1. Tipografia Fiorentino
Mentre parcheggiavo la macchina, mi giravano nella testa i commenti
devastanti che Noicattaroweb mandava online sulle dimissioni del
neoeletto sindaco Sozio. Pensavo al buon Carlo Picca che faceva fatica
a censurare qua e là parolacce, insulti, epiteti malsani che da qualche
tempo affollavano il sito della comunità nojana, alle prese con uno dei
momenti politici più difficili della sua storia….
Alle 10.30 di una torrida giornata di giugno, nella piazza del paese mi
aspettava Nino Desimini per accompagnarmi a un appuntamento:
incontrare sua madre, Camilla Fiorentino, anni 98, l’ultima superstite
testimone di un’impresa eroica: la pubblicazione, nel 1927, della prima
storia di Noicàttaro, un volume di 537 pagine, edito nella tipografia di
suo padre Vincenzo.
Camilla Fiorentino mi accoglie, sorridendomi, in una veranda dalla luce
soffusa e, con i suoi occhi luminosi
e vividi e un maglioncino rosso
rubino, inizia il fascinoso racconto
che sto per descrivervi.
“Sono nata a Noicàttaro nel
lontano 1913, il 16 di ottobre,
e i miei genitori, Vincenzo
Fiorentino e Maria Sciannameo,
mi educarono in sani principi
morali, permettendomi in quei
tempi difficili, siamo nel periodo
della I guerra mondiale, di
frequentare regolarmente le scuole
fino al corso integrativo nell’ex
Municipio, in una classe mista di
solo sette alunni. Come era uso
allora nelle famiglie della media Noicàttaro: Piazza Vitt. Emanuele III n.26.
borghesia, seguivo anche lezioni Palazzo Fiorentino, sede della tipografia nel 1922.
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2. di pianoforte e divenni nel
paese una pianista ricercata
nei salotti per animare le feste.
Ricordo ancora il colore dei
confetti e il denso aroma dei
rosoli, tra polke, mazurke,
valzer e quadriglie… mi
chiamavano la “Venere rossa”
per il naturale colore dei
capelli o anche “Ali di colomba
che volano sulla tastiera.
Ho trascorso la mia
fanciullezza nella tipografia,
la prima del paese, che
mio padre aveva aperto a
Noicàttaro nella “pezza”, al n.
26…ah, mio padre Vincenzo”.
La signora Camilla ha un
attimo di emozione intensa, Camilla Fiorentino
gli occhi brillano, mentre tra le mani incomincia a sfogliare le rarissime
e preziose foto di famiglia. Indica con mano ferma la figura aitante
e fascinosa del padre e il dolce viso della madre Maria, poi gli amici di
papà Vincenzo, collaboratori del “Crivello”: Pasquale Pinto, Donato
Tagarelli, Giovanni Pagliarulo, Vito Pontrelli, il dott. Giuseppe Pagone,
don Giovanni Berardi e Giuseppe Sturni, don Giacomo Mastrogiacomo,
don Saverio Alfarano, don Gioacchino Gambatesa…
“Mio padre non era nojano, nacque a Bari nel 1876 da una famiglia di
orafi di origine sorrentina. Si trasferì a Noicattaro, paese di sua madre
Luisa Mastrogiacomo, nei primi anni del ‘900, dove iniziò a lavorare
nella farmacia del dott. Pagone. Più tardi si innamorò di mia madre
Maria Sciannameo. Dopo qualche tempo, decise di comprare una quota
di terreno nella “pezza”. Si fece costruire la casa nel 1921 dal maestro
Michele Masotti, su progetto dell’ing. Francesco Sciannameo, suo
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3. cognato. Mio padre volle che la sua palazzina al n. 26 avesse una bella
facciata e, come era nello stile liberty allora in voga, la fece arricchire di
capitelli corinzi e fregi ornamentali floreali. Nel piano terra dello stabile
aprì la prima tipografia di Noicàttaro. Ormai il paese si stava ampliando:
il quartiere della “pezza” edificato con le rimesse dei nojani emigrati in
America, l’apertura delle scuole elementari, l’attività amministrativa
comunale e la prima commercializzazione dell’uva da tavola esigevano
la presenza di una piccola tipografia locale. Mio padre colse al volo
questa necessità, e tra mille difficoltà, acquistò le prime macchine, ma nel
frattempo lavorava come appaltatore presso l’ufficio del dazio comunale.
Attorno alla tipografia si costituì un gruppo di amici, della medio alta
borghesia nojana, dottori, avvocati e proprietari terrieri, intellettuali li-
berali, animati da un
comune spirito di
rinnovamento anche
nazionale.
L’Italia aveva vinto la
I guerra mondiale ma
era stata duramente
delusa dai trattati di
pace, con milioni di
soldati morti in guer-
ra, tra questi molti
meridionali, molti
nojani, ben 133 esat-
tamente. Un senso
di riscatto, quasi di
rivincita animava gli
amici di papà.
Ricordo ancora le ri-
unioni in tipografia,
tra un denso odore Masseria Pontrelli: il gruppo del Crivello. Si notano da sinistra Vincenzo
Fiorentino, Giuseppe Pagone, Giovanni Berardi, Giuseppe Sturni,
di inchiostro e il fumo Donato Tagarelli, Vito Pontrelli e Giovanni Pagliarulo.
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4. acre dei sigari toscani, le intermi-
nabili discussioni politiche. Fu in
questo contesto che nacque il primo
periodico locale nojano, il Crivello,
stampato proprio nella nostra tipo-
grafia. Mio padre curava la rubrica
in dialogo dialettale di “Gnsépp e
Rafaiaél”, due bonaccioni popolari
molto arguti che criticavano la mala-
fede e la speculazione politica locale.
Ricordo ancora oggi, avevo nove
anni e nel 1922, il I novembre, fu Camilla Fiorentino nel 1945.
pubblicato il primo numero che ebbe il battesimo di uscita proprio su
casa nostra: padrini furono don Nicola Positano e mia madre. Durante
la serata io sorreggevo tra le mani un crivello, il setaccio appunto, con
la prima copia del giornale, avvolto in una velina celeste. Poi le difficoltà
politiche, il fascismo chiedeva atti di fede difficilmente condivisibili,
e così il giornale chiuse nel 1925…”
Una pausa per le tante emozioni
suscitate dal racconto, le mie palesi
difficoltà a raccogliere appunti e a
rivedere le bozze.. un caffè intenso
nel frattempo aiuta a concentrarmi
e a non perdere di vista il tema della
mia visita alla signora Camilla: i suoi
ricordi sulla storia di Noa di Vincenzo
Roppo, pubblicato nella tipografia del
padre.
“Ah…si…certo, ricordo benissimo
don Vincenzo, così lo chiamavamo
noi. Veniva spesso in tipografia,
sempre educato, bassino, si faceva
Vincenzo Fiorentino e Maria Sciannameo accompagnare a volte da Pasquale
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5. Masseria Berardi sulla provinciale Noicàttaro - Mola. Luogo d’incontro estivo degli amici del Crivello.
Pinto, suo amico e anche lui originario di Ceglie del Campo. Insieme
portavano montagne di fogli, le bozze dei capitoli che gli operai della
tipografia componevano. Ricordo ancora i loro nomi: Damiano Verni era
il proto, Raffaele Iacovazzo curava la legatoria, poi Giovanni Montedoro,
Nino Popeo, Matteo Del Re, Nicola Favuzzi... Mio padre perdeva le
nottate per quell’opera che pian piano diventava mastodontica, fin oltre
500 pagine ..Ricordo ancora che, nel
1927, a pochi giorni dalla pubblicazione,
io con le mie piccole dita, rilegavo molte
cinquine. Anche casa nostra era piena di
fogli.
Poi la pubblicazione, la vendita dell’opera
deluse le aspettative sia dell’autore che
di mio padre: poche copie vendute, un
centinaio, un po’ di queste andarono
in America, acquistate dagli emigrati
nojani. Molte copie rimasero sugli scaffali
a raccogliere polvere, ricordo che per Giuseppe Sturni: il Camaleonte,
smaltire le cinquine scomposte, mio firma del Crivello
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6. Le famiglie Mastrogiacomo e Lisco nel giardino di Palazzo Carafa.
Si nota al centro, in secondo piano, la signora Maria Sciannameo.
padre le svendette ai pescivendoli del mercato…una delusione… un
fallimento.. la storia del nostro paese, incarto per i pesci della Pelosa...”
Così conclude il suo racconto la signora Camilla, quasi sfinita
dall’evocazione degli ultimi particolari e, asciugandosi la fronte e le mani
dal sudore, sempre con un brillante luccichio di occhi, si abbandona
ad un rassicurante sorriso, certo contenta di questa sua preziosa
testimonianza.
Salutandola, scendendo le scale, ri-
flettevo sulle ultime sue considerazio-
ni: il fallimento editoriale dell’opera
di Roppo. In fondo cosa è cambiato
da allora nei nojani quanto al deside-
rio di conoscere la storia del proprio
passato e a conservarne le memorie?
Masseria Pontrelli: la sfida dei.. duellanti,
a destra Vincenzo Fiorentino.
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