Appunti di studio del testo di Egle Becchi I bambini nella storia
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RIASSUNTO LIBRO DI EGLE BECCHI: I BAMBINI NELLA STORIA
Premessa
1)Fare storia dell’infanzia
La conoscenza storica dell’infanzia si confronta con una certa incertezza discorsiva, difficoltà di
identificazione dell’ oggetto; figure del passato ambigue (la donna il bambino l’anziano) che spesso non
hanno lasciato traccia di sé;spesso si parla del passato dell’infanzia in due modalità: o la si immagina o
viene documentata in quanto l’infanzia è presupposta non parlare non comunicare non dire di sé. Ariès si
avvicina all’infanzia attraverso il concetto di sentimento non inteso come disposizione a reazione
affettiva, ma come “idea di” “valore che si attribuisce a”. Per contro Erikson attraverso un’impostazione
psicostorica intende il bambino piccolo come figlio cardine della teoria psicogenetica che indaga il
trasformarsi delle relazioni genitori e figli. Ma il bambino può anche definirsi orfano, abbandonato, che
socializza fuori dal nucleo familiare. Questi aspetti sono meno presenti nella storiografia dell’infanzia. si
tenta perciò di dare coerenza agli indizi a documenti in cui si parla del bambino senza per questo
esclusivizzare il testo sulla figura bambina. Questo lavoro di scavo fa da pendant a studi monografici ma
mostra la possibilità e i pericoli che uno studio diacronico e globale della storia dell’infanzia che vogliono
dare senso ad ogni costo al proprio oggetto considerandolo in un’ottica di tempi tanto lunghi da essere
insostenibili ed inverosimili salvo che sul piano speculativo.
2)Griglie e fonti di lettura
Gli universali metastorici della realtà puerile (es. la scuola, il gioco…)costituiscono universali metastorici
che servono peer la creazione di griglie euristiche al fine di approcciarsi allo studio dell’infanzia di ieri e di
oggi. Altra categoria sono i segni prodotti dal bambino stesso, da intendersi come cultura dell’infanzia,
primo capitale del bambino. Un’altra categoria è l’identità dell’ oggetto. Chi è il bambino? Le risposte sono
varie discordanti e poco univoche. E’ maschio o femmina con storie diverse? Vive in famiglia o non ha
genitori? E’ schiavo? Va a scuola? I registri dunque cambiano e vanno da un estremo positivo e uno
negativo fino al tragico. Per evitare di fare del bambino un personaggio di cui si dice vittima delle manovre
narrative e descrittive in cui l’adulto lo irretisce, è in dispensabile cercare segni infantili, voci autentiche e
non interpretate (ad es. giocattoli prodotti dagli stessi bambini) . va disambiguato dalle fonti in cui il
bambino si trova quasi sempre insieme ad una persona grande se non addirittura confuso con essa. Si
tratta dunque di un viaggio in regioni ignote.
CAP. 1 SEGNI, VOCI, TRACCE
Un capitale di segni accompagna quasi in sordina la storia dell’infanzia:perlopiù anonimo, non è quasi
possibile distinguere fra maschi e bambine. Ci testimoniano lo stare nel mondo dei bambini, dei suoi utilizzi
nello spazio, dell’appropriarsi dei luoghi e talora del loro uso trasgressivo. Inoltre abbiamo costruzione di
giocattoli, e voci:filastrocche ritornelli conte opere individuali o collettive. Ad esse si aggiungono prodotti
grafici e verbali (lettere, diari, cronache di scuola, anche prodotti domestici ,story-telling, canti ripetuti in
momenti rituali… canti per concorsi canori…). Talora è l’adulto ad aiutarlo, altre volte è il bambino che
copia pagine di autori per esercitarsi nella scrittura della sua o altrui lingua (ad es. Ippolita Sfroza, sorella di
Ludovico il Moro che a 13 anni copia il De senectute di Cicerone conservato nel British Museum). Tali
documenti dell’esistenza e della cultura infantile sono rari:prodotti per lo più privati o fatti da quella scuola
il tutto mal conservato. Questo disinteresse sta nell’idea che il bambino fa cose irrilevanti anche se si è
accostata l’arte bambina con quella primitiva e delle avanguardie. Per questi motivi la storia dell’infanzia si
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fonda su documenti di adulti che non hanno avuto rapporti diretti o continuativi con i bambini di cui
riferiscono.; ad es. autobiografie e ricordi d’infanzia scritti da autori non più bambini da cui emerge un
quadro deformato.
Segni e tracce
a. Esercitarsi nell’alfabeto: testimonianze pompeiane del I sec . d. C di alfabeti disegnati sui muri delle
case ad altezza bambino, ma non sappiamo se per consegna di una persona grande o invece
spontanei, se individuali o di gruppo.
b. Prego vostra signoria: Carlo Sforza figlio naturale di Gian Galeazzo scrive brevemente al padre
chiedendo il permesso per potersi esercitare alla caccia al falcone, se libero da impegni scolastici;
emerge una ordinata quotidianità con confidente rispetto nei confronti del padre.
c. Nel quadro di Caroto, pittore veronese a cavallo tra il 1400 e il 1500 una bambina o bambino
mostra soddisfatto il proprio disegno di una figura umana. Ciò fa ipotizzare una evoluzione grafica
della rappresentazione della figura umana sostanzialmente omogeneo anche nelle diversità dei
tempi e dei climi culturali
d. Luigi XIII di Francia diviene re a 9 anni ed esercita la sua grafia con brevi scritti a suoi familiari e alla
governante; il suo crescere è documentato in un journal tenuto dal suo medico.
e. In questo documento sono visibili le prime tracce di alfabetizzazione (forse ad opera della madre in
prigionia) del delfino Louis di Francia, figlio di Luigi XVI e morto a soli 10 anni.
f. Durante gli anni cinquanta in Inghilterra vennero raccolte cantilene e filastrocche che
accompagnavano i giochi dei bambini e organizzate per temi, codici linguistici figure che appaiono e
occasioni d’uso
g. Disegno di Marie Bonaparte tratto da un cahiers ritenuto da lei psicoanalista discepola e amica di
Freud poco interessante ai fini di una sua ricerca psicoanalitica.
h. Il caso del piccolo Hans di S. Freud :nei dialoghi tra il padre che lo cura seguito da Freud e il piccolo
Hans che manifesta una fobia per gli animali (cavallo) si sviluppa il percorso che porterà alla
guarigione mediante una liberazione da relazioni malate con il padre, la madre e la sorella
i. I segreti delle bambine: Hermine von Hellmuth nel diario di una giovinetta raccoglie e riporta
lettere antologizzate di bambine e bambini che si affacciano alla pubertà e tentano risposte alle
loro domande.
j. Sono stata cattiva: Francoise Dolto scrive molto della propria infanzia non solo sul filo della
memoria ma servendosi di suoi testi e immagini che la madre le ha consegnato in età adulta. Le
lettere sono uno spaccato dl modello educativo francese prima della grande guerra l’essere stata
cattiva o sage (saggia) come dichiara nei suoi scritti ai suoi familiari.
k. Prime parole: Clara (1877-1948) e William Stern (1871-1938), studiosi del linguaggio, hanno
teorizzato fasi e caratteristiche di tale sviluppo sulla base di osservazioni condotte sui loro stessi
figli.
l. I bambini del lager: Terezin città fortificata boema e luogo di passaggio dei bambini poi diretti ad
Auschwitz, vennero lì istruiti abusivamente da insegnanti che raccolsero 4000 disegni e 66 poesie
che testimoniano a parte il tenore artistico anche il senso di morte che anima l’esistenza di questi
bambini
m. Le brutte parole: maria venuti Borruso negli anni sessanta raccoglie e studia produzioni spontanee
di racconti fiabe storie fatti da bambini siciliani di centri non metropolitani della provincia di
Palermo e Agrigento
n. Mario Lodi adotta tecniche di produzione alla freinet e trascrive produzioni verbali di alunni e li
trasforma secondo il principio cominciare dal bambino
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o. Tracce:Fernand Deligny ha vissuto con psicotici e autistici e studiato altri linguaggi diversi dal
verbale ma preverbale di questa realtà infantile che sta al bordo del sociale
p. I segni di questo disegno di un bambino di due anni e sette mesi rivelano le sue paure e le sue
tenerezze, pregnanze di un segno infantile di appartenenza di alfabeti e sintassi complesse
q. Parole finte d’infanzia :Tillman Moser riedifica i primi anni di vita partendo dal punto di vista del
disagio di un sé adulto che cerca sollievo dalla propria angoscia, ricostruendo e rendendo attuali
una serie di vissuti di un periodo in cui assai piccino aveva vissuto con una giovanissima zia
perdendo i contatti con le figure parentali.
CAP.2 CHI E’ IL BAMBINO
bambino = diminutivo di bambo cioè sciocco nell’accezione volgare del XIII sec.
pais puer=piccolo
infante=non parlante
qs termini indicano la nozione di minore, cioè con lacune e deficienze, dipendente da figure adulte forti.
Dunque la storia dell’infanzia che collega adulti e bambini in società le più diverse si presenta come
variegata. Bimbi perfetti se ben educati si alternano a bimbi cattivi insediati dal demonio, bimbi che
crescono secondo natura e bambini che solo soggetti ad una institutio controllata riescono a giungere ad
una condizione civile. Bambini scientificamente osservati nell’acquisizione di una forma mentis adulta:si
tratta di bimbi dell’essere, ma soprattutto del dover essere, spostati fuori dal tempo e sovente anche dallo
spazio come in Fourier che elaborò la società utopista. Anche filosofi come Rousseau tentarono
frequentemente di uscire da tempi e spazi per entrare in climi utopici, ma anche pittori e poeti si
dedicarono a ciò. Dunque molti sono i modi di denotare l’infanzia. Il bambino polimorfo sembra consentire
meglio tale denotazione facendo saltare i vincoli spazio temporali. Le avventure di Pinocchio è un libro
pedagogico che esalta furberie, cattivi comportamenti e le metamorfosi che producono la natura infantile
; fa la cronaca puntuale e ironica del diventar bambino umano di quel simulacro infantile che è il burattino
protagonista:romanzo come metafora delle origini proposta per capire cos’è il bambino.
a. Il puer senex :Questa poesia composta ne Vi sec. a.C. è il bambino tanto abile astuto saggio da
identificarsi con la figura molto matura, presente nella letteratura greca e latina. Qui il piccolo
Ermes è capace di istituire connessioni reversibili, di realizzare ciò che al piccolissimo è
naturalmente impossibile:riesce alla divinità una disambiguazione della natura infantile e un
augurio per il suo divenire. “…figlio dalle molte arti, dalla mente sottile, predone, ladro di buoi,
ispiratore di sogni …egli ben presto avrebbe compiuto famose gesta al cospetto degli immortali…”
b. Il bambino come uomo imperfetto:secondo la concezione aristotelica il bambino è assimilabile ad
un animale che maschio può riscattarsi nel processo di crescita in quanto possiede la parte
deliberativa dell’anima, ma non sviluppata. Egli è soggetto virtuale di una compiutezza fisica,
gnoseologica,(teoria della conoscenza) e sociale che raggiungerà nel’età adulta.
c. Sant’Agostino:nelle Confessioni racconta e tenta di definire l’infanzia , un tempo dialettico , tra
silenzio, pianto , incredulità e credo nel Signore, attraverso i propri ricordi e quelli degli adulti che
l’hanno convissuta. Nella cultura medioevale l’infanzia era trascorsa da accezioni negative (luogo
del peccato- disobbedienza-, della non parola, della corporeità non redenta) e positive (Cristo è
stato bambino, ha chiamato i piccoli emblema della purezza)
d. Il Bambino Sacro: Nel bambino Santo di Cimabue (Maestà di santa trinità conservata agli Uffizi di
firenze) il bambino è soprattutto un essere sacro e trascendente che dell’infanzia ha solo le ridotte
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dimensioni corporee per il resto ripete un infante fuori dal tempo:si tratta di un sentimento ancora
imperfetto dell’infanzia proprio in una società e in una cultura che non distingue ancora
pienamente le prime età della vita, non rappresentativo dei bambini terreni.
e. Conoscere l’indole del bambino:nel quattrocento italiano i testi vedono il bambino in général con
accenni a profili di bambini reali, con accenni alla psicologia infantile (conoscer l’indole dei propri
figli in modo da correggerne le abitudini, non diversamente da come i medici curano i corpi legata
agli elementi naturali terra aria acqua fuoco), consigli in fatto di educazione del bambino:esso qui
non è un ADULTO IN MINIATURA, è UN ESSERE educabile trasformabile da parte di buoni
pedagoghi .
f. Putti o bambini? I bambini dipinti nella camera degli sposi da a mantegna sono bimbi della famiglia
fonzaga, qualche servo e soprattutto putti bimbi paffuti dotati di ali multicolori. Si assiste alla
laicizzazione dell’essere infantile semidivino, il putto dichiara la sua natura mondana:fa delle cose,
si mostra molto meno statico e indifferente che non i putti antichi e forse anche gli Angeli i
Bambini Gesù che il Mantegna ha raffigurato in molti altro quadri:questi putti rappresentano un
nuovo essere di un nuovo sentire dell’infanzia che si afferma agli inizi dell’età moderna.
g. Il male nel bambino Nel 1600 in Francia la dottrina giansenista trovò nel monastero di Port Royal la
sua roccaforte:nacque una scuola (petit écoles) in cui l’idea di infanzia è quella di un soggetto
particolarmente indifeso e a rischio pertanto necessitante di cura salvifica. Queste idee sono
integrazione vuoi delle tesi di Ariès sulla nascita di un sentimento nuovo dell’infanzia, vuoi nelle
idee di marca agostiniana che circolavano negli ambienti religiosi della Francia del seicento. “se ben
condotto il bambino poteva riuscire poiché aveva intelligenza e giudizio…hi pregato che lo si
trattasse con dolcezza e che lo si punisse con la verga qualora facesse resistenza e perseverasse
nell’errore:tutti questi difetti sono ancora connessi all’innocenza…facendo del bene a lui credevo di
fari piacere a Dio….bisogna abbassarsi al livello del loro spirito e fare come nell’Incarnazione: Gesù
cristo si è reso simile a noi per renderci simili a Lui…con saggia pazienza
h. I ninos Jesus del 1600 (statue conservate in monasteri spagnoli) si mostrano che mangiano,
dormono, pregano, affermano un ‘idea d ‘infanzia in cui si iniziava in famiglia e in ampi circuiti
sociali a considerare il bambino in una forma di statuto autonomo:la natura divina si trova tradotta
in forme terrene.
i. Il lattante Nell’Emilio di Rousseau (1700) si tratta di questa fase della vita (fino a un anno) pur se lo
studio sia arduo. In questo romanzo pedagogico progetto di rifondazione di una società nuova, non
vi sono scansioni omogenee per anni della vita umana, né una rappresentazione del bambino come
adulto in miniatura, ma si realizza quel monito di osservazione del non adulto che lo restituisce
nella sua naturalità e quindi nella sua educabilità. Il bimbo piccolissimo è tratteggiato nelle sue
condotte più vistose:bambino fittizio e insieme realissimo. “…la sola abitudine che si deve lasciar
prendere al fanciullo è quella di non contrarne nessuna… preparate da lontano il regno della sua
libertà e l’uso delle sue forze , lasciando al suo corpo l’abitudine naturale, mettendolo in grado di
essere sempre padrone di sé…i pinai dei bambini sono all’inizio preghiere poi diventano ordini
…essi sono ostinati nei loro tentativi, ma se avete più costanza di loro, essi si scoraggiano e non ci
provano più…niente sonagli d’argento per distrarli, ma piccoli ramo d’albero con le loro foglie e
frutti, una testa di papavero, un bastone di liquerizia che possa succhiare…”
j. Il bambino romantico durante il romanticismo avviene un ripensamento della figura infantile,
considerata come realtà perfetta, auspicabile anche se fragile che vive in un mondo fiabesco, ludico
ricco di sentimenti allo stato puro. Vengono delineati modelli pedagogici pertinenti alla peculiare
natura del bambino con produzione di libri e giocattoli per l’infanzia. I brani sono tratti da “Levana”
del 1807 di Johann Paul Friedrich Richter, in arte Jean Paul (Wunsiedel, 21 marzo 1763 – Bayreuth,
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14 novembre 1825), che è stato uno scrittore e pedagogista tedesco. Nella prima parte del brano si
parla della percezione del dolore (che è brevissimo)da parte del bambino che avviene in maniera
disperata cioè senza speranza. Da adulti poi nella memoria ma anche nei deliri febbrili ritornano il
dolore fosco dell’infanzia. i bimbi debbono dimorare in un loro Paradiso come i progenitori primi
veri bambini. Questi a differenza degli adulti gaudenti hanno soltanto piaceri brevissimi e quindi
intensissimi. Il piacere in tal senso brucia come il fuoco della lente. Questi piacerei però agiscono
sulle anime infantili e le rafforzano stimolandole a passare da questa a quell’altra attività. Ciò
riguarda però solo i primi anni.
k. Un bambino alla rovescia: nella società utopica di Fourier (François Marie Charles Fourier
(Besançon, 7 aprile 1772 – Parigi, 10 ottobre 1837) è stato un filosofo francese, che ispirò la
fondazione della comunità socialista utopista chiamata La Reunion sorta presso l'attuale Dallas in
Texas, oltre a diverse altre comunità negli Stati Uniti d'America (tra le quali ricordiamo Brook Farm,
fondata nel 1841 vicino Boston e sciolta a seguito d'un incendio, nel 1849).Le radici del suo
pensiero, che si può definire progressista se non rivoluzionario, sono da ricercarsi nell'Illuminismo e
in particolare in Jean-Jacques Rousseau, soprattutto nel considerare la parità tra uomo e donna e
nel nuovo metodo pedagogico, che dovrebbe favorire lo sviluppo libero e creativo dei bambini
tramite la scoperta dei loro istinti individuali.) i bambini rivestono un ruolo fondamentale:distinti
per età (quando iniziano a camminare passano dai pargoli ai folletti) essi vengono raggruppati per
dominanti psicologiche, il naturel, peculiari in ogni fase evolutiva, ed educati collettivamente
seguendo le loro inclinazioni originarie. Qui il bambino è alla rovescia:gaio nella sua sfrenata e
precocissima laboriosità, soddisfatto anche in quelli che a noi appaiono vizi adultofoni, curioso fino
all’indiscrezione. E’ l’ironizzazione dell’infanzia reale ed ideale in una società di benpensanti che
Fourier si è ostinato a decostruire teoricamente per oltre un ventennio.
l. Metamorfosi:Pinocchio,burattino che si comportava da bambino cattivo, appresa la virtù, si
trasforma in ragazzino per bene. Accanto a questo itinerario pedagogico per cui il bene viene
premiato c’è anche un altro senso opposto: i buoni sono infelici (la fatina si ammala e va in
ospedale) e Pinocchio non figura buona viene ricompensato con la sua metamorfosi in essere
umano. Il connettivo possibile tra questi due sensi è la metaforizzazione dell’infanzia.dietro a
questa ambiguità c’è ancora un essere indefinibile umano e non umano insieme (buratttino-
bambino) che viene narrato prima di essere denotato. Nello stralcio si riporta Pinocchio che
mantiene il genitore malaticcio, va al mercato per comprarsi un vestitino nuovo, incontra la lumaca
che gli comunica la sorte della fatina in ospedale. Allora Pinocchio rinuncia all’acquisto del vestito
per dare i soldi alla fatina. Quella notte sogna la fatina che lo ringrazia e al suo risveglio non è più
burattino, ma bambino, la casa è bella, trova del denaro datogli dalla fatina come ricompensa per il
suo agire virtuoso, il padre è guarito e il burattino che è stato si trova ciondoloni su una sedia.
Guardandolo Pinocchio conclude: “Com’ero buffo quand’ero burattino!E come ora sono contento
di essere diventato un ragazzino perbene!”
m. Il mondo bambino Piaget (1896-1980) indaga e teorizza la mente infantile. L’evolversi
dell’intelligenza da forme di tipo senso motorio fino all’approccio operatorio è una delle teorie
entro cui indagare aspetti specifici della crescita mentale. Fino al termine della sc. Elem. Il b/no si
emancipa da prospettive di tipo animistico fino ad arrivare alla Weltanschauung (Il termine
Weltanschauung appartiene alla lingua tedesca (pronuncia /ˈvɛ lt.anˈʃ aʊ .ʊ ŋ/) ed esprime un
concetto fondamentale nella filosofia ed epistemologia tedesca, spesso applicato in vari altri campi,
in primis nella critica letteraria e della storia dell'arte.
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Non è letteralmente traducibile in lingua italiana perché non esiste nel suo lessico una parola che le
corrisponda appieno. Essa esprime un concetto di pura astrazione che può essere restrittivamente
tradotto con "visione del mondo", "immagine del mondo" o "concezione del mondo" e può essere
riferito a una persona, a un gruppo umano o a un popolo, come a un indirizzo culturale o filosofico
o a un'istituzione ideologica in generale e religiosa in particolare. La Weltanschauung tende a
trovare una collocazione in un ordine generale dell'Universo specialmente in senso filosofico, ma il
concetto è stato utilizzato anche in riferimento a elementi di specie, geografici, linguistici e razziali:
pertanto, si tratta di un concetto che trascende il singolo e attinge nel collettivo condiviso, e l'uso di
questo termine nel linguaggio italiano al posto di "visione del mondo" ha il significato di estendere
il concetto a una dimensione sovrapersonale di un determinato punto di vista) dove si danno
fenomeni materiali ed immateriali, dove le cose esistono anche se non sono tangibili. Il brano è
tratto da “La rappresentazione del mondo del fanciullo” (1926) attraverso colloqui clinici con
bambini dai quattro ai 10 anni su argomenti vari: - il pensiero del fanciullo parte da
un’indifferenziazione tra corpi inerti e viventi. (tutti i corpi per il fanciullo nascono e crescono). Un
corpo fisico dispone solo del moto che ha ricevuto:un essere vivente crea quel moto. In quanto
portato ad attribuire coscienza alle cose l’animismo infantile non è il risultato di una costruzione
ponderata, ma risulta dall’indifferenziazione totale fra azione cosciente e movimento materiale.
E’credenza in un continuo di coscienza. I perché fra i tre e sette anni non sono propriamente di
ordine casuale né finale. Per il fanciullo la vera causa è l’intenzione che sarà insieme causa
efficiente e ragion d’essere dell’effetto da spiegare . L’artificialismo infantile fa sostenere al
bambino che la natura è stata fabbricata dagli uomini. Ma il bambino comincia con l’immaginare
una fabbricazione delle cose ad opera dell’uomo e poi ricerca un’intenzione oppure è portato a
cercare in ogni cosa l’intenzione e solo in seguito le classifica in intenzione dei creatori
(artificialismo) o intenzione delle cose (animismo). Piaget segue la seconda strada. La natura
presenta un continuo di vita. Il fanciullo a poco a poco isola in questo continuo alcuni centri di
forza, animati di attività spontanea. La scelta di questi centri resta a lungo incerta.
n. Le ipotesi dello sviluppo: Lo psicologo Kagan ripropone la questione “innato=innatista” e
“acquisito=ambientalista” in termini di continuità-discontinuità della crescita psichica e di
permanenza delle qualità individuali:l’idea del bambino è che già agli esordi della sua vita psichica
è un soggetto complesso, articolato, antesignano dell’adulto in termini di diversa ricchezza. La
scienza moderna sta scoprendo che alcune facoltà sono talmente radicate nel genoma umano da
non richiedere un’interazione sociale così intensa come ci eravamo immaginati. Anche
l’attaccamento alla nutrice è una proprietà innata che non si può ignorare. La ricerca moderna ha
inoltre scoperto la persistenza di taluni tipi di paure. Anche lo stato di incertezza costituisce un
incentivo molto forte a pensare provare emozioni, agire. Gli studiosi del XVIII sec. ritenevano che il
bambino fin dalla nascita agisse per massimizzare le sensazioni piacevoli e minimizzare quelle
dolorose. Queste idee sono fuorvianti. Secondo Franklin è il disagio che rappresenta la spinta
umana essenziale. I bambini e gli adulti sembrano impiegare gran parte del loro tempo nello spazio
psicologico segnato dalla noia per il noto e dal terrore per l’ignoto.
o. Il punto di vista dell’adulto Francesco Tonucci ha rappresentato fino ad oggi un universo infantile
cercando di mettersi dalla parte dei bambini, disambiguando quanto i grandi dicono e fanno per il
bene del piccolo. Tonucci assume un’otica opposta a quella dell’esaltazione pubblicitaria del non
adulto, vede il bambino sotto forme caricaturali.
CAP. 3 BAMBINE
Nella storia dell’infanzia quando il bambino diventa oggetto del discorso è perlopiù neutro per non dire
maschio. I ritratti femminili sono continuamente ribaditi nella loro condizione di donne, di venir educate da
donne come coloro che le hanno formate. Lo stare nello spazio materiale e simbolico della madre non viene
interrotto anche quando la bambina vive in un tempio o in un convento. Quel tirocinio del mestiere di
donna si è sviluppato nei secoli in famiglia, rendendo la vita delle bambine molto più uniforme di quella
maschile. Può esistere in tal senso una storia della bambina proprio perché i modelli di allevamento e di
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educazione si ripetono quasi uguali, ma non dobbiamo scambiarla tout court con la storia della bambina,
perché esistono vicende popolate da figure alternative. Le piccole vagabonde e abbandonate di cui dice
Pestalozzi, la bambina diavolo curata da Anna Freud sono emblematiche di queste bimbe altre la storia
della bambina dunque si presenta come una galleria di scene e di ritratti che sfumano da un estremo
all’altro. Ci dicono la fatica di essere bambine, ma anche i potenziali di originalità emotività della piccola
qualora i luoghi e i modi della sua pedagogia non siano da millenni quelli che sono sempre stati. E’ solo da
una generazione che la donna ripensa alla propria infanzia da un punto di vista non meramente di
accettazione o di ribellione, ma considerandola alla luce delle altre storie, non ultime quelle delle donne
che l’hanno avuta in cura. Le riletture recenti del quadro di Velasques “Las Meninas” ad esempio da parte
di Picasso che in vari quadri ha decostruito i personaggi mescolandone le tessere dove la figura infantile
scompare riappare in un gioco di allusioni, testimoniano ciò.
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1. Le bambine della dea: nella Lisistrata (445-435 a.C) di Aristofane si narra brevemente di questo
diventare adolescenti al servizio di Artemide, Atena della polis. Le piccole orse (che vivevano cioè in
reclusione) sono emblematiche di una condizione infantile al femminile, fuori dalla famiglia, dove
sono trasmessi gesti, rituali, ideologie in cui la bambina si fa donna fra donne in una forma mentis
che garantisce sicurezza e linearità di sviluppo.
2. La piccola offesa: Nelle opere morali Plutarco ( 45- 125 d. C) definisce Carilla nelle feste delfiche.
Questa figura femminile piccola suicida (impiccatasi poiché il re si era rifiutato di offrirle del cibo
come forma di carità durante una carestia) emblematizza la debolezza di chi non ha famiglia, né
stato giuridico, né nome, sia la natura di tramite tra il mondo dei vivi e quello dei defunti . Carilla
anticipa le Puellae senes spesso demoniache non rare nella storia delle bambine.
3. Educare una bimba cristiana San Girolamo (347-420) dà consigli alla madre sull’educazione di Paula
che poi si farà religiosa e l’assisterà: Poi si parla di Pacatula di cui nulla si sa a parte che era la figlia
di Gaudenzio. Si consiglia come far crescere una giovinetta che la madre ha votato fin dalla nascita
alla verginità. Girolamo si rivolge direttamente a Pacatula in un’attenzione raffinata alle condotte
infantili e alle strategie didattiche pertinenti. “Quando si vorrà insegnarle a scrivere bisogPnerà
condurle la mano oppure segnar prima le lettere sopra le quali passando ella con la penna possa
imparare a ben formarle…” “…bisogna guardar bene che essa non prenda tedio o disgusto per lo
studio...e che le difficoltà non possano imprimersi nella sua anima…imparare i nomi degli Apostoli
dei Profeti e dei Patriarchi…fate che lo stesso suo abito le mostri che è destinata sposa di
Cristo…guardatevi bene dall’ornarle il collo di oro e di diamanti…o dal vestirla in quella foggia
profana …legga ogni giorno qualche stralcio istruttivo delle Sacre Scritture…dovrete istruirla assai
più con l’esempio che con le parole…insegnatele a filar la lana…ella sarà educata in un monastero,
vivrà fra i cori delle vergini. A PACATULA: purchè conosca le forme delle lettere, congiunga insieme
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le sillabe ed impari i nomi, coniughi i verbi…non vegga mai i giovinetti…la lascivia delle fanciulle si
tengano lontane da lei…non sia oziosa né ciarliera, ma sobria, grave, lavoratrice della lana e parli
solo di quelle cose le quali l’animo delle fanciulle nelle virtù ammaestrino…la nostra pacatula è nata
in questi tempi fa questi trastulli passi la prima età, ed apprende prima le lacrime che il riso e sente
prima il pianto che l’allegrezza…il dar poco si spiega con la volontà oppressa dalle sciagure, lo
scriver nulla sarebbe trascurare l’amicizia”
4. L’infanzia di Maria nei Vangeli Apocrifi si individuano particolari leggendari sulla vita di Maria, nata
per miracolo, cresciuta al tempio di Gerusalemme. Il testo è indicato come Codice Hereford
versione XIII sec trovato in Inghilterra copia di un originale probabilmente del II sec. A tre anni
venne affidata al tempio per essere educata e salì miracolosamente le 15 scale, come una adulta.
La vergine del Signore meditava giorno e notte le lodi del Signore. Ogni giorno era frequentata dagli
angeli. All’età di 7 anni camminava come una adulta. Studiava con tale diligenza da stupire tutti i
dottori della legge. Il suo animo era paziente costante e immobile. E’ da lei che derivò il costume di
salutarsi innanzitutto lodando e ringraziando Dio. Era poi attenta alle sue compagne. Godeva ogni
giorno del servizio angelico e spesso la si vedeva parlare con l’angelo del Signore. Aveva il
nutrimento corporale dagli angeli e quando toccava una persona afflitta da malattia essa
riacquistava la salute.
5. La vergine al tempio questa xilografia di Durer rappresenta il momento della salita al tempio di
Maria vista di spalle a sottolineare la straordinaria maturità ed eleganza mentre si avvia al su
destino eccezionale.
6. Piccole e grandi nel monastero L’abbazia di Port Royale accoglieva nel 1600 bambine di età diversa
non solo destinate alla vita religiosa. Il regolamento fu scritto da Jacqueline Pascal sorella di Blaise
e responsabile delle novizie che insiste sulla trasparenza degli atti delle parole dei pensieri e delle
relazioni sulla coerenza della disciplina esprimendo un’idea giansenista dell’infanzia femminile. Il
pensionato venne chiuso nel 1661 ma rimane la pedagogia della chiarezza e dell’Amore di Dio che
esalta e sublima la benedizione cristiana dell’educazione femminile. “…sveglia tra le 4 e le
5….preghiere, tutoraggio delle più grandi sulle piccole, per vestirsi e pregare…si abituino anche le
piccole a non parlare sebbene si consenta loro di giocare a coppie se sono state diligenti…lo
scrivere sia il copiare il loro esempio o trascrivano qualcosa quando sono già istruite e se glielo si
consente, non è concesso scrivere secondo la propria fantasia…alla ricreazione le grandi siano
separate dalle piccole…che giocano mentre le altre comunque adempiono ai loro doveri…è proibito
stare sole o in gruppetti di due o tre…parlare a bassa voce, tutto deve essere sentito dalla
maestra…non si deve ripetere ad alta voce qualunque cosa detta a bassa voce che sia malevola o
potrebbe trasmettere cattivi insegnamenti…non si possono raccontare i sogni fatti la notte…le
piccole apprendono a leggere se sono sole…verranno affiancate nell’esercizio di lettura da una
grande intenzionata a prendere i voti che sia saggia e lo faccia per buon cuore e per l’amore di Dio.
7. Las meninas quadro del 1656 di Velazquez rappresenta l’infanta Margherita Maria collocata nel
microcosmo proprio delle infanzie principesche dell’epoca:nobili, damigelle ….personaggi
mostruosi e sulla sfondo l’autore. Ad una distanza più remota i regali dei genitori…la bimba a
differenza degli altri è colta in una posa, che restituisce figure bambine nei contesti fastosi in cui si
svolgeva il loro vivere e soprattutto il loro apparire.
8. Apprendere il mestiere di donna Nel romanzo epistolare di JJ Rousseau Giulia o la nuova Eloisa,
che narrano di una passione e di un amore coniugale esemplare, entrano in scena tre bimbi: nel
programma pedagogico esposto esistono delle mediazioni. E’ la cuginetta Enrichetta che bada al
gioco dei cugini, li corregge mentre mostra la sua abilità nel cucito, assumendo il ruolo imitativo di
figura della buona madre , vocazione di donna nella famiglia. Racconta del silenzio che prende il
sopravvento nella stanza in cui stanno insieme adulti e bambini, ammutiscon le lingue e parlan
l’alme.
9. Ti faccio vedere in questo quadro di Chardin raffigura interni borghesi e figure infantili che
apprendono un mestiere, forse il quadro ha anche un significato simbolico tutto da disambiguare
nel dettaglio delle cose e dei gesti intende esprimere messaggi che trascendono il contesto e i
personaggi inscritti nel quotidiano.
10. 10
10. Mignon nel suo libro Goethe (la vocazione teatrale di Wilhem Meister) presenta agli esordi della
cultura romantica tedesca, una figura infantile che racchiude in sé le incongruenze e le
contraddizioni dell’immagine della donna e di quella dell’infanzia:de dedizione, dipendenza, pietà e
insieme disordine di vita emozionalità tanto intensa da apparir ire sregolata, capacità di assumere
condotte diversissime. Il protagonista prova un eros tra il seduttivo e il paterno. La fanciulla è
antesignana delle bimbe delle lettere e dei ritratti fotografici (Lolita, Pretty Baby) Mignon inaugura
la contro storia delle bambine che continua ai nostri giorni (vedi Mignon è partita di F. Archibugi).
Venduta dalla compagnia di saltimbanchi ad una compagnia teatrale perché si era rifiutata di
obbedire al capo, Mignon ora dopo aver provato a recitare e ,a detta di un’attrice, male viene
utilizzata come factotum. Parla un tedesco storpiato e davanti a Guglielmo ripete una specie di
inchino. Aveva forse 12 o 13 anni. Dopo un attacco forse di epilessia, Guglielmo decide di tenerla
con sé come una padre.
11. Profili di bambine proletarie: nel saggio di Pestalozzi si riportano 37 ritratti di giovanissimi ospiti
del suo istituto di Neuhof, fanciulli che egli aveva cercato di riscattare dalla miseria, altrimenti
destinati a morte precoce o a una vita di stenti. L’esperimento ebbe durata breve ma permise a
pestalozzi di sperimentare le sue idee sociali ed educative, a fondamento delle quali c’è l’idea
rousseauniana che il bambino vada considerato sia agli esordi che nel corso del suo processo
formativo. “Dovrebbe essere interessante per l’umanità che anche i bimbi di intelligenza così
shakespeariane per l’infanzia, scrive in questo saggio testimonianze del vivere la scuola di bambine
di buona famiglia inglesi all’inizio dell’ottocento. L’istruzione alle buone maniere è privilegiata, ,
esempi di vita sociale precoce in un’Inghilterra che si espande nelle colonie, dove il farsi donna è
difficile e stimolante allo stesso tempo.
12. Diventare cortigiane: testo essenziale nella storia alternativa delle bambine è Mine-haha di
Wedekin (1864-1918). In questo romanzo si narra di gruppi di bambine che si preparano ad entrare
in un mondo che è quello del divenire cortigiane, con la mercificazione del proprio corpo, con la
scoperta dell’illusorietà dell’amore. Questo itinerario di crescita è altrettanto protetto di quello che
si svolge in casa e nel convento. L’autore lancia il suo j’accuse alla società benpensante del scarsa,
che per una durezza d’animo assai diffusa sarebbero destinati al manicomio, possono venir salvati
da una vita di internamento e avviati secondo le loro forze a guadagnare di che vivere e ad avere
una vita libera e senza costrizioni, purchè li si guidi con amore.
13. Bambine a scuola nel primo ottocento: Mary Lamb, nota per i suoi racconti trasposizioni tempo,
alle sue utopie libertarie, all’esaltazione della bellezza, nei suoi non detti pedagogici. “venne il
grande momento della selezione… Lora aspirava a quell’onore…nel corso di quei quattro anni
aveva ottenuto dal sul corpo una scioltezza…pur rimanendo allegra, clama, modesta…altre
rivaleggiavano con lei…dovemmo spogliarci che strana sensazione, nessuna si era mai mostrata
senza vestiti davanti a degli adulti…poi ci chiamarono per nome una dopo l’altra…studiarono
ancora una volta tutte le ragazze…le signore presero con sé Diotima, Olympia, Fanny e Lora così
com’erano e noi altre continuammo a ballare e a saltare come sempre.
14. La memoria materna: Virginia Woolf in questo patto autobiografico si raffina in riflessioni continue
circa l’attendibilità e le lacune del ricordo. Spezzoni di due itinerari di epoche (quello della madre e
della figlia) del diventare donna in generazioni successive. Scritte nel 1940 offrono tracce del
mondo in cui queste due donne sono vissute, da piccole e da grandi , paesaggi dove le cose sono
filtrate entrambe nei vissuti di chi le narra, sollievo della pena dell’esistere. “eccola mia madre il
primo ricordo è del suo grembo:ricordo il ruvido della collana sulla mia guancia premuta contro il
suo vestito…lei manteneva in essere ciò che nel mio linguaggio privato chiamo la panoplia
(Panoplia è il termine usato per indicare l'insieme delle armi di offesa quali spada (xiphos),
lancia (dóry) e di difesa quali elmo (krános), scudo (aspís), corazza (formata da due pezzi,
thórax e epibraxiōníos, i quali proteggevano rispettivamente il petto e il ventre), bracciali
(epipēkhýon), schinieri (knemis) e le protezioni per le caviglie (episphýrion) e per i piedi
(epipodíon) in dotazione agli opliti ellenici. Il tutto pesava tra i 22 e i 35 kg.) della vita ,
quella vita che tutti vivevamo in comune. Capisco ora che lei viveva su una superficie così dilatata
che non le restava il tempo , né l’energia, per concentrarsi se non per un attimo quando si era
malati o in qualche crisi infantile, su di me, né su nessun altro a parte Adrian. Aveva 8 figli di cui
11. 11
una deficiente e un marito esigente. Se penso a lei spontaneamente la vedo sempre in una stanza
piena di gente…e poi l’ultima immagine di lei ;stava morendo; ero andata a darle un bacio e mentre
uscivo in punta di piedi dalla stanza lei disse : “Tieniti dritta capretta mia”…se penso a mia madre,
com’è difficile distinguerla quale realmente era;immaginare i suoi pensieri:metterle in bocca una
sola frase! Sogno ; m’invento scene di un pomeriggio d’estate”
15. Bambine cattive: il testo di Anna Freud del 1927 esemplifica le modalità di un approccio
psicoanalitico con soggetti in età evolutiva e le difficoltà di un adulto nell’accostarsi a bambini
psichicamente malati. La Freud si avvicina con rispetto al piccolo paziente, intavola con lui lunghe
trattative prima di procedere all’analisi vera e propria, si cala nei mondi infantili e restituisce
tranches di vita proprie di un’epoca e di una società dove l’educazione del bambino viene vissuta in
modo particolarmente impegnativo. Il caso della bambina diavolo, della piccola ladra bugiarda,
della bimba divisa tra la bambinaia e la psicoterapeuta mostrano le difficili mosse tecniche ed
umane cui si deve impegnare il terapeuta infantile per conquistarsi il paziente, scardinare le
resistenze esterne e avviare l’analisi.
16. Bambine che giocano a nascondino: della vita della bambina si studiano i suoi giochi con giocattoli
(bambole);molto meno studiato è il gioco di regole ad esempio nascondino e le differenze con il
gioco dei maschietti; Piaget nel 1932 nel suo Giudizio morale del fanciullo lo analizza definendo
come le bambine siano meno incuranti della regola giuridica rispetto ai maschi. Saranno psicologhe
dei nostri giorni a chiedersi se non si tratti di differenze più profonde e complesse e se tutte le
ricerche sulla crescita psichica non vadano impostate e lette in maniera differenziale. La regola
viene dapprima concepita come intangibile e di origine trascendente, poi una forma di
cooperazione libera gli individui dal loro egocentrismo pratico e introduce una nozione di regola
nuova ed immanente. Su questo accordo le bambine sono meno esplicite dei bambini:quando il
gioco rende la regola è buona. Piaget si domanda se questa differenza deriva dal carattere un po’
mole del gioco del nascondino, oppure se dalla mentalità propria delle bambine. E’ una differenza
che lo interessa molto, ma che non ha studiato.
17. Decostruire e ricostruire l’ìnfanta: alla fine degli anni 50 Picasso riscrive dipinti famosi tra i quali
una cinquantina di versione de Lan meninas di Velasques; lo scorrere delle sguardo del pittore sul
suo modello ricolloca la principessa nella sua dimensione di segno grafico e pittorico, nega che
quanto offre Velasques sia un documento intangibile della realtà e afferma che la bimba regale
non più infanta né infante è un caso di una sintassi del vedere che l’adulto escogita per cogliere ed
esprimere il mondo.
CAP. 4 FAMIGLIA ABBANDONO VIOLENZA
i bimbi dei tempi assai remoti come ad es. la figura di Astianatte (figlio di Ettore da cui è separato) e i
gemelli Romolo e Remo, vivono in famiglie diverse:biologica per il primo, adottiva per i gemelli romani.
Questi bimbi crescono fino a diventare adulti celebri. La storia offre successivamente ritratti individuali e
quadri generali dell’infanzia, mostrandoci gli affetti dei genitori nei confronti dei figli, le strategie di
acculturazione, le obbedienze e le trasgressioni. Ma una storia del sentimento come la intende Aries
(valore che si attribuisce a…) cioè rappresentazione che il figlio ha dei genitori lungo il filo della crescita è
ancora tutta da scrivere. Documenti e tracce del passato danno tracce per ricostruirlo. Alcune
caratteristiche dello stare in famiglia sono delineabili non tanto in fasi, ma quanto in figure principalmente
responsabili dell’allevamento e dell’educazione. Fino a sei sette anni i fanciulli abitano con le donne, sono
nelle loro mani, esse utilizzano strategie che l’avviano al sociale:filastrocche, canzoni, fiabe, gesti
affettuosi, coccole…dove si contrappongono generazioni e origini sociali, è appunto nella prima età quella
più precaria perché minacciata da morte precoce , dalla fine della madre, che il bambino è più a rischio;
privo di uno o di entrambi i genitori esce dalla famiglia. La storia dell’infanzia nel passato ha come sfondo
costante quello della famiglia, ma spesso la scena si sposta in ospizi per trovatelli. Concomitante alla vita in
famiglia vi si svolge una vita collettiva. Ma vi sono altri di loro su cui la famiglia opera
violenze:dall’esposizione dei neonati imperfetti nell’antichità, ai bimbi abbandonati, ai bimbi uccisi in
famiglia. La morte è assai spesso una morte in famiglia . Peraltro nelle ultime generazioni sorgono forme
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originali ed inedite di famiglia, genitore solo, dove vengono sfruttate e richieste altre risorse del sociale
dove il padre si fa carico della cura del figlio.
1. Astianatte e i suoi genitori: Astianatte (figlio di Ettore e Andromaca)nell’Iliade di Omero viene
narrato da bimbo regale a piccolo orfano destinato a morte terribile (Fu ucciso da Neottolemo, che
lo gettò dalle mura di Troia su consiglio di Ulisse, affinché la stirpe di Priamo non avesse
discendenza, venne quindi seppellito da Ecuba che ne pose il corpo sullo scudo che era appartenuto
ad Ettore. Secondo altre versioni del mito, il piccolo fu salvato da un'ancella, e, una volta diventato
adulto, avrebbe rifondato la città di Troia. Secondo l'Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo
(Libro III, Canto V), Andromaca avrebbe sostituito Astianatte con un altro bambino, che fu ucciso
dai Greci al posto suo, lasciando il vero figlio nascosto in un bosco. Successivamente Astianatte
sarebbe stato portato da un amico di Ettore in Sicilia, dove prima di essere assassinato dal greco
Egisto, concepì con la Regina di Saragozza un figlio, Polidoro, dalla cui stirpe nacque il famoso
Ruggero.) E’ piccolo, non parla ma Omero ne fa una specie di personaggio muto di un dramma. Un
mondo di donne lo accudiscono, una madre tiepida, un padre orgoglioso. Astianatte è il primo
bambino figlio la cui esistenza sociale è vista dipendere direttamente dai genitori, è il primo
orfano:in questa fenomenologia infantile i termini sono la famiglia e la morte e sono anticipo
emblematico di alcune condizioni ricorrenti nella vita del bambino:il suo essere in famiglia, il suo
essere orfano, il suo morire.
2. Abbandoni e adozioni: la vicenda di Romolo e Remo raccontata nel I libro delle storie di Tito Livio
(59 a.C-17-a.C.) dimostra che senza la famiglia (in questo caso adottiva che conosce il segreto e lo
svela al momento opportuno) il piccolo dell’uomo ha un destino di morte ed è solo la foamiglai che
gli consente di entrare nel sociale.
3. Le coccole della vecchia nutrice: nella commedia Samia di Menandro ( 342-290 a.C. circa) il piccino
è figlio di Moschione e di una giovane vicina Plangone; nato da un’unione non consacrata viene
dato alla schiava Samia che dal padre di Moschione ha avuto un figlio della stessa età del figlio di
Moschione. La commedia si snoda complessa fino al lieto fine, consentendo scene di
vezzeggiamento per i più piccini.
4. La Sacra Famiglia: in queste opere di Giovanni da Milano (1346-1369 circa) la rappresentazione di
Gesù accanto a Maria e Giuseppe ricorda la vicenda mondana di Cristo. Il paradigma evangelico con
la centralità della coppia madre Figlio e la posizione marginale di Giuseppe violano probabilmente
il carattere patriarcale della famiglia del tempo in cui il padre era il capo e madri e figli avevano
posizione subalterna.
5. Padri e figli: Leon Battista Alberti (1404-1474) Nel libro della famiglia, delinea la figura del padre
che ha compiti di governo della casa e di cura formativa dei figli non disdegnando con esse con la
madre il divertimento. I più piccini, pur se affidati alle cure delle donne, vedono nel ruolo del padre
modificare relazioni domestiche, socializzazione, rapporti tra domesticità e comunità civile, ,
facendo della paternità una professione nuova che si instaurerà nelle società europee tra il 5 e il 7
cento
6. Nenie e lamenti: Giovanni Pontano, poeta (1429-1503) scrisse delle nenie e dei versi per il figlio
Lucilio che morì a soli 50 giorni, immaginandolo fanciullo sano e florido anche più
grande;successivamente nei versi del De tumulis restituisce a secoli di distanza il dolore dei genitori
e un’immagine infantile assai recente:quella del bimbo che nasce precario e muore piccolissimo.
7. La famiglia del falegname:Rembrant dipinge nel 1645 questa Sacra Famiglia nella bottega del
falegname. La madre che culla il bimbo leggendo un grosso libro memore della sua infanzia al
tempio. Giuseppe in ombra intento nel suo lavoro. La culla in piena luce,.il dipinto rappresenta una
laicizzazione del testo evangelico un’idea nuova di famiglia, di infanzia, di divinità:nel nucleo
domestico al bambini venivano attribuiti ruoli e funzioni allora inediti.
8. Cecino: Nella favola toscana di Cecino il protagonista è figlio arrivato per caso (una maledizione),
scampato ad un matricinio furibondo (la madre uccide i 100 figli perché nn può matenerli), ma
amato dalla madre;il padre se lo porta come aiuto nel suo lavoro ma anche lo cede:Sarà poi lui a
riscattare la famiglia dalla povertà. Cecino è fuori misura, precocissimo. La fiaba di Cecino è
racconto di quanto ad un bimbo veniva fatto fare in un’epoca senza data del nostro passato e di
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come gli adulti se ne avvalevano ed è metafora di come un bimbo diveniva figlio anche nel mondo
affettivo della madre e del padre.
9. La famiglia del Re: la famiglia di Carlo IV è un gruppo diversificato, colto da Goya con ironia nel
1800;nella scena di corte sembrano organizzati in una specie di summa delle età della vita dalla
primissima infanzia all’adolescenza, con tutte le relazioni i vestiti, le pose e le espressioni che ogni
età comporta. E’ un esempio di grande famiglia tra il 7 e l’8cento non importa se regale o povera,
che costituisce il luogo per eccellenza nella quale si svolge la vita dell’individuo e nella quale il
bambino apprende i ruoli del suo gruppo sociale. Secondo alcuni questo ritratto è ironico: il pittore
prende in giro la famiglia reale, ma grazie alla sua fama e alla stupidità della corte, ciò non verrà
mai scoperto né l'artista subirà sanzioni. Secondo una critica più recente, però, che fa capo allo
storico dell'arte e biografo di Goya Robert Hughes, ogni intento caricaturale va escluso: Goya era il
pittore di corte, aveva dipinto e dipingerà i membri della famiglia reale molte altre volte e non si
sarebbe sognato mai di compromettere la sua posizione con un'inopportuna ironia. Anzi, forse
cercò perfino di abbellire un poco i suoi sgradevoli committenti. E se i reali di Spagna non furono
del tutto soddisfatti dell'opera, ciò avvenne perché la giudicarono troppo modesta come sfondo:
l'angolo di una sala, due tele anonime alle spalle. La scena è illuminata da un raggio di luce che
mette in risalto gioielli ed abiti dei regnanti. Tutti i personaggi sono in luce, ad eccezione di uno in
fondo a sinistra che è in ombra: questo personaggio è Goya stesso, che si finge intento a dipingere
una scena che sta dietro l'osservatore. Si tratta di un richiamo alla pittura di Velazquez. Carlo IV,
figura emergente del gruppo di destra, viene ritratto con un volto ordinario, di persona sciocca e
non sembra mostrare la sua potenza di re. È infatti Maria Luisa di Borbone-Parma, la moglie di
Carlo IV, al centro del secondo gruppo, tra i due figli minori, la figura dominante nonché la potenza
della famiglia. Sulla sinistra di chi guarda, in primo piano c'è il principe ereditario Ferdinando e
dietro di lui il fratello minore Carlo: dietro si affaccia la testa di un'orrida megera, che è la loro zia,
l'infanta Josefa, sorella di Carlo IV: sulla destra c'è la coppia ducale di Parma, cioè la figlia del re
Maria Luisa con il marito Luigi: la giovane duchessa ha fra le braccia l'erede di pochi mesi, Carlo
Ludovico. Dietro il re si affaccia il fratello minore, don Antonio Pasquale e fra quest'ultimo e i duchi
di Parma c'è una testa di donna non perfettamente identificata. Allo stesso modo, fra il principe
ereditario e la regina c'è la figura di una fanciulla dalla testa girata: la futura sposa dell'erede al
trono, allora ancora sconosciuta dato che Ferdinando aveva sedici anni appena. I bambini
raffigurati vicino a Maria Luisa sono Isabella, futura regina di Napoli, e Francesco di Paola. La
pubblica voce attribuiva la paternità dei due piccoli a Manuel Godoy, onnipotente primo ministro,
dato che Maria Luisa era molto screditata agli occhi dell'opinione pubblica e Carlo IV passava per un
marito compiacente. Attraverso i giochi chiaroscurali i personaggi suggeriscono un senso di
mistero. Quest’opera rappresenta l'opposto del neoclassicismo, infatti Goya lascia spazio
all'imperfetto. Mentre lavora a quest'opera e ad altre commissionate dalla famiglia reale, Goya ha
modo di riflettere sulla società spagnola e sulle condizioni del Paese. Si può notare il legame
sempre più stretto tra l'artista e il nuovo clima culturale, suggestionato anche dall'Illuminismo;
nell'opera, infatti, alla luce, che è l'elemento unificante del dipinto, viene assegnato il duplice
compito di sottolineare il lusso degli abiti e il brillio dei gioielli e delle decorazioni, ma anche di far
risaltare, che l'artista l'abbia voluto o no, la bruttezza, la follia e la presunzione degli illustri effigiati.
Ma la luce esclude solo i bambini che non hanno niente a che fare con la società ormai corrotta.
10. Il bambino e la sua mamma: Stendhal (1783-1842) in questa autobiografia incompiuta intitolata
“Vita di Henry Bruland” narra il rapporto con la madre morta di parto quando aveva sette anni e
ricorda la passione-innamoramento- in termini quasi freuidiani del desiderio del corpo materno. Si
procede in modo rapsodico in cui la madre è figura che entra di rado nel gioco della narrazione, ma
quando è presente, illumina di sé il bambino, i luoghi e le persone del suo vivere rendendo
attualissimo il ricordo.
11. Contrassegni di bambini abbandonati:Nell’Archivio dello Spedale degli Innocenti a Firenze sono
conservati contrassegni, messaggi brevi scritti indicanti la data di nascita e il nome di bambino
abbandonati e affidati allo Spedale:da essi emerge un legame che i genitori che abbandonano non
vogliono interrompere e i disegni dovrebbero favorirne l’identificazione.
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12. L’arte di essere nonno: Victor Hugo (1802-1885) nel suo L’arte di essere nonno scrive del suo
amore per i nipoti giorgio e giovanna figli del figlio carlo. Questi contrastano con i personaggi
drammatici dei miserabili che poi attraverso l’aiuto di personaggi generosi avranno il loro riscatto. I
nipoti invece trovano con il celebre nonno un rapporto di paritetica complicità, che sottolinea gli
atteggiamenti mutati verso la prima età.
13. La foto ricordo: nella foto della famiglia N. di Trieste del 1897 si notano l’immagine non entusiasta
dei figli accanto ad una mamma in attesa che sta in una posizione di mediazione tra il padre (in
alto) e i figli. In questo ritratto di famiglia di ceto medio si assegnano ruoli diversi e gli sguardi che
non si incrociano sembrano testimoniare questo difficile esistere genitori figli.
14. Violenza contro l’infanzia: una ricercatrice dell’Università di Bologna ha raccolto la quantità di
articoli sulle violenze dei minori scritte su 4 quotidiani dal 1979 al 1985:nel 35% dei casi si tratta di
violenze subite in famiglia- gli autori vanno dai 31 ai 40 anni; lo stupro è il tipo di violenza
maggiormente subito dai maschi (8-11 anni) e femmine (dopo i 14 anni);si rileva una quota
rilevante di abusi in contesti di ceto medio;il numero dei casi del sud è pari a quelli del nord. E’
un’analisi parziale, infatti quanti casi non sono denunciati?
15. Bambina con papà: in questo romanzo di Peter Handke(Griffen, 6 dicembre 1942è un
romanziere e drammaturgo austriaco da madre slovena e da padre sconosciuto) descrive in
forma autobiografica il rapporto padre e figlia in una famiglia monoparentale (la madre si è
allontanata). Egli descrive il crescere della piccola e il farsi padre del protagonista:la bimba è
presentata così come il padre la vive non come la piccola vive il papà. Si descrive cioè cosa è il
bambino nella mente e negli affetti dell’adulto. “…tutto ciò confluì nella storia della bambina e di
lei come persona , a parte i soliti aneddoti, all’adulto rimase in seguito impresso un aspetto
caratteristico:che era gioiosa e sensibile”.
CAP.5 SCUOLE
Fin dall’antichità i bambini della collettività certo i più abbienti, apprendevano in situazioni organizzate,
con un maestro, attrezzature e contenuti tanto da poter parlare di vere e proprie scuole. Gli altri non
esperivano di un’istruzione organizzata, ma imparavano cose diverse in ambienti informali. La scuola
dunque da millenni nel mondo occidentale si può considerare sede elettiva quansi alla stregua della
famiglia. Anzitutto la scuola è un setting, ambiente organizzato:il essa il bambino ci va a partire da una
certa età, per far cose che talora ripete ed elabora a casa. Anche l’istruzione domestica che si afferma a
partire dal 400 prevede che ambienti all’interno della casa vengano lasciati liberi per consentire tali
apprendimenti. I maestri cercano di motivare allo studio sovente in modo violento, regolando
l’apprendimento con esercizi ripetuti e monotoni:la storia della scuola è stata fino a non molto tempo
fa, la storia di discipline e disciplina. Inoltre la scuola ha la sua materialità: tavolette di cera, libri che
durano generazioni…accanto agli oggetti ci sono rapporti tra pari:gli allievi fraternizzano fra di loro,
imparano l’arte del primeggiare, il vizio del fare la spia, del marinare le lezioni…a partire dalla fine del
XVIII sec. il tempo della scuola si estende:si cominciano ad istituire asili per i più piccoli. Le istituzioni
assimilano quanto fa parte del mondo del bambino:giochi che diventano esercizi didattici,
apprendimenti sociali. Per questa sua pervasività la scuola domanda delle testimonianze ai
bambini:compiti a casa, voti, disegni, lavoretti…a scuola si imparano anche i ruoli sessuali: fino ai tempi
più recenti maschi e femmine non hanno la stessa vicenda scolastica. Dispositivi scolastici sono stati a
partire dalla fine del 1700 libri e periodici per l’infanzia.il bimbo può anche non saper leggere, ma c’è un
adulto che lo introduce al testo. La scuola cerca di aiutare questa esperienza. Tuttavia il libro per
l’infanzia è visto a casa come un oggetto, non come una fonte di comunicazione. La scuola del libro
fallisce e altre fonti di apprendimento più impalpabili, ma certo più potenti,(computer) catturano il
bambino: lui deve destreggiarsi a diventare grande in questa discontinuità, in questo rumore di offerte,
nella pluralità non raccordata delle scuole.
1. Il maestro di scuola: questo testo scritto dal mimiambo di Eroda (Il termine mimiambo ci
porta subito a pensare ad un vecchio poeta di cattiva fama tra i Greci benpensanti-
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Eroda, o Eronda (Alessandria d'Egitto o Kos, III secolo a.C. – Kos, inizio III secolo
a.C.), è stato un poeta greco antico, compositore di mimiambi) forse vissuto a Cos nel III
sec. a.C. tratteggia le figure del maestro (Lamprisco), della madre (Metrotima)che invoca aiuto,
ma si lamenta per l’esborso e per gli scarsi risultati dell’insegnamento, le finalità della scuola
(insegnamento delle discipline e della disciplina) e la figura dell’allievo Cotalo il cui profilo è
ancora vivo e fino a non molto tempo fa ancora attuale.
2. Alessandro e il suo precettore. Esempi di figure di precettori e allievi sono Achille e il centauro
Chitone, Alessandro magno ed Aristotele. Ma mentre per i primi si tratta di eccezionalità
inimitabile, per la natura semidivina del pupillo e animale del precettore, nel secondo si è in
una dimensione di eccellenza. In questa tavola del tardogotico francese, nella diade filosofo re
si esplica una forma di cultura morale e politica trasmessa che ha a che fare con il sapere e il
saper fare: gesti che non sempre sono messi in gioco quando l’azione del maestro di casa è
meno nobile e paradigmatica di quella del filosofo antico.
3. In fuga dalla scuola: Nel Rationarum vitae, Giovanni Conversini da Ravenna (1343-1408 filosofo
e letterato professore in vari studi dell’Italia Settentrionale) racconta l’infanzia e il travagliato
itinerario di studi con maestri tanto violenti, quanto incapaci ricordato con particolare vivacità.
Nella sua autobiografia, su modello delle Confessioni agostiniane, Conversini racconta gli
incontri con le dolci monache di Ravenna e Bologna(…sono stato allevato con grandissimo
amore e preoccupatissima attenzione, come se fossi stato messo al mondo dal ventre di tutte
loro…), Filippino,un suo maestro sevum et ferreum (…sopportando la folle crudeltà di Filippino
senza piegarmi, presi ad odiare le lettere e tutti i maestri…era un carnefice dei suoi allievi…) e
l’effettiva vita in aula, le reazioni dei piccoli allievi, il sentimento che del bambino avevano molti
adulti. Il protagonista fugge da scuola aiutato da alcuni mercanti si dirige verso Firenze.Poi
raggiunto dai familiari viene riportato a casa, con la promessa poi non mantenuta che non
andrà più alla scuola di Filippino;però non dormirà più lì. Ciò nonostante le angherie del
maestro aumentano e lui fugge di nuovo; questa volta ripreso ottiene un nuovo maestro che
non è crudele come il primo ma altrettanto arcigno e stupido. E’ rimasto sotto maestri
sanguinari e pieni di cinismo, finchè vicende storiche lo riportarono a Ravenna dalle monache.
4. La scuola del principe: L’erede di Ludovico il Moro al ducato di Milano,Massimiliano, viene
raffigurato in questa miniatura. Per lui venne allestita una scuola, gli vennero dati dei
compagni, furono scritti testi come la grammatica del donato miniati da artisti famosi che
rappresentavano il fanciullo intento a compiere beni principeschi. Il cartiglio sotto la figura
recita un augurio per Massimiliano mai realizzato: non divenne né ottimo principe, né uomo
colto.
5. Il bambino pansofico: L’ orbis sensualium pictus edito per la prima volta a Norimberga nel
1658, è il primo libro per l’infanzia sistematico ed illustrato. Si presenta come una enciclopedia
illustrata di tutti gli elementi dello scibile umano:strumento di educazione morale e religiosa,
testo di esercizi per l’occhio, la mente, la parola, la memoria il cuore. Le prime pagine mostrano
tale intento il puer cui il maestro si rivolge è invitato al lungo viaggio attraverso tutto ciò che
concorre ad imparare la saggezza. (pag.207)
6. I bambini e i loro modelli: una aristocratica famiglia veneziana quella dei Venier viene ritratta
da Pietro Longhi tra il 1778 e il 1780. Al centro un bambino piccolo tenuto per mano dal
precettore che gli indica come stare nel mondo:il piccolo infatti ha già appreso i gesti e gli
atteggiamenti del corpo consoni ad un aristocratico.
7. Tra scuola ed arte: Thomas Bewick (1753-1825) che diventerà poi un celebre incisore, ricorda la
sua infanzia con angoscia a causa della durezza del maestro e dei compagni. Ma a differenza di
Conversini la sua fuga non sarà reale, ma nell’immaginario. Alla scuola del leggere, scrivere e
far di conto contrappone l’esperienza formativa del disegno, il suo gusto infantile nel vedere
tracciati segno ogni dove.. La sua vicenda si complica per lui bambino dotato ma non aiutato
dalla scuola. Dopo un episodio di ribellione ad un punizione corporale, iniziò a marinare la
scuola. Scoperto venne duramente picchiato dai genitori, poi affidato ad un maestro di indole
opposta al precedente. Con lui fu felice e iniziò ad imparare con grande passione. Però il
maestro morì giovane. Nella nuova scuola tutto tornò come prima fu costretto ad imparare a
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suon di frusta, intanto iniziava a riempire tutto gli spazi bianche dei fogli e dei libri con disegni.
Poi passò ai portici con il gessetto e per questo venne deriso dal maestro “…a quell’epoca non
avevo mai sentito parlare del disegno…anche mio padre trovò molto da ridire che sprecassi il
mio tempo in occupazioni così futili…ma la vocazione per il disegno era talmente radicata che
niente avrebbe potuto trattenermi dal seguirla”. Un amico poi gli diede la carta e così
utilizzando inchiostro e succo di bacche selvatiche iniziò a disegnare più comodamente. E così
iniziò la sua carriera.
8. Il piccolo Robinson L’autore del più celebre libro dell’infanzia tra il 700 e l’800, Campe, scrisse
testi tra il didattico e il ricreativo. Nella “Descrizione di viaggi dell’infanzia” l’autore rappresenta
spettacoli naturali ed antropici e soprattutto illustrazioni che favorendo la curiosità del lettore,
dovevano favorire l’apprendimento. A pag.214 vi si trovano le descrizioni dei Samoiedi e delle
illustrazioni.
9. Un registro di scuola: il registro del direttore di una scuola di un quartiere operaio nei pressi di
Southampton di cui si riportano ampi stralci, documentano con efficacia la vita scolastica e
soprattutto l’irregolarità delle presenze , la debolezza delle figure magistrali, gli assistenti poco
più che bambini, la disomogeità delle classi, la demotivazione di grandi e piccoli per fatiche
didattiche obsolete,impegni e distrazioni extrascolastiche degli allievi che rendevano lo stare a
scuola gravosissimo. Il direttore tra l’altro non approva le punizioni corporali. Poi vi sono altre
annotazioni del direttore che l’ha seguito.
10. La scuola della mamma: la scrittrice norvegese Sigrid Undset nella sua autobiografia Undici
anni (del 1934) racconta la sua formazione che come per la maggior parte delle bambine dei
ceti borghesi ed aristocratici avveniva in casa. Alla sua formazione concorre il padre archeologo
che l’accultura informalmente e una madre intelligente che coniuga i saperi peculiari della
donna con saperi specifici della scuola. L’impatto delle famiglia è forte e paradigmatico specie
nel caso delle bambine.
11. Libri illustrati: la tradizione dei libri illustrati per l’infanzia in Inghilterra che ha tra i suoi autori
Carroll con le sue illustrazioni per Alice nel paese delle meraviglie prosegue con gli animali di
Beatrix Potter (1866-1943). Essi rappresentano vicende antropiche, nella miglior tradizione
favolistica che a partire da Esopo ha accompagnate generazioni di lettori.
12. La classe e il suo diverso: in questo brano si parla di una classe alla periferia di Parigi che
utilizza tecniche Freinet (tipografia, testo libero…) : è la storia di un tragitto educativo, il potere
del gruppo classe , le difficoltà della maestra. Si tratta di una scolaresca omogenea nella quale
emerge la figura di una bimba di colore difficile integrarsi nel gruppo. Alice questo è il nome
della bambina viene tenuta a scuola, la famiglia fatica ad occuparsene Dopo una fase iniziale in
cui il suo testo viene scelto dal gruppo perché si è sforzata (e lì è iniziata la sua integrazione) in
un momento successivo racconta la propria storia e si racconta in una forma di ESSERE CON :il
non intervento della maestra può forzare l’evoluzione del bambino ed essere decisiva.qui si
rimette in discussione il ruolo tradizionale del maestro. Gli autori sono Aida Vasquez e Fernand
Oury.
13. Prescuola :alcuni dati europei nei principali stati europei è costume far frequentare
un’istituzione scolastica prima dei sei anni e questo servizio sul piano quantitativo è all’altezza
delle richieste
CAP.6 LAVORO
I bambini lavoratori condividono con gli adulti la durezza della vita. Di questa infanzia (piccoli schiavi,
garzoni di bottega, piccole ancelle, mendicanti…)la storia dà spesso notizie soprattutto nel secolo scorso. In
questa storia si evidenziano le molte infanzie del sociale con grande chiarezza nei loro tragitti di crescita.
All’interno di essa possiamo distinguere fra mestieri domestici, mestieri che impegnano il piccolo fuori casa,
lavori che il bambino potrà svolgere anche nell’adolescenza e nell’età adulta, durante i quali hanno appreso
saperi sociali ulteriormente spendibili. L’apprendistato infantile, soprattutto dei mestieri manuali, i son
frutto di un esercizio realizzato sovente sotto la minaccia di punizioni fisiche, procedendo per imitazione.
Anche nel lavoro domestico delle bambine. Si tratta di mimesi e del fare insieme pedagogico. Il più delle
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volte però lavora per necessità senza modelli né compagnie (es. il lavoro di mandriano, o in miniera) con
rischi e pericoli enormi. Altri lavori sono occasione di socializzazione con il mondo adulto e quello di altri
coetanei (apprendistato sociale). Ma la frattura più grossa di cui soffre il piccolo che produce e guadagna,
non è tanto con il suo contesto familiare, quanto con le istituzioni educative extradomestiche. Nell’aula il
maestro non è necessariamente il modello di ogni condotta che va appresa, non è la persona con cui si
lavora, ha distanze molto forti con il bambino. Lavoro minorile e scuola sono dunque gli ambiti antitetici
della vita del bambino. La scuola ha tentato di ovviare a questa realtà, preparando ad es. i bambini nella
classe ad attività lavorative, oppure istituendo scuole tecniche. E’ riuscita molto lentamente a comporre la
frattura fra aula e fabbrica più per il ridursi del lavoro minorile e non grazie all’inventiva didattica e
culturale dei programmi.
1. Lavoro di strada: In questo mosaico pompeiano del II sec. a.C si osserva un bambino ai margini di
un gruppo di musici tra cui una donna;egli forse ha una parte servile, magari richiedere l’obolo
dopo l’esibizione. I luoghi e le funzioni sono altri rispetto a quelli di un bambino del ceto abbiente.
2. I mestieri del bambino: nella sua autobiografia Platter (1499-1582) nato da una povera famiglia del
Vallese, narra dei suoi incontri con Zwingli, Erasmo da Rotterdam . Essi sono la testimonianza
bambina tra un’ideologia religiosa e scolastica tardo medioevale e l’affermazione della riforma
protestante, tra una cultura analfabeta e la raffinatezza del ritorno ai classici del sapere
rinascimentale. Inizia come capraio (guardiano di capre) tra mille pericoli e molti rischi di morte. Poi
prosegue come guardiano di vacche. Poi proseguì con l’apprendimento delle letter eper diventare
ecclesiastico. Il maestro era violento. Poi racconta dell’avventuroso viaggio per arrivare in
Germania ad una scuola.
3. La povera servetta. Ci sono figure di serve che sono state liberate da padrone benevoli. In questo
testo, tratto da un libro di lettura per bambini scritto su commissione di un filantropo di
Brandeburgo da cui prendeva avvio la redenzione dei ceti più deboli. Esso contiene insegnamenti
religiosi, civili organizzati secondo la contrapposizione forte-debole, buono cattivo, povero ricco.
4. Il lavoro infantile nella società industriale inglese:Pubblicato nel 1845 da Engels questo è il testo
più noto sul lavoro nelle fabbriche e nelle miniere in un’epoca di radicale cambiamento. Egli
considera anche le modificazioni sulla vita privata, sulla salute. E’ il bambino di una società che
paga un pesante prezzo ai propri cambiamenti e che viene analizzato nelle sue condizioni più
drammatiche. Innaturalità dei modi di vita, deprivazioni…questa analisi darà origine a molti altri
studi di questo tipo che proseguiranno fino ai nostri giorni. I bambini “schiavi del loro padrone”
venivano utilizzati perché più adatti a maneggiare le macchine. Da principio si trattava di bambini
degli asili (5 6 7 anni), per poi alzare il tetto a nove-dieci anni. Le condizioni di vita sono
inimmaginabili (malnutrizione, malattie soprattutto per chi immerge le ceramiche finite in un
liquido che contiene arsenico, piombo e altre sostanze velenose ) Anche l’istruzione scarseggia “i
maestri delle scuole domenicali lamentano la grande sonnolenza e l’abbruttimento dei fanciulli,
nonostante la grande voglia di apprendere.
5. Introiettare il valore del lavoro: in questo breve dialogo tra due fratellini poveri scritto da Marie
Carpentier e destinato a a testo per le scuole materne, l’idea di fondo è questa:il lavoro dei bambini
non è un male in assoluto è negativo solo se non è legato alla fatica onestà dipendenza
competenza. Al bambino povero tocca sopportare con dignità e rassegnazione senza infrangere
l’ordine sociale, i mali che il buon Dio gli ha inflitto.
6. Il piccolo pifferaio: Edouard Manet dipinge un pifferaio; a partire dalle guerre napoleoniche in poi
nascono queste figure di bambini musici che allietano, motivano gli adulti soldati in guerra. Il
mestiere del bambino è sui generis, viene retribuito con il mantenimento completo. Ha in questo
caso la conferma esaltante dell’uniforme, l’unicità della propria carica all’interno di un gruppo di
persone grandi. Questo rende questo mestiere più entusiasmante, ma anche più
drammaticamente oneroso rispetto ad altri a causa della fatica della quotidianità in campo,
dell’assenza di figure materne, dell’uniformità dei modelli di immedesimazione.
7. Leggi:la prima legge in merito alla regolazione del lavoro minorile è inglese del 1834 che proibisce il
lavoro minorile al di sotto dei 9 anni. Essa però viene disattesa, né una successiva prussiana del
1839 e francese del 1841, modifica lo stato di fatto, eliminando il lavoro abusivo. Un altro
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provvedimento francese del 1874 eleva l’obbligo a 12 anni. La prima legge italiana è del 1886 e
viene riportata nel testo: essa appare molto più antiquata di quella degli altri paesi europei, senza
vincoli di scolarità. E’ proibito far lavorare i bambini di età inferiore ai 9 anni e tra i 9 e i 15 è
obbligatorio un certificato medico. Solo oltre il 12esimo anno potranno lavorare per più di 8 ore al
giorno. Sarà con il giugno 1902 che il limite in Italia sarà fissato a 12 anni e si alzerà con i decreti
successivi fino al DPR n. 432 del 1976 che pone a 16 anni per i maschi e 18 per le femmine il livello
minimo di età per essere adibiti a lavori pericolosi. Vi è poi legge 29 del 2006 che ha poi innalzato
l’obbligo scolastico e l’età minima per avviarsi al lavoro (apprendistato compreso) ai 16 anni.
8. Il piccolo spazzacamino: in Cuore di De Amicis (1886) l’autore dedica il testo ai bambini delle scuole
elementari per contribuire al loro cammino di crescita. La pedagogia deamicisiana si basa sugli
esempi. Il piccolo spazzacamino è un figura che entra nel racconto (la cronaca scolastica di Enrico).
Egli viene descritto anche nei vissuti che suscita in chi lo incontra: non stanno tanto nella scena di
infanzia povera ed alienata, quanto nel sentimento di pietà che il piccolo lavoratore evoca , il suo
essere altro rispetto alle bambine borghesi.
9. Incidenti e morte:la letteratura sociale dello scorso secolo è ricca di indagini governative e private
in cui i dati riguardanti gli incidenti anche mortali sul lavoro vengo stigmatizzati. In questo stralcio
vengono riportati i dati di indagini mediante raccolta d’incidenti apparsi sulle principali testate
giornalistiche dal 1970 al 1974.
10. Solitudine: il lavoro è per il bambino occasione di socializzazione di incontro con altri bambini e con
adulti . sia in bottega, sia in fabbrica egli è esposto ad esempi. Se i documenti, specie quelli del
secolo scorso, testimoniano più esperienze soprattutto negative, la letteratura dell’epoca è ricca
anche di incontri buoni (ad es. imbattersi in un compagno forte). Ma vi sono una serie di situazioni
in cui il bambino lavora da solo soprattutto in zone agricole. Il rapporto è qui del bambino con le
cose e gli animali, dove la solitudine non dà risposte e dove alle origini c’è un atto di violenza:ad es.
l’essere venduto dalla famiglia in un crescere del corpo senza quasi stimoli per la mente e per gli
affetti. Qui si parla del fenomeno in Puglia intorno al 1970 dove ragazzi di 10-12 anni stanno a
padrone per un anno intero senza andare a scuola, adibiti alla pulizia delle stalle, governo delle
bestie senza né tariffe, né orari, maltrattati e malnutriti. In particolare si narra la vicenda di Michele
Colonna suicida a colpi di fucile. Dall’età di 12 anni era stato acquistato da un massaro poi
rivenduto ad altri due, solo sempre solo privato di ogni gioco infantile:un’esistenza bruciata in una
sconfinata solitudine che l’ha spinto a quel gesto.
11. Il lavoro nella scuola: il lavoro infantile è stato a lungo opposto della scuola. Problematica molto
importante anche per quanto riguarda la questione del lavoro nella scuola che ha avuto la sua
conclusione disciplinare con i programmi del 1955 in cui sotto la dizione di attività manuali e
pratiche, si parla di attività manuali e pratiche differenziate tra maschi e femmine. La scuola
primaria si riteneva avesse anche la funzione di valore diagnostico circa le capacità del bambino e
potesse fungere anche da avviamento a competenze produttive peculiari del singolo intese come
gioco lavoro.
CAP. 7 GIOCHI E GIOCATTOLI
La storia dei giochi e dei giocattoli non è ancora stata elaborata in modo sistematico. Però una vicenda di
materialità ed atti simbolici lega il bambino che giocava in tempi antichissimi al puer ludens di oggi.
L’esperienza del gioco è fenomeno centrale della vita umana, ma non per questo viene adeguatamente
apprezzato e documentato. Una storia del gioco consentirebbe la ricostruzione di una dimensione peculiare
della vita infantile e anche degli investimenti che in essa si sono fatti. Infatti nelle situazioni ludiche il
mondo del bambino si intreccia con quello delle cose cui è il bambino stesso ad attribuire un significato (il
gioco di ruoli del far finta prefigura ciò che il bambino sarà da adulto). In tale quadro è possibile inseguire
delle costanti che percorrono secoli e culture:giochi per maschi e per femmine, giochi per bimbi più piccini
e grandicelli, regole e turni…se alcuni aspetti (filastrocche, giochi della bambola, nascondino) rimangono
invariati o subiscono rare mutazione, si è però estinto il giocattolo fatto in casa o costruito dal bambino
stesso. Il gioco Spiel dal tedesco significa anche spettacolo:quindi oltre ai giochi del far finta di vi sono dei
teatrini dell’Ottocento. Il gioco da momento disimpegnato viene assimilato dalla scuola in particolare del
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nido e dell’infanzia come sostegno all’esperienza di apprendimento. Il gioco del far finta di assume
dimensione terapeutica e diagnostica a livello psicanalitico. Del bambino che gioca è rimasta scarsa traccia
nei secoli e solo a partire dalla fine 700 inizi 800 che si è scorto il grande significato evolutivo sociale ed
epistemico, preparatorio della vita futura e di sollievo dalle ansie.
1. Giocare nella polis ideale: Nelle Leggi Platone delinea la polis ideale meno utopistica rispetto a
quelle della Repubblica. Definisce luoghi e norme di particolare importanza per la vita civile e la
paideia dei non adulti. Quindi i bambini dai tre ai sei anni in temenoi consacrati agli dei sotto la
guida di nutrici trascorreranno molte ore in giochi inventati da loro , apprenderanno tra fantasia e
disciplina i primi rudimenti del mestiere di cittadino. Platone in questo stralcio appare capace di
cogliere le peculiarità della natura infantile capace di tradursi in condotte utili allo stato.
2. Giochi e miracoli: in un vangelo apocrifo si narra di Gesù e dei suoi giochi di bambino . il testo al di
là dei significati dottrinari e simbolici, è una breve testimonianza di come giocava un bambino dei
primi tempi del cristianesimo, anche se non è possibile definire l’esattezza della testimonianza.
3. Un bambino gioca per la strada: in questa tavola è effigiato Andreas Schwarz che in una
autobiografia andata perduta racconta la sua storia, serie di didascalie di episodi illustrati. Si coglie
un momento della vita infantile agli inizi del XVI sec. e di vederli in un’ottica di chi li ha vissuti, li
ricorda e fa tradurre in immagine la sua memoria.
4. I cavalli finti: Rabelais (1494-1553) in un suo testo racconta l’infanzia del gigante Gargantua,
mantenendo molti tratti dell’origine popolare della storia. I cavalli di Gargantua sono dei giocattoli
di legno che egli riveste con la fantasia. Nella microstoria del bimbo fuori misura che gioca tutto è al
di là del reale e i personaggi che vi entrano finiscono col fuggire da tale mondo improbabile. Qui il
gioco è qual fare dove il discrimine tra mondo effettuale e produzione dell’immaginario, non è
definibile.
5. Un’enciclopedia illustrata di giochi: Pieter Bruegel il vecchio dipinse il grande quadro Giochi di
bambini nel 1560: è probabilmente allegorico, alcuni hanno voluto trovare un primo affresco
dedicato alle età dell’uomo, in cui il bambino è appare intento alla sua variegata attività elettiva,
appunto il gioco. Piccoli e grandi si divertono insieme secondo in distinzione di età che Ariès ha
evidenziato a più riprese e che si è protratta fino alla fine del 600. I giochi sono metastorici, fatti
con attrezzi poveri, la gente appare catturata dalla vertigine del gioco. Secondo un’altra
interpretazione la brulicante veduta della piazza di un paese ospita gruppi di bambini che mettono
in scena circa ottanta giochi dell'infanzia. Il soggetto, già praticato nella miniatura medievale, viene
qui per la prima volta riunito in un'unica scena. La veduta è infatti ottenuta tramite l'applicazione
geometrica della prospettiva quattrocentesca, popolata da gruppi di figure e personaggi singoli
equilibratamente sparpagliati, con un'organizzazione per zone facilitata dalla presenza di macchie
colorate sul terreno, ora polveroso, ora fangoso, ora erboso, in piena luce oppure in ombra. I volti
da adulti dei fanciulli, privi di qualsiasi allegria nell'atto giocoso, sono stati letti come un richiamo
all'inutilità delle azioni umane, svolte in maniera meccanica e senza alcuna soddisfazione. I giochi
sarebbero quindi un'imitazione della vita degli adulti. Lo stesso fanciullo che si vede alla finestra in
alto a sinistra indossa una maschera da adulto per spaventare i passanti. Il lato sinistro del dipinto,
dove oltre un'abitazione dalla parete rossa si vede un giardino e, più lontano, un'oasi
frescheggiante sulle rive di un fiume, offre un punto di sosta e riposo per la mente dell'osservatore,
con la piacevolissima veduta delle lontane case del villaggio.
6. Giocare ai dadi: i bambini di questa pittura di Mourillo (1617-1682) non sembrano né poveri né
infelici;si vedono bambini che giocano a dadi (gioco considerato da adulti dunque potrebbe
significare bisogno del bambino di crescere in fretta); ad essi sono affiancati altri che mangiano,
lavorano chiedono le elemosina. Velasques aveva dipinto i piccoli principi senza sorrisi, qui invece
vi è l’infanzia idealizzata nel sorriso, nel gesto di essere, nella vitalità dei ceti popolari con i loro
gesti. Ciò avviene attraverso la prossemica dei gesti, dei volti, dei corpi.
7. Il castello di carte: in questo quadro Chardin (Jean-Baptiste-Siméon Chardin (Parigi, 2 novembre
1699 – Parigi, 6 dicembre 1779) è stato un pittore francese, autore soprattutto di pregevolissime
nature morte e di quadri aventi come soggetto i giochi semplici dell'infanzia) raffigura un piccolo
signore che seriamente costruisce il suo castello di carte. La sua idea di infanzia è la seguente: i
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ragazzini e le bimbe che si incontrano nelle scene borghesi del pittore francese, fanno tutto con
grande serietà, per conto loro sorvegliati da adulti attenti e riservati:si sta facendo strada un’idea di
infanzia in cui è consentito gioco, offerta di istruzione una spazio sicuro e silenzioso entro cui
crescere.
8. La bambola proibita: Questo brano è una fiaba scritta nel 1838 da Clemens Brentano. Una famiglia
grazie ad un anello magico diventa ricca. La figlia che non ha mai posseduto una bambola, scambia
l’anello con un malvivente, proprio in cambio di una bambola bellissima, meccanica. Qui si narra il
momento dello scambio con la bambola che sta anche ad indicare cosa può accadere se ad una
bimba è negato il giocattolo femminile per antonomasia e gli effetti dannosi sulla maturazione
ludica.
9. Il circo magico:nel corso dell’800 cresce la produzione di giochi di carta per bambini. Per fruirne
data la loro complessità il bambino va accompagnato . qui viene riprodotto il cartone del circo
magico realizzato intorno al 1910 a Milano che ha tre soggetti diversi e le istruzioni per il
montaggio.
10. La miniera:Walter Benjamin ebreo(Charlottenburg, 15 luglio 1892 – Portbou, 26 settembre 1940) è
stato un filosofo, scrittore, critico letterario e traduttore tedesco. Il 14 giugno del 1940 Parigi è
occupata dai tedeschi. Benjamin fugge verso la Spagna nel tentativo di varcare il confine per
raggiungere una località di mare e imbarcarsi verso gli USA dove già si erano rifugiati i suoi amici
dell'Istituto per la ricerca sociale, tra cui Theodor W. Adorno. Nella notte del 25 settembre del
1940, presso la località di Port Bou nella Catalogna spagnola, nel tentativo di sfuggire alla probabile
cattura da parte della polizia di frontiera spagnola e alla conseguente espulsione dalla Spagna verso
il territorio francese, ormai saldamente nelle mani dell'esercito nazista, Benjamin decide di togliersi
la vita ingerendo della morfina. Aveva con sé una valigia nera che custodiva gelosamente, in cui
erano contenuti probabilmente dei manoscritti o delle pagine incompiute. Il giorno dopo ai suoi
compagni di viaggio sarebbe stato permesso di proseguire per la loro destinazione. Altri suoi amici
— tra cui Henny Gurland, futura moglie di Erich Fromm — provvidero alla sua tumulazione nel
cimitero di Port-Bou, pagando il fitto del loculo per soli cinque anni. Dopo tale periodo non si sa
dove possa essere finito il suo corpo, né la sua valigia nera fu mai più ritrovata. Oggi a Portbou
esiste un memoriale che ricorda la figura di Walter Benjamin. Ironia della sorte vuole che il visto
che stava attendendo per imbarcarsi per gli Stati Uniti arrivò il pomeriggio successivo al suo
suicidio. Nella sua produzione si occuperà con tanta attenzione del gioco e del giocattolo,
scoprendo la situazione del lavoro che non conosce. Partendo da una riflessione sul giocattolo
prodotto in serie farà importanti riflessioni estetiche e sociologiche. Questa autobiografia di
bambino della ricca borghesia ebrea dei primi del 900 narra nei suoi vissuti la saggezza e la
meraviglia del bambino. La zia che andava a visitare gli metteva davanti un cubo trasparente
contenente un’intera miniera vivente in cui i personaggi si mettevano in movimento al ritmo di un
meccanismo ad orologeria. A lui però rimase sempre impresso il vestibolo dove l’inserviente lo
portava per togliersi e rimettersi il cappotto in una sorta di rito simbolico (liberarmi di un peso
all’ingresso e benedirmi quando gli calava il cappello all’uscita)
11. Il dialogo con la tappezzeria:Elias Canetti (Ruse, 25 luglio 1905 – Zurigo, 14 agosto 1994) è stato
uno scrittore, saggista e aforista bulgaro naturalizzato britannico di lingua tedesca, insignito del
Nobel per la letteratura nel 1981. È considerato l'ultima grande figura della cultura mitteleuropea,
per quanto la sua opera risulti abbastanza eccentrica rispetto alla tradizione stessa che quella
cultura ha formato tra l'inizio del '900 e la fine della seconda guerra mondiale. A parte Karl Kraus,
figura dominante sino al 1960 e in seguito Hermann Broch, è difficile infatti trovare riferimenti
precisi senza scorgere influssi taoisti e buddhisti nel pensiero canettiano. Nella sua autobiografia La
lingua salvata racconta di sé e della sua infanzia in maniera rilevante. Il gioco non ha una parte
importante nella vita del bimbo dove a libri, discorsi, rituali, rapporti con adulti è assegnaot una
spazio maggiore. Là dove si parla di gioco esso è impregnato di una fantasia chiaramente
acculturata, fortemente simbolico e drammatico, preludio di quel rapporto con il libro che è
elemento di base nella vicenda esistenziale e culturale di Canetti. “In verità giocavo poco, parlavo
piuttosto con la tappezzeria. I molti cerchi scuri nel disegno della tappezzeria li vedevo come
persone”. “La loro compagnia era per me la più gradita , più gradita comunque di quella dei
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fratellini”. “I miei sentimenti li attribuivo a loro. Erano loro i vigliacchi” Scoperto dalla governante
gli venne impedito il gioco, ma egli riuscì lo stesso ad effettuarlo anche in presenza di altri. Il suo
rapporto col padre è fatto di dialoghi scherzi ed è estremamente positivo.
12. Il gioco del fort da: questo documento è stralcio del pensiero psicoanalitico di Freud. Il nipotino
Ernst (di un anno e mezzo)uno dei pochissimi osservati direttamente da Freud, in Al di là del
piacere (1920) produce una modifica nella sua teoria . Il gioco infantile viene interpretato in
maniera pregnante:come assunzione di un ruolo attivo in alcuni momenti sgradevoli, come
elaborazione di sentimenti difficilmente tollerabili. L’inscrivere l’attività ludica nella vita pulsionale,
l’assegnarle un ruolo importante non solo nella sfera cognitiva e sociale, costituisce l’avvio di una
serie di riflessioni ed ipotesi che nella storia della psicanalisi diverranno sempre più numerose ed
affascinanti, dando un significato a comportamenti infantili apparentemente privi di senso. Il
bambino buono aveva l’abitudine di scaraventare lontano da sé gli oggetti di cui riusciva ad
impadronirsi. Quando lo faceva emetteva un ooo forte. Questo era il gioco:tirare un giocattolo
tendendolo però attaccato a sé con filo e rocchetto che spariva sotto al letto e poi farlo
ricomparire tirando il filo. Si trattava di una rinuncia pulsionale che consisteva nel permettere alla
mamma di andarsene senza protestare. Infatti lo scopo del gioco era forse preludere al piacere
della ricomparsa. Ma forse questa esperienza era stata trasformata in gioco per un altro motivo.
Partendo dal presupposto che i bambini ripetono nel gioco tutto quello che nella vita reale ha
suscitato una forte impressione diventano in questo modo padroni della situazione. Nella tragedia
ad esempio si possono suscitare forme di godimento elevatissimo. Ciò avviene perché si trasforma
ciò che in se stesso è spiacevole in un oggetto suscettibile di essere ricordato e psichicamente
elaborato.
13. Guardia e ladri:i l giochi all’aperto o giochi di strada che ora rischiano di estinguersi per mancanza
di spazi, tempo libero destinato ai bambini, occasioni di incontro. Sono oggetto di studio del
folclore e più recentemente di alcuni psicologi. I games all’aperto sono però anche deposito della
storia locale più o meno recente. Il gioco di guardie e ladri viene qui analizzato nella sue varie
accezioni zonali (nomi diversi…)
14. Giochi e terapia: Melanie Klein in unsuo saggio del 1929 La personificazione del gioco infantile
considera il significato analitico di alcune personificazioni dei giochi e il graduale sbloccarsi nel
corso della terapia delle loro difficoltà con l’apparire di personaggi meno aggressivi. Infatti per la
Klein lo psichismo infantile è caratterizzato da una struttura forte e originariamente aggressiva:il
super-io. Il terapista ha la funzione di attenuare questa severità. Nella terapia del gioco che la Klein
ha messo a punto l’analista deve assumere molti ruoli che il bambino gli assegna e aiutarlo nel
trasformare i personaggi del gioco in figure soccorrevoli. La Klein evidenzia ed interpreta una serie
di fenomeni che appaiono nel comportamento ludico importanti per comprendere lo psichismo
infantile nella sua evoluzione, nella sua normalità, nella sua patologia. I bambini schizofrenici non
sono capaci di un gioco vero e proprio, ripetono monotoriamente determinate azioni. Qui la Klein
propone due casi di due bambine:la prima soffriva di una nevrosi ossessiva che nascondeva una
forma di paranoia. Un’altra bambina soffriva di nevrosi ossessiva nella quale la figura del padre
rappresentato dall’elefante che essa poneva ai piedi del lettino dove deponeva la sua bambola era
colui che impediva alla bambola di andare nel letto dei genitori per depredarli di qualcosa.
L’appagamento al desiderio consisteva nel fatto che l’elefante riuscisse ad impedire alla bambola di
alzarsi. Questo conflitto tra es e super io che qui si palesa aveva riscontri diversi nei due casi:la
prima paziente nel gioco appagava il desiderio attraverso l’alleanza con il super io mentre nel
secondo caso ciò accadeva con la sconfitta del super io. Meccanismi che la Klein definisce psichici
universali sono espressioni dei vari stadi di transizione del super io spaventosamente minaccioso .
Durante la terapia la graduale trasformazione di queste figure di transizione via via più realistiche
del padre e della madre può essere osservata costantemente nelle azioni del gioco. Il gioco dei
bambini normali mostra un equilibrio migliore tra fantasia e realtà. L’analista che aspira a
raggiungere fino alle primissime imago che generano angoscia e cioè colpire alle radici il super io
non deve avere tendenze preferenziali ad assumere ruoli particolari;deve accettate quello che gli
viene assegnato dalla situazione analitica.
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15. Mamma e bambino che giocano a cucù: nell’apparente semplicità e ripetitività del gioco di
nascondere e scoprire il volto, esperienza metastorica e meta culturale di ogni mamma col suo
bambino, Bruner individua genesi, dialettiche, promesse , svolgimenti successivi e il farsi
occasione in questo scambio tra mamma e figlio piccino di gesti, vocalizzi gratificazioni di
apprendimenti cognitivi e sociali molti importanti. Il successo del gioco dipende in parte dall’abilità
del bambino di cogliere il momento giusto in cui scompare il volto dell’adulto ed esprime effetti
più persistenti quando la sua ricomparsa varia. Queste aspettative sono caratterizzate da una ricca
componente di strutture spazio-temporali. Un altro modo per valutare il gioco è quello di notare
quando il bambino diventa più sensibile alle regole del gioco. E’ stato svolto a tal scopo una ricerca
in cui il gioco veniva svolto in laboratorio da madri e figli secondo una tempistica definita. Le sedute
vennero registrate e riesaminate. In avvio vi è una sorta di contatto ad es. il guardarsi in faccia o
vocalizzando da parte della madre. Poi la prima mossa che è la concentrata attenzione. La seconda
mossa è il nascondersi in alcuni casi controllato dalla madre in altri dal bambino. A 15 mesi il
bambino controlla una nuova variante del gioco che consiste nell’assumere il ruolo di protagonista
del gioco. Quindi entrano in gioco altre variabili pur sempre contenute nelle regole più importanti
che sono:a.il contatto iniziale-b. la scomparsa-c. la ricomparsa-d. il ristabilirsi del contatto. Il
bambino peraltro ricava un piacere dal processo stesso nel momento in cui cerca di scoprirlo.
CAP. 8 QUOTIDIANITA’
La giornata del bambino si intreccia con quella adulta , ma con tempi, modalità, esecuzioni diverse. Le ore
di sonno tendono coi secoli a farsi peculiari come lunghezza , rituali. Il menù via via si fa più eterogeneo
rispetto a quello dei grandi. Anche altro è l’uso del tempo impegnato e libero anch’esso eterogeneo anche
per fasce di età infantile, giacchè verso i 6 7 anni interviene la scuola. Nel grande contenitore della giornata
il bambino esperisce ed apprende dei rituali. Il rapporto tra casa-scuola, casa strada comporta azioni
consentite ed interdette. Alcune categorie della vita infantile appaiono quasi metastoriche , invece
l’articolarsi complesso della quotidianità è quello che muta più a lungo fra generazioni. Si passa da una
promiscuità adulti e non adulti ad una progressiva differenziazione crescente di spazi, luoghi, distanze
sociali ritualità, in un itinerario di acculturazione in cui sono costruite etichette e norme. La vita quotidiane
è una sorta di teatro pedagogico. La prima differenziazione importante tra grandi e piccoli è la presenza di
un adulto diverso accanto al bambino a seconda delle occasioni, soprattutto in quella grande realtà vissuta
come particolarmente pericolosa che è la strada. Il pedagogo schiavo dell’antichità è il primo
rappresentante. Altro moneto cruciale sono i rituali:il commiato quando si parte da casa a scuola, la
preghiera quando si inizia una attività, soprattutto nei rituali proposti da Erasmo da Rotterdam (“Il galateo
dei ragazzi”). Anche lo spazio si articola:distinzione casa scuola nell’antichità classica, poi casa e chiesa.
Verso il 700 si afferma la nursery della stanza del bambino fatta di giocattoli, arredi, personale. Alla fien
dell’800 si afferma la kinderstube, stanza del bambino ma anche buona educazione. Il bambino povero in
vece non ha una stanza per sé vive nella promiscuità in casa o in strada, oppure in istituti per l’infanzia
abbandonata. Quotidianità è anche la distinzione tra tempo normale e tempo delle vacanze. I più agiati
viaggiano con la famiglia, alla fine del secolo per i meno abbienti compaiono le colonie marine o montane.
Ci sono eventi propri della fisicità infantile che si avvia a divenire corpo sociale:la deambulazione e i suoi
sostegni, l’educazione alla pulizia…
1. Tra casa e scuola: nel III sec. d. C manuali di storia insegnavano il greco con il testo latino a fronte .
Essi sono testimoni di una didattica dove i figli vengono mandati a scuola sorvegliati da uno schiavo
istruiti alle buone maniere. Il ragazzino che si racconta in questo documento ha una sua regia della
giornata, ma restituisce la fatica della quotidianità divisa tra famiglia e aula momenti di indisciplina,
di distrazione, di rissosità con i compagni.
2. I pasti dei trovatelli:Lo Spedale degli Innocenti, costruito da Brunelleschi tra il 1419 e il 1445 grazie
ad un lascito di datini mercante di Prato del 1419, ha accolto e avviato al lavoro per secoli migliaia
di bimbi abbandonati. Nel 1483 si contavano 171 bambini su un totale di 196 persone con una
mortalità infantile del 50%. In questo brano vengono calcolati i mezzi finanziari per fornire i pasti a
tutta la comunità. Si evidenzia la monotonia e la scarsità dei cibi somministrati e la sua insufficienza