Presentazione tenuta in occasione della Giornata di studio "Sicurezza e prevenzione nella professione del geologo", tenutasi a Bari il 11/06/2012 http://bit.ly/LPDTph
La seconda guerra mondiale per licei e scuole medie
Sistemi di allerta precoce a servizio della Protezione Civile
1. Sistemi di allerta precoce a
servizio della Protezione Civile
Bari - 11 Giugno 2012
Aula Magna Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali
„SICUREZZA E PREVENZIONE
NELLA PROFESSIONE DEL GEOLOGO‟
dott. geol. Pietro Blu Giandonato
3. Il ciclo del disastro
La ripetitività degli eventi calamitosi
porta a schematizzare il ciclo di attività
legate alla loro gestione in quattro fasi
che, a partire dal superamento
dell’emergenza, si distinguono in:
• RECUPERO – le fasi della
ricostruzione, che può durare molti anni;
• MITIGAZIONE - tutte le azioni, sia
strutturali che programmatiche, volte a
ridurre l’impatto dei futuri eventi;
• PREPARAZIONE - azioni che riducono
l’impatto quando gli eventi rischiosi sono
imminenti
(preparedness, sicurezza, evacuazione);
• RISPOSTA - azioni durante l’evento o
Da: Alexander D. (2002), Principles of emergency planning and immediatamente con lo scopo
management. Oxford University Press.
essenzialmente di salvare vite umane.
4. Il ciclo del disastro
La PREVISIONE, intesa come attività
di conoscenza dei fenomeni naturali
e tentativo di prevedere in termini
quantitativi le possibilità e
Previsione
probabilità di accadimento dei
disastri, assieme alla funzione di
diffusione delle conoscenze, fa
Prevenzione parte della fase di mitigazione.
Le misure di PREVENZIONE
appartengono sia alla fase di
MITIGAZIONE sia a quella di
PREPARAZIONE; ambedue
afferiscono alla fase generale di
attività prima dell’evento
catastrofico (IMPATTO).
Da: Alexander D. (2002), Principles of emergency planning and
management. Oxford University Press.
5. Rischio, Pericolosità e Vulnerabilità
• Rischio = Pericolosità x Vulnerabilità
• La Pericolosità è la probabilità che un
determinato fenomeno naturale accada con
una determinata magnitudine
(intensità, estensione e durata) entro un
determinato periodo di tempo.
• La Vulnerabilità è l’esposizione che le
componenti ambientali e antropiche
mostrano nei confronti del fenomeno
naturale considerato.
6. Previsione, Pericolosità e Rischio
Quindi la previsione, intesa come stima di pericolosità e
rischio, implica affrontare una serie di valutazioni:
• previsione della tipologia (risposta alla domanda:
cosa?);
• previsione spaziale (risposta alla domanda: dove?);
• previsione temporale (risposta alla domanda: quando?);
• previsione della intensità (risposta alla domanda:
quanto?);
• previsione della evoluzione (risposta alla domanda:
come?);
• previsione degli elementi esposti e del relativo danno
atteso (risposta alla domanda: quali elementi?).
7. Uno schema di Sistema di Allerta
Precoce per il rischio geologico
Un SAP può essere schematizzato come
l’insieme dei dati, delle procedure, dei
modelli e dei relativi prodotti (senza
trascurare gli esperti di settore), utili a fornire
strumenti utili per prendere decisioni
8. Gli elementi che costituiscono un
Sistema di Allerta Precoce
• Reti monitoraggio meteo (stazioni, radar)
• Modelli meteo
• Valutazione pericolosità geologica
• Monitoraggio sismico
• Monitoraggio diretto dei dissesti
• Telerilevamento
• Infrastrutture di Dati Territoriali
• Il ruolo di Pubblica Amministrazione e cittadini
10. Reti monitoraggio meteo
• Senza una rete di pluviometri che trasmette
dati in tempo reale (now casting), non si può
parlare di allerta precoce.
• I dati sono utili a ricostruire degli "scenari
meteo" che potrebbero portare all'innesco di
movimenti franosi ed eventi alluvionali,
qualora superino le "soglie pluviometriche"
definite per un territorio.
• I soggetti responsabili sono in genere gli ex
Uffici Idrografici dei LL.PP. e le ARPA
11. Reti monitoraggio meteo
Stazioni pluviometriche Servizio Protezione Civile Regione Puglia
http://www.protezionecivile.puglia.it/
13. Radar meteo
I radar meteo sono un altro strumento fondamentale per il "now
casting", poiché forniscono una valutazione della quantità di pioggia sul
territorio in tempo reale.
14. Modelli meteo
La possibilità di
disporre di modelli
numerici di
previsione
meteorologica
consente di
ricostruire gli scenari
che potenzialmente
potrebbero indurre
l'innesco di fenomeni
franosi e alluvioni http://en.wikipedia.org/wiki/Numerical_wea
ther_prediction
15. Modelli meteo
Sezione del modello WRF, con orografia e temperature in quota
http://www.meteonetwork.it/models/
16. Modelli meteo
Previsioni
precipitazioni del
modello Global
Forecast System (GFS),
che si spingono fino a 8
giorni (192 ore)
http://www.meteonetwork.it/models/
17. Modelli meteo
Previsioni
pressione slm e
Geopotenziale
500hPa del
modello
European Centre
for Medium-
Range Weather
Forecasts
(ECMWF), che si
spingono fino a
10 giorni (240
ore)
http://www.meteonetwork.it/models/
18. Le mappe climatiche
della Regione Puglia
• Nell’ambito della collaborazione tra Servizio
Protezione Civile, Ufficio Statistico della
Regione Puglia e IRSA-CNR volta alla
pubblicazione del volume “Mappe
climatiche in Puglia:
metodologie, strumenti e risultati”, sono
state realizzate una serie di mappe relative
alla piovosità e alle temperature relative
all’intero territorio regionale.
19. Le mappe climatiche
della Regione Puglia
• IRSA CNR e Ufficio Statistico regionale
assieme al Servizio Protezione Civile
regionale hanno messo a punto le
metodologie di analisi statistica strutturale
dei dati di pioggia e temperatura rilevati
dalla rete gestita dall’ex Ufficio Idrografico
e Mareografico (ora Servizio Protezione
Civile regionale) relativi al trentennio 1976-
2005.
20. Le mappe climatiche
della Regione Puglia
• E’ stata poi implementata in ambiente GIS la
procedura di elaborazione dei dati puntuali e
successiva interpolazione mediante kriging
degli intervalli di confidenza scaturiti dalle
analisi strutturali di:
o Piovosità mensile
o Temperature minime mensili
o Temperature massime mensili
• Sono state così prodotte 3 serie di mappe.
21. “Mappe Climatiche in Puglia: metodologie, strumenti e risultati” (AA.VV., Regione Puglia, 2011)
22. “Mappe Climatiche in Puglia: metodologie, strumenti e risultati” (AA.VV., Regione Puglia, 2011)
23. “Mappe Climatiche in Puglia: metodologie, strumenti e risultati” (AA.VV., Regione Puglia, 2011)
24. Le mappe climatiche
della Regione Puglia
• Le mappe saranno rese disponibili sul sito del
Servizio Protezione Civile della Regione Puglia
http://protezionecivile.puglia.it
• Le mappe raster hanno una risoluzione della
cella di 1km x 1 km, il formato sarà ArcInfo
ASCII Grid, aperto e utilizzabile in qualunque
framework GIS.
26. Previsione della stabilità dei versanti
• Esistono numerosi approcci metodologici per la
definizione degli scenari che inducono il verificarsi di
movimenti di versante.
• Alcuni prendono in considerazione solo le cause
d’innesco (es. piogge) prescindendo dalla conoscenza
delle leggi fisiche che governano i meccanismi di
instabilità dei versanti, sono generalmente adatti per
grandi estensioni areali.
• Altri considerano un numero maggiore di parametri
predisponenti (litologia, morfologia, caratteri
geotecnici, copertura del suolo, impatti sul
suolo, ecc.), e in genere sono più applicabili a
situazioni spazialmente circoscritte (singoli versanti o
27. Previsione dell‟instabilità dei versanti
Un breve compendio delle metodologie per la previsione
dell’instabilità dei versanti
Metodi Complessità N. parametri Ambito territoriale
Metodo empirico - pluviometrico di I ordine* Bassa Basso Areale
Metodo empirico - pluviometrico di II ordine** Media Medio Areale
Metodo empirico - idrologico Alta Medio Areale
Metodo statistico Alta Alto Puntuale
Metodo meccanico - idrologico Media Medio Puntuale
* I ordine: il metodo considera solo la variabile pioggia
** II ordine: il metodo considera la pioggia ed altre variabili del contesto fisico
AA.VV., “Dalla valutazione alla previsione dei rischi naturali”, ARPA Piemonte, 2005
28. Metodo empirico-pluviometrico
• Consiste in un approccio semplificato volto
all’individuazione di una correlazione tra la pioggia
e l’innesco del fenomeno franoso.
• I ordine: considera esclusivamente le piogge
critiche che inducono i dissesti.
• II ordine: considera ulteriori variabili fisiche che
condizionano la definizione delle piogge critiche.
• Adatto a dissesti superficiali (colamenti,
scivolamenti traslativi).
• Necessita di dati certi sui dissesti (catalogo eventi):
ubicazione, data e ora innesco.
29. Metodo empirico-pluviometrico
• Dati necessari:
o Catalogo dei dissesti: ubicazione
geografica, data e ora innesco.
o Rete di pluviometri per ottenere
dati utili alla ricostruzione degli
scenari meteo.
• Elaborazione dei dati:
o Evento franoso del quale si
conosca ubicazione, data e ora
dell’innesco.
o Individuazione pluviometro
prossimo alla frana.
o Ricostruzione scenario meteo e
determinazione della pioggia
critica (tempi di ritorno, pioggia
cumulata, intensità/durata).
30. Metodo empirico-pluviometrico
Modello d’innesco a soglie pluviometriche
La probabilità P[Lt] che un fenomeno
franoso Lt si inneschi all’istante t
viene associato ad una funzione Y(t)
dipendente dalle precipitazioni che
hanno preceduto l’istante t
Per i dissesti superficiali, in genere la
funzione Y(t) viene identificata con
l’intensità oraria media I mentre il
tempo t con la durata delle
precipitazioni D, mentre a e b sono
fattori dipendenti dal territorio
indagato. Si arriva alla formulazione
delle soglie pluviometriche come leggi
di potenza
32. Catalogo degli eventi franosi
• Selezione degli eventi per i quali è stato
possibile recuperare dati pluviometrici certi
e da stazioni di monitoraggio vicine.
• Eventi pluviometrici considerati per la
definizione delle soglie n. 61 (1953-2005):
o Catalogo AVI n. 33
o Autorità di Bacino n. 2
o Altre fonti n. 26
o Inventario IFFI come riferimento per ubicazione
33. Caratteristiche degli eventi meteo
Durata in giorni
degli eventi
meteorologici
causa dei dissesti.
Quasi il 60% ha una
durata compresa
tra i 5 e i 10
giorni.
34. Elaborazione delle soglie
pluviometriche
• Le grandezze fisiche
utilizzate per la
definizione della soglia
sono state la durata D
(h) e l’intensità media I
(mm/h) dei singoli
eventi meteorologici.
• In tali condizioni, il tipo
di soglia che è stata
individuata è di tipo
regionale. Soglie pluviometriche di innesco relative al subappennino
dauno settentrionale (Giandonato P.B., 2011)
I = 13.09 D -0.836
35. Metodo empirico - idrologico
• Anch’esso non considera gli aspetti geologici e
geotecnici, ma si limita all’individuazione
empirica di relazioni tra piogge e movimenti
franosi, considerando indirettamente la
quantità d’acqua infiltratasi nel sottosuolo
prima dell’evento.
• Il modello è applicabile ad una singola frana o
ad aree omogenee soggette alla medesima
tipologia di fenomeno, per le quali è necessario
conoscere in dettaglio i caratteri idrologici e
idrogeologici.
36. Metodo empirico - idrologico
• Si basa sull’identificazione di una funzione di
mobilizzazione Y(t) che dipende dalle
precipitazioni antecedenti e tiene conto, in
maniera sintetica, delle caratteristiche del
corpo franoso.
• La funzione di mobilizzazione dipende, in ogni
istante di tempo t, dalla quantità d’acqua
infiltratasi nel sottosuolo prima dell’istante
stesso, essendo I(u) l’intensità dell’infiltrazione
al tempo u.
37. Metodo statistico
• L’obiettivo è quello di prevedere il fenomeno
franoso non dal punto di vista fisico, ma
individuando le relazioni esistenti tra
caratteristiche del territorio e dissesti.
• I risultati sono tanto migliori quanto tali
caratteristiche risultino distribuite
spazialmente sul territorio, in modo tale da
descriverne statisticamente le loro proprietà.
• Il vantaggio è quello di poter applicare il
modello ad altri contesti territoriali, ma che
presentino caratteristiche simili.
38. Metodo statistico
• Poiché i fenomeni in gioco in questo modello
sono complessi e numerosi, si fa ricorso
all’analisi multivariata, una tecnica statistica
che opera su più variabili/parametri.
• L’individuazione di correlazioni multiple tra
variabili porta alla conseguente definizione dei
pesi statistici delle stesse.
• Il metodo consente di individuare relazioni tra
dissesti e variabili/parametri, prescindendo dal
loro significato fisico.
39. Metodo meccanico-idrologico
• Il modello Montgomery & Dietrich (1994)
combina il classico modello all’equilibrio limite
per la stabilità dei versanti ad un modello
idrologico.
• Prevede la discretizzazione del dominio di
studio in celle elementari per ciascuna delle
quali sono note le variabili ed i parametri in
ingresso.
• E’ un modello realizzabile in maniera nativa in
ambiente GIS.
40. Metodo meccanico-idrologico
• Le ipotesi alla base del modello sono:
o pendio infinito;
o superficie di rottura piana parallela al pendio e
localizzata al contatto tra coltre detritica
alterata e substrato;
o criterio di resistenza del terreno basato sul
principio delle tensioni efficaci di Mohr-
Coulomb;
o flusso idrologico stazionario parallelo al pendio;
o assenza di drenaggio profondo e di flusso nel
substrato.
41. Metodo meccanico-idrologico
• Per una determinata area il metodo
consente di:
1. simulare gli effetti di un evento pluviometrico
pregresso, in termini di perimetrazione di aree
instabili;
2. calcolare le soglie critiche di pioggia
responsabili dell’innesco di fenomeni franosi;
3. simulare gli effetti di un evento pluviometrico
previsto che si caratterizza per una
distribuzione spaziale presunta di valori di
pioggia.
42. Metodo meccanico-idrologico
• L’obiettivo è ottenere un’equazione che,
includendo oltre al modello idrologico anche il
modello di stabilità, esprima il fattore di
sicurezza F
c’ = coesione efficace
(intercetta dell’inviluppo di
rottura);
z = profondità verticale della
superficie di scivolamento;
γ = peso del suolo umido per
unità di volume;
γw = peso dell’acqua per
unità di volume;
φ’ = angolo di resistenza al
taglio.
44. Monitoraggio sismico
La rete sismica INGV è costituita da 300 stazioni,
fornisce informazioni sugli eventi quasi in tempo reale
45. Monitoraggio diretto dei dissesti
• Nuovi inclinometri basati su accelerometri
MEMS (Micro Electro Mechanical Systems), gli
stessi impiegati per gli airbag:
o Costi inferiori alla strumentazione tradizionale
(<5€)
o Elevata sensibilità
o Dimensioni ridotte (5x5 mm), con possibilità di
impieghi multisensore
o Elevata integrazione fra trasduttore ed
elettronica, elevato rapporto segnale/rumore
o Bassi consumi (<1mA)
o Robustezza e affidabilità
Ferrari F., 2010
47. Telerilevamento
• Le tecniche di telerilevamento possono
essere impiegate per numerose attività
connesse sia alle fasi pre che post impatto
o Analisi cinematica: DInSAR, Permanent Scatterers
o Change detection analysis: immagini multitemporali
multispettrali, anche in combinazione con
pancromatiche
o Soil moisture: dati SAR, Infrarosso Termico
o Geomorfometria: dati LiDAR per l’individuazione
degli elementi geomorfici dei dissesti (coronamenti,
accumuli di frana), analisi cinematica
multitemporale
48. Telerilevamento – DInSAR e PS
L’interferometria SAR
differenziale si basa sul confronto
tra le fasi (differenza di fase) di
due o più immagini radar della
stessa zona, riprese in momenti
differenti.
Sottraendo la componente
topografica (DEM) alla differenza
di fase è possibile mettere in
evidenza le eventuali
deformazioni (lungo la LOS)
intercorse tra l’acquisizione della
prima e della seconda immagine,
con una precisione pari alla metà
della lunghezza d’onda del
sensore di acquisizione.
51. Telerilevamento – DInSAR e PS
• Un interferogramma è una mappa che mostra la
differenza tra i valori di fase del segnale radar tra due
acquisizioni su una stessa area, e contiene informazioni
relative ad eventuali deformazioni superficiali del
terreno.
• Queste deformazioni vengono messe in evidenza da
bande colorate, dette “frange interferometriche”.
• Una frangia corrisponde ad una variazione di fase pari a
2π radianti, che si traduce in uno spostamento del
bersaglio pari a metà della lunghezza d’onda del sensore
radar utilizzato.
52. Telerilevamento – DInSAR e PS
Interferogrammi da vari satelliti relativi al terremoto di aprile 2009 a L’Aquila:
#1 Envisat (banda C) - frange di interferenza con equidistanza 2,8 cm;
#3 Terrasar-X (banda X) - frange di interferenza con equidistanza 1,56 cm;
#5 COSMO/SkyMed (banda X) - frange di interferenza con equidistanza 1,56 cm;
53. Telerilevamento – DInSAR e PS
• I diffusori permanenti (Persistent
Scatterers, PS) sono bersagli naturali o
artificiali presenti sul terreno, con elevata
coerenza temporale.
• Sono presenti essenzialmente in aree
urbanizzate, molto meno facile trovarne in
zone naturali.
• Pertanto la tecnica PS è limitata nel suo
utilizzo per il monitoraggio dei movimenti.
54. Telerilevamento – DInSAR e PS
Approccio Persistent Scatterers applicato al
terremoto de L’Aquila
Fonte: GAP srl http://www.gapsrl.eu
55. Telerilevamento – DInSAR e PS
Workflow algoritmo
SPINUA “Stable Point
INterferometry over
Un-urbanised Areas”
elaborato dallo
spinoff GAP del Dip.
Interateneo di Fisica
Università e
Politecnico di Bari.
Precisione: velocità
1mm/y, ds = 5mm
Fonte: GAP srl http://www.gapsrl.eu
56. Telerilevamento – DInSAR e PS
Analisi SPINUA su Pietramontecorvino (FG), Progetto LEWIS – GAP srl http://www.gapsrl.eu
57. Telerilevamento – Change detection
• L’analisi del cambiamento (positivo e
negativo) della copertura del suolo nel
tempo (change detection) può essere di
grande ausilio nella elaborazione delle
mappe di stabilità dei versanti.
• Esempi di cambiamenti di copertura del
suolo negativi:
o Bosco -> Agricolo
o Agricolo arborato -> Seminativi
o Aree naturali -> Agricolo
58. Telerilevamento – Change detection
Nell’ambito del
progetto europeo
LEWIS (2006) è stato
messa a punto una
procedura che
annovera l’analisi
della change
detection, basata su
immagini EO
multitemporali, per la
realizzazione di
mappe di warning per
la stabilità dei
versanti.
”GIS-based System for Landslide Early Warning Index Measurement “, Bovenga F. et al., 2007
59. Telerilevamento – Soil moisture
• Il telerilevamento è di grande ausilio nella
determinazione dell’umidità del suolo, uno
dei parametri predisponenti all’innesco dei
dissesti, utilizzato in alcuni modelli.
• Infrarosso termico – aree con elevata
umidità del suolo appaiono più calde
durante la notte, mentre più fredde durante
le ore diurne, la differenza termica è
dunque correlata al contenuto di acqua del
suolo, causa la sua bassa inerzia termica.
60. Telerilevamento – Soil moisture
• Immagini SAR – il backscatter nelle immagini
radar è affetto anche dalle differenti proprietà
dielettriche del suolo umido rispetto a quello
secco.
Suolo secco: parte Suolo umido: le caratteristiche Suolo alluvionato: l’energia viene
dell’energia penetra dielettriche dell’acqua contenuta totalmente riflessa dalla tavola
nel suolo, producendo nel suolo producono un d’acqua, le aree inondate risultano
un backscatter minore backscatter maggiore scure in un’immagine SAR
61. Telerilevamento – Soil moisture
L’immagine SAR in alto a sx
mostra un’area alluvionata
(zone scure), in alto a dx circa
un mese dopo.
L’immagine in basso a sx
mostra la copertura del suolo
poco prima dell’alluvione,
quella in basso a dx dopo
l’evento.
Le aree blu sono quelle
inondate, le diverse tonalità
corrispondono alla gravità
dell’alluvione.
The World Bank, Agriculture and Rural Development Discussion Paper 46, 2010.
62. Telerilevamento – Dati LiDAR
• LiDAR è una tecnica di telerilevamento ottica
che misura la distanza degli oggetti illuminati
da una fonte laser, terrestre o aerea.
63. Telerilevamento – Dati LiDAR
Hillshade ottenuto dal DEM a 1 m di
risoluzione derivato da dati LiDAR
del Piano Straordinario di
Telerilevamento (PST) del Ministero
dell’Ambiente.
Si tratta dei corpi di frana attivi e
quiescenti a ovest di
Pietramontecorvino.
Grazie ai dati LiDAR ad elevata
risoluzione, la morfometria del
territorio è molto dettagliata, e
consente uno studio più preciso del
territorio volto alla individuazione
di zone in dissesto.
64. Telerilevamento – Dati LiDAR
Un esempio di utilizzo di
dati LiDAR multitemporali
per il monitoraggio dei
dissesti.
I 4 hillshade mettono bene
in evidenza l’evoluzione
morfologica della zona,
dovuta alla
movimentazione dei
versanti.
“LIDAR monitoring of mass wasting
processes: The Radicofani
landslide, Province of Siena, Central
Italy”, Baldo M. et al., 2007
66. Cos‟è una IDT
• “Le IDT forniscono strumenti per la
scoperta, la valutazione e l‟utilizzo dei
dati territoriali da parte di utenti operanti
in molteplici settori, da quello governativo,
al commerciale, al settore non profit, al
mondo accademico e i cittadini in
generale”.
The SDI Cookbook
http://www.gsdi.org
67. Componenti di una IDT
• Politiche e accordi istituzionali (governance,
privacy e sicurezza dei dati, standard,
condivisione dei dati, costi di recupero) es.
Direttiva INSPIRE
• Persone (formazione, sviluppo professionale,
cooperazione, sensibilizzazione)
• Dati (dati digitali di base, tematici, statistici,
toponomastica)
• Tecnologie (hardware, software, reti,
database, piani di attuazione tecnica)
68. Perché costruire una IDT?
• Riuso: realizzare una volta i dati e utilizzarli
molte volte per svariate applicazioni.
• Governance cooperativa: integrare i provider
di dati distribuiti.
• Condividere i costi per la creazione e la
manutenzione dei dati.
• Supportare lo sviluppo sostenibile economico,
sociale e ambientale.
69. L‟IDT in Italia
• La Direttiva INSPIRE punta alla costruzione di
una IDT europea, costituita dalle IDT dei singoli
stati membri in regime di cooperazione
• In Italia il soggetto responsabile della IDT
nazionale è il Ministero dell’Ambiente assieme
a ISPRA e DigitPA.
• Il MATT ha creato da qualche anno un
Geoportale Nazionale mediante il quale
chiunque può usufruire di dati territoriali in
svariate modalità
http://www.pcn.minambiente.it/GN/
71. L‟IDT in Puglia
• Molte Regioni italiane hanno deciso di dotarsi di
IDT per gestire e rendere accessibili i dati
territoriali di propria competenza.
• In realtà ad oggi si tratta di geoportali simili al
GN, con funzioni analoghe: ricerca,
visualizzazione, fruizione di dati.
• In Puglia il geoportale è gestito da Innova Puglia
http://sit.puglia.it
• Ma altri Uffici regionali e soggetti pubblici (es.
AdB) detengono dati spaziali, anche se non
presenti nel SIT Puglia http://bit.ly/datipuglia
72. Le IDT per la Protezione Civile
• Gli stakeholder coinvolti nelle attività di PC
possono fare affidamento su una infrastruttura
condivisa, che consente trasferimenti di dati
rapidi
• I dati di base e tematici, i servizi di
trasmissione dati sono facilmente rintracciabili
ed accessibili
• I decision-maker e gli analisti possono accedere
alle geo-informazioni giuste per l'input di
modelli analitici e indicatori, modelli, tendenze
73. Le IDT come strumenti decisionali
prendere
decisioni
Mondo Expertise
reale
modellizzazione
e produzione
raccolta dati informazioni
IDT
Strumenti
Fonti
di analisi
dei dati
recupero e
input dati Basi manipolazione dei dati
di dati
74. Le IDT per la Protezione Civile -
DEWETRA
DEWETRA è un
sistema
integrato per il
monitoraggio in
tempo reale, la
previsione e la
prevenzione
dei rischi
naturali.
77. Le IDT per la Protezione Civile –
geoSDI geoPoints
L’applicazione consente
a chiunque abbia uno
smartphone Android
dotato di fotocamera,
connessione di rete e
ricevitore GPS, di
segnalare un Punto di
Interesse (POI),
indicandone la
Categoria, segnalandone
l’esatta posizione
utilizzando i controlli
dello smartphone, e
allegando una
fotografia.
78. Le IDT per la Protezione Civile –
geoSDI geoPoints
80. Il ruolo dei cittadini
Ushahidi – testimonianza in swahili
– era un sito web inizialmente
progettato da alcuni volontari per
segnalare le violenze seguite alle
elezioni in Kenya del 2008.
Ben 45 mila utenti inviarono report
via web e telefoni cellulari con
precise indicazioni geografiche
riguardo i singoli eventi.
E’ stato possibile così poter seguire
l’evolversi della situazione in
tempo reale in maniera
indipendente, perché le fonti
erano le persone stesse che la
stavano vivendo.
http://ushahidi.com/about-us
81. Il ruolo dei cittadini “crowdmapping”
La possibilità dunque per la gente di
produrre autonomamente e
volontariamente informazione
geografica, e di organizzare la stessa
in mappe, dava vita al
crowdmapping.
foto
http://kh2hb.wordpress.com/
Come in tutti i contesti sociali,
quanto più è forte la motivazione a
raccontare, denunciare, dire la
propria, tanto più il crowdmapping
funziona.
Le situazioni di emergenza sono di
certo tra queste, e un’altra
occasione nella quale Ushahidi si è
dimostrato indispensabile è stato il
terremoto ad Haiti del gennaio 2010.
83. Grazie per l‟attenzione!
Pietro Blu Giandonato
AlterGeo blog http://www.altergeo.eu
TANTO blog http://blog.spaziogis.it
My writings http://bit.ly/PietroBlu
Linkedin http://it.linkedin.com/in/pietroblu
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