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Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali



                                                   Obiettivo del corso




     Analisi dei problemi
     strategici ed operativi
     della gestione delle
     imprese culturali.




                                                                       1




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                                                  Contenuti del corso

     ►    le specificità del settore culturale

     ►    internet e Web 2.0

     ►    aspetti di gestione delle imprese culturali:
              - gestione direzionale
              - scelte di marketing
              - scelte economiche e finanziarie




                                                                       2




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                                  Modalità di svolgimento del corso



     ►    Lezioni frontali

     ►    Seminari e testimonianze

     ►    Esercitazioni e casi di studio




                                                                       3




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                                                  Materiale didattico


     ►     Libro di testo: L. Solima, L’impresa culturale, Carocci
           Editore, Roma, 2004, capp. 1-4-5-6.

     ►    Articoli e/o saggi.

     ►    Copia delle slide utilizzate all’interno del corso.




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                                        L’evoluzione della disciplina




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                                             Il concetto di “gestione”


           Il concetto di gestione, se riferito al settore dei beni culturali,
           denota ancora oggi una varietà di interpretazioni, legate alle
           prospettive di osservazione dei differenti attori del sistema,
           ciascuno dei quali risulta spesso portatore di un proprio modo
           di interpretare il significato da attribuire a tale termine.


           I principali attori del sistema – gli operatori del settore, da
           una parte; gli studiosi, dall’altra – parlano ancora lingue
           diverse.




                                                                       6




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                                             I nuovi ambiti di studio

             Il settore dei beni culturali in Italia ha vissuto, nel corso degli
             ultimi dieci anni, un significativo fervore intellettuale, che
             ha dato luogo alla progressiva crescita di interesse che le
             dinamiche di tale settore hanno incontrato all’interno del
             dibattito teorico nazionale.

             Gli anni ’90 ed i primi anni del nuovo secolo si sono andati
             caratterizzando per la diffusione di studi ed analisi sul settore
             culturale che hanno trovato il loro baricentro in
             problematiche strategiche, organizzative, di marketing, di
             finanza, etc., in temi cioè propri del dominio conoscitivo
             dell’economia d’impresa.


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                      Due tendenze di fondo degli studi sul settore


             Una visione “macro”: interessata ad approfondire i temi del
             funzionamento generale del mercato ed i connessi problemi
             in termini di allocazione delle risorse.


             Un approccio “micro”: individua come unità di analisi il
             singolo istituto, restituendo visibilità – e dignità teorica – alle
             scelte compiute, all’interno di ciascuna organizzazione
             culturale, dai soggetti deputati ad amministrare in maniera
             efficiente ed efficace il complesso di risorse (storiche,
             artistiche, umane, tecniche e finanziarie) a loro disposizione.


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                                            La fase delle “resistenze”

           Non sono mancati i casi in cui è stata registrata una strenua
           opposizione, da parte degli operatori del settore più
           direttamente coinvolti in tale sommovimento, a qualsiasi
           forma di “intromissione” esterna.
           In tali circostanze è dunque prevalso un atteggiamento di
           diffidenza, che in non pochi casi si è tradotto in pervicaci
           comportamenti di chiusura, apparsi del tutto anacronistici.
           Negare consapevolmente la valenza di un approccio multi-
           disciplinare allo studio ed alla comprensione di un problema
           è tuttavia una logica che, in un contesto come quello attuale,
           non trova più alcun diritto di cittadinanza.

                                                                       9




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                                                     Lo stadio attuale
             Il trascorrere del tempo ha progressivamente stemperato tali
             attriti: l’avvio di una relazione è inevitabilmente un processo
             graduale, fatto di piccoli passi e di un avvicinamento
             progressivo, che si realizza se entrambe le “controparti”
             dimostrano la loro disponibilità ad accettare compromessi
             rispetto alla propria visione del mondo.

             Il settore culturale non è stato immune da questa regola, con il
             risultato che, oggi, i due mondi hanno non solo iniziato a
             porre concretamente le basi per la messa a punto di un
             linguaggio condiviso, ma hanno anche progressivamente
             interiorizzato la consapevolezza della valenza sinergica di un
             rapporto di collaborazione.

                                                                       10




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                                             La gestione manageriale
      Qualsiasi istituzione culturale presenta un problema di gestione,
      nel senso che è necessario assumere quotidianamente una pluralità
      di atti di disposizione in relazione alle risorse di cui si dispone,
      siano esse riconducibili alla sua dotazione culturale (opere,
      reperti, spartiti, libri, etc.), umana (il personale), tecnica (impianti
      generici e specifici) e finanziaria.

      L’attività di gestione può avvalersi, anche nel settore culturale, di
      larga parte di quelle metodologie e tecniche che sono state
      sviluppate dall’analisi teorica aziendale, a livello nazionale ed
      internazionale.
      Questa traslazione non può – e non deve – essere realizzata in
      maniera automatica.

                                                                       11




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                                  Le specificità del settore culturale




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                             La prospettiva interpretativa adottata

     ►  Principi e strumenti di gestione sembrano aver conquistato,
     all’interno della più recente letteratura sviluppata a livello
     nazionale sui diversi comparti del settore culturale (teatri,
     musei, biblioteche, festival, etc.), un vero e proprio “diritto di
     cittadinanza”, aprendo nuove prospettive di ricerca e nuovi
     spazi alla riflessione scientifica.
     ► Nel corso delle lezioni si limiterà l’ambito interpretativo,
     focalizzando l’analisi solo su alcune tipologie di
     organizzazioni, e precisamente: i musei e le aree
     archeologiche, i teatri di produzione e le fondazioni liriche, gli
     archivi e le biblioteche, i festival a prevalente contenuto
     culturale (di teatro, danza, lirica, letteratura, etc.).
                                                                       13




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                       Gli elementi comuni delle imprese culturali

     ► Preminente finalità culturale che caratterizza queste
     organizzazioni;
     ► Assenza dello scopo di lucro, tipica dei soggetti pubblici e
     delle organizzazioni non profit;
     ► Presenza di un complesso strutturato e permanente di risorse
     (umane, tecniche e finanziarie) da amministrare, messe a
     servizio del raggiungimento degli obiettivi primari di gestione;
     ► Escludibilità, nel senso che l’accesso ai servizi erogati
     (ovvero, la loro fruizione) non è libero, ma è disciplinato da
     forme di accesso controllato.


                                                                       14




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                                               Le imprese selezionate

     ► Sono così stati selezionati quegli operatori, attivi nella
     conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e della
     creazione artistica, che erogano con continuità i loro servizi in
     forma gratuita ovvero ad un prezzo che si colloca molto al di
     sotto dei relativi costi di produzione.

     ►  Tali soggetti non si pongono, quale obiettivo prioritario, il
     conseguimento di una remunerazione congrua rispetto allo
     sforzo profuso ed al rischio sostenuto, come avviene nelle
     imprese private, ma considerano il profitto un fattore
     strumentale per il raggiungimento dei propri obiettivi
     istituzionali.
                                                                       15




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                                                Le imprese “escluse”

     ► Quelle che trovano nella logica del profitto l’elemento
     centrale del proprio processo decisionale (società editoriali;
     cinematografiche; radiofoniche; televisive; discografiche;
     organizzatori di mostre, rappresentazioni, concerti; gallerie e
     case d’asta).
     ► Quelle che si caratterizzano per la presenza di una diversa
     funzione primaria, di tipo scientifico (parchi zoologici,
     giardini botanici, etc.) ovvero di natura liturgica (chiese,
     santuari, luoghi di culto in genere).
     ► Quelle che sono liberamente accessibili, come accade per il
     patrimonio ambientale e paesaggistico.
                                                                       16




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                                                Il termine “gestione”

     ►  Con il termine “gestione” si farà riferimento all’insieme di
     principi e tecniche a cui è possibile ricorrere per assumere, in
     maniera corretta, le decisioni relative all’utilizzo delle risorse
     di cui l’organizzazione culturale dispone. Tali scelte possono
     essere analizzate distinguendo diversi livelli di ragionamento:
     l’ambito strategico, la sfera direzionale ed il contesto
     operativo.

     ►  Anche un archivio o un teatro sono realtà organizzate, nelle
     quali sono presenti risorse di varia natura – umane, tecniche,
     finanziarie – il cui utilizzo presuppone un’attenta e
     consapevole attività di amministrazione.

                                                                       17




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                                 La “logica” delle imprese culturali


     ►  La logica del profitto non rappresenta il loro fine, ma lo
     strumento per realizzare le loro attività istituzionali.

     ►  Esse devono comunque rispettare il principio della
     razionalità economica, cioè massimizzare i risultati conseguiti
     a parità di impegno profuso ovvero minimizzare lo sforzo
     sostenuto a parità di risultato complessivo. Rispetto ad
     un’impresa for profit, in altri termini, non cambia il
     ragionamento di fondo quanto – evidentemente – il risultato
     ricercato.


                                                                       18




                                                                                                 9
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                                  Beni culturali vs. performing arts


     ► La messa in scena di una rappresentazione teatrale, così
     come l’organizzazione di un festival, presentano infatti delle
     problematiche specifiche, che solo in maniera occasionale
     possono riguardare un archivio o un museo.

     ►  Tanto un museo, quanto un teatro risultano accomunati dalla
     tipologia di offerta che essi propongono, che si risolve nella
     messa a disposizione dell’acquirente di un insieme di servizi di
     base (cioè riconducibili all’attività caratterizzante posta in
     essere dalla struttura) a cui si aggiungono altre tipologie di
     servizi, complementari ed accessori (servizio complesso).

                                                                       19




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     Le imprese culturali come aziende di servizi: gli elementi di base

     ►  Intangibilità, cioè il contenuto immateriale della prestazione;
     tale attributo, per un verso, rende difficile una precisa
     percezione delle caratteristiche qualitative del servizio offerto
     e, quindi, un suo corretto apprezzamento; per altro verso, non
     consente, se non con evidenti margini di approssimazione, una
     comparazione preventiva delle alternative di consumo.
     ► Inseparabilità, nel senso che è necessario che si realizzi la
     contestualità tra il momento dell’erogazione e quello della
     fruizione; tale aspetto, oltre ad impedire la valutazione ex-ante
     del servizio, determina la circostanza che i servizi stessi non
     possono essere disgiunti dai soggetti che li erogano.


                                                                       20




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     Le imprese culturali come aziende di servizi: gli elementi di base



     ►  Deperibilità, che inibisce la possibilità di stoccaggio
     dell’offerta, con un’evidente maggiore difficoltà nel far fronte
     alle variazioni della domanda.

     ►  Eterogeneità della prestazione, che rende complessa
     l’implementazione di procedure atte a standardizzare le
     modalità di erogazione.




                                                                       21




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                   Le differenze con le imprese produttrici di beni

     ►  La presenza di tali specificità rende la gestione dei servizi
     generalmente più complessa rispetto a quanto accade per chi
     realizza e vende prodotti, la cui fisicità rende possibile
     strutturare il rapporto con il potenziale acquirente in maniera
     spesso più agevole.

     ►  Mentre per un prodotto, prima di procedere al suo acquisto,
     è comunque possibile formulare una pluralità di valutazioni in
     ordine alle sue caratteristiche (la forma, il colore, la
     consistenza, etc.), risulta invece molto meno agevole
     apprezzare preventivamente la qualità di una rappresentazione
     teatrale.

                                                                       22




                                                                                                 11
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                                                        Alcuni esempi

     ►  Ad esempio, di uno spettacolo teatrale possono essere valutati, in
     via anticipata, il prezzo e le modalità di distribuzione (luogo, giorno
     ed orario della rappresentazione) ma solo in maniera approssimativa
     la sua qualità (come avviene, ad esempio, nel caso in cui il regista o
     gli attori siano noti al soggetto che svolge tale valutazione).

     ►   Inoltre, la visita di un’area archeologica o l’accesso ad un
     archivio presuppone la contestualità della fruizione, cioè il recarsi
     presso una struttura adibita a tale scopo; il che si traduce nella
     necessità di sviluppare un’adeguata capacità di attrazione nei
     confronti della domanda potenziale, la quale deve essere indotta a
     spostarsi per poter fruire del servizio ricercato, con evidenti aggravi
     in termini di costo e di tempo impiegato.

                                                                       23




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           L’assenza dello scopo di lucro: le caratteristiche delle ONP


     ►  Le Onp, infatti, si connotano per lo svolgimento di attività
     ispirate da intenti mutualistici o solidaristici, indirizzate verso
     nuclei più o meno definiti di individui.

     ►  Le principali caratteristiche delle Onp sono essenzialmente
     riconducibili a tre:
      - lo svolgimento di un’attività di tipo economico;
      - l’adozione del principio della razionalità economica;
      - il vincolo del rispetto, nel lungo termine, del requisito
     dell’economicità della gestione.


                                                                       24




                                                                                                 12
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                   Il problema della scarsità di risorse finanziarie
     ► La scarsità di risorse finanziarie che, per definizione,
     accomuna le imprese culturali, è riconducibile essenzialmente
     alla circostanza che tutte le organizzazioni del settore, per
     erogare il servizio offerto, assorbono più risorse di quante ne
     generino le loro attività istituzionali. Ciò si traduce nella
     presenza di un fabbisogno costante, che acuisce non solo la
     dipendenza dai trasferimenti pubblici ma anche l’impatto che
     una contrazione degli stessi genera sulle attività aziendali.

     ► Diventa allora ancor più necessario fare ricorso a quei
     processi e strumenti di gestione idonei ad assicurare l’uso
     ottimale delle risorse disponibili, verificando al contempo la
     possibilità di attrarne di nuove.
                                                                       25




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                                  L’evoluzione del settore culturale

     ►  I consumi culturali stanno vivendo una fase di profonda
     trasformazione. Durante gli ultimi decenni, la domanda di beni
     e servizi legati all’arte e alla cultura, così come è avvenuto
     anche nei confronti di altri settori di attività, ha subito delle
     profonde modificazioni, sia sotto il profilo quantitativo che
     sotto quello qualitativo.
     ► In generale, si riscontra una tendenza di fondo, che
     caratterizza la società contemporanea: gli stili di vita delle
     persone evolvono costantemente, determinando un incremento
     diffuso della tensione competitiva che produce effetti
     significativi – anche per le imprese culturali, sia sotto il profilo
     strategico che sotto quello competitivo.
                                                                       26




                                                                                                 13
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                                  L’evoluzione del settore culturale

     ►  Ai cambiamenti registrati tanto dal lato della domanda che
     da quello dell’offerta può essere associato un comune
     denominatore: la dinamica del progresso scientifico e
     tecnologico, che si muove in maniera pervasiva ed
     incrementale. Pervasiva, considerando la multidirezionalità
     delle sue traiettorie di propagazione, che scavalcando i
     tradizionali confini settoriali, ha generato fenomeni di
     sovrapposizione competitiva anche tra operatori legati ad
     attività considerate un tempo molto lontane tra loro.
     Incrementale, in quanto l’intervallo temporale intercorrente
     nella transizione tra innovazione ed applicazione innovativa si
     è fortemente ridotto.
                                                                       27




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                               Il concetto di “filiera di produzione”

     ► Il concetto di filiera, applicato ad un settore industriale,
     considera lo svolgimento del processo produttivo a partire
     dalle materie prime utilizzate – che rappresentano l’input del
     processo produttivo – fino ad arrivare al prodotto finito
     (output) ed alla sua collocazione sul mercato di sbocco.

     ►  Le materie prime vengono sottoposte ad un processo di
     trasformazione, più o meno articolato, attraverso il quale si
     interviene su alcune loro caratteristiche (la struttura, la forma,
     il volume, etc.) per ottenere un “semi-lavorato”, dal quale,
     attraverso ulteriori fasi di lavorazione, si perviene al prodotto
     finito.

                                                                       28




                                                                                                 14
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                                               Esempio di “filiera di produzione”

                                                         ALLUMINA
           materia prima
                                                     (ossido di alluminio)
                                                                                                      semi-lavorati

                                                         FUSIONE                                  lingotti di alluminio


                                                   PRIMA LAMINAZIONE                                    laminati
                         fasi di lavorazione




                                                  SECONDA LAMINAZIONE                            nastri (dischi/pastiglie)

                                                       IMBUTITURA                                        scatole


                                                       LITOGRAFIA




           prodotto finito                        SCATOLE LITOGRAFATE




                                                                             29




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        La filiera nel settore culturale: un concerto di musica classica

     ►  Si rende necessario utilizzare una certa quantità di risorse
     (umane, tecniche, etc.), che partecipano, con apporti
     differenziati, alla realizzazione del prodotto finito: non vanno
     considerati, infatti, solo i musicisti e gli strumenti, in quanto è
     altrettanto essenziale il contributo del personale di sala, degli
     addetti alla biglietteria, degli impianti di illuminazione, etc.

     ►  Occorre poi identificare la materia prima che dà origine a
     tutto il processo che, nel caso specifico, è costituita dagli
     spartiti messi a punto dall’autore dei brani che vengono
     proposti. In mancanza di un atto creativo originale, infatti, non
     potrebbe prodursi la manifestazione artistica.

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        La filiera nel settore culturale: l’apporto della tecnologia

     ► La tecnologia interviene non solo nella fase di produzione
     del servizio – perché possa essere esposta una fotografia,
     occorre una macchina fotografica, un apparato di stampa, etc.
     – ma anche nella fase di distribuzione dello stesso.
     ►  Se è vero che la frequentazione di un teatro presuppone la
     fruizione diretta, è anche vero però che questa è solo una delle
     modalità attraverso cui una rappresentazione può essere messa
     a disposizione di un pubblico. Se, infatti, la stessa viene
     registrata con apparati audio-visivi, sarà possibile veicolarne i
     contenuti attraverso un cd-audio, un cd-rom o un dvd,
     mediante una trasmissione radiofonica o televisiva, ricorrendo
     ad internet.
                                                                       31




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               La distribuzione di un’attività artistica o culturale

     ►  Fruizione diretta, qualora si consideri un concerto,
     un’esposizione, una rappresentazione teatrale, uno spettacolo
     di danza, etc.

     ► Riproduzione, nel caso in cui risulta possibile fare ricorso a
     supporti cartacei (quotidiani, periodici), magnetici
     (audio/videocassette, mini-disk, memory-stick), ed ottici (cd,
     cd-rom, dvd).

     ►  Trasmissione, che può avvenire via etere, via cavo o via
     satellite (attraverso la radio, la televisione, un pc collegato ad
     internet, un telefonino di nuova generazione).

                                                                       32




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    Fase di produzione e distribuzione nella filiera artistico-culturale

                                produzione                                                        distribuzione

                                manoscritto

                                   spartito                                                FRUIZIONE DIRETTA


                                  negativo

                                   filmato                                                       RIPRODUZIONE


                                   reperto

                                opera d'arte                                                     TRASMISSIONE


                                     …...




                                                                       33




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           Tecnologie e prodotti/servizi nella filiera artistico-culturale
     ►  Un servizio si trasforma quindi – grazie all’utilizzo di varie
     tecnologie – in un prodotto, suscettibile di modalità differenziate di
     collocamento sul mercato.
                                                                  tecnologie                             prodotti/servizi

                                                                    attori                               rappresentazione

                                                                corpo di ballo                               spettacolo
            FRUIZIONE DIRETTA
                                                                  orchestra                                  concerto

                                                                 opera d'arte                               esposizione

                                                              supporti cartacei                         quotidiani, periodici

               RIPRODUZIONE                                  supporti magnetici                       audio/videocassette, ...

                                                                supporti ottici                           cd, cd-rom, dvd


                                                                etere/satellite                         radio, TV, cellulare
                TRASMISSIONE
                                                                cavo/satellite                        TV-on demand, internet

                                                                       34




                                                                                                                                 17
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                                    Tecnologie e vantaggi economici

     ► Grazie alla tecnologia diventa possibile sfruttare, in termini
     sempre più ampi, le economie di replicazione, con importanti
     effetti sui costi (che diminuiscono) e sui ricavi (che
     aumentano) connessi allo svolgimento delle attività di
     gestione.
     ► A questi vantaggi si aggiungono anche quelli originati dalla
     possibilità di derivare, dalla medesima creazione artistica, una
     pluralità di prodotti diversi, anche se tra loro collegati. Si
     pensi, ad esempio, al caso di un romanzo, che diventa la base
     per una rappresentazione teatrale o per un film,
     successivamente trasferita in dvd, la cui colonna sonora viene
     poi veicolata grazie ad un cd o trasmessa attraverso internet.
                                                                       35




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                      Il fenomeno della “convergenza” tecnologica

     ►  L’utilizzo dei diversi media di comunicazione è destinato a
     convergere, modificando le funzioni d’uso primarie attribuite a
     ciascuno di essi all’atto della loro nascita. Basti pensare alla
     circostanza che la differenza tra un computer, un telefono ed
     una televisione già ora appare sempre più sfumata, in quanto
     ciascuno di questi supporti sta progressivamente incorporando
     funzionalità specifiche degli altri.

     ►  Non meno rilevanti sono gli effetti che tali innovazioni
     stanno producendo sui comportamenti sociali e, quindi, sulle
     modalità di interazione tra i diversi individui e sui rispettivi
     processi di consumo.

                                                                       36




                                                                                                 18
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                           Una riflessione generale sulla tecnologia

     ►  La società di cui ognuno fa parte, che è poi la destinataria
     finale delle attività svolte dagli operatori del settore culturale,
     si modifica costantemente, a ritmi che attualmente si
     presentano molto più intensi che in passato.

     ► Di questa evoluzione è dunque necessario tener conto nel
     definire le modalità attraverso cui ciascun soggetto – un
     museo, un archivio, un teatro, un parco archeologico, una
     biblioteca – stabilisce e sviluppa le proprie relazioni con il
     pubblico di riferimento.



                                                                       37




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           Il problema del finanziamento pubblico al settore culturale



     ►  Uno dei principali contributi, cui tradizionalmente ci si
     riferisce, è quello di Baumol e Bowen (1956) che, malgrado
     sia incentrato più specificamente sulle arti rappresentative, per
     primo analizza a fondo la problematica dell’intervento
     pubblico nel settore culturale, formulando la cosiddetta “legge
     della crescita sbilanciata”, anche nota come “morbo dei costi”.




                                                                       38




                                                                                                 19
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                                                    Il morbo dei costi

     ► Il settore culturale è caratterizzato da una funzione di
     produzione a coefficienti fissi poiché il rapporto tra i fattori di
     produzione è costante, essendo – quanto meno in linea di
     principio – stabilito dall’autore dell’opera.

     ►  Ad esempio, ciò vuol dire che la durata dell’esecuzione di
     una sinfonia di Beethoven è più o meno sempre la stessa e, se
     si vuole mantenere un elevato livello qualitativo del servizio
     offerto, il numero degli orchestrali, nel tempo, non può che
     rimanere il medesimo. Ne deriva che, nel settore culturale, la
     produttività è fissa.


                                                                       39




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                                              Un settore “stagnante”

     ► Questo accade in ragione della maggiore difficoltà che,
     secondo i due autori, denota il settore artistico – definito,
     pertanto, “stagnante” – rispetto alla possibilità di beneficiare
     dei miglioramenti intervenuti sul fronte scientifico e
     tecnologico, idonei a far conseguire quegli aumenti di
     produttività che si verificano invece all’interno del settore
     denominato, per converso, “progressivo”.




                                                                       40




                                                                                                 20
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                                                 Produttività e salari

     ►  I due autori sottolineano, inoltre, che – indipendentemente
     dalla variazione della produttività – la remunerazione degli
     artisti cresce invece in dipendenza con l’andamento dei salari
     degli altri settori dell’economia, nei quali l’aumento della
     produttività consente di distribuire un reddito superiore.

     ► L’andamento incrementale della remunerazione del fattore
     lavoro, unito alla stabilità della produttività ed ai conseguenti
     costi unitari di produzione crescenti, genera nel settore
     stagnante un deficit permanente tra costi e ricavi, che tende
     peraltro – nel tempo – ad aumentare.

                                                                       41




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                                    Un esempio alla Scala di Milano

     ►  Secondo l’analisi formulata alcuni anni or sono da due
     studiosi italiani (Brosio, Santagata, 1992), in assenza di
     intervento pubblico, i biglietti di ingresso della Scala di
     Milano dovrebbero costare poco meno di 250 euro, in quanto
     l’incremento (calcolato a prezzi costanti) dei costi di
     produzione è stato, nell’ultimo secolo, pari a circa dodici volte
     i costi originari. È appena il caso di osservare che, a questi
     prezzi, la domanda verrebbe ovviamente ad azzerarsi del tutto.




                                                                       42




                                                                                                 21
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                                  Le soluzioni al morbo dei costi (1)

     ► Posto, dunque, che la produzione artistica e culturale genera
     un fabbisogno costante di risorse, occorre riflettere su come
     agire per contenere questo deficit, la cui dimensione potrebbe
     essere ridotta agendo alternativamente sui costi, sui ricavi
     ovvero su entrambi.

     ► La possibilità di contenimento dei costi nel settore culturale,
     appare solo marginalmente percorribile, stante la verosimile
     diminuzione – cui si è in precedenza accennato – delle
     prestazioni qualitative del servizio offerto.



                                                                       43




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                                  Le soluzioni al morbo dei costi (2)

     ►  L’azione sui ricavi, per contro, presuppone un aumento della
     domanda ovvero – a parità di domanda – un incremento del
     margine unitario di guadagno (e quindi dei prezzi, qualora si
     sia in presenza di servizi offerti al pubblico a pagamento).

     ► Considerata la difficoltà a stimolare, quanto meno nel breve
     periodo, lo sviluppo del consumo di beni culturali, resterebbe
     da considerare come unica soluzione percorribile la manovra
     dei prezzi. Il ricorso alla leva del prezzo è, almeno sotto il
     profilo teorico, concretamente utilizzabile, in quanto i beni (e
     le attività) culturali presentano delle differenze rispetto alla più
     generale tipologia di appartenenza, i beni pubblici.
                                                                       44




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                                                        I “beni ibridi”

     ►  Rispetto ai beni pubblici, alcuni beni culturali si connotano
     per la non rivalità al consumo, per cui la fruizione individuale
     non risente, in linea di principio, del numero di soggetti che
     traggono soddisfazione dal godimento del medesimo bene.
     Essi, inoltre, si caratterizzano per il fatto di essere escludibili,
     in quanto possono essere resi non accessibili liberamente al
     pubblico.

     ►  Per questo motivo tali beni culturali rappresenterebbero una
     tipologia di beni ibrida, non riconducibile completamente né
     alla categoria dei beni pubblici né a quella dei beni privati.


                                                                       45




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                                                    La leva del prezzo

     ►  Entro certi limiti e con riferimento a specifici contesti di
     produzione culturale, è pertanto possibile ricorrere ad una
     discriminazione sui prezzi, che può essere praticata in tutti i casi in
     cui esistano acquirenti potenziali disposti a sostenere un costo
     maggiore, pur di beneficiare di un maggior livello di servizio: in un
     teatro, ad esempio, la poltrona viene generalmente venduta ad una
     tariffa superiore rispetto al loggione.

     ► Il ricorso alla leva del prezzo entra però in contrasto con quella
     che è stata definita la natura “meritoria” dei beni culturali, cioè la
     necessità che per beni ritenuti collettivamente utili venga comunque
     garantita la loro fruizione, indipendentemente dalla presenza di una
     domanda congrua esercitata dal mercato.

                                                                       46




                                                                                                 23
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                                                     La “meritorietà”

     ► La natura meritoria dei beni culturali determina, pertanto,
     l’esigenza di rispettare comportamenti ispirati all’equità, e quindi la
     necessità di diffonderne la fruizione a tutte le fasce di reddito della
     società.
     ► In presenza unicamente di meccanismi di mercato, potrebbe
     determinarsi una fruizione differenziata e discriminante a favore
     delle classi sociali caratterizzate da una più ampia disponibilità
     economica. Situazione che risulterebbe in aperto contrasto con il
     summenzionato principio di equità.
     ► In tale prospettiva, pertanto, il sostegno pubblico al settore
     troverebbe una sua ulteriore giustificazione nell’effetto
     redistributivo implicitamente realizzato a favore delle classi sociali
     più deboli.

                                                                       47




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                                      Le esternalità della cultura (1)

     ►  I beni e le attività culturali determinano, oltre a dei benefici diretti
     – riconducibili all’appagamento di una pluralità di bisogni da parte
     del fruitore – anche dei benefici indiretti, connessi ai positivi effetti
     che la loro presenza genera sul livello culturale e sulla qualità della
     vita dell’area nella quale gli stessi sono disponibili.

     ►  I benefici indiretti, in quanto non riferibili ad una precisa ed
     individuabile categoria di soggetti (gli acquirenti del servizio), bensì
     all’intera collettività, sono in primo luogo di difficile
     quantificazione ed in secondo luogo non escludibili, per cui non può
     essere associata alla fruizione degli stessi il pagamento di un
     corrispettivo.

                                                                       48




                                                                                                 24
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                                      Le esternalità della cultura (2)

     ►  In presenza di esternalità, pertanto, si verifica una
     divaricazione tra benefici sociali e benefici privati, che genera
     il fallimento del mercato. Il mercato, infatti, è in grado di tener
     conto solo delle domande individuali, a cui può essere
     concretamente associato un valore e, quindi, un prezzo.

     ►  Tutto ciò porterebbe a ribadire la necessità della presenza
     dello Stato all’interno del settore, il quale dovrebbe porre in
     essere degli interventi correttivi in grado di azzerare il deficit
     di risorse generato dalla presenza delle diverse tipologie di
     benefici indiretti, che non generano flussi di risorse
     incrementali per il settore.

                                                                       49




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               Le metodologie di valutazione della spesa pubblica

     ► Attraverso le metodologie di valutazione della spesa
     pubblica, è possibile stabilire il peso da attribuire ai differenti
     settori verso i quali indirizzare i flussi di ricchezza di volta in
     volta disponibili.

     ► Infatti, il settore dei beni culturali concorre, nell’attribuzione
     delle risorse pubbliche, con altri settori “sussidiati” – ad
     esempio, la sanità e la scuola – che soddisfano altrettanti
     bisogni primari quali la salute e l’istruzione.




                                                                       50




                                                                                                 25
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                               I diversi approcci per la valutazione


     ►  Approcci monetari, che includono le valutazioni estimative
     e le analisi costi-benefici, così come le complesse procedure di
     contabilità sociale, input-output, etc.

     ► Approcci multicriteriali, che si caratterizzano invece per il
     fatto di essere basati sul ricorso ad una pluralità di tecniche.




                                                                       51




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           L’importanza della valutazione per il settore culturale

     ►  La stima sottodimensionata dei riflessi economici connessi alla
     presenza di beni culturali ovvero allo svolgimento di attività
     artistiche ha frequentemente determinato un atteggiamento
     privilegiato nei confronti di quei settori in apparenza maggiormente
     in grado di offrire, ad esempio, un contributo chiaramente
     percepibile sotto il profilo occupazionale.

     ► Sotto questo profilo, il settore culturale appare un interessante
     campo di applicazione anche per i processi di valutazione ex-post,
     attraverso cui raccogliere importanti indicazioni sul grado di
     efficienza e di efficacia raggiunto nell’utilizzo delle risorse e nel
     raggiungimento degli obiettivi.

                                                                       52




                                                                                                 26
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                      Due strumenti per la valutazione: VIE e VIS

     ►  La valutazione di impatto economico (VIE) mira a fornire una
     stima attendibile delle ricadute dirette ed indirette, rappresentando
     quindi uno degli strumenti a cui è possibile fare ricorso non solo per
     la programmazione delle politiche culturali, ma anche in sede di
     controllo e valutazione delle stesse.

     ►  La valutazione di impatto sociale (VIS) mira a identificare gli
     effetti “culturali” sulla collettività indotti dalla presenza di un bene
     e/o di un’attività culturale. La difficoltà a tradurre, in termini
     quantitativi, un dato di tipo prettamente qualitativo rende tale
     approccio ancora non consolidato nelle sue modalità di
     applicazione.

                                                                       53




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                  L’impatto economico delle imprese culturali (1)

     ►  Impatto diretto: il contributo offerto ad un territorio – sotto
     il profilo economico – dalle attività poste in essere da
     un’impresa culturale è in primo luogo riconducibile ai flussi di
     ricchezza che essa trasferisce alle persone che lavorano al suo
     interno, sotto forma di stipendi.

     ► Impatto indiretto: domanda di beni e servizi che l’impresa
     culturale attiva verso l’esterno; anche in tali circostanze,
     infatti, essa crea ricchezza e contribuisce, indirettamente, alla
     creazione ovvero al mantenimento di posti di lavoro.


                                                                       54




                                                                                                 27
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                  L’impatto economico delle imprese culturali (2)

     ►  Impatto indotto: domanda di beni e servizi erogati dall’impresa.
     Considerando, ad esempio, i turisti, è significativo notare che essi,
     nel tempo della loro permanenza, acquistano sul territorio servizi di
     varia natura, trasferendo risorse a svariati settori di attività
     economica, come quello alberghiero, dei servizi di ristorazione, del
     trasporto.
     ► Impatto derivato: tutte le categorie di soggetti considerati – che
     svolgono attività all’interno dell’impresa culturale, a favore di essa
     e nel suo territorio – contribuiscono, a loro volta, a generare
     ulteriori flussi di ricchezza, in quanto le risorse finanziarie che, a
     vario titolo, essi traggono dal rapporto con l’impresa culturale
     vengono poi impiegate per l’acquisto di beni e servizi effettuati a
     titolo individuale.
                                                                       55




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                  L’impatto economico delle imprese culturali (3)


     ► Effetti fiscali: sono legati, da un lato, alla percezione di
     redditi da lavoro (con la conseguente imposizione tributaria) e,
     dall’altro, ai processi di consumo ed alle imposte indirette ad
     essi legati. Parte della ricchezza prodotta dell’impresa
     culturale, dunque, ritorna al settore pubblico (Stato ed Enti
     locali).




                                                                       56




                                                                                                 28
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                    Una schematizzazione dell’impatto economico



                                                                                                 effetti moltiplicativi e
                  stipendi                                         diretto
                                                                                                          fiscali




                                                              IMPATTO
                indiretto                                                                              derivato
                                                             ECONOMICO



               beni e servizi                                                                       pernottamento,
                acquistati
                                                                   indotto
                                                                                                   ristorazione, …




                                                                       57




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                                                     Ulteriori benefici

     ►  Miglioramento del livello culturale della popolazione:
     beneficio in senso lato che ne trae la collettività del luogo nel
     quale si registra la presenza delle imprese culturali
     ► Notorietà ed immagine dell’area: in una prospettiva di
     marketing territoriale può contribuire in misura anche
     significativa ai processi di sviluppo locale.
     ► Poiché, però, la quantificazione di tali effetti risulta di
     difficile stima, si è preferito non inserirli all’interno dello
     schema; pertanto, che il risultato cui si perviene attraverso la
     misurazione delle quattro tipologie di impatto economico
     individuate risulta in ogni caso sotto-dimensionato.


                                                                       58




                                                                                                                            29
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                       Alcuni esempi di applicazione della VIE (1)

     ► Il Victoria Museum of Fine Arts ha verificato gli effetti
     economici connessi allo svolgimento di tre mostre-evento realizzate
     tra il 1996 ed il 2000, le quali – complessivamente – hanno generato
     un impatto di circa 24 milioni di dollari sull’area metropolitana di
     Richmond, in Virginia (www.vcu.edu).

     ►  Il Metropolitan Museum of Art ha stimato che i non residenti
     (pari a circa i tre quarti dei 553.000 visitatori) che hanno
     frequentato la mostra su Manet e Velàzquez nella primavera del
     2003 hanno speso, durante la loro permanenza a New York, oltre
     360 milioni di dollari (www.metmuseum.org).



                                                                        59




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                       Alcuni esempi di applicazione della VIE (2)

     ►  Uno studio sui benefici economici e sociali di undici festival
     culturali realizzati nella regione delle Midlands durante il 2002
     ha evidenziato non solo che le spese effettuate per la loro
     realizzazione sono ammontate a circa un milione di sterline,
     ma che queste hanno prodotto un ulteriore contributo
     all’economia regionale stimato in 570.000 sterline; inoltre, gli
     acquisti effettuati dai frequentatori dei festival nelle rispettive
     aree di localizzazione hanno generato ulteriori 4 milioni di
     sterline, equivalenti a 209 posti di lavoro
     (www.artscouncil.org.uk).


                                                                   60




                                                                                                 30
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                       Alcuni esempi di applicazione della VIE (3)

     ►  Un recente studio sugli utenti degli archivi inglesi ha messo
     in evidenza che, per quanto l’utenza di tali strutture sia
     rappresentata in prevalenza da residenti dell’area, è comunque
     possibile stimarne l’impatto economico; infatti, circa l’80%
     degli utenti ha utilizzato un mezzo pubblico per recarsi presso
     la struttura (il cui accesso ha rappresentato, per l’87% degli
     utilizzatori, il motivo primario di spostamento nell’area), poco
     più del 36% ha utilizzato negozi e servizi, mentre il 28,6% ha
     mangiato nella zona.




                                                                    61




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                                                Un punto di partenza

     ► Anche tenuto conto dei risultati delle VIE appena
     commentati, appare evidente che la dimensione economica e
     quella culturale si intrecciano indissolubilmente, creando un
     legame tra il sistema economico locale ed imprese culturali.

     ►  I trasferimenti di risorse finanziarie da parte della collettività
     (attraverso l’intervento dello Stato) consente loro di agire in
     ambito artistico e culturale e lo svolgimento di tali attività
     contribuisce, a sua volta, a generare flussi di ricchezza a
     vantaggio dell’economia del territorio di appartenenza.


                                                                     62




                                                                                                 31
L’impatto economico
    e il Guggenheim Museum di Bilbao




                     Ludovico Solima - Seconda Università degli Studi di Napoli




Il caso del Guggenheim Museum di Bilbao




 4 anni di lavori;
 inaugurato nel 1997;
 progettato dall’architetto americano Frank O. Gehry;
  24 mila metri quadri (di cui 10 mila per esposizione su tre
livelli);
 esposizione di arte americana ed europea del XX secolo;
 gestione artistica: Fondazione Solomon R. Guggenheim.

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                                                                                  32
L’investimento


Impegno finanziario del Governo Basco e della Deputazione
Giurisdizionale di Vizcaya:
 realizzazione: 82 milioni di euro
 contributo annuale: 6,2 milioni di euro




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      Il progetto globale (fine anni ’80)



Riqualificazione urbanistica e territoriale finalizzata a
diversificare la base economica dell’area:
     ampliamento del porto;
     nuova metropolitana;
     ammodernamento dell’aeroporto;
     nuove strutture congressuali;
     interventi urbanistici;
     spesa complessiva: 1,3 miliardi di euro.




                    Ludovico Solima - Seconda Università degli Studi di Napoli




                                                                                 33
Alcuni risultati del museo durante il primo anno
                      (1998)




    1.360.000 visitatori (media
   giornaliera 4.520) a fronte di
   una previsione di 330.000;
    27% di visitatori stranieri (di
   cui il 33% da paesi fuori
   dell’Unione Europea);
    assortimento di 3.800 articoli
   nel negozio;
    vendite per 4,3 milioni di euro
   (21% delle entrate).




                          Ludovico Solima - Seconda Università degli Studi di Napoli




           Gli obiettivi dello studio KPMG



  Stima dell’impatto economico del Museo Guggenheim sulla
  provincia autonoma basca in termini di:
       occupazione;
       prodotto interno lordo (PIL);
       effetti fiscali.


      La metodologia: 1.208 visitatori intervistati tramite
      questionario fra giugno e luglio 1998.




                          Ludovico Solima - Seconda Università degli Studi di Napoli




                                                                                       34
I risultati dello studio di impatto economico




 Il 79% dei visitatori si reca a Bilbao o
prolunga il soggiorno di almeno un
giorno per visitare il Museo.


 La spesa complessiva riferibile a
questa categoria di visitatori è pari a
185,9 milioni di euro.




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              L’impatto economico indotto

                        euro
Spesa totale                   186
di cui:
accomodation                     39
trasporti                        12
ristorazione                     63
negozi                           49
museo                            23
valori in milioni



                                            12%                   21%

                                                                         6%

                                   26%

                                                             35%


                               accomodation trasporti   ristorazione   negozi   museo



                     Ludovico Solima - Seconda Università degli Studi di Napoli




                                                                                        35
L’impatto economico indotto



                            Primo anno - 1998                                          Previsione secondo anno –
                                                                                          1999 (825.000 ingressi)


                     0,47% del PIL della regione                                      spesa complessiva attivata
                    basca (144,6 milioni di euro);                                   dal museo: 178,7 milioni di
                     contributo al mantenimento                                      euro;
                    di 3.816 posti di lavoro;                                         contributo alla formazione
                     entrate addizionali per la                                      del PIL di 99,6 milioni di
                    Tesoreria basca (IVA, tasse                                      euro;
                    sui redditi di impresa e sui                                      maggiori entrate fiscali: 18
                    redditi personali) pari a 26,8                                   milioni di euro.
                    milioni di euro.




                                                      Ludovico Solima - Seconda Università degli Studi di Napoli




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                                   Il processo di direzione aziendale




                                                                       72




                                                                                                                     36
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                                      L’identificazione delle attività

     ►  La prima domanda alla quale occorre dare risposta attiene
     all’identificazione puntuale delle singole attività da realizzare
     e della sequenza secondo la quale le stesse devono essere
     realizzate.

     ►  Individuare la sequenza vuol dire ordinare le attività
     secondo una logica gerarchica, sulla base della quale vengono
     stabilite le priorità, le criticità e le relazioni esistenti tra
     ciascuna di esse.




                                                                       73




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                      La scomposizione “a cascata” degli obiettivi

     ►  Queste riflessioni vanno svolte tenendo in debita considerazione
     anche l’estensione temporale delle decisioni da assumere. Sotto
     questo profilo, va infatti osservato che l’obiettivo generale che
     l’impresa si è attribuito deve essere scomposto – attraverso un
     procedimento “a cascata” – in una pluralità di obiettivi parziali,
     misurabili, a cui associare le diverse attività da compiere, necessarie
     alla loro realizzazione.
     ► La misurabilità degli obiettivi di breve termine è di importanza
     fondamentale perché, attraverso la loro identificazione, si realizza la
     transizione tra la dimensione qualitativa – associata alla mission ed
     alle decisioni di natura strategica e competitiva – a quella
     quantitativa, che consente di ridurre le aree di ambiguità e di porre
     in essere le opportune attività di controllo dei risultati.

                                                                       74




                                                                                                 37
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         La scomposizione “a cascata” degli obiettivi di lungo periodo


                                                                                                   Obiettivo di
                                                                                                     breve

                                                                                                   Obiettivo di
                                                                                                     breve

                                                                              Obiettivi di lungo   Obiettivo di
           Mission                             Strategie
                                                                                  periodo            breve

                                                                                                   Obiettivo di
                                                                                                     breve

                                                                                                   Obiettivo di
                                                                                                     breve




                                                                       75




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                                               I fabbisogni di risorse


     ► I fabbisogni di risorse possono risultare fortemente
     differenziati in ordine alla loro tipologia (risorse umane,
     tecniche e finanziarie) ed alla loro entità.

     ►  Tale circostanza produce i suoi effetti sulle altre variabili
     considerate in quanto, nel caso in cui sussista una condizione
     di vincolo nella disponibilità (interna e/o esterna) di risorse,
     può rendersi necessario mettere in discussione le decisioni
     assunte sia in termini di obiettivi che di attività.



                                                                       76




                                                                                                                  38
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                                            La ricerca dell’equilibrio


     ►  Appare dunque chiaro come le valutazioni da compiere per
     la gestione di un’impresa siano decisamente complesse e come
     i diversi piani di ragionamento si intersechino reciprocamente,
     dando luogo ad un processo di scelta graduale ed iterativo, in
     cui si ricerca per approssimazioni successive una condizione di
     equilibrio tra obiettivi, attività e risorse.




                                                                       77




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                                                  Il ciclo di direzione


                                                    PROGRAMMAZIONE
                                                      (atti di decisione)




            CONTROLLO                                                                            ORGANIZZAZIONE
          (atti di valutazione)                                                                   (atti di disposizione)



                                                          CONDUZIONE
                                                           (atti di guida)




                                                                       78




                                                                                                                           39
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                                           Le decisioni organizzative




                                                                       79




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                                              I principi organizzativi


     ►  Un’impresa è composta – prima di qualsiasi altra cosa – da
     persone, le quali detengono le competenze e le professionalità
     (le risorse di conoscenza) necessarie al suo funzionamento.

     ►  Gli apporti dei diversi individui risultano, naturalmente,
     differenziati in ragione delle specificità di ciascuno di essi, ma
     ogni persona è in ogni caso portatrice di un patrimonio
     personale di abilità ed esperienze, che deve essere messo a
     frutto nel migliore dei modi.



                                                                       80




                                                                                                 40
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                     L’evoluzione delle decisioni organizzative (1)


     ►  Sino alla metà del secolo scorso, le organizzazioni non
     avevano ancora acquisito una piena consapevolezza
     dell’importanza del fattore umano, in quanto risultava
     prevalente una visione di tipo meccanicistico, secondo la quale
     il contributo degli individui poteva – e doveva – essere
     assimilato a quello degli altri fattori produttivi, la terra ed il
     capitale.
     ► Il fattore umano veniva, in quanto tale, considerato alla
     stregua di un’energia da utilizzare nel modo più razionale
     possibile, riducendo gli sprechi ed ottimizzando il contributo
     offerto da ciascuno.

                                                                       81




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                     L’evoluzione delle decisioni organizzative (2)

     ► Nel corso degli ultimi decenni si è invece fatta strada la
     consapevolezza che la dimensione da cogliere e da valorizzare sia
     quella della conoscenza posseduta dagli individui, che può essere
     liberata se il sistema di regole e procedure che disciplina il
     funzionamento di un’organizzazione mette in condizione ciascuna
     persona di fornire – nello svolgimento dei compiti che gli sono stati
     attribuiti – un apporto personale, creativo ed originale, attingendo al
     proprio ed esclusivo bagaglio di conoscenze.

     ►  Questo importante cambiamento di prospettiva è stato registrato
     in letteratura anche sotto il profilo semantico, con il passaggio alla
     espressione “risorse umane” in luogo di “forza lavoro”.


                                                                       82




                                                                                                 41
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                              La geometria complessiva del sistema

     ►  Le coordinate del disegno complessivo sono rappresentate,
     da un lato, dai poteri e responsabilità attribuiti a ciascun
     componente dell’organizzazione e, dall’altro, dalle relazioni –
     di tipo formale ed informale – che si vengono a creare tra di
     essi.

     ►  L’importanza e la criticità delle decisioni organizzative
     tende a crescere con l’aumentare delle dimensioni aziendali,
     poiché tanto maggiore è il numero delle persone coinvolte ai
     diversi livelli dell’organizzazione, tanto più pressante si rivela
     l’esigenza di comprendere con chiarezza “chi fa che cosa”.

                                                                       83




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                              Il concetto di struttura organizzativa

     ►  Il disegno della geometria complessiva del sistema di poteri,
     responsabilità e relazioni degli individui che lavorano
     all’interno di un’impresa prende il nome di “struttura
     organizzativa”.

     ►  Essa è stata oggetto di numerose riflessioni all’interno del
     dibattito teorico: attraverso l’attenta analisi delle realtà
     aziendali, infatti, si è cercato di pervenire all’individuazione di
     alcuni modelli di struttura, cioè di modalità di costruzione dei
     ruoli e delle relazioni organizzative secondo delle soluzioni
     standardizzate, ancorché suscettibili di adattamenti.

                                                                       84




                                                                                                 42
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                                   Il principio della specializzazione

     ►  Con il principio della specializzazione si considera la
     “dimensione orizzontale” della struttura organizzativa e si fa
     riferimento all’idea che sia possibile migliorare l’apporto
     individuale se vengono preventivamente individuate, attraverso un
     processo di divisione del lavoro, delle specifiche aree di
     competenza (denominate “funzioni aziendali”) destinate a presidiare
     un preciso ambito problematico.
     ► Non è infatti possibile immaginare che tutti debbano – o possano
     – saper fare tutto: ha senso, piuttosto, prevedere delle soluzioni
     organizzative che consentano a gruppi di individui di specializzare
     la proprie capacità, sfruttando le competenze già possedute e quelle
     che si acquisiscono nel tempo grazie ai processi di apprendimento.

                                                                       85




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                                L’importanza della specializzazione

     ► L’importanza della specializzazione dei compiti è legata ai
     vantaggi di costo che, attraverso l’applicazione di tale principio, è
     possibile conseguire. Si parla, in proposito, di economie di
     specializzazione, cioè di risparmi connessi all’incremento delle
     abilità che le persone sviluppano nell’affrontare quelle situazioni
     che presentano problematiche simili, gestibili sulla base delle
     esperienze pregresse.
     ► A queste si affiancano le economie di scopo, con le quali si fa
     invece riferimento alla possibilità di ottenere rendimenti crescenti
     delle risorse umane attraverso l’utilizzo originale e creativo delle
     conoscenze possedute dai singoli individui in contesti diversi
     (nuove attività, nuovi prodotti o servizi) rispetto a quelli in cui, sino
     ad allora, erano state utilizzate.

                                                                       86




                                                                                                 43
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                                     Il principio del coordinamento

     ►  Il secondo principio organizzativo da considerare – il
     coordinamento delle attività – rimanda, invece, alla necessità
     che il contributo di ogni persona sia coerente con l’apporto
     fornito dalle altre risorse umane, al fine di realizzare un
     sistema sinergico, in cui il risultato complessivo ottenuto sia
     superiore a quello della mera sommatoria delle parti.

     ►  Se, infatti, le azioni realizzate non vengono attentamente
     coordinate tra loro, si incorre nel rischio di non sfruttare in
     maniera adeguata le risorse disponibili e, conseguentemente, di
     ottenere delle performance complessive inferiori a quelle che
     sarebbe stato concretamente possibile raggiungere.
                                                                       87




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                                             La dimensione verticale

     ►  Per applicare i principi di specializzazione e coordinamento è
     necessario precisare, in primo luogo, che una struttura organizzativa si
     articola su differenti livelli, nel senso che è possibile distinguere, lungo
     la sua “dimensione verticale”:
          ► un vertice aziendale (centro di comando), deputato ad assumere
          le decisioni di maggiore importanza per la vita dell’impresa;
          ► degli organi direzionali (centri di decisione), che hanno il
          compito di individuare il complesso di azioni da realizzare per
          portare a compimento gli obiettivi stabiliti a livello superiore;
          ► degli organi operativi (centri di esecuzione), responsabili di
          attuare le direttive che ricevono dal livello direzionale;
          ► degli organi di controllo (centri di valutazione), a cui è attribuita
          la responsabilità di verificare lo stato di attuazione delle attività.

                                                                       88




                                                                                                 44
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                                               La catena di comando


     ►  Tra tali livelli sussiste una precisa relazione gerarchica di
     tipo formale, nel senso che quanto stabilito a livello di vertice
     deve essere osservato dagli organi direzionali e, a livello
     inferiore, dagli organi operativi.

     ► La “catena di comando” trova quindi la sua origine ai livelli
     più alti della struttura organizzativa e si sviluppa, per stadi
     successivi, fino a raggiungere i livelli inferiori della stessa.




                                                                       89




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                                                             La delega


     ►  Al rapporto gerarchico fa da corollario il processo di delega,
     attraverso il quale si precisa l’estensione dei rapporti di
     autorità: si tratta, in altri termini, di attribuire poteri e
     responsabilità ai diversi livelli organizzativi, definendo in tal
     modo i margini di autonomia e discrezionalità di cui ciascuna
     persona gode nello svolgimento dei propri compiti.

     ► Appare evidente che, quanto più spinta è la delega, tanto
     maggiore è il fabbisogno di coordinamento delle risorse umane
     impegnate nella gestione aziendale.


                                                                       90




                                                                                                 45
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                                          La dimensione trasversale

     ►  La profondità viene considerata la terza dimensione della
     struttura organizzativa, che si aggiunge a quella verticale ed
     orizzontale, di cui si è appena detto, che si va a sovrapporre
     alle scelte compiute lungo le altre due dimensioni della
     struttura.

     ► A queste dimensioni può essere aggiunta anche quella
     temporale, distinguendo i casi in cui le unità organizzative
     sono stabili (organi permanenti, che forniscono un apporto
     costante nel tempo) o, invece, transitorie (organi temporanei,
     che intervengono in maniera discontinua).

                                                                           91




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                                        Le dimensioni organizzative


                                                                      AUTORITÀ
                                               dimensione verticale




                                                                                                            COMPITI

              RELAZIONI                                                                          dimensione orizzontale


                      dimensione trasversale




                                                                           92




                                                                                                                          46
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                     Le relazioni organizzative formali e informali

     ► Le relazioni formali sono di tipo gerarchico e si basano sul
     principio organizzativo dell’unità di comando (le direttive devono
     essere impartite da un unico soggetto, altrimenti si creano aree di
     ambiguità che possono inibire il corretto funzionamento
     dell’organizzazione).

     ►  Quelle informali si attivano, in maniera spontanea, a livello
     interpersonale e prescindono, quindi, dal sistema codificato di
     rapporti stabilito a livello alto-direzionale. Le relazioni informali
     possono spesso risultare di estrema importanza, sia perché
     attraverso di esse si attivano circuiti supplementari di trasmissione
     delle informazioni, sia perché il confronto e la logica del lavoro di
     gruppo esaltano il bagaglio di creatività dei singoli individui.

                                                                       93




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                     Le relazioni verticali, orizzontali e trasversali

     ►  Le relazioni verticali si instaurano tra i differenti livelli della
     struttura organizzativa;
     ► quelle orizzontali si attivano invece tra unità collocate sui
     medesimi livelli gerarchici;
     ►le relazioni trasversali tagliano in senso longitudinale i
     diversi livelli.
     ► Le relazioni trasversali sono dei potenti meccanismi di
     integrazione che, svolgendo una funzione di mediazione tra i
     differenti approcci che possono essere sviluppati ai diversi
     livelli della struttura organizzativa per la soluzione di un
     problema, contribuiscono ad assicurare il necessario grado di
     coordinamento tra le attività.
                                                                       94




                                                                                                 47
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                                         Meccanismi di integrazione

                            in ordine crescente di costo e complessità
 Meccanismi di integrazione                               Descrizione
                                                          Le parti sono integrate per mezzo dell'autorità attribuita
 Gerarchia
                                                          ad un superiore
                                                          Le persone si incontrano faccia a faccia per coordinare
 Contatto diretto
                                                          le attività

                                                          Un componente dell'unità organizzativa è responsabile
 Ruoli di collegamento
                                                          del coordinamento con le altre unità

                                                          Gruppo di lavoro temporaneo composto da membri
 Task force
                                                          delle diverse unità da coordinare
                                                          Unità organizzative in posizione intermedia rispetto alle
 Organi di integrazione
                                                          unità da coordinare



                                                                       95




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                    Il modello di struttura organizzativa semplice

     ►  In tutti i casi in cui si propende verso un contenimento degli
     aspetti formali si adotta – anche se in maniera inconsapevole –
     un modello di struttura organizzativa di tipo semplice, che si
     caratterizza proprio per la forza preponderante delle relazioni
     interpersonali rispetto a quelle codificate.
     ► Questa soluzione viene frequentemente adottata dalle
     imprese di minore dimensione, nelle quali il ridotto numero
     delle persone coinvolte nei processi aziendali rende possibile
     un coordinamento spontaneo delle interdipendenze ed un
     costante aggiustamento dei processi decisionali, dei ruoli e
     delle responsabilità in funzione delle situazioni che di volta in
     volta è necessario affrontare.
                                                                       96




                                                                                                                       48
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                                                Il modello funzionale


     ► Il modello funzionale deriva dall’applicazione del principio
     di specializzazione dei compiti per funzioni omogenee: le
     diverse mansioni vengono cioè aggregate sulla base delle
     specificità dei problemi da risolvere. Generalmente, quindi, si
     individuano delle “funzioni” (la produzione, il marketing, la
     finanza, il personale) che rappresentano i principali ambiti
     decisionali che è necessario presidiare, prevedendo che
     ciascuno di essi si articoli al suo interno in base alla
     complessità delle situazioni da affrontare.



                                                                       97




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                       Esempio di modello di struttura funzionale

                                                                   Direzione
                                                                   Generale




            Direzione                            Direzione                             Direzione                     Direzione
            Marketing                           Produzione                             Personale                      Finanza


  Ufficio            Ufficio                                                  Ufficio            Ufficio
  Vendite          Commerciale                                               Procedure           Qualità

   Italia                                Ufficio            Direttore                                    Ufficio                Ufficio
   Estero                                Acquisti         Stabilimento                                Amministrazione          Contabilità
                                                              Capi-reparto                                 Banche e finanza
                                                              Resp. magazzino                              Controllo di gestione




                                                                       98




                                                                                                                                             49
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                                                  I livelli di struttura

     ►  La struttura funzionale si articola generalmente su tre livelli
     fondamentali: al vertice si colloca la Direzione Generale, che
     assume le decisioni di tipo strategico e svolge compiti di
     supervisione e coordinamento; al livello successivo si trovano le
     Direzioni Funzionali, specializzate per aree di competenza –
     produzione, marketing, amministrazione, etc. – e responsabili delle
     attività svolte dalle unità organizzative inferiori (terzo livello), che
     svolgono compiti di tipo operativo.

     ►  La struttura funzionale è dunque un modello organizzativo
     relativamente semplice, che risulta quindi adatto per imprese di
     dimensioni contenute, che si muovono all’interno di un contesto
     caratterizzato da una tendenziale stabilità ambientale.
                                                                            99




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        Esempio di modello di struttura funzionale per una biblioteca


                                                                         Direzione generale



             Direzione produzione                  Direzione finanza                          Direzione personale            Direzione marketing


             Ufficio nuove acquisizioni            Ufficio contabilità                         Ufficio dipendenti                Ufficio prestiti
            (selezione e acquisto nuove                                                                                   (regolamentazione e gestione
                   pubblicazioni)                                                                                                   prestiti)


               Ufficio fondi antichi             Ufficio amministrazione                 Ufficio volontari/obiettori di
                 (conservazione e                                                            coscienza/lavoratori
             regolamentazione prestiti                                                          socialmente utili
                  volumi antichi)



              Ufficio inventariazione
            (inventario elettronico dei
              volumi posseduti dalla
                    biblioteca)




                                                                            100




                                                                                                                                                         50
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                      Vantaggi e svantaggi del modello funzionale

     ►  Il modello funzionale, per le sue caratteristiche, presenta una
     serie di vantaggi, in quanto esso non solo favorisce lo sviluppo
     di professionalità di tipo specialistico ma, grazie alla relativa
     semplicità delle comunicazioni interne, consente anche di
     affrontare in maniera tempestiva i problemi che di volta in
     volta si presentano.
     ► Uno degli aspetti più delicati di questa soluzione attiene al
     coordinamento tra le varie funzioni aziendali, che deve essere
     assicurato attraverso l’implementazione di opportuni
     meccanismi di integrazione. Non sono infatti infrequenti i
     conflitti interfunzionali, cioè tra i responsabili delle diverse
     funzioni aziendali.
                                                                      101




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                                                Il modello divisionale

     ►  Il modello divisionale viene preferito in tutti i casi in cui
     l’organizzazione si trovi ad affrontare situazioni caratterizzate
     da una elevata complessità gestionale, riconducibili ad una
     significativa articolazione su scala geografica o produttiva, che
     risulta pertanto difficile gestire attraverso la struttura
     funzionale e che richiedono, quindi, una forte propensione al
     decentramento decisionale.
     ► La divisione del lavoro, in questo caso, non avviene su base
     tecnica – come nel caso del modello funzionale, dove si
     aggregano competenze omogenee – ma in base a diversi
     possibili criteri di specializzazione (prodotto, area geografica,
     mercato).
                                                                      102




                                                                                                 51
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          Esempio di modello di struttura divisionale articolato su base geografica


                                                                                   Direzione
                                                                                   Generale



                     Direzione                                                                                                                  Direzione
                     Personale                                                                                                                   Finanza



                                        Divisione                                                                           Divisione
                                         Europa                                                                            Nord-America




               Direzione                 Direzione               Direzione                       Direzione                    Direzione             Direzione
               Marketing                Produzione               Amministr.                      Marketing                   Produzione             Amminstr.




                                                                                     103




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         Esempio di modello di struttura divisionale di un museo


                                                                        Direzione generale



                                            Direzione finanza                                Direzione personale                  Direzione marketing




          Divisione archeologia                    Divisione arti figurative                          Divisione scultura                       Divisione arti applicate


            Ufficio produzione                        Ufficio produzione                              Ufficio produzione                          Ufficio produzione


        Unità operativa allestimenti              Unità operativa allestimenti                    Unità operativa allestimenti               Unità operativa allestimenti

        Unità operativa didattica e               Unità operativa didattica e                     Unità operativa didattica e                 Unità operativa didattica e
              comunicazione                            comunicazione                                    comunicazione                               comunicazione

      Unità operativa conservazione e           Unità operativa conservazione e                 Unità operativa conservazione e             Unità operativa conservazione e
                  restauri                                  restauri                                        restauri                                    restauri




                                                                                     104




                                                                                                                                                                              52
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                                   La logica del modello divisionale

     ►  La logica di tale modello, dunque, è molto diversa da quella
     che ispira il funzionamento della struttura funzionale, che è
     basata sull’integrazione di aree differenti dell’impresa: nel
     caso del modello divisionale, infatti, si tende piuttosto a “dis-
     integrare” l’impresa in unità organizzative (le Divisioni) dotate
     di autonomia gestionale, il cui coordinamento viene assicurato,
     a livello complessivo, dalla Direzione Generale.




                                                                      105




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                                                    I centri di profitto

     ► Sono “porzioni” della struttura organizzativa che, per la loro
     autonomia, vengono considerate in maniera distinta anche
     sotto il profilo amministrativo.

     ► Un esempio, in questo senso, è dato proprio dalle divisioni
     che, per il grado di autonomia loro conferito, vengono
     generalmente considerate alla stregua di centri di profitto; ciò
     vuol dire che esse esprimono dei ricavi e dei costi che sono
     direttamente ed univocamente riferibili alle attività poste in
     essere, per cui sarà possibile individuare un risultato (lordo)
     afferente a ciascuna divisione.

                                                                      106




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                                                      I centri di costo

     ►  Sono unità organizzative che mettono la propria attività a servizio
     delle altre divisioni dell’impresa e per questo motivo non generano
     ricavi ma unicamente dei costi, i quali – sulla base di criteri
     specifici – vengono “ribaltati” sulle unità che beneficiano del loro
     contributo.
     ► È inoltre possibile distinguere i centri di spesa (ad esempio, la
     direzione amministrativa) che, non producendo un output
     misurabile, sono suscettibili unicamente di valutazioni di efficacia,
     data dal rapporto tra risultati previsti e risultati ottenuti; i centri di
     ricavo, il cui obiettivo è il raggiungimento dei previsti livelli di
     fatturato; i centri di investimento, il cui apporto è misurato
     attraverso la valutazione del rendimento (rapporto tra risultato
     conseguito e sforzo sostenuto) degli investimenti sostenuti.
                                                                      107




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                   Centri di profitto e di costo in ambito culturale

     ►  È possibile esemplificare il concetto di centro di profitto e di
     centro di costo nell’ambito dell’organizzazione di una mostra.
     ► La Divisione attività commerciali (produzione e vendita di
     prodotti editoriali e di merchandising associati al tema della
     mostra) potrà essere considerata un centro di profitto, in
     quanto avrà propri costi e propri ricavi.
     ► La Divisione allestimento potrà considerarsi un centro di
     costo, in quanto l’attività sviluppata non genera direttamente
     dei ricavi, ma esclusivamente dei costi; la sua attività, tuttavia,
     è a servizio delle altre divisioni in quanto contribuisce a
     rendere funzionale e piacevole l’intero prodotto “mostra”.

                                                                      108




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  • 1. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Obiettivo del corso Analisi dei problemi strategici ed operativi della gestione delle imprese culturali. 1 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Contenuti del corso ► le specificità del settore culturale ► internet e Web 2.0 ► aspetti di gestione delle imprese culturali: - gestione direzionale - scelte di marketing - scelte economiche e finanziarie 2 1
  • 2. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Modalità di svolgimento del corso ► Lezioni frontali ► Seminari e testimonianze ► Esercitazioni e casi di studio 3 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Materiale didattico ► Libro di testo: L. Solima, L’impresa culturale, Carocci Editore, Roma, 2004, capp. 1-4-5-6. ► Articoli e/o saggi. ► Copia delle slide utilizzate all’interno del corso. 4 2
  • 3. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali L’evoluzione della disciplina 5 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Il concetto di “gestione” Il concetto di gestione, se riferito al settore dei beni culturali, denota ancora oggi una varietà di interpretazioni, legate alle prospettive di osservazione dei differenti attori del sistema, ciascuno dei quali risulta spesso portatore di un proprio modo di interpretare il significato da attribuire a tale termine. I principali attori del sistema – gli operatori del settore, da una parte; gli studiosi, dall’altra – parlano ancora lingue diverse. 6 3
  • 4. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali I nuovi ambiti di studio Il settore dei beni culturali in Italia ha vissuto, nel corso degli ultimi dieci anni, un significativo fervore intellettuale, che ha dato luogo alla progressiva crescita di interesse che le dinamiche di tale settore hanno incontrato all’interno del dibattito teorico nazionale. Gli anni ’90 ed i primi anni del nuovo secolo si sono andati caratterizzando per la diffusione di studi ed analisi sul settore culturale che hanno trovato il loro baricentro in problematiche strategiche, organizzative, di marketing, di finanza, etc., in temi cioè propri del dominio conoscitivo dell’economia d’impresa. 7 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Due tendenze di fondo degli studi sul settore Una visione “macro”: interessata ad approfondire i temi del funzionamento generale del mercato ed i connessi problemi in termini di allocazione delle risorse. Un approccio “micro”: individua come unità di analisi il singolo istituto, restituendo visibilità – e dignità teorica – alle scelte compiute, all’interno di ciascuna organizzazione culturale, dai soggetti deputati ad amministrare in maniera efficiente ed efficace il complesso di risorse (storiche, artistiche, umane, tecniche e finanziarie) a loro disposizione. 8 4
  • 5. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali La fase delle “resistenze” Non sono mancati i casi in cui è stata registrata una strenua opposizione, da parte degli operatori del settore più direttamente coinvolti in tale sommovimento, a qualsiasi forma di “intromissione” esterna. In tali circostanze è dunque prevalso un atteggiamento di diffidenza, che in non pochi casi si è tradotto in pervicaci comportamenti di chiusura, apparsi del tutto anacronistici. Negare consapevolmente la valenza di un approccio multi- disciplinare allo studio ed alla comprensione di un problema è tuttavia una logica che, in un contesto come quello attuale, non trova più alcun diritto di cittadinanza. 9 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Lo stadio attuale Il trascorrere del tempo ha progressivamente stemperato tali attriti: l’avvio di una relazione è inevitabilmente un processo graduale, fatto di piccoli passi e di un avvicinamento progressivo, che si realizza se entrambe le “controparti” dimostrano la loro disponibilità ad accettare compromessi rispetto alla propria visione del mondo. Il settore culturale non è stato immune da questa regola, con il risultato che, oggi, i due mondi hanno non solo iniziato a porre concretamente le basi per la messa a punto di un linguaggio condiviso, ma hanno anche progressivamente interiorizzato la consapevolezza della valenza sinergica di un rapporto di collaborazione. 10 5
  • 6. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali La gestione manageriale Qualsiasi istituzione culturale presenta un problema di gestione, nel senso che è necessario assumere quotidianamente una pluralità di atti di disposizione in relazione alle risorse di cui si dispone, siano esse riconducibili alla sua dotazione culturale (opere, reperti, spartiti, libri, etc.), umana (il personale), tecnica (impianti generici e specifici) e finanziaria. L’attività di gestione può avvalersi, anche nel settore culturale, di larga parte di quelle metodologie e tecniche che sono state sviluppate dall’analisi teorica aziendale, a livello nazionale ed internazionale. Questa traslazione non può – e non deve – essere realizzata in maniera automatica. 11 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Le specificità del settore culturale 12 6
  • 7. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali La prospettiva interpretativa adottata ► Principi e strumenti di gestione sembrano aver conquistato, all’interno della più recente letteratura sviluppata a livello nazionale sui diversi comparti del settore culturale (teatri, musei, biblioteche, festival, etc.), un vero e proprio “diritto di cittadinanza”, aprendo nuove prospettive di ricerca e nuovi spazi alla riflessione scientifica. ► Nel corso delle lezioni si limiterà l’ambito interpretativo, focalizzando l’analisi solo su alcune tipologie di organizzazioni, e precisamente: i musei e le aree archeologiche, i teatri di produzione e le fondazioni liriche, gli archivi e le biblioteche, i festival a prevalente contenuto culturale (di teatro, danza, lirica, letteratura, etc.). 13 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Gli elementi comuni delle imprese culturali ► Preminente finalità culturale che caratterizza queste organizzazioni; ► Assenza dello scopo di lucro, tipica dei soggetti pubblici e delle organizzazioni non profit; ► Presenza di un complesso strutturato e permanente di risorse (umane, tecniche e finanziarie) da amministrare, messe a servizio del raggiungimento degli obiettivi primari di gestione; ► Escludibilità, nel senso che l’accesso ai servizi erogati (ovvero, la loro fruizione) non è libero, ma è disciplinato da forme di accesso controllato. 14 7
  • 8. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Le imprese selezionate ► Sono così stati selezionati quegli operatori, attivi nella conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e della creazione artistica, che erogano con continuità i loro servizi in forma gratuita ovvero ad un prezzo che si colloca molto al di sotto dei relativi costi di produzione. ► Tali soggetti non si pongono, quale obiettivo prioritario, il conseguimento di una remunerazione congrua rispetto allo sforzo profuso ed al rischio sostenuto, come avviene nelle imprese private, ma considerano il profitto un fattore strumentale per il raggiungimento dei propri obiettivi istituzionali. 15 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Le imprese “escluse” ► Quelle che trovano nella logica del profitto l’elemento centrale del proprio processo decisionale (società editoriali; cinematografiche; radiofoniche; televisive; discografiche; organizzatori di mostre, rappresentazioni, concerti; gallerie e case d’asta). ► Quelle che si caratterizzano per la presenza di una diversa funzione primaria, di tipo scientifico (parchi zoologici, giardini botanici, etc.) ovvero di natura liturgica (chiese, santuari, luoghi di culto in genere). ► Quelle che sono liberamente accessibili, come accade per il patrimonio ambientale e paesaggistico. 16 8
  • 9. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Il termine “gestione” ► Con il termine “gestione” si farà riferimento all’insieme di principi e tecniche a cui è possibile ricorrere per assumere, in maniera corretta, le decisioni relative all’utilizzo delle risorse di cui l’organizzazione culturale dispone. Tali scelte possono essere analizzate distinguendo diversi livelli di ragionamento: l’ambito strategico, la sfera direzionale ed il contesto operativo. ► Anche un archivio o un teatro sono realtà organizzate, nelle quali sono presenti risorse di varia natura – umane, tecniche, finanziarie – il cui utilizzo presuppone un’attenta e consapevole attività di amministrazione. 17 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali La “logica” delle imprese culturali ► La logica del profitto non rappresenta il loro fine, ma lo strumento per realizzare le loro attività istituzionali. ► Esse devono comunque rispettare il principio della razionalità economica, cioè massimizzare i risultati conseguiti a parità di impegno profuso ovvero minimizzare lo sforzo sostenuto a parità di risultato complessivo. Rispetto ad un’impresa for profit, in altri termini, non cambia il ragionamento di fondo quanto – evidentemente – il risultato ricercato. 18 9
  • 10. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Beni culturali vs. performing arts ► La messa in scena di una rappresentazione teatrale, così come l’organizzazione di un festival, presentano infatti delle problematiche specifiche, che solo in maniera occasionale possono riguardare un archivio o un museo. ► Tanto un museo, quanto un teatro risultano accomunati dalla tipologia di offerta che essi propongono, che si risolve nella messa a disposizione dell’acquirente di un insieme di servizi di base (cioè riconducibili all’attività caratterizzante posta in essere dalla struttura) a cui si aggiungono altre tipologie di servizi, complementari ed accessori (servizio complesso). 19 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Le imprese culturali come aziende di servizi: gli elementi di base ► Intangibilità, cioè il contenuto immateriale della prestazione; tale attributo, per un verso, rende difficile una precisa percezione delle caratteristiche qualitative del servizio offerto e, quindi, un suo corretto apprezzamento; per altro verso, non consente, se non con evidenti margini di approssimazione, una comparazione preventiva delle alternative di consumo. ► Inseparabilità, nel senso che è necessario che si realizzi la contestualità tra il momento dell’erogazione e quello della fruizione; tale aspetto, oltre ad impedire la valutazione ex-ante del servizio, determina la circostanza che i servizi stessi non possono essere disgiunti dai soggetti che li erogano. 20 10
  • 11. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Le imprese culturali come aziende di servizi: gli elementi di base ► Deperibilità, che inibisce la possibilità di stoccaggio dell’offerta, con un’evidente maggiore difficoltà nel far fronte alle variazioni della domanda. ► Eterogeneità della prestazione, che rende complessa l’implementazione di procedure atte a standardizzare le modalità di erogazione. 21 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Le differenze con le imprese produttrici di beni ► La presenza di tali specificità rende la gestione dei servizi generalmente più complessa rispetto a quanto accade per chi realizza e vende prodotti, la cui fisicità rende possibile strutturare il rapporto con il potenziale acquirente in maniera spesso più agevole. ► Mentre per un prodotto, prima di procedere al suo acquisto, è comunque possibile formulare una pluralità di valutazioni in ordine alle sue caratteristiche (la forma, il colore, la consistenza, etc.), risulta invece molto meno agevole apprezzare preventivamente la qualità di una rappresentazione teatrale. 22 11
  • 12. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Alcuni esempi ► Ad esempio, di uno spettacolo teatrale possono essere valutati, in via anticipata, il prezzo e le modalità di distribuzione (luogo, giorno ed orario della rappresentazione) ma solo in maniera approssimativa la sua qualità (come avviene, ad esempio, nel caso in cui il regista o gli attori siano noti al soggetto che svolge tale valutazione). ► Inoltre, la visita di un’area archeologica o l’accesso ad un archivio presuppone la contestualità della fruizione, cioè il recarsi presso una struttura adibita a tale scopo; il che si traduce nella necessità di sviluppare un’adeguata capacità di attrazione nei confronti della domanda potenziale, la quale deve essere indotta a spostarsi per poter fruire del servizio ricercato, con evidenti aggravi in termini di costo e di tempo impiegato. 23 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali L’assenza dello scopo di lucro: le caratteristiche delle ONP ► Le Onp, infatti, si connotano per lo svolgimento di attività ispirate da intenti mutualistici o solidaristici, indirizzate verso nuclei più o meno definiti di individui. ► Le principali caratteristiche delle Onp sono essenzialmente riconducibili a tre: - lo svolgimento di un’attività di tipo economico; - l’adozione del principio della razionalità economica; - il vincolo del rispetto, nel lungo termine, del requisito dell’economicità della gestione. 24 12
  • 13. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Il problema della scarsità di risorse finanziarie ► La scarsità di risorse finanziarie che, per definizione, accomuna le imprese culturali, è riconducibile essenzialmente alla circostanza che tutte le organizzazioni del settore, per erogare il servizio offerto, assorbono più risorse di quante ne generino le loro attività istituzionali. Ciò si traduce nella presenza di un fabbisogno costante, che acuisce non solo la dipendenza dai trasferimenti pubblici ma anche l’impatto che una contrazione degli stessi genera sulle attività aziendali. ► Diventa allora ancor più necessario fare ricorso a quei processi e strumenti di gestione idonei ad assicurare l’uso ottimale delle risorse disponibili, verificando al contempo la possibilità di attrarne di nuove. 25 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali L’evoluzione del settore culturale ► I consumi culturali stanno vivendo una fase di profonda trasformazione. Durante gli ultimi decenni, la domanda di beni e servizi legati all’arte e alla cultura, così come è avvenuto anche nei confronti di altri settori di attività, ha subito delle profonde modificazioni, sia sotto il profilo quantitativo che sotto quello qualitativo. ► In generale, si riscontra una tendenza di fondo, che caratterizza la società contemporanea: gli stili di vita delle persone evolvono costantemente, determinando un incremento diffuso della tensione competitiva che produce effetti significativi – anche per le imprese culturali, sia sotto il profilo strategico che sotto quello competitivo. 26 13
  • 14. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali L’evoluzione del settore culturale ► Ai cambiamenti registrati tanto dal lato della domanda che da quello dell’offerta può essere associato un comune denominatore: la dinamica del progresso scientifico e tecnologico, che si muove in maniera pervasiva ed incrementale. Pervasiva, considerando la multidirezionalità delle sue traiettorie di propagazione, che scavalcando i tradizionali confini settoriali, ha generato fenomeni di sovrapposizione competitiva anche tra operatori legati ad attività considerate un tempo molto lontane tra loro. Incrementale, in quanto l’intervallo temporale intercorrente nella transizione tra innovazione ed applicazione innovativa si è fortemente ridotto. 27 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Il concetto di “filiera di produzione” ► Il concetto di filiera, applicato ad un settore industriale, considera lo svolgimento del processo produttivo a partire dalle materie prime utilizzate – che rappresentano l’input del processo produttivo – fino ad arrivare al prodotto finito (output) ed alla sua collocazione sul mercato di sbocco. ► Le materie prime vengono sottoposte ad un processo di trasformazione, più o meno articolato, attraverso il quale si interviene su alcune loro caratteristiche (la struttura, la forma, il volume, etc.) per ottenere un “semi-lavorato”, dal quale, attraverso ulteriori fasi di lavorazione, si perviene al prodotto finito. 28 14
  • 15. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Esempio di “filiera di produzione” ALLUMINA materia prima (ossido di alluminio) semi-lavorati FUSIONE lingotti di alluminio PRIMA LAMINAZIONE laminati fasi di lavorazione SECONDA LAMINAZIONE nastri (dischi/pastiglie) IMBUTITURA scatole LITOGRAFIA prodotto finito SCATOLE LITOGRAFATE 29 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali La filiera nel settore culturale: un concerto di musica classica ► Si rende necessario utilizzare una certa quantità di risorse (umane, tecniche, etc.), che partecipano, con apporti differenziati, alla realizzazione del prodotto finito: non vanno considerati, infatti, solo i musicisti e gli strumenti, in quanto è altrettanto essenziale il contributo del personale di sala, degli addetti alla biglietteria, degli impianti di illuminazione, etc. ► Occorre poi identificare la materia prima che dà origine a tutto il processo che, nel caso specifico, è costituita dagli spartiti messi a punto dall’autore dei brani che vengono proposti. In mancanza di un atto creativo originale, infatti, non potrebbe prodursi la manifestazione artistica. 30 15
  • 16. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali La filiera nel settore culturale: l’apporto della tecnologia ► La tecnologia interviene non solo nella fase di produzione del servizio – perché possa essere esposta una fotografia, occorre una macchina fotografica, un apparato di stampa, etc. – ma anche nella fase di distribuzione dello stesso. ► Se è vero che la frequentazione di un teatro presuppone la fruizione diretta, è anche vero però che questa è solo una delle modalità attraverso cui una rappresentazione può essere messa a disposizione di un pubblico. Se, infatti, la stessa viene registrata con apparati audio-visivi, sarà possibile veicolarne i contenuti attraverso un cd-audio, un cd-rom o un dvd, mediante una trasmissione radiofonica o televisiva, ricorrendo ad internet. 31 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali La distribuzione di un’attività artistica o culturale ► Fruizione diretta, qualora si consideri un concerto, un’esposizione, una rappresentazione teatrale, uno spettacolo di danza, etc. ► Riproduzione, nel caso in cui risulta possibile fare ricorso a supporti cartacei (quotidiani, periodici), magnetici (audio/videocassette, mini-disk, memory-stick), ed ottici (cd, cd-rom, dvd). ► Trasmissione, che può avvenire via etere, via cavo o via satellite (attraverso la radio, la televisione, un pc collegato ad internet, un telefonino di nuova generazione). 32 16
  • 17. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Fase di produzione e distribuzione nella filiera artistico-culturale produzione distribuzione manoscritto spartito FRUIZIONE DIRETTA negativo filmato RIPRODUZIONE reperto opera d'arte TRASMISSIONE …... 33 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Tecnologie e prodotti/servizi nella filiera artistico-culturale ► Un servizio si trasforma quindi – grazie all’utilizzo di varie tecnologie – in un prodotto, suscettibile di modalità differenziate di collocamento sul mercato. tecnologie prodotti/servizi attori rappresentazione corpo di ballo spettacolo FRUIZIONE DIRETTA orchestra concerto opera d'arte esposizione supporti cartacei quotidiani, periodici RIPRODUZIONE supporti magnetici audio/videocassette, ... supporti ottici cd, cd-rom, dvd etere/satellite radio, TV, cellulare TRASMISSIONE cavo/satellite TV-on demand, internet 34 17
  • 18. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Tecnologie e vantaggi economici ► Grazie alla tecnologia diventa possibile sfruttare, in termini sempre più ampi, le economie di replicazione, con importanti effetti sui costi (che diminuiscono) e sui ricavi (che aumentano) connessi allo svolgimento delle attività di gestione. ► A questi vantaggi si aggiungono anche quelli originati dalla possibilità di derivare, dalla medesima creazione artistica, una pluralità di prodotti diversi, anche se tra loro collegati. Si pensi, ad esempio, al caso di un romanzo, che diventa la base per una rappresentazione teatrale o per un film, successivamente trasferita in dvd, la cui colonna sonora viene poi veicolata grazie ad un cd o trasmessa attraverso internet. 35 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Il fenomeno della “convergenza” tecnologica ► L’utilizzo dei diversi media di comunicazione è destinato a convergere, modificando le funzioni d’uso primarie attribuite a ciascuno di essi all’atto della loro nascita. Basti pensare alla circostanza che la differenza tra un computer, un telefono ed una televisione già ora appare sempre più sfumata, in quanto ciascuno di questi supporti sta progressivamente incorporando funzionalità specifiche degli altri. ► Non meno rilevanti sono gli effetti che tali innovazioni stanno producendo sui comportamenti sociali e, quindi, sulle modalità di interazione tra i diversi individui e sui rispettivi processi di consumo. 36 18
  • 19. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Una riflessione generale sulla tecnologia ► La società di cui ognuno fa parte, che è poi la destinataria finale delle attività svolte dagli operatori del settore culturale, si modifica costantemente, a ritmi che attualmente si presentano molto più intensi che in passato. ► Di questa evoluzione è dunque necessario tener conto nel definire le modalità attraverso cui ciascun soggetto – un museo, un archivio, un teatro, un parco archeologico, una biblioteca – stabilisce e sviluppa le proprie relazioni con il pubblico di riferimento. 37 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Il problema del finanziamento pubblico al settore culturale ► Uno dei principali contributi, cui tradizionalmente ci si riferisce, è quello di Baumol e Bowen (1956) che, malgrado sia incentrato più specificamente sulle arti rappresentative, per primo analizza a fondo la problematica dell’intervento pubblico nel settore culturale, formulando la cosiddetta “legge della crescita sbilanciata”, anche nota come “morbo dei costi”. 38 19
  • 20. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Il morbo dei costi ► Il settore culturale è caratterizzato da una funzione di produzione a coefficienti fissi poiché il rapporto tra i fattori di produzione è costante, essendo – quanto meno in linea di principio – stabilito dall’autore dell’opera. ► Ad esempio, ciò vuol dire che la durata dell’esecuzione di una sinfonia di Beethoven è più o meno sempre la stessa e, se si vuole mantenere un elevato livello qualitativo del servizio offerto, il numero degli orchestrali, nel tempo, non può che rimanere il medesimo. Ne deriva che, nel settore culturale, la produttività è fissa. 39 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Un settore “stagnante” ► Questo accade in ragione della maggiore difficoltà che, secondo i due autori, denota il settore artistico – definito, pertanto, “stagnante” – rispetto alla possibilità di beneficiare dei miglioramenti intervenuti sul fronte scientifico e tecnologico, idonei a far conseguire quegli aumenti di produttività che si verificano invece all’interno del settore denominato, per converso, “progressivo”. 40 20
  • 21. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Produttività e salari ► I due autori sottolineano, inoltre, che – indipendentemente dalla variazione della produttività – la remunerazione degli artisti cresce invece in dipendenza con l’andamento dei salari degli altri settori dell’economia, nei quali l’aumento della produttività consente di distribuire un reddito superiore. ► L’andamento incrementale della remunerazione del fattore lavoro, unito alla stabilità della produttività ed ai conseguenti costi unitari di produzione crescenti, genera nel settore stagnante un deficit permanente tra costi e ricavi, che tende peraltro – nel tempo – ad aumentare. 41 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Un esempio alla Scala di Milano ► Secondo l’analisi formulata alcuni anni or sono da due studiosi italiani (Brosio, Santagata, 1992), in assenza di intervento pubblico, i biglietti di ingresso della Scala di Milano dovrebbero costare poco meno di 250 euro, in quanto l’incremento (calcolato a prezzi costanti) dei costi di produzione è stato, nell’ultimo secolo, pari a circa dodici volte i costi originari. È appena il caso di osservare che, a questi prezzi, la domanda verrebbe ovviamente ad azzerarsi del tutto. 42 21
  • 22. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Le soluzioni al morbo dei costi (1) ► Posto, dunque, che la produzione artistica e culturale genera un fabbisogno costante di risorse, occorre riflettere su come agire per contenere questo deficit, la cui dimensione potrebbe essere ridotta agendo alternativamente sui costi, sui ricavi ovvero su entrambi. ► La possibilità di contenimento dei costi nel settore culturale, appare solo marginalmente percorribile, stante la verosimile diminuzione – cui si è in precedenza accennato – delle prestazioni qualitative del servizio offerto. 43 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Le soluzioni al morbo dei costi (2) ► L’azione sui ricavi, per contro, presuppone un aumento della domanda ovvero – a parità di domanda – un incremento del margine unitario di guadagno (e quindi dei prezzi, qualora si sia in presenza di servizi offerti al pubblico a pagamento). ► Considerata la difficoltà a stimolare, quanto meno nel breve periodo, lo sviluppo del consumo di beni culturali, resterebbe da considerare come unica soluzione percorribile la manovra dei prezzi. Il ricorso alla leva del prezzo è, almeno sotto il profilo teorico, concretamente utilizzabile, in quanto i beni (e le attività) culturali presentano delle differenze rispetto alla più generale tipologia di appartenenza, i beni pubblici. 44 22
  • 23. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali I “beni ibridi” ► Rispetto ai beni pubblici, alcuni beni culturali si connotano per la non rivalità al consumo, per cui la fruizione individuale non risente, in linea di principio, del numero di soggetti che traggono soddisfazione dal godimento del medesimo bene. Essi, inoltre, si caratterizzano per il fatto di essere escludibili, in quanto possono essere resi non accessibili liberamente al pubblico. ► Per questo motivo tali beni culturali rappresenterebbero una tipologia di beni ibrida, non riconducibile completamente né alla categoria dei beni pubblici né a quella dei beni privati. 45 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali La leva del prezzo ► Entro certi limiti e con riferimento a specifici contesti di produzione culturale, è pertanto possibile ricorrere ad una discriminazione sui prezzi, che può essere praticata in tutti i casi in cui esistano acquirenti potenziali disposti a sostenere un costo maggiore, pur di beneficiare di un maggior livello di servizio: in un teatro, ad esempio, la poltrona viene generalmente venduta ad una tariffa superiore rispetto al loggione. ► Il ricorso alla leva del prezzo entra però in contrasto con quella che è stata definita la natura “meritoria” dei beni culturali, cioè la necessità che per beni ritenuti collettivamente utili venga comunque garantita la loro fruizione, indipendentemente dalla presenza di una domanda congrua esercitata dal mercato. 46 23
  • 24. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali La “meritorietà” ► La natura meritoria dei beni culturali determina, pertanto, l’esigenza di rispettare comportamenti ispirati all’equità, e quindi la necessità di diffonderne la fruizione a tutte le fasce di reddito della società. ► In presenza unicamente di meccanismi di mercato, potrebbe determinarsi una fruizione differenziata e discriminante a favore delle classi sociali caratterizzate da una più ampia disponibilità economica. Situazione che risulterebbe in aperto contrasto con il summenzionato principio di equità. ► In tale prospettiva, pertanto, il sostegno pubblico al settore troverebbe una sua ulteriore giustificazione nell’effetto redistributivo implicitamente realizzato a favore delle classi sociali più deboli. 47 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Le esternalità della cultura (1) ► I beni e le attività culturali determinano, oltre a dei benefici diretti – riconducibili all’appagamento di una pluralità di bisogni da parte del fruitore – anche dei benefici indiretti, connessi ai positivi effetti che la loro presenza genera sul livello culturale e sulla qualità della vita dell’area nella quale gli stessi sono disponibili. ► I benefici indiretti, in quanto non riferibili ad una precisa ed individuabile categoria di soggetti (gli acquirenti del servizio), bensì all’intera collettività, sono in primo luogo di difficile quantificazione ed in secondo luogo non escludibili, per cui non può essere associata alla fruizione degli stessi il pagamento di un corrispettivo. 48 24
  • 25. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Le esternalità della cultura (2) ► In presenza di esternalità, pertanto, si verifica una divaricazione tra benefici sociali e benefici privati, che genera il fallimento del mercato. Il mercato, infatti, è in grado di tener conto solo delle domande individuali, a cui può essere concretamente associato un valore e, quindi, un prezzo. ► Tutto ciò porterebbe a ribadire la necessità della presenza dello Stato all’interno del settore, il quale dovrebbe porre in essere degli interventi correttivi in grado di azzerare il deficit di risorse generato dalla presenza delle diverse tipologie di benefici indiretti, che non generano flussi di risorse incrementali per il settore. 49 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Le metodologie di valutazione della spesa pubblica ► Attraverso le metodologie di valutazione della spesa pubblica, è possibile stabilire il peso da attribuire ai differenti settori verso i quali indirizzare i flussi di ricchezza di volta in volta disponibili. ► Infatti, il settore dei beni culturali concorre, nell’attribuzione delle risorse pubbliche, con altri settori “sussidiati” – ad esempio, la sanità e la scuola – che soddisfano altrettanti bisogni primari quali la salute e l’istruzione. 50 25
  • 26. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali I diversi approcci per la valutazione ► Approcci monetari, che includono le valutazioni estimative e le analisi costi-benefici, così come le complesse procedure di contabilità sociale, input-output, etc. ► Approcci multicriteriali, che si caratterizzano invece per il fatto di essere basati sul ricorso ad una pluralità di tecniche. 51 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali L’importanza della valutazione per il settore culturale ► La stima sottodimensionata dei riflessi economici connessi alla presenza di beni culturali ovvero allo svolgimento di attività artistiche ha frequentemente determinato un atteggiamento privilegiato nei confronti di quei settori in apparenza maggiormente in grado di offrire, ad esempio, un contributo chiaramente percepibile sotto il profilo occupazionale. ► Sotto questo profilo, il settore culturale appare un interessante campo di applicazione anche per i processi di valutazione ex-post, attraverso cui raccogliere importanti indicazioni sul grado di efficienza e di efficacia raggiunto nell’utilizzo delle risorse e nel raggiungimento degli obiettivi. 52 26
  • 27. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Due strumenti per la valutazione: VIE e VIS ► La valutazione di impatto economico (VIE) mira a fornire una stima attendibile delle ricadute dirette ed indirette, rappresentando quindi uno degli strumenti a cui è possibile fare ricorso non solo per la programmazione delle politiche culturali, ma anche in sede di controllo e valutazione delle stesse. ► La valutazione di impatto sociale (VIS) mira a identificare gli effetti “culturali” sulla collettività indotti dalla presenza di un bene e/o di un’attività culturale. La difficoltà a tradurre, in termini quantitativi, un dato di tipo prettamente qualitativo rende tale approccio ancora non consolidato nelle sue modalità di applicazione. 53 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali L’impatto economico delle imprese culturali (1) ► Impatto diretto: il contributo offerto ad un territorio – sotto il profilo economico – dalle attività poste in essere da un’impresa culturale è in primo luogo riconducibile ai flussi di ricchezza che essa trasferisce alle persone che lavorano al suo interno, sotto forma di stipendi. ► Impatto indiretto: domanda di beni e servizi che l’impresa culturale attiva verso l’esterno; anche in tali circostanze, infatti, essa crea ricchezza e contribuisce, indirettamente, alla creazione ovvero al mantenimento di posti di lavoro. 54 27
  • 28. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali L’impatto economico delle imprese culturali (2) ► Impatto indotto: domanda di beni e servizi erogati dall’impresa. Considerando, ad esempio, i turisti, è significativo notare che essi, nel tempo della loro permanenza, acquistano sul territorio servizi di varia natura, trasferendo risorse a svariati settori di attività economica, come quello alberghiero, dei servizi di ristorazione, del trasporto. ► Impatto derivato: tutte le categorie di soggetti considerati – che svolgono attività all’interno dell’impresa culturale, a favore di essa e nel suo territorio – contribuiscono, a loro volta, a generare ulteriori flussi di ricchezza, in quanto le risorse finanziarie che, a vario titolo, essi traggono dal rapporto con l’impresa culturale vengono poi impiegate per l’acquisto di beni e servizi effettuati a titolo individuale. 55 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali L’impatto economico delle imprese culturali (3) ► Effetti fiscali: sono legati, da un lato, alla percezione di redditi da lavoro (con la conseguente imposizione tributaria) e, dall’altro, ai processi di consumo ed alle imposte indirette ad essi legati. Parte della ricchezza prodotta dell’impresa culturale, dunque, ritorna al settore pubblico (Stato ed Enti locali). 56 28
  • 29. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Una schematizzazione dell’impatto economico effetti moltiplicativi e stipendi diretto fiscali IMPATTO indiretto derivato ECONOMICO beni e servizi pernottamento, acquistati indotto ristorazione, … 57 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Ulteriori benefici ► Miglioramento del livello culturale della popolazione: beneficio in senso lato che ne trae la collettività del luogo nel quale si registra la presenza delle imprese culturali ► Notorietà ed immagine dell’area: in una prospettiva di marketing territoriale può contribuire in misura anche significativa ai processi di sviluppo locale. ► Poiché, però, la quantificazione di tali effetti risulta di difficile stima, si è preferito non inserirli all’interno dello schema; pertanto, che il risultato cui si perviene attraverso la misurazione delle quattro tipologie di impatto economico individuate risulta in ogni caso sotto-dimensionato. 58 29
  • 30. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Alcuni esempi di applicazione della VIE (1) ► Il Victoria Museum of Fine Arts ha verificato gli effetti economici connessi allo svolgimento di tre mostre-evento realizzate tra il 1996 ed il 2000, le quali – complessivamente – hanno generato un impatto di circa 24 milioni di dollari sull’area metropolitana di Richmond, in Virginia (www.vcu.edu). ► Il Metropolitan Museum of Art ha stimato che i non residenti (pari a circa i tre quarti dei 553.000 visitatori) che hanno frequentato la mostra su Manet e Velàzquez nella primavera del 2003 hanno speso, durante la loro permanenza a New York, oltre 360 milioni di dollari (www.metmuseum.org). 59 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Alcuni esempi di applicazione della VIE (2) ► Uno studio sui benefici economici e sociali di undici festival culturali realizzati nella regione delle Midlands durante il 2002 ha evidenziato non solo che le spese effettuate per la loro realizzazione sono ammontate a circa un milione di sterline, ma che queste hanno prodotto un ulteriore contributo all’economia regionale stimato in 570.000 sterline; inoltre, gli acquisti effettuati dai frequentatori dei festival nelle rispettive aree di localizzazione hanno generato ulteriori 4 milioni di sterline, equivalenti a 209 posti di lavoro (www.artscouncil.org.uk). 60 30
  • 31. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Alcuni esempi di applicazione della VIE (3) ► Un recente studio sugli utenti degli archivi inglesi ha messo in evidenza che, per quanto l’utenza di tali strutture sia rappresentata in prevalenza da residenti dell’area, è comunque possibile stimarne l’impatto economico; infatti, circa l’80% degli utenti ha utilizzato un mezzo pubblico per recarsi presso la struttura (il cui accesso ha rappresentato, per l’87% degli utilizzatori, il motivo primario di spostamento nell’area), poco più del 36% ha utilizzato negozi e servizi, mentre il 28,6% ha mangiato nella zona. 61 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Un punto di partenza ► Anche tenuto conto dei risultati delle VIE appena commentati, appare evidente che la dimensione economica e quella culturale si intrecciano indissolubilmente, creando un legame tra il sistema economico locale ed imprese culturali. ► I trasferimenti di risorse finanziarie da parte della collettività (attraverso l’intervento dello Stato) consente loro di agire in ambito artistico e culturale e lo svolgimento di tali attività contribuisce, a sua volta, a generare flussi di ricchezza a vantaggio dell’economia del territorio di appartenenza. 62 31
  • 32. L’impatto economico e il Guggenheim Museum di Bilbao Ludovico Solima - Seconda Università degli Studi di Napoli Il caso del Guggenheim Museum di Bilbao 4 anni di lavori; inaugurato nel 1997; progettato dall’architetto americano Frank O. Gehry; 24 mila metri quadri (di cui 10 mila per esposizione su tre livelli); esposizione di arte americana ed europea del XX secolo; gestione artistica: Fondazione Solomon R. Guggenheim. Ludovico Solima - Seconda Università degli Studi di Napoli 32
  • 33. L’investimento Impegno finanziario del Governo Basco e della Deputazione Giurisdizionale di Vizcaya: realizzazione: 82 milioni di euro contributo annuale: 6,2 milioni di euro Ludovico Solima - Seconda Università degli Studi di Napoli Il progetto globale (fine anni ’80) Riqualificazione urbanistica e territoriale finalizzata a diversificare la base economica dell’area: ampliamento del porto; nuova metropolitana; ammodernamento dell’aeroporto; nuove strutture congressuali; interventi urbanistici; spesa complessiva: 1,3 miliardi di euro. Ludovico Solima - Seconda Università degli Studi di Napoli 33
  • 34. Alcuni risultati del museo durante il primo anno (1998) 1.360.000 visitatori (media giornaliera 4.520) a fronte di una previsione di 330.000; 27% di visitatori stranieri (di cui il 33% da paesi fuori dell’Unione Europea); assortimento di 3.800 articoli nel negozio; vendite per 4,3 milioni di euro (21% delle entrate). Ludovico Solima - Seconda Università degli Studi di Napoli Gli obiettivi dello studio KPMG Stima dell’impatto economico del Museo Guggenheim sulla provincia autonoma basca in termini di: occupazione; prodotto interno lordo (PIL); effetti fiscali. La metodologia: 1.208 visitatori intervistati tramite questionario fra giugno e luglio 1998. Ludovico Solima - Seconda Università degli Studi di Napoli 34
  • 35. I risultati dello studio di impatto economico Il 79% dei visitatori si reca a Bilbao o prolunga il soggiorno di almeno un giorno per visitare il Museo. La spesa complessiva riferibile a questa categoria di visitatori è pari a 185,9 milioni di euro. Ludovico Solima - Seconda Università degli Studi di Napoli L’impatto economico indotto euro Spesa totale 186 di cui: accomodation 39 trasporti 12 ristorazione 63 negozi 49 museo 23 valori in milioni 12% 21% 6% 26% 35% accomodation trasporti ristorazione negozi museo Ludovico Solima - Seconda Università degli Studi di Napoli 35
  • 36. L’impatto economico indotto Primo anno - 1998 Previsione secondo anno – 1999 (825.000 ingressi) 0,47% del PIL della regione spesa complessiva attivata basca (144,6 milioni di euro); dal museo: 178,7 milioni di contributo al mantenimento euro; di 3.816 posti di lavoro; contributo alla formazione entrate addizionali per la del PIL di 99,6 milioni di Tesoreria basca (IVA, tasse euro; sui redditi di impresa e sui maggiori entrate fiscali: 18 redditi personali) pari a 26,8 milioni di euro. milioni di euro. Ludovico Solima - Seconda Università degli Studi di Napoli Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Il processo di direzione aziendale 72 36
  • 37. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali L’identificazione delle attività ► La prima domanda alla quale occorre dare risposta attiene all’identificazione puntuale delle singole attività da realizzare e della sequenza secondo la quale le stesse devono essere realizzate. ► Individuare la sequenza vuol dire ordinare le attività secondo una logica gerarchica, sulla base della quale vengono stabilite le priorità, le criticità e le relazioni esistenti tra ciascuna di esse. 73 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali La scomposizione “a cascata” degli obiettivi ► Queste riflessioni vanno svolte tenendo in debita considerazione anche l’estensione temporale delle decisioni da assumere. Sotto questo profilo, va infatti osservato che l’obiettivo generale che l’impresa si è attribuito deve essere scomposto – attraverso un procedimento “a cascata” – in una pluralità di obiettivi parziali, misurabili, a cui associare le diverse attività da compiere, necessarie alla loro realizzazione. ► La misurabilità degli obiettivi di breve termine è di importanza fondamentale perché, attraverso la loro identificazione, si realizza la transizione tra la dimensione qualitativa – associata alla mission ed alle decisioni di natura strategica e competitiva – a quella quantitativa, che consente di ridurre le aree di ambiguità e di porre in essere le opportune attività di controllo dei risultati. 74 37
  • 38. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali La scomposizione “a cascata” degli obiettivi di lungo periodo Obiettivo di breve Obiettivo di breve Obiettivi di lungo Obiettivo di Mission Strategie periodo breve Obiettivo di breve Obiettivo di breve 75 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali I fabbisogni di risorse ► I fabbisogni di risorse possono risultare fortemente differenziati in ordine alla loro tipologia (risorse umane, tecniche e finanziarie) ed alla loro entità. ► Tale circostanza produce i suoi effetti sulle altre variabili considerate in quanto, nel caso in cui sussista una condizione di vincolo nella disponibilità (interna e/o esterna) di risorse, può rendersi necessario mettere in discussione le decisioni assunte sia in termini di obiettivi che di attività. 76 38
  • 39. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali La ricerca dell’equilibrio ► Appare dunque chiaro come le valutazioni da compiere per la gestione di un’impresa siano decisamente complesse e come i diversi piani di ragionamento si intersechino reciprocamente, dando luogo ad un processo di scelta graduale ed iterativo, in cui si ricerca per approssimazioni successive una condizione di equilibrio tra obiettivi, attività e risorse. 77 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Il ciclo di direzione PROGRAMMAZIONE (atti di decisione) CONTROLLO ORGANIZZAZIONE (atti di valutazione) (atti di disposizione) CONDUZIONE (atti di guida) 78 39
  • 40. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Le decisioni organizzative 79 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali I principi organizzativi ► Un’impresa è composta – prima di qualsiasi altra cosa – da persone, le quali detengono le competenze e le professionalità (le risorse di conoscenza) necessarie al suo funzionamento. ► Gli apporti dei diversi individui risultano, naturalmente, differenziati in ragione delle specificità di ciascuno di essi, ma ogni persona è in ogni caso portatrice di un patrimonio personale di abilità ed esperienze, che deve essere messo a frutto nel migliore dei modi. 80 40
  • 41. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali L’evoluzione delle decisioni organizzative (1) ► Sino alla metà del secolo scorso, le organizzazioni non avevano ancora acquisito una piena consapevolezza dell’importanza del fattore umano, in quanto risultava prevalente una visione di tipo meccanicistico, secondo la quale il contributo degli individui poteva – e doveva – essere assimilato a quello degli altri fattori produttivi, la terra ed il capitale. ► Il fattore umano veniva, in quanto tale, considerato alla stregua di un’energia da utilizzare nel modo più razionale possibile, riducendo gli sprechi ed ottimizzando il contributo offerto da ciascuno. 81 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali L’evoluzione delle decisioni organizzative (2) ► Nel corso degli ultimi decenni si è invece fatta strada la consapevolezza che la dimensione da cogliere e da valorizzare sia quella della conoscenza posseduta dagli individui, che può essere liberata se il sistema di regole e procedure che disciplina il funzionamento di un’organizzazione mette in condizione ciascuna persona di fornire – nello svolgimento dei compiti che gli sono stati attribuiti – un apporto personale, creativo ed originale, attingendo al proprio ed esclusivo bagaglio di conoscenze. ► Questo importante cambiamento di prospettiva è stato registrato in letteratura anche sotto il profilo semantico, con il passaggio alla espressione “risorse umane” in luogo di “forza lavoro”. 82 41
  • 42. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali La geometria complessiva del sistema ► Le coordinate del disegno complessivo sono rappresentate, da un lato, dai poteri e responsabilità attribuiti a ciascun componente dell’organizzazione e, dall’altro, dalle relazioni – di tipo formale ed informale – che si vengono a creare tra di essi. ► L’importanza e la criticità delle decisioni organizzative tende a crescere con l’aumentare delle dimensioni aziendali, poiché tanto maggiore è il numero delle persone coinvolte ai diversi livelli dell’organizzazione, tanto più pressante si rivela l’esigenza di comprendere con chiarezza “chi fa che cosa”. 83 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Il concetto di struttura organizzativa ► Il disegno della geometria complessiva del sistema di poteri, responsabilità e relazioni degli individui che lavorano all’interno di un’impresa prende il nome di “struttura organizzativa”. ► Essa è stata oggetto di numerose riflessioni all’interno del dibattito teorico: attraverso l’attenta analisi delle realtà aziendali, infatti, si è cercato di pervenire all’individuazione di alcuni modelli di struttura, cioè di modalità di costruzione dei ruoli e delle relazioni organizzative secondo delle soluzioni standardizzate, ancorché suscettibili di adattamenti. 84 42
  • 43. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Il principio della specializzazione ► Con il principio della specializzazione si considera la “dimensione orizzontale” della struttura organizzativa e si fa riferimento all’idea che sia possibile migliorare l’apporto individuale se vengono preventivamente individuate, attraverso un processo di divisione del lavoro, delle specifiche aree di competenza (denominate “funzioni aziendali”) destinate a presidiare un preciso ambito problematico. ► Non è infatti possibile immaginare che tutti debbano – o possano – saper fare tutto: ha senso, piuttosto, prevedere delle soluzioni organizzative che consentano a gruppi di individui di specializzare la proprie capacità, sfruttando le competenze già possedute e quelle che si acquisiscono nel tempo grazie ai processi di apprendimento. 85 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali L’importanza della specializzazione ► L’importanza della specializzazione dei compiti è legata ai vantaggi di costo che, attraverso l’applicazione di tale principio, è possibile conseguire. Si parla, in proposito, di economie di specializzazione, cioè di risparmi connessi all’incremento delle abilità che le persone sviluppano nell’affrontare quelle situazioni che presentano problematiche simili, gestibili sulla base delle esperienze pregresse. ► A queste si affiancano le economie di scopo, con le quali si fa invece riferimento alla possibilità di ottenere rendimenti crescenti delle risorse umane attraverso l’utilizzo originale e creativo delle conoscenze possedute dai singoli individui in contesti diversi (nuove attività, nuovi prodotti o servizi) rispetto a quelli in cui, sino ad allora, erano state utilizzate. 86 43
  • 44. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Il principio del coordinamento ► Il secondo principio organizzativo da considerare – il coordinamento delle attività – rimanda, invece, alla necessità che il contributo di ogni persona sia coerente con l’apporto fornito dalle altre risorse umane, al fine di realizzare un sistema sinergico, in cui il risultato complessivo ottenuto sia superiore a quello della mera sommatoria delle parti. ► Se, infatti, le azioni realizzate non vengono attentamente coordinate tra loro, si incorre nel rischio di non sfruttare in maniera adeguata le risorse disponibili e, conseguentemente, di ottenere delle performance complessive inferiori a quelle che sarebbe stato concretamente possibile raggiungere. 87 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali La dimensione verticale ► Per applicare i principi di specializzazione e coordinamento è necessario precisare, in primo luogo, che una struttura organizzativa si articola su differenti livelli, nel senso che è possibile distinguere, lungo la sua “dimensione verticale”: ► un vertice aziendale (centro di comando), deputato ad assumere le decisioni di maggiore importanza per la vita dell’impresa; ► degli organi direzionali (centri di decisione), che hanno il compito di individuare il complesso di azioni da realizzare per portare a compimento gli obiettivi stabiliti a livello superiore; ► degli organi operativi (centri di esecuzione), responsabili di attuare le direttive che ricevono dal livello direzionale; ► degli organi di controllo (centri di valutazione), a cui è attribuita la responsabilità di verificare lo stato di attuazione delle attività. 88 44
  • 45. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali La catena di comando ► Tra tali livelli sussiste una precisa relazione gerarchica di tipo formale, nel senso che quanto stabilito a livello di vertice deve essere osservato dagli organi direzionali e, a livello inferiore, dagli organi operativi. ► La “catena di comando” trova quindi la sua origine ai livelli più alti della struttura organizzativa e si sviluppa, per stadi successivi, fino a raggiungere i livelli inferiori della stessa. 89 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali La delega ► Al rapporto gerarchico fa da corollario il processo di delega, attraverso il quale si precisa l’estensione dei rapporti di autorità: si tratta, in altri termini, di attribuire poteri e responsabilità ai diversi livelli organizzativi, definendo in tal modo i margini di autonomia e discrezionalità di cui ciascuna persona gode nello svolgimento dei propri compiti. ► Appare evidente che, quanto più spinta è la delega, tanto maggiore è il fabbisogno di coordinamento delle risorse umane impegnate nella gestione aziendale. 90 45
  • 46. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali La dimensione trasversale ► La profondità viene considerata la terza dimensione della struttura organizzativa, che si aggiunge a quella verticale ed orizzontale, di cui si è appena detto, che si va a sovrapporre alle scelte compiute lungo le altre due dimensioni della struttura. ► A queste dimensioni può essere aggiunta anche quella temporale, distinguendo i casi in cui le unità organizzative sono stabili (organi permanenti, che forniscono un apporto costante nel tempo) o, invece, transitorie (organi temporanei, che intervengono in maniera discontinua). 91 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Le dimensioni organizzative AUTORITÀ dimensione verticale COMPITI RELAZIONI dimensione orizzontale dimensione trasversale 92 46
  • 47. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Le relazioni organizzative formali e informali ► Le relazioni formali sono di tipo gerarchico e si basano sul principio organizzativo dell’unità di comando (le direttive devono essere impartite da un unico soggetto, altrimenti si creano aree di ambiguità che possono inibire il corretto funzionamento dell’organizzazione). ► Quelle informali si attivano, in maniera spontanea, a livello interpersonale e prescindono, quindi, dal sistema codificato di rapporti stabilito a livello alto-direzionale. Le relazioni informali possono spesso risultare di estrema importanza, sia perché attraverso di esse si attivano circuiti supplementari di trasmissione delle informazioni, sia perché il confronto e la logica del lavoro di gruppo esaltano il bagaglio di creatività dei singoli individui. 93 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Le relazioni verticali, orizzontali e trasversali ► Le relazioni verticali si instaurano tra i differenti livelli della struttura organizzativa; ► quelle orizzontali si attivano invece tra unità collocate sui medesimi livelli gerarchici; ►le relazioni trasversali tagliano in senso longitudinale i diversi livelli. ► Le relazioni trasversali sono dei potenti meccanismi di integrazione che, svolgendo una funzione di mediazione tra i differenti approcci che possono essere sviluppati ai diversi livelli della struttura organizzativa per la soluzione di un problema, contribuiscono ad assicurare il necessario grado di coordinamento tra le attività. 94 47
  • 48. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Meccanismi di integrazione in ordine crescente di costo e complessità Meccanismi di integrazione Descrizione Le parti sono integrate per mezzo dell'autorità attribuita Gerarchia ad un superiore Le persone si incontrano faccia a faccia per coordinare Contatto diretto le attività Un componente dell'unità organizzativa è responsabile Ruoli di collegamento del coordinamento con le altre unità Gruppo di lavoro temporaneo composto da membri Task force delle diverse unità da coordinare Unità organizzative in posizione intermedia rispetto alle Organi di integrazione unità da coordinare 95 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Il modello di struttura organizzativa semplice ► In tutti i casi in cui si propende verso un contenimento degli aspetti formali si adotta – anche se in maniera inconsapevole – un modello di struttura organizzativa di tipo semplice, che si caratterizza proprio per la forza preponderante delle relazioni interpersonali rispetto a quelle codificate. ► Questa soluzione viene frequentemente adottata dalle imprese di minore dimensione, nelle quali il ridotto numero delle persone coinvolte nei processi aziendali rende possibile un coordinamento spontaneo delle interdipendenze ed un costante aggiustamento dei processi decisionali, dei ruoli e delle responsabilità in funzione delle situazioni che di volta in volta è necessario affrontare. 96 48
  • 49. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Il modello funzionale ► Il modello funzionale deriva dall’applicazione del principio di specializzazione dei compiti per funzioni omogenee: le diverse mansioni vengono cioè aggregate sulla base delle specificità dei problemi da risolvere. Generalmente, quindi, si individuano delle “funzioni” (la produzione, il marketing, la finanza, il personale) che rappresentano i principali ambiti decisionali che è necessario presidiare, prevedendo che ciascuno di essi si articoli al suo interno in base alla complessità delle situazioni da affrontare. 97 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Esempio di modello di struttura funzionale Direzione Generale Direzione Direzione Direzione Direzione Marketing Produzione Personale Finanza Ufficio Ufficio Ufficio Ufficio Vendite Commerciale Procedure Qualità Italia Ufficio Direttore Ufficio Ufficio Estero Acquisti Stabilimento Amministrazione Contabilità Capi-reparto Banche e finanza Resp. magazzino Controllo di gestione 98 49
  • 50. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali I livelli di struttura ► La struttura funzionale si articola generalmente su tre livelli fondamentali: al vertice si colloca la Direzione Generale, che assume le decisioni di tipo strategico e svolge compiti di supervisione e coordinamento; al livello successivo si trovano le Direzioni Funzionali, specializzate per aree di competenza – produzione, marketing, amministrazione, etc. – e responsabili delle attività svolte dalle unità organizzative inferiori (terzo livello), che svolgono compiti di tipo operativo. ► La struttura funzionale è dunque un modello organizzativo relativamente semplice, che risulta quindi adatto per imprese di dimensioni contenute, che si muovono all’interno di un contesto caratterizzato da una tendenziale stabilità ambientale. 99 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Esempio di modello di struttura funzionale per una biblioteca Direzione generale Direzione produzione Direzione finanza Direzione personale Direzione marketing Ufficio nuove acquisizioni Ufficio contabilità Ufficio dipendenti Ufficio prestiti (selezione e acquisto nuove (regolamentazione e gestione pubblicazioni) prestiti) Ufficio fondi antichi Ufficio amministrazione Ufficio volontari/obiettori di (conservazione e coscienza/lavoratori regolamentazione prestiti socialmente utili volumi antichi) Ufficio inventariazione (inventario elettronico dei volumi posseduti dalla biblioteca) 100 50
  • 51. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Vantaggi e svantaggi del modello funzionale ► Il modello funzionale, per le sue caratteristiche, presenta una serie di vantaggi, in quanto esso non solo favorisce lo sviluppo di professionalità di tipo specialistico ma, grazie alla relativa semplicità delle comunicazioni interne, consente anche di affrontare in maniera tempestiva i problemi che di volta in volta si presentano. ► Uno degli aspetti più delicati di questa soluzione attiene al coordinamento tra le varie funzioni aziendali, che deve essere assicurato attraverso l’implementazione di opportuni meccanismi di integrazione. Non sono infatti infrequenti i conflitti interfunzionali, cioè tra i responsabili delle diverse funzioni aziendali. 101 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Il modello divisionale ► Il modello divisionale viene preferito in tutti i casi in cui l’organizzazione si trovi ad affrontare situazioni caratterizzate da una elevata complessità gestionale, riconducibili ad una significativa articolazione su scala geografica o produttiva, che risulta pertanto difficile gestire attraverso la struttura funzionale e che richiedono, quindi, una forte propensione al decentramento decisionale. ► La divisione del lavoro, in questo caso, non avviene su base tecnica – come nel caso del modello funzionale, dove si aggregano competenze omogenee – ma in base a diversi possibili criteri di specializzazione (prodotto, area geografica, mercato). 102 51
  • 52. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Esempio di modello di struttura divisionale articolato su base geografica Direzione Generale Direzione Direzione Personale Finanza Divisione Divisione Europa Nord-America Direzione Direzione Direzione Direzione Direzione Direzione Marketing Produzione Amministr. Marketing Produzione Amminstr. 103 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Esempio di modello di struttura divisionale di un museo Direzione generale Direzione finanza Direzione personale Direzione marketing Divisione archeologia Divisione arti figurative Divisione scultura Divisione arti applicate Ufficio produzione Ufficio produzione Ufficio produzione Ufficio produzione Unità operativa allestimenti Unità operativa allestimenti Unità operativa allestimenti Unità operativa allestimenti Unità operativa didattica e Unità operativa didattica e Unità operativa didattica e Unità operativa didattica e comunicazione comunicazione comunicazione comunicazione Unità operativa conservazione e Unità operativa conservazione e Unità operativa conservazione e Unità operativa conservazione e restauri restauri restauri restauri 104 52
  • 53. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali La logica del modello divisionale ► La logica di tale modello, dunque, è molto diversa da quella che ispira il funzionamento della struttura funzionale, che è basata sull’integrazione di aree differenti dell’impresa: nel caso del modello divisionale, infatti, si tende piuttosto a “dis- integrare” l’impresa in unità organizzative (le Divisioni) dotate di autonomia gestionale, il cui coordinamento viene assicurato, a livello complessivo, dalla Direzione Generale. 105 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali I centri di profitto ► Sono “porzioni” della struttura organizzativa che, per la loro autonomia, vengono considerate in maniera distinta anche sotto il profilo amministrativo. ► Un esempio, in questo senso, è dato proprio dalle divisioni che, per il grado di autonomia loro conferito, vengono generalmente considerate alla stregua di centri di profitto; ciò vuol dire che esse esprimono dei ricavi e dei costi che sono direttamente ed univocamente riferibili alle attività poste in essere, per cui sarà possibile individuare un risultato (lordo) afferente a ciascuna divisione. 106 53
  • 54. Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali I centri di costo ► Sono unità organizzative che mettono la propria attività a servizio delle altre divisioni dell’impresa e per questo motivo non generano ricavi ma unicamente dei costi, i quali – sulla base di criteri specifici – vengono “ribaltati” sulle unità che beneficiano del loro contributo. ► È inoltre possibile distinguere i centri di spesa (ad esempio, la direzione amministrativa) che, non producendo un output misurabile, sono suscettibili unicamente di valutazioni di efficacia, data dal rapporto tra risultati previsti e risultati ottenuti; i centri di ricavo, il cui obiettivo è il raggiungimento dei previsti livelli di fatturato; i centri di investimento, il cui apporto è misurato attraverso la valutazione del rendimento (rapporto tra risultato conseguito e sforzo sostenuto) degli investimenti sostenuti. 107 Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali Centri di profitto e di costo in ambito culturale ► È possibile esemplificare il concetto di centro di profitto e di centro di costo nell’ambito dell’organizzazione di una mostra. ► La Divisione attività commerciali (produzione e vendita di prodotti editoriali e di merchandising associati al tema della mostra) potrà essere considerata un centro di profitto, in quanto avrà propri costi e propri ricavi. ► La Divisione allestimento potrà considerarsi un centro di costo, in quanto l’attività sviluppata non genera direttamente dei ricavi, ma esclusivamente dei costi; la sua attività, tuttavia, è a servizio delle altre divisioni in quanto contribuisce a rendere funzionale e piacevole l’intero prodotto “mostra”. 108 54