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“La riaffermazione del merito nel
   sistema scolastico in Italia”

        Monza 14 aprile 2012
         Massimo Fraschini
Il merito per gli studenti
• Il merito nel sistema educativo italiano non ha mai
  visto la luce.
• Fino agli anni ’50 del XX secolo la scuola era privilegio
  di pochi e, anche se questi prescelti probabilmente
  venivano trattati con criteri meritocratici, non vi è
  dubbio che la selezione dei migliori venisse fatta molto
  prima di una loro qualsiasi valutazione.
• Poi giunse la scuola di massa, il voto politico, gli esami
  di gruppo e oggi – restaurata una fittizia severità – la
  valutazione del merito è affidata a tante soggettività di
  docenti che non hanno una loro identità professionale
  né criteri scientifici e condivisi.
Ci sono ancora! 23% di dispersione
      scolastica in Lombardia
Percorso scolastico teorico di una
          coorte di 1000 giovani
1000 giovani entrano nella scuola dell'obbligo
36 abbandonano senza conseguire la licenza media
964 conseguono la licenza media
93 non si iscrivono alle superiori
871 si iscrivono alle superiori
77 abbandonano nel corso delle superiori
128 conseguono un diploma professionale
666 conseguono un diploma quinquennale di scuola media superiore
214 non si iscrivono all'università
452 si iscrivono all'università
104 abbandonano al primo anno di università
41 abbandonano al secondo anno di università
136 abbandonano negli anni successivi di università
22 conseguono un diploma triennale
149 conseguono una laurea
• Bassi tassi di conseguimento scolastico ed elevati
  tassi di abbandono potrebbero non rivelarsi
  inefficienti se la scuola esercitasse principalmente
  un ruolo di selezione a beneficio dei futuri datori
  di lavoro e della società più in generale.
• Tuttavia non si trova riscontro del fatto che gli
  studenti che «sopravvivono» all’interno della
  scuola italiana conseguano risultati migliori
  quantomeno in termini di competenze acquisite.
PROMOSSI/BOCCIATI
                        MILANO
                           PROMOSSI   BOCCIATI


LICEI CLASSICI             94%        6%


LICEI SCIENTIFICI          93%        7%


ISTIT. TECNICI E TECNOL.   80,5%      19,5%


ISTRUZIONE PROF. STATO     76,8%      23,2%
• Come anche nel caso dell’istruzione
  secondaria, è l’istruzione della madre che
  esercita l’effetto più forte: avere una madre
  laureata è associato al 39% di probabilità di
  frequenza universitaria, mentre avere un
  padre laureato contribuisce solo per il 25%;
• analogamente una madre con diploma di
  maturità è associata ad un 19% mentre un
  padre con titolo simile fornisce soltanto l’11%.
• L’immagine complessivamente proposta dalle
  stime è la seguente: gli studenti migliori,
  provenienti principalmente dai licei, con
  madre laureata, sono i candidati più probabili
  all’iscrizione universitaria, indipendentemente
  dal reddito della famiglia da cui provengono.
• l’esistenza di una correlazione tra ambiente
  familiare (per come misurato dall’istruzione
  posseduta dai genitori) e giudizio conseguito
  all’esame di licenza media. I bambini con genitori
  che non abbiano completato la scuola
  dell’obbligo hanno maggior probabilità di
  ottenere il giudizio più basso (sufficiente);
  all’estremo opposto i figli di genitori laureati
  hanno la massima probabilità di ottenere i giudizi
  più alti (ottimo).
• Ricordiamo inoltre che nell’ultimo anno della scuola media
  inferiore, quando i ragazzi sono tredicenni, gli insegnanti esercitano
  un orientamento scolastico a beneficio delle famiglie, allo scopo di
  favorire la scelta di una scuola secondaria appropriata. Questo
  orientamento, e le successive scelte familiari, sembrano fondate
  sulla performance scolastica dei ragazzi, dal momento che la tabella
  ci mostra come gli studenti migliori vengano tipicamente indirizzati
  verso i licei, mentre gli studenti meno brillanti sono orientati alle
  scuole professionali. Dal momento che la tabella suggerisce che
  l’istruzione dei genitori si converte in giudizio scolastico sui
  ragazzi, e la tabella 8 mostra come questo giudizio sia cruciale per i
  destini futuri, nasce il sospetto che il destino degli studenti sia
  pressoché predeterminato dall’ambiente familiare di provenienza.
• la nostra analisi ha messo in luce come
  l’istruzione dei genitori sia di gran lunga
  l’elemento più importante rispetto alla
  dimensione degli insegnanti, nel determinare
  il successo scolastico.
• Ma perché il merito è così poco influente nella scuola italiana? Perché
  uscire con 60 o con 100 non cambia la vita di un ragazzo? Proverò ad
  indicare alcune cause in ordine sparso:

• 1. la valutazione nelle singole discipline è estremamente soggettiva:
  celebri gli esperimenti di correzione della medesima prova da parte di
  diversi docenti e la incredibile differenza nei voti. La stessa scala numerica
  approvata dai collegi docenti (normalmente da 2 a 10 con indicatori
  descritivi) non viene quasi mai rispettata;
• 2. il voto del titolo legale di studio non può certo valere di per sé, visto che
  tutte le ricerche OCSE e Invalsi hanno dimostrato che nelle diverse regioni
  ( e tra province, città e singole scuole) non sono paragonabili tra di loro. Al
  sud il voto assume persino, talvolta per esplicita ammissione, una
  dimensione di welfare formativo. Occorre mettere in discussione la
  possibilità di abolire il valore legale del titolo di studio, cosa peraltro che
  fecero alcuni grandi Padri della Repubblica già molti anni fa.
• 3. La valutazione in uscita è un parametro non
  paragonabile, diverso sarebbe quello della
  valutazione in entrata (come avviene per i test
  di ingresso) se fosse fatta seriamente....o,
  meglio ancora, per competenze e in
  situazione.
• Ma esiste un fatto incredibile, veramente
  assurdo, se lo si pensa con mente aperta.
• Immaginiamo di avere un’azienda che produca capitale
  immateriale, dalla quale dipende il livello di
  competività di una nazione altamente industrializzata e
  apprezzata per la sua creatività e fantasia produttiva.
  Ebbene, non possiamo scegliere i nostri dipendenti –
  tutti laureati – dai quali dipende il destino dell’azienda
  Paese; non possiamo tenere i migliori e mandare a casa
  i fannulloni o gli incompetenti, non possiamo neppure
  spostarli a svolgere mansioni, nelle quali facciano
  meno danni, senza il loro consenso. Questa è la scuola
  pubblica, anzi di stato, perché pubblica è anche la
  scuola paritaria che può assumere con criteri
  funzionali.
• Come può un dirigente scolastico (peraltro scelto con
  una selezione fatta con criteri discutibili e non
  sufficientemente preparato a tale compito) garantire
  dei risultati ottimali quando non può scegliere i
  docenti, né verificare e valutare il loro essere o meno
  “esperti”? La logica del reclutamento scolastico è data
  dalle graduatorie, dall’anzianità, dalle classi di
  concorso, dai perdenti posto, dai punti per il numero di
  figli..; ci mancherebbe...è coerente con i principi dello
  stato sociale ma non garantisce, se non per un colpo di
  fortuna, risultati di buon livello nell’insegnamento.
• Anche qui.., quando va bene i docenti sono in grado di insegnare in
  maniera competente (conoscono cioé bene la loro disciplina, e
  spesso solo quella) ma non sempre sono in grado di far apprendere
  e talvolta non è neppure la loro principale preoccupazione: se i
  ragazzi non imparano e vanno male è perché non studiano o perché
  hanno lacune pregresse o per problemi familiari o psicologici.
  Quando poi la selezione è eccessiva (siamo ancora al 30% di
  dispersione anche in Lombardia negli istituti professionali...) e si
  rischia di perdere il posto (non licenziamento ma solo cambiamento
  di sede..) allora – turandosi il naso – si fanno passare un pò di
  “asini” alla classe successiva. E’ per questo che, nonostante il
  progressivo calo di preparazione, le percentuali di bocciati risulta
  pressoché costante.
• Che fare? La strada è tanto semplice quanto ardua. E le difficoltà
  sono quasi tutte in una sorta di sclerosi culturale, di paralisi
  decisionale, di ricatto conservator-sindacale:
•   1. attuare un vero sistema paritario (misto pubblico-privato) che riconosca le
    medesime condizioni a qualsiasi soggetto e che fornisca le medesime garanzie di
    qualità nel servizio e standard formativi in uscita
•   2. rendere veramente autonome le istituzioni scolastiche dando loro la possibilità
    di reclutamento del personale
•   3. attuare un sistema di valutazione delle scuole, dei consigli di classe e dei singoli
    docenti che porti a premialità aggiuntive ai finanziamenti e agli stipendi base.
    Quale criterio? Si può valutare l’immateriale? Certo: il delta nell’apprendimento
    con prove esterne standardizzate.
•   4. aprire veramente la scuola alla società. Non all’aziendalismo ma ad un rapporto
    non puramente di curiosità col mondo esterno. Non possiamo continuare a
    lamentarci chce le scuole non preparino i ragazzi al mondo del lavoro o ad essere
    cittadini responsabili: la presenza di alcuni indirizzi di studi nei diversi territori deve
    tener conto della loro vocazione produttiva, le scuole di un determinato indirizzo
    non possono non progettare i loro percorsi con le migliori aziende del loro settore
    di riferimento. Intanto noi facciamo ancora nei professionali progetti di “impresa
    simulata” invece che lanciare l’alternanza scuola/lavoro e l’apprendistato in
    diritto/dovere.
• Torniamo al tema principale. La meritocrazia
  presuppone la personalizzazione: ogni individuo
  non deve ricevere qualcosa di uguale agli altri ma
  ciò che è adatto a lui. Le differenze in entrata
  devono essere trasformate – attraverso l’offerta
  di opportunità – in differenze in uscita che
  possono anche cambiare le gerarchie. Nella
  nostra società così egualitaria invece, uno
  spostamento sociale di un ragazzo nei confronti
  della propria fascia socio-culturale è ancora
  estremamente difficile.
• Occorre avere il coraggio di di una vera e
  propria metànoia: un capovolgimento della
  mente e dello sguardo, una profonda
  rivoluzione della mentalità. Una rivoluzione
  della libertà che, in un quadro di diritti reali,
  permetta di mettere alla prova e vedere
  valorizzati i propri talenti; speriamo che la
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La riaffermazione del merito nel sistema scolastico

  • 1. “La riaffermazione del merito nel sistema scolastico in Italia” Monza 14 aprile 2012 Massimo Fraschini
  • 2. Il merito per gli studenti • Il merito nel sistema educativo italiano non ha mai visto la luce. • Fino agli anni ’50 del XX secolo la scuola era privilegio di pochi e, anche se questi prescelti probabilmente venivano trattati con criteri meritocratici, non vi è dubbio che la selezione dei migliori venisse fatta molto prima di una loro qualsiasi valutazione. • Poi giunse la scuola di massa, il voto politico, gli esami di gruppo e oggi – restaurata una fittizia severità – la valutazione del merito è affidata a tante soggettività di docenti che non hanno una loro identità professionale né criteri scientifici e condivisi.
  • 3. Ci sono ancora! 23% di dispersione scolastica in Lombardia
  • 4. Percorso scolastico teorico di una coorte di 1000 giovani 1000 giovani entrano nella scuola dell'obbligo 36 abbandonano senza conseguire la licenza media 964 conseguono la licenza media 93 non si iscrivono alle superiori 871 si iscrivono alle superiori 77 abbandonano nel corso delle superiori 128 conseguono un diploma professionale 666 conseguono un diploma quinquennale di scuola media superiore 214 non si iscrivono all'università 452 si iscrivono all'università 104 abbandonano al primo anno di università 41 abbandonano al secondo anno di università 136 abbandonano negli anni successivi di università 22 conseguono un diploma triennale 149 conseguono una laurea
  • 5. • Bassi tassi di conseguimento scolastico ed elevati tassi di abbandono potrebbero non rivelarsi inefficienti se la scuola esercitasse principalmente un ruolo di selezione a beneficio dei futuri datori di lavoro e della società più in generale. • Tuttavia non si trova riscontro del fatto che gli studenti che «sopravvivono» all’interno della scuola italiana conseguano risultati migliori quantomeno in termini di competenze acquisite.
  • 6.
  • 7. PROMOSSI/BOCCIATI MILANO PROMOSSI BOCCIATI LICEI CLASSICI 94% 6% LICEI SCIENTIFICI 93% 7% ISTIT. TECNICI E TECNOL. 80,5% 19,5% ISTRUZIONE PROF. STATO 76,8% 23,2%
  • 8. • Come anche nel caso dell’istruzione secondaria, è l’istruzione della madre che esercita l’effetto più forte: avere una madre laureata è associato al 39% di probabilità di frequenza universitaria, mentre avere un padre laureato contribuisce solo per il 25%; • analogamente una madre con diploma di maturità è associata ad un 19% mentre un padre con titolo simile fornisce soltanto l’11%.
  • 9. • L’immagine complessivamente proposta dalle stime è la seguente: gli studenti migliori, provenienti principalmente dai licei, con madre laureata, sono i candidati più probabili all’iscrizione universitaria, indipendentemente dal reddito della famiglia da cui provengono.
  • 10. • l’esistenza di una correlazione tra ambiente familiare (per come misurato dall’istruzione posseduta dai genitori) e giudizio conseguito all’esame di licenza media. I bambini con genitori che non abbiano completato la scuola dell’obbligo hanno maggior probabilità di ottenere il giudizio più basso (sufficiente); all’estremo opposto i figli di genitori laureati hanno la massima probabilità di ottenere i giudizi più alti (ottimo).
  • 11. • Ricordiamo inoltre che nell’ultimo anno della scuola media inferiore, quando i ragazzi sono tredicenni, gli insegnanti esercitano un orientamento scolastico a beneficio delle famiglie, allo scopo di favorire la scelta di una scuola secondaria appropriata. Questo orientamento, e le successive scelte familiari, sembrano fondate sulla performance scolastica dei ragazzi, dal momento che la tabella ci mostra come gli studenti migliori vengano tipicamente indirizzati verso i licei, mentre gli studenti meno brillanti sono orientati alle scuole professionali. Dal momento che la tabella suggerisce che l’istruzione dei genitori si converte in giudizio scolastico sui ragazzi, e la tabella 8 mostra come questo giudizio sia cruciale per i destini futuri, nasce il sospetto che il destino degli studenti sia pressoché predeterminato dall’ambiente familiare di provenienza.
  • 12.
  • 13.
  • 14. • la nostra analisi ha messo in luce come l’istruzione dei genitori sia di gran lunga l’elemento più importante rispetto alla dimensione degli insegnanti, nel determinare il successo scolastico.
  • 15.
  • 16. • Ma perché il merito è così poco influente nella scuola italiana? Perché uscire con 60 o con 100 non cambia la vita di un ragazzo? Proverò ad indicare alcune cause in ordine sparso: • 1. la valutazione nelle singole discipline è estremamente soggettiva: celebri gli esperimenti di correzione della medesima prova da parte di diversi docenti e la incredibile differenza nei voti. La stessa scala numerica approvata dai collegi docenti (normalmente da 2 a 10 con indicatori descritivi) non viene quasi mai rispettata; • 2. il voto del titolo legale di studio non può certo valere di per sé, visto che tutte le ricerche OCSE e Invalsi hanno dimostrato che nelle diverse regioni ( e tra province, città e singole scuole) non sono paragonabili tra di loro. Al sud il voto assume persino, talvolta per esplicita ammissione, una dimensione di welfare formativo. Occorre mettere in discussione la possibilità di abolire il valore legale del titolo di studio, cosa peraltro che fecero alcuni grandi Padri della Repubblica già molti anni fa.
  • 17. • 3. La valutazione in uscita è un parametro non paragonabile, diverso sarebbe quello della valutazione in entrata (come avviene per i test di ingresso) se fosse fatta seriamente....o, meglio ancora, per competenze e in situazione. • Ma esiste un fatto incredibile, veramente assurdo, se lo si pensa con mente aperta.
  • 18. • Immaginiamo di avere un’azienda che produca capitale immateriale, dalla quale dipende il livello di competività di una nazione altamente industrializzata e apprezzata per la sua creatività e fantasia produttiva. Ebbene, non possiamo scegliere i nostri dipendenti – tutti laureati – dai quali dipende il destino dell’azienda Paese; non possiamo tenere i migliori e mandare a casa i fannulloni o gli incompetenti, non possiamo neppure spostarli a svolgere mansioni, nelle quali facciano meno danni, senza il loro consenso. Questa è la scuola pubblica, anzi di stato, perché pubblica è anche la scuola paritaria che può assumere con criteri funzionali.
  • 19. • Come può un dirigente scolastico (peraltro scelto con una selezione fatta con criteri discutibili e non sufficientemente preparato a tale compito) garantire dei risultati ottimali quando non può scegliere i docenti, né verificare e valutare il loro essere o meno “esperti”? La logica del reclutamento scolastico è data dalle graduatorie, dall’anzianità, dalle classi di concorso, dai perdenti posto, dai punti per il numero di figli..; ci mancherebbe...è coerente con i principi dello stato sociale ma non garantisce, se non per un colpo di fortuna, risultati di buon livello nell’insegnamento.
  • 20. • Anche qui.., quando va bene i docenti sono in grado di insegnare in maniera competente (conoscono cioé bene la loro disciplina, e spesso solo quella) ma non sempre sono in grado di far apprendere e talvolta non è neppure la loro principale preoccupazione: se i ragazzi non imparano e vanno male è perché non studiano o perché hanno lacune pregresse o per problemi familiari o psicologici. Quando poi la selezione è eccessiva (siamo ancora al 30% di dispersione anche in Lombardia negli istituti professionali...) e si rischia di perdere il posto (non licenziamento ma solo cambiamento di sede..) allora – turandosi il naso – si fanno passare un pò di “asini” alla classe successiva. E’ per questo che, nonostante il progressivo calo di preparazione, le percentuali di bocciati risulta pressoché costante. • Che fare? La strada è tanto semplice quanto ardua. E le difficoltà sono quasi tutte in una sorta di sclerosi culturale, di paralisi decisionale, di ricatto conservator-sindacale:
  • 21. 1. attuare un vero sistema paritario (misto pubblico-privato) che riconosca le medesime condizioni a qualsiasi soggetto e che fornisca le medesime garanzie di qualità nel servizio e standard formativi in uscita • 2. rendere veramente autonome le istituzioni scolastiche dando loro la possibilità di reclutamento del personale • 3. attuare un sistema di valutazione delle scuole, dei consigli di classe e dei singoli docenti che porti a premialità aggiuntive ai finanziamenti e agli stipendi base. Quale criterio? Si può valutare l’immateriale? Certo: il delta nell’apprendimento con prove esterne standardizzate. • 4. aprire veramente la scuola alla società. Non all’aziendalismo ma ad un rapporto non puramente di curiosità col mondo esterno. Non possiamo continuare a lamentarci chce le scuole non preparino i ragazzi al mondo del lavoro o ad essere cittadini responsabili: la presenza di alcuni indirizzi di studi nei diversi territori deve tener conto della loro vocazione produttiva, le scuole di un determinato indirizzo non possono non progettare i loro percorsi con le migliori aziende del loro settore di riferimento. Intanto noi facciamo ancora nei professionali progetti di “impresa simulata” invece che lanciare l’alternanza scuola/lavoro e l’apprendistato in diritto/dovere.
  • 22. • Torniamo al tema principale. La meritocrazia presuppone la personalizzazione: ogni individuo non deve ricevere qualcosa di uguale agli altri ma ciò che è adatto a lui. Le differenze in entrata devono essere trasformate – attraverso l’offerta di opportunità – in differenze in uscita che possono anche cambiare le gerarchie. Nella nostra società così egualitaria invece, uno spostamento sociale di un ragazzo nei confronti della propria fascia socio-culturale è ancora estremamente difficile.
  • 23. • Occorre avere il coraggio di di una vera e propria metànoia: un capovolgimento della mente e dello sguardo, una profonda rivoluzione della mentalità. Una rivoluzione della libertà che, in un quadro di diritti reali, permetta di mettere alla prova e vedere valorizzati i propri talenti; speriamo che la profezia Maya sul 2012, ormai interpretata come la fine di un’epoca e non del mondo, ci porti in questa direzione.