1. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Dott.ssa Antonella Caria
Un approccio neuroscientifico
cognitivo verso i disturbi di
apprendimento.
2. 7 settembre 2010 Antonella Caria
CLASSIFICAZIONE
DISTURBI DI APPRENDIMENTO
aspecifici (Difficoltà di
apprendimento)
Secondari a:
- Ritardo Mentale
- Funzionamento cognitivo in area
limite
- Disturbi neurologici (ad es. epilessia,
paralisi cerebrali infantili)
- Deficit sensoriali, uditivi o visivi
- Disturbi emotivi (depressione, ansia,
ecc.)
- Ridotte opportunità educative
(svantaggio socio-culturale, assenze
scolastiche molto frequenti, inadeguata
qualità dell’insegnamento scolastico,
ecc.)
Specifici (DSA)
Primari, cioè non riconducibili ad
altri condizioni clinicamente
rilevanti
I principali includono:
- Dislessia
- Disturbo della comprensione
del testo
- Disgrafia
- Disortografia
- Disturbo di produzione del testo
scritto
- Discalculia
- Disturbo del problem solving
matematico
3. 7 settembre 2010 Antonella Caria
DIFFICOLTA’ DI APPRENDIMENTO
• Le difficoltà scolastiche sono in genere abbastanza “pervasive”,
ma la loro gravità può essere estremamente variabile in relazione al
fattore o ai fattori sottostanti (ad es. in caso di Ritardo Mentale le
difficoltà sono tipicamente molto più marcate rispetto ai casi sottesi
da fattori di natura emotivo-motivazionale)
•Solitamente sono meno compromesse le competenze di tipo
“strumentale” (ossia i meccanismi di transcodifica e le procedure) e
maggiormente coinvolte le abilità di ordine più elevato (processi
inferenziali, capacità di pianificazione, processi di autoregolazione)
coinvolte negli apprendimenti più complessi (comprensione e
produzione del testo, problem-solving)
4. 7 settembre 2010 Antonella Caria
In caso di RM solitamente il livello degli apprendimenti scolastici
è coerente a quello prevedibile sulla base QI. Un bambino con QI
di 50, verosimilmente, raggiungerà livelli di apprendimento
comparabili a quelli di un bambino che ha la metà della sua età;
se ad esempio egli ha 12 anni, dovrebbe conseguire risultati
all’incirca comparabili a quelli di un bambino di 1° elementare.
Esiti variabili, tuttavia, in funzione della quantità e della qualità
degli sforzi educativi e della particolare eziologia del RM
In caso di episodi depressivi, accanto a manifestazioni quali
tristezza e facilità al pianto, contrazione degli interessi e della vita
sociale, è frequente un calo del rendimento scolastico. Si osserva
un calo di “iniziativa cognitiva”: i depressi hanno difficoltà ad
impegnarsi in una strategia nuova, mentre appaiono ancora in
grado di continuare ad utilizzare in modo efficace le vecchie
strategie. E’ presente, inoltre, un difetto nei processi di
monitoraggio; hanno ridotte capacità di ricavare indicazioni dai
feed-back, pur non essendo presenti problemi di memoria.
5. 7 settembre 2010 Antonella Caria
INTERVENTO NEI CASI DI DIFFICOLTA’ DI APPRENDIEMNTO
L’intervento nei casi di difficoltà di apprendimento è estremamente diversificato
in funzione del fattore o dei fattori sottostanti.
In caso di RM, ad es., la segnalazione e la certificazione ai sensi della Legge
104/92 conducono alla redazione del Profilo dinamico funzionale (PDF) e del
Piano Educativo Individualizzato (PEI), quindi, all’assegnazione dell’insegnante
di sostegno ed, eventualmente, di altri operatori forniti dalle Aziende socio-
sanitarie
Nel contesto scolastico, insegnamento di abilità di lettura, scrittura e calcolo
funzionali all’adattamento (riconoscimento e scrittura di parole critiche, uso del
denaro, ecc.) e interventi volti a favorire l’autonomia personale e sociale
In ambito riabilitativo, potenziamento delle capacità cognitive per es. attraverso
interventi ad approccio metacognitivo
In situazioni di svantaggio socio-culturale, possono essere svolte attività
scolastiche integrative di recupero delle difficoltà di apprendimento ad opera di
operatori psicopedagocici
Nei casi sottesi da problematiche di natura emotiva, il recupero delle difficoltà
scolastiche sarà in stretta relazione con l’esito dell’intervento sulle problematiche
emotive
6. 7 settembre 2010 Antonella Caria
DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO
(DSA)
( “Disturbi di apprendimento” secondo il DSM IV; “Disturbi specifici delle abilità
scolastiche” secondo l’ICD-10; “Disturbi evolutivi specifici di apprendimento”
secondo la Consensus Conference italiana, Gennaio 2007).
7. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Diagnosticati quando un soggetto, in test che valutano le
abilità di lettura, scrittura e calcolo, ottiene punteggi
inferiori di almeno 2 ds ai risultati medi in base all’età,
all’istruzione e al livello di intelligenza.
Tali disturbi devono interferire in modo significativo con i
risultati scolastici o con le attività della vita quotidiana che
richiedono capacità di lettura, scrittura o calcolo.
Diagnosi effettuabile solo se al soggetto sono state fornite
adeguate opportunità scolastiche e culturali, se il suo QI
risulta nella media e se non presenta deficit sensoriali che
possano da soli spiegare i problemi di apprendimento.
8. 7 settembre 2010 Antonella Caria
I disturbi di apprendimento
Insieme delle manifestazioni di
sintomi e di patologie che determinano
un blocco o un rallentamento più o meno
importante delle capacità
neuropsicologiche e scolastiche.
9. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Difficoltà nelle:
*capacità di astrazione,
*rappresentazioni mentali spazio-temporali,
*logica linguistica e matematica,
*rappresentazioni delle immagini mentali,
*costruzione di una adeguata mappa
semantica (vocabolario)
*recupero delle informazioni,
*creazione di strategie di apprendimento.
10. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Anche se le difficoltà di apprendimento scolastico
riguardano il 10-20% della popolazione in età
scolare, la prevalenza dei DSA viene posta dalla
maggioranza degli autori tra il 2 ed il 5%.
In Italia, la prevalenza valutata intorno al 2,5-
3,5% da Stella e 5-10% da Tressoldi.
11. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Manifestazioni e disturbi associati:
demoralizzazione, scarsa autostima e deficit nelle
capacità sociali. La % di bambini o adolescenti con
DA che abbandonano la scuola è stimata intorno al
40%.
Il 10-25% dei soggetti con disturbo della condotta,
disturbo oppositivo/provocatorio, disturbo da
deficit di attenzione/iperattività, disturbo
depressivo maggiore, o disturbo distimico, sono
affetti da DA.
12. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Alta incidenza del disturbo di sviluppo della
coordinazione.
I ritardi di sviluppo del linguaggio possono
insorgere in associazione con i DA,
specialmente con quello della lettura (2 -10%)
13. 7 settembre 2010 Antonella Caria
EPIDEMIOLOGIA DEI DSA
- Prevalenza complessiva dei DSA attorno al 4-5 % tra la 3°classe della
primaria e la 3° classe della scuola secondaria di primo grado
- Più frequenti nei maschi (con un rapporto maschi: femmine di circa 3:1)
Scarsi gli studi che hanno indagato la prevalenza dei DSA tra gli alunni delle
scuole secondarie di secondo grado.
Una delle pochissime eccezioni nel nostro paese lo studio di Roberto, Pianta e Stella del 2005,
condotto sull’intera popolazione di studenti frequentanti la classe 1° negli istituti superiori della
città di Pesaro. Questo studio ha mostrato:
una prevalenza di difficoltà di lettura decifrativa, in media, abbastanza
elevata tra gli studenti della 1° classe di scuola secondaria di 1° grado (6,5 %
dei soggetti; 1 su 20 circa)
una prevalenza di difficoltà della comprensione del testo, tra questi
studenti, in media, ancora più elevata (25,1 % dei soggetti; 1 su 4 circa)
una distribuzione del rischio di disturbi della lettura tra questi studenti
non omogenea tra i differenti tipi di istituti scolastici
14. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Prevalenza del rischio per i disturbi specifici di lettura
nelle differenti tipologie di istituti
I disturbi di lettura si concentrano in misura maggiore
negli istituti di tipo professionale (dove il rischio di
dislessia riguarda circa 1 soggetto su 10 e quello di
disturbo della comprensione più di 1 soggetto su 3),
mentre hanno la prevalenza minore nei licei. La
probabilità di questi disturbi è intermedia negli istituti
tecnici.
La presenza di difficoltà di lettura sembra in grado di
influenzare in maniera significativa la scelta del tipo di
indirizzo scolastico e, conseguentemente, il tipo di sbocco
professionale
15. 7 settembre 2010 Antonella Caria
EZIOLOGIA DEI DSA
- I DSA sono disturbi di natura neuro-biologica; essi sono sottesi
dall’ anomalo funzionamento di alcuni circuiti cerebrali
deputati all’espletamento di aspetti specifici dell’attività
cognitiva (ad es., l’elaborazione dei suoni del linguaggio o di certi
attributi delle informazioni visive nel caso della dislessia)
- I DSA hanno una forte componente genetica, come suggerito ad
esempio dall’elevato grado di familiarità di questi disturbi
- I DSA NON sono determinati da problematiche di natura
emotiva e/o relazionale; tali problematiche sono piuttosto frequenti
nei DSA, ma esse rappresentano una conseguenza e non la causa
dei DSA
16. 7 settembre 2010 Antonella Caria
PROGNOSI del disturbo psico – sociale
Nel tempo difficoltà di lettura grave e adattamento
psico-sociale ottimo; viceversa migliora l’efficienza
nella lettura, ma originano rilevanti difficoltà di
adattamento.
Evoluzione influenzata da: gravità del DSA,
tempestività e adeguatezza degli interventi, livello
cognitivo e metacognitivo, ampiezza delle
compromissioni neuropsicologiche, associazione di
difficoltà nelle tre aree (lettura, scrittura, calcolo),
presenza di comorbilità psichiatrica e tipo di
compliance ambientale.
17. 7 settembre 2010 Antonella Caria
• Rientrano in questa problematica:
• Dislessia
• Discalculia
• Disgrafia
• Disortografia
• Deficit di comprensione del testo
• Disprassia
• Goffaggine e maldestrezza motoria (fine e globale)
18. 7 settembre 2010 Antonella Caria
• Sfumata disfunzione neurologica indiretta che non
permette lo sviluppo pieno del modulo lettura, con
diverse possibili cause sottostanti che possono
dipendere da forme di iposviluppo dei sistemi
attentivi spaziali dedicati, dalle risorse applicate del
processore centrale e dai processi linguistici o
visuopercettivi di base. I possibili deficit
determinano difficoltà di natura ed entità variabile.
• Disturbo di automatizzazione delle procedure di
transcodifica dei segni scritti in corrispondenti
fonologici.
La dislessia
19. 7 settembre 2010 Antonella Caria
“letege pueste qoce rige e droferete buel
o ce
aqituanlente drovano i ragazi qisl
esici nl
lerege “
Due possibili comportamenti:
- leggere molto lentamente cercando di “scovare” il
significato corretto;
- leggere molto rapidamente commettendo molti errori.
In entrambe le situazioni lo sforzo per la decodifica del
testo non permette, o quantomeno limita, la
comprensione.
20. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Errori tipici: difficoltà nella
trasposizione spaziale di lettere o di
sillabe, inversione speculare di
determinate lettere (ad es. “b” per “d”;
“p” per “q”, ecc), confusione di lettere
simili (m-n), omissione di lettere o
sillabe, ecc.
21. 7 settembre 2010 Antonella Caria
• Diagnosticata solo se al soggetto sono
state fornite adeguate opportunità
scolastiche e culturali, se il suo QI
risulta nella media e se non presenta
deficit sensoriali che possano da soli
spiegare i problemi di lettura.
22. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Il bambino dislessico italiano nei primi anni di
scolarizzazione, superate le prime difficoltà di
acquisizione del codice alfabetico e di sviluppo
della consapevolezza fonemica, tende a
privilegiare l’utilizzo di strategie di lettura che
implicano l’analisi di ogni singolo grafema, la
sua conversione in suono e infine la ricostruzione
della struttura fonologica della parola.
La dislessia evolutiva (DE)
23. 7 settembre 2010 Antonella Caria
ORIGINE DEI DSA
Sono da considerarsi Disturbi di natura
neurobiologica, cioè costituiscono una
caratteristica individuale del soggetto e, in quanto
tale, non lo abbandoneranno mai.
Nel caso specifico della DE si sa che non è una
malattia, ma una disfunzione del “Sistema
Nervoso Centrale” (o almeno di alcune sue aree).
24. 7 settembre 2010 Antonella Caria
DIAGNOSI IN ITALIA
È stato dimostrato (Stella, Biancardi, 1996), che i
bambini diagnosticati come dislessici in base alla
loro lentezza nella lettura necessitano di maggior
tempo per il recupero riabilitativo rispetto a
coloro che risultano dislessici in base al numero
di errori commessi.
Esiste quindi una differenza nel grado di
disabilità in base al tipo di indicatori diagnostici
utilizzati: gli errori o i tempi di lettura.
25. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Diagnosi in Italia
• Risultati ricerca Stella e Cerruti Biondino (2002)
• “Anche nei bambini italiani il fattore importante
nello sviluppo delle capacità di lettura sembra
essere la velocità, mentre l’accuratezza non
risulta essere un difetto persistente e
significativo”.
26. 7 settembre 2010 Antonella Caria
•in 2ª elementare la lentezza nella lettura e
l’inaccuratezza della decodifica possono
esprimere un ritardo e non sono ancora possibili
previsioni attendibili;
•in 3ª elementare la velocità di lettura permette di
prevedere con un’attendibilità del 90%;
•in 3ª elementare, si può stabilire il grado di
severità della dislessia evolutiva.
27. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Riflessione per Insegnanti e Clinici
Per la diagnosi dei disturbi di lettura
Verifica dei tempi
Per convenzione si considera patologico :
lieve oltre le 2 ds;
moderato vicino e oltre le 3;
grave: vicino e oltre le 4.
28. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Numerodi
casi
Valore
medio
- 2 - 1 + 2
Area di
diagnosi della
dislessia
+ 10
Velocità di lettura
(Sillabe per unità di tempo)
Deviazione
standard
Numerodi
casi
Valore
medio
- 2 - 1 + 2
Area di
diagnosi della
dislessia
+ 10
Numero di errori
Deviazione
standard
29. 7 settembre 2010 Antonella Caria
EVOLUZIONE DEL DISTURBO
SPECIFICO DI LETTURA
• La velocità di lettura, di norma, cresce costantemente
ogni anno di 0,5 sill/sec; in terza media i ragazzi
raggiungono una velocità di oltre 5 sill/sec., considerata
vicina a quella dell’adulto.
• Senza opportuna e costante stimolazione, i soggetti con
difficoltà possono guadagnare 0,29 sillabe al secondo
l’anno, mentre i normolettori ne guadagnano 0,5 (Stella,
Faggella, Tressoldi, 2001).
30. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Classe brano parole Non parole
2° El M. 2.1
Ds. .56
M 1.69
Ds. .62
M 1.19
Ds. .37
3° El M 3
Ds. .76
M 2.18
Ds. .65
M 1.38
Ds. .36
4° El M 3.35
Ds. .67
M 2.62
Ds. .67
M 1.59
Ds. .39
5° El M 3.8
Ds. .97
M 3.1
Ds. .84
M 1.93
Ds. .58
I Med M 4.2
Ds.1.06
M 3.94
Ds.1.01
M 2.29
Ds. .65
II Med M 4.92
Ds.1.12
M 4.44
Ds. .88
M 2.6
Ds. .65
III Med M 5.32
Ds. .71
M 4.65
Ds. .81
M 2.64
Ds. .5
31. 7 settembre 2010 Antonella Caria
CAUSE SOTTOSTANTI
Almeno due sono i principali punti che
emergono quando si parla di cause
sottostanti:
• A) Non vi è un dislessico uguale ad un altro
• B) I soggetti dislessici manifestano anche a
livello osservativo evidenti “debolezze
attentive”.
32. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Per comprendere la lettura dobbiamo considerare
l’architettura funzionale di tale processo.
MATTINA PROLEGOMENI
Due modi di leggere, uno velocemente con
l’accesso immediato al significato, l’altro
affrontando le parole sconosciute convertendo lo
scritto in suono MODELLO A DUE VIE
(Marshall e Newcombe, 1973)
33. 7 settembre 2010 Antonella Caria
VIA LESSICALE (1): la parola viene visualizzata
e riconosciuta e se nota le viene attribuito un
significato. Successivamente alle lettere o alle
parole vengono associati i suoni corrispondenti e
letta ad alta voce.
VIA GRAFO-FONOLOGICA (2): la parola (es
non-parola) che viene visualizzata e non viene
riconosciuta dal lessico visivo di input passa in
questa via dove viene trasformata gradualmente in
suono e letta ad alta voce
Il processo di conversione grafema/fonema sembra il sottosistema implicato nelle
difficoltà di lettura in evolutiva.
34. 7 settembre 2010
Esempio di architettura funzionale della lettura
Parola scritta: ANTICO
Analisi visiva: identificazione dei segni alfabetici
(forma complessiva e singole lettere) della parola
Sistema di conversione
grafema/fonema lettere/suono:
MLT associativa ove sono
immagazzinate le associazioni tra
codici fonologici (suoni) e la loro
rappresentazione grafica
Lessico visivo di input: dizionario
della forma visiva della parola
Sistema semantico: MLT
ove sono immagazzinati i
significati delle parole
Lessico fonologico di
output: dizionario dei
suoni delle parole in
uscita
Buffer fonemico: per la fusione delle
sillabe senza l’elaborazione interna
Sistema articolatorio
1 2
Parola letta: ANTICO
( Morton e Patterson, 1980)
35. 7 settembre 2010 Antonella Caria
IL MODELLO DI LETTURA A DUE VIE
Coltheart (1987)
VIA LESSICALE VIA FONOLOGICA/SUBLESSICALE
Converte le singole unità grafiche
in fonemi attraverso un processo
di fusione, si ha la presentazione
fonologica della parola
Ci consente di leggere le parole
nuove o quelle inventate (non-
parole).
Accesso al lessico ortografico, alla
rappresentazione in forma scritta
della parola: permette una lettura
più rapida.
Consente di leggere solo le parole
conosciute ed è rinforzata
dall’esercizio.
Il normolettore utilizza entrambe le vie, il dislessico presenta difficoltà nell’utilizzo
della via lessicale anche se, molto spesso, entrambe le vie risultano deficitarie.
36. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Solo il completo consolidamento della via grafo-
fonologica può favorire il passaggio alla via
lessicale che implica una lettura rapida con il
riconoscimento di parole note. Successivamente
si arriverà alla comprensione della parola che
permetterà la comprensione del testo.
37. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Fasi di acquisizione della lettura: U. Frith (1985)
Fase logografica: il bambino vede e pronuncia il logo
aiutandosi con i caratteri grafici e con gli indizi del
marchio
Fase alfabetica: il bambino scopre il suono delle lettere
e tenta la trasduzione da grafema a fonema.
Non è più un logo ma emerge la corrispondenza lettera
suono (capacità di sintesi e di segmentazione fonetica).
Da questa fase la scrittura interagisce con la lettura
contribuendo allo sviluppo delle diverse fasi.
Fase ortografica: emergono le regole e le eccezioni da
ricordare.
Fase lessicale: il bambino legge la parola intera.
38. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Lingua italiana: lingua trasparente per cui il primo passo è assegnare
un suono a un segno grafico minimo, per poi arrivare a riconoscere
l’intera parola.
Lo sviluppo della lettura inizia dalla fase fonologica per arrivare alla
fase lessicale
Prima fase: occorrono prerequisiti quali risorse attentive sufficiente
(M associativa per ricordare suono), sviluppo dell’attenzione spaziale
(per focalizzare l’attenzione su sillabe, lettere, parole orientando i
movimenti oculari), sviluppo della MDL (utile per tenere l’info sulle
lettere o parole in attesa dei processi di codifica e di associazione),
sviluppo delle abilità di visuo-percezione e linguistiche (riconoscere e
manipolare le rappresentazioni fonologiche e le unità sonore).
Seconda fase: è ormai consolidato il primo processo e gestita la
focalizzazione dell’attenzione visiva sul materiale scritto in modo
sempre più fluido e flessibile, per cui procederà per sub-unità lessicali
sempre più ampie. Movimenti oculari adeguati allo stile di lettura.
39. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Terza fase: MLT per riconoscere la forma delle parole.
Nella lettura lessicale è ormai automatizzata la conversione
grafema fonema, via più efficiente e veloce. Tuttavia l’abilità
trasduzione scritto/suono sarà comunque necessaria
ogniqualvolta si dovranno leggere parole nuove (non
appartenenti al lessico visivo di input o alla lingua del lettore).
Tutte le fasi contengono diversi sottoprocessi attentivi, mnestici,
visivi e linguistici in interazione tra loro. Solo se si acquisirà la
padronanza dei livelli inferiori si potranno sviluppare le diverse
fasi del processo di lettura.
40. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Il problema dell’etichetta diagnostica
• Principio esplicativo, tautologico, fuorviante.
• Formazione di stereotipi che falsano l’immagine dell’individuo.
• Occorre una visione neuropsicologica funzionale che si addentri
nelle cause sottostanti (memorie, diversi tipi di attenzione, aspetti
visuo-percettivi e linguistici ).
• Il quadro neuropsicologico è fondamentale per impostare
trattamenti efficaci e adeguati che permettano di tenere in
considerazione i punti di forza e di debolezza.
• Insieme alla velocità di lettura, le debolezze attentive, mnestiche,
linguistiche e visuo-percettive sono dati fondamentali per
valutare qualitativamente (quali processi) e quantitativamente
(livello di compromissione) il reale disagio del bambino.
41. 7 settembre 2010 Antonella Caria
DISLESSIA
E MODELLI TEORICI DI RIFERIMENTO
LINGUAGGIO può essere associata alla consapevolezza
fonologica (Bradley e Bryant, 1983)
PERCEZIONE VISIVA a deficit visuopercettivi che
coinvolgono il sistema visivo magnocellulare o transiente
(Best e Demb, 1999; Facoetti e Molteni, 2001), alla latenza
nella persistenza visibile (Coltheart, 1980) e nella transizione
dalla memoria iconica alla memoria a breve termine (Stanley,
1975), alla processazione a breve termine dei segnali visivi
(Di Lollo et al., 1983), alla conversione grafema-fonema
(Golden e Zenhausern, 1983), al crowding asimmetrico(Geiger
e Lettvin, 1987)
ATTENZIONE a deficit attenzionale (Stein and Walsh, 1997;
Steinman et al., 1998), a deficit di attenzione spaziale (Facoetti
e Molteni, 2001; Facoetti e Turatto, 2000; Facoetti, Paganoni,
Lo Russo, 2000), o oculomotorio a deficit degli spostamenti
oculari (Biscaldi et al., 1994; Biscaldi et al., 2000).
42. 7 settembre 2010 Antonella Caria
• Oggi non c’è una teoria che attribuisce a una
causa unica il DSA, ma tendenza a isolare una
causa principale.
• Non dislessia come unità singola, ma “dislessie”,
indicando con questo termine i diversi sottotipi
del disturbo” (Benso, Stella, Zanzurino e Chiorri,
2005)
• Per gli autori i modelli e le cause della dislessia
sembrerebbero tante e variegate, ma è possibile
ridurre il tutto a tre grandi categorie: deficit a
livello di linguaggio, percezione e attenzione.
43. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Modello di Moscovitch Umiltà (1990) rivisto da Benso (2004)
• PERCEZIONE
VISIVA
• PERCEZIONE
UDITIVA
• RICONOSCIMENTO
DEI SIMBOLI
• RICONOSCIMENTO
DEL LINGUAGGIO
LETTURA
ATTENZIONE
44. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Il modello della lettura è multicomponenziale:
linguaggio e percezione visiva (attenzione
spaziale) assemblati dalle risorse del
processore centrale.
45. 7 settembre 2010 Antonella Caria
• Alcune ricerche spostano l’attenzione
sull’aspetto visuo percettivo attentivo.
46. 7 settembre 2010 Antonella Caria
MOVIMENTI OCULARI DI UN NORMOLETTORE
MOVIMENTI OCULARI DI UN DISLESSICO
48. 7 settembre 2010 Antonella Caria
BENSO, STELLA E ZANZURINO
1 a sinistra
2 al centro
3 a destra1 2 3
POSIZIONE IN CUI PUÒ APPARIRE LO STIMOLO
49. Antonella Caria7 settembre 2010
RTs Sinistra Centro Destra
CONTROLLO 423 369 426
DISLESSICI 472 420 428
tempi di reazione
gruppo di controllo e dislessici
300
350
400
450
500
sinistra centro destra
CONTROLLO
DISLESSICI
50. 7 settembre 2010 Antonella Caria
RISULTATIRISULTATI
Difficoltà a focalizzare l’attenzione
87,5% dei dislessici
37,8% dei normolettori
P<0,00183
51. 7 settembre 2010 Antonella Caria
• Per capire di più dobbiamo valutare cosa è e
come funziona un modulo (sistema specifico)
e come intervengono i sistemi centrali sul
modulo stesso
52. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Per le neuroscienze, l’attuale decennio può
essere considerato il decennio dei lobi
frontali. Dal punto di vista anatomico, le
funzioni esecutive sono dislocate nei lobi
frontali, ma non esiste una perfetta
sovrapposizione fra funzioni esecutive e
funzioni frontali.
53. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Il controllo esecutivo agisce solo in certe
situazioni o nel corso di parte dell’esecuzione
dei compiti. Esso è necessario quando le
funzioni routinarie sono insufficienti per il
compito in corso o quando un sottosistema
deve essere ignorato a seguito di cambiamenti
ambientali o negli obiettivi (Posner e
DiGirolamo, 1998).
54. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Per Norman Shallice (1988) la selezione delle
operazioni abituali sarebbe decentralizzata,
mentre la selezione delle operazioni non
abituali sarebbe qualitativamente differente e
coinvolgerebbe un Sistema Supervisore
aspecifico, che modulerebbe, piuttosto che
comandare il funzionamento del resto del
sistema.
55. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Processore
Centrale
Processore
Centrale
MODULI
LETTURA LINGUAGGIOSCRITTURA
Lobo
Frontale
56. 7 settembre 2010 Antonella Caria
PROCESSORE CENTRALE DEPUTATO A:
* fornire risorse attentive che sono a capacità
limitata e a sostenere l’attenzione (abilità nei doppi
compiti; lo shift interviene ogni qual volta
dobbiamo riconfigurare lo svolgimento di un certo
compito);
* alle funzioni di controllo del pensiero e
dell’azione (controllo delle emozioni);
* ad inibire i distrattori (focalizzare l’attenzione
sulle informazioni rilevanti e processarle e inibire
quelle irrilevanti; abilità nella comprensione del
testo);
57. 7 settembre 2010 Antonella Caria
* all’organizzazione, alla pianificazione (pianificare
sequenze di sottocompiti per il raggiungimento di un
obiettivo; problem solving);
* a mantenere la concentrazione sullo scopo
(aggiornamento e controllo dei contenuti della WM
per determinare gli step nei compiti sequenziali);
* alla modularizzazione delle funzioni specifiche
(automatizzare apprendimenti complessi, es.
apprendimento motorio);
* a fornire le risorse attentive ai processi di
memorizzazione in genere (problem solving).
58. 7 settembre 2010 Antonella Caria
LA TEORIA MODULARE DI
MOSCOVITCH E UMILTÀ (1990)
• Mette in discussione attraverso evidenze di
tipo neuropsicologico la teoria ”forte”
fodoriana (Fodor, 1983) e introduce una
gerarchia tra moduli che vengono distinti
fondamentalmente in tre tipi.
59. 7 settembre 2010 Antonella Caria
I moduli del primo tipo sono quelli alla
“Fodor”, non assemblati con una loro
specificità funzionale (ad es. movimenti
motori meno complessi, identificazione
delle configurazioni semplici);
60. 7 settembre 2010 Antonella Caria
quelli di secondo tipo sarebbero moduli
assemblati su base innata con l’input
integrato da un elaboratore centrale (es.
abilità linguistiche e riconoscimento degli
oggetti).
In patologia troviamo le agnosie e le afasie.
61. 7 settembre 2010 Antonella Caria
I moduli di terzo tipo sono assemblati
su base esperienziale (es. lettura e
capacità motorie); in questo caso il
processore è fortemente implicato
attraverso un atto consapevole,
cosciente e volitivo.
In patologia troviamo le aprassie e le
dislessie.
62. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Camminare e parlare: moduli di secondo tipo
Sciare e leggere: moduli di terzo tipo.
L’attività motoria complessa utile per aumentare le
risorse del processore centrale, comunque va
stimolato anche in modo specifico il modulo che
non funziona.
Lo sviluppo delle risorse attentive e la
stimolazione mirata del modulo sono due
interventi ASSOLUTAMENTE NECESSARI in
un protocollo preventivo, rieducativo, riabilitativo.
63. 7 settembre 2010 Antonella Caria
MODELLO multicomponenziale
Percezione di configurazioni
Semplici.
MODULO I tipo
Percezione di suoni
elementari
MODULO I tipo
Coordinamento delle unità
percepite
MODULO I tipo
MODULO I tipo
Coordinamento fonatorio
MODULO I tipo
Risorse attentive implicite
PROCESSORE DEDICATO
Risorse attentive implicite
PROCESSORE DEDICATO
Risorse attentive esplicite
PROCESSORE CENTRALE
Mod. II tipo PERCEZIONE VISIVA Mod. II tipo LINGUAGGIO
LETTURA LETTURA
Mod. III tipo
Moscovitch e Umiltà, 1990
64. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Un disturbo di lettura può quindi dipendere:
- dagli output degradati dei due sotto
moduli;
- dal processore dedicato o
dallo stesso sistema esecutivo debole di per
sé verso la specifica funzione;
o indebolito nel tempo dal feedback
degradato del modulo che stimola poco il
sistema centrale.
65. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Un modulo di terzo tipo come quello della
lettura fonde l’aspetto linguistico fonologico a
quello percettivo.
Importanza preventiva :
della fonologia, dei ritmi, delle rime;
dell’educazione all’immagine;
dell’esplorazione visiva;
della stimolazione attentiva;
del processore centrale.
66. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Dalla teoria modulare di Moscovich e Umiltà
origina il modello del continuum implicito
(Benso, 2007). Tale modello teorizza un
collegamento inconsapevole e sempre attivo
(continuativo nel tempo) tra modulo e sistemi
centrali (linee tratteggiate).
67. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Continuum
esecutivo modulo
e viceversa
Processore centrale
T1T2
SISTEMI CENTRALI
Modulo
Processore Dedicato
U2
Sistemi di
uscita
(Benso, 2007)MODELLO DEL “CONTINUUM”
68. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Altre componenti moltiplicano le
possibilità in quanto influiscono molto sul
processore centrale e quindi sui moduli di
terzo tipo…
MOTIVAZIONE ED EMOZIONI
(Damasio, 1994)
69. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Pertanto bisogna:
* favorire una stimolazione preventiva sia del
modulo che dell’esecutivo (sempre);
* poter assemblare una testistica appropriata;
* costruire protocolli di riabilitazione coerenti
e mirati sui veri problemi.
70. 7 settembre 2010 Antonella Caria
La discalculia
Difficoltà nei compiti di calcolo aritmetico, sia
mentale che scritto.
Si riferisce genericamente non a tutta la
matematica, ma solo ad alcune abilità di base:
processamento numerico (leggere e scrivere
numeri, identificarne la grandezza, …)
conoscenza degli algoritmi di base del calcolo,
come saper eseguire addizioni, sottrazioni,
moltiplicazioni a mente e per scritto
71. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Per le abilità relative al processamento numerico,
indagare le abilità di transcodifica numerica, ossia la
capacità di leggere e scrivere i numeri.
Per le abilità di codifica semantica, indagare la
capacità di riconoscere l’ordine di grandezza del
numero elaborato, in rapporto agli altri numeri
utilizzati.
Per le abilità relative al sistema del calcolo
indagare le abilità nei fatti aritmetici, attraverso le
tabelline e i calcoli a mente entro la decina.
72. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Frequenti errori, lunghe pause ed
esitazioni nell’esecuzione dei fatti aritmetici
si riverberano a cascata anche nel calcolo
scritto, che è costituito da una successione
ordinata di calcoli elementari o di fatti
aritmetici.
73. 7 settembre 2010 Antonella Caria
La discalculia (4)
La transcodifica prima abilità da insegnare :
rinforzare la capacità di scrivere e leggere i
numeri, di identificare la loro collocazione
sulla linea dei numeri, a identificare la
ricorsività che presentano. Contare in avanti
in indietro per uno o per unità maggiori, ad es,
è un buon metodo per rappresentare ed
automatizzare la linea dei numeri.
74. 7 settembre 2010 Antonella Caria
La discalculia (5)
Ripetere numeri semplici e complessi
aiuta ad allenare le abilità di
riconoscimento e di mappatura
sintattica dei numeri; per la codifica
semantica identificare per via orale il
numero più grande tra due.
75. 7 settembre 2010 Antonella Caria
La discalculia (6)
Per via orale o appoggiandosi a
materiale prodotto per iscritto, allenare
a identificare gli elementi costitutivi dei
numeri, ad es i miscellanei, e a
riconoscere la funzione moltiplicativa
che essi hanno all’interno della struttura
del pensiero.
76. 7 settembre 2010 Antonella Caria
La disortografia
Difficoltà dell’acquisizione delle
regole fonologiche fondamentali e
delle irregolarità ortografiche
(omissione di fonemi, problemi di doppie,
produzione di parole omofone, omofone non
omografe,…)
77. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Determinata da diversi problemi,
quali: la trasformazione delle
conoscenze fonologiche in quelle
grafemiche, l’utilizzo corretto delle
regole ortografiche, la composizione di
testi scritti.
78. 7 settembre 2010 Antonella Caria
La disortografia (3)
Possono esserci difficoltà nella
coordinazione oculo-motoria, visuo-
spaziale e nella velocità della
riproduzione dei grafemi, talvolta
una forma di scrittura allografica
(caratteri diversi all’interno della
parola).
79. 7 settembre 2010 Antonella Caria
La disgrafia
Disturbo della scrittura nella
riproduzione dei segni alfabetici e
numerici con tracciato incerto,
irregolare. La difficoltà investe la
scrittura ma non il contenuto.
80. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Possono esserci difficoltà nella
coordinazione oculo-motoria, visuo-
spaziale e nella velocità della
riproduzione dei grafemi, talvolta
una forma di scrittura allografica.
81. 7 settembre 2010 Antonella Caria
• Difficoltà di comprensione: difficoltà
riconducibile a fattori non specifici quali il
contesto familiare, il livello socioculturale,
l’istruzione. Questi fattori riguardano il
bambino e il suo contesto e sono
temporanei e reversibili.
• Disturbo di comprensione: difficoltà a
comprendere adeguatamente il significato
del testo. Tale difficoltà non si manifesta
come conseguenza di situazioni
svantaggianti.
82. 7 settembre 2010 Antonella Caria
Deficit di comprensione del testo (cattivo lettore):
• QI nella norma
• Velocità/ correttezza di lettura nella norma
• Prestazioni inferiori alla norma in test standardizzati di
comprensione
Cause del disturbo specifico di comprensione
• Scarsa consapevolezza metacognitiva
• Scarsa capacità nel trarre vantaggio dai suggerimenti
grammaticali e contestuali del testo
• Scarsa sensibilità nell’individuare parti importanti del testo
• Lessico povero
• MBT limitata
83. 7 settembre 2010 Antonella Caria
• Resta comunque un unico punto
fermo, ed è che per qualsiasi disturbo
di apprendimento vi è sempre e
comunque un disturbo attentivo.
84. 7 settembre 2010 Antonella Caria
I disturbi di apprendimento
comportano spesso difficoltà di
tipo emotivo e sono associati ad
altri disturbi specifici di sviluppo o
a turbe della condotta
85. 7 settembre 2010 Antonella Caria
• Disturbi della condotta;
• Calo d’autostima;
• Ritiro; fuga;
• Disturbo da deficit di attenzione con
iperattività;
• Disturbi da tic;
• Disturbi d'ansia; depressione;
• Disagio affettivo-relazionale-familiare.
86. 7 settembre 2010 Antonella Caria
BIBLIOGRAFIA
Benso F. (2010). Sistema Attentivo-esecutivo e lettura.
Edizioni Il leone Verde, Torino.
Benso F. (2004). Neuropsicologia dell'attenzione. Teoria e
trattamenti nei disturbi di apprendimento. Edizioni Del Cerro,
Pisa.
Vicari S. e Caselli M.C. (2002). I disturbi dello sviluppo. Il
Mulino, Bologna
Articoli su Dislessia:
•Benso F., Stella G., Zanzurino G. e Chiorri C. (2005). Il
fuoco attentivo e la dislessia evolutiva. Dislessia n.2, 171-178
•Benso F., Stella G., Zanzurino G. e Chiorri C. (2005). Il fuoco
attentivo e la dislessia evolutiva. Dislessia n.2, 171-178
•Benso F., Usai M. C., Alcetti A. e Berriolo S. (2005). Il
Sistema attentivo Supervisore e il suo intervento nei disturbi
di apprendimento. Dislessia