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Capitolo 2
La Mano Umana
La mano dell’uomo `e uno strumento in grado di eseguire innumerevoli azioni. La sua
funzione essenziale `e la prensione e grazie alla sua architettura `e dotata di innumerevoli
possibilit`a di posizione, movimento e azione.
L’elevata facolt`a di prensione raggiunge nell’uomo la perfezione ed `e attribuibile alla
particolare disposizione del pollice che riesce ad opporsi a tutte le dita. Anche nelle
scimmie il pollice `e opponibile ma non ha la stessa ampiezza di opposizione che nell’uomo.
La mano puo’ essere considerata l’ organo terminale dell’arto superiore che ne costitu-
isce il supporto e le consente di orientarsi nel modo migliore per svolgere un determinato
compito. Essa `e estremamente versatile e questa sua assenza di specializzazione la rende
strumento di adattabilit`a e creativit`a per l’uomo. Essa non `e soltanto un organo operativo,
ma `e anche un organo esplorativo e recettivo in grado di trasferire all’uomo informazioni
essenziali alla conoscenza del mondo circostante e al suo stesso funzionamento. Senza
la mano la visione del mondo sarebbe piatta e senza rilievi e, grazie alla comunicazione
con la corteccia cerebrale, permette all’uomo di riconoscere un oggetto senza vederlo e di
comprendere in generale lo spazio.
Mano e cervello costituiscono una coppia funzionale indissolubile e grazie a questa
stretta collaborazione l’uomo puo’ intervenire sulla natura seguendo i propri progetti e
distinguendosi dalle altre specie viventi.
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CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 10
2.1 Architettura della Mano
La caratteristica fondamentale della mano umana `e la sua adattabilit`a alla forma del-
l’oggetto afferrato. Su una superficie piana, come ad esempio un vetro, la mano si appiat-
tisce e viene a contatto con parte del palmo e delle falangi. Se l’oggetto afferrato invece
`e voluminoso allora la mano si incurva e si vengono a formare degli archi secondo tre
direzioni principali (Fig. 2.1).
Figura 2.1: Esempi di adattabilit`a della mano umana
L’asse di riferimento della mano viene preso convenzionalmente coincidente con l’asse
del terzo metacarpo e del dito medio. Quando le dita vengono allontanate e si apre la
mano il dito medio rimane di fatto immobile e le altre dita si allontanano dal medio in
modo tale che l’asse di ciascun dito viene a convergere in un punto collocato alla base
della mano all’incirca in corrispondenza di una protuberanza facilmente individuabile con
la palpazione (tubercolo dello scafoide). Avvicinando invece le dita della mano le une con
le altre, gli assi delle dita non sono parallele ma convergono in un punto molto distante dall’
estremit`a della mano. Ci`o `e dovuto al fatto che le dita non sono cilindriche ma leggermente
rastremate verso l’estremit`a. In posizione naturale le dita sono leggermente distanti l’una
dall’altra e i loro assi non convergono nello stesso punto. Solitamente anulare e mignolo
hanno assi all’incirca paralleli mentre quelli di indice e pollice convergono. L’asse del medio
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 11
costituisce sempre l’asse della mano e corrisponde alla zona di transizione. Chiudendo la
mano a pugno, con le ultime due falangi estese, gli assi delle ultime due falangi delle
quattro dita e l’asse del pollice esclusa quella dell’ultima falange, convergono in un punto
alla base del polso. Questa volta l’asse dell’indice rimane longitudinale,mentre quelli delle
altre dita sono via via pi`u inclinati mano mano che si allontanano dall’indice formando una
specie di ventaglio. Questa disposizione garantisce l’opposizione fra il pollice e le ultime
due dita, buona quanto quella fra pollice e indice e pollice e medio (Fig. 2.2).
Figura 2.2: Posture possibili della mano umana
La mano umana `e composta da ossa, muscoli, legamenti, tendini, vene, arterie e nervi
che le permettono di compiere movimenti complessi e le garantiscono funzionalit`a multiple.
Essa contiene 27 ossa e 19 muscoli e, grazie ai suoi nervi e recettori, `e molto sensibile. Le
ossa sono connesse fra di loro da articolazioni che le permettono di compiere movimenti
di flessione, estensione, adduzione e abduzione. I muscoli possono essere raggruppati in
muscoli intrinseci che si trovano nella mano e muscoli estrinseci che si trovano nell’avam-
braccio e sono connessi alle dita mediante tendini. Il numero di ossa ed articolazioni, la
potente e accurata muscolatura e l’epidermide estremamente sensibile rendono la mano
un organo motorio intelligente e complesso.
In breve la mano rappresenta un esempio meraviglioso di sistema naturale boimecca-
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 12
Figura 2.3: Architettura di un generico sistema biomeccatronico e architettura della mano umana
tronico fonte di ispirazione per numerosi progettisti robotici.
Il sistema completo mano pu`o essere suddiviso in una serie di sottosistemi che trovano
la loro controparte artificiale. In (Fig. 2.3) si rappresenta il parallelo fra la composizione
di un generico sistema biomeccatronico e la composizione del sistema mano umana.
Figura 2.4: Gruppi principali della struttura muscoloscheletrica della mano umana
Proseguendo il parallelo con il sistema biomeccatronico artificiale, dal punto di vista
meccanico e strutturale (anatomico) la mano umana pu`o essere divisa in quattro sottosis-
temi principali (Fig. 2.4):
1. Struttura ossea
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 13
2. Articolazioni
3. Struttura muscolare
4. Tendini
2.1.1 La struttura ossea
Lo scheletro della mano umana `e composto da 27 segmenti ossei divisi in 3 gruppi (Fig.
2.5):
1. Falangi: n. 14 ossa
2. Metacarpi: n. 5 ossa
3. Carpo: n. 8 ossa
Figura 2.5: Scheletro della mano umana
Ciascun dito `e composto da tre falangi ad eccezione del pollice che ne ha solo due.
I metacarpi collegano le dita al carpo che a sua volta collega la mano all’avambraccio
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 14
costituendo il polso. L’insieme del metacarpo e delle falangi di ciascun dito costituisce
una catena cinematica aperta in grado di muoversi grazie all’azione dei muscoli intrinseci
ed estrinseci.
2.1.2 Le articolazioni
I segmenti ossei sono collegati fra di loro tramite le articolazioni. Le articolazioni garan-
tiscono il movimento relativo fra i vari segmenti e grazie ad esse la mano possiede la sua
straordinaria mobilit`a.
Le articolazioni sono composte dalle superfici articolari (comprendenti la capsula arti-
colare, il liquido sinoviale e la cartilagine) e dai legamenti che tengono insieme i segmenti
ossei. La forma delle superfici di contatto `e estremamente complessa e grazie ad essa le
possibilit`a di movimento relativo fra i segmenti ossei possono essere molteplici. Prima di
definire le possibilit`a di movimento di ciascuna articolazione `e opportuno introdurre la
terminologia di base alla quale si far`a riferimento nel seguito.
Figura 2.6: Definizione dei principali tipi di movimento
Come indicato nella Fig. 2.6, con la mano in posizione anatomica aperta e cio`e in
supinazione completa, si definisce piano frontale il piano passante per l’asse del dito medio
e parallelo al palmo aperto. Si definisce invece piano sagittale il piano passante per l’asse
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 15
del dito medio ed ortogonale al piano frontale. La direzione dell’asse del medio rivolta
verso il polso prende il nome di direzione prossimale mentre la direzione opposta viene
detta direzione distale. In generale tutti gli elementi e i riferimenti anatomici pi`u vicini al
corpo vengono detti prossimali, quelli pi`u lontani distali.
La direzione frutto dell’intersezione fra piano sagittale e piano frontale viene detta
direzione radiale se rivolta verso il pollice e direzione ulnare se rivolta in verso opposto.
Si definisce allora movimento di flessione il movimento di chiusura del dito sul piano
sagittale e movimento di estensione quello di apertura sempre sul piano sagittale. Il
movimento trasversale del dito sul piano frontale, rivolto verso il pollice `e detto movimento
di abduzione, mentre quello opposto verso il mignolo `e detto movimento di adduzione.
Facendo riferimento alla definizione di Grado di Libert`a (Deegre of Freedom - DoF)
meccanico/robotico e traducendolo qualitativamente in possibilit`a di movimento, si pu`o
dire che la mano umana possiede 23 Gradi di Libert`a ripartiti fra le varie articolazioni
come indicato in (Fig. 2.7).
Figura 2.7: Articolazioni e Gradi di Libert`a (DoFs) della mano umana
Le articolazioni che possiedono contemporaneamente e prevalentemente 2 DoFs lo de-
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 16
vono alla particolare forma delle superfici di contatto detta a sella che, possedendo una
doppia curvatura, consente di combinare le rotazioni attorno a due assi concorrenti ortog-
onali. Quelle invece prevalentemente ad un solo DoF lo dovono alla presenza di una forma
delle superfici di contatto di tipo trocleare sul segmento prossimale e di tipo glenoidale
sul segmento distale. La piccola cresta smussa che divide le cavit`a glenoidali viene a
combaciare con la gola della troclea impedendo quindi i movimenti trasversali (Fig. 2.8).
Figura 2.8: Conformazione delle superfici di contatto delle articolazioni
Degna di particolare attenzione `e l’articolazione metacarpo-falangea. Si tratta di una
articolazione di tipo condiloideo a sella a 2 DoFs. La testa del metacarpo `e una superficie
biconvessa e si affaccia alla base della falange prossimale che `e una superficie biconcava.
Data la variabilit`a del raggio di curvatura della testa del metacarpo il centro di istan-
tanea rotazione si muove durante la flessione. A causa di questo movimento i legamenti
collaterali, vincolati al metacarpo in un punto non corripondente al centro di istantanea
rotazione, variano di lunghezza rilassandosi durante l’estensione e tendendosi durante la
flessione. In questo modo il movimento di abduzione e adduzione pu`o essere eseguito
pienamente solo in estensione (Fig. 2.9).
2.1.3 La struttura muscolare e i tendini
La mano umana possiede circa 40 muscoli suddivisi in muscoli intrinseci posizionati
all’interno della mano e muscoli estrinseci, collocati nell’avambraccio.
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 17
Figura 2.9: L’articolazione metacarpo-falangea
I muscoli sono composti da fibre in grado di accorciarsi attivamente e resistere pas-
sivamente a una trazione ma non allungarsi attivamente. Proprio per la loro capacit`a
di contrarsi in seguito al comando proveniente dal cervello e dal midollo spinale (sistema
nervoso centrale SNC) realizzano il movimento della mano trasferendo, per mezzo dei
tendini, le forze ai segmenti articolari. Le fibre muscolari sono collegate, a loro volta, al
sistema nervoso grazie ai motoneuroni, che originano nel midollo spinale; l’attivazione di
un motoneurone determina la contrazione della fibra muscolare.
I muscoli della mano sono ancorati ai segmenti articolari per mezzo di un tendine corto
alla loro estremit`a prossimale e per mezzo di un lungo tendine alla loro estremit`a distale.
I tendini sono robusti fasci paralleli di fibre di collagene che spesso attraversano molti
giunti della mano prima di inserirsi nellosso. Ogni muscolo svolge una precisa funzione,
se considerato singolarmente, ma, se si contrae insieme con altri muscoli per realizzare un
certo movimento, pu`o di volta in volta essere il protagonista principale di quel movimento
(funzione agonista) o pu`o tendere a fermarlo (funzione antagonista), oppure partecipare
attivamente, al pari di altri muscoli, a realizzare un movimento complesso (funzione sin-
ergica). Tutti i muscoli della mano possono essere considerati multiarticolari poich`e i loro
tendini attraversano uno o pi`u giunti. L’azione combinata dei muscoli estrinseci e dei
muscoli intrinseci, sotto il controllo del sistema nervoso centrale, permette lo svolgimento
dei compiti di presa e di manipolazione. I movimenti fini della mano sono controllati dai
muscoli intrinseci, in collaborazione con i pi`u potenti muscoli estrinseci dell’avambraccio.
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 18
I muscoli estrinseci: estensori e flessori
I muscoli estrinseci risiedono nell’avambraccio e si distinguono in estensori e flessori. Si
inseriscono sulle falangi delle dita per mezzo dei tendini.
Gli estensori si trovano nel lato dorsale dell’avambraccio e sono i principali responsabili
dei movimenti di estensione delle dita. I pi`u rilevanti sono (Fig. 2.10):
Figura 2.10: Principali muscoli estensori della mano
1. Estensore comune delle dita (Extensor Digitorum Communis-EDC): ha una ramifi-
cazione molteplice all’altezza del polso e si inserisce alla base della prima falange di
ciascun dito; `e responsabile dell’estensione di tutte le articolazioni attraversate dai
suoi tendini e cio`e del giunto metacarpo-falangeo e, assieme agli estensori del carpo,
delle articolazioni del polso.
2. Estensore lungo del pollice (Extensor Pollicis Longus-EPL): si inserisce alla seconda
falange del pollice; `e responsabile della estensione della prima e seconda falange del
pollice.
3. Estensore breve del pollice (Extensor Pollicis Brevis-EPB): si inserisce alla base della
prima falange del pollice; `e responsabile della estensione della prima falange del
pollice.
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 19
4. Estensore dell’indice (Extensor Indicis-EI): si inserisce alla base della prima falange
dell’indice in corrispondenza del punto di attacco dell’EDC; `e responsabile del-
l’estensione di tutte le articolazioni attraversate dal suo tendine e cio`e del giunto
metacarpo-falangeo dell’indice e delle articolazioni del polso.
5. Estensore del mignolo (Extensor Digiti Minimi-EDM): si inserisce alla base del-
la prima falange del mignolo in corrispondenza del punto di attacco dell’EDC; `e
responsabile dell’estensione dell’articolazione metacarpo-falangea del mignolo e dei
giunti interfalangei.
I flessori risiedono sul lato ventrale dell’avambraccio, sono disposti su pi`u strati e sono
i principali responsabili dei movimenti di flessione delle dita. I pi`u rilevanti sono (Fig.
2.11):
Figura 2.11: Principali muscoli flessori della mano
1. Flessore superficiale delle dita (Flexor Digitorum Superficialis-FDS): il tendine di
questo muscolo si sdoppia a livello dell’articolazione metacarpo-falangea di ciascun
dito in due parti che vanno a circondare il Flessore Profondo delle Dita e si riu-
niscono a livello dell’articolazione interfalangea prossimale per inserirsi sulle facce
laterali della seconda falange; `e responsabile della flessione di tutte le articolazioni
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 20
attraversate dal suo tendine e cio`e della interfalangea prossimale e dell’articolazione
metacarpo-falangea di ciascun dito e delle articolazioni del polso.
2. Flessore profondo delle dita (Flexor Digitorum Profundus-FDP): si inserisce alla base
della terza falange di indice, medio, anulare e mignolo; `e responsabile della flessione
delle sole articolazioni interfalangee distali delle corrispondenti dita ma interviene
anche nella flessione delle articolazioni interfalangee prossimali e delle articolazioni
metacarpo-falangee assieme all’azione del flessore superficiale delle dita.
3. Flessore lungo del pollice (Flexor Pollicis Longus-FPL): si inserisce alla base della sec-
onda falange del pollice; `e responsabile della flessione delle articolazioni attraversate
dal suo tendine e cio`e della interfalangea distale del pollice, della metacarpo-falangea
del pollice e in piccola parte anche del polso.
I muscoli intrinseci
I muscoli intriseci risiedono nel palmo della mano e si distinguono in interossei e lombri-
cali. Tali muscoli garantiscono, insieme ai muscoli estrinseci, i movimenti di flessione ed
estensione delle dita; sono inoltre responsabili dei movimenti di adduzione e abduzione
delle dita.
Gli interossei sono disposti nel palmo della mano fra i metacarpi e sono i principali
responsabili dei movimenti di adduzione e abduzione delle dita. I pi`u rilevanti sono (Fig.
2.12):
1. Interossei dorsali: si inseriscono prossimalmente ai lati del metacarpo di ciascun dito
e distalmente lateralmente alla base della prima falange di ciascun dito. Abducono
le dita rispetto all’asse longitudinale del dito medio e partecipano alla flessione del-
l’articolazione metacarpo-falangea e all’estensione delle articolazioni interfalangee
prossimali e distali.
2. Interossei palmari: si inseriscono prossimalmente alla base dei metacarpi e dis-
talmente lateralmente alla base della prima falange di ciascun dito. Adducono le
dita rispetto all’asse longitudinale del dito medio partecipano alla flessione del-
l’articolazione metacarpo-falangea e all’estensione delle articolazioni interfalangee
prossimali e distali.
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 21
Figura 2.12: I muscoli interossei della mano
I lombricali sono quattro muscoli disposti nel palmo della mano che si inseriscono
prossimalmente sui tendini del flessore profondo delle dita (FDP). Ciascun lombricale passa
al lato radiale del dito corrispondente e di fronte all’articolazione metacarpo-falangea e si
inserisce nel complesso estensore (insieme di fibre che raggruppa i vari tendini estensori
in prossimit`a dei punti di inserzione) del dito corrispondente. La loro funzione cambia
a seconda del grado di estensione e flessione del dito. Intervengono direttamente nella
estensione delle articolazioni interfalangee distali e prossimali e potenziano le forze di
flessione della articolazione metacarpo-falangea (Fig. 2.13).
Figura 2.13: I muscoli lombricali della mano
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 22
La forza generata dai muscoli viene trasmessa ai segmenti ossei della mano per mez-
zo di strutture tendinee. I tendini scorrono parallelamente ai segmenti ossei e vengono
mantenuti in posizione da guaine fibrose (Fig. 2.14).
Figura 2.14: Il passaggio dei tendini e le capsule articolari
Grazie ai tendini, le forze generate dai muscoli vengono convertite in coppie attorno
alle articolazioni. Lo sbilancio fra la coppia esercitata dai muscoli agonisti e quella es-
ercitata dai muscoli antagonisti genera la rotazione relativa attorno all’articolazione fra i
segmenti articolari interessati . Il controllo del dito `e il risultato dell’azione di un insieme
di muscoli che agiscono contemporaneamente sulla stessa articolazione. La ridondanza del
sistema tendineo consente la contrazione agonista/antagonista e sinergica dei muscoli per
sintonizzare in maniera ottimale la rigidit`a dei giunti articolari in relazione al compito da
eseguire.
2.1.4 Le ampiezze di movimento della mano
Ai fini della progettazione di una mano artificiale `e necessario conoscere le possibilit`a e le
ampiezze di movimento della mano umana.
Le articolazioni metacarpo-falangee sono in grado di flettersi fino a 90◦ per quanto
riguarda l’indice e l’angolo massimo di flessione cresce via via passando dall’indice al
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 23
mignolo. L’ampiezza di estensione attiva varia a seconda dei soggetti e oscilla dai 30◦ ai
40◦.
Fra tutte le dita escluso il pollice, l’indice `e quello che possiede la pi`u ampia possibilit`a
di movimento in abduzione e adduzione. In direzione radiale/ulnare le deviazioni angolari
sono cos`ı distribuite: indice 13◦/42◦, medio 8◦/34◦, anulare 14◦/20◦, mignolo 19◦/33◦.
Dalla combinazione fra i movimenti di abduzione e adduzione e quelli di flessione e
estensione nasce il movimento di circonduzione. Lo spazio massimo di lavoro `e rappresen-
tato da un cono avente il vertice in corrispondenza dell’articolazione metacarpo-falangea
e con asse coincidente con la posizione naturale di equilibrio dell’articolazione stessa.
Le articolazioni di tipo condiloideo possiedono prevalentemente 2 DoFs ma, grazie alla
lassit`a dei legamenti, tollerano anche una moderata possibilit`a di rotazione passiva attorno
all’asse longitudinale di circa 60◦.
L’ampiezza di flessione nelle articolazioni interfalangee prossimali supera i 90◦. Cos`ı
come per le metacarpo-falangee, questa ampiezza di flessione cresce dall’indice al mignolo
fino a raggiungere i 135◦.
L’ampiezza di flessione nelle articolazioni interfalangee distali `e intorno ai 70◦. Anche
in questo caso tale ampiezza cresce dall’indice al mignolo fino a raggiungere i 90◦.
Figura 2.15: Le ampiezze di movimento della mano
L’ampiezza dell’estensione attiva delle articolazioni interfalangee prossimali `e pressoch`e
nulla, in quelle distali `e molto debole e si aggira attorno ai 5◦. L’estensione passiva `e
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 24
anch’essa nulla per l’interfalangea prossimale ma molto marcata per l’interfalangea distale
(30◦)(Fig. 2.15).
2.1.5 Il pollice
Il pollice della mano umana, con le sue elevate possibilit`a di opposizione, costituisce l’ele-
mento di distinzione dagli altri esseri viventi; `e l’elemento indispensabile per la formazione
della pinza pollici-digitale con le altre dita e collabora in maniera essenziale alla costi-
tuzione della presa di forza con le altre dita. Senza il pollice la mano perde gran parte
delle sue possibilit`a.
Figura 2.16: La catena articolare del pollice
Il pollice `e in grado di assolvere queste funzioni grazie alla sua particolare confor-
mazione e posizione rispetto alle altre dita; pu`o infatti incontrare le altre dita isolatamente
o globalmente nei movimenti di opposizione e pu`o allontanarsene nei movimenti di contro-
opposizione per rilasciare la presa. Ci`o `e dovuto alla particolare organizzazione della sua
catena osteo-articolare e ai sui muscoli motori.
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 25
Il pollice `e costituito da due falangi ma il fatto pi`u importante `e che la sua catena ar-
ticolare `e disposta pi`u prossimalmente rispetto alle altre dita per cui l’estremit`a della sua
falange distale arriva alla met`a circa della prima falange dell’indice. In base al principio
d’economia universale (principio D’Occam) secondo il quale tutte le funzioni sono assi-
curate da un minimo di struttura e organizzazione, per una funzione ottimale del pollice
cinque parti e quattro articolazioni sono necessarie e sufficienti, ci`o corrisponde a cinque
DoFs necessari e sufficienti per realizzare l’opposizione.
Tralasciando l’articolazione scafo-trapezoidea alla base del carpo che di fatto possiede
un DoF trascurabile, le articolazioni del pollice si distinguono in (Fig. 2.16).
1. trapezo-metacarpica (TM) a 2 DoFs
2. metacarpo-falangea (MP) a 2 DoFs
3. interfalangea (IP) a 1 DoF
Figura 2.17: La geometria dell’opposizione
Geometricamente l’opposizione del pollice consiste nel far coincidere nello spazio due
punti appartenenti l’uno al polpastrello del pollice e l’altro al polpastrello del dito oppo-
nente e i piani tangenti alle superfici dei polpastrelli (ovvero far coincidere le normali ai
piani tangenti alla superficie di contatto nel punto di contatto).
Per far coincidere due punti nello spazio sono necessari 3 DoFs. Altri 2 DoFs sono
necessari per far coincidere le normali ai piani tangenti e cio`e per far ruotare tali piani
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 26
attorno a due assi ortogonali appartenenti ai piani stessi fino a raggiungere la coincidenza.
In definitiva per ottenere l’opposizione sono necessari in totale 5 DoFs: 3 DoFs per far
coincidere i punti di contatto e 2 DoFs per far coincidere i piani tangenti alle superfici dei
polpastrelli (Fig. 2.17).
Data la mobilit`a del pollice, non esiste una opposizione ma una gamma di oppo-
sizioni che realizza una grande molteplicit`a di prese e azioni a seconda del numero di dita
coinvolte e delle loro modalit`a di associazione. Tutte le possibilit`a di opposizione sono
contenute all’interno di un settore conico dello spazio con il vertice all’altezza dell’artico-
lazione trapezio-metacarpica detto cono di opposizione. La base di tale cono `e limitata
dalla grande corsa e dalla piccola corsa (Fig. 2.18).
Figura 2.18: L’ampiezza del movimento di opposizione
Dal punto di vista meccanico l’opposizione del pollice `e un movimento complesso frutto
della combinazione dei 5 DoFs della catena articolare del pollice. I movimenti fondamentali
che vengono coinvolti sono (Fig. 2.19):
1. Anteposizione in proiezione: il pollice si porta in avanti rispetto al piano del palmo;
tale movimento e prevalentemente dovuto all’articolazione trapezio-metacarpica e
consta in un allontanamento del metacarpo del pollice dal metacarpo dell’indice (da
alcuni autori inglesi viene chiamato anche abduzione del pollice).
2. Flessione: tutta la catena articolare del pollice si porta internamente al palmo (per
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 27
questo viene detto anche movimento di abduzione); tutte le articolazioni del pollice
vengono coinvolte.
3. Pronazione: l’ultima falange del pollice ruota passivamente attorno al proprio asse
longitudinale garantendo la coincidenza delle normali ai piani tangenti nel punto di
contatto; tale rotazione `e il risultato dell’attivit`a di tutta la catena articolare del
pollice ed intervengono dunque tutte le articolazioni ma in particolare la trapezio-
metacarpica che viene a comportarsi come un giunto cardanico. Una mano artificiale
che implementi un giunto del genere alla base del pollice assolve perfettamente il suo
ruolo e permette una opposizione naturale e antropomorfa
Figura 2.19: I movimenti principali durante l’opposizione
2.2 Le modalit`a di prensione
Data la sua mobilit`a e la sua complessa organizzazione anatomica e funzionale, la mano
umana `e in grado di sviluppare un numero enorme di prese. Queste possono essere
classificate in (Fig. 2.20):
1. Prese digitali: coinvolgono soltanto le dita e il pollice e a seconda del numero di dita
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 28
coinvolte possono essere pi`u o meno precise (prese bi-digitali di precisione, prese
pluridigitali pi`u stabili e solide).
2. Prese palmari: coinvolgono, oltre le dita, anche il palmo della mano e si distinguono
in digito-palmari se il pollice non `e coinvolto e palmari piene se il pollice inter-
viene in modo determinante nella presa. Le prime, non coinvolgendo il pollice sono
poco stabili e vengono utilizzate per afferrare oggetti voluminosi ma pi`u il diametro
dell’oggetto `e grande e pi`u la presa manca di fermezza. Le seconde invece sono es-
tremamente stabili e costituiscono le cosiddette prese di forza adatte all’afferraggio
di oggetti pesanti e voluminosi.
3. Prese centrate: coinvolgono tutte le dita e il palmo. L’oggetto di forma allungata `e
tenuto stabilmente dalla presa palmare facendo intervenire il pollice e le ultime tre
dita. L’indice assume un ruolo direttivo essenziale in quanto orienta l’oggetto. L’asse
longitudinale dell’oggetto afferato viene a coincidere approssimativamente con l’asse
dell’avambraccio e l’oggetto stesso diviene un prolungamento distale della mano.
Figura 2.20: I principali tipi di prese
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 29
2.3 Il sistema sensoriale
La versatilit`a della mano umana deriva dalla sua struttura e dal suo sistema di attuazione,
ma anche dall’integrazione di informazioni esterocettive e propriocettive. Le prime sono
raccolte da recettori superficiali differenti posti sulla cute e specificano la distribuzione
di pressioni di contatto, temperatura e forza; le seconde provengono da organi sensoriali
posti nelle articolazioni, nei muscoli e nei tendini e sono relative a dati circa la posizione,
la forza, il movimento che specificano la postura della mano. La fusione di queste due
classi di informazione `e la cosiddetta percezione tattile che si verifica quando stimoli es-
terni interagiscono con i recettori del nostro corpo. La sensibilit`a tattile, quale si intende
comunemente, `e un fenomeno complesso che consiste essenzialmente nella segnalazione
di un qualsiasi contatto della superficie della mano con un oggetto esterno da parte del
sistema somato-sensoriale verso i centri nervosi superiori; questi ultimi integrano ed elab-
orano il messaggio, inviando impulsi efferenti agli effettori cio`e ai muscoli interessati, con
l’obiettivo di avere un movimento efficace e coordinato. La sensazione somatica ha inizio
dai recettori della pelle e delle pareti corporee e continua in quelli situati nei muscoli,
nei tendini, nei legamenti, nel tessuto connettivo delle articolazioni e negli organi interni.
Poich gli stimoli possono essere meccanici, chimici o fisici, sono necessari numerosi e diversi
tipi di recettori per individuarli.
2.3.1 Il tatto
La pelle `e uno strato di un paio di millimetri che costituisce la frontiera fisica del corpo
umano. `E un organo sensoriale attivo, allo stesso tempo altamente sensibile e estrema-
mente resistente. La pelle liscia (priva di peli) ha circa 17.000 unit`a tattili composte di
cinque grossi tipi di recettori (Fig. 2.21) : recettori liberi, corpuscoli di Meissner, dischi
di Merkel, corpuscoli di Pacini e terminazioni di Ruffini.
Dall’esterno verso l’interno `e possibile distinguere tre strati differenti per struttura e
sensori: l’epidermide, il derma e il tessuto sottocutaneo (ipoderma). I diversi strati sono
mostrati in Fig. 2.22.
La parte pi`u esterna dell’epidermide `e lo strato corneo uno strato molto sottile dalle
cui caratteristiche meccaniche dipende la distribuzione delle tensioni nelle zone sensibili
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 30
Figura 2.21: I meccanorecettori della pelle umana
Figura 2.22: Strati della pelle e recettori cutanei
sottostanti. Una buona trasmissione dello stimolo tattile dipende dall’elasticit`a dello strato
corneo; infatti, se sufficientemente elastico, esso segue con precisione i risalti dell’oggetto
toccato e trasmette ai tessuti sottostanti uno stato di sforzo non viziato da rigidezze
accessorie che possono essere considerate dei disturbi.
Immediatamente sotto lo strato corneo c’`e un tessuto pi`u spesso e dalla forma pi`u
irregolare, con delle estroflessioni coincidenti (ma con ampiezze maggiori) con i solchi
delle impronte digitali (sulle dita) e con le irregolarit`a osservabili su qualsiasi pelle. Nelle
valli tra le estroflessioni sono alloggiati dei sensori detti corpuscoli di Meissner raffigurati
in Fig. 2.23
Questi costituiscono il 43% dei sensori tattili presenti nelle mani; sono di forma ovoidale,
di piccole dimensioni (80x30 micron), e disposti con l’asse maggiore perpendicolare alla
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 31
Figura 2.23: Corpuscoli di Meissner
superficie cutanea. `E possibile immaginare un corpuscolo di Meissner come una colonna
di circa una decina di cellule cuneiformi, la cui base allargata `e volta verso l’esterno. Fra le
cellule decorre tortuosamente una fibra nervosa afferente. Caratteristica di questi recettori
`e il condividere con altri analoghi l’innervamento; cio`e due o pi`u corpuscoli di Meissner
convogliano le loro uscite in un solo nervo afferente. In tal modo non `e banale riconoscere
da quale recettore parte lo stimolo nervoso. Questi sensori rilevano il contatto velocemente,
non si saturano e sembrano avere grande importanza nel determinare il movimento sulla
superficie cutanea. I corpuscoli di Meissner non reagiscono ad una pressione persistente
ma solo a variazioni di pressione: quanto pi`u rapidamente varia la pressione, tanto pi`u `e
intenso il segnale inviato alla fibra nervosa. Sulle creste delle estroflessioni si trovano altri
sensori, molto pi`u piccoli dei precedenti: i dischi di Merkel visibili in Fig. 2.24.
Figura 2.24: Dischi di Merkel
Sono i pi`u semplici sensori di tatto localizzati nello strato basale dell’epidermide. Cos-
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 32
tituiscono il 25% dei recettori tattili (sempre sulle dita) e giacciono nel piano parallelo alla
superficie della pelle. Le dimensioni di questi sensori sono di un ordine di grandezza inferi-
ore, circa 70.90 nanometri, e sono dedicati alla misurazione della pressione e al rilevamento
delle vibrazioni. L’accoppiata di questi sensori costituisce un sistema di rilevazione capace
di dare sui polpastrelli risoluzioni al di sotto del millimetro e sensibili a basse frequenze: 2-
64Hz. Man mano che si procede dai polpastrelli verso il palmo, la concentrazione di questi
sensori si riduce ma resta in numero tale da consentire un sufficiente riconoscimento delle
forme al solo contatto (cio`e a dire staticamente, senza movimento relativo fra l’oggetto e
la pelle).
Figura 2.25: Distribuzione dei recettori cutanei
L’insieme dei sensori presenti nell’epidermide `e responsabile della nostra capacit`a di
apprezzare la rugosit`a delle superfici.
Subito sotto l’epidermide si trova lo strato detto derma. In questo spessore trovano
collocazione svariate terminazioni nervose libere e i corpuscoli di Ruffini. I corpuscoli di
Ruffini sono oggetti fusiformi, sono presenti anche nella pelle non glabra e non hanno
una precisa localizzazione. Ammontano a circa il 19% del totale dei recettori sulle mani;
sono recettori lenti e sensibili alla pressione ed alla direzione degli stimoli tangenziali. A
questi sensori `e riconducibile, in collaborazione con le terminazioni libere, la rilevazione
del calore.
Le terminazioni libere funzionano da recettori di calore, sentono gli stimoli dolorosi
e probabilmente coadiuvano i sensori principali: essi permeano praticamente tutto lo
spessore del derma, sotto lo strato corneo con isole sensorie piccolissime: da 0.5 a 2.5
micron. Analogamente ai corpuscoli di Meissner le terminazioni libere sono disposte
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 33
perpendicolarmente alla superficie cutanea.
Figura 2.26: Le terminazioni libere
Fra il derma ed l’ipoderma trovano posto i corpuscoli di Pacini. Sono oggetti di grosse
dimensioni, da 1 a 4 mm in lunghezza e da 0.5 a 1 mm di diametro, disposti tendenzial-
mente con l’asse maggiore orizzontale e incapsulati in una guaina di tessuto connettivo.
Costituiscono solo il 13% dei recettori nella pelle delle mani; abbiamo circa 2000 di questi
sensori in tutto il corpo e 1/3 `e nelle dita. I corpuscoli di Pacini, sebbene molto profondi,
sono sensori veloci. Rilevano accelerazioni e vibrazioni nel campo delle alte frequenze (cir-
ca 250Hz), sono responsabili della sensazione del tocco leggero e risultano inerti a pressioni
stabili. In base alla velocit`a della risposta possiamo classificare i sensori descritti in:
1. Slowly Adapting (SA): Adattamento lento
2. Fast Adapting (FA) : Adattamento veloce
3. Very Fast Adapting (VFA) : Adattamento molto veloce
Ognuna di queste classi pu`o essere distinta in tipo I e tipo II in accordo ai loro campi
recettivi: piccoli con bordi netti per il tipo I, grandi con bordi vaghi per il tipo II. In
Fig. 2.27 `e visibile il confronto tra distribuzione, campo recettivo e tipo di risposta a uno
stimolo, per i differenti recettori visti.
Occorre poi distinguere fra un rilevatore e un misuratore in riferimento ad un sensore
tattile: un rilevatore `e un sensore che registra un evento quando questo supera una data
soglia di sensibilit`a; un misuratore ne d`a una valutazione quantitativa confrontabile, non
necessariamente in senso assoluto ma anche relativamente ad un altro stimolo. Le unit`a SA
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 34
Figura 2.27: Confronto tra distribuzione, campo recettivo e tipo di risposta per differenti
meccanorecettori
sono semplici rilevatori; registrano cio`e l’occorrenza di una pressione e lo fanno desumen-
dola dallo stato di tensione del tessuto circostante. Tali recettori, una volta sollecitati,
tornano lentamente alla loro posizione di riposo con una curva di scarico indipendente
dalla durata dello stimolo, inoltre non vanno in saturazione e quindi ne segnalano con
precisione la durata. Gli SA di tipo I (SA-I) forniscono informazioni di velocit`a e movi-
mento (ad esempio i dischi di Merkel) mentre gli SA-II sono adatti a registrare condizioni
statiche (ad esempio i corpuscoli di Ruffini). Le unit`a FA rilevano il tocco e il movimento.
Forniscono informazioni temporali sulla comparsa degli stimoli, soprattutto in movimento
(manipolazione degli oggetti); sono diffusi anche nella pelle non glabra e nei polpastrelli.
Esempio di FA-I sono i corpuscoli di Meissner . Le unit`a VFA sono anche designate con
la sigla FA-II; appartengono a questa classe i corpuscoli di Pacini.
Tali sensori si scaricano rapidamente per ogni applicazione dello stimolo, da qui la
denominazione di adattamento veloce. Sono praticamente insensibili agli stati di defor-
mazione statici e per queste caratteristiche sono adatti come sensori di accelerazione.
2.3.2 La propriocezione
I propriocettori forniscono informazioni sull’orientamento del nostro arto rispetto al cor-
po. Pi`u in generale la propriocezione `e la percezione del movimento del corpo e della
sua posizione nello spazio. I propriocettori sono essenziali per definire i confini del corpo,
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 35
esplorare gli oggetti e guidare i movimenti; essi generano il senso della posizione, il senso
del movimento e il senso della forza. Il senso della posizione ci permette di conoscere la
posizione della mano nell’ambiente circostante senza alcuna informazione visiva; il sen-
so del movimento ci rende capaci di percepire la velocit`a di contrazione e di estensione
dell’arto; il senso della forza indica la capacit`a di conoscere quanta forza stiamo eserci-
tando per tirare, spingere o sollevare un oggetto. I recettori dei giunti rilevano posizione,
velocit`a e accelerazione che intervengono durante il movimento e interessano le capsule
dei giunti. Questo `e possibile in quanto ogni volta che un giunto si muove, le capsule del
giunto sono sia compresse che allungate. Fisiologicamente la variazione della frequenza
dell’impulso fornisce la velocit`a angolare mentre una variazione dell’ampiezza fornisce la
posizione del giunto. I propriocettori meccano-sensitivi sono divisi in recettori tendinei,
cui appartengono gli organi tendinei del Golgi, e recettori muscolari, di cui fanno parte i
fusi neuromuscolari. I corpi di Golgi sono localizzati a livello della giunzione delle fibre
muscolari con quelle tendinee, connessi in serie con gli elementi contrattili. Valutano la
forza generata da un muscolo, misurando la tensione del suo tendine. Agiscono come mec-
canismo di difesa nel caso di contrazione violenta di un muscolo che potrebbe provocare il
distacco del tendine dalla sua inserzione o la lacerazione del muscolo stesso. Infatti essendo
sensibili allo stiramento del tendine dovuto alla contrazione muscolare possono provocare
l’inibizione del motoneurone corrispondente causando la decontrazione del muscolo.
I fusi neuromuscolari misurano la lunghezza e l’entit`a dell’allungamento dei muscoli e
servono per regolare la velocit`a e lo stato di contrazione del muscolo, sia quando il muscolo
`e stimolato passivamente, sia quando `e stimolato attivamente, in condizioni naturali. Sono
entit`a fusiformi lunghe circa un centimetro, poste in parallelo in mezzo alle fibre muscolari.
I segnali afferenti provenienti dal fuso neuromuscolare ascendono ai centri motori supe-
riori dove queste informazioni sono utilizzate per la programmazione e il controllo della
prestazione motoria.
Si accenna brevemente ad altri due tipi di recettori: i nocicettori e i termocettori.
I termocettori permettono di acquisire informazioni sulle propriet`a termiche dell’oggetto
preso. I nocicettori sono terminazioni nervose libere, ramificate che segnalano un dan-
no ai tessuti in atto o imminente. Si identificano in 3 categorie: nocicettori meccanici,
(rispondono ad intense pressioni, soprattutto se provocate da oggetti appuntiti), termici
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 36
(segnalano caldo rovente e freddo estremo) e polimodali.
Figura 2.28: Organi del Golgi e fusi neuromuscolari
2.4 Alcune considerazioni sulle forze di presa
Ai fini della progettazione biomeccatronica di una mano artificiale la specifica principale
da tenere in considerazione `e la forza di presa. Tale specifica condiziona infatti in modo
determinante la scelta degli attuatori, della trasmissione meccanica e il dimensionamento
dei sensori e caratterizza le prestazioni e la funzionalit`a del dispositivo.
La mano umana `e in grado di sviluppare forze di presa assai variabili da pochi Newton
(prese di precisione e manipolazione) a qualche centinaio di Newton (prese di forza) a
seconda del compito da realizzare e della forma, peso e volume dell’oggetto afferrato.
Come valori di riferimento si possono prendere i seguenti:
1. Presa laterale massima: 103N ± 21N
2. Presa palmare massima: 96N ± 24N
3. Presa utilizzata nei compiti usuali di afferraggio: max 20N
4. Presa utilizzata nei compiti usuali di manipolazione: max 8N
CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 37
Si osserva che la mano umana pu`o sviluppare forze di presa notevoli ma la forza normal-
mente erogata nello svolgimento di compiti quotidiani non supera i 20N.
Le caratteristiche principali della mano umana sono riassunte nella Fig. 2.29 (Albrecht
Drer (1471/1528), Studie zuden Hnden eines Apostels) .
Figura 2.29: Specifiche della mano umana

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  • 1. Capitolo 2 La Mano Umana La mano dell’uomo `e uno strumento in grado di eseguire innumerevoli azioni. La sua funzione essenziale `e la prensione e grazie alla sua architettura `e dotata di innumerevoli possibilit`a di posizione, movimento e azione. L’elevata facolt`a di prensione raggiunge nell’uomo la perfezione ed `e attribuibile alla particolare disposizione del pollice che riesce ad opporsi a tutte le dita. Anche nelle scimmie il pollice `e opponibile ma non ha la stessa ampiezza di opposizione che nell’uomo. La mano puo’ essere considerata l’ organo terminale dell’arto superiore che ne costitu- isce il supporto e le consente di orientarsi nel modo migliore per svolgere un determinato compito. Essa `e estremamente versatile e questa sua assenza di specializzazione la rende strumento di adattabilit`a e creativit`a per l’uomo. Essa non `e soltanto un organo operativo, ma `e anche un organo esplorativo e recettivo in grado di trasferire all’uomo informazioni essenziali alla conoscenza del mondo circostante e al suo stesso funzionamento. Senza la mano la visione del mondo sarebbe piatta e senza rilievi e, grazie alla comunicazione con la corteccia cerebrale, permette all’uomo di riconoscere un oggetto senza vederlo e di comprendere in generale lo spazio. Mano e cervello costituiscono una coppia funzionale indissolubile e grazie a questa stretta collaborazione l’uomo puo’ intervenire sulla natura seguendo i propri progetti e distinguendosi dalle altre specie viventi. 9
  • 2. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 10 2.1 Architettura della Mano La caratteristica fondamentale della mano umana `e la sua adattabilit`a alla forma del- l’oggetto afferrato. Su una superficie piana, come ad esempio un vetro, la mano si appiat- tisce e viene a contatto con parte del palmo e delle falangi. Se l’oggetto afferrato invece `e voluminoso allora la mano si incurva e si vengono a formare degli archi secondo tre direzioni principali (Fig. 2.1). Figura 2.1: Esempi di adattabilit`a della mano umana L’asse di riferimento della mano viene preso convenzionalmente coincidente con l’asse del terzo metacarpo e del dito medio. Quando le dita vengono allontanate e si apre la mano il dito medio rimane di fatto immobile e le altre dita si allontanano dal medio in modo tale che l’asse di ciascun dito viene a convergere in un punto collocato alla base della mano all’incirca in corrispondenza di una protuberanza facilmente individuabile con la palpazione (tubercolo dello scafoide). Avvicinando invece le dita della mano le une con le altre, gli assi delle dita non sono parallele ma convergono in un punto molto distante dall’ estremit`a della mano. Ci`o `e dovuto al fatto che le dita non sono cilindriche ma leggermente rastremate verso l’estremit`a. In posizione naturale le dita sono leggermente distanti l’una dall’altra e i loro assi non convergono nello stesso punto. Solitamente anulare e mignolo hanno assi all’incirca paralleli mentre quelli di indice e pollice convergono. L’asse del medio
  • 3. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 11 costituisce sempre l’asse della mano e corrisponde alla zona di transizione. Chiudendo la mano a pugno, con le ultime due falangi estese, gli assi delle ultime due falangi delle quattro dita e l’asse del pollice esclusa quella dell’ultima falange, convergono in un punto alla base del polso. Questa volta l’asse dell’indice rimane longitudinale,mentre quelli delle altre dita sono via via pi`u inclinati mano mano che si allontanano dall’indice formando una specie di ventaglio. Questa disposizione garantisce l’opposizione fra il pollice e le ultime due dita, buona quanto quella fra pollice e indice e pollice e medio (Fig. 2.2). Figura 2.2: Posture possibili della mano umana La mano umana `e composta da ossa, muscoli, legamenti, tendini, vene, arterie e nervi che le permettono di compiere movimenti complessi e le garantiscono funzionalit`a multiple. Essa contiene 27 ossa e 19 muscoli e, grazie ai suoi nervi e recettori, `e molto sensibile. Le ossa sono connesse fra di loro da articolazioni che le permettono di compiere movimenti di flessione, estensione, adduzione e abduzione. I muscoli possono essere raggruppati in muscoli intrinseci che si trovano nella mano e muscoli estrinseci che si trovano nell’avam- braccio e sono connessi alle dita mediante tendini. Il numero di ossa ed articolazioni, la potente e accurata muscolatura e l’epidermide estremamente sensibile rendono la mano un organo motorio intelligente e complesso. In breve la mano rappresenta un esempio meraviglioso di sistema naturale boimecca-
  • 4. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 12 Figura 2.3: Architettura di un generico sistema biomeccatronico e architettura della mano umana tronico fonte di ispirazione per numerosi progettisti robotici. Il sistema completo mano pu`o essere suddiviso in una serie di sottosistemi che trovano la loro controparte artificiale. In (Fig. 2.3) si rappresenta il parallelo fra la composizione di un generico sistema biomeccatronico e la composizione del sistema mano umana. Figura 2.4: Gruppi principali della struttura muscoloscheletrica della mano umana Proseguendo il parallelo con il sistema biomeccatronico artificiale, dal punto di vista meccanico e strutturale (anatomico) la mano umana pu`o essere divisa in quattro sottosis- temi principali (Fig. 2.4): 1. Struttura ossea
  • 5. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 13 2. Articolazioni 3. Struttura muscolare 4. Tendini 2.1.1 La struttura ossea Lo scheletro della mano umana `e composto da 27 segmenti ossei divisi in 3 gruppi (Fig. 2.5): 1. Falangi: n. 14 ossa 2. Metacarpi: n. 5 ossa 3. Carpo: n. 8 ossa Figura 2.5: Scheletro della mano umana Ciascun dito `e composto da tre falangi ad eccezione del pollice che ne ha solo due. I metacarpi collegano le dita al carpo che a sua volta collega la mano all’avambraccio
  • 6. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 14 costituendo il polso. L’insieme del metacarpo e delle falangi di ciascun dito costituisce una catena cinematica aperta in grado di muoversi grazie all’azione dei muscoli intrinseci ed estrinseci. 2.1.2 Le articolazioni I segmenti ossei sono collegati fra di loro tramite le articolazioni. Le articolazioni garan- tiscono il movimento relativo fra i vari segmenti e grazie ad esse la mano possiede la sua straordinaria mobilit`a. Le articolazioni sono composte dalle superfici articolari (comprendenti la capsula arti- colare, il liquido sinoviale e la cartilagine) e dai legamenti che tengono insieme i segmenti ossei. La forma delle superfici di contatto `e estremamente complessa e grazie ad essa le possibilit`a di movimento relativo fra i segmenti ossei possono essere molteplici. Prima di definire le possibilit`a di movimento di ciascuna articolazione `e opportuno introdurre la terminologia di base alla quale si far`a riferimento nel seguito. Figura 2.6: Definizione dei principali tipi di movimento Come indicato nella Fig. 2.6, con la mano in posizione anatomica aperta e cio`e in supinazione completa, si definisce piano frontale il piano passante per l’asse del dito medio e parallelo al palmo aperto. Si definisce invece piano sagittale il piano passante per l’asse
  • 7. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 15 del dito medio ed ortogonale al piano frontale. La direzione dell’asse del medio rivolta verso il polso prende il nome di direzione prossimale mentre la direzione opposta viene detta direzione distale. In generale tutti gli elementi e i riferimenti anatomici pi`u vicini al corpo vengono detti prossimali, quelli pi`u lontani distali. La direzione frutto dell’intersezione fra piano sagittale e piano frontale viene detta direzione radiale se rivolta verso il pollice e direzione ulnare se rivolta in verso opposto. Si definisce allora movimento di flessione il movimento di chiusura del dito sul piano sagittale e movimento di estensione quello di apertura sempre sul piano sagittale. Il movimento trasversale del dito sul piano frontale, rivolto verso il pollice `e detto movimento di abduzione, mentre quello opposto verso il mignolo `e detto movimento di adduzione. Facendo riferimento alla definizione di Grado di Libert`a (Deegre of Freedom - DoF) meccanico/robotico e traducendolo qualitativamente in possibilit`a di movimento, si pu`o dire che la mano umana possiede 23 Gradi di Libert`a ripartiti fra le varie articolazioni come indicato in (Fig. 2.7). Figura 2.7: Articolazioni e Gradi di Libert`a (DoFs) della mano umana Le articolazioni che possiedono contemporaneamente e prevalentemente 2 DoFs lo de-
  • 8. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 16 vono alla particolare forma delle superfici di contatto detta a sella che, possedendo una doppia curvatura, consente di combinare le rotazioni attorno a due assi concorrenti ortog- onali. Quelle invece prevalentemente ad un solo DoF lo dovono alla presenza di una forma delle superfici di contatto di tipo trocleare sul segmento prossimale e di tipo glenoidale sul segmento distale. La piccola cresta smussa che divide le cavit`a glenoidali viene a combaciare con la gola della troclea impedendo quindi i movimenti trasversali (Fig. 2.8). Figura 2.8: Conformazione delle superfici di contatto delle articolazioni Degna di particolare attenzione `e l’articolazione metacarpo-falangea. Si tratta di una articolazione di tipo condiloideo a sella a 2 DoFs. La testa del metacarpo `e una superficie biconvessa e si affaccia alla base della falange prossimale che `e una superficie biconcava. Data la variabilit`a del raggio di curvatura della testa del metacarpo il centro di istan- tanea rotazione si muove durante la flessione. A causa di questo movimento i legamenti collaterali, vincolati al metacarpo in un punto non corripondente al centro di istantanea rotazione, variano di lunghezza rilassandosi durante l’estensione e tendendosi durante la flessione. In questo modo il movimento di abduzione e adduzione pu`o essere eseguito pienamente solo in estensione (Fig. 2.9). 2.1.3 La struttura muscolare e i tendini La mano umana possiede circa 40 muscoli suddivisi in muscoli intrinseci posizionati all’interno della mano e muscoli estrinseci, collocati nell’avambraccio.
  • 9. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 17 Figura 2.9: L’articolazione metacarpo-falangea I muscoli sono composti da fibre in grado di accorciarsi attivamente e resistere pas- sivamente a una trazione ma non allungarsi attivamente. Proprio per la loro capacit`a di contrarsi in seguito al comando proveniente dal cervello e dal midollo spinale (sistema nervoso centrale SNC) realizzano il movimento della mano trasferendo, per mezzo dei tendini, le forze ai segmenti articolari. Le fibre muscolari sono collegate, a loro volta, al sistema nervoso grazie ai motoneuroni, che originano nel midollo spinale; l’attivazione di un motoneurone determina la contrazione della fibra muscolare. I muscoli della mano sono ancorati ai segmenti articolari per mezzo di un tendine corto alla loro estremit`a prossimale e per mezzo di un lungo tendine alla loro estremit`a distale. I tendini sono robusti fasci paralleli di fibre di collagene che spesso attraversano molti giunti della mano prima di inserirsi nellosso. Ogni muscolo svolge una precisa funzione, se considerato singolarmente, ma, se si contrae insieme con altri muscoli per realizzare un certo movimento, pu`o di volta in volta essere il protagonista principale di quel movimento (funzione agonista) o pu`o tendere a fermarlo (funzione antagonista), oppure partecipare attivamente, al pari di altri muscoli, a realizzare un movimento complesso (funzione sin- ergica). Tutti i muscoli della mano possono essere considerati multiarticolari poich`e i loro tendini attraversano uno o pi`u giunti. L’azione combinata dei muscoli estrinseci e dei muscoli intrinseci, sotto il controllo del sistema nervoso centrale, permette lo svolgimento dei compiti di presa e di manipolazione. I movimenti fini della mano sono controllati dai muscoli intrinseci, in collaborazione con i pi`u potenti muscoli estrinseci dell’avambraccio.
  • 10. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 18 I muscoli estrinseci: estensori e flessori I muscoli estrinseci risiedono nell’avambraccio e si distinguono in estensori e flessori. Si inseriscono sulle falangi delle dita per mezzo dei tendini. Gli estensori si trovano nel lato dorsale dell’avambraccio e sono i principali responsabili dei movimenti di estensione delle dita. I pi`u rilevanti sono (Fig. 2.10): Figura 2.10: Principali muscoli estensori della mano 1. Estensore comune delle dita (Extensor Digitorum Communis-EDC): ha una ramifi- cazione molteplice all’altezza del polso e si inserisce alla base della prima falange di ciascun dito; `e responsabile dell’estensione di tutte le articolazioni attraversate dai suoi tendini e cio`e del giunto metacarpo-falangeo e, assieme agli estensori del carpo, delle articolazioni del polso. 2. Estensore lungo del pollice (Extensor Pollicis Longus-EPL): si inserisce alla seconda falange del pollice; `e responsabile della estensione della prima e seconda falange del pollice. 3. Estensore breve del pollice (Extensor Pollicis Brevis-EPB): si inserisce alla base della prima falange del pollice; `e responsabile della estensione della prima falange del pollice.
  • 11. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 19 4. Estensore dell’indice (Extensor Indicis-EI): si inserisce alla base della prima falange dell’indice in corrispondenza del punto di attacco dell’EDC; `e responsabile del- l’estensione di tutte le articolazioni attraversate dal suo tendine e cio`e del giunto metacarpo-falangeo dell’indice e delle articolazioni del polso. 5. Estensore del mignolo (Extensor Digiti Minimi-EDM): si inserisce alla base del- la prima falange del mignolo in corrispondenza del punto di attacco dell’EDC; `e responsabile dell’estensione dell’articolazione metacarpo-falangea del mignolo e dei giunti interfalangei. I flessori risiedono sul lato ventrale dell’avambraccio, sono disposti su pi`u strati e sono i principali responsabili dei movimenti di flessione delle dita. I pi`u rilevanti sono (Fig. 2.11): Figura 2.11: Principali muscoli flessori della mano 1. Flessore superficiale delle dita (Flexor Digitorum Superficialis-FDS): il tendine di questo muscolo si sdoppia a livello dell’articolazione metacarpo-falangea di ciascun dito in due parti che vanno a circondare il Flessore Profondo delle Dita e si riu- niscono a livello dell’articolazione interfalangea prossimale per inserirsi sulle facce laterali della seconda falange; `e responsabile della flessione di tutte le articolazioni
  • 12. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 20 attraversate dal suo tendine e cio`e della interfalangea prossimale e dell’articolazione metacarpo-falangea di ciascun dito e delle articolazioni del polso. 2. Flessore profondo delle dita (Flexor Digitorum Profundus-FDP): si inserisce alla base della terza falange di indice, medio, anulare e mignolo; `e responsabile della flessione delle sole articolazioni interfalangee distali delle corrispondenti dita ma interviene anche nella flessione delle articolazioni interfalangee prossimali e delle articolazioni metacarpo-falangee assieme all’azione del flessore superficiale delle dita. 3. Flessore lungo del pollice (Flexor Pollicis Longus-FPL): si inserisce alla base della sec- onda falange del pollice; `e responsabile della flessione delle articolazioni attraversate dal suo tendine e cio`e della interfalangea distale del pollice, della metacarpo-falangea del pollice e in piccola parte anche del polso. I muscoli intrinseci I muscoli intriseci risiedono nel palmo della mano e si distinguono in interossei e lombri- cali. Tali muscoli garantiscono, insieme ai muscoli estrinseci, i movimenti di flessione ed estensione delle dita; sono inoltre responsabili dei movimenti di adduzione e abduzione delle dita. Gli interossei sono disposti nel palmo della mano fra i metacarpi e sono i principali responsabili dei movimenti di adduzione e abduzione delle dita. I pi`u rilevanti sono (Fig. 2.12): 1. Interossei dorsali: si inseriscono prossimalmente ai lati del metacarpo di ciascun dito e distalmente lateralmente alla base della prima falange di ciascun dito. Abducono le dita rispetto all’asse longitudinale del dito medio e partecipano alla flessione del- l’articolazione metacarpo-falangea e all’estensione delle articolazioni interfalangee prossimali e distali. 2. Interossei palmari: si inseriscono prossimalmente alla base dei metacarpi e dis- talmente lateralmente alla base della prima falange di ciascun dito. Adducono le dita rispetto all’asse longitudinale del dito medio partecipano alla flessione del- l’articolazione metacarpo-falangea e all’estensione delle articolazioni interfalangee prossimali e distali.
  • 13. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 21 Figura 2.12: I muscoli interossei della mano I lombricali sono quattro muscoli disposti nel palmo della mano che si inseriscono prossimalmente sui tendini del flessore profondo delle dita (FDP). Ciascun lombricale passa al lato radiale del dito corrispondente e di fronte all’articolazione metacarpo-falangea e si inserisce nel complesso estensore (insieme di fibre che raggruppa i vari tendini estensori in prossimit`a dei punti di inserzione) del dito corrispondente. La loro funzione cambia a seconda del grado di estensione e flessione del dito. Intervengono direttamente nella estensione delle articolazioni interfalangee distali e prossimali e potenziano le forze di flessione della articolazione metacarpo-falangea (Fig. 2.13). Figura 2.13: I muscoli lombricali della mano
  • 14. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 22 La forza generata dai muscoli viene trasmessa ai segmenti ossei della mano per mez- zo di strutture tendinee. I tendini scorrono parallelamente ai segmenti ossei e vengono mantenuti in posizione da guaine fibrose (Fig. 2.14). Figura 2.14: Il passaggio dei tendini e le capsule articolari Grazie ai tendini, le forze generate dai muscoli vengono convertite in coppie attorno alle articolazioni. Lo sbilancio fra la coppia esercitata dai muscoli agonisti e quella es- ercitata dai muscoli antagonisti genera la rotazione relativa attorno all’articolazione fra i segmenti articolari interessati . Il controllo del dito `e il risultato dell’azione di un insieme di muscoli che agiscono contemporaneamente sulla stessa articolazione. La ridondanza del sistema tendineo consente la contrazione agonista/antagonista e sinergica dei muscoli per sintonizzare in maniera ottimale la rigidit`a dei giunti articolari in relazione al compito da eseguire. 2.1.4 Le ampiezze di movimento della mano Ai fini della progettazione di una mano artificiale `e necessario conoscere le possibilit`a e le ampiezze di movimento della mano umana. Le articolazioni metacarpo-falangee sono in grado di flettersi fino a 90◦ per quanto riguarda l’indice e l’angolo massimo di flessione cresce via via passando dall’indice al
  • 15. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 23 mignolo. L’ampiezza di estensione attiva varia a seconda dei soggetti e oscilla dai 30◦ ai 40◦. Fra tutte le dita escluso il pollice, l’indice `e quello che possiede la pi`u ampia possibilit`a di movimento in abduzione e adduzione. In direzione radiale/ulnare le deviazioni angolari sono cos`ı distribuite: indice 13◦/42◦, medio 8◦/34◦, anulare 14◦/20◦, mignolo 19◦/33◦. Dalla combinazione fra i movimenti di abduzione e adduzione e quelli di flessione e estensione nasce il movimento di circonduzione. Lo spazio massimo di lavoro `e rappresen- tato da un cono avente il vertice in corrispondenza dell’articolazione metacarpo-falangea e con asse coincidente con la posizione naturale di equilibrio dell’articolazione stessa. Le articolazioni di tipo condiloideo possiedono prevalentemente 2 DoFs ma, grazie alla lassit`a dei legamenti, tollerano anche una moderata possibilit`a di rotazione passiva attorno all’asse longitudinale di circa 60◦. L’ampiezza di flessione nelle articolazioni interfalangee prossimali supera i 90◦. Cos`ı come per le metacarpo-falangee, questa ampiezza di flessione cresce dall’indice al mignolo fino a raggiungere i 135◦. L’ampiezza di flessione nelle articolazioni interfalangee distali `e intorno ai 70◦. Anche in questo caso tale ampiezza cresce dall’indice al mignolo fino a raggiungere i 90◦. Figura 2.15: Le ampiezze di movimento della mano L’ampiezza dell’estensione attiva delle articolazioni interfalangee prossimali `e pressoch`e nulla, in quelle distali `e molto debole e si aggira attorno ai 5◦. L’estensione passiva `e
  • 16. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 24 anch’essa nulla per l’interfalangea prossimale ma molto marcata per l’interfalangea distale (30◦)(Fig. 2.15). 2.1.5 Il pollice Il pollice della mano umana, con le sue elevate possibilit`a di opposizione, costituisce l’ele- mento di distinzione dagli altri esseri viventi; `e l’elemento indispensabile per la formazione della pinza pollici-digitale con le altre dita e collabora in maniera essenziale alla costi- tuzione della presa di forza con le altre dita. Senza il pollice la mano perde gran parte delle sue possibilit`a. Figura 2.16: La catena articolare del pollice Il pollice `e in grado di assolvere queste funzioni grazie alla sua particolare confor- mazione e posizione rispetto alle altre dita; pu`o infatti incontrare le altre dita isolatamente o globalmente nei movimenti di opposizione e pu`o allontanarsene nei movimenti di contro- opposizione per rilasciare la presa. Ci`o `e dovuto alla particolare organizzazione della sua catena osteo-articolare e ai sui muscoli motori.
  • 17. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 25 Il pollice `e costituito da due falangi ma il fatto pi`u importante `e che la sua catena ar- ticolare `e disposta pi`u prossimalmente rispetto alle altre dita per cui l’estremit`a della sua falange distale arriva alla met`a circa della prima falange dell’indice. In base al principio d’economia universale (principio D’Occam) secondo il quale tutte le funzioni sono assi- curate da un minimo di struttura e organizzazione, per una funzione ottimale del pollice cinque parti e quattro articolazioni sono necessarie e sufficienti, ci`o corrisponde a cinque DoFs necessari e sufficienti per realizzare l’opposizione. Tralasciando l’articolazione scafo-trapezoidea alla base del carpo che di fatto possiede un DoF trascurabile, le articolazioni del pollice si distinguono in (Fig. 2.16). 1. trapezo-metacarpica (TM) a 2 DoFs 2. metacarpo-falangea (MP) a 2 DoFs 3. interfalangea (IP) a 1 DoF Figura 2.17: La geometria dell’opposizione Geometricamente l’opposizione del pollice consiste nel far coincidere nello spazio due punti appartenenti l’uno al polpastrello del pollice e l’altro al polpastrello del dito oppo- nente e i piani tangenti alle superfici dei polpastrelli (ovvero far coincidere le normali ai piani tangenti alla superficie di contatto nel punto di contatto). Per far coincidere due punti nello spazio sono necessari 3 DoFs. Altri 2 DoFs sono necessari per far coincidere le normali ai piani tangenti e cio`e per far ruotare tali piani
  • 18. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 26 attorno a due assi ortogonali appartenenti ai piani stessi fino a raggiungere la coincidenza. In definitiva per ottenere l’opposizione sono necessari in totale 5 DoFs: 3 DoFs per far coincidere i punti di contatto e 2 DoFs per far coincidere i piani tangenti alle superfici dei polpastrelli (Fig. 2.17). Data la mobilit`a del pollice, non esiste una opposizione ma una gamma di oppo- sizioni che realizza una grande molteplicit`a di prese e azioni a seconda del numero di dita coinvolte e delle loro modalit`a di associazione. Tutte le possibilit`a di opposizione sono contenute all’interno di un settore conico dello spazio con il vertice all’altezza dell’artico- lazione trapezio-metacarpica detto cono di opposizione. La base di tale cono `e limitata dalla grande corsa e dalla piccola corsa (Fig. 2.18). Figura 2.18: L’ampiezza del movimento di opposizione Dal punto di vista meccanico l’opposizione del pollice `e un movimento complesso frutto della combinazione dei 5 DoFs della catena articolare del pollice. I movimenti fondamentali che vengono coinvolti sono (Fig. 2.19): 1. Anteposizione in proiezione: il pollice si porta in avanti rispetto al piano del palmo; tale movimento e prevalentemente dovuto all’articolazione trapezio-metacarpica e consta in un allontanamento del metacarpo del pollice dal metacarpo dell’indice (da alcuni autori inglesi viene chiamato anche abduzione del pollice). 2. Flessione: tutta la catena articolare del pollice si porta internamente al palmo (per
  • 19. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 27 questo viene detto anche movimento di abduzione); tutte le articolazioni del pollice vengono coinvolte. 3. Pronazione: l’ultima falange del pollice ruota passivamente attorno al proprio asse longitudinale garantendo la coincidenza delle normali ai piani tangenti nel punto di contatto; tale rotazione `e il risultato dell’attivit`a di tutta la catena articolare del pollice ed intervengono dunque tutte le articolazioni ma in particolare la trapezio- metacarpica che viene a comportarsi come un giunto cardanico. Una mano artificiale che implementi un giunto del genere alla base del pollice assolve perfettamente il suo ruolo e permette una opposizione naturale e antropomorfa Figura 2.19: I movimenti principali durante l’opposizione 2.2 Le modalit`a di prensione Data la sua mobilit`a e la sua complessa organizzazione anatomica e funzionale, la mano umana `e in grado di sviluppare un numero enorme di prese. Queste possono essere classificate in (Fig. 2.20): 1. Prese digitali: coinvolgono soltanto le dita e il pollice e a seconda del numero di dita
  • 20. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 28 coinvolte possono essere pi`u o meno precise (prese bi-digitali di precisione, prese pluridigitali pi`u stabili e solide). 2. Prese palmari: coinvolgono, oltre le dita, anche il palmo della mano e si distinguono in digito-palmari se il pollice non `e coinvolto e palmari piene se il pollice inter- viene in modo determinante nella presa. Le prime, non coinvolgendo il pollice sono poco stabili e vengono utilizzate per afferrare oggetti voluminosi ma pi`u il diametro dell’oggetto `e grande e pi`u la presa manca di fermezza. Le seconde invece sono es- tremamente stabili e costituiscono le cosiddette prese di forza adatte all’afferraggio di oggetti pesanti e voluminosi. 3. Prese centrate: coinvolgono tutte le dita e il palmo. L’oggetto di forma allungata `e tenuto stabilmente dalla presa palmare facendo intervenire il pollice e le ultime tre dita. L’indice assume un ruolo direttivo essenziale in quanto orienta l’oggetto. L’asse longitudinale dell’oggetto afferato viene a coincidere approssimativamente con l’asse dell’avambraccio e l’oggetto stesso diviene un prolungamento distale della mano. Figura 2.20: I principali tipi di prese
  • 21. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 29 2.3 Il sistema sensoriale La versatilit`a della mano umana deriva dalla sua struttura e dal suo sistema di attuazione, ma anche dall’integrazione di informazioni esterocettive e propriocettive. Le prime sono raccolte da recettori superficiali differenti posti sulla cute e specificano la distribuzione di pressioni di contatto, temperatura e forza; le seconde provengono da organi sensoriali posti nelle articolazioni, nei muscoli e nei tendini e sono relative a dati circa la posizione, la forza, il movimento che specificano la postura della mano. La fusione di queste due classi di informazione `e la cosiddetta percezione tattile che si verifica quando stimoli es- terni interagiscono con i recettori del nostro corpo. La sensibilit`a tattile, quale si intende comunemente, `e un fenomeno complesso che consiste essenzialmente nella segnalazione di un qualsiasi contatto della superficie della mano con un oggetto esterno da parte del sistema somato-sensoriale verso i centri nervosi superiori; questi ultimi integrano ed elab- orano il messaggio, inviando impulsi efferenti agli effettori cio`e ai muscoli interessati, con l’obiettivo di avere un movimento efficace e coordinato. La sensazione somatica ha inizio dai recettori della pelle e delle pareti corporee e continua in quelli situati nei muscoli, nei tendini, nei legamenti, nel tessuto connettivo delle articolazioni e negli organi interni. Poich gli stimoli possono essere meccanici, chimici o fisici, sono necessari numerosi e diversi tipi di recettori per individuarli. 2.3.1 Il tatto La pelle `e uno strato di un paio di millimetri che costituisce la frontiera fisica del corpo umano. `E un organo sensoriale attivo, allo stesso tempo altamente sensibile e estrema- mente resistente. La pelle liscia (priva di peli) ha circa 17.000 unit`a tattili composte di cinque grossi tipi di recettori (Fig. 2.21) : recettori liberi, corpuscoli di Meissner, dischi di Merkel, corpuscoli di Pacini e terminazioni di Ruffini. Dall’esterno verso l’interno `e possibile distinguere tre strati differenti per struttura e sensori: l’epidermide, il derma e il tessuto sottocutaneo (ipoderma). I diversi strati sono mostrati in Fig. 2.22. La parte pi`u esterna dell’epidermide `e lo strato corneo uno strato molto sottile dalle cui caratteristiche meccaniche dipende la distribuzione delle tensioni nelle zone sensibili
  • 22. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 30 Figura 2.21: I meccanorecettori della pelle umana Figura 2.22: Strati della pelle e recettori cutanei sottostanti. Una buona trasmissione dello stimolo tattile dipende dall’elasticit`a dello strato corneo; infatti, se sufficientemente elastico, esso segue con precisione i risalti dell’oggetto toccato e trasmette ai tessuti sottostanti uno stato di sforzo non viziato da rigidezze accessorie che possono essere considerate dei disturbi. Immediatamente sotto lo strato corneo c’`e un tessuto pi`u spesso e dalla forma pi`u irregolare, con delle estroflessioni coincidenti (ma con ampiezze maggiori) con i solchi delle impronte digitali (sulle dita) e con le irregolarit`a osservabili su qualsiasi pelle. Nelle valli tra le estroflessioni sono alloggiati dei sensori detti corpuscoli di Meissner raffigurati in Fig. 2.23 Questi costituiscono il 43% dei sensori tattili presenti nelle mani; sono di forma ovoidale, di piccole dimensioni (80x30 micron), e disposti con l’asse maggiore perpendicolare alla
  • 23. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 31 Figura 2.23: Corpuscoli di Meissner superficie cutanea. `E possibile immaginare un corpuscolo di Meissner come una colonna di circa una decina di cellule cuneiformi, la cui base allargata `e volta verso l’esterno. Fra le cellule decorre tortuosamente una fibra nervosa afferente. Caratteristica di questi recettori `e il condividere con altri analoghi l’innervamento; cio`e due o pi`u corpuscoli di Meissner convogliano le loro uscite in un solo nervo afferente. In tal modo non `e banale riconoscere da quale recettore parte lo stimolo nervoso. Questi sensori rilevano il contatto velocemente, non si saturano e sembrano avere grande importanza nel determinare il movimento sulla superficie cutanea. I corpuscoli di Meissner non reagiscono ad una pressione persistente ma solo a variazioni di pressione: quanto pi`u rapidamente varia la pressione, tanto pi`u `e intenso il segnale inviato alla fibra nervosa. Sulle creste delle estroflessioni si trovano altri sensori, molto pi`u piccoli dei precedenti: i dischi di Merkel visibili in Fig. 2.24. Figura 2.24: Dischi di Merkel Sono i pi`u semplici sensori di tatto localizzati nello strato basale dell’epidermide. Cos-
  • 24. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 32 tituiscono il 25% dei recettori tattili (sempre sulle dita) e giacciono nel piano parallelo alla superficie della pelle. Le dimensioni di questi sensori sono di un ordine di grandezza inferi- ore, circa 70.90 nanometri, e sono dedicati alla misurazione della pressione e al rilevamento delle vibrazioni. L’accoppiata di questi sensori costituisce un sistema di rilevazione capace di dare sui polpastrelli risoluzioni al di sotto del millimetro e sensibili a basse frequenze: 2- 64Hz. Man mano che si procede dai polpastrelli verso il palmo, la concentrazione di questi sensori si riduce ma resta in numero tale da consentire un sufficiente riconoscimento delle forme al solo contatto (cio`e a dire staticamente, senza movimento relativo fra l’oggetto e la pelle). Figura 2.25: Distribuzione dei recettori cutanei L’insieme dei sensori presenti nell’epidermide `e responsabile della nostra capacit`a di apprezzare la rugosit`a delle superfici. Subito sotto l’epidermide si trova lo strato detto derma. In questo spessore trovano collocazione svariate terminazioni nervose libere e i corpuscoli di Ruffini. I corpuscoli di Ruffini sono oggetti fusiformi, sono presenti anche nella pelle non glabra e non hanno una precisa localizzazione. Ammontano a circa il 19% del totale dei recettori sulle mani; sono recettori lenti e sensibili alla pressione ed alla direzione degli stimoli tangenziali. A questi sensori `e riconducibile, in collaborazione con le terminazioni libere, la rilevazione del calore. Le terminazioni libere funzionano da recettori di calore, sentono gli stimoli dolorosi e probabilmente coadiuvano i sensori principali: essi permeano praticamente tutto lo spessore del derma, sotto lo strato corneo con isole sensorie piccolissime: da 0.5 a 2.5 micron. Analogamente ai corpuscoli di Meissner le terminazioni libere sono disposte
  • 25. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 33 perpendicolarmente alla superficie cutanea. Figura 2.26: Le terminazioni libere Fra il derma ed l’ipoderma trovano posto i corpuscoli di Pacini. Sono oggetti di grosse dimensioni, da 1 a 4 mm in lunghezza e da 0.5 a 1 mm di diametro, disposti tendenzial- mente con l’asse maggiore orizzontale e incapsulati in una guaina di tessuto connettivo. Costituiscono solo il 13% dei recettori nella pelle delle mani; abbiamo circa 2000 di questi sensori in tutto il corpo e 1/3 `e nelle dita. I corpuscoli di Pacini, sebbene molto profondi, sono sensori veloci. Rilevano accelerazioni e vibrazioni nel campo delle alte frequenze (cir- ca 250Hz), sono responsabili della sensazione del tocco leggero e risultano inerti a pressioni stabili. In base alla velocit`a della risposta possiamo classificare i sensori descritti in: 1. Slowly Adapting (SA): Adattamento lento 2. Fast Adapting (FA) : Adattamento veloce 3. Very Fast Adapting (VFA) : Adattamento molto veloce Ognuna di queste classi pu`o essere distinta in tipo I e tipo II in accordo ai loro campi recettivi: piccoli con bordi netti per il tipo I, grandi con bordi vaghi per il tipo II. In Fig. 2.27 `e visibile il confronto tra distribuzione, campo recettivo e tipo di risposta a uno stimolo, per i differenti recettori visti. Occorre poi distinguere fra un rilevatore e un misuratore in riferimento ad un sensore tattile: un rilevatore `e un sensore che registra un evento quando questo supera una data soglia di sensibilit`a; un misuratore ne d`a una valutazione quantitativa confrontabile, non necessariamente in senso assoluto ma anche relativamente ad un altro stimolo. Le unit`a SA
  • 26. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 34 Figura 2.27: Confronto tra distribuzione, campo recettivo e tipo di risposta per differenti meccanorecettori sono semplici rilevatori; registrano cio`e l’occorrenza di una pressione e lo fanno desumen- dola dallo stato di tensione del tessuto circostante. Tali recettori, una volta sollecitati, tornano lentamente alla loro posizione di riposo con una curva di scarico indipendente dalla durata dello stimolo, inoltre non vanno in saturazione e quindi ne segnalano con precisione la durata. Gli SA di tipo I (SA-I) forniscono informazioni di velocit`a e movi- mento (ad esempio i dischi di Merkel) mentre gli SA-II sono adatti a registrare condizioni statiche (ad esempio i corpuscoli di Ruffini). Le unit`a FA rilevano il tocco e il movimento. Forniscono informazioni temporali sulla comparsa degli stimoli, soprattutto in movimento (manipolazione degli oggetti); sono diffusi anche nella pelle non glabra e nei polpastrelli. Esempio di FA-I sono i corpuscoli di Meissner . Le unit`a VFA sono anche designate con la sigla FA-II; appartengono a questa classe i corpuscoli di Pacini. Tali sensori si scaricano rapidamente per ogni applicazione dello stimolo, da qui la denominazione di adattamento veloce. Sono praticamente insensibili agli stati di defor- mazione statici e per queste caratteristiche sono adatti come sensori di accelerazione. 2.3.2 La propriocezione I propriocettori forniscono informazioni sull’orientamento del nostro arto rispetto al cor- po. Pi`u in generale la propriocezione `e la percezione del movimento del corpo e della sua posizione nello spazio. I propriocettori sono essenziali per definire i confini del corpo,
  • 27. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 35 esplorare gli oggetti e guidare i movimenti; essi generano il senso della posizione, il senso del movimento e il senso della forza. Il senso della posizione ci permette di conoscere la posizione della mano nell’ambiente circostante senza alcuna informazione visiva; il sen- so del movimento ci rende capaci di percepire la velocit`a di contrazione e di estensione dell’arto; il senso della forza indica la capacit`a di conoscere quanta forza stiamo eserci- tando per tirare, spingere o sollevare un oggetto. I recettori dei giunti rilevano posizione, velocit`a e accelerazione che intervengono durante il movimento e interessano le capsule dei giunti. Questo `e possibile in quanto ogni volta che un giunto si muove, le capsule del giunto sono sia compresse che allungate. Fisiologicamente la variazione della frequenza dell’impulso fornisce la velocit`a angolare mentre una variazione dell’ampiezza fornisce la posizione del giunto. I propriocettori meccano-sensitivi sono divisi in recettori tendinei, cui appartengono gli organi tendinei del Golgi, e recettori muscolari, di cui fanno parte i fusi neuromuscolari. I corpi di Golgi sono localizzati a livello della giunzione delle fibre muscolari con quelle tendinee, connessi in serie con gli elementi contrattili. Valutano la forza generata da un muscolo, misurando la tensione del suo tendine. Agiscono come mec- canismo di difesa nel caso di contrazione violenta di un muscolo che potrebbe provocare il distacco del tendine dalla sua inserzione o la lacerazione del muscolo stesso. Infatti essendo sensibili allo stiramento del tendine dovuto alla contrazione muscolare possono provocare l’inibizione del motoneurone corrispondente causando la decontrazione del muscolo. I fusi neuromuscolari misurano la lunghezza e l’entit`a dell’allungamento dei muscoli e servono per regolare la velocit`a e lo stato di contrazione del muscolo, sia quando il muscolo `e stimolato passivamente, sia quando `e stimolato attivamente, in condizioni naturali. Sono entit`a fusiformi lunghe circa un centimetro, poste in parallelo in mezzo alle fibre muscolari. I segnali afferenti provenienti dal fuso neuromuscolare ascendono ai centri motori supe- riori dove queste informazioni sono utilizzate per la programmazione e il controllo della prestazione motoria. Si accenna brevemente ad altri due tipi di recettori: i nocicettori e i termocettori. I termocettori permettono di acquisire informazioni sulle propriet`a termiche dell’oggetto preso. I nocicettori sono terminazioni nervose libere, ramificate che segnalano un dan- no ai tessuti in atto o imminente. Si identificano in 3 categorie: nocicettori meccanici, (rispondono ad intense pressioni, soprattutto se provocate da oggetti appuntiti), termici
  • 28. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 36 (segnalano caldo rovente e freddo estremo) e polimodali. Figura 2.28: Organi del Golgi e fusi neuromuscolari 2.4 Alcune considerazioni sulle forze di presa Ai fini della progettazione biomeccatronica di una mano artificiale la specifica principale da tenere in considerazione `e la forza di presa. Tale specifica condiziona infatti in modo determinante la scelta degli attuatori, della trasmissione meccanica e il dimensionamento dei sensori e caratterizza le prestazioni e la funzionalit`a del dispositivo. La mano umana `e in grado di sviluppare forze di presa assai variabili da pochi Newton (prese di precisione e manipolazione) a qualche centinaio di Newton (prese di forza) a seconda del compito da realizzare e della forma, peso e volume dell’oggetto afferrato. Come valori di riferimento si possono prendere i seguenti: 1. Presa laterale massima: 103N ± 21N 2. Presa palmare massima: 96N ± 24N 3. Presa utilizzata nei compiti usuali di afferraggio: max 20N 4. Presa utilizzata nei compiti usuali di manipolazione: max 8N
  • 29. CAPITOLO 2. LA MANO UMANA 37 Si osserva che la mano umana pu`o sviluppare forze di presa notevoli ma la forza normal- mente erogata nello svolgimento di compiti quotidiani non supera i 20N. Le caratteristiche principali della mano umana sono riassunte nella Fig. 2.29 (Albrecht Drer (1471/1528), Studie zuden Hnden eines Apostels) . Figura 2.29: Specifiche della mano umana