire
a quanto fatto nel recente passato, scegliendo di
sovvertire i tradizionali canoni comunicativi, limi-
tando al massimo l’investimento per la propagan-
da, ha colto di sorpresa molti commentatori e gli
stessi pubblicitari che avevano lavorato alla sua
scesa in campo nel ’94. Mandati in soffitta slogan
come quello del 2001 «Un Presidente operaio per
l’Italia», su cui tanto si è ironizzato, il Cavaliere ha
scelto di gestire in prima persona ritmo e intensità
del suo messaggio. Lui in carne e ossa al centro
della campagna elettorale. Lui a dettare l’agenda,
il suo avversario a rincorrere. Per Veltroni il ricor-
so alla propaganda vecchio stile è stato una ne-
cessità, ma anche una precisa scelta di marketing.
Rispetto al suo avversario, aveva il problema di far
conoscere il logo del nuovo partito e di promuo-
verne le idee. La decisione di importare lo slogan
mettono in luce due diverse visioni della comuni-            comunicazione incentrato su slogan ad effetto e
cazione e due opposte sensibilità, ma anche qual-            una forte e capillare campagna di affissioni, oltre
cosa di più. Berlusconi, fiducioso nella veridicità di       ai tradizionali strumenti di mobilitazione (orienta-
sondaggi favorevoli, ha optato per un basso profi-           mento freddo e calcolato). Nei primi venti giorni
lo: scarso uso della propaganda, rinuncia all’ideo-          della campagna elettorale, sui muri e negli spot
logia e soprattutto una puntuale valutazione (direi          c’era quasi solo il Pd. Negli ultimi dieci, il leader
a cuore caldo) dell’impatto negativo che una mas-            del Pdl, centellinando le uscite e selezionando con
siccia campagna di comunicazione di vecchio tipo             accortezza i temi sui quali concentrare l’attenzio-
avrebbe avuto su un elettorato fortemente critico            ne, è prepotentemente entrato nell’agone politi-
rispetto alla politica e ai politici. Veltroni, al contra-   co con messaggi mirati (e a forte impatto) verso
rio, ha investito tutte le risorse in un progetto di         pensionati, donne, lavoratori autonomi ecc. Quali




                     a cura di Francesco Serra di Cassano
                                                             indicazioni si possono trarre dalle scelte dei due
                                                             leader? Berlusconi ha vinto soprattutto perché
                                                             giocavano a suo favore la congiuntura economica
                                                             e il giudizio negativo nei confronti dell’operato di
                                                             Romano Prodi. Tuttavia, nella sua scelta comuni-
                                                             cativa, Berlusconi ha doppiamente vinto. La deci-
                                                             sione, infatti, di tenere un profilo distaccato, quasi
                                                             da osservatore della vicenda elettorale, ha finito
                                                             per giovargli, permettendogli di sottrarsi ai colpi
                                                             bassi degli avversari e di trasmettere - soprattut-
                                                             to agli elettori moderati - un senso di tranquillità
                                                             e determinazione a governare che erano mancati
                                                             nel 2006, quando aveva puntato sulla dramma-
                                                             tizzazione dello scontro e su proposte ad effetto.
                                                             Veltroni, invece, certamente penalizzato dall’ansia
                                                             di dover preparare in tutta fretta gli elettori al ne-
                                                             onato soggetto politico, ha commesso due errori
                                                             fatali sul terreno della comunicazione: il primo,
                                                             quello di considerare la forte mobili-
                                                             tazione dei suoi mi-
                                                             litanti
come un fattore in grado di spostare gli equilibri
politici; il secondo, conseguente e in parte omo-
geneo al primo, quello di ritenere inattendibili i
sondaggi che lo davano sotto di 5 e anche 10                 caldo occorre grande senso di libertà e immede-
punti percentuali, sottovalutando gli effetti nega-          simazione nei gusti e nelle aspettative del pubbli-
tivi dell’azione del Governo Prodi sulla sua stes-           co. La prima tappa è dunque predisposizione alla
sa base. Dall’analisi di questo duello, emergono             ricezione: respirare quello che si vede, avvertire
due temi centrali per ogni serio progetto di co-             con tutti gli organi del proprio corpo gli stimoli
municazione (non solo politica): da una parte,               che ci circondano e i sommovimenti anche minimi
l’importanza dello studio e della conoscenza dei             che attraversano il nostro campo d’azione. Nella
mutamenti in atto nella società e la rilevanza dei           seconda tappa si sviluppa lo studio e l’approfon-
segnali provenienti dalle categorie sociali, dagli           dimento dei messaggi raccolti attraverso i sensi.
indicatori del mercato, dai nuovi orientamenti               Nella terza si confrontano i risultati con gli altri:
del pubblico e dallo stato d’animo dei cittadini;            lavoro di gruppo e interazione. Lo scambio rela-
dall’altra la capacità di innovare le tecniche e le          zionale, il confronto critico, l’apertura al giudizio
modalità di comunicazione del proprio messag-                degli altri sono i cardini per impostare corret-
gio. La comunicazione del Pd, da questo punto                tamente la comunicazione. In un lavoro di equi-
di vista, è apparsa inadeguata a cogliere lo stato           pe, si tratta di creare le condizioni ideali perché
d’animo dei cittadini, a sintonizzarsi con la richie-        ciascuno possa esprimere le proprie capacità, le
sta di una forte discontinuità rispetto al passato           proprie attitudini a donare senso a un progetto
e di un vero ricambio della classe dirigente. So-            comune, all’avventura condivisa. Oggi il consu-
prattutto è apparsa “propaganda” e non “pro-                 matore è molto esigente, i suoi gusti cambiano
gramma”, buoni propositi privi di concretezza.               velocemente e al comunicatore si richiede gran-
Utopia senza radici, speranza senza sostanza.                de duttilità e capacità di agire in modo anche
Il valore della comunicazione, oggi più che mai,             imprevisto, non convenzionale. Conoscere i lin-
si misura sul terreno dell’innovazione e dunque              guaggi è la precondizione per sviluppare un pro-
sulla creatività, che è la vera fonte di ispirazione         getto di comunicazione che riesca a coniugarsi
del messaggio. La creatività è stimolo al piacere            con i nuovi trend culturali e di consumo. La com-
e condizione per sviluppare nuove idee. Nella so-            mercializzazione ha bisogno di un’anima creati-
luzione dei problemi, il processo creativo è frut-           va in grado di produrre idee e inventare codici,
to dell’applicazione di un metodo di lavoro a più            di stupire e innovare. Non basta la simulazione
tappe. Innanzitutto, un buon comunicatore non                o l’utilizzo delle nuove reti, occorre pensarsi in
può prescindere da una forte sensibilità sociale e           modo nuovo attraverso le reti. In qualche modo
culturale: deve saper cogliere anche le più picco-           il comunicatore è artista e project manager, cre-
le sfumature del mondo che lo circonda e liberar-            atore e potenziale fruitore. Una figura multipla
si dei condizionamenti della sua provenienza e di            che richiede un approccio multidisciplinare e una
ogni forma di pregiudizio. Per valutare a cuore              continua capacità di mettersi in discussione.
                                                        18
a cura di Davide Pellegrini
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                                                                                                               Maria Grazia Mattei
     Intervista a Maria Grazia Mattei, responsabile ideazione e
      coordinamento iniziative di MGM Digital Communinication
     Ciao Maria Grazia. Considero Meet The Media Guru uno
     dei format più interessanti che ho visto in giro. Non solo
     per i temi, che guardano al futuro nei rapporti tra arte e
     scienza e tecnologia e design, ma per le modalità orga-
     nizzative: l’idea di una tavola rotonda attorno ai miglio-
     ri cervelli dell’innovazione. Sembra una formula da talk
     show, ma ha qualcosa di unico. Ci spieghi com’è nato il
     tuo progetto?

     La scintilla è stata lo spazio... uno spazio sospeso nel tempo. A
     Milano, in pieno centro, era stata inaugurata qualche anno prima la
     Mediateca di Santa Teresa (un ex convento), divisione multimedia-
     le della Biblioteca Nazionale Braidense. Entro e trovo uno spazio
     inusuale, dove passato e futuro si fondono e si frantumano in spazi
     diversi e in particolare in una sala circolare, allestita di computer
     e affrescata a tratti sulle pareti. Uno spazio “ epico” per riunire i
     “templari” del digitale: creativi, professionisti non importa di quale
     settore e studenti per mettere in circolazione le idee in uno spazio continuo di confronto e di scambio sulla
     cultura digitale, sui nuovi processi creativi, sulle traiettorie dell’innovazione. La Camera di Commercio di Milano
     con la Provincia di Milano e il Comune mi avevano chiesto un progetto di internazionalizzazione del mondo
     della cosiddetta NetEconomy. Ho pensato che fosse arrivato il momento di uscire dalle secche degli incontri
autoreferenziali, di presentazione di prodotti tecnologici, e che fosse invece il momento di rompere gli schemi
di comunicazione su questi temi per vivere un’esperienza “immersiva”, emozionale. Abbiamo messo in scena
l’innovazione tecnologica, le idee, il pubblico e i personaggi che invitavamo. In fondo MMG si basa su un’in-
tuizione semplice: viviamo immersi nella comunicazione, siamo connessi nello spazio e nel tempo, apriamo e
chiudiamo file continuamente, non c’è più una centralità dell’informazione e forse la prospettiva rinascimentale
è insufficiente a rappresentare la realtà; la frammentarietà, l’interazione, l’ubiquità, il locale e il globale, la
circolarità, sono o no i nostri attuali parametri culturali? Come rendersi davvero conto dei cambiamenti in atto?
MMG mette in scena il pensiero, la progettualità che cambia con l’uso delle nuove tecnologie, che si arricchisce
e cresce nello scambio e nella circolazione dei saperi. Ma il nostro Guru non è il punto focale d’attenzione; e
il punto di attacco per il pubblico presente e in rete, è l’elemento scatenante per liberare il proprio pensiero e
le proprie opinioni sulle pareti della Mediateca con collegamenti di immagini e testi.

L’Italia sta vivendo un momento di difficoltà evidente. Non ci mancano i talenti, non ci manca-
no le idee, forse manca la semplice efficacia delle metodologie. Che cosa portano in più i tuoi
                                   invitati? Che cosa hanno di diverso rispetto a noi al punto
                                    da risultare inevitabilmente più concreti e affascinanti?

                                            MMG sceglie i suoi personaggi dalla scena internazionale, perché
                                            il progetto nasce per offrire un’occasione di incontro e di scambio
                                            diretto con il mondo professionale milanese e italiano. Abbiamo cura
                                            di invitare professionisti che abbiano una storia unica da raccontare,
                                            che abbiano sviluppato processi e metodologie innovative nel loro
                                            campo: non scegliamo secondo il criterio della fama o della notorietà
                                            mediatica; se possiamo diamo spazio a voci non ancora urlate da
                                            noi ma di sicuro emergenti sulla scena mondiale, purché ci sia il rac-
                                            conto di un’esperienza davvero emblematica, di una tendenza che si
                                            può già cogliere, purché ci sia davvero pratica ed esperienza... ma
                                            hanno tutti una particolarità, nomi noti o meno noti: sono persone,
                                            che hanno varcato da tempo i confini nazionali, vivono e lavorano
                                            nel mondo e hanno sviluppato una fluidità di pensiero e di azione
                                            originale, grazie all’uso delle nuove tecnologie. Forse - ovvio, con le
dovute eccezioni - noi siamo troppo italicocentrici, anche se sappiamo benissimo che lo sviluppo economico,
sociale e culturale si gioca sul piano internazionale.


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Meet The Media Guru ha permesso all’audience italiana di venire in contatto con grandi
personaggi, da Joichi Ito a Jaron Lanier, da John Maeda a Bill Moggridge, e poi Ron Dembo,
Geert Lovink e altri ancora. L’idea, bellissima, è di raccontare la storia di cervelli votati
all’innovazione, la storia delle loro intuizioni. Quindi, ancora una volta, struttura. Possono
davvero gli esempi narrati da questi guru dare uno stimolo alla riorganizzazione dell’im-
presa italiana?

La cosa che mi sorprendeva, man mano che il programma di MMG andava avanti, è che ogni volta mi
trovavo di fronte un pubblico diverso. E il dato ancora più sorprendente è che se il guru di turno era un
architetto, il pubblico non era specifico di quel settore. Credo che l’aspetto più apprezzato di questo pro-
gramma sia la formula comunicativa, il racconto che mette in circolazione le idee in maniera trasversale.
Ognuno trova un proprio spazio di confronto, ognuno porta a casa una suggestione, un senso, una pro-
spettiva. È come se ogni professionista trovasse nell’altro che non appartiene al suo mondo, strade libere
da esplorare, spunti originali da declinare nella propria professione. Insomma stimoli eccentrici, inaspettati.
Una volta aperta la porta della Mediateca è anche successo che siano nate collaborazioni.

Meet The Media Guru nasce in un contesto brillante come quello milanese, con un perfetto
esempio di accordo tra le parti (diremmo, oggi, governance), Comune, Provincia, Camera
di Commecio, Mediateca. Pensando alla difficoltà di un paese come il nostro, ancora condi-
zionato da identità fortemente localistiche, come potrebbe essere esportato questo format
e su quali temi?


                                                                                          invito dell’incontro con Donatella della Ratta
invito dell’incontro con Joi Ito




Sono certa che una chiave di successo di MMG è che si tratta di un evento non standard. È nato per
rispondere all’esigenza del mondo professionale milanese di avvicinarsi al mondo digitale internazionale
attraverso storie, strumenti, trend: una volta avremmo detto Trasferimento Tecnologico. Ma con modalità
molto milanesi! Abbiamo trovato il luogo giusto e toccato temi caldi per il nostro pubblico. Se dovessi pen-
sare di esportare MMG, fermo restando l’agenda e i criteri di scelta di personaggi internazionali, baderei a
“ localizzare” attentamente i contenuti. In un certo senso le nostre piazze hanno tutte un’identità diversa
e percepiscono in maniera diversa. Ma la forza di MMG è la flessibilità nel comunicare e ci piace studiare
soluzioni innovative, ascoltare e modulare temi e modi.

Se dovessi pensare a una sorta di “driver motivazionale” per pubbliche amministrazioni,
fondazioni, privati per sostenere il tuo format, a quale faresti riferimento?

MMG è: una patente di innovazione e credibilità, un agente di crescita e sviluppo delle imprese, un format
mediatico originale. Dà visibilità, è un board internazionale.

Quali sono i progetti collegati a Meet The Media Guru e in che direzione vanno?

MMG è partito avendo per epicentro la Mediateca di Milano, quindi con un programma nello spazio fisico,
ma ha sviluppato traiettorie diverse in questi anni. Ha prodotto contenuti multimediali (e stiamo lanciando
il nuovo ambiente on line), relazioni con associazioni ed enti che di volta in volta si attivano con il loro pub-
blico specifico per appuntamenti specifici. Collaboriamo a progetti internazionali, come Pangea Day (è un
format virale?!). Infine vogliamo aprire anche a storie italiane. MMG FOCUS è nato proprio per dare spazio
e voce in collaborazione con Enti o editori (a rovescio inviteremo un pubblico internazionale!) alle nostre
imprese, alle punte di pensiero più avanzato. Non sono poche e sono entusiasmanti.
                                                                                                                 23
dobbiamo essere i primi a crederci e a lasciarci con-
                                                         quistare dalla realtà che nasce da un nostro studio,
a cura di Davide Pellegrini Silvia Galli
                                                  26     confronto o intuizione. È impossibile non emozionarsi
                                                         assistendo alla trasformazione che può subire una
È con grande piacere che ospitiamo nelle pagine di       location spoglia dopo il nostro intervento: una sem-
Eventmag una figura di riferimento nel mondo inter-      plice parete bianca può diventare una superficie su
nazionale degli eventi come Andrea Baccuini: con lui     cui proiettare immagini mozzafiato attraverso tecno-
abbiamo parlato di emozioni, dell’arte di raccontare,    logie e colpi di regia da maestro. La particolarità e le
di stupire e restare nella memoria delle persone, di-    criticità delle situazioni che ci troviamo ad affrontare
ventando “leggenda”…                                     col passare del tempo si mutano in racconti, decine
                                                         di aneddoti che potrei raccontare per ogni evento im-
Iniziamo con un brainstorming: a cosa ti fa              maginato, realizzato o semplicemente guardato, ma
pensare l’associazione delle parole evento-              questa… è un’altra storia.
racconto-emozione?
                                                         It’s Cool Events è nota soprattutto per l’orga-
Mi fa pensare alle situazioni che vivo ogni gior-        nizzazione di grandi eventi corporate, come
no: richieste dei clienti che si trasformano in sfide,   le convention Samsung e Siemens. Quanto è
obiettivi da raggiungere dando il massimo nel più        importante il fattore emozionale, l’arte di
breve tempo possibile. L’evento senza emozione           raccontare, all’interno di un evento di comu-
non può vivere. Noi che lo pensiamo e lo creiamo         nicazione interna?




                                                                                                      Convention Samsung
Il fattore emozionale e l’arte di raccontare rappre-
sentano due elementi essenziali nelle convention per-      due attività che hanno caratterizzato la giornata. La
ché la necessità del cliente che ci chiede di realizzare   prima permetteva di provare l’ebbrezza di un giro
questo tipo di eventi è quella di comunicare messaggi      veloce, mentre la seconda era rivolta ai più temerari
forti e importanti a una platea che deve sentirsi parte    che volevano vivere in prima persona una vera e pro-
di un tutto. Ogni individuo deve avere la percezione di    pria gara. Mezz’ora di teoria e poi un’ora e mezza di
non essere un semplice spettatore ma il protagonista       prove e gara con registrazione del tempo realizzato
di ciò che accade intorno a lui. Le emozioni vissute e     per arrivare al Match Race Finale dove si sono sfidati
le parole ascoltate devono conquistarlo, convincerlo,      i due tempi migliori.
se serve inebriarlo ma soprattutto motivarlo. È per
questo che gli speech, la scelta degli autori e dei re-    Quanto è importante sapere evocare il mood
latori sono punti importanti da non sottovalutare mai      di un evento in fase di presentazione del pro-
nella realizzazione di un grande evento corporate.         getto al potenziale cliente?

A proposito di eventi targati It’s Cool, mi rac-
conti la storia di ebbrezza sportiva costruita Più che importante, direi essenziale! Riuscire a far
intorno all’ultima convention Samsung di set- vivere al cliente l’emozione dell’evento che ci sta
tembre?                                          commissionando significa farlo entrare a piè pari nel
                                                 nostro processo mentale, fargli comprendere le mo-
                                                 tivazioni che ci hanno spinto a proporgli un determi-
                                                 nato progetto, ma soprattutto dimostrargli quanto la




Come al solito, volevamo stupire e distinguerci, per       nostra proposta creativa sia stata realizzata apposi-
questo abbiamo proposto un’esperienza così avven-          tamente per soddisfare le sue esigenze. Così facendo
turosa al nostro cliente. La convention è nata per         riusciamo a fargli percepire l’unicità delle nostre idee
essere un format travolgente e insolito dedicato al        modellate esattamente sulle sue richieste.
coraggio e alla determinazione che occorrono per
muoversi in un mare di competitor e nuove tappe da         A questo proposito, quanto devono essere
superare. Infatti, i presenti hanno potuto partecipa-      “storyteller” il direttore creativo e l’account
re a una giornata interamente dedicata all’OffShore        d’agenzia?
vivendo esperienze ed emozioni uniche affiancati dai
piloti del C1 World PowerBoat Championship. Giro di
Velocità e Academy - Match Race questi i nomi delle
                                                                                  27
Osservando It’s Cool Events dall’esterno, la
                                                28    prima cosa che si percepisce è la costruzio-
                                                      ne di un team intorno al payoff e all’identità
                                                      visiva che vi contraddistingue. Quanto e cosa
                                                      comunicate di voi attraverso questa immagi-
                                                      ne?

                                                      Le nostre campagne di comunicazione sono forti,
                                                      creative e ironiche allo stesso tempo proprio come
                                                      siamo noi. Da sempre il trittico che ci contraddistin-
                                                      gue è: “efficaci, affidabili, creativi sempre!” Comuni-
                                                      chiamo ciò che siamo e quello che facciamo, dunque
                                                      nella nostra comunicazione c’è il nostro dna, la nostra
                                                      essenza più profonda.

                                                      In una vostra recente campagna pubblicitaria,
                                                      si partiva dal titolo di un film, Io sono leggen-
Andrea Baccuini




                                                      da, e si arrivava al payoff “Io sono evento”,
                                                      con una non casuale sostituzione. Utilizzan-
                                                      do un provocatorio gioco di parole, meglio
                                                      un evento da leggenda o la leggenda di un
Devono avere entrambi una buona parlantina, pro- evento?
prietà di linguaggio e una buona dose di energia
per riuscire ad esprimere le idee scaturite a sup- Sicuramente meglio un evento da leggenda che rima-
porto del progetto. Spesso il cliente ha un obietti- ne impresso nella memoria di chi lo ha inventato, re-
vo ma non sa come raggiungerlo, quindi una parte alizzato, vissuto e che ha permesso di assaporare un
del nostro compito è convincerlo delle motivazioni momento intenso e reale. La leggenda per definizione
che ci hanno spinto a proporgli determinate solu- mescola il reale al meraviglioso ma non si può mai
zioni piuttosto che altre. Il direttore creativo deve essere certi del confine tra reale e immaginario. Nei
conquistare il “cuore” del cliente mentre l’account nostri eventi invece la situazione creata - per quanto
deve fare da intermediario e far tornare i conti. meravigliosa possa risultare - è reale e tangibile, non
Sono entrambe missioni delicate che una volta rag- lascia spazio a particolari non curati e vive grazie al
giunte danno i loro frutti e immense soddisfazioni. vero impegno dei professionisti coinvolti.
the blog
Un evento per raccontare una storia                          di Silvia Galli




                                      La filosofia di It’s Cool: l’evento che colpisce lo spetta-
                                      tore e rimane nella memoria perché diventa “vissuto”

                                      «Per chi ha in uggia la casa inospitale, il rifugio preferito nelle serate fredde è il cinema. La pas-
                                      sione di Marcovaldo erano i film a colori, sullo schermo grande che permette di abbracciare i più
                                      vasti orizzonti: praterie, montagne rocciose, foreste equatoriali. Vedeva il film due volte, usciva
                                      solo quando il cinema chiudeva; e col pensiero continuava ad abitare quei paesaggi e a respirare
                                      quei colori».
                                      (Italo Calvino, Marcovaldo)

                                      Un evento può dirsi emozionante e sorprendente soltanto se la sua forza è tale da rimanere nella
                                      memoria e nel vissuto delle persone che vi hanno partecipato, soltanto se costituisce una storia
                                      da ricordare e da raccontare. L'evento deve dunque essere dirompente e spettacolare, deve
                                      rapire lo spettatore e coinvolgerlo facendolo sentire testimone di un’esperienza assolutamente
                                      unica e irripetibile. Cristian Salmon, nel suo saggio Storytelling, parla di “nuovo ordine narrativo”
                                      che, catturando le emozioni delle persone, induce al consumo plasmandone le motivazioni e
                                      l'attenzione, fino a far diventare l'arte di raccontare storie un’“arma di distrazione di massa”.
                                      Per questo - tramontata l'era dei brand culto degli anni Novanta, in cui il solo logo era sufficiente



                                                                                                                                                       30
                                                                                                                        convention “Shape the future
a giustificare l'acquisto - oggi per
le aziende è necessario riposizio-
narsi su una dimensione espe-
rienziale, sulla cosiddetta comuni-
cazione polisensoriale che rapisce
il consumatore stimolandone le
leve più irrazionali e soggettive.
In questa logica, gli eventi si stan-
no ritagliando uno spazio sempre
più ampio nella comunicazione, a
scapito spesso di strategie pub-
blicitarie tradizionali, rispetto alle
quali il consumatore tipo è sem-
pre più “vaccinato”. Come ci sugge-
risce Calvino, lo spettacolo e l'evento in genere ci permettono di “continuare ad abitare paesaggi e a respirare
colori”, acquisendo sensazioni e valori che inevitabilmente e inconsciamente ci spingeranno a delle scelte ben
precise. It's Cool Events è un'agenzia che ha come core values l'emozione, la creatività, l'unicità dell'evento,
che spesso si traducono non soltanto in grandi storie da raccontare, ma in grandi storie a cui partecipare,
compiendo un salto concettuale da testimone ad attore. La Convention: Shape the Future. Nell'evento corpo-
rate, le aziende hanno la necessità di trasferire uno spirito, una missione: un esempio notevole è il caso della
convention Shape the future per Siemens (Milano, novembre 2006), in cui It's Cool Events traduce un concept
che parla di modernità e di traguardi in una scenografia - futuristica, tecnologica, accattivante - e in una
dinamica, in cui il relatore si muove attraverso la platea, spezzando la gerarchia delle sedute.
  Il Team Building: Partesa Champion Team. Per definizione, un team building deve essere capace di coinvol-
gere, divertire, stupire e, soprattutto, di creare spirito di gruppo con attività collaborative del tutto anomale
rispetto al comune contesto lavorativo. Ne è un esempio la convention Partesa Champion Team (Parma,
febbraio 2005), in cui - dopo una convention tradizionale - i componenti di diversi settori aziendali sono stati
aggregati in squadre per un vero e proprio torneo. Dunque, sportivi per un giorno, protagonisti del più italia-
no dei giochi di squadra: il calcio. La Guerrilla: Il Sole 24 Ore. Per il lancio del nuovo prodotto “Il” (settembre
2008, Roma e Milano), il Sole 24 Ore si affida a It's Cool Events, che racconta le storie di professionisti di
successo attraverso modelli-icona posti su piedistalli nei landmark urbani, come la centralissima stazione Ca-
dorna di Milano: “Il” Tenebroso, “Il” Creativo, “Il” Leader, diversi ma tutti affascinanti, tutti dotati di una copia
di “Il”, tutti a loro modo status symbol. Efficace e sorprendente. Davvero…


                                                                                           31
Salmon è membro del Centre de Recherches sur les Arts et le
                                     Language, ed è il fondatore del Parlamento Internazionale degli
                                     scrittori. Dopo l’uscita di Storytelling in Francia, Le Monde gli ha
                                     affidato una rubrica per parlare del fenomeno descritto nel libro.
                                     Ho letto recensioni che descrivono Storytelling come un libro
                                     rivelatore della demagogia politica e della strumentalità del lin-
                                     guaggio ad opera di aziende, di politici e guru pre-fabbricati
                                     in laboratorio per dare risposta alla insicurezze della gente. In
                                     realtà, ho visto in questo volumetto un trattato assolutamente
                                     interessante di come la società, a partire da un’impostazione ar-
                                     chetipica, si basi di fatto sul racconto. Interessante perché, a mio
                                     avviso, va a riprendere alcuni dei più intriganti studi di sociologia
                                     e mass-media attuali, come Sappiamo cosa vuoi, Tutto quello che
                                     ti fa male ti fa bene e Cultura convergente; c’è poi da dire che i
                                     contenuti sono notevoli: dall’esempio di un Don DeLillo d’annata,
                                     che era già riuscito a comprendere come la cultura aziendale
                                     sarebbe riuscita a manipolare ed estremizzare il mercato delle
                                    emozioni (La gestione del dolore), ai tanti storyteller, guru (da
storytelling




               griot?) di professione, che si arricchiscono utilizzando le maglie narrative all’interno
               delle tecniche motivazionali. Lo Storytelling non è, però, solo una tecnica di coach-
               ing aziendale per guru professionisti come Steve Denning, Ashref Ramzy, Roasbeth
               Moss Kanter, Petr Senge, Michael Porter, Tom Petres, ecc. Non è solo un modo per
               riorganizzare le strutture aziendali oscillando tra il team building e l’incentive moti-
               vazionale; il libro, infatti, propone anche una sorta di analisi della struttura narrativa
               estendendola al management, all’economia, alla politica, alla società in generale,
               con una serie di riferimenti a case histories aziendali di notevole interesse.

               Da leggere


                    Christian Salmon, Storytelling - Fazi Editore, 2008   a cura della Redazione

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  • 1. eventmag - periodico on line - anno 1 - numero 2 - novembre 2008 eventmag strategie: Intervista a Ashraf Ramzy mestieri: Incontro con Andrea Baccuini editoriale: Storytelling management: Meet the media guru n°2
  • 2. Pag 4 editoriale eventmag - periodico on line anno 1 - numero 2 - Novembre 2008 Pag 6 strategie direttore responsabile Francesco Serra di Cassano Pag 8 eye tech direttore editoriale Davide Pellegrini Pag 10 profondo web capo redattore Pag 16 linguaggi Francesca Fornari ufficio stampa Pag 20 management Silvia Galli Pag 26 mestieri progetto grafico e illustrazioni Alessandro Denci Niccolai Pag 30 eventi hanno collaborato Davide Bennato, Francesca Fornari, Arnaldo Funaro, Silvia Galli Pag 32 recensioni Davide Pellegrini, Stefano Rollo 1
  • 3.
  • 4. di Davide Pellegrini A scuola tutti abbiamo studiato l’Iliade, capolavoro narrato e oralmente tramandato dall’aedo Omero, tutti abbiamo sbuffato di noia durante le letture scolastiche, nel zigzagare tra accenti incomprensibili ed esa- metri dattilici, ignorando che al suo interno già si nascondevano importanti riferimenti ai valori universali dell’esistenza. Personaggi cattivi, eroi, amori e odii, strategie di guerra e viaggi interminabili, un mondo sovraccarico di tracce da seguire o, almeno, su cui riflettere. A partire da questo esempio, sarebbe retorico convincervi del fatto che ogni epoca si è consacrata grazie alle narrazioni; anche se, a pensarci, oggi il fenomeno si è ancor più rafforzato. Riflettevo qualche giorno fa sul nome del social network più attuale: Fa- cebook. Nessuno conosce ancora l’etimologia della parola, la provenienza vera e propria. Così, in un gioco di interpretazioni possibili, ho pensato alla traduzione letterale, a quel Libro di Facce che racchiude micro- storie spezzettate in dialoghi e pillole ininterrotte, botta e risposta, commenti, foto, applicazioni. Insomma, non è un caso che fenomeni come Facebook stiano spopolando, fenomeni che dovrebbero probabilmente portare a certe precise considerazioni. Come il fatto che la struttura narrativa stessa è alla base del lin- guaggio (Lector in Fabula di Umberto Eco), e che la naturale rappresentazione di un concetto segue la logica “incipit”, “sviluppo”, “momento di tensione” (climax), “scioglimento o risoluzione”. A dirla in parole povere, si parte da un inizio, si discute di un preciso argomento, si arriva a una conclusione. Bisognereb- be pensare che tutta la comunicazione oggi è dominata dal raccontare qualcosa, e non deve per forzare essere Harry Potter, semmai quello che succede attorno a Harry Potter che, nel momento in cui viene svelato, diventa esso stesso una specie di mondo: di fan, di mode e linguaggi, di possibili nuove avventure, di gadget, di siti internet, di edizioni limitate, di persone che condividono quella filosofia, quel modo di immaginare le cose, e che a loro volta prenderanno a raccontare e a raccontarsi. Eccoci allora al punto: in comunicazione (e, quindi, negli eventi), quando ci si trova di fronte a una società che ormai non può più negare la voce agli individui, che sono sempre più protagonisti, partecipi e consapevoli, quando cioè le grandi Storie del mondo sono crollate e i sistemi sociali si sono finalmente aperti, svelati nei loro mille par- ticolari, allora le aziende capiscono a un tratto l’importanza di dare spazio a queste voci, e farle diventare parte delle narrazioni dei loro brand, racconti-confessione all’interno del grande racconto esperienziale del marchio. Si afferma, perciò, la tecnica dello Storytelling, a cui abbiamo pensato di dedicare questo numero. In linea di massima, lo storytelling si riallaccia a una disciplina di coaching aziendale nata negli 4
  • 5. anni ‘90 e resa celebre da guru come Steve Denning, manager incaricato dalla Banca Mondiale di migliorare lo scambio di informazioni dei dipendenti. Secondo Denning le storie utili a un’im- presa sono storie che permettono di condividere conoscenze, storie che incitano all’azione, storie che riguar- dano cosa accadrà, storie umoristiche, storie che illuminano il futuro prenden- do spunto dal passato, storie che di- cono chi siamo come persone, storie che dicono cosa siamo come marche, storie che portano valori, storie di ag- giornamento, storie allegoriche. Ora: potete divertirvi tra amici a incastrare all’interno di ognuna di queste classi- Steve Denning ficazioni i vari modelli che trovate in giro. Non è difficile: da Spore (videogioco) a Harry Potter (libro), da Wall-e (film in computergrafica) a Obama (politico), da Fat boy Slim (guru della musica elettronica) a Antony Robbins (guru del marketing motivazionale), da Sergio Castellitto (attore) a Heins Beck (chef), da Brunello Cucinelli (stilista) a Anish Kapoor (artista), da Beppe Grillo (comico) a Jimmy Wales (profeta dalla Wiki culture), vi renderete conto che in quelle storie c’entra un sacco di roba. Per cui, volendo arrivare a un punto, oggi la comunicazione, gli eventi e, ancor più, il mondo delle aziende e delle marche sono dominati dai sistemi simbolici propri delle narrazioni. In Eventmag storytelling troverete, perciò, la nostra prossima agenzia, Its Cool che, della capacità di trovare un’identità e un’immagine ben precise (corredate in bianco e nero), ha fatto uno stile riconoscibile. Attraverso le parole di Andrea Baccuini, direttore creativo, capiremo se davvero l’evento è una storia da raccontare e se un manager degli eventi può essere un narratore, uno storyteller. Perché nel mondo dominato dai prodotti, ricreare emozioni è la vera sfida, e utilizzare la narrazione non è cosa da nulla. Come ci insegna la più potente industria americana, quella del cinema che, a recitare l’epica di Omero, ci ha messo attori brand americani come Brad Pitt, Orlando Bloom, Eric Bana, Julie Christie e (ogni tanto un grande dello schermo) Peter O’Toole. Un caso? Non raccontiamoci storie... 5
  • 6. a cura di Francesca Fornari e Stefano Rollo Intervista a Mr Ashraf Ramzy, Ceo di Narrativity, una delle più importanti aziende di consulenza nel settore dello storytelling professionale. vogliono capire razionalmente, inter-connet- tere emotivamente e contribuire psicologica- mente alle più importanti proposte delle pro- prie aziende, vogliono far parte di qualcosa di più grande di loro stessi. Anche i consumatori hanno bisogno di legarsi all’identità della Mar- ca, alle sue proposte e alle sue promesse. Ciò immagine tratta dal sito di Narrativity che la mia compagnia offre ai suoi clienti è lo sviluppo e l’implementazione dell’identità e dell’offerta In che modo è nata l’idea di utilizzare lo storytel- della propria azienda, nella misura in cui ci sia la necessità ling come forma di coaching professionale? di riferirla in modo più efficace ai propri impiegati e ai pro- pri consumatori. In altri termini, i fatti e le immagini non ci L’idea è partita nel 1982, quando ho scoperto la Narra- colpiscono così come invece può fare una buona storia. tologia, la scienza e lo studio della Storia. Nella mia car- riera di stratega della comunicazione di brand in agenzie Ci può descrivere il vostro metodo e la reazione pubblicitarie come BBDO, TBWA e Publicis, l’idea presto dei vostri clienti rispetto a questa forma di sup- si è sviluppata in una metodologia, fino al 2002, quando porto? è stata proposta al pubblico per mezzo della mia nuova compagnia, Narrativity, the Corporate Story Agency. Il nostro metodo affonda le proprie radici all’interno della disciplina accademica della Narratologia e si è sviluppato, Come tutti sanno, la narrazione è alla base del in 20 anni di consulenza nel campo del business e dell’or- linguaggio; oggi si pensa che la maggior parte ganizzazione, in un approccio sistemico in grado di svilup- delle aziende faccia partecipare i propri utenti pare una storia della Marca. Per avere un’idea più chiara, alla storia dei prodotti e a tutti i valori ad essi è essenziale capire che una storia è più di una cronologia connessi. Che soluzione offrite voi? di eventi, ed è più di una kermesse di caratteri folklorici. Quando si guarda al cuore di una storia, o di tutte le sto- La narrazione è l’innato e universale bisogno e capacità rie, si trovano tre cose: un Eroe, il viaggio dell’Eroe, e un degli uomini di dare senso alle proprie vite. Gli impiegati cambiamento radicale. Ecco, una Storia deve ricostruire 6
  • 7. la trasformazione di un carattere, il destino di un Eroe e il Mondo che egli vive e percorre. È chiaro che l’Eroe, come Archetipo, racchiude il meglio di noi, l’Eroe è il riflesso di ciò a cui attribuiamo valore oltre noi stessi. Per questo, il nostro metodo comincia con una puntuale ricerca del carattere della Marca, dell’attitudine alla competizio- ne, dell’identità dei propri consumatori e di altre categorie, per fare in modo di individuare la migliore qualità che l’azienda ha da offrire. Una qualità che viene, poi, elevata ed espressa come “Qualità Eroica”, e come miglior requisito per trasformare il mondo. Insomma, alla fine abbiamo il Carattere, il Plot e il Cambiamento. In altre parole, una storia. Il nostro Ministro della Pianificazione Urbana, della Casa e dell’Ambiente, quindi, diventerà “l’Architetto della Casa d’Olanda che rende il paese un posto migliore da vivere...”. VMS, una marca di omeopatia diventerà “la Guida che mostra alla gente la via della cura naturale...”. La reazione dei clienti è quella di un ritorno a casa. Dopo essere stati maltrattati e incompresi dalle agenzie tradizionali di advertising, i clienti apprezzano davvero molto il tempo e lo sforzo che impieghiamo nello svelare la loro verità e nel metterla a fuoco con parole e immagini. Il coinvolgimento e la motivazione dei loro impiegati crescono, così come la fedeltà dei consumatori e la trasparenza della marca, le rendite, il profitto, il valore delle azioni. Come si spiega questo successo? Perché il potere delle storie determina la misura del successo. Più si conosce chi si è, cosa si fa, cosa si vuole e come ottenerlo, più si sarà capaci di guidare i propri affari. È possibile definire come storytellers tutti coloro che lavorano nell’industria creativa, come nel caso dei progetti di comunicazione, della pubblicità e degli eventi? Sì e no. Sì perché senza storie non è possibile comunicare né i fatti reali né la finzione. Abbiamo bisogno delle storie per dar senso alle nostre vite e al mondo che viviamo. Non c’è differenza tra la struttura di un romanzo, una notizia di cronaca, un documentario o un film. No, perché un giornalista che legge la cronaca non può essere equiparato a un poeta: c’è differenza se una storia si riferisce a degli eventi attuali da una parte, o a delle verità culturali e universali dall’altra. Ci fa un esempio? Il caso più recente è quello del Ministero del Traffico e dei Trasporti. Una grande organizzazione governativa con vari dipartimenti e con molta gente impegnata in diversi lavori in costante sviluppo, aveva bisogno di una presa di posizione forte su chi fosse e che servizi offrisse. Abbiamo allora lavorato insieme durante alcuni workshop, con l’idea di sviluppare una storia che è finita con il con- cetto rinnovato che il ruolo del Ministero fosse quello di “Rendere gli Olandesi liberi di muoversi ed essere al sicuro”. 7
  • 8. di Davide Bennato Barack Obama IL POTERE PREDITTIVO DELLA NARRAZIONE Tra conoscenza e anticipazione, il caso della serie televisiva The West Wing e delle ultime elezioni presidenziali USA A cosa serve la narrazione? È uno strumento di cono- ficassero determinati eventi. Detto in altro modo, esi- scenza. Detta oggi, questa risposta potrebbe lasciar- stono forme del narrare che cercano di immaginare - ci incerti, suona strana, anzi forse sembra nobilitare e quindi prevedere - eventi futuri. La fantascienza, da un’arte - quella del narrare - che ormai è appannaggio alcuni definita “letteratura d’anticipazione”, è regina di romanzieri, favolisti, forse cantanti, ma mai e poi mai nell’uso del racconto per prevedere le cose. Sarebbe sembrerebbe potersi ascrivere nell’alveo delle forme ingenuo considerare la fantascienza uno strumento di conoscenza. È invece lo è a tutti gli effetti: cos’è un per prevedere tecnologie futuribili; non che non l’ab- esperimento, se non il racconto di ciò che è avve- bia fatto, ma non è questa la sua forza. In realtà nuto in laboratorio? Cos’è una ricerca se non un la forza della fantascienza sta nella sua capa- modo per raccontare come si sono raccolte delle cità di prevedere le conseguenze sociali delle informazioni e poi le si sono analizzate per otte- tecnologie, grazie alla tecnica delle aspettative. nere un risultato? Volendo scomodare i classici, In pratica la fantascienza sviluppa situazioni in cos’è l’Odissea se non un racconto eponimo con cui si verificano contesti futuribili - la presenza valenze conoscitive? Esiste però un elemento in- dei robot nella società, il contatto con civiltà teressante della narrazione, la capacità che ha di aliene, la scoperta di tecnologie terribili - che immaginare cosa potrebbe succedere se si veri- poi vengono sviluppati sul piano narrativo gra- 8
  • 9. zie alla capacità di immaginare le conseguenze di te affascinante è che le somiglianze con la campagna questi eventi, lavorando sulle aspettative: le rea- di Obama sono diverse e impressionanti. Il senatore zioni della società ai robot, la paura dell’altro alla Santos dice ai propri collaboratori di non voler essere base della relazione con gli alieni, le conseguenze visto come un candidato di una minoranza ma come nefaste se una tecnologia sofisticata dovesse es- un candidato americano. Anche Obama. Il senatore sere usata in maniera sbagliata. A questo pun- Santos in un suo discorso afferma che in un mondo in to la domanda: solo la fantascienza è in grado cambiamento, la speranza che le cose accadano è re- di prevedere eventi? No, anche la sceneggiatura ale. Anche Obama (col suo “Yes, We Can”). Il senatore televisiva. La storia è questa. Nel New York Times Santos deve scontrarsi con il candidato repubblicano dello scorso 30 ottobre nell’articolo Following Arnold Vinick (impersonato da Alan Alda) che sembra the Script: Obama, McCain and ‘The West Wing’, non abbastanza conservatore, non conosce bene il Brian Stelter racconta la storia di quando Eli At- computer ed è più vecchio del suo antagonista demo- tie - sceneggiatore della serie televisiva West Wing cratico. Anche Obama (sono le caratteristiche di Mc- - chiamò il consulente politico David Axelrod per Cain). In sintesi, gli sceneggiatori di West Wing hanno chiedere lumi su un giovane personaggio del par- immaginato che il candidato ispanico, nonostante tut- tito democratico di nome Barack Obama. L’idea di to e tutti, avrebbe vinto le presidenziali grazie al suo Attie era quella di sviluppare una sceneggiatura messaggio di speranza e ottimismo. Anche Obama. È del famoso serial tv basato sulle vicende politiche impressionante vedere che dove i sondaggi invitava- che gravitano intorno a Washington e alla Casa no alla cautela, dove sembrava che ci dovesse essere Bianca, che descrivesse il giorno in cui un candi- un testa a testa, dove i giochi erano tutti da fare, un dato non WASP - nella fattispecie un ispanico, Mat- manipolo di sceneggiatori avveduti avevano predetto thew Santos (interpretato dal bravo Jimmy Smits) con ben quattro anni di anticipo un evento che fino a - si fosse candidato per la casa bianca. Bene, po- ieri sembrava fantapolitica. Ed erano riusciti a farlo tremmo pensare, la storia della battaglia per la mettendo insieme immaginazione, aspettative e buon presidenza degli Stati Uniti e il successivo trionfo senso in un modo molto semplice. Narrando. elettorale di Obama, sono una buona fonte di ispi- razione per gli sceneggiatori del serial. Vero: pec- 9 cato che le puntate ispirate al candidato ispanico il cast di The West Wing sono state scritte nel 2000 e andate in onda nel 2006, mentre l’in- vestitura del candidato democratico di colore è di almeno un anno dopo. La cosa veramen-
  • 10. di Arnald «Lo storytelling è la scienza che traduce e promuove le cose (reali o immaginarie che siano) in parole, im- magini, suoni. E traducendole le rende “vere”: pregne di significanti e legittimate a esistere». (G. D’Ambrosio Angelillo). Ciao a tutti navigatori. Quanti di voi prendono la metro a Roma? Quanti di voi odiano gli schermi rumorosi sparsi su tutta la banchina ai quali non sfuggi nemmeno se alzi al massimo il volume dell’I-pod? Rifletteteci un secondo e poi cominciate pure a leggere. Il web, come diciamo da tempo, ha significato “democratizzazione LA CREAZIONE DI MONDI CON Due strumenti privilegiati dello Storytelling, il fumetto e l’illustrazione, e degli strumenti e degli spazi”. Wikipedia, nonostante non sia uno strumento realmente affidabile di consulta- zione, compete con successo crescente con le enciclopedie più blasonate che non trovano on-line la stessa fortuna ed esclusività che hanno avuto su carta. I blog diventano voci più autorevoli dei giornali, considerati spesso polverosi e costosi sistemi di informazione: chi tra questi ha provato solo a restare al passo coi tempi è condannato a morire. Chi invece ha cominciato a creare nuovi contenuti, come web tv, blog, scambio con i lettori di materiale ecc., ha vinto la battaglia. Pensate a repubblica.it, che da giornale cartaceo ha sviluppato un sito di contenuti infiniti e ben organizzati, dal gossip all’inchiesta, dal blog dei lettori a quello dei giornalisti. Gli utenti diventano inviati e girano alla redazione immagini, vignette, storie, filmati spesso realizzati con il più economico dei telefoni cellulari. La parola chiave di questo successo è “partecipazione” attraverso gli used generated content, ossia il materiale generato dagli utenti. Lo stesso accade nei social network, dove troviamo milioni di utenti che pubblicano musica, film, idee, nella maggior parte dei casi prive di qualsiasi futuro. Idee che, fuori da qualsiasi ottica commerciale, non riescono a entrare neanche nell’ultima parte della coda lunga, guadagnandosi quella nicchia di reputazione che ne fa qualcosa di vendibile o col quale passare il proprio 10
  • 11. tempo. In questo coacervo di utenti, dunque, diventa difficile - se non impossibile emergere e trovare anche un piccolo bacino di navigatori interessati alle proprie opere. Il segreto per aprirsi una breccia nel cuore e negli interessi delle perso- ne è nello storytelling. Ma lo storytelling non è una novità dei nostri tempi, anzi, forse nei nostri tempi sta riconquistando grazie a internet lo spazio che aveva perduto. Pensate a Omero e il mito: storie sovrascritte sulla realtà che trasmette- vano una serie di valori attraverso simboli come gli dei e gli eroi. Oppure pensate alle domeniche in chiesa, quando si ascoltano le parabole dei vangeli o il vecchio testamento. Sto- rie che portano con sé dei valori da condividere e da ripetere. Certo, non potete aprire il Mar Rosso, né moltiplicare pani e pesci, a meno che non siate broker della finanza creativa (o creazionista?) che pensano addirittura di moltiplicare denaro dal nulla. Il web 2.0 ha portato a una radicalizzazione dello NDIVISIBILI il loro incontro con il web storytelling dandogli un significato ancora diverso: creazione di mondi condivisibili. Tra i vari strumenti di storytelling, il fu- metto e l’illustrazione hanno sempre avuto un posto privile- giato. Questo accadeva in tempi non sospetti quando, man- cando l’alfabetizzazione, lo storytelling era affidato al racconto narrato o al disegno. Provate a entrare in una chiesa del XVI secolo, osservatene le volte (cosa che noi oggi facciamo abbastanza distrattamente) e vi renderete conto di cosa sto parlando. Il fumetto stesso ha sempre rappresentato un grande strumento di storytelling per bambini ma soprattutto per gli adulti. Basti pensare a figure di spicco come Andrea Pazienza, prematuramente scomparso ad appena 32 anni e che, grazie al suo incontenibile talento, ha lasciato molte opere e modelli esecutivi. Andrea Pazienza ebbe non uno, ma due doni dalla vita: il primo, ovviamente, la genialità artistica. Il secondo, ma non di secondaria importanza, l’aver capito subito che il disegno era lo strumento che meglio faceva emergere il suo talento. Ma Paz, così viene chiamato ancora Andrea, non aveva solo una grande talento nelle mani, ma anche nel pensiero. Seppe 11
  • 12. raccontare l’epoca della conte- stazione giovanile degli anni ’70 creando un personaggio che ne è diventato uno dei più grandi simboli: Penthotal. Paz divorò letteralmente la vita e, nonostante il breve tempo in cui è stato al mondo, non ci fu campo del disegno e della pit- tura in cui non mostrò la sua eccellenza. La vita gli aveva regalato la possibilità di essere al posto giusto, nel momento giusto e armato di un talento sconfinato. Di Andrea Pazienza possiamo trovare numerose tracce anche in rete. Ma come se la cavano i fumettisti nel web? Come vivono la dicotomia tra carta e schermo? Di- ciamo che la democratizzazione degli strumenti ha portato, a mio giudizio, conseguenze disastrose per questi talenti per più di un motivo. Il primo, su tutti: i loro contenuti sono frutto di enormi fatiche che vengono senza dubbio meglio apprezzate su carta. Realizzare una tavola non è come sparare in rete un filmatino fatto col cellulare, né “accroccare” immagini con programmi di grafica più o meno professionali sui blog. L’altro è che internet non paga: e questa non è una buona notizia per chi fa del fumetto il proprio pane quotidiano. Voglio farvi capire quanto possa diventare frustrante mettersi in gioco in rete. Con un po’ di minimalismo e buon senso si possono realizzare prodotti come questo: Spaccato di coppia è un format grafico trasformato in blog. Il disegno è semplice (che in questo caso è un gran pregio), una volta pensato è ripetibile un milione di volte senza sforzo e tutto, o quasi, vive sui testi. Il blog racconta situazioni di vita di coppia dalle quali prendere spunto per aprire dibattiti più o meno leggeri sulla vita. Stessa cosa possiamo dire per Acid Street (disegno minimalista trasformato in un format preciso e difficile da dimenticare). Molto diverso è Political Comics, il blog fondato da Gianluca Costantini che si proponeva di raccogliere un anno di lavori di vari fumettisti italiani per farne poi una pubblicazione su carta. Il progetto del salto di specie per ora è “fallito”, ma è indubbio che Political Comics resti una delle pagine partecipative più interessanti del fumetto su web. Stesso discorso pos- siamo fare per Nuvole Elettriche dove potrete trovare numerosi talenti, e tanti altri finora isibili solo nelle varie fiere annuali del fumetto, che stanno aprendo blog dove inserire i propri lavori per allargare l’audience di pubblico. È un’arma a doppio taglio: di fron- te alla possibilità di essere sullo schermo di tutti, si rischia anche di dover competere con autori nemmeno degni di questo nome. A questo punto diventa fondamentale ac- crescere la propria reputazione sul web e la cosa non è semplicissima: un grande illu-
  • 13. stratore deve superare prima di tutto la fatica psicologica di “postare” i suoi lavori perdendo la possibilità di metterli su carta per tutti. Ma ormai è un passaggio obbligato perché il mondo dell’editoria cartacea è praticamente fermo e i fu- mettisti rischiano di dissanguare le proprie finanze senza riuscire a vendere o distribuire prodotti cartacei ben realiz- zati ma privi di “ascolti”. Uno di questi grandi talenti in cerca di spazio è Kanjano. Il suo blog è www.kanjano.org - Diario a fumetti di un prigioniero politico. Kanjano è un fumettista di talento che si misura anche con un bravo copywriter (detto Ferro) per realizzare i suoi lavori. Per lui mettersi su una tavola significa spesso e volentieri fare notte alla scrivania. Al contrario, per me che ho pubblicato la vignetta in apertu- ra, significa prendere un disegnino realizzato in serie con altri e, a giro, metterci un testo sopra. Sono due facce della stessa medaglia, che a dispetto di differenti fatiche raccol- gono risultati spesso simili. Kanjano è un talento non solo perché sa disegnare, ma perché ha colto l’importanza dello storytelling e del modello parte- cipativo come unica carta vin- cente per diven- tare degno di nota. Questi due lavori, per esempio, spingono un utente attraverso il divertimento a passare del tempo con un suo prodotto. Non è poco, visto che in prodotti come questi lo storytel- ling raggiunge un livello di raffinatezza partecipativa pazzesca. Ma fare cose del genere costa tempo e fatica; e senza il salto di specie da schermo a carta, non fanno sostanzialmente il percorso per cui sono nate. Rispetto alla musica il fumetto soffre, in questi casi di eccellenza esecutiva, il problema del supporto. Ciò che ha liberato la musica dal cd e dalla casa discografica, non ha fatto lo stesso con i comics. Ma c’è anche chi ha fatto il percorso inverso, Illustrazioni di Kanjano 13
  • 14. ossia è passato dalla realtà alla rete, usando la partecipazione del pubblico come vettore virale per far diventare le proprie opere realizzate nel mondo reale ambitissimi pezzi d’arte. Stiamo parlando di Bansky. La caratteristica che ha reso famoso Banksy - favorito anche dalle leggende sulla sua identità - è la sua abilità di entrare nei musei più importanti del mondo e appendere delle sue opere tra le altre già presenti. Spesso passano giorni prima che qualcuno si accorga dell’intrusione. I suoi temi preferiti in questi casi, sono quadri dipinti in perfetto stile settecentesco, con l’aggiunta di alcuni particolari completamente ana- cronistici (nobili del Settecento con bombolette spray, dame di corte con maschere antigas, ecc.). Il genio di Bansky sta in questo: produrre per la realtà, pubblicizzare sul web, accrescere di volta in volta la sua reputazione con la partecipazione del pubblico che fonda blog, forum e siti dedicati alle sue opere. Cosa manca dunque al fumetto per emergere dalle acque tempestose del web? Spazio reale, non c’è dubbio. Uno spazio in cui i talenti veri possano misurarsi, farsi conoscere e raccontare ciò che vogliono. Spazi aperti, dove per aperti si intendono luoghi di passaggio e non fiere di nicchia o autoreferenziali. Immagi- nate se oltre quegli schermi rumorosi e invadenti sulle banchine delle metropolitane e dei tram, ci fossero anche dei cartelloni dove questi talenti possono raccontarci come vedono il mondo. Poi internet farebbe il resto e la partecipazione avrebbe nel web una seconda vetrina più grande, ma finalmente complementare a quelle cartacee del mondo reale. 14 Opera di Bansky
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  • 16. Le regole fondamentali per il comunicatore di Obama per motivare l’elettorato di centrosini- dei nostri giorni: conoscenza dei linguag- stra e indurlo a credere che invertire le previsioni gi, duttilità, capacità di agire in modo non dei sondaggi fosse non solo possibile, ma addi- convenzionale, possedere un’anima creati- rittura probabile man mano che ci si avvicinava il va per stupire e innovare voto, è stata invece una mossa abile, ma che non si è coniugata con una strategia innovativa sul Comunicare un progetto, un’idea, una possibilità, prodotto, producendo alla fine solo una ridistribu- ha che fare con la sensibilità delle persone? I cre- zione di voti all’interno del proprio schieramento. ativi operano con il “cuore caldo”? Chi si orienta In questo caso, l’aggravante è che si è trattato di verso il settore deve sviluppare una particolare una mossa dettata dalla convinzione che i sondag- attitudine per riuscire a trasmettere il suo mes- gi non fossero realmente attendibili. Queste scelte 16 saggio? La recente campagna elettorale in Italia offre interessanti spunti alla riflessione su questo tema. La scelta del leader del Pdl di contravvenire a quanto fatto nel recente passato, scegliendo di sovvertire i tradizionali canoni comunicativi, limi- tando al massimo l’investimento per la propagan- da, ha colto di sorpresa molti commentatori e gli stessi pubblicitari che avevano lavorato alla sua scesa in campo nel ’94. Mandati in soffitta slogan come quello del 2001 «Un Presidente operaio per l’Italia», su cui tanto si è ironizzato, il Cavaliere ha scelto di gestire in prima persona ritmo e intensità del suo messaggio. Lui in carne e ossa al centro della campagna elettorale. Lui a dettare l’agenda, il suo avversario a rincorrere. Per Veltroni il ricor- so alla propaganda vecchio stile è stato una ne- cessità, ma anche una precisa scelta di marketing. Rispetto al suo avversario, aveva il problema di far conoscere il logo del nuovo partito e di promuo- verne le idee. La decisione di importare lo slogan
  • 17. mettono in luce due diverse visioni della comuni- comunicazione incentrato su slogan ad effetto e cazione e due opposte sensibilità, ma anche qual- una forte e capillare campagna di affissioni, oltre cosa di più. Berlusconi, fiducioso nella veridicità di ai tradizionali strumenti di mobilitazione (orienta- sondaggi favorevoli, ha optato per un basso profi- mento freddo e calcolato). Nei primi venti giorni lo: scarso uso della propaganda, rinuncia all’ideo- della campagna elettorale, sui muri e negli spot logia e soprattutto una puntuale valutazione (direi c’era quasi solo il Pd. Negli ultimi dieci, il leader a cuore caldo) dell’impatto negativo che una mas- del Pdl, centellinando le uscite e selezionando con siccia campagna di comunicazione di vecchio tipo accortezza i temi sui quali concentrare l’attenzio- avrebbe avuto su un elettorato fortemente critico ne, è prepotentemente entrato nell’agone politi- rispetto alla politica e ai politici. Veltroni, al contra- co con messaggi mirati (e a forte impatto) verso rio, ha investito tutte le risorse in un progetto di pensionati, donne, lavoratori autonomi ecc. Quali a cura di Francesco Serra di Cassano indicazioni si possono trarre dalle scelte dei due leader? Berlusconi ha vinto soprattutto perché giocavano a suo favore la congiuntura economica e il giudizio negativo nei confronti dell’operato di Romano Prodi. Tuttavia, nella sua scelta comuni- cativa, Berlusconi ha doppiamente vinto. La deci- sione, infatti, di tenere un profilo distaccato, quasi da osservatore della vicenda elettorale, ha finito per giovargli, permettendogli di sottrarsi ai colpi bassi degli avversari e di trasmettere - soprattut- to agli elettori moderati - un senso di tranquillità e determinazione a governare che erano mancati nel 2006, quando aveva puntato sulla dramma- tizzazione dello scontro e su proposte ad effetto. Veltroni, invece, certamente penalizzato dall’ansia di dover preparare in tutta fretta gli elettori al ne- onato soggetto politico, ha commesso due errori fatali sul terreno della comunicazione: il primo, quello di considerare la forte mobili- tazione dei suoi mi- litanti
  • 18. come un fattore in grado di spostare gli equilibri politici; il secondo, conseguente e in parte omo- geneo al primo, quello di ritenere inattendibili i sondaggi che lo davano sotto di 5 e anche 10 caldo occorre grande senso di libertà e immede- punti percentuali, sottovalutando gli effetti nega- simazione nei gusti e nelle aspettative del pubbli- tivi dell’azione del Governo Prodi sulla sua stes- co. La prima tappa è dunque predisposizione alla sa base. Dall’analisi di questo duello, emergono ricezione: respirare quello che si vede, avvertire due temi centrali per ogni serio progetto di co- con tutti gli organi del proprio corpo gli stimoli municazione (non solo politica): da una parte, che ci circondano e i sommovimenti anche minimi l’importanza dello studio e della conoscenza dei che attraversano il nostro campo d’azione. Nella mutamenti in atto nella società e la rilevanza dei seconda tappa si sviluppa lo studio e l’approfon- segnali provenienti dalle categorie sociali, dagli dimento dei messaggi raccolti attraverso i sensi. indicatori del mercato, dai nuovi orientamenti Nella terza si confrontano i risultati con gli altri: del pubblico e dallo stato d’animo dei cittadini; lavoro di gruppo e interazione. Lo scambio rela- dall’altra la capacità di innovare le tecniche e le zionale, il confronto critico, l’apertura al giudizio modalità di comunicazione del proprio messag- degli altri sono i cardini per impostare corret- gio. La comunicazione del Pd, da questo punto tamente la comunicazione. In un lavoro di equi- di vista, è apparsa inadeguata a cogliere lo stato pe, si tratta di creare le condizioni ideali perché d’animo dei cittadini, a sintonizzarsi con la richie- ciascuno possa esprimere le proprie capacità, le sta di una forte discontinuità rispetto al passato proprie attitudini a donare senso a un progetto e di un vero ricambio della classe dirigente. So- comune, all’avventura condivisa. Oggi il consu- prattutto è apparsa “propaganda” e non “pro- matore è molto esigente, i suoi gusti cambiano gramma”, buoni propositi privi di concretezza. velocemente e al comunicatore si richiede gran- Utopia senza radici, speranza senza sostanza. de duttilità e capacità di agire in modo anche Il valore della comunicazione, oggi più che mai, imprevisto, non convenzionale. Conoscere i lin- si misura sul terreno dell’innovazione e dunque guaggi è la precondizione per sviluppare un pro- sulla creatività, che è la vera fonte di ispirazione getto di comunicazione che riesca a coniugarsi del messaggio. La creatività è stimolo al piacere con i nuovi trend culturali e di consumo. La com- e condizione per sviluppare nuove idee. Nella so- mercializzazione ha bisogno di un’anima creati- luzione dei problemi, il processo creativo è frut- va in grado di produrre idee e inventare codici, to dell’applicazione di un metodo di lavoro a più di stupire e innovare. Non basta la simulazione tappe. Innanzitutto, un buon comunicatore non o l’utilizzo delle nuove reti, occorre pensarsi in può prescindere da una forte sensibilità sociale e modo nuovo attraverso le reti. In qualche modo culturale: deve saper cogliere anche le più picco- il comunicatore è artista e project manager, cre- le sfumature del mondo che lo circonda e liberar- atore e potenziale fruitore. Una figura multipla si dei condizionamenti della sua provenienza e di che richiede un approccio multidisciplinare e una ogni forma di pregiudizio. Per valutare a cuore continua capacità di mettersi in discussione. 18
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  • 20. a cura di Davide Pellegrini 20 Maria Grazia Mattei Intervista a Maria Grazia Mattei, responsabile ideazione e coordinamento iniziative di MGM Digital Communinication Ciao Maria Grazia. Considero Meet The Media Guru uno dei format più interessanti che ho visto in giro. Non solo per i temi, che guardano al futuro nei rapporti tra arte e scienza e tecnologia e design, ma per le modalità orga- nizzative: l’idea di una tavola rotonda attorno ai miglio- ri cervelli dell’innovazione. Sembra una formula da talk show, ma ha qualcosa di unico. Ci spieghi com’è nato il tuo progetto? La scintilla è stata lo spazio... uno spazio sospeso nel tempo. A Milano, in pieno centro, era stata inaugurata qualche anno prima la Mediateca di Santa Teresa (un ex convento), divisione multimedia- le della Biblioteca Nazionale Braidense. Entro e trovo uno spazio inusuale, dove passato e futuro si fondono e si frantumano in spazi diversi e in particolare in una sala circolare, allestita di computer e affrescata a tratti sulle pareti. Uno spazio “ epico” per riunire i “templari” del digitale: creativi, professionisti non importa di quale settore e studenti per mettere in circolazione le idee in uno spazio continuo di confronto e di scambio sulla cultura digitale, sui nuovi processi creativi, sulle traiettorie dell’innovazione. La Camera di Commercio di Milano con la Provincia di Milano e il Comune mi avevano chiesto un progetto di internazionalizzazione del mondo della cosiddetta NetEconomy. Ho pensato che fosse arrivato il momento di uscire dalle secche degli incontri
  • 21. autoreferenziali, di presentazione di prodotti tecnologici, e che fosse invece il momento di rompere gli schemi di comunicazione su questi temi per vivere un’esperienza “immersiva”, emozionale. Abbiamo messo in scena l’innovazione tecnologica, le idee, il pubblico e i personaggi che invitavamo. In fondo MMG si basa su un’in- tuizione semplice: viviamo immersi nella comunicazione, siamo connessi nello spazio e nel tempo, apriamo e chiudiamo file continuamente, non c’è più una centralità dell’informazione e forse la prospettiva rinascimentale è insufficiente a rappresentare la realtà; la frammentarietà, l’interazione, l’ubiquità, il locale e il globale, la circolarità, sono o no i nostri attuali parametri culturali? Come rendersi davvero conto dei cambiamenti in atto? MMG mette in scena il pensiero, la progettualità che cambia con l’uso delle nuove tecnologie, che si arricchisce e cresce nello scambio e nella circolazione dei saperi. Ma il nostro Guru non è il punto focale d’attenzione; e il punto di attacco per il pubblico presente e in rete, è l’elemento scatenante per liberare il proprio pensiero e le proprie opinioni sulle pareti della Mediateca con collegamenti di immagini e testi. L’Italia sta vivendo un momento di difficoltà evidente. Non ci mancano i talenti, non ci manca- no le idee, forse manca la semplice efficacia delle metodologie. Che cosa portano in più i tuoi invitati? Che cosa hanno di diverso rispetto a noi al punto da risultare inevitabilmente più concreti e affascinanti? MMG sceglie i suoi personaggi dalla scena internazionale, perché il progetto nasce per offrire un’occasione di incontro e di scambio diretto con il mondo professionale milanese e italiano. Abbiamo cura di invitare professionisti che abbiano una storia unica da raccontare, che abbiano sviluppato processi e metodologie innovative nel loro campo: non scegliamo secondo il criterio della fama o della notorietà mediatica; se possiamo diamo spazio a voci non ancora urlate da noi ma di sicuro emergenti sulla scena mondiale, purché ci sia il rac- conto di un’esperienza davvero emblematica, di una tendenza che si può già cogliere, purché ci sia davvero pratica ed esperienza... ma hanno tutti una particolarità, nomi noti o meno noti: sono persone, che hanno varcato da tempo i confini nazionali, vivono e lavorano nel mondo e hanno sviluppato una fluidità di pensiero e di azione originale, grazie all’uso delle nuove tecnologie. Forse - ovvio, con le dovute eccezioni - noi siamo troppo italicocentrici, anche se sappiamo benissimo che lo sviluppo economico, sociale e culturale si gioca sul piano internazionale. 21
  • 22. 22 Meet The Media Guru ha permesso all’audience italiana di venire in contatto con grandi personaggi, da Joichi Ito a Jaron Lanier, da John Maeda a Bill Moggridge, e poi Ron Dembo, Geert Lovink e altri ancora. L’idea, bellissima, è di raccontare la storia di cervelli votati all’innovazione, la storia delle loro intuizioni. Quindi, ancora una volta, struttura. Possono davvero gli esempi narrati da questi guru dare uno stimolo alla riorganizzazione dell’im- presa italiana? La cosa che mi sorprendeva, man mano che il programma di MMG andava avanti, è che ogni volta mi trovavo di fronte un pubblico diverso. E il dato ancora più sorprendente è che se il guru di turno era un architetto, il pubblico non era specifico di quel settore. Credo che l’aspetto più apprezzato di questo pro- gramma sia la formula comunicativa, il racconto che mette in circolazione le idee in maniera trasversale. Ognuno trova un proprio spazio di confronto, ognuno porta a casa una suggestione, un senso, una pro- spettiva. È come se ogni professionista trovasse nell’altro che non appartiene al suo mondo, strade libere da esplorare, spunti originali da declinare nella propria professione. Insomma stimoli eccentrici, inaspettati. Una volta aperta la porta della Mediateca è anche successo che siano nate collaborazioni. Meet The Media Guru nasce in un contesto brillante come quello milanese, con un perfetto esempio di accordo tra le parti (diremmo, oggi, governance), Comune, Provincia, Camera di Commecio, Mediateca. Pensando alla difficoltà di un paese come il nostro, ancora condi- zionato da identità fortemente localistiche, come potrebbe essere esportato questo format e su quali temi? invito dell’incontro con Donatella della Ratta
  • 23. invito dell’incontro con Joi Ito Sono certa che una chiave di successo di MMG è che si tratta di un evento non standard. È nato per rispondere all’esigenza del mondo professionale milanese di avvicinarsi al mondo digitale internazionale attraverso storie, strumenti, trend: una volta avremmo detto Trasferimento Tecnologico. Ma con modalità molto milanesi! Abbiamo trovato il luogo giusto e toccato temi caldi per il nostro pubblico. Se dovessi pen- sare di esportare MMG, fermo restando l’agenda e i criteri di scelta di personaggi internazionali, baderei a “ localizzare” attentamente i contenuti. In un certo senso le nostre piazze hanno tutte un’identità diversa e percepiscono in maniera diversa. Ma la forza di MMG è la flessibilità nel comunicare e ci piace studiare soluzioni innovative, ascoltare e modulare temi e modi. Se dovessi pensare a una sorta di “driver motivazionale” per pubbliche amministrazioni, fondazioni, privati per sostenere il tuo format, a quale faresti riferimento? MMG è: una patente di innovazione e credibilità, un agente di crescita e sviluppo delle imprese, un format mediatico originale. Dà visibilità, è un board internazionale. Quali sono i progetti collegati a Meet The Media Guru e in che direzione vanno? MMG è partito avendo per epicentro la Mediateca di Milano, quindi con un programma nello spazio fisico, ma ha sviluppato traiettorie diverse in questi anni. Ha prodotto contenuti multimediali (e stiamo lanciando il nuovo ambiente on line), relazioni con associazioni ed enti che di volta in volta si attivano con il loro pub- blico specifico per appuntamenti specifici. Collaboriamo a progetti internazionali, come Pangea Day (è un format virale?!). Infine vogliamo aprire anche a storie italiane. MMG FOCUS è nato proprio per dare spazio e voce in collaborazione con Enti o editori (a rovescio inviteremo un pubblico internazionale!) alle nostre imprese, alle punte di pensiero più avanzato. Non sono poche e sono entusiasmanti. 23
  • 24.
  • 25.
  • 26. dobbiamo essere i primi a crederci e a lasciarci con- quistare dalla realtà che nasce da un nostro studio, a cura di Davide Pellegrini Silvia Galli 26 confronto o intuizione. È impossibile non emozionarsi assistendo alla trasformazione che può subire una È con grande piacere che ospitiamo nelle pagine di location spoglia dopo il nostro intervento: una sem- Eventmag una figura di riferimento nel mondo inter- plice parete bianca può diventare una superficie su nazionale degli eventi come Andrea Baccuini: con lui cui proiettare immagini mozzafiato attraverso tecno- abbiamo parlato di emozioni, dell’arte di raccontare, logie e colpi di regia da maestro. La particolarità e le di stupire e restare nella memoria delle persone, di- criticità delle situazioni che ci troviamo ad affrontare ventando “leggenda”… col passare del tempo si mutano in racconti, decine di aneddoti che potrei raccontare per ogni evento im- Iniziamo con un brainstorming: a cosa ti fa maginato, realizzato o semplicemente guardato, ma pensare l’associazione delle parole evento- questa… è un’altra storia. racconto-emozione? It’s Cool Events è nota soprattutto per l’orga- Mi fa pensare alle situazioni che vivo ogni gior- nizzazione di grandi eventi corporate, come no: richieste dei clienti che si trasformano in sfide, le convention Samsung e Siemens. Quanto è obiettivi da raggiungere dando il massimo nel più importante il fattore emozionale, l’arte di breve tempo possibile. L’evento senza emozione raccontare, all’interno di un evento di comu- non può vivere. Noi che lo pensiamo e lo creiamo nicazione interna? Convention Samsung
  • 27. Il fattore emozionale e l’arte di raccontare rappre- sentano due elementi essenziali nelle convention per- due attività che hanno caratterizzato la giornata. La ché la necessità del cliente che ci chiede di realizzare prima permetteva di provare l’ebbrezza di un giro questo tipo di eventi è quella di comunicare messaggi veloce, mentre la seconda era rivolta ai più temerari forti e importanti a una platea che deve sentirsi parte che volevano vivere in prima persona una vera e pro- di un tutto. Ogni individuo deve avere la percezione di pria gara. Mezz’ora di teoria e poi un’ora e mezza di non essere un semplice spettatore ma il protagonista prove e gara con registrazione del tempo realizzato di ciò che accade intorno a lui. Le emozioni vissute e per arrivare al Match Race Finale dove si sono sfidati le parole ascoltate devono conquistarlo, convincerlo, i due tempi migliori. se serve inebriarlo ma soprattutto motivarlo. È per questo che gli speech, la scelta degli autori e dei re- Quanto è importante sapere evocare il mood latori sono punti importanti da non sottovalutare mai di un evento in fase di presentazione del pro- nella realizzazione di un grande evento corporate. getto al potenziale cliente? A proposito di eventi targati It’s Cool, mi rac- conti la storia di ebbrezza sportiva costruita Più che importante, direi essenziale! Riuscire a far intorno all’ultima convention Samsung di set- vivere al cliente l’emozione dell’evento che ci sta tembre? commissionando significa farlo entrare a piè pari nel nostro processo mentale, fargli comprendere le mo- tivazioni che ci hanno spinto a proporgli un determi- nato progetto, ma soprattutto dimostrargli quanto la Come al solito, volevamo stupire e distinguerci, per nostra proposta creativa sia stata realizzata apposi- questo abbiamo proposto un’esperienza così avven- tamente per soddisfare le sue esigenze. Così facendo turosa al nostro cliente. La convention è nata per riusciamo a fargli percepire l’unicità delle nostre idee essere un format travolgente e insolito dedicato al modellate esattamente sulle sue richieste. coraggio e alla determinazione che occorrono per muoversi in un mare di competitor e nuove tappe da A questo proposito, quanto devono essere superare. Infatti, i presenti hanno potuto partecipa- “storyteller” il direttore creativo e l’account re a una giornata interamente dedicata all’OffShore d’agenzia? vivendo esperienze ed emozioni uniche affiancati dai piloti del C1 World PowerBoat Championship. Giro di Velocità e Academy - Match Race questi i nomi delle 27
  • 28. Osservando It’s Cool Events dall’esterno, la 28 prima cosa che si percepisce è la costruzio- ne di un team intorno al payoff e all’identità visiva che vi contraddistingue. Quanto e cosa comunicate di voi attraverso questa immagi- ne? Le nostre campagne di comunicazione sono forti, creative e ironiche allo stesso tempo proprio come siamo noi. Da sempre il trittico che ci contraddistin- gue è: “efficaci, affidabili, creativi sempre!” Comuni- chiamo ciò che siamo e quello che facciamo, dunque nella nostra comunicazione c’è il nostro dna, la nostra essenza più profonda. In una vostra recente campagna pubblicitaria, si partiva dal titolo di un film, Io sono leggen- Andrea Baccuini da, e si arrivava al payoff “Io sono evento”, con una non casuale sostituzione. Utilizzan- do un provocatorio gioco di parole, meglio un evento da leggenda o la leggenda di un Devono avere entrambi una buona parlantina, pro- evento? prietà di linguaggio e una buona dose di energia per riuscire ad esprimere le idee scaturite a sup- Sicuramente meglio un evento da leggenda che rima- porto del progetto. Spesso il cliente ha un obietti- ne impresso nella memoria di chi lo ha inventato, re- vo ma non sa come raggiungerlo, quindi una parte alizzato, vissuto e che ha permesso di assaporare un del nostro compito è convincerlo delle motivazioni momento intenso e reale. La leggenda per definizione che ci hanno spinto a proporgli determinate solu- mescola il reale al meraviglioso ma non si può mai zioni piuttosto che altre. Il direttore creativo deve essere certi del confine tra reale e immaginario. Nei conquistare il “cuore” del cliente mentre l’account nostri eventi invece la situazione creata - per quanto deve fare da intermediario e far tornare i conti. meravigliosa possa risultare - è reale e tangibile, non Sono entrambe missioni delicate che una volta rag- lascia spazio a particolari non curati e vive grazie al giunte danno i loro frutti e immense soddisfazioni. vero impegno dei professionisti coinvolti.
  • 30. Un evento per raccontare una storia di Silvia Galli La filosofia di It’s Cool: l’evento che colpisce lo spetta- tore e rimane nella memoria perché diventa “vissuto” «Per chi ha in uggia la casa inospitale, il rifugio preferito nelle serate fredde è il cinema. La pas- sione di Marcovaldo erano i film a colori, sullo schermo grande che permette di abbracciare i più vasti orizzonti: praterie, montagne rocciose, foreste equatoriali. Vedeva il film due volte, usciva solo quando il cinema chiudeva; e col pensiero continuava ad abitare quei paesaggi e a respirare quei colori». (Italo Calvino, Marcovaldo) Un evento può dirsi emozionante e sorprendente soltanto se la sua forza è tale da rimanere nella memoria e nel vissuto delle persone che vi hanno partecipato, soltanto se costituisce una storia da ricordare e da raccontare. L'evento deve dunque essere dirompente e spettacolare, deve rapire lo spettatore e coinvolgerlo facendolo sentire testimone di un’esperienza assolutamente unica e irripetibile. Cristian Salmon, nel suo saggio Storytelling, parla di “nuovo ordine narrativo” che, catturando le emozioni delle persone, induce al consumo plasmandone le motivazioni e l'attenzione, fino a far diventare l'arte di raccontare storie un’“arma di distrazione di massa”. Per questo - tramontata l'era dei brand culto degli anni Novanta, in cui il solo logo era sufficiente 30 convention “Shape the future
  • 31. a giustificare l'acquisto - oggi per le aziende è necessario riposizio- narsi su una dimensione espe- rienziale, sulla cosiddetta comuni- cazione polisensoriale che rapisce il consumatore stimolandone le leve più irrazionali e soggettive. In questa logica, gli eventi si stan- no ritagliando uno spazio sempre più ampio nella comunicazione, a scapito spesso di strategie pub- blicitarie tradizionali, rispetto alle quali il consumatore tipo è sem- pre più “vaccinato”. Come ci sugge- risce Calvino, lo spettacolo e l'evento in genere ci permettono di “continuare ad abitare paesaggi e a respirare colori”, acquisendo sensazioni e valori che inevitabilmente e inconsciamente ci spingeranno a delle scelte ben precise. It's Cool Events è un'agenzia che ha come core values l'emozione, la creatività, l'unicità dell'evento, che spesso si traducono non soltanto in grandi storie da raccontare, ma in grandi storie a cui partecipare, compiendo un salto concettuale da testimone ad attore. La Convention: Shape the Future. Nell'evento corpo- rate, le aziende hanno la necessità di trasferire uno spirito, una missione: un esempio notevole è il caso della convention Shape the future per Siemens (Milano, novembre 2006), in cui It's Cool Events traduce un concept che parla di modernità e di traguardi in una scenografia - futuristica, tecnologica, accattivante - e in una dinamica, in cui il relatore si muove attraverso la platea, spezzando la gerarchia delle sedute. Il Team Building: Partesa Champion Team. Per definizione, un team building deve essere capace di coinvol- gere, divertire, stupire e, soprattutto, di creare spirito di gruppo con attività collaborative del tutto anomale rispetto al comune contesto lavorativo. Ne è un esempio la convention Partesa Champion Team (Parma, febbraio 2005), in cui - dopo una convention tradizionale - i componenti di diversi settori aziendali sono stati aggregati in squadre per un vero e proprio torneo. Dunque, sportivi per un giorno, protagonisti del più italia- no dei giochi di squadra: il calcio. La Guerrilla: Il Sole 24 Ore. Per il lancio del nuovo prodotto “Il” (settembre 2008, Roma e Milano), il Sole 24 Ore si affida a It's Cool Events, che racconta le storie di professionisti di successo attraverso modelli-icona posti su piedistalli nei landmark urbani, come la centralissima stazione Ca- dorna di Milano: “Il” Tenebroso, “Il” Creativo, “Il” Leader, diversi ma tutti affascinanti, tutti dotati di una copia di “Il”, tutti a loro modo status symbol. Efficace e sorprendente. Davvero… 31
  • 32. Salmon è membro del Centre de Recherches sur les Arts et le Language, ed è il fondatore del Parlamento Internazionale degli scrittori. Dopo l’uscita di Storytelling in Francia, Le Monde gli ha affidato una rubrica per parlare del fenomeno descritto nel libro. Ho letto recensioni che descrivono Storytelling come un libro rivelatore della demagogia politica e della strumentalità del lin- guaggio ad opera di aziende, di politici e guru pre-fabbricati in laboratorio per dare risposta alla insicurezze della gente. In realtà, ho visto in questo volumetto un trattato assolutamente interessante di come la società, a partire da un’impostazione ar- chetipica, si basi di fatto sul racconto. Interessante perché, a mio avviso, va a riprendere alcuni dei più intriganti studi di sociologia e mass-media attuali, come Sappiamo cosa vuoi, Tutto quello che ti fa male ti fa bene e Cultura convergente; c’è poi da dire che i contenuti sono notevoli: dall’esempio di un Don DeLillo d’annata, che era già riuscito a comprendere come la cultura aziendale sarebbe riuscita a manipolare ed estremizzare il mercato delle emozioni (La gestione del dolore), ai tanti storyteller, guru (da storytelling griot?) di professione, che si arricchiscono utilizzando le maglie narrative all’interno delle tecniche motivazionali. Lo Storytelling non è, però, solo una tecnica di coach- ing aziendale per guru professionisti come Steve Denning, Ashref Ramzy, Roasbeth Moss Kanter, Petr Senge, Michael Porter, Tom Petres, ecc. Non è solo un modo per riorganizzare le strutture aziendali oscillando tra il team building e l’incentive moti- vazionale; il libro, infatti, propone anche una sorta di analisi della struttura narrativa estendendola al management, all’economia, alla politica, alla società in generale, con una serie di riferimenti a case histories aziendali di notevole interesse. Da leggere Christian Salmon, Storytelling - Fazi Editore, 2008 a cura della Redazione 32