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Diritto Privato




   Autore: ProfMan
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Diritto privato                                                                            Visto su: Profland




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                                     CAPO VI
                             I BENI E I DIRITTI REALI


SEZ. I - LE COSE, I BENI E I DIRITTI REALI IN GENERALE

Le cose e i beni: la nozione di bene è meno vasta di quella di oggetto di diritto, che
può anche essere una relazione personale, un comportamento o un servizio.
Art. 810: “sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti”.
La cosa è ciò che occupa uno spazio o che agisce sui sensi ed anche tutto ciò che ha
vita unicamente nel mondo dello spirito. Il bene si riferisce sempre alla cosa, ma non
tutte le cose sono beni (beni immateriali). Le res corporales hanno spesso una
relazione giuridica con lo spazio.

Patrimonio: è l’insieme dei rapporti giuridici con diretta rilevanza economica di cui
una persona sia titolare; è composto di diritti ed obblighi aventi il proprio oggetto;
ogni persona ha un suo patrimonio; a volte la legge stacca alcuni beni da altri,
formando un patrimonio separato.
Il patrimonio autonomo si considera almeno temporaneamente collegato ad un
soggetto al quale non si riconosce una distinta capacitĂ  giuridica. Le res in
patrimonio sono le cose che attualmente fanno parte del patrimonio di qualcuno, res
extra patrimonium il contrario. Un’altra distinzione è fra le res in commercio e le res
extra commercium per indicare cose che sono o non sono suscettibili di rapporti
giuridici. Sono in commercio e fuori dal patrimonio le cose di nessuno (res nullius) e
le cose che sono state abbandonate (res derelictae animo derelinquendi). Non sono
invece fuori patrimonio le cose smarrite, perché non c’è stata rinunzia al diritto sopra
le stesse; cosicchÊ se vengono ritrovate il titolare può rivendicarne la proprietà. Sono
fuori commercio le c.d. res communes omnium e cioè: i beni in quantità superiore ai
bisogni della societĂ  (aria, acqua del mare), le cose che il diritto vieta costituiscano
oggetto di rapporti giuridici (beni demaniali).

Beni immobili: sono per natura tutte le cose che non si possono trasportare da un
luogo ad un altro senza alterarne la consistenza, e quindi oltre al suolo, tutte le cose
che naturalmente o artificialmente fanno corpo con il suolo (art. 812). I diritti reali
che li riguardano sono sottoposti al regime immobiliare. Per la forma, l’art. 1350
richiede l’atto scritto per la validità delle principali convenzioni che si riferiscono ai
diritti reali immobiliari. La pubblicitĂ  si attua con la trascrizione; sono suscettibili di
ipoteca.
Beni mobili: la categoria è determinata per esclusione; infatti sono mobili tutti i beni
che non rientrano nella categoria degli immobili (art. 812); i negozi su tali beni sono
di regola a forma libera. La garanzia su un bene mobile si costituisce in pegno. Non è
ammessa la tutela possessoria per i beni mobili
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Cose specifiche e generiche: la prima è una data cosa individuata (species), cosa
generica è qualsiasi cosa di un dato tipo (genus). Se l’obbligazione di dare è generica,
il debitore deve consegnare al creditore una cosa rientrante nel genere indicato, ma
non inferiore alla media (art. 1178), nell’ipotesi di cosa specifica, il debitore deve
dare esattamente la cosa di cui si tratta, anche se questa sia di qualitĂ  scadente.

Cose fungibili o infungibili: quando le cose sono identiche o si valutano tali per
utilitĂ  o valore si considerano fungibili. Rientrano in questa categoria tutte le cose
che vengono considerate a peso, numero o misura (ad es. il denaro). Il concetto di
fungibilitĂ  o infungibilitĂ  si applica anche ai fatti umani, per es. nelle obbligazioni.
La fungibilità non è propria solo delle cose generiche.

Cose consumabili ed inconsumabili: sono consumabili il denaro, i commestibili, le
bevande etc. Inconsumabili sono le cose che si prestano ad utilizzazioni ripetute. La
qualificazione corrisponde all’uso normale a cui è destinata la cosa. L’importanza
della distinzione sta nell’usufrutto: per le prime, l’usufruttuario può servirsene
secondo l’uso al quale sono destinate e alla fine dell’usufrutto le restituisce nello
stato in cui si troveranno (art. 916); per le seconde, l’usufruttuario ha sì il diritto di
servirsene, ma con l’obbligo di pagare, al termine dell’usufrutto, il valore della loro
consistenza iniziale (quasi usufrutto, art. 995)

Cose divisibili ed indivisibili: in senso giuridico sono divisibili quelle cose che
possono essere frazionate in parti omogenee, con il risultato che la parte si
differenzia dal tutto solo per la minor quantitĂ  ed il proporzionale minor valore, e non
per la sua qualità o per la funzione a cui il bene è destinato.
Con questa indivisibilità per natura esiste un’indivisibilità per legge, che è stabilita in
relazione alla rilevanza sociale ed all’uso cui è destinato il bene (art. 1112), ad es.
sono indivisibili le parti in comune di un condominio; c’è anche una indivisibilità
convenzionale, quando le parti considerano indivisibile una prestazione che per
natura è divisibile (art. 1316).

Cose semplici: sono quelle che costituiscono un tutto unitario, nel quale la fusione
degli elementi che la compongono è cosÏ perfetta che questi ultimi hanno perduto la
loro individualitĂ ; e quella che empiricamente non appare composta.

Cose composte: sono quelle che risultano da piĂš elementi che conservano la loro
individualità materiale. L’elemento decisivo è dato dalla complementarità
economica, nella quale ogni componente perde la sua individualità. L’unità è data
dalla funzione cui è destinato il bene.

AccessorietĂ : il rapporto di connessione per accessorietĂ  si riferisce a cose che
conservano la loro individualità materialmente differenziata senza fondersi nell’unità
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di elementi complementari. Ci sono due tipi di connessione tra cosa principale ed
accessoria:
 incorporazione: si ha quando una cosa viene naturalmente o artificialmente
   compenetrata in un’altra anche a scopo solo transitorio. Suo presupposto è
   l’appartenenza di entrambe le cose alla stessa persona. Si aggiunge una cosa
   all’altra per completarla. La cosa incorporata perde la propria oggettività
   economica e giuridica (ad es.: un bene mobile incorporato in uno immobile deve
   considerarsi immobile);
 la pertinenza (art. 817): consiste in un legame economico e giuridico per cui una
   cosa è destinata in modo durevole al servizio o all’ornamento di un’altra. Questo
   tipo di legame sorge nel momento della destinazione fatta in modo durevole. C’è
   una pertinenza agraria, industriale, navale, etc. E’ necessaria la volontà del
   proprietario della cosa principale. Le pertinenze, dato che conservano piena
   individualitĂ , possono formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici (art.
   818).

Le universalitĂ : sono costituite da una pluralitĂ  di cose autonome che conservano la
loro distinta identitĂ , ma che sono unificate in vista di una particolare valutazione
fatta dai soggetti che ne dispongono, sono anche dette collettive. Possono essere:
universitates facti, chiamate dal codice universalitĂ  di mobili, sono complessi di cose
omogenee che appartengono alla stessa persona, l’unificazione è data dalla
destinazione unitaria in vista di una comune funzione, ogni elemento conserva il suo
essere di cosa semplice; universitas iuris: universalitĂ  di diritto, costituito da piĂš
rapporti giuridici considerati unitariamente, la pluralità dei rapporti è ridotta ad
un’unità per volontà di legge senza che vi sia un nesso economico e senza la
necessità di un’aggregazione materiale fra i suoi elementi eterogenei, comprende
anche elementi passivi, vi possono far parte anche beni mobili ed immobili.
Art. 816: “le universalità sono una pluralità di cose autonome materialmente e
giuridicamente distinte tra di loro”.

Frutti naturali: provengono direttamente dalla cosa, sono tali i prodotti agricoli, parti
degli animali, prodotti di miniere e cave (art. 820). Fanno parte della cosa fino a che
non avviene la separazione che segue il momento dell’acquisto della proprietà sui
frutti per colui che abbia diritto agli stessi senza essere il proprietario della cosa. Il
possessore in buona fede fa suoi i frutti separati fino al giorno della domanda
giudiziale.
Frutti civili: sono quelli che si traggono dalla cosa come corrispettivo del godimento
che altri ne abbia, per es. gli interessi di capitali. Si acquistano de diem in diem.
I frutti possono formare oggetto di distinti rapporti ed atti giuridici.

Il regime particolare di alcuni beni: ai beni mobili registrati viene applicato un
criterio particolare per le alienazioni, la costituzione di garanzia e la pubblicitĂ  simile
a quello per gli immobili.
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A regime particolare sono sottoposti anche beni appartenenti allo Stato e agli enti
pubblici; questi beni fanno parte o del demanio - composto di beni che sono destinati
a servizi pubblici etc; costituisce una proprietĂ  pubblica incommerciabile, questi beni
non sono oggetto di ipoteca o di possesso privato - oppure del patrimonio dello Stato,
vi fanno parte tutti i beni che non fanno parte del demanio, può essere indisponibile
(ad es. foreste, cave) o disponibile, per esclusione lo sono tutti quei beni che non
sono destinati ad interesse pubblico.
Un bene demaniale può passare al patrimonio dello Stato o degli altri enti pubblici
territoriali, quando cessa la destinazione che è propria del demanio.

I diritti sulle cose: diritto reale per eccellenza è la proprietà, ma ci sono altri diritti,
limitati rispetto a questa, importanti, questi si dividono in diritti di godimento (ad es.
enfiteusi) e diritti di garanzia (ad es. ipoteca).


SEZ. II - LA PROPRIETA’

Il contenuto del diritto di proprietà: l’art. 42 della Costituzione riconosce e garantisce
la proprietà privata. Ha una funzione sociale e si concretizza in un’attribuzione
esclusiva di un bene al titolare del diritto, in quanto affermazione di libertĂ .
Art. 832: ”il proprietario ha diritto di godere e di disporre delle cose in modo pieno
ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento
giuridico”.
Si richiede l’osservanza degli obblighi connessi con l’esercizio della proprietà, chi ha
il diritto di proprietĂ  assume anche degli obblighi verso la societĂ  costituita.
Per il carattere di pienezza del diritto di proprietà - che non è somma, ma sintesi di
facoltà - tutto rientra in ciò che è lecito: l’assenza e la forza del mio diritto si vedono
quando ci sia un’altra persona che voglia usare per conto suo il bene che è mio, allora
sì che io la posso escludere. Il diritto di godere si esprime nell’aspetto dinamico
come diritto sui frutti del fondo, solo quando l’oggetto del negozio è a sua
disposizione l’atto è concretamente efficace. La pienezza riguarda il contenuto
normale del diritto; ci sono a volte limiti al godimento e al potere di disporre, questi
però sono visti con disfavore dalla legge. Es. ne è lo ius aedificandi, questa facoltà
spetta sÏ al proprietario, ma non ipso iure, in quanto è richiesta una concessione.
La proprietĂ  esiste anche se mancano alcuni degli elementi che ne formano il
contenuto normale, ha in sé il carattere dell’elasticità, fenomeno che comprende un
indeterminato numero di facoltĂ .
E’ un diritto completo in quanto il proprietario può fare quello che crede senza però
recare danno agli altri. Sono proibiti gli atti emulativi (art. 833), con i quali il
proprietario verrebbe ad abusare del potere riconosciuto dalla legge e vada a
danneggiare gli altri.
La proprietà non è frazionabile, se talune facoltà che ne formano parzialmente il
contenuto passano ad altri soggetti, non si tratta di una della proprietĂ  che viene a
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staccarsi.
Molto diffusa è la multiproprietà, che è un diritto di comproprietà perpetuo in capo
ad ogni contitolare ed è regolabile secondo le norme della comunione e del
condominio.
E’ un diritto esclusivo (ius excludendi omnes alios): per far dichiarare inesistenti le
pretese di un terzo, basta che il proprietario dimostri la sua proprietà tramite l’azione
negatoria (art. 949). EsclusivitĂ  vuol dire anche che sulla stessa cosa non possono
esistere più diritti di proprietà. Il diritto di proprietà e l’azione diretta a farlo valere
(rivendica) non sono soggetti a prescrizione estintiva.

Estensione della proprietĂ  immobiliare: il diritto sul terreno si estende anche al
sottosuolo, l’esercizio di questo diritto è limitato quando viene meno l’interesse (art.
840). La zona in profondità a cui si estende il diritto non è determinabile a priori: di
regola è quella prima parte di terreno che è utilizzabile per l’attività agraria e per gli
edifici.
Discorso simile viene fatto per lo spazio sovrastante, la proprietĂ  immobiliare ha per
oggetto uno spazio; tutto ciò che si trova in quello spazio è oggetto di proprietà come
proiezione dello stesso diritto di base, compreso il soprassuolo, in funzione, però,
dell’interesse economico.

I vincoli del diritto pubblico: in maniera sempre crescente l proprietà privata è
limitata dall’interesse pubblico. L’espropriazione per pubblico interesse è prevista sia
dall’art. 42 della Costituzione sia dall’art. 834 del Codice. Tra i limiti di diritto
pubblico vanno ricordati quelli nel campo della proprietĂ  fondiaria e quelle c.d.
servitĂš militari.

Limiti nell’interesse privato e rapporto di vicinato: la regola è che ognuno può fare
quello che vuole nei suoi confini; purchÊ ciò non comporti una limitazione alla stessa
libertà del vicino. per quanto riguarda le immissioni (ad es. fumo) è stabilito il
criterio generale della normale tollerabilitĂ . Le norme dei limiti legali di buon
vicinato hanno carattere preventivo e si applicano indipendentemente dall’esistenza
di un danno; questi limiti non sono soggetti a prescrizione, sono reciproci, e quindi
senza corrispettivo, e tutelabili per mezzo dell’azione negatoria.
Quando i regolamenti sono esplicazione delle norme sulla distanza delle costruzioni
(art. 873), danno diritto di ottenere, oltre al risarcimento, la riduzione in pristino;
quando invece l’illegittimità dipende dall’inosservanza di una norma, e tende ad
attuare finalitĂ  di interesse generale, il diritto del privato si limita al risarcimento
(art. 872).
Distanze tra costruzioni: distanze legali sono imposte per le costruzioni, le
piantagioni, gli scavi, etc. per ragioni di interesse pubblico nei riguardi ad es. di
ferrovie, strade nazionali.
Art. 873: “tra edificio ed edificio si deve rispettare una distanza di almeno tre metri”.
I regolamenti comunali possono di solito fissano limiti maggiori, ma mai distanze
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inferiori (art. 878). La norma non si applica ai muri di cinta. La legge concede al
proprietario confinante una facoltà di scelta: può ottenere la comunione del muro
(art. 875), oppure può costruire in aderenza (art. 877). Per pozzi, cisterne e buche
ecologiche la distanza deve essere almeno di due metri dal confine (art. 889); per
fossi e canali deve essere pari almeno alla profonditĂ  massima dello scavo (art. 891).
Per le piantagioni: 3 m per gli alberi di alto fusto, uno e mezzo per gli alberi con
tronco di altezza inferiore ai 3 m, mezzo m per viti, siepi ed arbusti fruttiferi (art.
892). Il vicino può costringere il proprietario a tagliare i rami dell’albero che
sporgano oltre il confine.
Apertura di luci e vedute: per aprire le luci non occorre rispettare distanze dal fondo
del vicino; le luci, dette di tolleranza, possono essere chiuse dal vicino che voglia
usare del diritto di chiedere la comunione del muro. I requisiti che la finestra deve
rispettare per essere aperte come luce sono elencati all’art. 901. Per aprire vedute
occorre la distanza di un metro e mezzo dal fondo vicino; una volta acquistato il
diritto di aprirle il proprietario del fondo non può portare alcuna sua costruzione a
una distanza minore di 3 m.

I diritti sulle acque: il proprietario deve fare in modo che le acque piovane vadano a
scolare nel proprio terreno. Bisogna distinguere tra:
 acque pubbliche: sono demaniali (art. 822), ma l’utilizzazione e la gestione è
    affidata alle regioni; esiste in ogni prefettura un elenco delle acque pubbliche,
    l’iscrizione è fatta in base ad un duplice criteri: dell’importanza del loro sviluppo
    e dell’attitudine a soddisfare un pubblico generale interesse;
 acque private: sono poche; si tratta di un bene di natura speciale; le norme che
    disciplinano le acque private sono diverse se si tratta di
        - acque sotterranee: esiste un diritto di sfruttamento che consiste nel portarle
in superficie, non possono essere sfruttate illimitatamente;
        - acque superficiali (art. 909): il proprietario del suolo ha      diritto       di
utilizzare le acque in esso esistenti; non si può       cambiare il corso delle acque se si
danneggiano altri fondi.
Miniere: offrono di solito materiali rari e preziosi, è lo Stato che rilascia permessi per
la ricerca e che riconosce diritti di godimento, sotto forma di concessioni.
Cave e torbiere. presentano maggiore facilitĂ  di lavoro perchĂŠ il materiale da estrarre
affiora dal suolo. La materia è regolata da legislazioni regionali; di regola sono
oggetto di proprietĂ  privata.

La comunione e il condominio: sappiamo che non possono esistere dei diritti di
proprietĂ  sullo stesso bene, ma di uno stesso diritto possono essere titolari piĂš
soggetti assieme, e nulla vieta che anche la proprietĂ  appartenga
contemporaneamente a piĂš persone, caso del condominio. Ogni condomino ha diritto
ad una quota ideale. La divisione ha carattere dichiarativa.
La comunione può essere: volontaria, quando nasce per accordo tra i partecipanti,
legale (o forzosa), se il suo titolo è nella legge, oppure incidentale, quando sorge per
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circostanze fortuite.
Fonte principale per la disciplina del rapporto è la volontà delle parti.
Ogni partecipante può usare per conto suo il bene comune, anche modificandolo per
trarne maggior possibilità di godimento, purché non si leda l’ugual diritto degli altri
(art. 1102); può disporre dl suo diritto alienando la quota o cedendola ad altri (art.
1103), può chiedere lo scioglimento della comunione (art. 1111); gode degli utili e
partecipa alle spese in proporzione della sua quota. L’amministrazione è attribuita
alla collettività; a maggioranza essi deliberano per l’ordinaria amministrazione, per i
fatti che eccedono quest’ultima occorrono i 2/3 dell’assemblea. La facoltà di alienare
è attribuita ad ogni partecipante che può esercitarla solo per la sua quota. Per
l’alienazione dell’intero bene comune ci vuole una deliberazione unanime. La
comunione si scioglie solo con la divisione della somma ricavata dalla vendita della
cosa stessa.
Condominio negli edifici: accanto alla proprietĂ  spettante a ciascuno sul proprio
piano esiste una comunione forzosa di tutti i condomini su alcune parti del bene,
come il tetto e i muri maestri. Non ammette divisione e non è possibile la rinunzia
del condominio. La partecipazione a ciò che è proprietà comune è proporzionale al
valore della parte di piena proprietĂ . Il condominio, sia come comunione di case, sia
come ente di gestione, mira ad assicurare il buon funzionamento della situazione di
compenetrazione di diritti comuni ed individuali. L’assemblea nomina un
amministratore, se i condomini sono piĂš di quattro, che dura in carica 1 anno, ma
l’assemblea può revocarlo. Se i condomini sono più di dieci è obbligatorio stabilire
un regolamento.


SEZ. III - IL POSSESSO

Oggetto del possesso possono essere tutti i beni, mobili o immobili, nella relativa
tutela non sono compresi i beni demaniali.
Il possesso non è un diritto, non va infatti confuso con il ius possidendi, che è una
facoltĂ  del proprietario, ma uno stato di fatto cui sono connesse numerose ed
importanti conseguenze giuridiche: il proprietario, quindi, ha, in quanto tale, il ius
possidendi, se è pure in possesso del bene, avrà altresÏ il ius possessionis, può
ottenere una difesa dal semplice stato di fatto. Esiste il compossesso tra piĂš soggetti
che esercitano insieme il possesso su di uno stesso bene.

Possesso e detenzione: l’art. 1140 definisce il possesso come un potere sulla cosa che
si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio in concreto di proprietà o di un
altro diritto reale. E’ detto possesso dei diritti l’esercizio in concreto di un diritto
corrispondente a un diverso diritto reale sulla cosa altrui.
E’ formato da due elementi: il corpus (relazione materiale con il bene) e l’animus
(intenzione di tenere quella determinata cosa).
Si ha detenzione quando manca l’animus di esercitare la proprietà o altro diritto sulla
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cosa; nei confronti della cosa esiste l’implicito riconoscimento di una pertinente
posizione altrui e, in qualche caso, di una propria dipendenza da quella. Si avrĂ 
detenzione e non possesso in chi tiene la cosa: a) nell’interesse altrui a causa di un
rapporto di dipendenza; b) nell’interesse altrui a titolo di amicizia; c) nell’interesse
altrui per l’adempimento di una propria obbligazione; d) nell’interesse proprio per
esercitare un diritto personale su cosa altrui. La legge presume il possesso in chi tiene
la cosa, mentre la detenzione va provata (art. 1141).

Acquisto, perdita e successione del possesso: il possesso si può acquistare
originariamente, cioè senza una trasmissione da parte di altri; non costituiscono
fondamento per il possesso gli atti che si compiono per l’altrui tolleranza, ad es. per
cortesia (art. 1144).
PiÚ frequenti, però, sono i modi di acquisto derivativi, quali la consegna e la
successione. La prima può essere: effettiva quando materialmente si trasferisce il
posesso della cosa; simbolica, che si attua con il passaggio dei documenti della cosa;
consensuale o quando il vecchio possessore trasferisce ad altri il diritto a possedere,
conservando la detenzione (constitutum possessorium) o quando chi deteneva la cosa
a nome altrui in seguito ad accordo ne acquista il possesso a nome proprio (traditio
brevi manu).
Il possesso attuale non fa presumere il possesso anteriore (art. 1143).
La successione nel possesso si attua a favore del solo erede ed avviene di diritto
senza interruzione. Il possesso passa ipso iure all’erede così com’era al de cuius.
La perdita del possesso avviene per il venir meno di uno o di tutti e due gli elementi
che la compongono (corpus e animus).

Possesso ad usucapionem: per l’usucapione e per l’esercizio dell’azione di
manutenzione, il possesso deve essere pacifico e pubblico; si chiede la continuitĂ  - il
possesso non è continuo se egli ha abbandonato il bene - e la non interruzione, non ci
deve essere stata cioè azione di terzi.
Il possesso di buona fede: è quello di chi possiede ignorando di ledere l’altrui diritto
(art. 1147); detta ignoranza non deve dipendere da grave negligenza (artt. 1147 e
535); si presume fino a prova contraria; è sufficiente la buona fede iniziale; si divide
in soggettiva (o psicologica), quando si basa su uno stato di ignoranza della
situazione giuridica, ed oggettiva (o etica), che è richiesta come dovere di
comportamento. Riguardo ai frutti prodotti dal bene che è oggetto di restituzione, in
seguito ad azione del proprietario avente diritto, si distingue se:
 il possesso era in buona fede: il possessore fa suoi i frutti naturali fino al giorno in
    cui il proprietario ha proposto la domanda giudiziale e quelli civili maturati fino
    allo stesso giorno; egli deve restituire i frutti percetti o percipiendi nel periodo che
    va dalla proposta della domanda alla restituzione della cosa (art. 1148);
 il possesso era in mala fede: il possessore risponde per tutti i frutti percepiti o
    percipiendi, dovendoli restituire in natura o nel loro valore.
Il possessore di buona fede ha un diritto di ritenzione sulla cosa che era in suo
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possesso (art. 1152).
Art. 1153: in tema di proprietĂ  immobiliare questo articolo stabilisce dei requisiti: a)
deve esserci acquisto del possesso; b) deve esistere un titolo idoneo a trasferire la
proprietà; c) l’acquisto deve essere fatto in buona fede nel momento della
trasmissione del possesso. Quest’art. non si applica alle universalità di beni mobili,
né ai beni mobili registrati (art. 1156). Il possesso di buona fede produce l’acquisto
immediato del diritto sul bene, libero da qualunque peso (art. 1153). Se manca il
titolo, che è un negozio, il possessore di buona fede potrà acquistare il diritto per
mezzo dell’usucapione (art. 1161).

La difesa del possesso: per questa il possessore può intervenire immediatamente
mentre dura l’offesa agendo per legittima difesa, oppure ha a disposizione due
speciali azioni possessorie competenti al possessore in quanto tale:
 azione di reintegrazione (o di spoglio): compete a qualunque possessore o anche
   detentore; viene concessa solo contro atti di privazione del possesso violenti o
   clandestini compiuti con l’animus spoliandi; va proposta entro l’anno dallo
   spoglio o dal giorno in cui è stato scoperto; la restituzione è ordinata dal giudice
   senza dilazione;
 azione di manutenzione: è concessa solo al possessore di un bene immobile o di
   una universalitĂ  di mobili (art. 1170); il possessore deve avere i requisiti del
   possesso ad usucapionem e deve durare dal almeno un anno; va proposta con
   ricorso al pretore entro un anno dall’avvenuta turbativa, mira alla manutenzione
   del possesso, chiedendosi al giudice l’immediata cessazione delle molestie; le
   turbative o le molestie di cui sopra possono essere di fatto o di diritto.


SEZ. IV - ACQUISTO E DIFESA DELLA PROPRIETA’

I modi di acquisto: si distinguono in originari e derivativi.
 Titolo originario: quando a fondamento del diritto di proprietà non si trova la
    derivazione dal diritto di un precedente titolare.
 Titolo derivativo: si attua mediante trasmissione o successione di diritti dall’uno
    all’altro soggetto.
La distinzione è molto importante, infatti, ad es., il principio nemo plus iuris ad
alium transferre potest quam ipse habet si applica solo ai modi di acquisto originari.
Essenziale presupposto per la difesa della proprietà è la dimostrazione da parte di chi
la pretende di averne un titolo.

L’occupazione: è possibile solo per i beni mobili, infatti i beni immobili non sono
mai res nullius, se non sono proprietĂ  di privati, spettano al patrimonio dello Stato
(art. 827). Consiste nel materiale impossessamento della cosa, accompagnato
dall’intenzione di farla propria. Si possono occupare quelle cose che non sono di
proprietĂ  di nessuno, o perchĂŠ non lo sono mai state oppure perchĂŠ abbandonate.
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L’invenzione: le cose smarrite non possono essere occupate semplicemente come
abbandonate: lo smarrire non implica perdita della proprietĂ . Il ritrovatore, che non
conosce il proprietario, deve consegnare la cosa al sindaco del luogo (art. 927 ss),
che renderĂ  nota la consegna con la pubblicazione. Il proprietario sarĂ  tenuto a
ripagare il ritrovatore se questi lo richiede. Trascorso un anno se il proprietario non si
è presentato, la cosa è del ritrovatore.
Il tesoro (art. 932) è qualunque cosa mobile di pregio, nascosta o sotterrata, di cui
nessuno può provare di essere proprietario. Se la cosa è ritrovata in un fondo o in un
mobile altrui, si fa a metĂ .

L’usucapione: con il passaggi del tempo le situazioni si consolidano, sia in senso
positivo, in quanto l’esercizio di fatto diventa diritto (usucapione), sia in senso
negativo, in quanto il mancato esercizio di un diritto ha per conseguenza la sua
perdita (prescrizione). Nel primo l’accento è posto sull’interesse che il soggetto per
lungo tempo ha dimostrato di avere per la cosa. Il diritto di proprietà è
imprescrittibile (art. 948) e tendenzialmente perpetuo, si perde però di fronte a chi
abbia il titolo per usucapione. Come per la prescrizione, presupposto dell’usucapione
è l’inerzia del titolare. Elemento primo è il possesso, non è richiesta necessariamente
la buona fede. Per usucapire la proprietà il possesso dev’essere a titolo di proprietà,
cioè con l’animus rem sibi habendi. Non sono usucapibili i beni demaniali.
Il periodo normale per acquistare la proprietĂ  su beni immobili (art. 1158) o
universalità di beni mobili (art. 1160) è di 20 anni. Sempre per gli immobili c’è
un’usucapione decennale a favore di chi abbia acquistato il possesso in buona fede,
in forza di un titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprietĂ . Questo
titolo deve essere trascritto, e dalla data della trascrizione decorre il decennio (art.
1159). Per le universalità di beni mobili l’usucapione è decennale quando il possesso
si fonda su di un acquisto in buona fede con titolo idoneo (art. 1160). Per i beni
mobili l’usucapione si attua in 20 anni se il possesso sia stato acquistato in malafede,
in 10 anni se in buona fede ma manchi il titolo.
Circa le cause di impedimento, sospensione o interruzione si applicano i principi
generali adottati per la prescrizione. E’ particolarmente rilevante tener presente che
nell’usucapione ordinaria ventennale per gli immobili non si applicano, riguardo al
terzo possessore, né le cause di sospensione (art. 2942) né l’impedimento derivante
da condizione o termine (art. 1166).
L’usucapione è interrotta di fatto quando il possessore è privato del possesso per oltre
1 anno (art. 1167).

Accessione, unione e commistione: sono modi di acquisto a titolo originario. Tutte e
tre si fanno rientrare nel concetto di accessione intesa come espansione della
proprietà. L’accessione deriva da un atto umano o da un evento naturale: ci può
essere un immobile che si unisce ad un altro immobile, o può essere di un mobile ad
un immobile (art. 934), o, infine, di un mobile ad un altro mobile (art. 939). La
specificazione è un fenomeno analogo all’accessione solo che l’oggetto che viene
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aggiunto alla cosa è il lavoro, per cui la cosa non si accresce ma si trasforma.

Azioni a difesa della proprietĂ : sono dette anche petitorie e sono quattro:
 rivendicazione: ha lo scopo di far conseguire al proprietario il possesso definitivo
    della cosa con ogni suo incremento, viene esercitata da chi si pretende
    proprietario, e non sia in possesso del bene, è imprescrittibile;
 negatoria: ha lo scopo di tutelare la pienezza del diritto di proprietà sulla cosa, si
    esercita solo contro le molestie cui corrisponda la pretesa di un diritto, è
    sufficiente che il proprietario dia la prova del suo dominio;
 azioni di confine: sono due:
       1) di regolamento di confini: presuppone l’incertezza dei         confini, si tratta
di un’azione con carattere duplice, nella quale        entrambe     le    parti     hanno
un’analoga reciproca posizione di         pretesa e di difesa; in caso di mancanza di
elementi il giudice        dovrĂ  attenersi alle mappe catastali (art. 950);
       2) apposizione di termini: viene intentata dal proprietario       quando si vuole
apporre segno materiale del confine, ha lo stesso duplice carattere della precedente,
è di competenza del        pretore.

Azioni di nunciazione: spettano sia al possessore in quanto tale sia anche al titolare
del diritto, che abbia o no il possesso della cosa; sono due: denunzia di nuova opera,
diretta a impedire pericoli o limitazioni di godimento della cosa in seguito a nuove
attivitĂ  da altri intraprese sul fondo vicino, e denunzia di danno temuto (art. 1172),
diretta contro il pericolo di danno grave e prossimo, derivante da un edificio, albero o
altre cose inanimate che siano però già esistenti sul fondo vicino.


SEZ. VI - LA PROPRIETA’ SUPERFICIARIA, L’ENFITEUSI

La proprietĂ  superficiaria: se ne parla perchĂŠ, quando viene a costruirsi il bene di
proprietĂ  separata nel fondo altrui, il diritto di superficie si incorpora con la proprietĂ 
dello stesso bene.

Enfiteusi: si ha quando il proprietario cede ad altri il godimento di un immobile, con
l’obbligo di pagare un canone e di migliorare il fondo. La costituzione fatta in
perpetuo o per lungo tempo. Il limite minimo è di 20 anni (art. 958) Può essere
costituita per contratto, per testamento o per usucapione.
Ci sono due soggetti che hanno entrambi obblighi e dritti: il proprietario che concede
agli altri il fondo (detto concedente) e colui che riceve il fondo (detto enfiteuta).
L’enfiteuta deve migliorare il fondo (art. 960), deve pagare al concedente un canone
periodico, o in danaro o in natura e deve fare una ricognizione del diritto del
concedente (art. 969).
Importante per l’enfiteuta è il diritto di affrancazione o riscatto (art. 971), che
consiste nella facoltĂ  di diventare proprietario puro e semplice del fondo.
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L’enfiteuta perde il diritto per non uso durante 20 anni (art. 970) e per devoluzione,
che consiste nel diritto che il concedente ha di riavere il fondo libero quando
l’enfiteuta non adempie ai suoi obblighi. L’enfiteusi, come diritto parziario, si
estingue per confusione, quando, per qualsiasi motivo, il concedente diventi anche
enfiteuta o quest’ultimo acquisti il dominio diretto.

Usi civici: sono diritti spettanti sulla proprietĂ  altrui, sia pubblica che privata, a una
collettivitĂ  di persone; sono considerati diritti collettivi di carattere pubblico e come
tali sono essenzialmente inalienabili e imprescrittibili.

Oneri reali: è ogni prestazione a carattere periodico che è dovuta dal soggetto solo in
quanto è nel godimento di un bene e consiste nel dare o nel fare qualche cosa. Il
rapporto con la cosa non è solo il mezzo per determinare la persona che deve fare la
prestazione; nell’onere reale il collegamento con la cosa costituisce l’unico titolo
dell’obbligo di prestazione.. Si estingue per il perimento o per l’abbandono del
fondo. Es. ne sono il censo, il canone enfiteutico.


SEZ. VII - I DIRITTI REALI SULLA COSA ALTRUI. LE SERVITU’

Diritti limitati o parziari: non hanno lo stesso contenuto pieno ed esclusione della
proprietà; la loro essenza non è una parte del diritto di proprietà, che rimane a questi
superiore; tutti questi diritti sono diritti reali, come diritti patrimoniali assoluti (erga
omnes).
Diritto di seguito: proprio di tutti i diritti reali su cosa altrui, appunto perchĂŠ seguono
la cosa.
I diritti sulla cosa altrui si distinguono in:
 diritti di garanzia (pegno ed ipoteca): consistono nel vincolo giuridico cui è
    assoggettata la cosa per la garanzia a vantaggio di un creditore e si fondano sul
    valore di scambio della cosa;
 diritti di godimento (servitù e usufrutto): conferiscono al titolare un ampio potere
    sulla cosa e sono costituiti a favore di una persona determinata o di un soggetto
    proprietario di un fondo.
I diritti reali su cosa altrui sono unicamente quelli tipici, previsti e regolati dalla
legge. Ad es. il tipo regolato è la servitÚ e non la singola servitÚ.

Le caratteristiche comuni: i diritti reali sopra la cosa altrui si esercitano senza
bisogno che il proprietario faccia alcunchĂŠ, il suo atteggiamento deve consistere in
un sopportare, lasciar fare o in un non fare. Una volta che i diritti parziari sulla cosa
l’altrui non abbiano più un proprio distinto titolare, si estinguono completamente.
La confusione (o consolidazione) si ha quando proprietĂ  ed usufrutto si riuniscono
nella stessa persona, è una caratteristica causa di estinzione. Altra caratteristica dei
diritti reali parziali è che si estinguono anche per non uso ventennale. La servitÚ si
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può alienare solo insieme con la proprietà del fondo dominante.
La difesa di questi diritti è accordata con l’azione confessoria, che si esercita da chi
pretende di avere il diritto reale sulla cosa altrui contro il proprietario o contro chi ne
contesti l’esercizio.

Le servitù: l’art. 1027 la definisce come un peso, cioè come limitazione imposta al
godimento di un fondo, per l’utilità di altro fondo appartenente ad altro proprietario.
Per utilitĂ  si intende non solo un vantaggio economico, ma anche una maggiore
comoditĂ  (art. 1028). Il contenuto delle servitĂš si concreta sempre nel vantaggio per
un fondo e nella restrizione di godimento per un altro fondo. Il proprietario che
subisce la servitÚ viene limitato nei suoi poteri. La servitÚ è costituita a vantaggio del
proprietario del fondo dominante contro una corrispondente limitazione nel diritto
del proprietario del fondo servente. La soggezione del fondo servente consiste in un
sopportare o in un non fare, ai quali corrisponde dalla parte del fondo dominante, un
ius habendi o facendi o prohibendi.
Altri requisiti sono: vicinanza dei fondi, per permettere utilitĂ  diretta e perpetua
causa, deve cioè corrispondere ad una durevole utilità per il fondo dominante anche
se non è destinata ad essere perpetua.
Le caratteristiche giuridiche sono: l’inscindibilità, cioè la servitù forma un tutt’uno
inscindibile con il fondo, e l’indivisibilità, cioè non può essere acquistata, esercitata o
perduta se non interamente.

ServitĂš apparenti e non: sono apparenti quelle al cui esercizio sono destinate opere
visibili e permanenti; la caratteristica principale è l’esistenza di segni visibili, cioè
opere artificiali o tracce naturali; es. di servitĂš non apparenti: servitĂš di attingere
acqua o di pascolo.
Servitù continue: sono quelle per il cui esercizio non è necessario il fatto dell’uomo,
possono essere apparenti e non.
Servitù discontinue: sono quelle per il cui esercizio è necessaria l’attività dell’uomo,
anch’esse possono essere apparenti e non.
Servitù positive: sono quelle per le quali il fondo servente deve sopportare l’attività
del proprietario del fondo dominante.
ServitĂš negative: a causa delle quali viene proibito al proprietario del fondo servente
di esercitare una delle facoltĂ  normalmente contenute nel suo diritto di proprietĂ .

ServitĂš coattive o legali: hanno la loro fonte nel comando legislativo. Sono previste
nell’ipotesi nelle quali la legge attribuisce al proprietario il diritto di ottenere la
costituzione di una servitÚ coattivamente, cioè senza bisogno del consenso di chi la
deve subire (art. 1032). Non devono essere confuse con i limiti del buon vicinato,
perchĂŠ nelle servitĂš mancano la reciprocitĂ , la gratuitĂ , la nascita automatica e poi
perchÊ sono sempre poste a vantaggio di un fondo, mentre ciò non si può dire per
tutti gli altri limiti legali. AffinchÊ sorga la servitÚ è necessario che il diritto venga
determinato e attuato in concreto, cioè con un accordo, o quando le parti non si
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mettono d’accordo, per mezzo di sentenza del giudice. Il proprietario del fondo
servente ha diritto a una indennitĂ .
Sono servitĂš coattive:
 il passaggio coattivo (art. 1051 ss): limitazione del diritto che ha il proprietario di
   escludere altre persone dal suo fondo; questo si deve concedere in tre ipotesi:
   quando un fondo si trova tra due proprietà altrui e non ha una via d’accesso sulla
   strada pubblica, o quando la servitù è diretta all’ampliamento del passaggio
   esistente per far transitare autoveicoli, o quando un nuovo passaggio è concesso
   nell’interesse generale dell’agricoltura e dell’industria;
 la somministrazione coattiva di acqua (art. 1049 ss): è un’applicazione di un
   principio di solidarietà: il fondo deve fornire solo l’acqua che eccede ai suoi
   bisogni e nella misura massima delle esigenze indispensabili del fondo
   dominante;
 acquedotto coattivo (art. 1033 ss): consiste nel diritto di far passare le acque
   proprie attraverso fondi altrui.

ServitĂš volontarie: sono costituite per effetto di un atto di parte o per usucapione.
Possono costituirsi per titolo, cioè per contratto o testamento (art. 1058), questo
dev’essere in forma scritta (art. 1350) e il titolo va sempre trascritto. Le servitù non
apparenti si costituiscono soltanto per titolo; quelle apparenti possono acquistarsi
anche per usucapione, per la quale valgono tutte le regole generali, e per destinazione
del padre di famiglia (art. 1061).

L’esercizio e l’estinzione delle servitù: le norme per la servitù, contente nel codice,
hanno valore dispositivo. (art. 1063). Con l’acquisto della servitù si acquistano tutte
le facoltĂ  accessorie per il suo esercizio. La servitĂš va usata in modo da soddisfare il
bisogno del fondo dominante con il minor aggravio del fondo servente (art. 1065).
Le servitĂš si estinguono per rinunzia, per scadenza del termine, per il verificarsi della
condizione risolutiva, per abbandono del fondo servente, per impossibilità d’uso, per
confusione, per prescrizione (quando non se ne usi per vent’anni, secondo l’art.
1073).


SEZ. VIII - L’USUFRUTTO, L’USO E L’ABITAZIONE

Definizione: frase tipica quando si parla di usufrutto è “ususfructus est ius aliens
rebus utendi fruendi, salva rerum substantia”. L’usufruttuario ha il diritto di usare e
di godere della cosa, ma non ha il diritto alla consumazione. La conservazione della
cosa non va intesa in senso materiale, ma deve far riferimento al criterio economico-
sociale della destinazione. Il proprietario del bene che è oggetto di usufrutto si
chiama nudo proprietario. In nessun caso la durata dell’usufrutto può eccedere la vita
dell’usufruttuario e l’usufrutto a favore di persona giuridica non può durare più di 30
anni (art. 979). L’art. 698 vieta l’usufrutto successivo, nel senso che il diritto
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s’intende estinto alla morte del primo chiamato.
E’ un diritto reale, in quanto diritto che il soggetto ha direttamente sulla cosa,
appartenente alla categoria dei diritti di godimento sulla cosa altrui. L’usufruttuario si
distingue dal conduttore, perché il primo a difesa del suo diritto ha un’actio in rem,
ha il possesso, la prescrizione per non uso del suo diritto dura 20 anni, inoltre
l’usufrutto può essere sottoposto ad ipoteca. Si costituisce per volontà dell’uomo -
con atto tra vivi, o mortis causa - oppure per usucapione. A volte può costituirsi per
legge (usufrutto legale).

Oggetto: qualunque bene, mobile o immobile, può formare oggetto di usufrutto. Per
le cose consumabili la legge stabilisce che l’usufruttuario ne acquista la proprietà e al
termine dell’usufrutto sarà obbligato a pagarne il valore o consegnare altrettante cose
della medesima specie e qualitĂ  (c.d. quasi usufrutto). Per le cose deteriorabili,
l’usufruttuario le utilizzerà secondo lo scopo al quale sono destinate e le restituirà poi
nello stato in cui si troveranno alla fine dell’usufrutto (art. 995). Per le universitas
iuris, l’usufruttuario è tenuto a pagare le annualità e gli interesse dei debiti di cui il
complesso sia gravato, specialmente se si tratta di ereditĂ  (art. 1010).

I diritti inerenti: l’usufruttuario ha il diritto di ottenere il possesso della cosa (art.
982) nello stato in cui si trova (art. 1002), fa suoi i frutti civili e naturali, può vendere
(art. 980) o ipotecare il suo diritto (art. 2810). Il nudo proprietario può alienare o
ipotecare la nuda proprietà, può esigere il pagamento degli interessi delle spese per
riparazioni straordinarie.

Obblighi nascenti: l’usufruttuario deve compiere a sue spese l’inventario e dare
idonea garanzia (art. 1002), deve usare la diligenza del buon padre di famiglia (art
1001), deve custodire il bene ed amminstrarlo (art. 1004), deve consegnare la cosa
cessato l’usufrutto (art. 1001). Il nudo proprietario deve pagare i carichi posti sulla
proprietĂ  e deve fare le riparazioni straordinarie.

Estinzione: l’usufrutto si estingue per: non uso ventennale, confusione, morte
dell’usufruttuario, allo scadere dei 30 anni se persona giuridica, totale deperimento
della cosa (art. 1014), grave abuso da parte dell’usufruttuario che ha alienato il bene
o che lo ha deteriorato (art. 1015).

L’uso e l’abitazione: il primo è una specie di usufrutto limitato, i diritti dell’usuario è
limitato ad una modica perceptio, oltre al godimento naturale del bene egli ha diritto
solo alle rendite che gli forniscono i mezzi necessari alla vita sua e della propria
famiglia (art. 1021).
L’abitazione, invece, è una particolarità di uso che ha per oggetto una casa adibita
appunto ad abitazione per il titolare del diritto stesso; consiste nel solo diritto si
abitare direttamente la casa o l’appartamento che ne è oggetto, godimento che è
riconosciuto al solo titolare e ai membri della sua famiglia (art. 1022).
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                                    CAPO VII
                          I DIRITTI DI OBBLIGAZIONE


SEZ. IX - I CONTRATTI IN GENERALE

Art. 1321: “il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o
estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.
I soggetti devono rispettare tanto i comandi imposti dalla legge (eteronomia), quanto
i precetti che essi stessi hanno volontariamente stabilito (autonomia).
Le parti possono seguire uno degli schemi previsti e regolati dalla legge (contratti
nominati o tipici), ma possono anche concludere contratti che non trovano
un’espressa disciplina nella legge (contratti innominati o atipici); però a volte i
contratti rappresentano la riunione in un unico atto di elementi di piĂš tipi contrattuali,
implicando una pluralitĂ  di cause oltre ad una pluralitĂ  di prestazioni (contratti misti).

Gli elementi e i requisiti del contratto: art. 1325: “i requisiti del contratto sono:
l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto e la forma quando è prescritta”.
Il contratto si forma quando c’è il consenso di tutte le parti; consenso che consiste in
un accordo che si è venuto determinando tra i soggetti dopo trattative liberamente
condotte o altre volte in una semplice adesione.
In linea di massima è escluso il contratto con se stesso (art. 1395).

La formazione del consenso e la perfezione del contratto: alla base della formazione
del consenso troviamo sempre:
 la proposta: dichiarazione di volontà che contiene tutti gli elementi del contratto,
   emessa manifestando un’intenzione di obbligarsi (deve dirigersi ad un
   destinatario);
 l’accettazione: dichiarazione diretta al proponente; essa deve essere definitiva,
   incondizionata e pienamente conforme alla proposta.
Tra proposta ed accettazione deve esistere una direzione allo stesso fine.
Art. 1326: “il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha
conoscenza dell’accettazione dell’altra parte”, sempre che prima dell’accettazione la
proposta non sia stata ritirata dall’offerente.
Art. 1335: “proposta, accettazione, loro revoca e ogni altra dichiarazione recettizia si
reputano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se
questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne
notizia”.
Nei contratti che richiedono una forma scritta, tanto la proposta quanto l’accettazione
devono essere redatte per iscritto.
La proposta può essere fatta con un’offerta al pubblico, che contenga tutti gli
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elementi del contratto alla cui conclusione è diretta (art. 1336). Se mancano questi
elementi non si ha proposta, ma invito a fare delle proposte, L’offerta al pubblico non
si può revocare come si revoca la proposta fatta individualmente.
NB: la proposta può essere revocata anche dopo l’accettazione, se la revoca è fatta
prima che l’accettazione sia conosciuta, ma se nel frattempo l’accettante ha
intrapreso in buona fede l’esecuzione del contratto, ha diritto ai c.d. interessi
negativi; l’accettazione può essere revocata senza responsabilità solo se la revoca
giunga a conoscenza del proponente prima dell’accettazione.
E’ irrevocabile per legge la proposta di ogni contratto che importi obbligazioni a
carico del solo proponente: è irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte
alla quale è destinata (art. 1333).
La revoca della proposta, o dell’accettazione, rientrano nel normale libero
svolgimento della contrattazione; questa talvolta costituisce un’ipotesi di culpa in
contrahendo: quando il soggetto si è comportato in mala fede deve risarcire il danno
(art. 1337).

Contratto preliminare: con questo i soggetti si impegnano a stringere
successivamente un dato rapporto tra loro, è un vero contratto dal quale sorgono
obbligazioni per le parti.
NB: non deve essere confuso con un altro contratto, molto diffuso nella pratica, detto
anche compromesso, che è un contratto definitivo (preliminare improprio) di
immediata efficacia, con l’impegno di riprodurre il consenso in una forma
particolare.
Art. 1351: “il contratto preliminare è nullo se non è fatto nella stessa forma che la
legge prescrive per il contratto definitivo”.

Buona fede e responsabilità precontrattuale: alla base di ogni contratto è richiesta
sempre la buona fede in contrahendo, come si è visto nelle obbligazioni.
Art. 1337: “le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del
contratto, devono comportarsi secondo buona fede”.
Anche nella fase preparatoria non bisogna comportarsi scorrettamente altrimenti si
incorre nella responsabilitĂ  precontrattuale; questa si fa rientrare nella categoria della
responsabilitĂ  extracontrattuale, perchĂŠ trova fondamento nella violazione di un
generale dovere di condotta.
Il risarcimento del danno subito dal contraente nelle ipotesi di attivitĂ  fatta svolgere
ad es. con il miraggio di una contrattazione non seriamente ingaggiata, viene limitato
ai c.d. interessi negativi, che corrispondono alla diminuzione patrimoniale che il
soggetto non avrebbe subito se non avesse contratto.

Oggetto del contratto: questo e oggetto dell’obbligazione sono concetti assai vicini
tra loro. Quando l’obbligazione deriva da contratto, oggetto della prestazione e
oggetto del contratto hanno riferimento allo stesso bene. Non si deve dimenticare la
differenza tra impossibilità originaria dell’oggetto che importa nullità del contratto e
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impossibilità sopravvenuta che importa estinzione dell’obbligazione o risoluzione del
contratto.
E’ valido il contratto che abbia per oggetto cose future.
E’ importante inoltre il problema della qualificazione - cioè la determinazione dei
criteri che il giudice deve seguire per qualificare come dell’uno o dell’altro tipo il
contratto che gli sia sottoposto - per vedere se l’accordo raggiunto rientri negli
schemi stabiliti dalla legge.

I limiti all’autonomia nell’interesse delle parti: art. 2597: “chi esercita un’impresa in
condizioni di monopolio legale ha l’obbligo di contrarre con chiunque richieda le
prestazioni che formano oggetto dell’impresa, osservando la parità di trattamento”.
Contratti di adesione: sono quelli che si formano su di uno schema prestabilito
dall’imprenditore, il cui testo non viene praticamente discusso dal cliente.
L’art. 1341 sancisce la nullità di alcune clausole di uso frequente tanto nelle
condizioni generali di contatto, quanto nei contratti conclusi su moduli o formulari,
che verrebbero a gravare in modo troppo oneroso sulla controparte (clausole
vessatorie o abusive).

Gli effetti e l’esecuzione del contratto: art. 1372: “il contratto ha forza di legge tra le
parti”.
Il contratto è contemporaneamente un atto giuridico e un regolamento: crea un
rapporto e ne dĂ  la disciplina. Dal contratto derivano conseguenze personali (contratti
obbligatori) oppure derivano immediatamente effetti reali (contratti con efficacia
reale).
La legge adotta diversi criteri per dirimere il conflitto tra diversi aventi causa dallo
stesso autore:
1) se si tratta di acquisto di un diritto immobiliare, è preferito chi per primo ha
trascritto l’atto;
2) se si tratta di un bene mobile, è preferito chi per primo ne ha ricevuto il possesso
in buona fede;
3) se si tratta di un credito, tra piÚ cessionari è preferito chi per primo ha notificato la
cessione al debitore;
4) nel caso si tratti di un diritto personale di godimento, concesso a diversa persona,
il godimento spetta al contraente che per primo lo ha conseguito.
Il contratto è anche fonte del regolamento per la disciplina del rapporto: quindi va
eseguito come le parti hanno stabilito.
Art. 1375: “il contratto deve essere eseguito secondo buona fede”.
L’inadempimento degli obblighi sorgenti dal contratto costituisce l’ipotesi tipica di
responsabilitĂ  contrattuale.

La relativitĂ  del contratto: si intende appunto la limitazione degli effetti contrattuali
rispetto ai soggetti. Gli eredi, come continuatori della personalitĂ  giuridica del loro
autore, subentrano in tutti i suoi rapporti patrimoniali, gli aventi causa, o successori a
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titolo particolare, subentrano solo nella posizione patrimoniale. Terzo è o lui che
rimane sostanzialmente estraneo al contratto: gli effetti diretto non toccano i terzi.
Il contratto per persona da nominare si ha quando una parte, nella conclusione
dell’accordo, si riserva la facoltà di nominare effettivamente la persona destinata ad
acquistare i diritti e assumere gli obblighi nascenti dal contratto.
La dichiarazione di nomina, la procura e l’accettazione, integrano il contratto, e
vanno perciò fatte nella stessa forma che le parti hanno usato per il contratto stesso
(art. 1403).
Il contratto può anche produrre effetti diretti a favore di terzi, la legge dichiara
generalmente valido ed efficace il contratto stipulato a favore di un terzo, purchĂŠ lo
stipulante vi abbia un interesse (art. 1411). Il terzo (detto beneficiario) non diventa
parte del contratto, ma acquista i diritti che a lui si riferiscono nel contratto concluso
tra lo stipulante (che è colui che vuole procurare il vantaggio al terzo) e il promittente
(che è colui che dovrà fare la prestazione al terzo): fino all’accettazione però lo
stipulante può revocare la destinazione del suo atto.
Si può promettere ad altri la prestazione o l’azione di una terza persona.

L’interpretazione del contratto: è preceduta da un complesso di operazioni che
mirano ad accertare, per mezzo di prove, il fatto della dichiarazione e l’esistenza di
circostanze precedenti, concomitanti o susseguenti. L’interpretazione è autentica,
quando viene compiuta dalle parti per mezzo di un successivo negozio di
accertamento. Nell’interpretazione di legge si deve ricercare il senso fatto palese dal
significato proprio delle parole e dalla intenzione del legislatore.
Importante è la differenza fra:
volontà legale, che è impersonale, obiettivata in un testo e precisata dall’esistenza di
tutte le altre norme dello stesso ordinamento, con le quali va collegata
(interpretazione sistematica);
volontà negoziale, che è una volontà puntuale rispetto alla quale la formula usata
rappresenta solo un modo di esprimersi.
Non è ammessa l’interpretazione evolutiva di un contratto, se esiste una lacuna, essa
viene colmata in primo luogo dalla legge.
Art. 1366: “il contratto deve essere interpretato secondo buona fede”. Per
l’interpretazione valgono le stesse regole del negozio.

Contratti consensuali e reali: nel diritto moderno i contratti si perfezionano di regola
con il semplice consenso delle parti (principio consensualistico, art. 1376). Ci sono
alcuni contratti speciali, per i quali il consenso non è sufficiente, nel senso che il
contratto è perfetto solo con la consegna della cosa, con la tradizione alla controparte
dell’oggetto del contratto Essi sono il comodato, definito dall’art. 1803 come il
contratto con il quale un parte consegna ad un’altra una cosa, il mutuo, il deposito, il
pegno, etc. I contratti reali sono tutti unilaterali, cioè danno origine all’obbligazione
di una sola parte.


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Contratti obbligatori: locazione, mandato, comodato, deposito etc.
Contratti traslativi di diritti reali: compravendita, permuta, donazione, mutuo, etc.
Il criterio distintivo del contratto reale si riferisce alla formazione del contratto, cioè
al suo perfezionarsi, quello del contratto con efficacia reale si riferisce invece agli
effetti. La vendita di una determinata massa di cose è soggetta alle norme generali
sull’efficacia traslativa del consenso. Non c’è efficacia reale immediata nella vendita
di cosa futura o di cose altrui, nella vendita alternativa, nella vendita sottoposta a
condizione sospensiva. Nel trasferimento a termine il rischio passa all’acquirente nel
momento del consenso.

I contratti ad esecuzione immediata: ricevono un’esecuzione immediata con la stessa
perfezione del negozio, i contratti ad esecuzione differita sono destinati ad avere
esecuzione solo in un momento ulteriore rispetto al tempo della loro perfezione.
Si distinguono inoltre i contratti a esecuzione istantanea, nei quali la vita del rapporto
obbligatorio che si pone in essere non è diretta a prolungarsi nel tempo, dai contratti
di durata.

Contratti aleatori e contratti commutativi: la distinzione si riferisce al rapporto tra la
prestazione e la controprestazione. Mentre tutti i contratti possono comprendere
qualche elemento di rischio, nei contratti aleatori è la stessa incertezza del contenuto
che si tiene presente alla conclusione dell’accordo.
Si ha contratto aleatorio (o di sorte), quando la determinazione di quella che sarĂ  la
prestazione o la controprestazione, dipende da un fattore d’incertezza, che può
volgere il vantaggio del contratto verso l’una parte o piuttosto verso l’altra. In altre
parole l’incertezza obiettiva dell’evento rischio incide sui contenuti del contratto, che
resta però sempre caratterizzato da prestazioni corrispettive. Es. possono essere: il
giuoco, la scommessa, la vendita di cosa futura, dove l’alea può riferirsi alla qualità e
quantitĂ  insieme, o soltanto alla qualitĂ .
Nei contratti commutativi le prestazioni vengono stabilite in precedenza come punto
d’arrivo delle trattative; ciascuno dei contraenti sa fin dal momento della conclusione
quale sarà l’ammontare del sacrificio e conosce quale bene deve essergli corrisposto.


SEZ. X - IL SINALLAGMA E LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO

Sinallagma: anche i contratti unilaterali sono necessariamente negozi bilaterali; la
bilateralitĂ  del contratto si riferisce, non alla pluralitĂ  dei voleri che pongono in
essere il negozio, ma agli effetti obbligatori che ne sorgono.
Sinallagma è il legame reciproco che in alcuni contratti esiste tra prestazione e
controprestazione: la corrispettività è pertanto il segno di un rapporto tra prestazione
e controprestazione piĂš stretto della semplice coesistenza reciproca. Sono contratti
sinallagmatici, o a prestazioni corrispettive, quei contratti dai quali nell’ambito di
uno stesso strumento negoziale sorgono contemporaneamente nell’una e nell’altra
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parte obblighi e diritti a prestazioni reciproche collegate tra loro da un rapporto di
interdipendenza. Esempi ne sono la compravendita, la permuta, etc.
Il sinallagma, cioè il legame tra le reciproche obbligazioni che sorgono
contemporaneamente dallo stesso contratto, si distingue in:
 genetico: sta a significare il reciproco rapporto di giustificazione causale che deve
    intercorrere tra le contrapposte obbligazioni nascenti dal contratto nel momento
    della sua stipulazione;
 funzionale: la prestazione di una parte rimane legate, non solo all’esistenza
    originaria, ma anche al perdurare dell’obbligazione corrispondente della
    controparte, e quindi all’adempimento o alla possibilità di adempimento.
Ove manchi il rapporto di reciproca dipendenza delle obbligazioni, non c’è vera
corrispettivitĂ  anche se dallo stesso contratto sorgono obbligazioni a carico di
entrambe le parti. pertanto il deposito ed il mandato rimangono contratti unilaterali
anche quando sono a titolo oneroso, perché l’attività del depositario o del mandatario
non trova la sua causa nel compenso, essendo piuttosto la fiducia l’elemento
fondamentale per l’uno o per l’altro contratto. Questi contratti sono anche detti
bilaterali imperfetti.
Tutti i contratti corrispettivi sono onerosi, ma la preposizione inversa non vale,
perchĂŠ onerosi possono essere alcuni contratti unilaterali (ad es. il mutuo e il
deposito).
Art. 1333: “la proposta diretta a concludere un contratto da cui derivano obbligazioni
solo per il proponente è irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte alla
quale è destinata”.

La risoluzione dei contratti: non tocca l’atto, ma le sue conseguenze, colpisce non il
negozio, ma il rapporto. Così si spiega perché in seguito all’inadempimento della
controparte si possa chiedere, oltre alla risoluzione, anche il risarcimento per l’altrui
colpa contrattuale.
La risoluzione è:
 volontaria: quando le parti con un nuovo consenso pongono fine alle conseguenze
    del rapporto obbligatorio esistente tra di loro;
 legale: è prevista generalmente per i soli contratti a prestazioni corrispettive.
La risoluzione è rimedio che si può far valere solo prima che il contratto stesso sia
compiutamente eseguito.
Già nella definizione di contratto si dice che il consenso può anche mirare
all’estinzione del rapporto giuridico patrimoniale (art. 1321), e l’art. 1372 conferma
che il contratto si scioglie per mutuo consenso. Talora lo stesso contratto stabilisce il
diritto di recesso, ius poenitendi a favore di una o di ognuna delle parti, che è
collegato con la previsione di un corrispettivo da pagare: nell’ipotesi il contratto si
risolve in seguito alla manifestazione unilaterale di volontĂ  che trae riconoscimento
dall’anteriore accordo.
NB la facoltà di recesso può essere esercitata fino a quando il contratto non abbia
avuto un principio d’esecuzione.
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Una specie di diritto al ripensamento è regolato per i contratti conclusi fuori dai
locali commerciali. Nei contratti di durata indeterminata è comunemente ammessa
l’estinzione del rapporto per disdetta unilaterale.

La risoluzione per inadempimento e l’eccezione di inadempimento: quando il
soggetto che non ha adempiuto e che non è pronto ad adempiere chiede la
prestazione della controparte, quest’ultimo può assumere un atteggiamento passivo,
difendendosi con l’eccezione di inadempimento. L’art. 1460 riconosce legittimo il
rifiuto a eseguire la propria prestazione quando esso è conforme a buona fede, ossia
quando è giustificato da un non lieve inadempimento dell’altra parte. L’art. 1461
riconosce inoltre ad ogni contraente il diritto di sospendere la prestazione da lui
dovuta quando le condizioni patrimoniali della controparte siano tali da porre in
evidente pericolo il conseguimento della controprestazione; ecco un’altra
applicazione del criterio di tutela preventiva.
L’eccezione di inadempimento ha quindi prima di tutto un carattere di tutela
immediata perchĂŠ essa non richiede il previo intervento del giudice. Il suo effetto
sarà soltanto sospensivo; ma sotto l’aspetto dell’urgenza essa soddisfa la
fondamentale esigenza di attuare subito una legittima difesa.
L’inadempimento attribuisce al creditore insoddisfatto il diritto di agire per la
risoluzione dell’obbligo posto a proprio carico. Il contraente può scegliere tra la
risoluzione e l’adempimento coattivo; nella scelta è lasciato uno ius variandi, cioè,
una volta chiesto l’adempimento, il creditore insoddisfatto può mutare domanda per
ottenere invece la risoluzione, ma non è consentito che la domanda di risoluzione si
muti in richiesta di adempimento coattivo: è comunque riconosciuto il diritto di avere
in più il risarcimento del danno per l’illecito comportamento della controparte (art.
1453). Quindi inadempimento si ha quando il soggetto non si è comportato a dovere
nello svolgimento di un punto importante del rapporto.
La risoluzione viene chiesta con domanda giudiziale. Essa è sempre conseguenza
della volontà della parte che la chiede in seguito all’inadempimento della
controparte, il giudice non può concedere dilazioni all’inadempiente, e anzi, dopo la
domanda di risoluzione, lo stesso inadempiente non può adempiere la propria
prestazione (art. 1453)
L’azione giudiziale non è però necessaria. Dopo la scadenza del termine stabilito per
l’esecuzione, la parte soddisfatta può intimare per iscritto all’atra parte una diffida ad
adempiere entro un congruo termine, dichiarando che, decorso inutilmente detto
termine, il contratto si intenderĂ  risoluto (art. 1454).
Ma neppure il procedimento monitorio è sempre necessario. Se ne prescinde nelle
due ipotesi che passiamo a indicare.
A) Quando i contraenti hanno inserito nel contratto una clausola risolutiva espressa
(o patto commissorio), prevedendo espressamente l’effetto risolutivo in conseguenza
dell’altrui inadempimento, la risoluzione si verifica in seguito alla semplice
dichiarazione della parte che se ne avvale (art. 1456).
B) Quando la prestazione deve eseguirsi entro un termine essenziale, la risoluzione
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opera di diritto, purché l’interessato all’adempimento non dichiari entro tre giorni
dalla scadenza di volere ugualmente esigere la prestazione (art. 1457).
Gli effetti della risoluzione sono di regola retroattivi, con obbligazioni restitutorie in
capo ai contraenti del rapporto risolto, e fatto salvo il risarcimento del danno che può
essere stato causato; non sono peraltro pregiudicati i diritti acquisiti dai terzi.

La risoluzione per impossibilitĂ  sopravvenuta: dai contratti a prestazioni corrispettive
sorgono distinte obbligazioni nelle parti, e non è affatto detto che l’impossibilità di
adempiere una di esse sia accompagnata dall’impossibilità di eseguire la
controprestazione. Pure essendo le due obbligazioni distinte, esiste tra loro il vincolo
del sinallagma; la risoluzione per impossibilitĂ  sopravvenuta si riferisce al sinallagma
nel suo complesso. L’obbligazione che non può essere adempiuta si estingue in
applicazione di quanto stabilisce l’art. 1256; in forza della risoluzione del contratto
(art. 1463), cade anche l’obbligo della controprestazione, la quale non sarebbe affatto
divenuta impossibile; ma il contraente si libera perchĂŠ la sua obbligazione era unita
dal sinallagma funzionale con l’altrui obbligazione.
L’impossibilità temporanea ha effetti solo di carattere sospensivo sull’obbligazione
colpita da impossibilità di prestazione, e quindi nemmeno l’obbligazione per la
controprestazione si estingue.
Se l’impossibilità è parziale, il creditore ha diritto a una corrispondente riduzione
della prestazione da lui dovuta.
Per la retroattivitĂ  degli effetti della risoluzione per impossibilitĂ  valgono le stesse
notazioni fatte a proposito della risoluzione per inadempimento.

La sopportazione del rischio e pericolo nel contratto: il danno maggiore sarĂ  sempre
quello del proprietario, il problema del rischio nei contratti, però, riguarda solo
l’incidenza del fortuito nell’ambito delle obbligazioni delle parti che si trovano
contrapposte in uno stesso rapporto contrattuale che avrebbe per suo oggetto la
prestazione divenuta impossibile. Le conseguenze economiche del fatto estraneo dal
quale dipende l’impossibilità della prestazione ricadono sopra il debitore che doveva
eseguire la prestazione. L’impossibilità sopravvenuta, che ha estinto l’obbligazione
impossibile, è causa di risoluzione anche dell’altra.
Rispetto al contratto unilaterale è giusto che il rischio sia tutto a carico del creditore
che perde il diritto alla prestazione: si tratta di estinzione dell’obbligazione
unilaterale.
Nei contratti che trasferiscono la proprietĂ  la conseguenza dannosa di un caso
fortuito è subita direttamente da colui che ha acquistato il diritto.

La risoluzione per eccessiva onerositĂ : la rescissione per lesione ultra dimidium
costituisce un rimedio per i piĂš gravi squilibri economici nella conclusione del
contratto, quando una parte abusi dello stato di bisogno di un’altra.
Vediamo ora il diverso rimedio della risoluzione per i contratti destinati ad avere
efficacia nel tempo futuro quando l’obbligo di una prestazione, assunto

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contrattualmente, sia divenuto troppo oneroso per il sopravvenire di avvenimenti
straordinari e imprevedibili, quando cioè il rapporto tra le prestazioni nel momento
dell’esecuzione si trovi sproporzionato rispetto a quello che era il rapporto nel
momento della conclusione del contratto (art. 1467). Il rimedio della rescissione è un
provvedimento che va contro e oltre il risultato dell’accordo stabilito dalle parti.
Queste sopravvenienze contrattuali trovano un riconoscimento limitato al verificarsi
di eventi che siano insieme straordinari e imprevedibili. La risoluzione ha effetto
relativamente alle sole prestazioni troppo onerose ancora da eseguire. Il rimedio
viene escluso per i contratti aleatori (art. 1468).
Anche per i contratti unilaterali è prevista la possibilità di ottenere una revisione.
La risoluzione del contratto a prestazioni corrispettive può essere evitata dalla
controparte interessata con l’offerta di modificare equamente le clausole del contratto
al fine di eliminare la sopravvenuta onerositĂ .
La sentenza di risoluzione produce gli stessi effetti, sia tra le parti, sia di fronte a
terzi, che sono indicati dall’art. 1458 per la risoluzione da inadempimento.


SEZ. XI - VARIE FONTI DI OBBLIGAZIONI NON CONTRATTUALI DA ATTO
LECITO

La promessa unilaterale: non è un tipo generico di fonte di obbligazione (art. 1987)
Art. 1334: “gli atti unilaterali producono effetto dal momento in cui pervengono a
conoscenza della persona alla quale sono destinati”.
La promessa di pagamento e la ricognizione di debito (art. 1988) sono promesse
obbligatorie non titolate. La promessa di pagamento non è una promessa costitutiva
di un nuovo debito, ma è la conferma di un precedente impegno. L’impegno
precedente troverà la sua fonte causale in un contratto o in un’altra fonte di
obbligazione; si parla quindi di astrazione processuale dalla causa, nel senso che
questi negozi sono fatti valere senza bisogno di invocare il titolo che ne è alla base,
con inversione dell’onere della prova è sempre riconosciuta al debitore convenuto in
giudizio la facoltĂ  di invocare la mancanza o i difetti del rapporto fondamentale.
La promessa al pubblico: colui che promette è vincolato dalla promessa appena è
resa pubblica (art. 1989). E’ una promessa di una prestazione unilaterale che si farà
in una determinata circostanza, senza che sia necessaria la formazione di un
contratto; mentre l’offerta al pubblico è invece la proposta in incertam personam a
concludere un contratto, ed è sempre revocabile purchÊ la revoca abbia la stessa
pubblicità dell’offerta; la promessa conserva efficacia per un anno (art. 1989) e
prima della scadenza non può essere revocata senza una giusta causa (art. 1990).

La gestione degli affari altrui: a nessuno è lecito ingerirsi nell’altrui sfera di interessi,
tranne in alcuni casi nei quali l’intervento, pur senza incarico da parte del dominus, si
manifesta vantaggioso. La liceità di quest’intervento è subordinata ad alcuni
presupposti:

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1) l’affare deve essere utiliter coeptum;
2) non deve essere iniziato contro la volontĂ  del dominus;
3) il gestore deve avere coscienza che si tratta di affare altrui;
4) deve trattarsi di attivitĂ  illecita;
5) è necessaria la capacità d’agire del gestore (art. 2029).
La gestione può essere semplice, quando si agisce in nome proprio nell’interesse
altrui, o rappresentativa, quando si agisce direttamente in nome del dominus.
Mandato preventivo, ratifica successiva, per volontà dell’interessato, e gestione di
negozio, per forza di legge, producono per il dominus gli stessi effetti.
Il gestore è obbligato a continuare la gestione e condurre l’affare iniziato fino al suo
compimento (art. 2028). Il dominus, invece, deve adempiere le obbligazioni sorte in
nome suo o tenere indenne il gestore delle obbligazioni da questi assunte e deve
corrispondere al gestore il rimborso di tutte le spese piĂš gli interesse (art. 2031).

Indebito oggettivo: si ha quando l’accipiens non era creditore, ad es. quando chi deve
paga a chi non ha alcun credito; cioè l’accipiens riceve un arricchimento in senso
assoluto perchÊ il credito non esisteva. Come conseguenza è dovuta la restituzione
(art. 2033).
Indebito soggettivo: si ha quando il solvens non era debitore, ad es. quando chi nulla
deve paga a chi è creditore di un terzo; cioè il credito esisteva, ma chi ha pagato non
era debitore. Come conseguenza l’obbligo di restituzione viene meno quando
l’accipiens, ricevendo il pagamento, si è privato in buona fede del titolo o delle
garanzie del credito (art. 2036).

Azione generale di arricchimento (art. 2041): ha azione generale perchĂŠ i fatti che la
legittimano sono atipici e potenzialmente illimitati, ha inoltre natura di rimedio
sussidiario; punto di partenza non è tanto l’arricchimento, quanto l’impoverimento
che si vuole evitare, ed equamente lo si evita sottraendo il corrispondente vantaggio a
chi lo ha conseguito senza causa. Non è proponibile quando il danneggiato possa
esercitare un’altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subito.




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                                  CAPO VIII
                     I PRINCIPALI CONTRATTI NOMINATI


SEZ. I - CONTRATTI DI ALIENAZIONE DEI BENI

La compravendita: scambio del bene con il pagamento del prezzo in denaro.
Art. 1470: “la vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà
di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo”.
Alienazioni di proprietĂ  si attuano anche attraverso, ad es., la permuta (manca il
prezzo), la donazione (manca il corrispettivo), il mutuo (si assume l’obbligo di
restituire il tantundem).
Vendita e rispettiva compera formano un contratto sinallagmatico, alle obbligazioni
del venditore corrispondono opposte obbligazioni del compratore. La vendita è un
tipico contratto consensuale, perchĂŠ si perfeziona con il semplice consenso delle
parti; ha efficacia traslativa, perchĂŠ il diritto passa immediatamente dal venditore al
compratore; può essere perfetta anche senza il pagamento di un prezzo o senza il
trasferimento materiale del possesso della cosa venduta. Gli elementi essenziali sono:
consenso, che presuppone la capacitĂ  dei contraenti, la cosa e il prezzo. Ci possono
essere particolari divieti a comprare stabiliti dalla legge: ad es. gli amministratori non
possono acquistare i beni dei loro amministrati (art. 1471). La vendita non richiede
di regola forme determinate, se si eccettua la vendita di beni immobili, per la quale è
richiesto ad substantiam l’atto scritto (art. 1350).
L’accordo deve essere sulla cosa, sul prezzo e sul trasferimento del diritto.

Oggetto della compravendita: la cosa venduta può essere un bene materiale o un
diritto. Nella vendita di immobili la legge distingue il contratto a misura - il
immobile è venduto con l’indicazione della sua misura e per un prezzo stabilito per
ogni unità - dal contratto a corpo, che si ha quando il bene è venduto come unità a sÊ
per un prezzo globale.
L’eredità some complesso di diritti è alienabile solo dopo l’apertura della
successione, perchĂŠ qualsiasi contrattazione su di una futura ereditĂ  violerebbe
l’inderogabile divieto dei patti successori; l’oggetto di tale vendita è la generalità dei
diritti e obblighi ereditari di carattere patrimoniale; questa richiede sempre la forma
scritta (art. 1543) ad substantiam.
La compravendita di cosa generica è valida anche se fatta allo scoperto; cioè il
venditore si impegna efficacemente anche se non ha la disponibilitĂ  dei beni venduti.
La vendita di cosa specifica presuppone di regola l’esistenza dell’oggetto al
momento del contratto e la sua disponibilità. La vendita di cosa futura è attuabile e
l’acquisto della relativa proprietà si verifica quando la cosa viene ad esistenza. La
vendita di cosa altrui è valida - intesa come cosciente accordo di negoziare un bene
non a disposizione del venditore - e vincolante, anche se non immediatamente
efficace rispetto al passaggio della proprietĂ  del bene; il venditore deve procurare

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l’acquisto della cosa per il compratore (art. 1476): in caso di mancato acquisto è
tenuto ad un risarcimento.

Il prezzo: è quantificato in moneta, è elemento essenziale della vendita, deve essere
vero e certo. La sua fissazione è demandata, in genere, alla volontà delle parti, ma
può anche essere fatta da un terzo arbitratore, che può essere nominato dal presidente
del tribunale.

Obblighi del venditore (art. 1476): nella vendita con efficacia reale il venditore deve
consegnare la cosa; nella vendita obbligatoria, invece, il venditore deve fare
acquistare al compratore la proprietĂ  della cosa; deve inoltre garantire il compratore
dall’evizione e dai vizi della cosa.
Art. 1510: “in mancanza di patto speciale e di usi contrari, la consegna deve avvenire
nel luogo dove il venditore aveva il domicilio, ovvero nel luogo dove la cosa si
trovava al momento del contratto”.

Evizione: si ha quando il compratore è privato del diritto sul bene acquistato, in
conseguenza di una pronunzia giudiziaria che accerta un difetto - anteriore alla
vendita - nel diritto del dante causa.
Si distinguono tre momenti:
A) pericolo di evizione: se vi è pericolo di rivendica della cosa acquistata, il
compratore può sospendere il pagamento del prezzo ancora dovuto (art. 1481);
B) evizione minacciata: il venditore è implicato nel giudizio petitorio instaurato
contro il compratore, attuale possessore e pertanto il compratore deve chiamare in
causa il suo autore;
C) evizione compiuta: è tale solo con il passaggio in giudicato della sentenza a favore
del terzo, il venditore deve tenere sollevato il compratore e deve restituire il prezzo
pagato, rimborsare le spese fatte e risarcire il danno (art. 1483).

Vizi e mancanza di qualità nella cosa venduta: il venditore è tenuto a garantire che la
cosa venduta sia immune da vizi che la rendano idonea all’uso cui è destinata o ne
diminuiscono in modo apprezzabile il valore (art. 1490).Il contenuto di questa
garanzia riguarda i vizi della cosa nella sia entitĂ  materiale o nella sua funzione. Si
parla di vizi occulti, perchÊ la garanzia non è dovuta se i vizi erano conosciuti dal
compratore o erano facilmente riconoscibili (art. 1491). La garanzia è dovuta per
legge, e il patto che la esclude non vale se il venditore ha taciuto in mala fede i vizi
della cosa (art. 1490); in tal caso il compratore della cosa viziata può scegliere due
forme di risoluzione: la redibitoria, con la quale si richiede la restituzione del prezzo,
e la estimatoria, con la quale il compratore chiede una riduzione del prezzo.
Il venditore oltre a restituire il prezzo o una parte di esso è tenuto in ogni caso a
risarcire i danni quando non prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa (art.
1494).
L’esercizio delle azioni edilizie è sottoposto a termini rigorosi, di decadenza e di

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prescrizione. C’è un termine di decadenza, di otto giorni dalla scoperta, per la
denunzia dei vizi al venditore, e un termine di prescrizione, di un anno dalla
consegna, per l’esercizio dell’azione relativa.
Conseguenze analoghe ai vizi si hanno riguardo alla mancanza delle qualitĂ 
promesse o delle qualità essenziali per l’uso a cui la cosa è destinata (ossia la
mancanza di qualitĂ  inerente alla natura della merce concerne quegli elementi
sostanziali che influiscono sulla classificazione in una categoria piuttosto che in
un’altra). In questi casi il contratto è sottoposto a risoluzione, che va regolata
secondo le norme della risoluzione per inadempimento; ma l’azione è soggetta alla
stessa decadenza e alla stessa prescrizione previste per la redibitoria (art. 1497). Se il
venditore ha garantito il buon funzionamento della cosa mobile, il termine di
decadenza per la denunzia è di trenta giorni dalla scoperta, e quello di prescrizione è
di sei mesi, sempre dalla scoperta (art. 1512)
Altro caso è quello nel quale sia stata consegnata una cosa diversa da quella pattuita;
l’azione contrattuale sarà sottoposta alle regole generali della risoluzione per
inadempimento. Il compratore avrĂ  tutte le azioni contrattuali di nullitĂ  e di
annullamento.

Obblighi del compratore: l’obbligo principale è di pagare il prezzo (art. 1498). A
carico del compratore sono pure le spese della vendita e le altre accessorie (art.
1475) salvo patto contrario. Il prezzo della vendita va pagato nel termine e nel luogo
fissati dal contratto. Se non c’è un patto speciale, il pagamento va fatto nel luogo e
nel momento della consegna. Quando è stabilito un momento diverso, senza che sia
determinato il luogo, il prezzo va pagato al domicilio del venditore (art. 1498) in
quanto debiti portabili. Quando la cosa venduta produce frutti o altri proventi, il
compratore deve pagare al venditore gli interesse dal giorno del contratto sulla
somma dovuta, anche se questa non sia esigibile (art. 1499). Se non c’è un termine
espressamente stabilito a favore di uno dei contraenti, le prestazioni sinallagmatiche
devono avvenire simultaneamente.

Conseguenze particolari dell’inadempimento nella compravendita di cose mobili: se
il compratore non si presenta per ricevere la cosa acquistata, il venditore può
depositarla in un luogo di pubblico deposito, per conto e a spese dell’acquirente,
dandogliene sollecito avviso (art. 1514). L’inadempimento di una delle due parti
offre fondamento alla risoluzione di diritto, che si attua rapidamente con mezzi assai
semplici: la risoluzione è piÚ che altro un mezzo difensivo.
La risoluzione avviene di diritto, sia a vantaggio del venditore, sia a vantaggio del
compratore, quando una delle parti abbia fatto l’offerta della propria prestazione e
l’altra parte lasci poi scadere il termine senza adempiere. La risoluzione avviene ipso
iure, purché entro otto giorni dalla scadenza l’interessato comunichi all’inadempiente
che intende valersi della risoluzione legale (art. 1517). E’ prevista in alcuni casi una
esecuzione in forma specifica per riparare in concreto alle conseguenze
dell’inadempimento del compratore o del venditore.

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Quando il compratore non paga il prezzo si può avere la vendita coattiva, che
consiste nel diritto che il venditore ha di far vendere la cosa ai pubblici incanti o al
prezzo corrente se si tratta di merce che ha un prezzo corrente, sempre per mezzo di
persona autorizzata. Il venditore ha poi diritto alla differenza tra il prezzo convenuto
e il ricavato netto della vendita, oltre al risarcimento di un eventuale maggior danno
(art. 1515).
La compera coattiva, o in danno, per inadempimento del venditore che non consegna
la cosa, è ammessa purchÊ si tratti di cose fungibili, aventi prezzo di mercato. Il
compratore ha diritto di ricevere la differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo
stabilito nel contratto ineseguito, oltre al risarcimento dell’eventuale danno (art.
1516).
Come ulteriore mezzo di difesa del venditore che abbia effettuato una vendita a
pronti contanti, consegnando la cosa senza ricevere la controprestazione, la legge gli
consente di riprendere il possesso del bene (c.d. rivendicazione del venditore): egli
viene reintegrato nello stato anteriore al suo spossessamento per poter meglio far
valere i suoi diritti, purchè la domanda sia proposta entro quindici giorni dalla
consegna e la cosa si trovi inalterata presso il compratore debitore (art. 1519).

Il patto di riscatto e di riservato dominio: tra i patti che i contraenti hanno facoltĂ  di
inserire nella compravendita sono due i piĂš importanti.
 Patto di riscatto: la vendita produce immediato effetto traslativo, ma è previsto il
    ritorno della proprietĂ  al venditore; con questo il venditore si riserva il diritto di
    riavere la proprietĂ  della cosa venduta mediante la restituzione del prezzo e
    rimborsando le spese fatte dal compratore; l’esercizio del riscatto non dipende
    però dal solo atto di volontà del venditore; per l’efficacia della dichiarazione è
    necessario che essa sia accompagnata dal versamento di tutte le somme liquide
    che il venditore deve restituire a norma dell’art. 1503.; il diritto di riscatto può
    essere esercitato entro il termine massimo di due anni per i beni mobili e di cinque
    per gli immobili, si possono stabilire termini piĂš brevi (art. 1501); il riscatto ha
    efficacia reale e retroattiva..
 Patto di riservato dominio: il definitivo trasferimento della proprietà è rinviato nel
    tempo subordinatamente all’adempimento della prestazione del compratore; è una
    forma particolare di vendita nella quale l’effetto traslativo rimane strettamente
    collegato all’effettivo adempimento della controparte; pagato tutto il prezzo la
    proprietĂ  passa ipso facto.
Altre norme di legge tendono a impedire che il patto assuma carattere usuraio
recando un ingiustificato arricchimento, cosĂŹ il mancato pagamento di una sola rata,
che non superi l’ottava parte del prezzo, non dà diritto alla risoluzione del contratto,
nonostante l’eventuale patto espresso (art. 1525).
Patto di retrovendita: in forza di questo le parti non prevedono la risoluzione della
primitiva vendita, ma si impegnano a fare eventualmente una nuova vendita in senso
inverso: deve cioè intervenire anche il consenso del compratore.


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Altre clausole o patti aggiunti e forme speciali di vendita:
 patto di prelazione: consiste nella facoltà che il venditore si riserva, qualora il
   compratore decida di rivendere la cosa, di ricomprarla, a paritĂ  di condizioni; ha
   efficacia obbligatoria, vincolando personalmente il solo contraente;
 vendita con riserva di gradimento: è in sostanza una forma di opzione, per la
   quale il solo venditore rimane vincolato, mentre l’obbligo del compratore è
   sottoposto alla condizione meramente potestativa si volam;
 vendita a prova (art. 1521): il contratto è vincolante per entrambe le parti, purché
   però la cosa abbia le qualità pattuite o sia idonea all’uso cui è destinata, in caso di
   contestazione si ricorrerĂ  ad un perito;
 vendita di massa: ha per oggetto un gruppo di cose, il trasferimento è immediato,
   anche se il prezzo totale al momento della conclusione non è dato determinante.

La permuta: è il nome giuridico del baratto, in luogo del pagamento di un prezzo,
come nella vendita, si ha il reciproco trasferimento della proprietĂ  di cose o di diritti
dall’uno all’altro contraente (art. 1552).

Art. 1559: “la somministrazione è i contratto con il quale una parte, si obbliga verso
corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore di un’altra, prestazioni periodiche o
continuative di cose”.


SEZ. II - CONTRATTI DI LOCAZIONE E DI PRESTITO

La locazione: la locazione di beni mobili si suole chiamare nolo o noleggio. Si
distingue la locazione ordinaria, nella quale il godimento delle cose non esige
l’attività del soggetto che ne riceve l’uso, dal contratto che ha per oggetto beni
produttivi, chiamato affitto.
E’ un contratto consensuale, oltre ad essere un contratto obbligatorio, dato che ne
nasce un vincolo tra i soggetti. E’ un contratto sinallagmatico in quanto le due parti, il
locatore e il conduttore, assumono l’obbligo di prestazioni corrispettive. Non c’è
locazione se non c’è prezzo. Il corrispettivo, che si paga periodicamente, è chiamato
anche pigione (per le case) o fitto (per i beni produttivi). Per la durata del rapporto
contrattuale di locazione prevede un limite massimo e una durata minima. Quando
nel contratto è fissato un termine, il rapporto di locazione non cessa con lo spirare del
tempo se una delle parti non comunica tempestivamente la disdetta. La locazione
superiore ai nove anni è atto eccedente l’ordinaria amministrazione (art. 1572), per
cui il relativo contratto, se riguarda beni immobili, richiede la forma scritta (art.
1350) e la trascrizione (art. 2643).
Il contratto di locazione dev’essere rispettato, di regola, anche dall’acquirente del
bene locato; quest’ultimo subentra in tutto il rapporto obbligatorio così com’era, cioè
nei diritti e negli obblighi derivanti dal contratto di locazione (art. 1602), si ha quindi
una successione ex lege nel contratto.

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Come contratto a prestazioni corrispettive, la locazione è sottoposta a norme sulla
cessione del contratto: con il consenso della controparte un diverso soggetto si
sostituisce a uno dei contraenti originari, rimanendo invariato il contenuto del
rapporto. Diverso è il subcontratto o sublocazione, con la quale si crea un nuovo
rapporto tra il conduttore e un terzo.
Obblighi del locatore:
 deve consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione (art.
   1578);
 deve mantenere la cosa in buono stato locativo e deve eseguire le riparazioni
   necessarie, ma non quelle di piccola manutenzione, che sono a carico del
   conduttore;
 deve garantire il pacifico godimento della cosa durante la locazione.
Obblighi del conduttore:
 deve prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di
   famiglia nel servirsene per l’uso determinato;
 deve pagare il corrispettivo secondo i termini convenuti.

 Art. 1592: “il conduttore non ha diritto a indennità per i miglioramenti”, al contrario
dell’usufruttuario.
Le addizioni: si distinguono dai miglioramenti perchĂŠ sono dei miglioramenti
estrinsechi, delle aggiunte; se sono separabili, il conduttore ha un ius tollendi, purchĂŠ
il locatore non preferisca esercitare il suo ius retinendi, nel qual caso deve dare un
indennizzo nella misura della minor somma tra l’importo della spesa e il valore
attuale delle addizioni.

La locazione di case: durata minima di 4 anni per le abitazioni, di 6 per gli immobili
adibiti ad uso diverso dall’abitazione e di 9 per gli alberghi. E’ vietata la
sublocazione di tutto il bene locato ad usi abitativi; la sublocazione parziale è invece
ammessa.

L’affitto: le norme che regolano l’affitto, cioè la locazione di beni produttivi per
l’esercizio di un’attività del conduttore, dovrebbero in tesi essere ispirate al criterio
di facilitare la produttivitĂ  dei beni anche nel pubblico interesse, questa esigenza va
comunque contemperata con la moderna legislazione in favore dei prestatori di
lavoro. La legge non consente il subaffitto senza il consenso del locatore (art. 1624).

L’affitto di fondi rustici: si distinguono due tipi:
 affitto a coltivatore diretto: per coltivatori diretti si intendono tutti coloro che
   coltivano il fondo con il lavoro proprio e della propria famiglia; per la durata si ha
   un minimo di 15 anni, 6 anni per l’affitto particellare per quei terreni classificati
   come montani che non costituiscono da soli unitĂ  produttiva; per i miglioramenti,
   la facoltà di eseguirli è di entrambe le parti; è vietato il subaffitto;
 affitto a conduttore non coltivatore: la durata minima è di 15 anni; è un contratto

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    commutativo; il prezzo è determinato e corrisposto in denaro.

Leasing: locazione con facoltĂ  di comprare, consiste nella concessione in uso di beni.
Molto diffuso nel mercato finanziario. Può essere:
 operativo: si guarda allo scopo perseguito dal produttore di beni per distribuirli
    agli utilizzatori;
 finanziari: si guarda più allo scopo perseguito dall’utilizzatore per ottenere il
    finanziamento per l’acquisto di beni strumentali senza versare subito il prezzo, ma
    un canone periodico.
Alla scadenza del contratto l’utilizzatore può: restituire il bene, acquistarlo, rinnovare
il contratto.

Il comodato: è il contratto con il quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o
immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato con l’obbligo
di restituire la stessa cosa ricevuta; è essenzialmente gratuito (art. 1803). E’ un
contratto unilaterale perchĂŠ ne sorge il solo obbligo di restituire lo stesso bene
ricevuto. Il comodatario deve custodire il bene con la diligenza del buon padre di
famiglia. E’ vietato il subcomodato. Il comodatario ha diritto al risarcimento dei
danni che gli siano arrecati dalla cosa ricevuta, qualora il comodante, a conoscenza
del vizio, non lo abbia avvertito. La cosa comodata deve essere restituita quando, ad
es., scade il temine del prestito o in caso di morte del comodatario.

Il mutuo: detto anche prestito di consumazione perchĂŠ la cosa data a prestito passa in
proprietà del mutuatario, con facoltà di consumarla a piacimento, con l’obbligo di
restituire la stessa quantitĂ  dello stesso genere e della stessa qualitĂ  del bene ricevuto.
E’ un contratto reale. Sono oggetto del contratto beni fungibili e consumabili. E’ un
contratto traslativo. Si applica la risoluzione per inadempimento. Se è di danaro è un
contratto a titolo oneroso, gli interessi dovuti sono quelli legali del dieci per cento, a
meno che non sia stato convenuto un tasso diverso. Il termine per la restituzione,
fissato nel contratto, si presume stipulato a favore di entrambe le parti.
Art. 1813: “il mutuo è il contratto con il quale una parte consegna all’altra una
determinata quantità di denaro e di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire
altrettante cose della stessa specie e qualità”.


SEZ. III - CONTRATTI DI PRESTAZIONE DI SERVIGI

Il contratto d’opera: riguarda l’impiego del lavoro di colui che assume l’impegno, o
dei suoi dipendenti. La prestazione è sempre il risultato. Il rischio del risultato è
sempre a carico del prestatore d’opera. Può concernere anche un servizio. Il
corrispettivo può essere determinato dalle parti, dalle tariffe o dagli usi o anche, in
mancanza, dal giudice. L’opera è valutata nel suo complesso. Se muore il prestatore
dell’opera il rapporto si estingue. Nelle professioni intellettuali i professionisti hanno

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  • 1. Appunti di Diritto Privato Autore: ProfMan
  • 2. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland Si ricorda che: • l'uso degli appunti qui presenti è consentito per solo uso personale e di studio; • la consultazione è gratuita ed ogni forma atta a ricavarne lucro è vietata! • gli appunti sono fatti da studenti che non possono assumersi nessuna responsabilitĂ  in merito; • il materiale qui presente non è sostitutivo ma complementare ai libri di testo: - devi (e ti consiglio) di consultare e comprare i libri di testo; • il materiale qui presente è distribuito con licenza Creative Commons Ti ricordo che se vuoi contribuire mandando degli appunti o quant'altro possa essere utile ad altri puoi farlo inviando il materiale tramite: http://profland.altervista.org/mail.htm Spero che ciò che hai scaricato ti possa essere utile. Profman Il file è stato scaricato/visualizzato in forma gratuita da Profland: http://profland.altervista.org sezione Profstudio http://profland.altervista.org/profstudio/profstudio.htm oppure da qualche mirror, come: www.profland.cjb.net www.profland.135.it o dalla pagina dedicata su slideshare.net: www.slideshare.net/profman 2/40
  • 3. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland CAPO VI I BENI E I DIRITTI REALI SEZ. I - LE COSE, I BENI E I DIRITTI REALI IN GENERALE Le cose e i beni: la nozione di bene è meno vasta di quella di oggetto di diritto, che può anche essere una relazione personale, un comportamento o un servizio. Art. 810: “sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti”. La cosa è ciò che occupa uno spazio o che agisce sui sensi ed anche tutto ciò che ha vita unicamente nel mondo dello spirito. Il bene si riferisce sempre alla cosa, ma non tutte le cose sono beni (beni immateriali). Le res corporales hanno spesso una relazione giuridica con lo spazio. Patrimonio: è l’insieme dei rapporti giuridici con diretta rilevanza economica di cui una persona sia titolare; è composto di diritti ed obblighi aventi il proprio oggetto; ogni persona ha un suo patrimonio; a volte la legge stacca alcuni beni da altri, formando un patrimonio separato. Il patrimonio autonomo si considera almeno temporaneamente collegato ad un soggetto al quale non si riconosce una distinta capacitĂ  giuridica. Le res in patrimonio sono le cose che attualmente fanno parte del patrimonio di qualcuno, res extra patrimonium il contrario. Un’altra distinzione è fra le res in commercio e le res extra commercium per indicare cose che sono o non sono suscettibili di rapporti giuridici. Sono in commercio e fuori dal patrimonio le cose di nessuno (res nullius) e le cose che sono state abbandonate (res derelictae animo derelinquendi). Non sono invece fuori patrimonio le cose smarrite, perchĂŠ non c’è stata rinunzia al diritto sopra le stesse; cosicchĂŠ se vengono ritrovate il titolare può rivendicarne la proprietĂ . Sono fuori commercio le c.d. res communes omnium e cioè: i beni in quantitĂ  superiore ai bisogni della societĂ  (aria, acqua del mare), le cose che il diritto vieta costituiscano oggetto di rapporti giuridici (beni demaniali). Beni immobili: sono per natura tutte le cose che non si possono trasportare da un luogo ad un altro senza alterarne la consistenza, e quindi oltre al suolo, tutte le cose che naturalmente o artificialmente fanno corpo con il suolo (art. 812). I diritti reali che li riguardano sono sottoposti al regime immobiliare. Per la forma, l’art. 1350 richiede l’atto scritto per la validitĂ  delle principali convenzioni che si riferiscono ai diritti reali immobiliari. La pubblicitĂ  si attua con la trascrizione; sono suscettibili di ipoteca. Beni mobili: la categoria è determinata per esclusione; infatti sono mobili tutti i beni che non rientrano nella categoria degli immobili (art. 812); i negozi su tali beni sono di regola a forma libera. La garanzia su un bene mobile si costituisce in pegno. Non è ammessa la tutela possessoria per i beni mobili 3/40
  • 4. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland Cose specifiche e generiche: la prima è una data cosa individuata (species), cosa generica è qualsiasi cosa di un dato tipo (genus). Se l’obbligazione di dare è generica, il debitore deve consegnare al creditore una cosa rientrante nel genere indicato, ma non inferiore alla media (art. 1178), nell’ipotesi di cosa specifica, il debitore deve dare esattamente la cosa di cui si tratta, anche se questa sia di qualitĂ  scadente. Cose fungibili o infungibili: quando le cose sono identiche o si valutano tali per utilitĂ  o valore si considerano fungibili. Rientrano in questa categoria tutte le cose che vengono considerate a peso, numero o misura (ad es. il denaro). Il concetto di fungibilitĂ  o infungibilitĂ  si applica anche ai fatti umani, per es. nelle obbligazioni. La fungibilitĂ  non è propria solo delle cose generiche. Cose consumabili ed inconsumabili: sono consumabili il denaro, i commestibili, le bevande etc. Inconsumabili sono le cose che si prestano ad utilizzazioni ripetute. La qualificazione corrisponde all’uso normale a cui è destinata la cosa. L’importanza della distinzione sta nell’usufrutto: per le prime, l’usufruttuario può servirsene secondo l’uso al quale sono destinate e alla fine dell’usufrutto le restituisce nello stato in cui si troveranno (art. 916); per le seconde, l’usufruttuario ha sĂŹ il diritto di servirsene, ma con l’obbligo di pagare, al termine dell’usufrutto, il valore della loro consistenza iniziale (quasi usufrutto, art. 995) Cose divisibili ed indivisibili: in senso giuridico sono divisibili quelle cose che possono essere frazionate in parti omogenee, con il risultato che la parte si differenzia dal tutto solo per la minor quantitĂ  ed il proporzionale minor valore, e non per la sua qualitĂ  o per la funzione a cui il bene è destinato. Con questa indivisibilitĂ  per natura esiste un’indivisibilitĂ  per legge, che è stabilita in relazione alla rilevanza sociale ed all’uso cui è destinato il bene (art. 1112), ad es. sono indivisibili le parti in comune di un condominio; c’è anche una indivisibilitĂ  convenzionale, quando le parti considerano indivisibile una prestazione che per natura è divisibile (art. 1316). Cose semplici: sono quelle che costituiscono un tutto unitario, nel quale la fusione degli elementi che la compongono è cosĂŹ perfetta che questi ultimi hanno perduto la loro individualitĂ ; e quella che empiricamente non appare composta. Cose composte: sono quelle che risultano da piĂš elementi che conservano la loro individualitĂ  materiale. L’elemento decisivo è dato dalla complementaritĂ  economica, nella quale ogni componente perde la sua individualitĂ . L’unitĂ  è data dalla funzione cui è destinato il bene. AccessorietĂ : il rapporto di connessione per accessorietĂ  si riferisce a cose che conservano la loro individualitĂ  materialmente differenziata senza fondersi nell’unitĂ  4/40
  • 5. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland di elementi complementari. Ci sono due tipi di connessione tra cosa principale ed accessoria:  incorporazione: si ha quando una cosa viene naturalmente o artificialmente compenetrata in un’altra anche a scopo solo transitorio. Suo presupposto è l’appartenenza di entrambe le cose alla stessa persona. Si aggiunge una cosa all’altra per completarla. La cosa incorporata perde la propria oggettivitĂ  economica e giuridica (ad es.: un bene mobile incorporato in uno immobile deve considerarsi immobile);  la pertinenza (art. 817): consiste in un legame economico e giuridico per cui una cosa è destinata in modo durevole al servizio o all’ornamento di un’altra. Questo tipo di legame sorge nel momento della destinazione fatta in modo durevole. C’è una pertinenza agraria, industriale, navale, etc. E’ necessaria la volontĂ  del proprietario della cosa principale. Le pertinenze, dato che conservano piena individualitĂ , possono formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici (art. 818). Le universalitĂ : sono costituite da una pluralitĂ  di cose autonome che conservano la loro distinta identitĂ , ma che sono unificate in vista di una particolare valutazione fatta dai soggetti che ne dispongono, sono anche dette collettive. Possono essere: universitates facti, chiamate dal codice universalitĂ  di mobili, sono complessi di cose omogenee che appartengono alla stessa persona, l’unificazione è data dalla destinazione unitaria in vista di una comune funzione, ogni elemento conserva il suo essere di cosa semplice; universitas iuris: universalitĂ  di diritto, costituito da piĂš rapporti giuridici considerati unitariamente, la pluralitĂ  dei rapporti è ridotta ad un’unitĂ  per volontĂ  di legge senza che vi sia un nesso economico e senza la necessitĂ  di un’aggregazione materiale fra i suoi elementi eterogenei, comprende anche elementi passivi, vi possono far parte anche beni mobili ed immobili. Art. 816: “le universalitĂ  sono una pluralitĂ  di cose autonome materialmente e giuridicamente distinte tra di loro”. Frutti naturali: provengono direttamente dalla cosa, sono tali i prodotti agricoli, parti degli animali, prodotti di miniere e cave (art. 820). Fanno parte della cosa fino a che non avviene la separazione che segue il momento dell’acquisto della proprietĂ  sui frutti per colui che abbia diritto agli stessi senza essere il proprietario della cosa. Il possessore in buona fede fa suoi i frutti separati fino al giorno della domanda giudiziale. Frutti civili: sono quelli che si traggono dalla cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia, per es. gli interessi di capitali. Si acquistano de diem in diem. I frutti possono formare oggetto di distinti rapporti ed atti giuridici. Il regime particolare di alcuni beni: ai beni mobili registrati viene applicato un criterio particolare per le alienazioni, la costituzione di garanzia e la pubblicitĂ  simile a quello per gli immobili. 5/40
  • 6. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland A regime particolare sono sottoposti anche beni appartenenti allo Stato e agli enti pubblici; questi beni fanno parte o del demanio - composto di beni che sono destinati a servizi pubblici etc; costituisce una proprietĂ  pubblica incommerciabile, questi beni non sono oggetto di ipoteca o di possesso privato - oppure del patrimonio dello Stato, vi fanno parte tutti i beni che non fanno parte del demanio, può essere indisponibile (ad es. foreste, cave) o disponibile, per esclusione lo sono tutti quei beni che non sono destinati ad interesse pubblico. Un bene demaniale può passare al patrimonio dello Stato o degli altri enti pubblici territoriali, quando cessa la destinazione che è propria del demanio. I diritti sulle cose: diritto reale per eccellenza è la proprietĂ , ma ci sono altri diritti, limitati rispetto a questa, importanti, questi si dividono in diritti di godimento (ad es. enfiteusi) e diritti di garanzia (ad es. ipoteca). SEZ. II - LA PROPRIETA’ Il contenuto del diritto di proprietĂ : l’art. 42 della Costituzione riconosce e garantisce la proprietĂ  privata. Ha una funzione sociale e si concretizza in un’attribuzione esclusiva di un bene al titolare del diritto, in quanto affermazione di libertĂ . Art. 832: ”il proprietario ha diritto di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico”. Si richiede l’osservanza degli obblighi connessi con l’esercizio della proprietĂ , chi ha il diritto di proprietĂ  assume anche degli obblighi verso la societĂ  costituita. Per il carattere di pienezza del diritto di proprietĂ  - che non è somma, ma sintesi di facoltĂ  - tutto rientra in ciò che è lecito: l’assenza e la forza del mio diritto si vedono quando ci sia un’altra persona che voglia usare per conto suo il bene che è mio, allora sĂŹ che io la posso escludere. Il diritto di godere si esprime nell’aspetto dinamico come diritto sui frutti del fondo, solo quando l’oggetto del negozio è a sua disposizione l’atto è concretamente efficace. La pienezza riguarda il contenuto normale del diritto; ci sono a volte limiti al godimento e al potere di disporre, questi però sono visti con disfavore dalla legge. Es. ne è lo ius aedificandi, questa facoltĂ  spetta sĂŹ al proprietario, ma non ipso iure, in quanto è richiesta una concessione. La proprietĂ  esiste anche se mancano alcuni degli elementi che ne formano il contenuto normale, ha in sĂŠ il carattere dell’elasticitĂ , fenomeno che comprende un indeterminato numero di facoltĂ . E’ un diritto completo in quanto il proprietario può fare quello che crede senza però recare danno agli altri. Sono proibiti gli atti emulativi (art. 833), con i quali il proprietario verrebbe ad abusare del potere riconosciuto dalla legge e vada a danneggiare gli altri. La proprietĂ  non è frazionabile, se talune facoltĂ  che ne formano parzialmente il contenuto passano ad altri soggetti, non si tratta di una della proprietĂ  che viene a 6/40
  • 7. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland staccarsi. Molto diffusa è la multiproprietĂ , che è un diritto di comproprietĂ  perpetuo in capo ad ogni contitolare ed è regolabile secondo le norme della comunione e del condominio. E’ un diritto esclusivo (ius excludendi omnes alios): per far dichiarare inesistenti le pretese di un terzo, basta che il proprietario dimostri la sua proprietĂ  tramite l’azione negatoria (art. 949). EsclusivitĂ  vuol dire anche che sulla stessa cosa non possono esistere piĂš diritti di proprietĂ . Il diritto di proprietĂ  e l’azione diretta a farlo valere (rivendica) non sono soggetti a prescrizione estintiva. Estensione della proprietĂ  immobiliare: il diritto sul terreno si estende anche al sottosuolo, l’esercizio di questo diritto è limitato quando viene meno l’interesse (art. 840). La zona in profonditĂ  a cui si estende il diritto non è determinabile a priori: di regola è quella prima parte di terreno che è utilizzabile per l’attivitĂ  agraria e per gli edifici. Discorso simile viene fatto per lo spazio sovrastante, la proprietĂ  immobiliare ha per oggetto uno spazio; tutto ciò che si trova in quello spazio è oggetto di proprietĂ  come proiezione dello stesso diritto di base, compreso il soprassuolo, in funzione, però, dell’interesse economico. I vincoli del diritto pubblico: in maniera sempre crescente l proprietĂ  privata è limitata dall’interesse pubblico. L’espropriazione per pubblico interesse è prevista sia dall’art. 42 della Costituzione sia dall’art. 834 del Codice. Tra i limiti di diritto pubblico vanno ricordati quelli nel campo della proprietĂ  fondiaria e quelle c.d. servitĂš militari. Limiti nell’interesse privato e rapporto di vicinato: la regola è che ognuno può fare quello che vuole nei suoi confini; purchĂŠ ciò non comporti una limitazione alla stessa libertĂ  del vicino. per quanto riguarda le immissioni (ad es. fumo) è stabilito il criterio generale della normale tollerabilitĂ . Le norme dei limiti legali di buon vicinato hanno carattere preventivo e si applicano indipendentemente dall’esistenza di un danno; questi limiti non sono soggetti a prescrizione, sono reciproci, e quindi senza corrispettivo, e tutelabili per mezzo dell’azione negatoria. Quando i regolamenti sono esplicazione delle norme sulla distanza delle costruzioni (art. 873), danno diritto di ottenere, oltre al risarcimento, la riduzione in pristino; quando invece l’illegittimitĂ  dipende dall’inosservanza di una norma, e tende ad attuare finalitĂ  di interesse generale, il diritto del privato si limita al risarcimento (art. 872). Distanze tra costruzioni: distanze legali sono imposte per le costruzioni, le piantagioni, gli scavi, etc. per ragioni di interesse pubblico nei riguardi ad es. di ferrovie, strade nazionali. Art. 873: “tra edificio ed edificio si deve rispettare una distanza di almeno tre metri”. I regolamenti comunali possono di solito fissano limiti maggiori, ma mai distanze 7/40
  • 8. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland inferiori (art. 878). La norma non si applica ai muri di cinta. La legge concede al proprietario confinante una facoltĂ  di scelta: può ottenere la comunione del muro (art. 875), oppure può costruire in aderenza (art. 877). Per pozzi, cisterne e buche ecologiche la distanza deve essere almeno di due metri dal confine (art. 889); per fossi e canali deve essere pari almeno alla profonditĂ  massima dello scavo (art. 891). Per le piantagioni: 3 m per gli alberi di alto fusto, uno e mezzo per gli alberi con tronco di altezza inferiore ai 3 m, mezzo m per viti, siepi ed arbusti fruttiferi (art. 892). Il vicino può costringere il proprietario a tagliare i rami dell’albero che sporgano oltre il confine. Apertura di luci e vedute: per aprire le luci non occorre rispettare distanze dal fondo del vicino; le luci, dette di tolleranza, possono essere chiuse dal vicino che voglia usare del diritto di chiedere la comunione del muro. I requisiti che la finestra deve rispettare per essere aperte come luce sono elencati all’art. 901. Per aprire vedute occorre la distanza di un metro e mezzo dal fondo vicino; una volta acquistato il diritto di aprirle il proprietario del fondo non può portare alcuna sua costruzione a una distanza minore di 3 m. I diritti sulle acque: il proprietario deve fare in modo che le acque piovane vadano a scolare nel proprio terreno. Bisogna distinguere tra:  acque pubbliche: sono demaniali (art. 822), ma l’utilizzazione e la gestione è affidata alle regioni; esiste in ogni prefettura un elenco delle acque pubbliche, l’iscrizione è fatta in base ad un duplice criteri: dell’importanza del loro sviluppo e dell’attitudine a soddisfare un pubblico generale interesse;  acque private: sono poche; si tratta di un bene di natura speciale; le norme che disciplinano le acque private sono diverse se si tratta di - acque sotterranee: esiste un diritto di sfruttamento che consiste nel portarle in superficie, non possono essere sfruttate illimitatamente; - acque superficiali (art. 909): il proprietario del suolo ha diritto di utilizzare le acque in esso esistenti; non si può cambiare il corso delle acque se si danneggiano altri fondi. Miniere: offrono di solito materiali rari e preziosi, è lo Stato che rilascia permessi per la ricerca e che riconosce diritti di godimento, sotto forma di concessioni. Cave e torbiere. presentano maggiore facilitĂ  di lavoro perchĂŠ il materiale da estrarre affiora dal suolo. La materia è regolata da legislazioni regionali; di regola sono oggetto di proprietĂ  privata. La comunione e il condominio: sappiamo che non possono esistere dei diritti di proprietĂ  sullo stesso bene, ma di uno stesso diritto possono essere titolari piĂš soggetti assieme, e nulla vieta che anche la proprietĂ  appartenga contemporaneamente a piĂš persone, caso del condominio. Ogni condomino ha diritto ad una quota ideale. La divisione ha carattere dichiarativa. La comunione può essere: volontaria, quando nasce per accordo tra i partecipanti, legale (o forzosa), se il suo titolo è nella legge, oppure incidentale, quando sorge per 8/40
  • 9. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland circostanze fortuite. Fonte principale per la disciplina del rapporto è la volontĂ  delle parti. Ogni partecipante può usare per conto suo il bene comune, anche modificandolo per trarne maggior possibilitĂ  di godimento, purchĂŠ non si leda l’ugual diritto degli altri (art. 1102); può disporre dl suo diritto alienando la quota o cedendola ad altri (art. 1103), può chiedere lo scioglimento della comunione (art. 1111); gode degli utili e partecipa alle spese in proporzione della sua quota. L’amministrazione è attribuita alla collettivitĂ ; a maggioranza essi deliberano per l’ordinaria amministrazione, per i fatti che eccedono quest’ultima occorrono i 2/3 dell’assemblea. La facoltĂ  di alienare è attribuita ad ogni partecipante che può esercitarla solo per la sua quota. Per l’alienazione dell’intero bene comune ci vuole una deliberazione unanime. La comunione si scioglie solo con la divisione della somma ricavata dalla vendita della cosa stessa. Condominio negli edifici: accanto alla proprietĂ  spettante a ciascuno sul proprio piano esiste una comunione forzosa di tutti i condomini su alcune parti del bene, come il tetto e i muri maestri. Non ammette divisione e non è possibile la rinunzia del condominio. La partecipazione a ciò che è proprietĂ  comune è proporzionale al valore della parte di piena proprietĂ . Il condominio, sia come comunione di case, sia come ente di gestione, mira ad assicurare il buon funzionamento della situazione di compenetrazione di diritti comuni ed individuali. L’assemblea nomina un amministratore, se i condomini sono piĂš di quattro, che dura in carica 1 anno, ma l’assemblea può revocarlo. Se i condomini sono piĂš di dieci è obbligatorio stabilire un regolamento. SEZ. III - IL POSSESSO Oggetto del possesso possono essere tutti i beni, mobili o immobili, nella relativa tutela non sono compresi i beni demaniali. Il possesso non è un diritto, non va infatti confuso con il ius possidendi, che è una facoltĂ  del proprietario, ma uno stato di fatto cui sono connesse numerose ed importanti conseguenze giuridiche: il proprietario, quindi, ha, in quanto tale, il ius possidendi, se è pure in possesso del bene, avrĂ  altresĂŹ il ius possessionis, può ottenere una difesa dal semplice stato di fatto. Esiste il compossesso tra piĂš soggetti che esercitano insieme il possesso su di uno stesso bene. Possesso e detenzione: l’art. 1140 definisce il possesso come un potere sulla cosa che si manifesta in un’attivitĂ  corrispondente all’esercizio in concreto di proprietĂ  o di un altro diritto reale. E’ detto possesso dei diritti l’esercizio in concreto di un diritto corrispondente a un diverso diritto reale sulla cosa altrui. E’ formato da due elementi: il corpus (relazione materiale con il bene) e l’animus (intenzione di tenere quella determinata cosa). Si ha detenzione quando manca l’animus di esercitare la proprietĂ  o altro diritto sulla 9/40
  • 10. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland cosa; nei confronti della cosa esiste l’implicito riconoscimento di una pertinente posizione altrui e, in qualche caso, di una propria dipendenza da quella. Si avrĂ  detenzione e non possesso in chi tiene la cosa: a) nell’interesse altrui a causa di un rapporto di dipendenza; b) nell’interesse altrui a titolo di amicizia; c) nell’interesse altrui per l’adempimento di una propria obbligazione; d) nell’interesse proprio per esercitare un diritto personale su cosa altrui. La legge presume il possesso in chi tiene la cosa, mentre la detenzione va provata (art. 1141). Acquisto, perdita e successione del possesso: il possesso si può acquistare originariamente, cioè senza una trasmissione da parte di altri; non costituiscono fondamento per il possesso gli atti che si compiono per l’altrui tolleranza, ad es. per cortesia (art. 1144). PiĂš frequenti, però, sono i modi di acquisto derivativi, quali la consegna e la successione. La prima può essere: effettiva quando materialmente si trasferisce il posesso della cosa; simbolica, che si attua con il passaggio dei documenti della cosa; consensuale o quando il vecchio possessore trasferisce ad altri il diritto a possedere, conservando la detenzione (constitutum possessorium) o quando chi deteneva la cosa a nome altrui in seguito ad accordo ne acquista il possesso a nome proprio (traditio brevi manu). Il possesso attuale non fa presumere il possesso anteriore (art. 1143). La successione nel possesso si attua a favore del solo erede ed avviene di diritto senza interruzione. Il possesso passa ipso iure all’erede cosĂŹ com’era al de cuius. La perdita del possesso avviene per il venir meno di uno o di tutti e due gli elementi che la compongono (corpus e animus). Possesso ad usucapionem: per l’usucapione e per l’esercizio dell’azione di manutenzione, il possesso deve essere pacifico e pubblico; si chiede la continuitĂ  - il possesso non è continuo se egli ha abbandonato il bene - e la non interruzione, non ci deve essere stata cioè azione di terzi. Il possesso di buona fede: è quello di chi possiede ignorando di ledere l’altrui diritto (art. 1147); detta ignoranza non deve dipendere da grave negligenza (artt. 1147 e 535); si presume fino a prova contraria; è sufficiente la buona fede iniziale; si divide in soggettiva (o psicologica), quando si basa su uno stato di ignoranza della situazione giuridica, ed oggettiva (o etica), che è richiesta come dovere di comportamento. Riguardo ai frutti prodotti dal bene che è oggetto di restituzione, in seguito ad azione del proprietario avente diritto, si distingue se:  il possesso era in buona fede: il possessore fa suoi i frutti naturali fino al giorno in cui il proprietario ha proposto la domanda giudiziale e quelli civili maturati fino allo stesso giorno; egli deve restituire i frutti percetti o percipiendi nel periodo che va dalla proposta della domanda alla restituzione della cosa (art. 1148);  il possesso era in mala fede: il possessore risponde per tutti i frutti percepiti o percipiendi, dovendoli restituire in natura o nel loro valore. Il possessore di buona fede ha un diritto di ritenzione sulla cosa che era in suo 10/40
  • 11. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland possesso (art. 1152). Art. 1153: in tema di proprietĂ  immobiliare questo articolo stabilisce dei requisiti: a) deve esserci acquisto del possesso; b) deve esistere un titolo idoneo a trasferire la proprietĂ ; c) l’acquisto deve essere fatto in buona fede nel momento della trasmissione del possesso. Quest’art. non si applica alle universalitĂ  di beni mobili, nĂŠ ai beni mobili registrati (art. 1156). Il possesso di buona fede produce l’acquisto immediato del diritto sul bene, libero da qualunque peso (art. 1153). Se manca il titolo, che è un negozio, il possessore di buona fede potrĂ  acquistare il diritto per mezzo dell’usucapione (art. 1161). La difesa del possesso: per questa il possessore può intervenire immediatamente mentre dura l’offesa agendo per legittima difesa, oppure ha a disposizione due speciali azioni possessorie competenti al possessore in quanto tale:  azione di reintegrazione (o di spoglio): compete a qualunque possessore o anche detentore; viene concessa solo contro atti di privazione del possesso violenti o clandestini compiuti con l’animus spoliandi; va proposta entro l’anno dallo spoglio o dal giorno in cui è stato scoperto; la restituzione è ordinata dal giudice senza dilazione;  azione di manutenzione: è concessa solo al possessore di un bene immobile o di una universalitĂ  di mobili (art. 1170); il possessore deve avere i requisiti del possesso ad usucapionem e deve durare dal almeno un anno; va proposta con ricorso al pretore entro un anno dall’avvenuta turbativa, mira alla manutenzione del possesso, chiedendosi al giudice l’immediata cessazione delle molestie; le turbative o le molestie di cui sopra possono essere di fatto o di diritto. SEZ. IV - ACQUISTO E DIFESA DELLA PROPRIETA’ I modi di acquisto: si distinguono in originari e derivativi.  Titolo originario: quando a fondamento del diritto di proprietĂ  non si trova la derivazione dal diritto di un precedente titolare.  Titolo derivativo: si attua mediante trasmissione o successione di diritti dall’uno all’altro soggetto. La distinzione è molto importante, infatti, ad es., il principio nemo plus iuris ad alium transferre potest quam ipse habet si applica solo ai modi di acquisto originari. Essenziale presupposto per la difesa della proprietĂ  è la dimostrazione da parte di chi la pretende di averne un titolo. L’occupazione: è possibile solo per i beni mobili, infatti i beni immobili non sono mai res nullius, se non sono proprietĂ  di privati, spettano al patrimonio dello Stato (art. 827). Consiste nel materiale impossessamento della cosa, accompagnato dall’intenzione di farla propria. Si possono occupare quelle cose che non sono di proprietĂ  di nessuno, o perchĂŠ non lo sono mai state oppure perchĂŠ abbandonate. 11/40
  • 12. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland L’invenzione: le cose smarrite non possono essere occupate semplicemente come abbandonate: lo smarrire non implica perdita della proprietĂ . Il ritrovatore, che non conosce il proprietario, deve consegnare la cosa al sindaco del luogo (art. 927 ss), che renderĂ  nota la consegna con la pubblicazione. Il proprietario sarĂ  tenuto a ripagare il ritrovatore se questi lo richiede. Trascorso un anno se il proprietario non si è presentato, la cosa è del ritrovatore. Il tesoro (art. 932) è qualunque cosa mobile di pregio, nascosta o sotterrata, di cui nessuno può provare di essere proprietario. Se la cosa è ritrovata in un fondo o in un mobile altrui, si fa a metĂ . L’usucapione: con il passaggi del tempo le situazioni si consolidano, sia in senso positivo, in quanto l’esercizio di fatto diventa diritto (usucapione), sia in senso negativo, in quanto il mancato esercizio di un diritto ha per conseguenza la sua perdita (prescrizione). Nel primo l’accento è posto sull’interesse che il soggetto per lungo tempo ha dimostrato di avere per la cosa. Il diritto di proprietĂ  è imprescrittibile (art. 948) e tendenzialmente perpetuo, si perde però di fronte a chi abbia il titolo per usucapione. Come per la prescrizione, presupposto dell’usucapione è l’inerzia del titolare. Elemento primo è il possesso, non è richiesta necessariamente la buona fede. Per usucapire la proprietĂ  il possesso dev’essere a titolo di proprietĂ , cioè con l’animus rem sibi habendi. Non sono usucapibili i beni demaniali. Il periodo normale per acquistare la proprietĂ  su beni immobili (art. 1158) o universalitĂ  di beni mobili (art. 1160) è di 20 anni. Sempre per gli immobili c’è un’usucapione decennale a favore di chi abbia acquistato il possesso in buona fede, in forza di un titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprietĂ . Questo titolo deve essere trascritto, e dalla data della trascrizione decorre il decennio (art. 1159). Per le universalitĂ  di beni mobili l’usucapione è decennale quando il possesso si fonda su di un acquisto in buona fede con titolo idoneo (art. 1160). Per i beni mobili l’usucapione si attua in 20 anni se il possesso sia stato acquistato in malafede, in 10 anni se in buona fede ma manchi il titolo. Circa le cause di impedimento, sospensione o interruzione si applicano i principi generali adottati per la prescrizione. E’ particolarmente rilevante tener presente che nell’usucapione ordinaria ventennale per gli immobili non si applicano, riguardo al terzo possessore, nĂŠ le cause di sospensione (art. 2942) nĂŠ l’impedimento derivante da condizione o termine (art. 1166). L’usucapione è interrotta di fatto quando il possessore è privato del possesso per oltre 1 anno (art. 1167). Accessione, unione e commistione: sono modi di acquisto a titolo originario. Tutte e tre si fanno rientrare nel concetto di accessione intesa come espansione della proprietĂ . L’accessione deriva da un atto umano o da un evento naturale: ci può essere un immobile che si unisce ad un altro immobile, o può essere di un mobile ad un immobile (art. 934), o, infine, di un mobile ad un altro mobile (art. 939). La specificazione è un fenomeno analogo all’accessione solo che l’oggetto che viene 12/40
  • 13. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland aggiunto alla cosa è il lavoro, per cui la cosa non si accresce ma si trasforma. Azioni a difesa della proprietĂ : sono dette anche petitorie e sono quattro:  rivendicazione: ha lo scopo di far conseguire al proprietario il possesso definitivo della cosa con ogni suo incremento, viene esercitata da chi si pretende proprietario, e non sia in possesso del bene, è imprescrittibile;  negatoria: ha lo scopo di tutelare la pienezza del diritto di proprietĂ  sulla cosa, si esercita solo contro le molestie cui corrisponda la pretesa di un diritto, è sufficiente che il proprietario dia la prova del suo dominio;  azioni di confine: sono due: 1) di regolamento di confini: presuppone l’incertezza dei confini, si tratta di un’azione con carattere duplice, nella quale entrambe le parti hanno un’analoga reciproca posizione di pretesa e di difesa; in caso di mancanza di elementi il giudice dovrĂ  attenersi alle mappe catastali (art. 950); 2) apposizione di termini: viene intentata dal proprietario quando si vuole apporre segno materiale del confine, ha lo stesso duplice carattere della precedente, è di competenza del pretore. Azioni di nunciazione: spettano sia al possessore in quanto tale sia anche al titolare del diritto, che abbia o no il possesso della cosa; sono due: denunzia di nuova opera, diretta a impedire pericoli o limitazioni di godimento della cosa in seguito a nuove attivitĂ  da altri intraprese sul fondo vicino, e denunzia di danno temuto (art. 1172), diretta contro il pericolo di danno grave e prossimo, derivante da un edificio, albero o altre cose inanimate che siano però giĂ  esistenti sul fondo vicino. SEZ. VI - LA PROPRIETA’ SUPERFICIARIA, L’ENFITEUSI La proprietĂ  superficiaria: se ne parla perchĂŠ, quando viene a costruirsi il bene di proprietĂ  separata nel fondo altrui, il diritto di superficie si incorpora con la proprietĂ  dello stesso bene. Enfiteusi: si ha quando il proprietario cede ad altri il godimento di un immobile, con l’obbligo di pagare un canone e di migliorare il fondo. La costituzione fatta in perpetuo o per lungo tempo. Il limite minimo è di 20 anni (art. 958) Può essere costituita per contratto, per testamento o per usucapione. Ci sono due soggetti che hanno entrambi obblighi e dritti: il proprietario che concede agli altri il fondo (detto concedente) e colui che riceve il fondo (detto enfiteuta). L’enfiteuta deve migliorare il fondo (art. 960), deve pagare al concedente un canone periodico, o in danaro o in natura e deve fare una ricognizione del diritto del concedente (art. 969). Importante per l’enfiteuta è il diritto di affrancazione o riscatto (art. 971), che consiste nella facoltĂ  di diventare proprietario puro e semplice del fondo. 13/40
  • 14. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland L’enfiteuta perde il diritto per non uso durante 20 anni (art. 970) e per devoluzione, che consiste nel diritto che il concedente ha di riavere il fondo libero quando l’enfiteuta non adempie ai suoi obblighi. L’enfiteusi, come diritto parziario, si estingue per confusione, quando, per qualsiasi motivo, il concedente diventi anche enfiteuta o quest’ultimo acquisti il dominio diretto. Usi civici: sono diritti spettanti sulla proprietĂ  altrui, sia pubblica che privata, a una collettivitĂ  di persone; sono considerati diritti collettivi di carattere pubblico e come tali sono essenzialmente inalienabili e imprescrittibili. Oneri reali: è ogni prestazione a carattere periodico che è dovuta dal soggetto solo in quanto è nel godimento di un bene e consiste nel dare o nel fare qualche cosa. Il rapporto con la cosa non è solo il mezzo per determinare la persona che deve fare la prestazione; nell’onere reale il collegamento con la cosa costituisce l’unico titolo dell’obbligo di prestazione.. Si estingue per il perimento o per l’abbandono del fondo. Es. ne sono il censo, il canone enfiteutico. SEZ. VII - I DIRITTI REALI SULLA COSA ALTRUI. LE SERVITU’ Diritti limitati o parziari: non hanno lo stesso contenuto pieno ed esclusione della proprietĂ ; la loro essenza non è una parte del diritto di proprietĂ , che rimane a questi superiore; tutti questi diritti sono diritti reali, come diritti patrimoniali assoluti (erga omnes). Diritto di seguito: proprio di tutti i diritti reali su cosa altrui, appunto perchĂŠ seguono la cosa. I diritti sulla cosa altrui si distinguono in:  diritti di garanzia (pegno ed ipoteca): consistono nel vincolo giuridico cui è assoggettata la cosa per la garanzia a vantaggio di un creditore e si fondano sul valore di scambio della cosa;  diritti di godimento (servitĂš e usufrutto): conferiscono al titolare un ampio potere sulla cosa e sono costituiti a favore di una persona determinata o di un soggetto proprietario di un fondo. I diritti reali su cosa altrui sono unicamente quelli tipici, previsti e regolati dalla legge. Ad es. il tipo regolato è la servitĂš e non la singola servitĂš. Le caratteristiche comuni: i diritti reali sopra la cosa altrui si esercitano senza bisogno che il proprietario faccia alcunchĂŠ, il suo atteggiamento deve consistere in un sopportare, lasciar fare o in un non fare. Una volta che i diritti parziari sulla cosa l’altrui non abbiano piĂš un proprio distinto titolare, si estinguono completamente. La confusione (o consolidazione) si ha quando proprietĂ  ed usufrutto si riuniscono nella stessa persona, è una caratteristica causa di estinzione. Altra caratteristica dei diritti reali parziali è che si estinguono anche per non uso ventennale. La servitĂš si 14/40
  • 15. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland può alienare solo insieme con la proprietĂ  del fondo dominante. La difesa di questi diritti è accordata con l’azione confessoria, che si esercita da chi pretende di avere il diritto reale sulla cosa altrui contro il proprietario o contro chi ne contesti l’esercizio. Le servitĂš: l’art. 1027 la definisce come un peso, cioè come limitazione imposta al godimento di un fondo, per l’utilitĂ  di altro fondo appartenente ad altro proprietario. Per utilitĂ  si intende non solo un vantaggio economico, ma anche una maggiore comoditĂ  (art. 1028). Il contenuto delle servitĂš si concreta sempre nel vantaggio per un fondo e nella restrizione di godimento per un altro fondo. Il proprietario che subisce la servitĂš viene limitato nei suoi poteri. La servitĂš è costituita a vantaggio del proprietario del fondo dominante contro una corrispondente limitazione nel diritto del proprietario del fondo servente. La soggezione del fondo servente consiste in un sopportare o in un non fare, ai quali corrisponde dalla parte del fondo dominante, un ius habendi o facendi o prohibendi. Altri requisiti sono: vicinanza dei fondi, per permettere utilitĂ  diretta e perpetua causa, deve cioè corrispondere ad una durevole utilitĂ  per il fondo dominante anche se non è destinata ad essere perpetua. Le caratteristiche giuridiche sono: l’inscindibilitĂ , cioè la servitĂš forma un tutt’uno inscindibile con il fondo, e l’indivisibilitĂ , cioè non può essere acquistata, esercitata o perduta se non interamente. ServitĂš apparenti e non: sono apparenti quelle al cui esercizio sono destinate opere visibili e permanenti; la caratteristica principale è l’esistenza di segni visibili, cioè opere artificiali o tracce naturali; es. di servitĂš non apparenti: servitĂš di attingere acqua o di pascolo. ServitĂš continue: sono quelle per il cui esercizio non è necessario il fatto dell’uomo, possono essere apparenti e non. ServitĂš discontinue: sono quelle per il cui esercizio è necessaria l’attivitĂ  dell’uomo, anch’esse possono essere apparenti e non. ServitĂš positive: sono quelle per le quali il fondo servente deve sopportare l’attivitĂ  del proprietario del fondo dominante. ServitĂš negative: a causa delle quali viene proibito al proprietario del fondo servente di esercitare una delle facoltĂ  normalmente contenute nel suo diritto di proprietĂ . ServitĂš coattive o legali: hanno la loro fonte nel comando legislativo. Sono previste nell’ipotesi nelle quali la legge attribuisce al proprietario il diritto di ottenere la costituzione di una servitĂš coattivamente, cioè senza bisogno del consenso di chi la deve subire (art. 1032). Non devono essere confuse con i limiti del buon vicinato, perchĂŠ nelle servitĂš mancano la reciprocitĂ , la gratuitĂ , la nascita automatica e poi perchĂŠ sono sempre poste a vantaggio di un fondo, mentre ciò non si può dire per tutti gli altri limiti legali. AffinchĂŠ sorga la servitĂš è necessario che il diritto venga determinato e attuato in concreto, cioè con un accordo, o quando le parti non si 15/40
  • 16. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland mettono d’accordo, per mezzo di sentenza del giudice. Il proprietario del fondo servente ha diritto a una indennitĂ . Sono servitĂš coattive:  il passaggio coattivo (art. 1051 ss): limitazione del diritto che ha il proprietario di escludere altre persone dal suo fondo; questo si deve concedere in tre ipotesi: quando un fondo si trova tra due proprietĂ  altrui e non ha una via d’accesso sulla strada pubblica, o quando la servitĂš è diretta all’ampliamento del passaggio esistente per far transitare autoveicoli, o quando un nuovo passaggio è concesso nell’interesse generale dell’agricoltura e dell’industria;  la somministrazione coattiva di acqua (art. 1049 ss): è un’applicazione di un principio di solidarietĂ : il fondo deve fornire solo l’acqua che eccede ai suoi bisogni e nella misura massima delle esigenze indispensabili del fondo dominante;  acquedotto coattivo (art. 1033 ss): consiste nel diritto di far passare le acque proprie attraverso fondi altrui. ServitĂš volontarie: sono costituite per effetto di un atto di parte o per usucapione. Possono costituirsi per titolo, cioè per contratto o testamento (art. 1058), questo dev’essere in forma scritta (art. 1350) e il titolo va sempre trascritto. Le servitĂš non apparenti si costituiscono soltanto per titolo; quelle apparenti possono acquistarsi anche per usucapione, per la quale valgono tutte le regole generali, e per destinazione del padre di famiglia (art. 1061). L’esercizio e l’estinzione delle servitĂš: le norme per la servitĂš, contente nel codice, hanno valore dispositivo. (art. 1063). Con l’acquisto della servitĂš si acquistano tutte le facoltĂ  accessorie per il suo esercizio. La servitĂš va usata in modo da soddisfare il bisogno del fondo dominante con il minor aggravio del fondo servente (art. 1065). Le servitĂš si estinguono per rinunzia, per scadenza del termine, per il verificarsi della condizione risolutiva, per abbandono del fondo servente, per impossibilitĂ  d’uso, per confusione, per prescrizione (quando non se ne usi per vent’anni, secondo l’art. 1073). SEZ. VIII - L’USUFRUTTO, L’USO E L’ABITAZIONE Definizione: frase tipica quando si parla di usufrutto è “ususfructus est ius aliens rebus utendi fruendi, salva rerum substantia”. L’usufruttuario ha il diritto di usare e di godere della cosa, ma non ha il diritto alla consumazione. La conservazione della cosa non va intesa in senso materiale, ma deve far riferimento al criterio economico- sociale della destinazione. Il proprietario del bene che è oggetto di usufrutto si chiama nudo proprietario. In nessun caso la durata dell’usufrutto può eccedere la vita dell’usufruttuario e l’usufrutto a favore di persona giuridica non può durare piĂš di 30 anni (art. 979). L’art. 698 vieta l’usufrutto successivo, nel senso che il diritto 16/40
  • 17. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland s’intende estinto alla morte del primo chiamato. E’ un diritto reale, in quanto diritto che il soggetto ha direttamente sulla cosa, appartenente alla categoria dei diritti di godimento sulla cosa altrui. L’usufruttuario si distingue dal conduttore, perchĂŠ il primo a difesa del suo diritto ha un’actio in rem, ha il possesso, la prescrizione per non uso del suo diritto dura 20 anni, inoltre l’usufrutto può essere sottoposto ad ipoteca. Si costituisce per volontĂ  dell’uomo - con atto tra vivi, o mortis causa - oppure per usucapione. A volte può costituirsi per legge (usufrutto legale). Oggetto: qualunque bene, mobile o immobile, può formare oggetto di usufrutto. Per le cose consumabili la legge stabilisce che l’usufruttuario ne acquista la proprietĂ  e al termine dell’usufrutto sarĂ  obbligato a pagarne il valore o consegnare altrettante cose della medesima specie e qualitĂ  (c.d. quasi usufrutto). Per le cose deteriorabili, l’usufruttuario le utilizzerĂ  secondo lo scopo al quale sono destinate e le restituirĂ  poi nello stato in cui si troveranno alla fine dell’usufrutto (art. 995). Per le universitas iuris, l’usufruttuario è tenuto a pagare le annualitĂ  e gli interesse dei debiti di cui il complesso sia gravato, specialmente se si tratta di ereditĂ  (art. 1010). I diritti inerenti: l’usufruttuario ha il diritto di ottenere il possesso della cosa (art. 982) nello stato in cui si trova (art. 1002), fa suoi i frutti civili e naturali, può vendere (art. 980) o ipotecare il suo diritto (art. 2810). Il nudo proprietario può alienare o ipotecare la nuda proprietĂ , può esigere il pagamento degli interessi delle spese per riparazioni straordinarie. Obblighi nascenti: l’usufruttuario deve compiere a sue spese l’inventario e dare idonea garanzia (art. 1002), deve usare la diligenza del buon padre di famiglia (art 1001), deve custodire il bene ed amminstrarlo (art. 1004), deve consegnare la cosa cessato l’usufrutto (art. 1001). Il nudo proprietario deve pagare i carichi posti sulla proprietĂ  e deve fare le riparazioni straordinarie. Estinzione: l’usufrutto si estingue per: non uso ventennale, confusione, morte dell’usufruttuario, allo scadere dei 30 anni se persona giuridica, totale deperimento della cosa (art. 1014), grave abuso da parte dell’usufruttuario che ha alienato il bene o che lo ha deteriorato (art. 1015). L’uso e l’abitazione: il primo è una specie di usufrutto limitato, i diritti dell’usuario è limitato ad una modica perceptio, oltre al godimento naturale del bene egli ha diritto solo alle rendite che gli forniscono i mezzi necessari alla vita sua e della propria famiglia (art. 1021). L’abitazione, invece, è una particolaritĂ  di uso che ha per oggetto una casa adibita appunto ad abitazione per il titolare del diritto stesso; consiste nel solo diritto si abitare direttamente la casa o l’appartamento che ne è oggetto, godimento che è riconosciuto al solo titolare e ai membri della sua famiglia (art. 1022). 17/40
  • 18. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland CAPO VII I DIRITTI DI OBBLIGAZIONE SEZ. IX - I CONTRATTI IN GENERALE Art. 1321: “il contratto è l’accordo di due o piĂš parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”. I soggetti devono rispettare tanto i comandi imposti dalla legge (eteronomia), quanto i precetti che essi stessi hanno volontariamente stabilito (autonomia). Le parti possono seguire uno degli schemi previsti e regolati dalla legge (contratti nominati o tipici), ma possono anche concludere contratti che non trovano un’espressa disciplina nella legge (contratti innominati o atipici); però a volte i contratti rappresentano la riunione in un unico atto di elementi di piĂš tipi contrattuali, implicando una pluralitĂ  di cause oltre ad una pluralitĂ  di prestazioni (contratti misti). Gli elementi e i requisiti del contratto: art. 1325: “i requisiti del contratto sono: l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto e la forma quando è prescritta”. Il contratto si forma quando c’è il consenso di tutte le parti; consenso che consiste in un accordo che si è venuto determinando tra i soggetti dopo trattative liberamente condotte o altre volte in una semplice adesione. In linea di massima è escluso il contratto con se stesso (art. 1395). La formazione del consenso e la perfezione del contratto: alla base della formazione del consenso troviamo sempre:  la proposta: dichiarazione di volontĂ  che contiene tutti gli elementi del contratto, emessa manifestando un’intenzione di obbligarsi (deve dirigersi ad un destinatario);  l’accettazione: dichiarazione diretta al proponente; essa deve essere definitiva, incondizionata e pienamente conforme alla proposta. Tra proposta ed accettazione deve esistere una direzione allo stesso fine. Art. 1326: “il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte”, sempre che prima dell’accettazione la proposta non sia stata ritirata dall’offerente. Art. 1335: “proposta, accettazione, loro revoca e ogni altra dichiarazione recettizia si reputano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilitĂ  di averne notizia”. Nei contratti che richiedono una forma scritta, tanto la proposta quanto l’accettazione devono essere redatte per iscritto. La proposta può essere fatta con un’offerta al pubblico, che contenga tutti gli 18/40
  • 19. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland elementi del contratto alla cui conclusione è diretta (art. 1336). Se mancano questi elementi non si ha proposta, ma invito a fare delle proposte, L’offerta al pubblico non si può revocare come si revoca la proposta fatta individualmente. NB: la proposta può essere revocata anche dopo l’accettazione, se la revoca è fatta prima che l’accettazione sia conosciuta, ma se nel frattempo l’accettante ha intrapreso in buona fede l’esecuzione del contratto, ha diritto ai c.d. interessi negativi; l’accettazione può essere revocata senza responsabilitĂ  solo se la revoca giunga a conoscenza del proponente prima dell’accettazione. E’ irrevocabile per legge la proposta di ogni contratto che importi obbligazioni a carico del solo proponente: è irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte alla quale è destinata (art. 1333). La revoca della proposta, o dell’accettazione, rientrano nel normale libero svolgimento della contrattazione; questa talvolta costituisce un’ipotesi di culpa in contrahendo: quando il soggetto si è comportato in mala fede deve risarcire il danno (art. 1337). Contratto preliminare: con questo i soggetti si impegnano a stringere successivamente un dato rapporto tra loro, è un vero contratto dal quale sorgono obbligazioni per le parti. NB: non deve essere confuso con un altro contratto, molto diffuso nella pratica, detto anche compromesso, che è un contratto definitivo (preliminare improprio) di immediata efficacia, con l’impegno di riprodurre il consenso in una forma particolare. Art. 1351: “il contratto preliminare è nullo se non è fatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo”. Buona fede e responsabilitĂ  precontrattuale: alla base di ogni contratto è richiesta sempre la buona fede in contrahendo, come si è visto nelle obbligazioni. Art. 1337: “le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede”. Anche nella fase preparatoria non bisogna comportarsi scorrettamente altrimenti si incorre nella responsabilitĂ  precontrattuale; questa si fa rientrare nella categoria della responsabilitĂ  extracontrattuale, perchĂŠ trova fondamento nella violazione di un generale dovere di condotta. Il risarcimento del danno subito dal contraente nelle ipotesi di attivitĂ  fatta svolgere ad es. con il miraggio di una contrattazione non seriamente ingaggiata, viene limitato ai c.d. interessi negativi, che corrispondono alla diminuzione patrimoniale che il soggetto non avrebbe subito se non avesse contratto. Oggetto del contratto: questo e oggetto dell’obbligazione sono concetti assai vicini tra loro. Quando l’obbligazione deriva da contratto, oggetto della prestazione e oggetto del contratto hanno riferimento allo stesso bene. Non si deve dimenticare la differenza tra impossibilitĂ  originaria dell’oggetto che importa nullitĂ  del contratto e 19/40
  • 20. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland impossibilitĂ  sopravvenuta che importa estinzione dell’obbligazione o risoluzione del contratto. E’ valido il contratto che abbia per oggetto cose future. E’ importante inoltre il problema della qualificazione - cioè la determinazione dei criteri che il giudice deve seguire per qualificare come dell’uno o dell’altro tipo il contratto che gli sia sottoposto - per vedere se l’accordo raggiunto rientri negli schemi stabiliti dalla legge. I limiti all’autonomia nell’interesse delle parti: art. 2597: “chi esercita un’impresa in condizioni di monopolio legale ha l’obbligo di contrarre con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto dell’impresa, osservando la paritĂ  di trattamento”. Contratti di adesione: sono quelli che si formano su di uno schema prestabilito dall’imprenditore, il cui testo non viene praticamente discusso dal cliente. L’art. 1341 sancisce la nullitĂ  di alcune clausole di uso frequente tanto nelle condizioni generali di contatto, quanto nei contratti conclusi su moduli o formulari, che verrebbero a gravare in modo troppo oneroso sulla controparte (clausole vessatorie o abusive). Gli effetti e l’esecuzione del contratto: art. 1372: “il contratto ha forza di legge tra le parti”. Il contratto è contemporaneamente un atto giuridico e un regolamento: crea un rapporto e ne dĂ  la disciplina. Dal contratto derivano conseguenze personali (contratti obbligatori) oppure derivano immediatamente effetti reali (contratti con efficacia reale). La legge adotta diversi criteri per dirimere il conflitto tra diversi aventi causa dallo stesso autore: 1) se si tratta di acquisto di un diritto immobiliare, è preferito chi per primo ha trascritto l’atto; 2) se si tratta di un bene mobile, è preferito chi per primo ne ha ricevuto il possesso in buona fede; 3) se si tratta di un credito, tra piĂš cessionari è preferito chi per primo ha notificato la cessione al debitore; 4) nel caso si tratti di un diritto personale di godimento, concesso a diversa persona, il godimento spetta al contraente che per primo lo ha conseguito. Il contratto è anche fonte del regolamento per la disciplina del rapporto: quindi va eseguito come le parti hanno stabilito. Art. 1375: “il contratto deve essere eseguito secondo buona fede”. L’inadempimento degli obblighi sorgenti dal contratto costituisce l’ipotesi tipica di responsabilitĂ  contrattuale. La relativitĂ  del contratto: si intende appunto la limitazione degli effetti contrattuali rispetto ai soggetti. Gli eredi, come continuatori della personalitĂ  giuridica del loro autore, subentrano in tutti i suoi rapporti patrimoniali, gli aventi causa, o successori a 20/40
  • 21. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland titolo particolare, subentrano solo nella posizione patrimoniale. Terzo è o lui che rimane sostanzialmente estraneo al contratto: gli effetti diretto non toccano i terzi. Il contratto per persona da nominare si ha quando una parte, nella conclusione dell’accordo, si riserva la facoltĂ  di nominare effettivamente la persona destinata ad acquistare i diritti e assumere gli obblighi nascenti dal contratto. La dichiarazione di nomina, la procura e l’accettazione, integrano il contratto, e vanno perciò fatte nella stessa forma che le parti hanno usato per il contratto stesso (art. 1403). Il contratto può anche produrre effetti diretti a favore di terzi, la legge dichiara generalmente valido ed efficace il contratto stipulato a favore di un terzo, purchĂŠ lo stipulante vi abbia un interesse (art. 1411). Il terzo (detto beneficiario) non diventa parte del contratto, ma acquista i diritti che a lui si riferiscono nel contratto concluso tra lo stipulante (che è colui che vuole procurare il vantaggio al terzo) e il promittente (che è colui che dovrĂ  fare la prestazione al terzo): fino all’accettazione però lo stipulante può revocare la destinazione del suo atto. Si può promettere ad altri la prestazione o l’azione di una terza persona. L’interpretazione del contratto: è preceduta da un complesso di operazioni che mirano ad accertare, per mezzo di prove, il fatto della dichiarazione e l’esistenza di circostanze precedenti, concomitanti o susseguenti. L’interpretazione è autentica, quando viene compiuta dalle parti per mezzo di un successivo negozio di accertamento. Nell’interpretazione di legge si deve ricercare il senso fatto palese dal significato proprio delle parole e dalla intenzione del legislatore. Importante è la differenza fra: volontĂ  legale, che è impersonale, obiettivata in un testo e precisata dall’esistenza di tutte le altre norme dello stesso ordinamento, con le quali va collegata (interpretazione sistematica); volontĂ  negoziale, che è una volontĂ  puntuale rispetto alla quale la formula usata rappresenta solo un modo di esprimersi. Non è ammessa l’interpretazione evolutiva di un contratto, se esiste una lacuna, essa viene colmata in primo luogo dalla legge. Art. 1366: “il contratto deve essere interpretato secondo buona fede”. Per l’interpretazione valgono le stesse regole del negozio. Contratti consensuali e reali: nel diritto moderno i contratti si perfezionano di regola con il semplice consenso delle parti (principio consensualistico, art. 1376). Ci sono alcuni contratti speciali, per i quali il consenso non è sufficiente, nel senso che il contratto è perfetto solo con la consegna della cosa, con la tradizione alla controparte dell’oggetto del contratto Essi sono il comodato, definito dall’art. 1803 come il contratto con il quale un parte consegna ad un’altra una cosa, il mutuo, il deposito, il pegno, etc. I contratti reali sono tutti unilaterali, cioè danno origine all’obbligazione di una sola parte. 21/40
  • 22. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland Contratti obbligatori: locazione, mandato, comodato, deposito etc. Contratti traslativi di diritti reali: compravendita, permuta, donazione, mutuo, etc. Il criterio distintivo del contratto reale si riferisce alla formazione del contratto, cioè al suo perfezionarsi, quello del contratto con efficacia reale si riferisce invece agli effetti. La vendita di una determinata massa di cose è soggetta alle norme generali sull’efficacia traslativa del consenso. Non c’è efficacia reale immediata nella vendita di cosa futura o di cose altrui, nella vendita alternativa, nella vendita sottoposta a condizione sospensiva. Nel trasferimento a termine il rischio passa all’acquirente nel momento del consenso. I contratti ad esecuzione immediata: ricevono un’esecuzione immediata con la stessa perfezione del negozio, i contratti ad esecuzione differita sono destinati ad avere esecuzione solo in un momento ulteriore rispetto al tempo della loro perfezione. Si distinguono inoltre i contratti a esecuzione istantanea, nei quali la vita del rapporto obbligatorio che si pone in essere non è diretta a prolungarsi nel tempo, dai contratti di durata. Contratti aleatori e contratti commutativi: la distinzione si riferisce al rapporto tra la prestazione e la controprestazione. Mentre tutti i contratti possono comprendere qualche elemento di rischio, nei contratti aleatori è la stessa incertezza del contenuto che si tiene presente alla conclusione dell’accordo. Si ha contratto aleatorio (o di sorte), quando la determinazione di quella che sarĂ  la prestazione o la controprestazione, dipende da un fattore d’incertezza, che può volgere il vantaggio del contratto verso l’una parte o piuttosto verso l’altra. In altre parole l’incertezza obiettiva dell’evento rischio incide sui contenuti del contratto, che resta però sempre caratterizzato da prestazioni corrispettive. Es. possono essere: il giuoco, la scommessa, la vendita di cosa futura, dove l’alea può riferirsi alla qualitĂ  e quantitĂ  insieme, o soltanto alla qualitĂ . Nei contratti commutativi le prestazioni vengono stabilite in precedenza come punto d’arrivo delle trattative; ciascuno dei contraenti sa fin dal momento della conclusione quale sarĂ  l’ammontare del sacrificio e conosce quale bene deve essergli corrisposto. SEZ. X - IL SINALLAGMA E LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO Sinallagma: anche i contratti unilaterali sono necessariamente negozi bilaterali; la bilateralitĂ  del contratto si riferisce, non alla pluralitĂ  dei voleri che pongono in essere il negozio, ma agli effetti obbligatori che ne sorgono. Sinallagma è il legame reciproco che in alcuni contratti esiste tra prestazione e controprestazione: la corrispettivitĂ  è pertanto il segno di un rapporto tra prestazione e controprestazione piĂš stretto della semplice coesistenza reciproca. Sono contratti sinallagmatici, o a prestazioni corrispettive, quei contratti dai quali nell’ambito di uno stesso strumento negoziale sorgono contemporaneamente nell’una e nell’altra 22/40
  • 23. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland parte obblighi e diritti a prestazioni reciproche collegate tra loro da un rapporto di interdipendenza. Esempi ne sono la compravendita, la permuta, etc. Il sinallagma, cioè il legame tra le reciproche obbligazioni che sorgono contemporaneamente dallo stesso contratto, si distingue in:  genetico: sta a significare il reciproco rapporto di giustificazione causale che deve intercorrere tra le contrapposte obbligazioni nascenti dal contratto nel momento della sua stipulazione;  funzionale: la prestazione di una parte rimane legate, non solo all’esistenza originaria, ma anche al perdurare dell’obbligazione corrispondente della controparte, e quindi all’adempimento o alla possibilitĂ  di adempimento. Ove manchi il rapporto di reciproca dipendenza delle obbligazioni, non c’è vera corrispettivitĂ  anche se dallo stesso contratto sorgono obbligazioni a carico di entrambe le parti. pertanto il deposito ed il mandato rimangono contratti unilaterali anche quando sono a titolo oneroso, perchĂŠ l’attivitĂ  del depositario o del mandatario non trova la sua causa nel compenso, essendo piuttosto la fiducia l’elemento fondamentale per l’uno o per l’altro contratto. Questi contratti sono anche detti bilaterali imperfetti. Tutti i contratti corrispettivi sono onerosi, ma la preposizione inversa non vale, perchĂŠ onerosi possono essere alcuni contratti unilaterali (ad es. il mutuo e il deposito). Art. 1333: “la proposta diretta a concludere un contratto da cui derivano obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte alla quale è destinata”. La risoluzione dei contratti: non tocca l’atto, ma le sue conseguenze, colpisce non il negozio, ma il rapporto. CosĂŹ si spiega perchĂŠ in seguito all’inadempimento della controparte si possa chiedere, oltre alla risoluzione, anche il risarcimento per l’altrui colpa contrattuale. La risoluzione è:  volontaria: quando le parti con un nuovo consenso pongono fine alle conseguenze del rapporto obbligatorio esistente tra di loro;  legale: è prevista generalmente per i soli contratti a prestazioni corrispettive. La risoluzione è rimedio che si può far valere solo prima che il contratto stesso sia compiutamente eseguito. GiĂ  nella definizione di contratto si dice che il consenso può anche mirare all’estinzione del rapporto giuridico patrimoniale (art. 1321), e l’art. 1372 conferma che il contratto si scioglie per mutuo consenso. Talora lo stesso contratto stabilisce il diritto di recesso, ius poenitendi a favore di una o di ognuna delle parti, che è collegato con la previsione di un corrispettivo da pagare: nell’ipotesi il contratto si risolve in seguito alla manifestazione unilaterale di volontĂ  che trae riconoscimento dall’anteriore accordo. NB la facoltĂ  di recesso può essere esercitata fino a quando il contratto non abbia avuto un principio d’esecuzione. 23/40
  • 24. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland Una specie di diritto al ripensamento è regolato per i contratti conclusi fuori dai locali commerciali. Nei contratti di durata indeterminata è comunemente ammessa l’estinzione del rapporto per disdetta unilaterale. La risoluzione per inadempimento e l’eccezione di inadempimento: quando il soggetto che non ha adempiuto e che non è pronto ad adempiere chiede la prestazione della controparte, quest’ultimo può assumere un atteggiamento passivo, difendendosi con l’eccezione di inadempimento. L’art. 1460 riconosce legittimo il rifiuto a eseguire la propria prestazione quando esso è conforme a buona fede, ossia quando è giustificato da un non lieve inadempimento dell’altra parte. L’art. 1461 riconosce inoltre ad ogni contraente il diritto di sospendere la prestazione da lui dovuta quando le condizioni patrimoniali della controparte siano tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione; ecco un’altra applicazione del criterio di tutela preventiva. L’eccezione di inadempimento ha quindi prima di tutto un carattere di tutela immediata perchĂŠ essa non richiede il previo intervento del giudice. Il suo effetto sarĂ  soltanto sospensivo; ma sotto l’aspetto dell’urgenza essa soddisfa la fondamentale esigenza di attuare subito una legittima difesa. L’inadempimento attribuisce al creditore insoddisfatto il diritto di agire per la risoluzione dell’obbligo posto a proprio carico. Il contraente può scegliere tra la risoluzione e l’adempimento coattivo; nella scelta è lasciato uno ius variandi, cioè, una volta chiesto l’adempimento, il creditore insoddisfatto può mutare domanda per ottenere invece la risoluzione, ma non è consentito che la domanda di risoluzione si muti in richiesta di adempimento coattivo: è comunque riconosciuto il diritto di avere in piĂš il risarcimento del danno per l’illecito comportamento della controparte (art. 1453). Quindi inadempimento si ha quando il soggetto non si è comportato a dovere nello svolgimento di un punto importante del rapporto. La risoluzione viene chiesta con domanda giudiziale. Essa è sempre conseguenza della volontĂ  della parte che la chiede in seguito all’inadempimento della controparte, il giudice non può concedere dilazioni all’inadempiente, e anzi, dopo la domanda di risoluzione, lo stesso inadempiente non può adempiere la propria prestazione (art. 1453) L’azione giudiziale non è però necessaria. Dopo la scadenza del termine stabilito per l’esecuzione, la parte soddisfatta può intimare per iscritto all’atra parte una diffida ad adempiere entro un congruo termine, dichiarando che, decorso inutilmente detto termine, il contratto si intenderĂ  risoluto (art. 1454). Ma neppure il procedimento monitorio è sempre necessario. Se ne prescinde nelle due ipotesi che passiamo a indicare. A) Quando i contraenti hanno inserito nel contratto una clausola risolutiva espressa (o patto commissorio), prevedendo espressamente l’effetto risolutivo in conseguenza dell’altrui inadempimento, la risoluzione si verifica in seguito alla semplice dichiarazione della parte che se ne avvale (art. 1456). B) Quando la prestazione deve eseguirsi entro un termine essenziale, la risoluzione 24/40
  • 25. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland opera di diritto, purchĂŠ l’interessato all’adempimento non dichiari entro tre giorni dalla scadenza di volere ugualmente esigere la prestazione (art. 1457). Gli effetti della risoluzione sono di regola retroattivi, con obbligazioni restitutorie in capo ai contraenti del rapporto risolto, e fatto salvo il risarcimento del danno che può essere stato causato; non sono peraltro pregiudicati i diritti acquisiti dai terzi. La risoluzione per impossibilitĂ  sopravvenuta: dai contratti a prestazioni corrispettive sorgono distinte obbligazioni nelle parti, e non è affatto detto che l’impossibilitĂ  di adempiere una di esse sia accompagnata dall’impossibilitĂ  di eseguire la controprestazione. Pure essendo le due obbligazioni distinte, esiste tra loro il vincolo del sinallagma; la risoluzione per impossibilitĂ  sopravvenuta si riferisce al sinallagma nel suo complesso. L’obbligazione che non può essere adempiuta si estingue in applicazione di quanto stabilisce l’art. 1256; in forza della risoluzione del contratto (art. 1463), cade anche l’obbligo della controprestazione, la quale non sarebbe affatto divenuta impossibile; ma il contraente si libera perchĂŠ la sua obbligazione era unita dal sinallagma funzionale con l’altrui obbligazione. L’impossibilitĂ  temporanea ha effetti solo di carattere sospensivo sull’obbligazione colpita da impossibilitĂ  di prestazione, e quindi nemmeno l’obbligazione per la controprestazione si estingue. Se l’impossibilitĂ  è parziale, il creditore ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da lui dovuta. Per la retroattivitĂ  degli effetti della risoluzione per impossibilitĂ  valgono le stesse notazioni fatte a proposito della risoluzione per inadempimento. La sopportazione del rischio e pericolo nel contratto: il danno maggiore sarĂ  sempre quello del proprietario, il problema del rischio nei contratti, però, riguarda solo l’incidenza del fortuito nell’ambito delle obbligazioni delle parti che si trovano contrapposte in uno stesso rapporto contrattuale che avrebbe per suo oggetto la prestazione divenuta impossibile. Le conseguenze economiche del fatto estraneo dal quale dipende l’impossibilitĂ  della prestazione ricadono sopra il debitore che doveva eseguire la prestazione. L’impossibilitĂ  sopravvenuta, che ha estinto l’obbligazione impossibile, è causa di risoluzione anche dell’altra. Rispetto al contratto unilaterale è giusto che il rischio sia tutto a carico del creditore che perde il diritto alla prestazione: si tratta di estinzione dell’obbligazione unilaterale. Nei contratti che trasferiscono la proprietĂ  la conseguenza dannosa di un caso fortuito è subita direttamente da colui che ha acquistato il diritto. La risoluzione per eccessiva onerositĂ : la rescissione per lesione ultra dimidium costituisce un rimedio per i piĂš gravi squilibri economici nella conclusione del contratto, quando una parte abusi dello stato di bisogno di un’altra. Vediamo ora il diverso rimedio della risoluzione per i contratti destinati ad avere efficacia nel tempo futuro quando l’obbligo di una prestazione, assunto 25/40
  • 26. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland contrattualmente, sia divenuto troppo oneroso per il sopravvenire di avvenimenti straordinari e imprevedibili, quando cioè il rapporto tra le prestazioni nel momento dell’esecuzione si trovi sproporzionato rispetto a quello che era il rapporto nel momento della conclusione del contratto (art. 1467). Il rimedio della rescissione è un provvedimento che va contro e oltre il risultato dell’accordo stabilito dalle parti. Queste sopravvenienze contrattuali trovano un riconoscimento limitato al verificarsi di eventi che siano insieme straordinari e imprevedibili. La risoluzione ha effetto relativamente alle sole prestazioni troppo onerose ancora da eseguire. Il rimedio viene escluso per i contratti aleatori (art. 1468). Anche per i contratti unilaterali è prevista la possibilitĂ  di ottenere una revisione. La risoluzione del contratto a prestazioni corrispettive può essere evitata dalla controparte interessata con l’offerta di modificare equamente le clausole del contratto al fine di eliminare la sopravvenuta onerositĂ . La sentenza di risoluzione produce gli stessi effetti, sia tra le parti, sia di fronte a terzi, che sono indicati dall’art. 1458 per la risoluzione da inadempimento. SEZ. XI - VARIE FONTI DI OBBLIGAZIONI NON CONTRATTUALI DA ATTO LECITO La promessa unilaterale: non è un tipo generico di fonte di obbligazione (art. 1987) Art. 1334: “gli atti unilaterali producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati”. La promessa di pagamento e la ricognizione di debito (art. 1988) sono promesse obbligatorie non titolate. La promessa di pagamento non è una promessa costitutiva di un nuovo debito, ma è la conferma di un precedente impegno. L’impegno precedente troverĂ  la sua fonte causale in un contratto o in un’altra fonte di obbligazione; si parla quindi di astrazione processuale dalla causa, nel senso che questi negozi sono fatti valere senza bisogno di invocare il titolo che ne è alla base, con inversione dell’onere della prova è sempre riconosciuta al debitore convenuto in giudizio la facoltĂ  di invocare la mancanza o i difetti del rapporto fondamentale. La promessa al pubblico: colui che promette è vincolato dalla promessa appena è resa pubblica (art. 1989). E’ una promessa di una prestazione unilaterale che si farĂ  in una determinata circostanza, senza che sia necessaria la formazione di un contratto; mentre l’offerta al pubblico è invece la proposta in incertam personam a concludere un contratto, ed è sempre revocabile purchĂŠ la revoca abbia la stessa pubblicitĂ  dell’offerta; la promessa conserva efficacia per un anno (art. 1989) e prima della scadenza non può essere revocata senza una giusta causa (art. 1990). La gestione degli affari altrui: a nessuno è lecito ingerirsi nell’altrui sfera di interessi, tranne in alcuni casi nei quali l’intervento, pur senza incarico da parte del dominus, si manifesta vantaggioso. La liceitĂ  di quest’intervento è subordinata ad alcuni presupposti: 26/40
  • 27. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland 1) l’affare deve essere utiliter coeptum; 2) non deve essere iniziato contro la volontĂ  del dominus; 3) il gestore deve avere coscienza che si tratta di affare altrui; 4) deve trattarsi di attivitĂ  illecita; 5) è necessaria la capacitĂ  d’agire del gestore (art. 2029). La gestione può essere semplice, quando si agisce in nome proprio nell’interesse altrui, o rappresentativa, quando si agisce direttamente in nome del dominus. Mandato preventivo, ratifica successiva, per volontĂ  dell’interessato, e gestione di negozio, per forza di legge, producono per il dominus gli stessi effetti. Il gestore è obbligato a continuare la gestione e condurre l’affare iniziato fino al suo compimento (art. 2028). Il dominus, invece, deve adempiere le obbligazioni sorte in nome suo o tenere indenne il gestore delle obbligazioni da questi assunte e deve corrispondere al gestore il rimborso di tutte le spese piĂš gli interesse (art. 2031). Indebito oggettivo: si ha quando l’accipiens non era creditore, ad es. quando chi deve paga a chi non ha alcun credito; cioè l’accipiens riceve un arricchimento in senso assoluto perchĂŠ il credito non esisteva. Come conseguenza è dovuta la restituzione (art. 2033). Indebito soggettivo: si ha quando il solvens non era debitore, ad es. quando chi nulla deve paga a chi è creditore di un terzo; cioè il credito esisteva, ma chi ha pagato non era debitore. Come conseguenza l’obbligo di restituzione viene meno quando l’accipiens, ricevendo il pagamento, si è privato in buona fede del titolo o delle garanzie del credito (art. 2036). Azione generale di arricchimento (art. 2041): ha azione generale perchĂŠ i fatti che la legittimano sono atipici e potenzialmente illimitati, ha inoltre natura di rimedio sussidiario; punto di partenza non è tanto l’arricchimento, quanto l’impoverimento che si vuole evitare, ed equamente lo si evita sottraendo il corrispondente vantaggio a chi lo ha conseguito senza causa. Non è proponibile quando il danneggiato possa esercitare un’altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subito. 27/40
  • 28. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland CAPO VIII I PRINCIPALI CONTRATTI NOMINATI SEZ. I - CONTRATTI DI ALIENAZIONE DEI BENI La compravendita: scambio del bene con il pagamento del prezzo in denaro. Art. 1470: “la vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietĂ  di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo”. Alienazioni di proprietĂ  si attuano anche attraverso, ad es., la permuta (manca il prezzo), la donazione (manca il corrispettivo), il mutuo (si assume l’obbligo di restituire il tantundem). Vendita e rispettiva compera formano un contratto sinallagmatico, alle obbligazioni del venditore corrispondono opposte obbligazioni del compratore. La vendita è un tipico contratto consensuale, perchĂŠ si perfeziona con il semplice consenso delle parti; ha efficacia traslativa, perchĂŠ il diritto passa immediatamente dal venditore al compratore; può essere perfetta anche senza il pagamento di un prezzo o senza il trasferimento materiale del possesso della cosa venduta. Gli elementi essenziali sono: consenso, che presuppone la capacitĂ  dei contraenti, la cosa e il prezzo. Ci possono essere particolari divieti a comprare stabiliti dalla legge: ad es. gli amministratori non possono acquistare i beni dei loro amministrati (art. 1471). La vendita non richiede di regola forme determinate, se si eccettua la vendita di beni immobili, per la quale è richiesto ad substantiam l’atto scritto (art. 1350). L’accordo deve essere sulla cosa, sul prezzo e sul trasferimento del diritto. Oggetto della compravendita: la cosa venduta può essere un bene materiale o un diritto. Nella vendita di immobili la legge distingue il contratto a misura - il immobile è venduto con l’indicazione della sua misura e per un prezzo stabilito per ogni unitĂ  - dal contratto a corpo, che si ha quando il bene è venduto come unitĂ  a sĂŠ per un prezzo globale. L’ereditĂ  some complesso di diritti è alienabile solo dopo l’apertura della successione, perchĂŠ qualsiasi contrattazione su di una futura ereditĂ  violerebbe l’inderogabile divieto dei patti successori; l’oggetto di tale vendita è la generalitĂ  dei diritti e obblighi ereditari di carattere patrimoniale; questa richiede sempre la forma scritta (art. 1543) ad substantiam. La compravendita di cosa generica è valida anche se fatta allo scoperto; cioè il venditore si impegna efficacemente anche se non ha la disponibilitĂ  dei beni venduti. La vendita di cosa specifica presuppone di regola l’esistenza dell’oggetto al momento del contratto e la sua disponibilitĂ . La vendita di cosa futura è attuabile e l’acquisto della relativa proprietĂ  si verifica quando la cosa viene ad esistenza. La vendita di cosa altrui è valida - intesa come cosciente accordo di negoziare un bene non a disposizione del venditore - e vincolante, anche se non immediatamente efficace rispetto al passaggio della proprietĂ  del bene; il venditore deve procurare 28/40
  • 29. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland l’acquisto della cosa per il compratore (art. 1476): in caso di mancato acquisto è tenuto ad un risarcimento. Il prezzo: è quantificato in moneta, è elemento essenziale della vendita, deve essere vero e certo. La sua fissazione è demandata, in genere, alla volontĂ  delle parti, ma può anche essere fatta da un terzo arbitratore, che può essere nominato dal presidente del tribunale. Obblighi del venditore (art. 1476): nella vendita con efficacia reale il venditore deve consegnare la cosa; nella vendita obbligatoria, invece, il venditore deve fare acquistare al compratore la proprietĂ  della cosa; deve inoltre garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa. Art. 1510: “in mancanza di patto speciale e di usi contrari, la consegna deve avvenire nel luogo dove il venditore aveva il domicilio, ovvero nel luogo dove la cosa si trovava al momento del contratto”. Evizione: si ha quando il compratore è privato del diritto sul bene acquistato, in conseguenza di una pronunzia giudiziaria che accerta un difetto - anteriore alla vendita - nel diritto del dante causa. Si distinguono tre momenti: A) pericolo di evizione: se vi è pericolo di rivendica della cosa acquistata, il compratore può sospendere il pagamento del prezzo ancora dovuto (art. 1481); B) evizione minacciata: il venditore è implicato nel giudizio petitorio instaurato contro il compratore, attuale possessore e pertanto il compratore deve chiamare in causa il suo autore; C) evizione compiuta: è tale solo con il passaggio in giudicato della sentenza a favore del terzo, il venditore deve tenere sollevato il compratore e deve restituire il prezzo pagato, rimborsare le spese fatte e risarcire il danno (art. 1483). Vizi e mancanza di qualitĂ  nella cosa venduta: il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano idonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore (art. 1490).Il contenuto di questa garanzia riguarda i vizi della cosa nella sia entitĂ  materiale o nella sua funzione. Si parla di vizi occulti, perchĂŠ la garanzia non è dovuta se i vizi erano conosciuti dal compratore o erano facilmente riconoscibili (art. 1491). La garanzia è dovuta per legge, e il patto che la esclude non vale se il venditore ha taciuto in mala fede i vizi della cosa (art. 1490); in tal caso il compratore della cosa viziata può scegliere due forme di risoluzione: la redibitoria, con la quale si richiede la restituzione del prezzo, e la estimatoria, con la quale il compratore chiede una riduzione del prezzo. Il venditore oltre a restituire il prezzo o una parte di esso è tenuto in ogni caso a risarcire i danni quando non prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa (art. 1494). L’esercizio delle azioni edilizie è sottoposto a termini rigorosi, di decadenza e di 29/40
  • 30. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland prescrizione. C’è un termine di decadenza, di otto giorni dalla scoperta, per la denunzia dei vizi al venditore, e un termine di prescrizione, di un anno dalla consegna, per l’esercizio dell’azione relativa. Conseguenze analoghe ai vizi si hanno riguardo alla mancanza delle qualitĂ  promesse o delle qualitĂ  essenziali per l’uso a cui la cosa è destinata (ossia la mancanza di qualitĂ  inerente alla natura della merce concerne quegli elementi sostanziali che influiscono sulla classificazione in una categoria piuttosto che in un’altra). In questi casi il contratto è sottoposto a risoluzione, che va regolata secondo le norme della risoluzione per inadempimento; ma l’azione è soggetta alla stessa decadenza e alla stessa prescrizione previste per la redibitoria (art. 1497). Se il venditore ha garantito il buon funzionamento della cosa mobile, il termine di decadenza per la denunzia è di trenta giorni dalla scoperta, e quello di prescrizione è di sei mesi, sempre dalla scoperta (art. 1512) Altro caso è quello nel quale sia stata consegnata una cosa diversa da quella pattuita; l’azione contrattuale sarĂ  sottoposta alle regole generali della risoluzione per inadempimento. Il compratore avrĂ  tutte le azioni contrattuali di nullitĂ  e di annullamento. Obblighi del compratore: l’obbligo principale è di pagare il prezzo (art. 1498). A carico del compratore sono pure le spese della vendita e le altre accessorie (art. 1475) salvo patto contrario. Il prezzo della vendita va pagato nel termine e nel luogo fissati dal contratto. Se non c’è un patto speciale, il pagamento va fatto nel luogo e nel momento della consegna. Quando è stabilito un momento diverso, senza che sia determinato il luogo, il prezzo va pagato al domicilio del venditore (art. 1498) in quanto debiti portabili. Quando la cosa venduta produce frutti o altri proventi, il compratore deve pagare al venditore gli interesse dal giorno del contratto sulla somma dovuta, anche se questa non sia esigibile (art. 1499). Se non c’è un termine espressamente stabilito a favore di uno dei contraenti, le prestazioni sinallagmatiche devono avvenire simultaneamente. Conseguenze particolari dell’inadempimento nella compravendita di cose mobili: se il compratore non si presenta per ricevere la cosa acquistata, il venditore può depositarla in un luogo di pubblico deposito, per conto e a spese dell’acquirente, dandogliene sollecito avviso (art. 1514). L’inadempimento di una delle due parti offre fondamento alla risoluzione di diritto, che si attua rapidamente con mezzi assai semplici: la risoluzione è piĂš che altro un mezzo difensivo. La risoluzione avviene di diritto, sia a vantaggio del venditore, sia a vantaggio del compratore, quando una delle parti abbia fatto l’offerta della propria prestazione e l’altra parte lasci poi scadere il termine senza adempiere. La risoluzione avviene ipso iure, purchĂŠ entro otto giorni dalla scadenza l’interessato comunichi all’inadempiente che intende valersi della risoluzione legale (art. 1517). E’ prevista in alcuni casi una esecuzione in forma specifica per riparare in concreto alle conseguenze dell’inadempimento del compratore o del venditore. 30/40
  • 31. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland Quando il compratore non paga il prezzo si può avere la vendita coattiva, che consiste nel diritto che il venditore ha di far vendere la cosa ai pubblici incanti o al prezzo corrente se si tratta di merce che ha un prezzo corrente, sempre per mezzo di persona autorizzata. Il venditore ha poi diritto alla differenza tra il prezzo convenuto e il ricavato netto della vendita, oltre al risarcimento di un eventuale maggior danno (art. 1515). La compera coattiva, o in danno, per inadempimento del venditore che non consegna la cosa, è ammessa purchĂŠ si tratti di cose fungibili, aventi prezzo di mercato. Il compratore ha diritto di ricevere la differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo stabilito nel contratto ineseguito, oltre al risarcimento dell’eventuale danno (art. 1516). Come ulteriore mezzo di difesa del venditore che abbia effettuato una vendita a pronti contanti, consegnando la cosa senza ricevere la controprestazione, la legge gli consente di riprendere il possesso del bene (c.d. rivendicazione del venditore): egli viene reintegrato nello stato anteriore al suo spossessamento per poter meglio far valere i suoi diritti, purchè la domanda sia proposta entro quindici giorni dalla consegna e la cosa si trovi inalterata presso il compratore debitore (art. 1519). Il patto di riscatto e di riservato dominio: tra i patti che i contraenti hanno facoltĂ  di inserire nella compravendita sono due i piĂš importanti.  Patto di riscatto: la vendita produce immediato effetto traslativo, ma è previsto il ritorno della proprietĂ  al venditore; con questo il venditore si riserva il diritto di riavere la proprietĂ  della cosa venduta mediante la restituzione del prezzo e rimborsando le spese fatte dal compratore; l’esercizio del riscatto non dipende però dal solo atto di volontĂ  del venditore; per l’efficacia della dichiarazione è necessario che essa sia accompagnata dal versamento di tutte le somme liquide che il venditore deve restituire a norma dell’art. 1503.; il diritto di riscatto può essere esercitato entro il termine massimo di due anni per i beni mobili e di cinque per gli immobili, si possono stabilire termini piĂš brevi (art. 1501); il riscatto ha efficacia reale e retroattiva..  Patto di riservato dominio: il definitivo trasferimento della proprietĂ  è rinviato nel tempo subordinatamente all’adempimento della prestazione del compratore; è una forma particolare di vendita nella quale l’effetto traslativo rimane strettamente collegato all’effettivo adempimento della controparte; pagato tutto il prezzo la proprietĂ  passa ipso facto. Altre norme di legge tendono a impedire che il patto assuma carattere usuraio recando un ingiustificato arricchimento, cosĂŹ il mancato pagamento di una sola rata, che non superi l’ottava parte del prezzo, non dĂ  diritto alla risoluzione del contratto, nonostante l’eventuale patto espresso (art. 1525). Patto di retrovendita: in forza di questo le parti non prevedono la risoluzione della primitiva vendita, ma si impegnano a fare eventualmente una nuova vendita in senso inverso: deve cioè intervenire anche il consenso del compratore. 31/40
  • 32. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland Altre clausole o patti aggiunti e forme speciali di vendita:  patto di prelazione: consiste nella facoltĂ  che il venditore si riserva, qualora il compratore decida di rivendere la cosa, di ricomprarla, a paritĂ  di condizioni; ha efficacia obbligatoria, vincolando personalmente il solo contraente;  vendita con riserva di gradimento: è in sostanza una forma di opzione, per la quale il solo venditore rimane vincolato, mentre l’obbligo del compratore è sottoposto alla condizione meramente potestativa si volam;  vendita a prova (art. 1521): il contratto è vincolante per entrambe le parti, purchĂŠ però la cosa abbia le qualitĂ  pattuite o sia idonea all’uso cui è destinata, in caso di contestazione si ricorrerĂ  ad un perito;  vendita di massa: ha per oggetto un gruppo di cose, il trasferimento è immediato, anche se il prezzo totale al momento della conclusione non è dato determinante. La permuta: è il nome giuridico del baratto, in luogo del pagamento di un prezzo, come nella vendita, si ha il reciproco trasferimento della proprietĂ  di cose o di diritti dall’uno all’altro contraente (art. 1552). Art. 1559: “la somministrazione è i contratto con il quale una parte, si obbliga verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore di un’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose”. SEZ. II - CONTRATTI DI LOCAZIONE E DI PRESTITO La locazione: la locazione di beni mobili si suole chiamare nolo o noleggio. Si distingue la locazione ordinaria, nella quale il godimento delle cose non esige l’attivitĂ  del soggetto che ne riceve l’uso, dal contratto che ha per oggetto beni produttivi, chiamato affitto. E’ un contratto consensuale, oltre ad essere un contratto obbligatorio, dato che ne nasce un vincolo tra i soggetti. E’ un contratto sinallagmatico in quanto le due parti, il locatore e il conduttore, assumono l’obbligo di prestazioni corrispettive. Non c’è locazione se non c’è prezzo. Il corrispettivo, che si paga periodicamente, è chiamato anche pigione (per le case) o fitto (per i beni produttivi). Per la durata del rapporto contrattuale di locazione prevede un limite massimo e una durata minima. Quando nel contratto è fissato un termine, il rapporto di locazione non cessa con lo spirare del tempo se una delle parti non comunica tempestivamente la disdetta. La locazione superiore ai nove anni è atto eccedente l’ordinaria amministrazione (art. 1572), per cui il relativo contratto, se riguarda beni immobili, richiede la forma scritta (art. 1350) e la trascrizione (art. 2643). Il contratto di locazione dev’essere rispettato, di regola, anche dall’acquirente del bene locato; quest’ultimo subentra in tutto il rapporto obbligatorio cosĂŹ com’era, cioè nei diritti e negli obblighi derivanti dal contratto di locazione (art. 1602), si ha quindi una successione ex lege nel contratto. 32/40
  • 33. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland Come contratto a prestazioni corrispettive, la locazione è sottoposta a norme sulla cessione del contratto: con il consenso della controparte un diverso soggetto si sostituisce a uno dei contraenti originari, rimanendo invariato il contenuto del rapporto. Diverso è il subcontratto o sublocazione, con la quale si crea un nuovo rapporto tra il conduttore e un terzo. Obblighi del locatore:  deve consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione (art. 1578);  deve mantenere la cosa in buono stato locativo e deve eseguire le riparazioni necessarie, ma non quelle di piccola manutenzione, che sono a carico del conduttore;  deve garantire il pacifico godimento della cosa durante la locazione. Obblighi del conduttore:  deve prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l’uso determinato;  deve pagare il corrispettivo secondo i termini convenuti. Art. 1592: “il conduttore non ha diritto a indennitĂ  per i miglioramenti”, al contrario dell’usufruttuario. Le addizioni: si distinguono dai miglioramenti perchĂŠ sono dei miglioramenti estrinsechi, delle aggiunte; se sono separabili, il conduttore ha un ius tollendi, purchĂŠ il locatore non preferisca esercitare il suo ius retinendi, nel qual caso deve dare un indennizzo nella misura della minor somma tra l’importo della spesa e il valore attuale delle addizioni. La locazione di case: durata minima di 4 anni per le abitazioni, di 6 per gli immobili adibiti ad uso diverso dall’abitazione e di 9 per gli alberghi. E’ vietata la sublocazione di tutto il bene locato ad usi abitativi; la sublocazione parziale è invece ammessa. L’affitto: le norme che regolano l’affitto, cioè la locazione di beni produttivi per l’esercizio di un’attivitĂ  del conduttore, dovrebbero in tesi essere ispirate al criterio di facilitare la produttivitĂ  dei beni anche nel pubblico interesse, questa esigenza va comunque contemperata con la moderna legislazione in favore dei prestatori di lavoro. La legge non consente il subaffitto senza il consenso del locatore (art. 1624). L’affitto di fondi rustici: si distinguono due tipi:  affitto a coltivatore diretto: per coltivatori diretti si intendono tutti coloro che coltivano il fondo con il lavoro proprio e della propria famiglia; per la durata si ha un minimo di 15 anni, 6 anni per l’affitto particellare per quei terreni classificati come montani che non costituiscono da soli unitĂ  produttiva; per i miglioramenti, la facoltĂ  di eseguirli è di entrambe le parti; è vietato il subaffitto;  affitto a conduttore non coltivatore: la durata minima è di 15 anni; è un contratto 33/40
  • 34. Appunti di Diritto privato Visto su: Profland commutativo; il prezzo è determinato e corrisposto in denaro. Leasing: locazione con facoltĂ  di comprare, consiste nella concessione in uso di beni. Molto diffuso nel mercato finanziario. Può essere:  operativo: si guarda allo scopo perseguito dal produttore di beni per distribuirli agli utilizzatori;  finanziari: si guarda piĂš allo scopo perseguito dall’utilizzatore per ottenere il finanziamento per l’acquisto di beni strumentali senza versare subito il prezzo, ma un canone periodico. Alla scadenza del contratto l’utilizzatore può: restituire il bene, acquistarlo, rinnovare il contratto. Il comodato: è il contratto con il quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinchĂŠ se ne serva per un tempo o per un uso determinato con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta; è essenzialmente gratuito (art. 1803). E’ un contratto unilaterale perchĂŠ ne sorge il solo obbligo di restituire lo stesso bene ricevuto. Il comodatario deve custodire il bene con la diligenza del buon padre di famiglia. E’ vietato il subcomodato. Il comodatario ha diritto al risarcimento dei danni che gli siano arrecati dalla cosa ricevuta, qualora il comodante, a conoscenza del vizio, non lo abbia avvertito. La cosa comodata deve essere restituita quando, ad es., scade il temine del prestito o in caso di morte del comodatario. Il mutuo: detto anche prestito di consumazione perchĂŠ la cosa data a prestito passa in proprietĂ  del mutuatario, con facoltĂ  di consumarla a piacimento, con l’obbligo di restituire la stessa quantitĂ  dello stesso genere e della stessa qualitĂ  del bene ricevuto. E’ un contratto reale. Sono oggetto del contratto beni fungibili e consumabili. E’ un contratto traslativo. Si applica la risoluzione per inadempimento. Se è di danaro è un contratto a titolo oneroso, gli interessi dovuti sono quelli legali del dieci per cento, a meno che non sia stato convenuto un tasso diverso. Il termine per la restituzione, fissato nel contratto, si presume stipulato a favore di entrambe le parti. Art. 1813: “il mutuo è il contratto con il quale una parte consegna all’altra una determinata quantitĂ  di denaro e di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità”. SEZ. III - CONTRATTI DI PRESTAZIONE DI SERVIGI Il contratto d’opera: riguarda l’impiego del lavoro di colui che assume l’impegno, o dei suoi dipendenti. La prestazione è sempre il risultato. Il rischio del risultato è sempre a carico del prestatore d’opera. Può concernere anche un servizio. Il corrispettivo può essere determinato dalle parti, dalle tariffe o dagli usi o anche, in mancanza, dal giudice. L’opera è valutata nel suo complesso. Se muore il prestatore dell’opera il rapporto si estingue. Nelle professioni intellettuali i professionisti hanno 34/40