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Appunti di Economia degli
 Intermediari Finanziari:
  il Sistema Finanziario




  Autori: Profman, Tytty, Gio, Barby
Appunti di
Economia degli Intermediari Finanziari                                   Visto su: www.profland.altervista.org




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Capitolo 1
IL SISTEMA FINANZIARIO

1. Il sistema finanziario
È una struttura fondamentale dell’economia reale poiché ne migliora sostanzialmente il
funzionamento, l’efficienza e, in definitiva, la capacità di produrre ricchezza: in altre
parole è quella struttura attraverso cui si svolge l’attività finanziaria, cioè la produzione e
l’offerta di servizi finanziari; infatti è l’insieme organizzato di mercati, intermediari
finanziari e strumenti finanziari. Questi ultimi sono una particolare categoria di contratti
aventi per oggetto diritti e prestazioni di natura finanziaria, negoziati in mercati
specializzati (mercati finanziari). Gli intermediari finanziari sono una speciale classe di
imprese che svolgono essenzialmente attività finanziaria, basata cioè sulla negoziazione
di strumenti finanziari e sull’offerta di servizi connessi con la circolazione degli strumenti
stessi. Il funzionamento avviene attraverso regole e controlli, conseguentemente quindi
la quarta componente della struttura è costituita dalle autorità di vigilanza.

2. Le funzioni del sistema finanziario
Il sistema finanziario realizza, attraverso produzione ed offerta di servizi finanziari, 3
fondamentali processi del finanziamento di un’economia moderna.

L’offerta di strumenti di regolamento degli scambi
Un sistema che basa la sua funzionalità sulla specializzazione e sulle diverse possibilità di
posizioni, deve disporre di meccanismi di scambio – e di regolamento degli scambi –
molto sviluppati ed efficienti. Il progresso è legato al fatto che la moneta accresce l’area
di scambio: aumenta la possibilità di contropartita, si riducono i costi, si limitano i rischi.
Non è più necessario produrre per esigenze di autocomsumo, ma si può produrre per il
mercato, sfruttando i vantaggi della specializzazione.
L’evoluzione storica della moneta accompagna tale specializzazione: si è passati dalla
“moneta merce” (valore intrinseco, ad es. monete in metallo prezioso) alla “moneta
segno” (valore in termini nominali), dalla “moneta bancaria” alla “moneta elettronica”.
Questa evoluzione è dipesa dalla ricerca di nuovi mezzi di pagamento idonei a ridurre il
costo delle transazioni e a renderne meno rischioso il regolamento.

L’accumulazione del risparmio ed il finanziamento degli investimenti: il trasferimento delle risorse
finanziarie
La crescita di un sistema economico è basata sul volume e sulla natura degli investimenti
realizzati in un determinato arco temporale. Il volume è condizionato dalla capacità di
accumulazione del risparmio, mentre la natura dipende dalle scelte di allocazione dello
stesso investimento in forma finanziaria. Accumulazione e allocazione del risparmio
presuppongono che il sistema crei le condizioni più favorevoli: alle decisioni di risparmio
dei soggetti con surplus di reddito sui consumi; alle decisioni di investimento del
risparmio; alle decisioni di finanziamento dei soggetti in deficit.
Per “condizioni più favorevoli” s’intende l’offerta – ai risparmiatori e utilizzatori finali
delle risorse finanziarie – di incentivi più forti soprattutto perché si attivino circuiti di
trasferimento che finanzino gli investimenti con maggiore redditività attesa, dato un
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certo livello di rischio (inteso come grado di incertezza su rendimento futuro di un
investimento).
Anche in questi tipi di trasferimenti esistono 2 tipologie di soggetti opposti: una parte (i
risparmiatori) dispone al presente di “potere d’acquisto” in eccesso ed è disposta a
scambiarlo con “potere d’acquisto futuro” (a patto che ci siano adeguati termini
contrattuali e che ne derivi un vantaggio economico dato dal rendimento), un’altra parte
ha al presente un deficit di “potere d’acquisto” che risolve attraverso contratti di
finanziamento per poter effettuare investimenti reali di ammontare superiore
all’autofinanziamento disponibile o per anticipare consumi rispetto all’attuale capacità di
spesa.
Il trasferimento delle risorse tra questi soggetti richiede che ci sia un certo grado di
finanziarizzazione dell’economia, ossia la possibilità di incorporare il reddito non
consumato e la ricchezza accumulata in contratti che rappresentino:
- per il creditore: una forma di investimento finanziario;
- per il debitore: una raccolta di risorse finanziarie aggiuntive.
La finanziarizzazione produce 2 risultati fondamentali per l’organizzazione dell’attività
economica:
- la ricchezza reale: se rappresentata da strumenti finanziari, ha un più alto grado di
    liquidità e trasferibilità;
- i soggetti con funzione di investimento reale: possono mobilitare risorse finanziarie
    ben oltre la capacità individuale.
Una prima difficoltà è rappresentata dall’alto costo nella ricerca diretta della controparte
e da un’incertezza sull’esito finale altrettanto elevata; una seconda sta nella ricerca del
risultato desiderato, ossia nel livello di rischio incorporato nell’accordo: si tratta infatti di
accordi a prestazioni differite.
Il sistema finanziario opera al fine di rendere funzionale ed efficiente il processo di
trasferimento delle risorse in diversi modi: come la definizione delle forme contrattuali,
la produzione di informazioni di prezzo, ecc. Ciò configura un meccanismo attraverso
cui si realizza un accentramento delle risorse proveniente da una moltitudine di
risparmiatori e la redistribuzione delle stesse tra i diversi possibili utilizzatori.

In tale ambito si inseriscono le funzioni del sistema finanziario. Un aspetto della natura
dell’attività finanziaria è la rischiosità e la richiesta di modalità operative che ne
favoriscano lo svolgimento. I fattori che favoriscono questo circuito sono in particolare
3, attraverso i quali si rafforza e si rende più efficiente il processo di trasferimento delle
risorse finanziarie.
- L’informazione: è importante per i risparmiatori conoscere il rischio inerente il
    rimborso alla scadenza. Bisogna avere informazioni accurate ex-ante sulla potenziale
    controparte per valutarne l’affidabilità, ma bisogna continuare a raccoglierle ex-post
    per monitorare l’utilizzo corretto dei fondi. Gli intermediari finanziari, insieme con i
    mercati organizzati, hanno la funzione di ridurre il gap di informazione cui è esposto
    il creditore e possono farlo in termini economicamente convenienti. Sono rilevanti 2
    contributi informativi:
    ~ quello che serve per la misurazione del rischio (selezionare ex-ante e monitorare
        ex-post);
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  ~ quello derivante dalla funzione di “informazione di prezzo” che consente
      un’allocazione decentrata, guidata da segnali di convenienza espressi attraverso la
      quotazione di strumenti finanziari (i contratti).
  Se si riassume il contenuto degli strumenti finanziari (profilo/rischio/rendimento), i
  contratti finanziari possono essere classificati lungo un’ideale curva di mercato in cui,
  per rischi crescenti, si hanno rendimenti attesi più alti. L’ampiezza delle forme
  contrattuali disponibili nel sistema finanziario facilita la copertura degli svariati
  schemi di preferenza di creditori e debitori: da quelli più avversi al rischio a quelli che
  ricercano un’alta esposizione.
- La liquidità: identifica la possibilità di smobilizzare l’investimento prima della data di
  rimborso contrattuale. Essa è dunque funzione della natura degli strumenti finanziari
  che possono essere negoziabili o non negoziabili (nel primo caso la liquidità deriva
  anche dalla possibilità di negoziare gli strumenti in un mercato); del tipo di strumento
  e, infine, della presenza di mercati organizzati in cui lo scambio può avvenire con
  costi di transazione molto bassi e prezzi trasparenti.
- La trasformazione del rischio: i creditori più avversi al rischio possono ritenere non
  finanziabile la parte più rischiosa dei prenditori di fondi, per ovviare a questa
  difficoltà, il sistema finanziario opera una trasformazione del rischio, ciò rende
  possibile che i creditori trovino una forma di impiego che soddisfi la bassa
  propensione al rischio e che i prenditori siano finanziabili nonostante presentino un
  rischio elevato o ricorrano a strumenti più rischiosi. Meccanismi attuabili sono:
  ~ assunzione di una parte del rischio del prenditore sul bilancio dell’intermediario
      (raccolta fondi a breve termine per finanziare prenditori di fondi rischiosi); vanno
      considerati due aspetti: la trasformazione delle scadenze, il minor rischio
      dell’intermediario rispetto ad un prenditore individuale;
  ~ possibilità di impiego del risparmio sotto forma di partecipazione ad un
      portafoglio di strumenti finanziari che comporta un rischio minore.

La gestione dei rischi
Il rischio è l’essenza dell’attività finanziaria. Tuttavia, il sistema svolge anche una
funzione di gestione dei rischi in forma più diretta di quanto non derivi dai fattori
informazione, estroversione del rischio, liquidità. Esistono 2 componenti essenziali.
- I contratti a termine: comprendono una vasta gamma di applicazioni: da quelli sulle
   merci a quelli su strumenti finanziari. La negoziabilità a termine delle merci è un
   modo per favorire gli scambi e soprattutto per gestire il rischio che un operatore
   affronta in relazione all’andamento futuro dei prezzi della merce stessa. Tale gestione
   del rischio può essere fatta in contratti a termine negoziati in mercati organizzati. Il
   collocamento in tali mercati ha anche la funzione di ridurre o limitare i costi di ricerca
   della controparte. I mercati a termine di strumenti finanziari sono una stretta
   derivazione del mercato delle merci: l’oggetto è il rischio nelle diverse forme
   dell’attività finanziaria, che può derivare ad un operatore dall’andamento futuro di
   una molteplicità di grandezze finanziarie (il cambio, il tasso d’interesse, il prezzo dei
   titoli, ecc.). Il profilo di rischio, assunto da una parte con un contratto base, può
   essere gestito attraverso l’emissione di contratti derivati che modifichino la posizione
   originaria.
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-   L’attività assicurativa: ha per oggetto la negoziazione dei c.d. rischi puri, che si
    manifestano cioè sottoforma di perdite o danni futuri e non determinati nel tempo e
    nella misura. La gestione dei rischi puri tramite una polizza assicurativa comporta il
    trasferimento del rischio ad un intermediario specializzato (compagnia di
    assicurazione): l’assicurato trasforma un evento futuro, dannoso ed incerto per gravità
    e frequenza, in costo certo (premio della polizza). La compagnia è in grado di far
    fronte ai suoi impegni di risarcimento con un processo di pooling, assumendo un
    numero alto e diversificato di rischi per il cui complesso è possibile prevedere
    frequenza e gravità dei danni. In termini più strettamente finanziari, il trasferimento
    del rischio puro ha come contropartita il pagamento di premi che vengono investiti in
    riserve (investimenti finanziari) da cui verranno prelevati i fondi necessari per
    compensare gli assicurati.

3. Natura e classificazione degli strumenti finanziari
Gli strumenti finanziari sono contratti che hanno per oggetto transazioni finanziarie,
classificati in base agli specifici profili contrattuali che corrispondono a funzioni diverse
e comportano rischi differenti.
- Natura del diritto oggetto del contratto:
   ~ partecipazione (ad es. azione),
   ~ credito (ad es. concessione di fondi),
   ~ impegno (ad es. futures o options).
- Negoziabilità:
   ~ strumenti negoziabili: la trasferibilità può essere vista come fatto tecnico o in un
       mercato,
   ~ strumenti non negoziabili: basati su un rapporto contrattuale fermo tra le parti
       fino alla scadenza.
- Liquidità: è funzione della convertibilità in moneta senza ritardo temporale e perdita
   in conto capitale; i fattori sono:
   ~ la scadenza,
   ~ la negoziabilità in un mercato.

4. La struttura del sistema finanziario
I mercati finanziari sono il luogo di scambio degli strumenti finanziari. Nei mercati
mobiliari si negoziano strumenti finanziari in forma di titoli mobiliari, ossia quelli
trasferibili nel corso della durata contrattuale.
Le funzioni dei mercati finanziari sono così riassumibili:
- finanziamento per gli emittenti del sistema finanziario,
- impiego di risorse finanziarie per gli investitori,
- gestione dei rischi per i soggetti esposti,
- negoziabilità degli strumenti,
- quotazione dei sistemi finanziari negoziati,
- controllo degli emittenti.
I mercati mobiliari invece si differenziano per:

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- classe di sistemi finanziari negoziati (mercato monetario: strumenti a breve termine;
    mercato dei capitali: azioni e obbligazioni; mercati derivati: futures ed options),
- dimensione geografica (nazionale, internazionale),
- natura istituzionale (regolamentati o non, pubblici o privati),
- struttura logistica (mercati fisici, mercati telematici, ecc.),
- procedure di negoziazione (asta, market making, ecc.).
Gli intermediari finanziari sono imprese specializzate:
- nella produzione di strumenti finanziari,
- nella loro negoziazione e nell’offerta di servizi di consulenza connessi.
Si classificano in:
- intermediari creditizi: caratterizzati dalla funzione creditizia dal lato dell’attivo e dal
    passivo c.d. nominalistico (banche);
- intermediari mobiliari: caratterizzati da una prevalente attività di negoziazione e di
    gestione; gli investitori istituzionali sono caratterizzati dall’attività principale di
    negoziazione delegata con tecniche “di portafoglio” e dal fatto di avere un passivo a
    valore di mercato;
- compagnie di assicurazione: caratterizzate dalla funzione di gestione dei rischi puri e da un
    collaterale circuito finanziario
- banca centrale: è una speciale figura di istituzione finanziaria, in quanto svolge una
    particolare forma di intermediazione finanziaria, anche se è prevalentemente da
    considerarsi come organo di controllo monetario dell’economia e di autorità.




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Capitolo 2
LA STRUTTURA FINANZIARIA DELL’ECONOMIA

1. Lo sviluppo dell’economia monetaria
La moneta può essere definita come qualsiasi mezzo generalmente accettato come
mezzo di pagamento. Economia monetaria è quindi un termine che si usa con
riferimento all’organizzazione di un sistema economico in cui gli scambi di beni e servizi
sono regolati attraverso la moneta: sia il consumatore finale sia le imprese sia il
contribuente pagano in moneta. Tutto ciò significa che ogni bene o servizio oggetto di
scambio ha un valore definito in un’unità monetaria che è la valuta del paese.
In uno stadio moderno dell’economia, l’utilizzo di nuovi strumenti di pagamento (carta
di credito, moneta elettronica) cresce progressivamente. In un’economia primitiva, gli
scambi erano basati sul baratto delle merci, cosa che richiedeva una doppia coincidenza
delle preferenze e dell’indivisibilità dei beni, comportando costi di ricerca elevati. La
soluzione è consistita nel fare in modo che i beni fossero scambiati a fronte di un
corrispettivo, facendo nascere la funzione di beni moneta, che diventavano cioè quella
che oggi si chiamerebbe “unità di conto”. Lo scambio regolato da un mezzo di
pagamento accrebbe le diverse possibilità dello stesso, il numero di fabbisogni
soddisfatti, il passaggio da un’economia di autocomsumo ad un economia di scambio,
quest’ultima a sua volta è il presupposto affinché le attività economiche possano essere
organizzate sfruttando il principio della specializzazione.
L’evoluzione della moneta è segnata fondamentalmente dal passaggio dalla moneta-
merce alla moneta-segno. Tale passaggio si ha allorché prende piede la possibilità di
sostituire la moneta-merce con titoli rappresentativi della stessa. Questa sostituzione si
verifica per ragioni pratiche: i mercanti del rinascimento trovavano più economico e
sicuro fare uso di certificati di deposito piuttosto che trasferire fisicamente la moneta
metallica. Il passaggio chiave si è avuto quando ci si rese conto che la circolazione di
certificati non richiedeva l’integrale copertura di moneta metallica. Per la banca non fu
quindi più necessario tenere una scorta di moneta legale pari all’ammontare dei depositi
(dato che non saranno ritirati mai tutti contemporaneamente).
L’evoluzione storica degli strumenti di pagamento è influenzata da alcuni fattori:
- il costo: ricerca di mezzi con costi di transazione sempre più bassi;
- il rischio: derivante dall’uso o dalla detenzione di un mezzo di pagamento;
- la funzionalità: capacità del mezzo monetario di rendere un servizio utile in termini di
    tempo di esecuzione, di affidabilità e di informazione.
La moneta svolge 3 funzioni differenti:
1. come mezzo di scambio;
2. come unità di conto (prezzi);
3. come riserva di valore (possibilità di riutilizzo).
In senso più restrittivo, la definizione di moneta comprende il circolante (cioè la moneta
legale) detenuto dal pubblico e i depositi monetari (emissione di assegni), in gergo è
l’aggregato M1.
Il secondo aggregato (M 2) è la somma tra M1 ed i depositi con scadenza a 2 anni, la
componente aggiunta è composta da quegli strumenti che non consentono al titolare un
diretto utilizzo come mezzo di pagamento, ma facilmente convertibili in moneta.
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Infine M3 è l’aggregato più esteso in quanto comprende anche i titoli di mercato
monetario, le quote di fondi comuni monetari, le obbligazioni fino a 2 anni di durata.
Uno dei tratti dell’innovazione finanziaria è di offrire strumenti sempre più efficaci nel
combinare liquidità e rendimento.
L’utilizzo della moneta nel regolamento degli scambi, comporta uno sdoppiamento dei
circuiti economici, ossia 2 flussi di segno opposto:
- quello dei beni/servizi dal venditore al compratore;
- quello della moneta dal compratore al venditore.
Produttori ed utilizzatori sono collegati da un duplice circuito (con valori equivalenti):
- uno reale: che può essere ulteriormente classificato in:
    ~ circuito dei beni/servizi: costituito dai prodotti venduti agli utilizzatori (flusso
       reale) e dai ricavi corrispondenti (flusso monetario),
    ~ circuito dei fattori produttivi: rappresentato dalle prestazioni di lavoro o dagli
       apporti di capitale (flusso reale) e dai redditi pagati come compenso delle
       prestazioni stesse (flusso monetario);
- uno monetario: dei prezzi (ricavi) e delle remunerazioni di lavoro e capitale.
Il prodotto finale (Y) può essere visto come somma del valore di beni/servizi destinati al
consumo (C) e del valore dei beni di investimento utilizzati nelle attività produttive (I):
                                           Y=C+I
La misura più comune è quella del PIL, ovvero di un aggregato rappresentativo della
produzione finale del paese e riferibile alle unità produttive operanti all’interno del paese.
Il reddito nazionale equivalente (Y) può essere visto nella sua ripartizione tra spesa per
consumi (C) e quota di reddito non consumata, cioè risparmio (S):
                                          Y=C+S
Il risparmio accumulato nel sistema è alla base delle spese di investimento. In economia
chiusa deve essere S = I. In economia aperta, la formazione del capitale si raccorda con
l’accumulazione di S con il saldo degli scambi del paese nei confronti dell’estero; ciò
significa che l’economia potrebbe avere un surplus di investimenti (I) rispetto al
risparmio disponibile (S), in tal caso la differenza sarà finanziata dal saldo negativo delle
partite correnti della bilancia commerciale (IMP>EXP), naturalmente vale il discorso
inverso.

2. La struttura finanziaria dell’economia
Ogni soggetto (famiglia, impresa o ente pubblico), in un dato periodo di tempo, presenta
un equilibrio economico espresso dalla differenza tra ricavi (entrate) e costi (uscite). Tale
differenza, se positiva, misura il risparmio. Oltre al conto economico, si può avere un
quadro completo anche attraverso la situazione patrimoniale, dove il patrimonio netto è
la voce di collegamento al conto economico in quanto in esso confluiscono i risultati
d’esercizio. Emergono qui i concetti di stock e flusso. Il risparmio è una variabile flusso,
ci registra la dimensione di un fenomeno in un determinato periodo di tempo. Il
patrimonio è una variabile stock, cioè la misura di un fenomeno in un dato momento.
Il comportamento di ogni unità economica sarà quindi caratterizzata, oltre che da
accumulazione di ricchezza (PN), da investimenti in attività reali e da investimenti sotto
forma di crediti. Il finanziamento di queste 2 classi può farsi anche ricorrendo al debito.

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Si introduce così, il concetto di attività e passività finanziarie, a cui si associa la
definizione di strumento finanziario, che assume per l’investitore, la natura di attività
finanziaria (Af), in quanto egli vanta un diritto nei confronti del reddito e della ricchezza
presenti e futuri dell’emittente (debitore) dello strumento finanziario.
Il concetto di passività finanziaria (Pf) è speculare a quello di attività, che, dal lato
dell’emittente, rappresenta un impegno patrimoniale.
La moneta è un’Af speciale, caratterizzata dalla sua diffusa accettazione come mezzo di
pagamento. Si può riferire ad un credito verso la Banca Centrale (moneta legale) o come
un credito verso una banca (moneta bancaria).
Le attività reali (Ar) sono beni con valore intrinseco, dato che possono produrre servizi
di utilità reale e immediata per il possessore. Le Af non hanno un valore intrinseco, ma
rappresentano beni reali e sono facilmente trasferibili (al contrario delle Ar); inoltre
generano redditi per il possessore, ma per l’economia non corrispondono a produzione
di beni/sevizi. In pratica rappresentano un modo poco costoso di mantenere/trasferire i
diritti sulla ricchezza e sul reddito. Se i mercati finanziari sono ben funzionanti, con la
rappresentazione della ricchezza reale nelle Af, si può sviluppare il processo allocativo
delle risorse.

   Ricchezza finanziaria          Stock di attività finanziarie detenute (Af)
   Ricchezza finanziaria netta    Ricchezza finanziaria al netto delle passività finanziaria (Af – Pf)
   Ricchezza reale                Stock di attività reale in essere (Ar)
   Ricchezza reale netta          Stock di investimenti reali al netto dei fondi di ammortamento
   Ricchezza totale lorda         Ricchezza finanziaria + Ricchezza reale
   Ricchezza totale netta         Ricchezza finanziaria netta + Ricchezza reale netta

Il concetto di saldo finanziario
L’equilibrio patrimoniale con grandezze stock può essere trasformato in uno schema
fonti ed usi dei fondi, che consente un’analisi più efficace del comportamento finanziario
delle unità economiche. La rappresentazione è semplificata dal fatto che si considera
solo la possibilità di variazione “netta” delle posizioni di stock. Il vincolo contabile
dell’uguaglianza tra fonti ed usi di fondi è:
                                      I + ∆Af = ∆Pf + S
Il saldo finanziario (Sf) di un’unità economica sarà definito come divario tra S ed I:
                                           Sf = S - I
così da misurare l’eccedenza (Sf > 0) o il deficit (Sf < 0) di risorse a fronte dei fabbisogni
per investimenti. La qualifica di finanziario si riferisce al fatto che un Sf > 0 comporta
necessariamente un riequilibrio “fonti-usi”, attraverso nuovi investimenti in Af; un Sf <
0 comporta un ricorso a nuova Pf. Si ha quindi:
                                        Sf = ∆Af - ∆Pf
che misura l’equilibrio tra disponibilità di risorse (S) ed utilizzo delle stesse (I reali). Ciò
può essere visto sia come equilibrio tra grandezze reali (S e I), sia come equilibrio
speculare tra grandezze finanziarie (flussi di Af e Pf).




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I settori istituzionali
Per poter analizzare il comportamento di unità economiche è necessario semplificare,
rappresentando l’economia attraverso pochi soggetti: aggregati in classi per omogeneità
di comportamento, e che manifestano autonomia e capacità di decisione in campo
economico-finanziario;
1. società non finanziarie: società e quasi-società private e pubbliche (aziende autonome,
     Ferrovie dello Stato);
2. società finanziarie: articolate in 4 settori: istituzioni monetarie finanziarie (Banca
     d’Italia e altre), altri intermediari finanziari (sim, fondi comuni), ausiliari finanziari
     (autorità di controllo), imprese di assicurazione e fondi pensione;
3. amministrazioni pubbliche: articolate in 3 sottosettori: amministrazioni centrali,
     amministrazioni locali, enti di previdenza e assistenza;
4. famiglia e istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie;
5. resto del mondo.

La matrice fonti e usi di fondi
È un modo efficace di rappresentare la rete di relazioni reali (S e I) e finanziarie (Af, Pf e
struttura Sf). È divisa in 3 sezioni per i diversi settori indicati nelle diverse colonne.
Nella I sezione c’è la distribuzione del risparmio e degli investimenti per settori.
La II sezione riporta (analogamente per ogni settore) le variazioni di Af e Pf; dato il
vincolo contabile la differenza ∆Af - ∆Pf compensa il Sf (S – I).
La III sezione entra nel dettaglio della composizione degli aggregati Af e Pf: per ogni
strumento finanziario, sulle righe compaiono le variazioni nelle posizioni di debito
(emittenti) e di credito (detentori), quindi una sorta di “movimentazione” che lo
strumento ha avuto nell’intervallo. Leggendo in verticale (quindi per settore), si possono
ricavare sia la misura dei Sf che la composizione delle Af detenute e delle Pf emesse.

I limiti conoscitivi dei saldi finanziari settoriali
Sono legati alla metodologia di costruzione dei saldi stessi. L’osservazione principale
riguarda la natura dei dati: la rappresentazione dei Sf settoriali è basata sui dati ex-post,
mentre nulla dice circa le motivazioni ex-ante (ad es. circa il fabbisogno di
trasferimento). Dunque tra dati di comportamento ex-post e fabbisogno ex-ante,
possono esserci divari significativi per diverse ragioni:
- le unità finali (risparmiatori e investitori) possono ricercare strumenti finanziari che il
    mercato non offre;
- può esserci divergenza di aspettative: ad es. il risparmiatore investe solo con un
    rendimento del 15%, mentre il mercato propone performance più basse.
Se si verificano tali circostanze possono esserci 2 conseguenze:
- effetto di quantità: alcuni operatori modificano le preferenze ex-ante (ad es. rinuncia
    al risparmio o all’investimento);
- effetto di composizione: varia il mix di Af e/o di Pf degli operatori che non trovano
    gli strumenti desiderati.
La conclusione è che il sistema finanziario, attraverso la capacità di soddisfare la
domanda delle unità finali, svolge un ruolo chiave per le performance dell’economia
reale (livello di S e I a scelta degli investitori).
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La struttura dei saldi finanziari
Aiuta a capire, all’interno dell’economia, da dove provengano le risorse (settori Sf > 0) e
dove vengano destinate (Sf < 0), si può avere cioè un’idea dei trasferimenti finanziari. La
rappresentazione, però, per essere completa, deve essere integrata con altri elementi di
analisi, in particolare gli strumenti finanziari in cui sono incorporate risorse e canali
utilizzati.

La composizione delle Af e delle Pf dei settori
Indica rispettivamente le scelte di investimento delle risorse finanziarie disponibili (quali
strumenti ed in che misura sono stati preferiti, da notare che il settore famiglia è
tipicamente in surplus) e le scelte di finanziamento (quali strumenti di provviste di fondi
sono stati adottati, da notare che è un settore tipicamente in deficit). Una prima analisi
da compiere è quella storica, relativa all’andamento in un determinati paese.
Successivamente viene l’analisi comparata tra paesi, che evidenzia diversità importanti,
quanto ai paesi, degli strumenti di mercato (azioni e obbligazioni) e con particolare
attenzione al peso dei debiti verso intermediari creditori.

I parametri di valutazione
La struttura finanziaria dell’economia è un fenomeno difficile da rappresentare attraverso
parametri troppo semplificati anche se possono trarsi alcune conclusioni dai seguenti
indicatori:
- il grado di separazione tra funzione S e funzione I (∑|Sf/Pil|): esprime la misura della
    dissociazione tra le due funzioni; dati il risparmio nazionale e la sua concentrazione
    presso le unità che non investono, comporta una funzione di trasferimento più
    ampia;
- il rapporto di interrelazione finanziaria (Af/Ar): indica il grado di sviluppo dell’economia
    finanziaria e si assume che allo sviluppo dell’economia reale facciano seguito rapporti
    più complessi ed articolati fra unità e che ne derivi un’articolazione dei fabbisogni di
    servizio finanziario; indicazioni simili possono ricavarsi dal rapporto tra stock di Af (o
    Pf) e Pil;
- il rapporto di intermediazione finanziaria (Af1f/Af): misura l’importanza relativa delle
    attività finanziarie emesse da intermediari rispetto al totale delle attività, segnalandone
    il peso.

3. La struttura finanziaria dell’economia e l’intermediazione finanziaria
La lettura dei Sf fornisce diverse indicazioni sui fenomeni importanti del funzionamento
di un sistema economico. Sia il confronto tra paesi che l’analisi temporale, sono utili a
capire i caratteri strutturali e l’evoluzione di ogni sistema. Il livello dei Sf è alla base del
fabbisogno di trasferimento delle risorse finanziarie. In termini generali, si può assumere
che ogni settore abbia una posizione che si colloca tra due estremi:
- equilibrio finanziario: S = I  Sf = 0
- divergenza finanziaria: S = 0  Sf = I o I = 0  Sf = S.
La dimensione dei saldi settoriali è tanto più elevata quanto più si avvicina alla
divergenza; tali tipi di equilibrio sottintendono una specializzazione settoriale: alcuni per
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la funzione di accumulazione del S, altri per quella di I; si verifica cioè quella che viene
chiamata “dissociazione risparmio-investimento”. Quest’ultima indica una situazione per
cui: chi ha le risorse le impiega direttamente in investimenti reali, chi fa gli investimenti
(reali) non ha le risorse (S) sufficienti per finanziarli; le due posizioni sono quindi
strettamente complementari (si tratta di metterle in relazione). La funzione allocativa,
che presuppone un processo di trasferimento delle risorse finanziarie fra unità in surplus
e unità in deficit, è una delle ragioni d’essere del sistema finanziario, per diversi motivi
anche in situazioni di equilibrio settoriale:
- le attività finanziarie, oltre alla funzione di finanziamento/investimento, hanno anche
    funzioni di gestione di rischi;
- Sf = 0 indica l’equilibrio del settore ma non la distribuzione dei saldi delle singole
    unità che la compongono o che comunque possa esserci ugualmente fabbisogno di
    trasferimento.
C’è un altro fattore che deve essere considerato per completare l’analisi: l’incompatibilità
della composizione dei portafogli di Af e Pf dei settori. I circuiti finanziari devono
conseguentemente essere organizzati in modo da rendere possibile un finanziamento a
lungo termine con una posizione di credito iniziale a breve, avviene cioè la
trasformazione delle risorse finanziarie con cui si fa riferimento a diverse funzioni dei
sistemi finanziari:
- trasformazione delle scadenze: serve per risolvere incompatibilità tra preferenze delle
    unità in surplus (famiglie b. termine) e di quelle in deficit (imprese m./l. termine);
- trasformazione dei rischi generati dall’indisponibilità delle unità in surplus ad investire
    in strumenti finanziari emessi direttamente dalle unità in deficit: un tale investimento
    comporta infatti l’assunzione diretta del rischio dell’emittente del rischio associato
    (ovvero del suo andamento economico e quindi alla sua capacità di rimborso); la
    presenza di intermediari riduce questa difficoltà.
Il trasferimento delle riserve dalle unità in surplus a quelle in deficit può avvenire:
- attraverso un circuito finanziario diretto: cioè attraverso strumenti finanziari che
    rappresentano un rapporto contrattuale tra l‘investitore (datore di fondi) e l’emittente
    (prenditore di fondi); basato su strumenti finanziari di mercato (Sfm) che contengono
    rapporti contrattuali che presuppongono una compatibilità tra le rispettive
    preferenze;
- attraverso un circuito indiretto: cioè con l’investimento di uno o più intermediari,
    basato quindi sull’emissione di 2 o più strumenti finanziari: uno tra unità in surplus e
    intermediario (Sfi) e un altro tra intermediario e unità in deficit (Sff).
Conseguenzialmente si può affermare che i mercati sono un “velo” tra datori e
prenditori tra cui c’è un rapporto contrattuale; mentre al contrario, gli intermediari sono
un soggetto che assume di volta in volta la posizione del debitore (con unità in surplus) e
del creditore (con le unità in deficit). In parte, mercati ed intermediari, sono sovrapposti:
ciò indica che gli intermediari possono usare strumenti finanziari negoziati nei mercati e
possono esserne coinvolti nel funzionamento tecnico.




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Capitolo 3
REGOLAMENTAZIONE, VIGILANZA E POLITICHE DI CONTROLLO
SUL SISTEMA FINANZIARIO

1. Il sistema dei controlli sul sistema finanziario: fondamenti, assetti istituzionali
e obiettivi
Il sistema finanziario è una parte dell’economia sottoposta a diverse forme di controllo
da parte dei pubblici poteri. Le ragioni possono ricondursi a 4 punti principali.
- La funzione monetaria e il governo monetario dell’economia: la moneta è costituita, oltre che
    da quella legale (emessa dalla banca centrale), dalla moneta scritturale (o bancaria),
    ossia da speciali forme di debito delle banche comunemente accettate come mezzo di
    pagamento e che rappresentano la componente più importante dell’offerta di moneta.
    Esistono due aspetti di interesse generale che spiegano l’esigenza e l’utilità del
    controllo delle banche:
    ~ per ragioni di sicurezza, stabilità ed efficienza,
    ~ per regolare la quantità di moneta a disposizione dell’economia e/o per governare
        altre grandezze chiave (tasso di interesse e di cambio) della politica monetaria.
- La tutela del risparmio e la protezione degli investitori: il trasferimento del risparmio
    comporta un interesse generale nel rafforzare la fiducia del risparmiatore nei
    confronti dei prenditori di fondi; fra essi, per primi, gli intermediari finanziari. È
    opportuno quindi fissare regole cui devono sottostare questi ultimi che offrono
    forme di investimento ai risparmiatori.
- L’esternalità negativa: se si considerano le banche come debitori, allora la crisi e
    l’insolvenza assumono un rilievo che va al di là della tutela dell’interesse del singolo
    investitore, in quanto una crisi bancaria può provocare esternalità negative per il
    sistema economico sotto forma di contagio verso altre istituzioni finanziarie, sfiducia
    e panico dei depositanti, determinando instabilità nella stessa economia reale.
- Asimmetria informativa e fallimento del mercato: il rapporto creditore-debitore è
    intrinsecamente caratterizzato da un difetto di informazione a danno del creditore,
    che comporta un limite alla selezione efficace dei prenditori di fondi, essendo
    l’informazione insufficiente a stabilire una graduatoria di rischio ed il prezzo del
    credito in funzione del rischio stesso. Si determina conseguentemente un livello
    medio dei prezzi che non discrimina in base alla qualità del prenditore: i migliori
    pagano prezzi troppo alti e la fascia di qualità più bassa paga un prezzo insufficiente.
    Si arriva in tal modo a determinare il fallimento del mercato. Qui nasce l’interesse
    delle pubbliche autorità a fissare regole per rafforzare lo spessore e la qualità delle
    informazioni disponibili agli investitori (criterio della trasparenza).
Esistono interventi a diversi livelli dei poteri dello Stato:
- legislativo: normativa primaria per creare regole per le aree componenti il sistema
    finanziario (area bancaria, mobiliare e assicurativa);
- esecutivo: interventi del governo con politiche di indirizzo a livello tecnico;
- amministrativo: autorità di controllo indipendenti con competenze specifiche che
    operano attraverso politiche e strumenti di regolamentazione e vigilanza.
La gerarchia non è univoca: la ragione principale è che la banca centrale è vista come
istituzione cui spetta la “tutela del valore della moneta”.
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Gli obiettivi del controllo del sistema finanziario
Si articolano nei 2 grandi ambiti degli obiettivi della politica monetaria ed in quelli della
regolamentazione e vigilanza. I secondi sono identificabili negli obiettivi di stabilità ed
efficienza, che a sua volta si divide in efficienza operativa (costo per l’economia reale) ed
efficienza allocativa (qualità del processo di distribuzione delle risorse verso impieghi
alternativi); inoltre questi obiettivi sono interdipendenti: massimizzare i risultati
comporta costi crescenti. I controlli dell’entrata, come autorizzazione preventiva a
costituire nuovi intermediari, sono posti alla base della regolamentazione della struttura
del mercato e dell’intensità della concorrenza. Quest’ultima è spinta verso il basso
attraverso la determinazione amministrativa di quantità e prezzi.

2. Le autorità di controllo del sistema finanziario

La Banca d’Italia
È la banca centrale a cui fanno capo la funzione di controllo della moneta e del credito e
la funzione di vigilanza sul sistema bancario. Nasce nel 1893 come risultato di una
fusione tra la Banca Nazionale del Regno, la Banca Nazionale Toscana e la Banca
Toscana di Credito. Intorno alla funzione di istituto di emissione, essa sviluppa una serie
di altre attività che la trasformano nella più complessa figura di “banca centrale”,
determinando il passaggio dalla forma giuridica privata a quella di istituto di diritto
pubblico. Le attività che svolge possono essere classificate in 4 aree funzionali:
- come istituto di emissione: esercita un ruolo centrale nel sistema dei pagamenti e
   nell’organizzazione dei servizi tecnici alla base del sistema stesso (compensazione,
   coordinamento e regolamento delle iniziative interbancarie);
- come banca centrale: ha dato attuazione alla politica commerciale con diversi strumenti
   con l’obiettivo di dare stabilità alla moneta (da notare che dal 1999 le funzioni
   principali di politica monetaria sono passate alla Banca Centrale Europea);
- come organo di vigilanza: determina stabilità ed efficienza del sistema, funzioni queste
   che si integrano con gli interventi di altri organi (Consob, Isvap);
- come organo di tutela della concorrenza: la Banca ha il compito di sorvegliare la condotta di
   mercato delle istituzioni finanziarie e di accertare eventuali situazioni e
   comportamenti potenzialmente o effettivamente lesivi della concorrenza, anche
   queste funzioni si integrano con l’attività di altre istituzioni (Autorità garante della
   concorrenza e del mercato).

La Consob (Commissione nazionale per la società e la borsa)
Ha il compito di controllare (regolamenta, autorizza e vigila) il settore mobiliare. È stata
istituita nel 1974 e svolge un’attività orientata alla tutela degli investitori e al
miglioramento dell’efficienza e della trasparenza del mercato. Le attività si articolano in:
- regolamentazione: in merito a prestazione di servizi di investimento da parte di
    intermediari, a obblighi informativi delle società quotate e alle offerte al pubblico di
    strumenti finanziari;
- autorizzazione: pubblicazione delle offerte pubbliche, istituzione di nuovi mercati
    regolamentati;
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-  vigilanza: riguarda le società di gestione di mercati regolamentati, la trasparenza delle
   negoziazioni, la correttezza di comportamento di intermediari/promotori finanziari e
   delle informazioni fornite al mercato;
- monitoraggio: riguarda eventuali anomalie nell’andamento delle negoziazioni (insider
   trading e aggiotaggio).
Le aree di intervento della Consob sono:
- la sollecitazione all’investimento: offerta o messaggio promozionale finalizzati alla
   vendita o sottoscrizione di prodotti finanziari;
- gli obblighi di trasparenza degli emittenti di strumenti finanziari quotati;
- i mercati regolamentati ed i soggetti che li gestiscono.

L’Isvap (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo)
Questo esercita il controllo del mercato e delle imprese di assicurazione attraverso le sue
funzioni di regolamentazione, vigilanza e di autorizzazione. Nasce con la legge 576/82
assorbendo parte delle funzioni del Ministero dell’industria, con i compiti di:
- vigilanza: sulla gestione tecnica, finanziaria e patrimoniale delle imprese di
   assicurazione per verificare l’osservanza della normativa;
- analisi e ricerca: sempre sul settore assicurativo sia per controllare le tariffe sia come
   supporto tecnico al Ministero dell’industria;
- tutela della concorrenza: effettuata insieme con l’Autorità garante ma in modo diverso da
   quanto accade per la Banca d’Italia (la Banca prende provvedimenti sentito il parere
   dell’Autorità, mentre per il settore assicurativo è l’Autorità che decide sentito il parere
   dell’Isvap).

La Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione)
Assicura la funzionalità del sistema di previdenza complementare, vigilando sulla corretta
e trasparente gestione dei fondi pensione. È prevista dal d.lg. 124/93 che istituisce i
fondi pensione. Tale vigilanza integra quella effettuata dal Ministero del lavoro e dalla
previdenza sociale. Tale attività comporta rapporti e scambi di informazioni con le altre
Autorità di controllo, in particolare con l’Autorità garante della concorrenza e con gli
enti di controllo degli intermediari che possono assumere la funzione di gestione per
conto dei fondi pensione (Banche, Sim, Imprese assicurative). La complessità del sistema
di controlli fa sorgere il problema del coordinamento e dell’integrazione delle
competenze e delle funzioni delle diverse autorità, quando queste hanno poteri di
intervento sullo stesso oggetto. La situazione diventa complessa perché i confini tra aree
di attività non sono netti. Per ordinare i rapporti, anche sul piano informativo, occorre
stabilire un campo definito per ciascuna autorità basandosi su diversi criteri di
ripartizione analizzando le aree di intervento della vigilanza:
- istituzionale: in base alle categorie di soggetti vigilati,
- funzionale: per tipo di attività svolta,
- per finalità di vigilanza.

3. La Banca Centrale e la politica monetaria


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La politica monetaria rientra, con la politica dei redditi e di bilancio, nell’ambito più
generale di quella economica, ossia nel sistema di strumenti che hanno come obiettivi
finali:
- la crescita del reddito,
- l’occupazione,
- la stabilità della moneta,
- l’equilibrio della bilancia dei pagamenti.
Gli obiettivi finali della politica economica (e quindi monetaria) sono rappresentati da
parametri che misurano le performance dell’economica reale. L’azione della Banca
centrale è svolta con interventi su strumenti/variabili di natura monetaria che si
trasmettono sugli obiettivi finali secondo uno schema logico:
     variabili strumentali  obiettivi operativi  obiettivi intermedi  obiettivi finali
   es. base monetaria  riserve bancarie  quantità di moneta o di credito  risultato
  (più apprezzabile se più forte e stabile sarà la relazione tra variabili nel I e nel II stadio)
Tale schema può semplificarsi se si considerano le relazioni tra Banca centrale, banche e
settori finali (famiglie e imprese): un aumento di finanziamenti della Banca centrale alle
banche aumenta le riserve con la possibilità di allargare i crediti alle imprese che a loro
volta genereranno nuovi depositi, determinando un incremento di liquidità disponibile in
grado di influenzare positivamente la domanda.

La Banca centrale europea (Bce), l’Eurosistema e il Sistema europeo di banche centrali (Sebc)
Con l’UE, il governo monetario dell’economia viene trasformato in un sistema
sopranazionale sia per le istituzioni responsabili che per l’ambito di riferimento. Questa
profonda innovazione si è determinata in 3 fasi:
     I. dal 1990 al 1993: si è pervenuti alla liberalizzazione del mercato dei capitali,
         all’allineamento dei cambi, al rafforzamento dell’autonomia delle banche centrali
         e al coordinamento delle politiche monetarie e valutarie;
    II. dal 1994 al 1998: sono stati predisposti e attuati i programmi pluriennali di
         convergenza in materia di finanza pubblica e di stabilità dei prezzi; è stato
         costituito l’Istituto monetario europeo (IME) che rappresenta il soggetto
         preparatore della Bce;
   III. iniziata l’1/1/1999: rappresenta il completamento di un iter complesso dove le
         competenze della politica monetaria delle banche centrali nazionali passano alle
         istituzioni europee.
Strutturalmente è un sistema articolato in 3 entità:
- Bce: vertice istituzionali ed operativo del sistema, i suoi organi decisionali governano
   le altre due entità;
- Sebc: composto dalla Bce e dalle Bcn dei 15 stati che fanno parte dell’UE;
- Eurosistema: composto dalla Bce e dalle Bcn che hanno adottato la moneta unica, di
   fatto, la gestione della politica monetaria, riguarda solo i paesi dell’Eurosistema.
La distinzione tra Eurosistema e Sebc deriva dal fatto che la gestione della politica
monetaria comune si applica ai paesi che hanno adottato la moneta unica e non a tutti i
paesi rappresentati nel Sebc. Quest’ultimo, dal punto di vista funzionale, è un organismo
complesso disegnato sul modello di altre autorità importanti come la Deutche

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Bundesbank. Dal punto di vista organizzativo invece opera attraverso la guida di 3
organi decisionali:
- il Consiglio direttivo: è l’organo più importante che decide in merito alla politica
   monetaria, è composto dal Comitato esecutivo e dai Governatori delle Bcn dei paesi
   partecipanti alla moneta unica;
- il Comitato esecutivo: comprende il Presidente ed il Vice-Presidente della Bce e altri 4
   membri; dà attuazione alle decisioni di indirizzo di politica monetaria formulate dal
   Consiglio; rappresenta l’organo di gestione ordinaria della Bce;
- il Consiglio generale: composto dal Presidente e dal Vice-presidente della Bce e dai
   Governatori di tutte le Bcn dei paesi dell’UE; la sua funzione è ristretta però al
   coordinamento tra autorità monetarie nazionali soprattutto verso i paesi in deroga.
I compiti istituzionali del Sebc sono stati stabiliti dal Trattato di Maastricht in 4 punti:
- definire e attuare la politica monetaria della comunità,
- svolgere le operazioni sui cambi,
- detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta degli Stati membri,
- promuovere e regolare il funzionamento dei sistemi di pagamento: in questo caso il
   compito è stato di realizzare un sistema trans-europeo automatizzato di regolamento
   lordo in tempo reale (Target).
L’obiettivo principale del Sebc è il mantenimento della stabilità dei prezzi, solo in
secondo ordine può operare per il sostenimento delle politiche economiche generali
della comunità. Tale preminenza ha diverse ragioni di carattere teorico, pratico e di
contingenza, tra queste ultime si può menzionare la consapevolezza che i costi
dell’inflazione sono così alti ed importanti da non poter non avere un’attenzione così
forte (soprattutto ricordando le ondate inflazionistiche degli anni ’70 e ’80).

Lo schema di base della politica monetaria
In via semplificata la politica monetaria può ricondursi a 2 schemi alternativi:
- monetary targeting: la Bce annuncia il tasso di crescita, giudicato accettabile in un
    certo arco temporale, dell’aggregato monetario assunto come rilevante; ogni
    scostamento comporta un intervento correttivo attraverso gli strumenti a
    disposizione della banca stessa, tale impostazione si fonda sull’ipotesi di una
    significativa correlazione tra quantità di moneta e andamento dei prezzi;
- inflation targeting: la Bce annuncia un obiettivo programmato di inflazione e compie
    interventi correttivi ogni volta che l’inflazione effettiva si discosta; l’annuncio di tale
    obiettivo dovrebbe avere il vantaggio di rendere più stabili e uniformi le aspettative di
    inflazione, facilitando il raggiungimento dei risultati programmati, per contro, lo
    stesso obiettivo perseguito, non è direttamente legato ad una leva di intervento
    controllabile dalla Bce.
Nell’Eurosistema, in particolare, è stato fissato un obiettivo di stabilità dei prezzi da
mantenere in un orizzonte medio temporale. Per raggiungerlo è stata definita una
strategia che comprende entrambi gli schemi. Da un lato si annuncia un valore di
riferimento della crescita dell’aggregato monetario (M 3), dall’altro si definisce un ampio
ventaglio di indicatori tra quelli che possono segnalare le tendenze future dei prezzi
(capacità produttiva, costo del lavoro, tassi di cambio, ecc.).

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Il controllo dell’offerta di moneta
Il modello del moltiplicatore della base monetaria si fonda sulla:
- definizione di base monetaria (Bm), come attività controllata dalla Bc;
- definizione di offerta di moneta (Om), come somma di moneta legale e depositi
    bancari con funzioni monetarie (D);
- relazione tra Bm e D.
La Bm emessa dalla Bc si ripartisce tra scorte monetarie detenute dal pubblico (Bm p) (e
non da banche) e riserve monetarie detenute dalle banche (Rb), che a loro volta si
distinguono tra riserve libere (Rl) e riserve obbligatorie (Ro):
                                       Bm = Bmp + Rb.
                                       Om = Bmp + D
esprimendo Om come multiplo di Bm, si ha:
                                           Om   Bm p + D
                                              =
                                           Bm Bm p + Rb
dividendo tutto per D:
                                               Bm p
                                                     +1
                                          Om    D
                                             =
                                          Bm Bm p Rb
                                                   +
                                               D      D
       Bm p
dove          rappresenta la propensione del pubblico a detenere scorte di base monetaria
         D
                                     R
rispetto ai depositi bancari,          rappresenta la misura delle scorte in base monetaria
                                     D
detenute dalle banche. Se indichiamo i 2 rapporti con p e b si ha:
                                                    p+ 1
                                         Om = Bm       
                                                         
                                                    p+ b
formula che indica che Om è direttamente proporzionale alla Bm e ad un termine, quello
tra parentesi, che dipende dal livello dei coefficienti di liquidità del pubblico e delle
banche relativamente al livello di liquidità desiderata.
Il livello p è influenzato principalmente dal rendimento degli impieghi alternativi alla
moneta legale (tasso di interesse sui depositi) e dall’efficienza dei meccanismi operativi
del sistema dei pagamenti (accesso al cash dispenser, ecc.). Il coefficiente b, a sua volta,
dipende dal costo della detenzione delle riserve bancarie (rendimento delle riserve stesse,
il vincolo di riserva obbligatoria, ecc.). In pratica, quindi, il moltiplicatore non è fisso, ma
non può neanche considerarsi uno strumento di manovra per il controllo monetario.

La Bce opera al fine di aumentare o diminuire la Bm in circolazione attraverso 2
categorie seguendo le regole del mercato e della libera concorrenza:
- operazioni di mercato aperto: operazioni di pronti contro termine (con effetti temporanei)
   in cui la banca è acquirente di titoli a pronti quando vuole immettere Bm e venditore
   quando la vuole ridurre, in altri casi si tratta di operazioni di acquisto o vendita a
   titolo definitivo. Si distinguono in:


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  ~ operazioni di rifinanziamento principali (durata 2 settimane, frequenza settimanale
      e modalità competitiva): sono il modo con cui la Bce regola l’indirizzo di medio
      termine della politica monetaria;
  ~ operazioni di rifinanziamento a più lungo termine (durata 3 mesi, frequenza
      mensile e modalità competitiva): sono il modo con cui la Bce soddisfa il
      fabbisogno strutturale di Bm;
  ~ operazioni di fine tuning (durata e frequenza non standardizzate, modalità
      competitive e con negoziazione bilaterale): mirano a regolare la liquidità nel
      mercato e controllare eventuali tassi quando sopraggiungono fluttuazioni ;
  ~ operazioni strutturali (durata e frequenza non standardizzate, modalità competitive
      e con negoziazione bilaterale): la Bce le effettua quando intende modificare la
      posizione strutturale dell’Eurosistema;
- operazioni su iniziativa delle controparti: si tratta di finanziamento marginale o deposito
  marginale di durata overnight e con frequenza a discrezione delle controparti;
  consentono alle singole banche di risolvere momentanee carenze/eccessi di Bm
  evitando che gli squilibri si traducano in eccessiva volatilità dei tassi interbancari; i
  tassi su queste operazioni rappresentano gli altri tassi ufficiali della Bce insieme a
  quello sul rifinanziamento principale.

La domanda di Bm del sistema bancario
Ogni banca deve garantire sistematicamente la propria capacità di far fronte a tutte le
richieste di pagamento delle controparti. Sarà necessario quindi per ognuna, detenere
scorte monetarie adeguate rispetto alle previsioni di fabbisogno e cioè di deficit di
liquidità generati da temporanei surplus di uscite sulle entrate. Le scorte monetarie
detenute per motivi operativi costituiscono una parte delle Rb considerate nel
moltiplicatore. L’altra parte di domanda di Bm è data dalla riserva di liquidità
obbligatoria, ossia un vincolo di riserva minima che le banche devono detenere presso la
Bcn in una determinata percentuale (al momento del 2%) delle passività, con durata
inferiore ai 2 anni.
Storicamente (1926) la riserva obbligatoria è nata come strumento di tutela dei
depositanti, poi ha avuto funzione diretta nello schema del controllo monetario. In altre
circostanze è stata usata come strumento di politica finanziaria (drenaggio dell’eccesso di
quantità di Bm per il finanziamento del Tesoro e remunerazione a tassi inferiori a quelli
di mercato). Nello schema del Sebc, la funzione è invece quella di creare una domanda
stabile di riserva bancaria.

4. La regolamentazione e la vigilanza del sistema finanziario
Con il termine ordinamento ci si riferisce a tutte le attività e le istituzioni che si
riferiscono al paradigma (mercati/strumenti/intermediari), in altre parole si intende
l’insieme delle norme volte a disciplinare le attività e le istituzioni dell’intermediazione
finanziaria in un dato contesto politico-amministrativo che in genere coincide con lo
Stato o, in un contesto più ampio come l’attuale, con l’UE attraverso le direttive
comunitarie. Secondo l’impostazione di queste ultime, l’intermediazione è disciplinata
per segmenti o tipologie di attività con un corrispondente ordinamento specifico.

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I criteri ed i fondamenti della normativa comunitaria
L’obiettivo dell’UE è il concetto di mercato unico dei servizi finanziari con cui sia
consentita la libera circolazione di persone, informazioni, capitali, merci e servizi.
L’azione comunitaria è volta quindi a realizzare un sufficiente livello di armonizzazione
fra ordinamenti vigenti negli Stati. Il modello scelto dall’UE può dirsi “baricentrico”
rispetto agli ordinamenti nazionali, i fondamenti sono:
- non specializzazione dei tipi di intermediari per tipi di attività svolta secondo un
    modello di banca universale;
- attribuzione delle attività di investimento collettivo in valori mobiliari, a titolo di
    riserva, a organizzazioni specializzate;
- regolazione del grado di separazione tra banca e impresa industriale sia a monte
    (partecipazioni industriali nel capitale bancario) sia a valle (partecipazione del capitale
    bancario in quello industriale).
Nel recepimento/attuazione sono riconosciuti alcuni gradi di discrezionalità,
quest’ultima, però, non può essere utilizzata in modo “opportunistico” e non può
contrastare il principio di armonizzazione minima. Proprio l’armonizzazione minima è la
condizione necessaria affinché gli ordinamenti nazionali possano condividere i principi
di “libertà di prestazione di servizio” e di “libertà di stabilimento”: tali principi si
realizzano tramite il criterio del mutuo riconoscimento (ogni ordinamento deve
riconoscere la possibilità di ogni intermediario esterno ma comunitario di operarvi).

La classificazione degli strumenti di vigilanza
La classificazione adottata si basa sulla natura degli interventi e tiene conto delle finalità
cui ogni strumento in primis si rivolge.
- Vigilanza strutturale: è un approccio alla regolamentazione e si propone di determinare
   la configurazione di mercato più idonea a produrre la migliore combinazione tra:
   dimensione e mix produttivo dei singoli intermediari (posizionamento del livello
   minimo dei costi medi) e alto grado di soddisfazione per gli utilizzatori finali. Le due
   finalità non sono necessariamente compatibili.
   Il fondamento principale di tale schema è costituito dall’assunto che vi sia una
   relazione significativa tra la struttura del mercato, il comportamento degli intermediari
   e le performance degli stessi e del mercato. La vigilanza strutturale si propone di
   regolare la struttura dell’offerta in un determinato mercato per massimizzare la
   dialettica competitiva. A tal fine, gli strumenti significativi sono: entrata nel mercato;
   assetto organizzativo degli intermediari operanti; gamma delle attività che può
   svolgere ciascun intermediario; i requisiti degli azionisti degli intermediari e l’assetto
   di controllo societario; gli interventi amministrativi su quantità e prezzi degli
   intermediari.
- Vigilanza prudenziale: sono strumenti attinenti la forma dei “criteri di gestione”, ai quali
   gli intermediari devono attenersi, finalizzati inoltre al controllo e alla delimitazione dei
   rischi. Qui la vigilanza si concentra sul rispetto delle regole di mercato. Gli interventi,
   infatti, evitano di condizionare direttamente il mercato, ma esprimono le regole del
   gioco su come si debba operare: sono regole oggettive e neutrali, trasparenti e
   stabilite ex-ante, in modo da essere una forma di incentivo/veicolo per gli
   intermediari. I principali strumenti sono: i coefficienti di bilancio applicati agli
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  intermediari; l’adeguatezza organizzativa con riguardo alla dimensione delle risorse
  tecniche, manageriali e professionali e alla presenza di strumenti operativi che
  consentano il rispetto del principio di indipendenza organizzativa e gestionale; i
  requisiti di onorabilità, di competenza e di esperienza.
- Vigilanza informativa (fair play regulation): comprende tutti gli strumenti di
  comunicazione ed informazione che possono contribuire alle asimmetrie informative
  tipiche dell’attività finanziaria. Si applicano: le operazioni finanziarie basate su un
  primo livello di valutazione economica del rischio; gli emittenti i titoli oggetto
  dell’operazione; gli intermediari nei confronti di emittenti ed investitori; gli
  intermediari nei confronti delle autorità di vigilanza; gli organismi responsabili del
  funzionamento e della gestione dei mercati mobiliari.
  Il risultato finale atteso da questi interventi di vigilanza informativa si colloca nell’area
  di trasparenza e correttezza informativa assunta come basilare per contratti il cui
  pricing si attiene ai requisiti di efficienza del mercato. L’importanza di tali interventi si
  apprezza se si parte dall’ipotesi che investitori e creditori si trovino in una condizione
  di svantaggio informativo rispetto ai soggetti finanziati.
- Vigilanza protettiva: si tratta di strumenti che gestiscono situazioni di crisi degli
  intermediari con l’esigenza di far fronte al principio fondamentale della tutela del
  risparmiatore. L’importanza della gestione accurata delle situazioni di crisi si ricollega
  al problema delle esternalità che, comportando una sfiducia generalizzata verso il
  sistema finanziario, determinerebbe costi per l’economia reale. Ci sono 2 principali
  ambiti di intervento:
  ~ quelli destinati alla prevenzione, tra cui: i flussi di documentazione statistica tra
      intermediari e organo di vigilanza (allarme preventivo), le situazioni di illiquidità
      delle banche affrontate con interventi di rifinanziamento della banca centrale, le
      situazioni di difficoltà più seria che possono comportare provvedimenti come
      l’amministrazione straordinaria;
  ~ quelli che, quando la crisi è irreversibile, provvedono alla messa in liquidazione
      dell’intermediario.

L’ordinamento dell’attività bancaria e di attività bancaria
La banca è definita come l’impresa che è autorizzata all’esercizio dell’attività bancaria
costituita dalla raccolta del risparmio e dell’esercizio del credito in forma esclusiva.
Inoltre le banche esercitano ogni altra attività finanziaria in base alla propria disciplina,
fatte salve le riserve di attività previste dalla legge. Con questa esclusione sono
esercitabili tutte le attività, se ammesse al mutuo riconoscimento, che le banche possono
esercitare direttamente o indirettamente in qualsiasi paese comunitario, ne sono un es.: la
raccolta dei depositi, le operazioni di prestito, il leasing finanziario, i valori mobiliari, i
servizi di intermediazione finanziaria del tipo money banking.
La raccolta del risparmio fra il pubblico è vietata ai soggetti diversi dalle banche, tranne
nei casi previsti dalla norma vigente. La nozione giuridica di intermediario finanziario
identifica un soggetto operante nel settore finanziario ed esercente attività finanziaria
secondo modalità che non integrano la definizione di attività bancaria. La definizione
giuridica differisce da quella economica che colloca la banca fra gli intermediari finanziari
intesi come imprese che intermediano sistematicamente risorse finanziarie.
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Le condizioni dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria viene concessa dalla
Banca d’Italia quando si abbia:
- la forma di s.p.a. o di soc. cooperativa per azioni a responsabilità limitata;
- l’esistenza del capitale minimo versato;
- la presentazione del programma dell’attività iniziale (atto costitutivo e statuto);
- i requisiti di onorabilità stabiliti per i soci;
- la struttura proprietaria che rispetti i presupposti dell’autorizzabilità;
- i soggetti con funzioni di amministrazione, direzione e controllo abbiano requisiti di
   onorabilità e professionalità.
Le condizioni sono verificate dalla Banca d’Italia che nega l’autorizzazione quando esse
non garantiscono la sana e prudente gestione. La discrezionalità dovrebbe essere
minima, poiché le condizioni sono oggettivamente verificabili. L’evidente corollario del
principio dell’autorizzazione è l’esistenza di un albo in cui la Banca d’Italia scrive le
banche autorizzate e le succursali delle banche comunitarie nel territorio nazionale.

La banca autorizzata ha la facoltà di operare sul territorio nazionale ed in quello
comunitario, nel rispetto delle condizioni poste dall’ordinamento di appartenenza, con
l’insediamento di succursali o con la semplice prestazione di servizi a distanza.
Diversamente, l’operatività delle banche nazionali in Stati extra-UE e l’esercizio delle
attività non ammesse al mutuo riconoscimento sono sottoposte a regimi autorizzativi e
disciplinari assai più onerosi.

Le Autorità di controllo, preposta alla tutela della stabilità della banca, hanno sempre
posto attenzione affinché l’esercizio dell’attività bancaria non venga controllata da
soggetti portatori di interessi estranei, diversi o conflittuali con quelli istituzionali della
banca. La normativa persegue l’obiettivo di autonomia o di separatezza sottoponendo ad
autorizzazione preventiva l’acquisizione diretta o indiretta di partecipazioni che
comportino il controllo della banca stessa o che superino il 5% del capitale. È inoltre
vietata una partecipazione superiore al 15% o comunque di controllo a soggetti che
svolgano attività d’impresa in settori non bancari o finanziari. Per l’accertamento dei
limiti (5 e 15%) e della posizione di controllo, la Banca d’Italia deve accertare l’eventuale
esistenza di accordi che consentono l’esercizio concertato del diritto di voto. Qualora tali
accordi pregiudichino la gestione sana e prudente della banca, la Banca d’Italia ha la
facoltà di sospendere il diritto di voto dei partecipanti all’accordo e di richiedere
informazioni atte ad accertare la composizione della struttura proprietaria effettiva della
banca.

Il TU attribuisce alla Banca d’Italia funzioni e poteri di vigilanza volti a tutelare la sana e
prudente gestione, la stabilità complessiva, l’efficienza e la competitività del sistema
finanziario. La Banca d’Italia emana disposizioni generali che hanno per oggetto:
- l’adeguatezza patrimoniale: con cui impone alle banche il mantenimento di un
    coefficiente patrimoniale minimo obbligatorio, per tutelare la solvibilità della banca e


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   si riferisce alla composizione dell’attivo patrimoniale ponderato in funzione delle
   classi di rischio di appartenenza;
- il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni:
   ~ la concentrazione dei rischi per grandi fidi: disposizioni finalizzate a mantenere
      una diversificazione del rischio di credito per classi di imprese,
   ~ la trasformazione della scadenza e l’esposizione al rischio d’interesse: la prima
      comporta sia rischi finanziari di liquidità legati alla lentezza della rotazione
      dell’attivo rispetto al passivo, sia rischi economici riferibili alla possibilità che le
      variazioni dei tassi comportino diminuzioni del margine d’interesse,
   ~ i rischi di mercato: identificabili nelle possibili variazioni di valore delle attività
      finanziarie per fatti di mercato;
- le partecipazioni detenibili: si dividono in 2 insiemi:
   ~ partecipazioni in banche, società finanziarie, assicurazioni: sono disciplinate da
      norme ed istruzioni che riguardano il gruppo bancario,
   ~ partecipazioni in altri soggetti indicati come imprese non finanziarie le cui
      disposizioni riguardano forme di tutela prudenziale, distinguendo:
      a. il limite complessivo: nel valore massimo totale della partecipazione detenibile
          in rapporto al patrimonio della banca,
      b. il limite di concentrazione: rapporto massimo tra singola partecipazione
          detenuta e patrimonio della banca,
      c. il limite di separatezza: rapporto massimo tra singola partecipazione detenuta e
          patrimonio dell’impresa partecipata.
La banca d’Italia aumenta tali limiti in relazione all’appartenenza a:
- banche abilitate: ossia di primaria importanza e quindi autorizzate a maggiore
   operatività;
- banche specializzate: con le stesse caratteristiche di quelle abilitate con raccolta
   prevalentemente a medio/lungo termine con preclusione di quella a vista.
In conclusione le disposizioni sul contenimento del rischio da un lato pongono precisi
confini all’attività bancaria e dall’altro attribuiscono peso e criticità alla variabile
economica del patrimonio che diviene il perno principale e fondamentale della gestione.

Il gruppo bancario è composto alternativamente da:
- la banca italiana capogruppo e dalle società bancarie finanziarie controllate;
- la società finanziaria capogruppo e dalle società bancarie finanziarie controllate.
L’azienda capogruppo è definita in funzione di 2 caratteri necessari: l’appartenenza alla
nazionalità italiana e l’autonomia da qualsiasi altra persona giuridica controllante. Le
istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia precisano che nel gruppo si realizza un disegno
imprenditoriale unitario e che la capogruppo referente della Banca d’Italia esercita
attività di direzione e coordinamento, controllo strategico e gestionale, tutto
nell’interesse della stabilità del gruppo. In definitiva, nell’ordinamento vigente, le attività
finanziarie possono esercitarsi secondo 2 modelli istituzionali diversi:
- banca universale: esercita congiuntamente, internamente e direttamente tutte le
    attività bancarie e finanziarie ammesse con diversificazione “universale”;


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- gruppo bancario: consiste nell’esercizio di attività bancarie e finanziarie da parte di un
  unico soggetto economico mediante aziende giuridicamente separate ma dirette e
  coordinate sotto un disegno imprenditoriale unico.

La disciplina prende in esame tutti gli altri soggetti operanti nel settore finanziario,
diversi dalle banche, e noti come intermediari finanziari, che svolgono:
- assunzione di partecipazioni,
- concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma,
- prestazione di servizi di pagamento,
- intermediazione in cambi.
Le norme prevedono l’obbligo di iscrizione di tali intermediari in un elenco generale
presso il Ministero del tesoro che si avvale dell’Ufficio italiano dei cambi. Per quelli
caratterizzati da rischio sistemico (inteso come rischio di altri intermediari ad essi legati
da rapporti di credito) – società di leasing, factoring, investiment banking – esiste
l’ulteriore obbligo d’iscrizione in un elenco speciale tenuto dalla Banca d’Italia che ha
quindi poteri di vigilanza nei loro confronti.

L’ordinamento prevede una dettagliata normativa per la trasparenza delle operazioni e
dei servizi bancari e finanziari applicata a tutte le attività svolte nel territorio che
perseguono il fine di tutela della controparte contrattuale, che viene in linea di principio
considerata contraente debole o inconsapevole.

5. La disciplina dei mercati di strumenti finanziari

Dai mercati pubblici ai mercati-impresa: uno dei maggiori cambiamenti è stato l’adozione
sistematica di forme giuridiche proprietarie e comportamentali di carattere privatistico.
Tale cambiamento arriva in Italia con la privatizzazione della Borsa nel 1997.
Generalmente le motivazioni sono:
- intensificazione della competizione sopranazionale sia tra intermediari finanziari che
    tra mercati;
- innovazione tecnologica che consente il passaggio dai mercati fisici a quelli telematici;
- la rottura dei confini spaziali: cioè i mercati sono portati a competere, come qualsiasi
    impresa, su fattori distintivi come la qualità e il costo dei servizi offerti;
- è comprensibile che ciò esalti la criticità dell’adozione di una visione imprenditoriale
    in cui prevalgano autonomia gestionale e autoregolamentazione.

L’organizzazione e la gestione dei mercati: autonomia gestionale e autoregolamentazione non
significano scomparsa dell’interesse dei pubblici poteri al controllo dei mercati finanziari,
ma modifica delle modalità di attuazione del controllo con il prevalere di funzioni di
verifica e vigilanza sugli atti di autoregolamentazione piuttosto che di azione diretta di
regolamentazione operativa.




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La società di gestione dei mercati: è una s.p.a. senza scopo di lucro che gestisce e organizza i
mercati regolamentati, in particolare:
- la Consob determina il capitale minimo della società di gestione e le attività;
- il Ministro del tesoro, sentita la Consob, stabilisce i requisiti di onorabilità e
   professionalità dei soggetti, determina quelli di onorabilità dei partecipanti al capitale.

Il regolamento del mercato: deliberato dall’assemblea ordinaria della società di gestione, il
regolamento deve avere come contenuto minimo obbligatorio:
- le condizioni e le modalità di ammissione, esclusione e sospensione degli operatori e
    degli strumenti finanziari delle negoziazioni;
- le condizione e le modalità per lo svolgimento delle negoziazioni;
- le modalità di accertamento, di pubblicazione e di diffusione dei prezzi;
- i tipi di contratto ammessi alle negoziazioni.

L’autorizzazione dei mercati regolamentati: è di competenza della Consob che procede sulla
base di 2 principali fasi di accertamento:
- l’esistenza dei requisiti richiamati relativamente alla società di gestione;
- la conformità del regolamento alla disciplina comunitaria e la sua idoneità ad
   assicurare la trasparenza del mercato, un ordinato svolgimento delle negoziazioni e la
   tutela degli investitori.

6. L’ordinamento delle attività di gestione dei servizi di investimento
Secondo il TU, per servizi di investimento si intendono le seguenti attività (quando
abbiano per oggetto gli strumenti finanziari):
- negoziazione per conto proprio;
- negoziazione per conto terzi;
- collocamento con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo;
- gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi;
- ricezione e trasmissione di ordini, nonché mediazione.
Le imprese di investimento esercitano professionalmente nei confronti del pubblico
servizi di investimento previa autorizzazione della Banca d’Italia alle banche e si
distinguono in quelle italiane (Sim), in quelle comunitarie e in quelle extra-comunitarie,
inoltre anche le società di gestione del risparmio hanno la possibilità di offrire
determinati servizi di investimento. Le Sim possono prestare servizi accessori e altre
attività finanziarie, nonché attività connesse e strumentali, fatte salve le riserve di attività
previste dalla legge. Le imprese di investimento devono essere iscritte in un albo istituito
presso la Consob, che autorizza l’esercizio di servizi in presenza di condizioni quali ad
es. l’adozione della forma di s.p.a., la sede legale e direzione generale nel territorio
nazionale, l’ammontare del capitale pari al livello stabilito dalla Banca d’Italia, requisiti di
onorabilità ed idoneità dei partecipanti. L’autorizzazione deve essere negata quando dalla
verifica delle condizioni non risulti garantita la sana e prudente gestione.
Il TU definisce sia i criteri generali sia le forme contrattuali alle quali devono
conformarsi i soggetti autorizzati per favorire la condizione di tutela del cliente e del
mercato. I criteri generali si riferiscono: alla diligenza, correttezza e trasparenza dei

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comportamenti; all’acquisizione dell’informazione necessaria dai clienti, predisposizione
di modalità organizzative idonee a prevenire rischi di conflitto di interessi, assicurazione
al cliente di adeguate condizioni di trasparenza e di equo trattamento, ecc. Per quanto
riguarda la forma contrattuale, invece, devono essere redatti in forma scritta e devono
essere consegnati ai clienti. La stipulazione di contratti in altre forme deve essere regolata
esplicitamente dalla Consob, sentita la Banca d’Italia; la tutela del cliente è rafforzata
dall’applicazione del principio di separazione tra i patrimoni dei singoli clienti e quelli
della Sim o della banca.
Per “offerta fuori sede” si intende un’attività esercitata in qualsiasi luogo diverso dalla
sede legale e dalle dipendenze dell’emittente, del proponente o del soggetto incaricato
della promozione o del collocamento. Ai soggetti autorizzati al collocamento sono
riservate l’offerta fuori sede sia di strumenti finanziari sia di servizi di investimento di
altri intermediari. Diversamente, tutte le banche e le Sim sono abilitate ad offrire fuori
sede i propri servizi a prescindere dall’abilitazione al collocamento. I soggetti abilitati per
l’offerta fuori sede devono avvalersi di promotori finanziari, ossia di persone fisiche che,
in qualità di dipendenti, agenti o mandatari, esercitano professionalmente tale tipo di
offerta. Il promotore può svolgere la propria attività esclusivamente nell’interesse di un
solo soggetto, la cui responsabilità è solidale col promotore nei confronti di terzi, e deve
essere iscritto in un apposito albo presso la Consob.

7. L’ordinamento delle attività di gestione collettiva del risparmio
La gestione collettiva del risparmio è il servizio che si realizza attraverso:
- la promozione, l’istituzione e l’organizzazione di fondi comuni di investimento e
   l’amministrazione dei rapporti con i partecipanti;
- la gestione del patrimonio di organismi di investimento collettivo del risparmio (Oicr)
   di propria o altrui istituzione.
Gli Oicr sono i fondi comuni di investimento (aperti o chiusi) e le società di
investimento a capitale variabile. La prestazione del servizio di gestione collettiva può
essere fatta esclusivamente da 2 soggetti autorizzati:
- le società di gestione del risparmio (Sgr),
- le società di investimento a capitale variabile (Sicav).

I fondi comuni di investimento aperti
Il fondo comune aperto è un patrimonio autonomo suddiviso in quote di pertinenza di
una pluralità di partecipanti. Tale patrimonio è costituito da valori mobiliari la cui
amministrazione è affidata ad una società di gestione del risparmio autorizzata dalla
Banca d’Italia. C’è una netta distinzione tra patrimonio netto del fondo, patrimonio dei
partecipanti e patrimonio della società di gestione.
Le condizioni necessarie per l’autorizzazione sono: la forma di S.p.a., un capitale sociale
versato non inferiore a 1 ml di €, la sede statutaria e amministrativa in Italia, i requisiti di
onorabilità e professionalità degli amministratori. Il fondo è istituito qualora sia
approvato il relativo regolamento sia dall’assemblea ordinaria della società, sia dalla
Banca d’Italia nella sua funzione di organo di vigilanza. Il regolamento stabilisce
concretamente le modalità di funzionamento del fondo e la designazione della banca
depositaria che svolge il duplice ruolo di esecuzione e di controllo. Inoltre la normativa
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impone divieti e limiti alla discrezionalità del fondo. Si distingue tra divieti assoluti delle
operazioni non consentite (investimento in titolo emessi dalla Sgr, concessione di
prestiti) e limiti applicati a varie tipologie di investimento mobiliare per limitare la
concentrazione del rischio del portafoglio costitutivo del fondo e il prevenire
l’assunzione di altri rischi.
Infine la normativa più recente richiede che, ad ogni fondo venga attribuito dalle Sgr un
benchmark, cioè un portafoglio di riferimento pubblicamente rilevabile e corrente con le
politiche del fondo.

Le Sicav
Sono s.p.a. a capitale variabile con sede legale e direzione generale in Italia, avente per
oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l’offerta al
pubblico di proprie azioni. Si applica a tal società, la disciplina dei fondi comuni per
quanto riguarda il regime autorizzativo, il funzionamento, la gestione, i vincoli
all’operatività e la vigilanza. L’elemento caratterizzante è costituito dalla specificità del
modello istituzionale: la coincidenza fra patrimonio gestito e attivo patrimoniale della
società gerente, la variabilità del capitale sociale, la possibilità dell’esercizio di voto per
corrispondenza, ecc.

I fondi comuni di investimento chiusi
Il fondo di investimento chiuso differisce da quello aperto poiché il diritto al rimborso
delle quote viene riconosciuto ai partecipanti solo a scadenze predeterminate, così come
l’ammontare del fondo, il termine massimo di sottoscrizione (1 anno), la durata del
fondo (da 5 a 10 anni). L’autorizzazione è concessa dal Ministro del tesoro, sentita la
Banca d’Italia, a società che abbiano per oggetto esclusivo la gestione di fondi comuni di
investimento collettivo in valori mobiliari e che abbiano specifico riferimento alla
gestione dei fondi chiusi.
Il funzionamento e la gestione del fondo si caratterizza soprattutto per il rapporto fra
società e partecipanti, per la composizione del patrimonio del fondo e per la relazione
fra società e fondo.
La gestione del patrimonio del fondo, secondo legge, almeno il 40% (non più l’80% del
patrimonio) deve essere investito in valori mobiliari non quotati, limitatamente alle
azioni, alle quote, alle obbligazioni convertibili. Non più del 20%, inoltre, può essere
investito in titoli di stato e in azioni quotate.
La differenza tra i 2 fondi, per quanto riguarda la relazione tra società gerente e fondo
gestito sono:
- in quello aperto: la prima riceve remunerazione delle proprie prestazioni come
    rimborso spese e provvigioni, secondo quanto stabilito dal regolamento;
- in quello chiuso: la prima partecipa anche al risultato della gestione in altri due modi,
    investendo il proprio patrimonio nel fondo (5-10% dell’ammontare) e partecipando a
    proventi e risultato netto della gestione derivanti dallo smobilizzo degli investimenti.

8. L’ordinamento dell’attività assicurativa
Le norme definiscono le società che esercitano le assicurazioni solo come generiche
imprese alle quali possono ricondursi i diversi contratti di assicurazione.
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In campo assicurativo prevale il principio della specializzazione, ossia le imprese devono
limitare l’oggetto sociale all’esercizio dell’attività assicurativa, riassicurativa, di
capitalizzazione e delle operazioni connesse.
Le condizioni per l’autorizzazione all’esercizio dell’attività sono:
- forma di s.p.a., soc. coop. e di mutua assicurazione;
- possesso del capitale sociale minimo richiesto;
- presentazione di un programma di attività;
- possesso dei requisiti di onorabilità e di professionalità dei soci e dei soggetti che
    svolgono funzioni di amministrazione e di controllo.
La compagnia autorizzata ha la facoltà di operare sul territorio nazionale e comunitario,
in regime di stabilimento e di libera prestazione. Essa è sottoposta ad un’unica Autorità,
ad un unico regime autorizzatorio di vigilanza, indipendentemente dalle differenti
dislocazioni geografiche delle sedi operative.
L’assunzione di partecipazioni dirette ed indirette superiori al 5% nel capitale di imprese
ed enti assicurativi deve essere comunicata all’Isvap e l’assunzione di partecipazioni
qualificate (più del 10%) o di controllo (dirette ed indirette) è comunque soggetta ad
autorizzazione dell’Isvap. A differenza delle banche, è ammessa l’acquisizione di
partecipazioni di controllo in imprese di assicurazione da parte di imprese industriali e
commerciali, sempre che siano rispettati protocollo di autonomia e di indipendenza della
gestione della controllata assicurativa.
Per tutelare la stabilità della compagnia di assicurazione e gli interessi degli assicurati, le
disposizioni disciplinano l’assunzione di rischi specifici secondo diverse configurazioni,
che riguardano:
- la concentrazione dei rischi: l’obiettivo di limitare l’eccessiva concentrazione dei rischi
    della gestione patrimoniale è perseguito ponendo un tetto all’investimento in alcune
    classi di attività;
- il rischio di cambio: secondo il principio della congruenza valutaria le attività devono
    essere espresse nella stessa valuta delle passività a esse collegate, in tal modo si limita
    il mismatching fra singole valute;
- il rischio di interesse: si manifesta in quanto la compagnia investe principalmente in
    titoli il cui rendimento può differire rispetto al costo delle passività.
Per quanto riguarda le partecipazioni, i limiti sono:
- complessivo alla classe di “titoli di capitale e altri valori assimilabili”;
- di concentrazione: per l’ammontare complessivo delle riserve finanziarie;
- di separatezza: per le partecipazioni in imprese che svolgono attività diverse da quelle
    consentite alle assicurazioni.

Appendice riassuntiva: la banca e l’attività bancaria
La banca è definita come un’impresa che è autorizzata dalle Autorità competenti
all’esercizio dell’attività bancaria, cioè alla raccolta del risparmio e all’esercizio del credito
in forma esclusiva.
Le banche esercitano, oltre all’attività bancaria, ogni altra attività finanziaria tra quelle
ammesse al mutuo riconoscimento, cioè attività che le banche possono esercitare,
direttamente o indirettamente, tramite società controllate nella forma del gruppo

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bancario, in qualsiasi paese comunitario in forza dell’autorizzazione ricevute nel paese
d’origine. Le attività ammesse al mutuo riconoscimento sono:
- raccolta di depositi o di altri fondi con obbligo di restituzione;
- leasing finanziario;
- servizi di pagamento;
- operazioni di prestito (credito al consumo, factoring, ecc.);
- cambi;
- strumenti finanziari a termine e opzioni;
- custodia e amministrazione di valori mobiliari; ecc.
Una banca riceve l’autorizzazione dalla Banca d’Italia se ci sono le seguenti condizioni:
- forma di s.p.a. o di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata;
- esistenza del capitale minimo versato richiesto: 6mln € (s.p.a.) o 2mln € (soc. coop.);
- presentazione del programma concorrente l’attività iniziale, con l’atto esecutivo e lo
    statuto;
- requisiti di onorabilità stabiliti per i soci e per i soggetti che svolgono funzioni di
    amministrazione, direzione e controllo;
- struttura proprietaria con alcuni requisiti e vincoli tali da garantire l’autonomia della
    banca rispetto a interessi divergenti da quelli istituzionali, come: necessaria
    l’autorizzazione preventiva per l’acquisizione diretta o indiretta di partecipazioni
    superiori al 5% o comunque di controllo del capitale della banca; vietata l’acquisizione
    diretta o indiretta di partecipazioni superiori al 15% o comunque di controllo ai
    soggetti che svolgono in misura rilevante attività d’impresa in settori non bancari e
    non finanziari.
La banca autorizzata ha la facoltà di operare sul territorio nazionale ed in quello
comunitario con l’insediamento fisico di succursali o più semplicemente con la
prestazione di servizi a distanza.
Il TU attribuisce alla Banca d’Italia funzioni e poteri di vigilanza, finalizzati
principalmente a tutelare la sana a prudente gestione della banca, la stabilità complessiva,
l’efficienza e la competitività del sistema finanziario. La Banca d’Italia, in conformità alle
deliberazioni del CIRC, emana disposizioni di carattere generale aventi per oggetto:
- l’adeguatezza patrimoniale che impone alle banche il mantenimento de un
    coefficiente patrimoniale minimo obbligatorio con funzione di tutela della solvibilità;
- il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni: concentrazione per
    grandi fidi, trasformazione delle scadenze, rischio di interesse e di mercato;
- le partecipazioni detenibili: si distinguono in partecipazioni in banche, in soc.
    finanziarie e strumentali e in imprese di assicurazioni;
- le partecipazioni in altri soggetti non finanziari: in tal caso si definisce un limite
    complessivo riferito al valore massimo della partecipazioni detenibili in rapporto al
    patrimonio, un limite di concentrazione definendo il rapporto massimo tra singola
    partecipazione detenuta e il patrimonio della banca, un limite di separatezza in merito
    al rapporto massimo tra la singola partecipazione detenuta ed il patrimonio
    dell’impresa partecipata; tali limiti possono essere aumentati e differenziati se la banca
    in questione è una banca abilitata o specializzata.

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Capitolo 4
IL TRASFERIMENTO DELLE RISORSE, GLI OBIETTIVI DEI SOGGETTI
E GLI STRUMENTI FINANZIARI

1. Dal bisogno di trasferimento delle risorse finanziarie alle funzioni obiettivo
dell’investitore e del prenditore di fondi
L’attività di scambio comporta dei costi che possono essere ridotti se presenti:
- l’organizzazione dei mercati: che consentono la concentrazione delle contrattazioni
   nello spazio e nel tempo;
- l’esistenza e la progressiva specializzazione di operatori commerciali;
- l’efficienza e il progresso della tecnologia dei trasporti e delle comunicazioni;
- la moneta;
- il sistema giuridico.
Le economie moderne si caratterizzano e si fondano su due generi di moneta: quella
legale (emessa dalla Banca Centrale) e quella bancaria (emessa da quelle commerciali).

La domanda di trasferimento di risorse finanziarie nel tempo: investimento e finanziamento
Nella realtà finanziaria esistono 2 tipologie di soggetti:
- investitori potenziali: dispongono di un saldo finanziario positivo e cercano di
   investire il potere d’acquisto temporaneamente eccedente;
- prenditori di fondi: hanno un saldo finanziario negativo ed hanno la necessità di
   procurarsi risorse finanziarie per coprire il proprio fabbisogno.
Questi soggetti hanno di fatto interessi idealmente complementari e convergenti e sono
quindi potenziali scambisti.

La funzione obiettivo dell’investitore
Le scelte dell’investitore sono guidate soprattutto dalle variabili:
- rendimento: è l’espressione del risultato economico dell’operazione ed è espresso in
   percentuale e su base annua; si compone attraverso:
   ~il prezzo di acquisto dell’attività finanziaria,
   ~i redditi periodici,
   ~il valore di rimborso,
   ~i costi di transazione,
   ~gli oneri fiscali,
   la determinazione del rendimento consente un immediato confronto tra differenti
   investimenti in Af;
- rischio: si riferisce all’impossibilità di prevedere con esattezza il risultato di una
   determinata operazione; i principali tipi sono:
   ~ rischio del tasso d’interesse (dipende dalle variazioni del mercato in
       contrapposizione a quelle del tasso a reddito fisso),
   ~ rischio di cambio (variazione delle valute),
   ~ rischio di insolvenza,
   ~ rischio di prezzo (variazione nelle quotazioni),
   ~ rischio di perdita del potere d’acquisto (tramite l’inflazione),
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    ~ rischio di liquidità (difficile conversione in moneta).
Esiste una stretta relazione tra le due variabili nel senso che l’investitore effettua le
proprie scelte accettando combinazioni crescenti di rendimento-rischio. Per cui, di
fronte ad Af alternative con uguale rendimento, l’investitore preferisce quella con minor
rischio, mentre tra Af con uguale rischio preferisce quelle con un rendimento atteso
maggiore: il maggior rendimento atteso da un’Af rischiosa è definito “premio al rischio”.

La funzione obiettivo del prenditore di fondi
Le scelte del prenditore sono guidate principalmente da 2 variabili:
- costo: determinato da:
   ~l’importo del finanziamento ricevuto,
   ~gli oneri periodici che comporta,
   ~il valore di rimborso,
   ~gli effetti dell’imposizione fiscale,
   ~i costi di transazione;
- rischio: assume diverse tipologie intrinseche alle passività finanziarie:
   ~rischio del tasso d’interesse,
   ~rischio di cambio,
   ~rischio di solvibilità,
   ~rischio di instabilità delle forti di finanziamento utilizzate,
   ~rischio di condizionamento da parte del finanziatore: quando questi può interferire
     nell’indirizzo dell’attività d’impresa.
Il prenditore di fondi ha l’obiettivo di minimizzare il costo del finanziamento a
determinate soglie dei diversi rischi che fanno sorgere l’esigenza di stabilità e
controllabilità delle fonti. Esiste quindi tra costo e stabilità/controllabilità una relazione
diretta: maggiore è il costo, maggiore sarà la stabilità.

2. Le funzioni e le caratteristiche degli strumenti finanziari
Gli strumenti finanziari sono contratti che hanno per oggetto la realizzazione dello
scambio finanziario attraverso il trasferimento delle risorse finanziarie tra investitori e
prenditori di fondi, la classificazione degli strumenti amplia le opportunità di scambio
fra i soggetti. Queste le principali caratteristiche in base alle quali si distingue.

La natura dei diritti incorporati
- Strumenti che incorporano sia diritti di proprietà sia di credito (titoli rappresentativi del
   patrimonio si una società di capitali): con riferimento ai titoli azionari ci sono i diritti
   amministrativi (diritto di voto, di impugnativa per la tutela delle minoranze, di
   recesso e di opzione) e quelli di credito (diritto di partecipazione ai dividendi, al
   rimborso del patrimonio della società).
- Strumenti che incorporano esclusivamente diritti di credito: ovvero il diritto di ottenere
   prestazioni economico-finanziari come il pagamento a scadenza prefissata di una
   remunerazione a titolo d’interesse (tasso fisso o variabile) o il rimborso del capitale a
   termini prefissati; tale tipo di strumenti attribuiscono al prenditore un controllo
   minore sulla disponibilità delle risorse finanziarie ricevute e nessuna discrezionalità

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Appunti di Economia degli intermediari finanziari

  • 1. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari: il Sistema Finanziario Autori: Profman, Tytty, Gio, Barby
  • 2. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org Si ricorda che: - l'uso degli appunti qui presenti è consentito per solo uso personale e di studio; - la consultazione è gratuita ed ogni forma atta a ricavarne lucro è vietata! - gli appunti sono fatti da studenti che non possono assumersi nessuna responsabilità in merito; - il materiale qui presente non è sostitutivo ma complementare ai libri di testo: - devi (e ti consiglio) di consultare e comprare i libri di testo; - il materiale qui presente è distribuito con licenza Creative Commons Ti ricordo che se vuoi contribuire mandando degli appunti o quant'altro possa essere utile ad altri puoi farlo inviando il materiale tramite: http://profland.altervista.org/mail.htm Spero che ciò che hai scaricato ti possa essere utile. Profman Il file è stato scaricato/visualizzato in forma gratuita da Profland: http://profland.altervista.org sezione Profstudio http://profland.altervista.org/profstudio/profstudio.htm oppure da qualche mirror, come: www.profland.cjb.net www.profland.135.it o dalla pagina dedicata su slideshare.net: www.slideshare.net/profman 2/78
  • 3. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org Capitolo 1 IL SISTEMA FINANZIARIO 1. Il sistema finanziario È una struttura fondamentale dell’economia reale poiché ne migliora sostanzialmente il funzionamento, l’efficienza e, in definitiva, la capacità di produrre ricchezza: in altre parole è quella struttura attraverso cui si svolge l’attività finanziaria, cioè la produzione e l’offerta di servizi finanziari; infatti è l’insieme organizzato di mercati, intermediari finanziari e strumenti finanziari. Questi ultimi sono una particolare categoria di contratti aventi per oggetto diritti e prestazioni di natura finanziaria, negoziati in mercati specializzati (mercati finanziari). Gli intermediari finanziari sono una speciale classe di imprese che svolgono essenzialmente attività finanziaria, basata cioè sulla negoziazione di strumenti finanziari e sull’offerta di servizi connessi con la circolazione degli strumenti stessi. Il funzionamento avviene attraverso regole e controlli, conseguentemente quindi la quarta componente della struttura è costituita dalle autorità di vigilanza. 2. Le funzioni del sistema finanziario Il sistema finanziario realizza, attraverso produzione ed offerta di servizi finanziari, 3 fondamentali processi del finanziamento di un’economia moderna. L’offerta di strumenti di regolamento degli scambi Un sistema che basa la sua funzionalità sulla specializzazione e sulle diverse possibilità di posizioni, deve disporre di meccanismi di scambio – e di regolamento degli scambi – molto sviluppati ed efficienti. Il progresso è legato al fatto che la moneta accresce l’area di scambio: aumenta la possibilità di contropartita, si riducono i costi, si limitano i rischi. Non è più necessario produrre per esigenze di autocomsumo, ma si può produrre per il mercato, sfruttando i vantaggi della specializzazione. L’evoluzione storica della moneta accompagna tale specializzazione: si è passati dalla “moneta merce” (valore intrinseco, ad es. monete in metallo prezioso) alla “moneta segno” (valore in termini nominali), dalla “moneta bancaria” alla “moneta elettronica”. Questa evoluzione è dipesa dalla ricerca di nuovi mezzi di pagamento idonei a ridurre il costo delle transazioni e a renderne meno rischioso il regolamento. L’accumulazione del risparmio ed il finanziamento degli investimenti: il trasferimento delle risorse finanziarie La crescita di un sistema economico è basata sul volume e sulla natura degli investimenti realizzati in un determinato arco temporale. Il volume è condizionato dalla capacità di accumulazione del risparmio, mentre la natura dipende dalle scelte di allocazione dello stesso investimento in forma finanziaria. Accumulazione e allocazione del risparmio presuppongono che il sistema crei le condizioni più favorevoli: alle decisioni di risparmio dei soggetti con surplus di reddito sui consumi; alle decisioni di investimento del risparmio; alle decisioni di finanziamento dei soggetti in deficit. Per “condizioni più favorevoli” s’intende l’offerta – ai risparmiatori e utilizzatori finali delle risorse finanziarie – di incentivi più forti soprattutto perché si attivino circuiti di trasferimento che finanzino gli investimenti con maggiore redditività attesa, dato un 3/78
  • 4. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org certo livello di rischio (inteso come grado di incertezza su rendimento futuro di un investimento). Anche in questi tipi di trasferimenti esistono 2 tipologie di soggetti opposti: una parte (i risparmiatori) dispone al presente di “potere d’acquisto” in eccesso ed è disposta a scambiarlo con “potere d’acquisto futuro” (a patto che ci siano adeguati termini contrattuali e che ne derivi un vantaggio economico dato dal rendimento), un’altra parte ha al presente un deficit di “potere d’acquisto” che risolve attraverso contratti di finanziamento per poter effettuare investimenti reali di ammontare superiore all’autofinanziamento disponibile o per anticipare consumi rispetto all’attuale capacità di spesa. Il trasferimento delle risorse tra questi soggetti richiede che ci sia un certo grado di finanziarizzazione dell’economia, ossia la possibilità di incorporare il reddito non consumato e la ricchezza accumulata in contratti che rappresentino: - per il creditore: una forma di investimento finanziario; - per il debitore: una raccolta di risorse finanziarie aggiuntive. La finanziarizzazione produce 2 risultati fondamentali per l’organizzazione dell’attività economica: - la ricchezza reale: se rappresentata da strumenti finanziari, ha un più alto grado di liquidità e trasferibilità; - i soggetti con funzione di investimento reale: possono mobilitare risorse finanziarie ben oltre la capacità individuale. Una prima difficoltà è rappresentata dall’alto costo nella ricerca diretta della controparte e da un’incertezza sull’esito finale altrettanto elevata; una seconda sta nella ricerca del risultato desiderato, ossia nel livello di rischio incorporato nell’accordo: si tratta infatti di accordi a prestazioni differite. Il sistema finanziario opera al fine di rendere funzionale ed efficiente il processo di trasferimento delle risorse in diversi modi: come la definizione delle forme contrattuali, la produzione di informazioni di prezzo, ecc. Ciò configura un meccanismo attraverso cui si realizza un accentramento delle risorse proveniente da una moltitudine di risparmiatori e la redistribuzione delle stesse tra i diversi possibili utilizzatori. In tale ambito si inseriscono le funzioni del sistema finanziario. Un aspetto della natura dell’attività finanziaria è la rischiosità e la richiesta di modalità operative che ne favoriscano lo svolgimento. I fattori che favoriscono questo circuito sono in particolare 3, attraverso i quali si rafforza e si rende più efficiente il processo di trasferimento delle risorse finanziarie. - L’informazione: è importante per i risparmiatori conoscere il rischio inerente il rimborso alla scadenza. Bisogna avere informazioni accurate ex-ante sulla potenziale controparte per valutarne l’affidabilità, ma bisogna continuare a raccoglierle ex-post per monitorare l’utilizzo corretto dei fondi. Gli intermediari finanziari, insieme con i mercati organizzati, hanno la funzione di ridurre il gap di informazione cui è esposto il creditore e possono farlo in termini economicamente convenienti. Sono rilevanti 2 contributi informativi: ~ quello che serve per la misurazione del rischio (selezionare ex-ante e monitorare ex-post); 4/78
  • 5. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org ~ quello derivante dalla funzione di “informazione di prezzo” che consente un’allocazione decentrata, guidata da segnali di convenienza espressi attraverso la quotazione di strumenti finanziari (i contratti). Se si riassume il contenuto degli strumenti finanziari (profilo/rischio/rendimento), i contratti finanziari possono essere classificati lungo un’ideale curva di mercato in cui, per rischi crescenti, si hanno rendimenti attesi più alti. L’ampiezza delle forme contrattuali disponibili nel sistema finanziario facilita la copertura degli svariati schemi di preferenza di creditori e debitori: da quelli più avversi al rischio a quelli che ricercano un’alta esposizione. - La liquidità: identifica la possibilità di smobilizzare l’investimento prima della data di rimborso contrattuale. Essa è dunque funzione della natura degli strumenti finanziari che possono essere negoziabili o non negoziabili (nel primo caso la liquidità deriva anche dalla possibilità di negoziare gli strumenti in un mercato); del tipo di strumento e, infine, della presenza di mercati organizzati in cui lo scambio può avvenire con costi di transazione molto bassi e prezzi trasparenti. - La trasformazione del rischio: i creditori più avversi al rischio possono ritenere non finanziabile la parte più rischiosa dei prenditori di fondi, per ovviare a questa difficoltà, il sistema finanziario opera una trasformazione del rischio, ciò rende possibile che i creditori trovino una forma di impiego che soddisfi la bassa propensione al rischio e che i prenditori siano finanziabili nonostante presentino un rischio elevato o ricorrano a strumenti più rischiosi. Meccanismi attuabili sono: ~ assunzione di una parte del rischio del prenditore sul bilancio dell’intermediario (raccolta fondi a breve termine per finanziare prenditori di fondi rischiosi); vanno considerati due aspetti: la trasformazione delle scadenze, il minor rischio dell’intermediario rispetto ad un prenditore individuale; ~ possibilità di impiego del risparmio sotto forma di partecipazione ad un portafoglio di strumenti finanziari che comporta un rischio minore. La gestione dei rischi Il rischio è l’essenza dell’attività finanziaria. Tuttavia, il sistema svolge anche una funzione di gestione dei rischi in forma più diretta di quanto non derivi dai fattori informazione, estroversione del rischio, liquidità. Esistono 2 componenti essenziali. - I contratti a termine: comprendono una vasta gamma di applicazioni: da quelli sulle merci a quelli su strumenti finanziari. La negoziabilità a termine delle merci è un modo per favorire gli scambi e soprattutto per gestire il rischio che un operatore affronta in relazione all’andamento futuro dei prezzi della merce stessa. Tale gestione del rischio può essere fatta in contratti a termine negoziati in mercati organizzati. Il collocamento in tali mercati ha anche la funzione di ridurre o limitare i costi di ricerca della controparte. I mercati a termine di strumenti finanziari sono una stretta derivazione del mercato delle merci: l’oggetto è il rischio nelle diverse forme dell’attività finanziaria, che può derivare ad un operatore dall’andamento futuro di una molteplicità di grandezze finanziarie (il cambio, il tasso d’interesse, il prezzo dei titoli, ecc.). Il profilo di rischio, assunto da una parte con un contratto base, può essere gestito attraverso l’emissione di contratti derivati che modifichino la posizione originaria. 5/78
  • 6. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org - L’attività assicurativa: ha per oggetto la negoziazione dei c.d. rischi puri, che si manifestano cioè sottoforma di perdite o danni futuri e non determinati nel tempo e nella misura. La gestione dei rischi puri tramite una polizza assicurativa comporta il trasferimento del rischio ad un intermediario specializzato (compagnia di assicurazione): l’assicurato trasforma un evento futuro, dannoso ed incerto per gravità e frequenza, in costo certo (premio della polizza). La compagnia è in grado di far fronte ai suoi impegni di risarcimento con un processo di pooling, assumendo un numero alto e diversificato di rischi per il cui complesso è possibile prevedere frequenza e gravità dei danni. In termini più strettamente finanziari, il trasferimento del rischio puro ha come contropartita il pagamento di premi che vengono investiti in riserve (investimenti finanziari) da cui verranno prelevati i fondi necessari per compensare gli assicurati. 3. Natura e classificazione degli strumenti finanziari Gli strumenti finanziari sono contratti che hanno per oggetto transazioni finanziarie, classificati in base agli specifici profili contrattuali che corrispondono a funzioni diverse e comportano rischi differenti. - Natura del diritto oggetto del contratto: ~ partecipazione (ad es. azione), ~ credito (ad es. concessione di fondi), ~ impegno (ad es. futures o options). - Negoziabilità: ~ strumenti negoziabili: la trasferibilità può essere vista come fatto tecnico o in un mercato, ~ strumenti non negoziabili: basati su un rapporto contrattuale fermo tra le parti fino alla scadenza. - Liquidità: è funzione della convertibilità in moneta senza ritardo temporale e perdita in conto capitale; i fattori sono: ~ la scadenza, ~ la negoziabilità in un mercato. 4. La struttura del sistema finanziario I mercati finanziari sono il luogo di scambio degli strumenti finanziari. Nei mercati mobiliari si negoziano strumenti finanziari in forma di titoli mobiliari, ossia quelli trasferibili nel corso della durata contrattuale. Le funzioni dei mercati finanziari sono così riassumibili: - finanziamento per gli emittenti del sistema finanziario, - impiego di risorse finanziarie per gli investitori, - gestione dei rischi per i soggetti esposti, - negoziabilità degli strumenti, - quotazione dei sistemi finanziari negoziati, - controllo degli emittenti. I mercati mobiliari invece si differenziano per: 6/78
  • 7. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org - classe di sistemi finanziari negoziati (mercato monetario: strumenti a breve termine; mercato dei capitali: azioni e obbligazioni; mercati derivati: futures ed options), - dimensione geografica (nazionale, internazionale), - natura istituzionale (regolamentati o non, pubblici o privati), - struttura logistica (mercati fisici, mercati telematici, ecc.), - procedure di negoziazione (asta, market making, ecc.). Gli intermediari finanziari sono imprese specializzate: - nella produzione di strumenti finanziari, - nella loro negoziazione e nell’offerta di servizi di consulenza connessi. Si classificano in: - intermediari creditizi: caratterizzati dalla funzione creditizia dal lato dell’attivo e dal passivo c.d. nominalistico (banche); - intermediari mobiliari: caratterizzati da una prevalente attività di negoziazione e di gestione; gli investitori istituzionali sono caratterizzati dall’attività principale di negoziazione delegata con tecniche “di portafoglio” e dal fatto di avere un passivo a valore di mercato; - compagnie di assicurazione: caratterizzate dalla funzione di gestione dei rischi puri e da un collaterale circuito finanziario - banca centrale: è una speciale figura di istituzione finanziaria, in quanto svolge una particolare forma di intermediazione finanziaria, anche se è prevalentemente da considerarsi come organo di controllo monetario dell’economia e di autorità. 7/78
  • 8. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org Capitolo 2 LA STRUTTURA FINANZIARIA DELL’ECONOMIA 1. Lo sviluppo dell’economia monetaria La moneta può essere definita come qualsiasi mezzo generalmente accettato come mezzo di pagamento. Economia monetaria è quindi un termine che si usa con riferimento all’organizzazione di un sistema economico in cui gli scambi di beni e servizi sono regolati attraverso la moneta: sia il consumatore finale sia le imprese sia il contribuente pagano in moneta. Tutto ciò significa che ogni bene o servizio oggetto di scambio ha un valore definito in un’unità monetaria che è la valuta del paese. In uno stadio moderno dell’economia, l’utilizzo di nuovi strumenti di pagamento (carta di credito, moneta elettronica) cresce progressivamente. In un’economia primitiva, gli scambi erano basati sul baratto delle merci, cosa che richiedeva una doppia coincidenza delle preferenze e dell’indivisibilità dei beni, comportando costi di ricerca elevati. La soluzione è consistita nel fare in modo che i beni fossero scambiati a fronte di un corrispettivo, facendo nascere la funzione di beni moneta, che diventavano cioè quella che oggi si chiamerebbe “unità di conto”. Lo scambio regolato da un mezzo di pagamento accrebbe le diverse possibilità dello stesso, il numero di fabbisogni soddisfatti, il passaggio da un’economia di autocomsumo ad un economia di scambio, quest’ultima a sua volta è il presupposto affinché le attività economiche possano essere organizzate sfruttando il principio della specializzazione. L’evoluzione della moneta è segnata fondamentalmente dal passaggio dalla moneta- merce alla moneta-segno. Tale passaggio si ha allorché prende piede la possibilità di sostituire la moneta-merce con titoli rappresentativi della stessa. Questa sostituzione si verifica per ragioni pratiche: i mercanti del rinascimento trovavano più economico e sicuro fare uso di certificati di deposito piuttosto che trasferire fisicamente la moneta metallica. Il passaggio chiave si è avuto quando ci si rese conto che la circolazione di certificati non richiedeva l’integrale copertura di moneta metallica. Per la banca non fu quindi più necessario tenere una scorta di moneta legale pari all’ammontare dei depositi (dato che non saranno ritirati mai tutti contemporaneamente). L’evoluzione storica degli strumenti di pagamento è influenzata da alcuni fattori: - il costo: ricerca di mezzi con costi di transazione sempre più bassi; - il rischio: derivante dall’uso o dalla detenzione di un mezzo di pagamento; - la funzionalità: capacità del mezzo monetario di rendere un servizio utile in termini di tempo di esecuzione, di affidabilità e di informazione. La moneta svolge 3 funzioni differenti: 1. come mezzo di scambio; 2. come unità di conto (prezzi); 3. come riserva di valore (possibilità di riutilizzo). In senso più restrittivo, la definizione di moneta comprende il circolante (cioè la moneta legale) detenuto dal pubblico e i depositi monetari (emissione di assegni), in gergo è l’aggregato M1. Il secondo aggregato (M 2) è la somma tra M1 ed i depositi con scadenza a 2 anni, la componente aggiunta è composta da quegli strumenti che non consentono al titolare un diretto utilizzo come mezzo di pagamento, ma facilmente convertibili in moneta. 8/78
  • 9. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org Infine M3 è l’aggregato più esteso in quanto comprende anche i titoli di mercato monetario, le quote di fondi comuni monetari, le obbligazioni fino a 2 anni di durata. Uno dei tratti dell’innovazione finanziaria è di offrire strumenti sempre più efficaci nel combinare liquidità e rendimento. L’utilizzo della moneta nel regolamento degli scambi, comporta uno sdoppiamento dei circuiti economici, ossia 2 flussi di segno opposto: - quello dei beni/servizi dal venditore al compratore; - quello della moneta dal compratore al venditore. Produttori ed utilizzatori sono collegati da un duplice circuito (con valori equivalenti): - uno reale: che può essere ulteriormente classificato in: ~ circuito dei beni/servizi: costituito dai prodotti venduti agli utilizzatori (flusso reale) e dai ricavi corrispondenti (flusso monetario), ~ circuito dei fattori produttivi: rappresentato dalle prestazioni di lavoro o dagli apporti di capitale (flusso reale) e dai redditi pagati come compenso delle prestazioni stesse (flusso monetario); - uno monetario: dei prezzi (ricavi) e delle remunerazioni di lavoro e capitale. Il prodotto finale (Y) può essere visto come somma del valore di beni/servizi destinati al consumo (C) e del valore dei beni di investimento utilizzati nelle attività produttive (I): Y=C+I La misura più comune è quella del PIL, ovvero di un aggregato rappresentativo della produzione finale del paese e riferibile alle unità produttive operanti all’interno del paese. Il reddito nazionale equivalente (Y) può essere visto nella sua ripartizione tra spesa per consumi (C) e quota di reddito non consumata, cioè risparmio (S): Y=C+S Il risparmio accumulato nel sistema è alla base delle spese di investimento. In economia chiusa deve essere S = I. In economia aperta, la formazione del capitale si raccorda con l’accumulazione di S con il saldo degli scambi del paese nei confronti dell’estero; ciò significa che l’economia potrebbe avere un surplus di investimenti (I) rispetto al risparmio disponibile (S), in tal caso la differenza sarà finanziata dal saldo negativo delle partite correnti della bilancia commerciale (IMP>EXP), naturalmente vale il discorso inverso. 2. La struttura finanziaria dell’economia Ogni soggetto (famiglia, impresa o ente pubblico), in un dato periodo di tempo, presenta un equilibrio economico espresso dalla differenza tra ricavi (entrate) e costi (uscite). Tale differenza, se positiva, misura il risparmio. Oltre al conto economico, si può avere un quadro completo anche attraverso la situazione patrimoniale, dove il patrimonio netto è la voce di collegamento al conto economico in quanto in esso confluiscono i risultati d’esercizio. Emergono qui i concetti di stock e flusso. Il risparmio è una variabile flusso, ci registra la dimensione di un fenomeno in un determinato periodo di tempo. Il patrimonio è una variabile stock, cioè la misura di un fenomeno in un dato momento. Il comportamento di ogni unità economica sarà quindi caratterizzata, oltre che da accumulazione di ricchezza (PN), da investimenti in attività reali e da investimenti sotto forma di crediti. Il finanziamento di queste 2 classi può farsi anche ricorrendo al debito. 9/78
  • 10. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org Si introduce così, il concetto di attività e passività finanziarie, a cui si associa la definizione di strumento finanziario, che assume per l’investitore, la natura di attività finanziaria (Af), in quanto egli vanta un diritto nei confronti del reddito e della ricchezza presenti e futuri dell’emittente (debitore) dello strumento finanziario. Il concetto di passività finanziaria (Pf) è speculare a quello di attività, che, dal lato dell’emittente, rappresenta un impegno patrimoniale. La moneta è un’Af speciale, caratterizzata dalla sua diffusa accettazione come mezzo di pagamento. Si può riferire ad un credito verso la Banca Centrale (moneta legale) o come un credito verso una banca (moneta bancaria). Le attività reali (Ar) sono beni con valore intrinseco, dato che possono produrre servizi di utilità reale e immediata per il possessore. Le Af non hanno un valore intrinseco, ma rappresentano beni reali e sono facilmente trasferibili (al contrario delle Ar); inoltre generano redditi per il possessore, ma per l’economia non corrispondono a produzione di beni/sevizi. In pratica rappresentano un modo poco costoso di mantenere/trasferire i diritti sulla ricchezza e sul reddito. Se i mercati finanziari sono ben funzionanti, con la rappresentazione della ricchezza reale nelle Af, si può sviluppare il processo allocativo delle risorse. Ricchezza finanziaria Stock di attività finanziarie detenute (Af) Ricchezza finanziaria netta Ricchezza finanziaria al netto delle passività finanziaria (Af – Pf) Ricchezza reale Stock di attività reale in essere (Ar) Ricchezza reale netta Stock di investimenti reali al netto dei fondi di ammortamento Ricchezza totale lorda Ricchezza finanziaria + Ricchezza reale Ricchezza totale netta Ricchezza finanziaria netta + Ricchezza reale netta Il concetto di saldo finanziario L’equilibrio patrimoniale con grandezze stock può essere trasformato in uno schema fonti ed usi dei fondi, che consente un’analisi più efficace del comportamento finanziario delle unità economiche. La rappresentazione è semplificata dal fatto che si considera solo la possibilità di variazione “netta” delle posizioni di stock. Il vincolo contabile dell’uguaglianza tra fonti ed usi di fondi è: I + ∆Af = ∆Pf + S Il saldo finanziario (Sf) di un’unità economica sarà definito come divario tra S ed I: Sf = S - I così da misurare l’eccedenza (Sf > 0) o il deficit (Sf < 0) di risorse a fronte dei fabbisogni per investimenti. La qualifica di finanziario si riferisce al fatto che un Sf > 0 comporta necessariamente un riequilibrio “fonti-usi”, attraverso nuovi investimenti in Af; un Sf < 0 comporta un ricorso a nuova Pf. Si ha quindi: Sf = ∆Af - ∆Pf che misura l’equilibrio tra disponibilità di risorse (S) ed utilizzo delle stesse (I reali). Ciò può essere visto sia come equilibrio tra grandezze reali (S e I), sia come equilibrio speculare tra grandezze finanziarie (flussi di Af e Pf). 10/78
  • 11. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org I settori istituzionali Per poter analizzare il comportamento di unità economiche è necessario semplificare, rappresentando l’economia attraverso pochi soggetti: aggregati in classi per omogeneità di comportamento, e che manifestano autonomia e capacità di decisione in campo economico-finanziario; 1. società non finanziarie: società e quasi-società private e pubbliche (aziende autonome, Ferrovie dello Stato); 2. società finanziarie: articolate in 4 settori: istituzioni monetarie finanziarie (Banca d’Italia e altre), altri intermediari finanziari (sim, fondi comuni), ausiliari finanziari (autorità di controllo), imprese di assicurazione e fondi pensione; 3. amministrazioni pubbliche: articolate in 3 sottosettori: amministrazioni centrali, amministrazioni locali, enti di previdenza e assistenza; 4. famiglia e istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie; 5. resto del mondo. La matrice fonti e usi di fondi È un modo efficace di rappresentare la rete di relazioni reali (S e I) e finanziarie (Af, Pf e struttura Sf). È divisa in 3 sezioni per i diversi settori indicati nelle diverse colonne. Nella I sezione c’è la distribuzione del risparmio e degli investimenti per settori. La II sezione riporta (analogamente per ogni settore) le variazioni di Af e Pf; dato il vincolo contabile la differenza ∆Af - ∆Pf compensa il Sf (S – I). La III sezione entra nel dettaglio della composizione degli aggregati Af e Pf: per ogni strumento finanziario, sulle righe compaiono le variazioni nelle posizioni di debito (emittenti) e di credito (detentori), quindi una sorta di “movimentazione” che lo strumento ha avuto nell’intervallo. Leggendo in verticale (quindi per settore), si possono ricavare sia la misura dei Sf che la composizione delle Af detenute e delle Pf emesse. I limiti conoscitivi dei saldi finanziari settoriali Sono legati alla metodologia di costruzione dei saldi stessi. L’osservazione principale riguarda la natura dei dati: la rappresentazione dei Sf settoriali è basata sui dati ex-post, mentre nulla dice circa le motivazioni ex-ante (ad es. circa il fabbisogno di trasferimento). Dunque tra dati di comportamento ex-post e fabbisogno ex-ante, possono esserci divari significativi per diverse ragioni: - le unità finali (risparmiatori e investitori) possono ricercare strumenti finanziari che il mercato non offre; - può esserci divergenza di aspettative: ad es. il risparmiatore investe solo con un rendimento del 15%, mentre il mercato propone performance più basse. Se si verificano tali circostanze possono esserci 2 conseguenze: - effetto di quantità: alcuni operatori modificano le preferenze ex-ante (ad es. rinuncia al risparmio o all’investimento); - effetto di composizione: varia il mix di Af e/o di Pf degli operatori che non trovano gli strumenti desiderati. La conclusione è che il sistema finanziario, attraverso la capacità di soddisfare la domanda delle unità finali, svolge un ruolo chiave per le performance dell’economia reale (livello di S e I a scelta degli investitori). 11/78
  • 12. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org La struttura dei saldi finanziari Aiuta a capire, all’interno dell’economia, da dove provengano le risorse (settori Sf > 0) e dove vengano destinate (Sf < 0), si può avere cioè un’idea dei trasferimenti finanziari. La rappresentazione, però, per essere completa, deve essere integrata con altri elementi di analisi, in particolare gli strumenti finanziari in cui sono incorporate risorse e canali utilizzati. La composizione delle Af e delle Pf dei settori Indica rispettivamente le scelte di investimento delle risorse finanziarie disponibili (quali strumenti ed in che misura sono stati preferiti, da notare che il settore famiglia è tipicamente in surplus) e le scelte di finanziamento (quali strumenti di provviste di fondi sono stati adottati, da notare che è un settore tipicamente in deficit). Una prima analisi da compiere è quella storica, relativa all’andamento in un determinati paese. Successivamente viene l’analisi comparata tra paesi, che evidenzia diversità importanti, quanto ai paesi, degli strumenti di mercato (azioni e obbligazioni) e con particolare attenzione al peso dei debiti verso intermediari creditori. I parametri di valutazione La struttura finanziaria dell’economia è un fenomeno difficile da rappresentare attraverso parametri troppo semplificati anche se possono trarsi alcune conclusioni dai seguenti indicatori: - il grado di separazione tra funzione S e funzione I (∑|Sf/Pil|): esprime la misura della dissociazione tra le due funzioni; dati il risparmio nazionale e la sua concentrazione presso le unità che non investono, comporta una funzione di trasferimento più ampia; - il rapporto di interrelazione finanziaria (Af/Ar): indica il grado di sviluppo dell’economia finanziaria e si assume che allo sviluppo dell’economia reale facciano seguito rapporti più complessi ed articolati fra unità e che ne derivi un’articolazione dei fabbisogni di servizio finanziario; indicazioni simili possono ricavarsi dal rapporto tra stock di Af (o Pf) e Pil; - il rapporto di intermediazione finanziaria (Af1f/Af): misura l’importanza relativa delle attività finanziarie emesse da intermediari rispetto al totale delle attività, segnalandone il peso. 3. La struttura finanziaria dell’economia e l’intermediazione finanziaria La lettura dei Sf fornisce diverse indicazioni sui fenomeni importanti del funzionamento di un sistema economico. Sia il confronto tra paesi che l’analisi temporale, sono utili a capire i caratteri strutturali e l’evoluzione di ogni sistema. Il livello dei Sf è alla base del fabbisogno di trasferimento delle risorse finanziarie. In termini generali, si può assumere che ogni settore abbia una posizione che si colloca tra due estremi: - equilibrio finanziario: S = I  Sf = 0 - divergenza finanziaria: S = 0  Sf = I o I = 0  Sf = S. La dimensione dei saldi settoriali è tanto più elevata quanto più si avvicina alla divergenza; tali tipi di equilibrio sottintendono una specializzazione settoriale: alcuni per 12/78
  • 13. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org la funzione di accumulazione del S, altri per quella di I; si verifica cioè quella che viene chiamata “dissociazione risparmio-investimento”. Quest’ultima indica una situazione per cui: chi ha le risorse le impiega direttamente in investimenti reali, chi fa gli investimenti (reali) non ha le risorse (S) sufficienti per finanziarli; le due posizioni sono quindi strettamente complementari (si tratta di metterle in relazione). La funzione allocativa, che presuppone un processo di trasferimento delle risorse finanziarie fra unità in surplus e unità in deficit, è una delle ragioni d’essere del sistema finanziario, per diversi motivi anche in situazioni di equilibrio settoriale: - le attività finanziarie, oltre alla funzione di finanziamento/investimento, hanno anche funzioni di gestione di rischi; - Sf = 0 indica l’equilibrio del settore ma non la distribuzione dei saldi delle singole unità che la compongono o che comunque possa esserci ugualmente fabbisogno di trasferimento. C’è un altro fattore che deve essere considerato per completare l’analisi: l’incompatibilità della composizione dei portafogli di Af e Pf dei settori. I circuiti finanziari devono conseguentemente essere organizzati in modo da rendere possibile un finanziamento a lungo termine con una posizione di credito iniziale a breve, avviene cioè la trasformazione delle risorse finanziarie con cui si fa riferimento a diverse funzioni dei sistemi finanziari: - trasformazione delle scadenze: serve per risolvere incompatibilità tra preferenze delle unità in surplus (famiglie b. termine) e di quelle in deficit (imprese m./l. termine); - trasformazione dei rischi generati dall’indisponibilità delle unità in surplus ad investire in strumenti finanziari emessi direttamente dalle unità in deficit: un tale investimento comporta infatti l’assunzione diretta del rischio dell’emittente del rischio associato (ovvero del suo andamento economico e quindi alla sua capacità di rimborso); la presenza di intermediari riduce questa difficoltà. Il trasferimento delle riserve dalle unità in surplus a quelle in deficit può avvenire: - attraverso un circuito finanziario diretto: cioè attraverso strumenti finanziari che rappresentano un rapporto contrattuale tra l‘investitore (datore di fondi) e l’emittente (prenditore di fondi); basato su strumenti finanziari di mercato (Sfm) che contengono rapporti contrattuali che presuppongono una compatibilità tra le rispettive preferenze; - attraverso un circuito indiretto: cioè con l’investimento di uno o più intermediari, basato quindi sull’emissione di 2 o più strumenti finanziari: uno tra unità in surplus e intermediario (Sfi) e un altro tra intermediario e unità in deficit (Sff). Conseguenzialmente si può affermare che i mercati sono un “velo” tra datori e prenditori tra cui c’è un rapporto contrattuale; mentre al contrario, gli intermediari sono un soggetto che assume di volta in volta la posizione del debitore (con unità in surplus) e del creditore (con le unità in deficit). In parte, mercati ed intermediari, sono sovrapposti: ciò indica che gli intermediari possono usare strumenti finanziari negoziati nei mercati e possono esserne coinvolti nel funzionamento tecnico. 13/78
  • 14. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org Capitolo 3 REGOLAMENTAZIONE, VIGILANZA E POLITICHE DI CONTROLLO SUL SISTEMA FINANZIARIO 1. Il sistema dei controlli sul sistema finanziario: fondamenti, assetti istituzionali e obiettivi Il sistema finanziario è una parte dell’economia sottoposta a diverse forme di controllo da parte dei pubblici poteri. Le ragioni possono ricondursi a 4 punti principali. - La funzione monetaria e il governo monetario dell’economia: la moneta è costituita, oltre che da quella legale (emessa dalla banca centrale), dalla moneta scritturale (o bancaria), ossia da speciali forme di debito delle banche comunemente accettate come mezzo di pagamento e che rappresentano la componente più importante dell’offerta di moneta. Esistono due aspetti di interesse generale che spiegano l’esigenza e l’utilità del controllo delle banche: ~ per ragioni di sicurezza, stabilità ed efficienza, ~ per regolare la quantità di moneta a disposizione dell’economia e/o per governare altre grandezze chiave (tasso di interesse e di cambio) della politica monetaria. - La tutela del risparmio e la protezione degli investitori: il trasferimento del risparmio comporta un interesse generale nel rafforzare la fiducia del risparmiatore nei confronti dei prenditori di fondi; fra essi, per primi, gli intermediari finanziari. È opportuno quindi fissare regole cui devono sottostare questi ultimi che offrono forme di investimento ai risparmiatori. - L’esternalità negativa: se si considerano le banche come debitori, allora la crisi e l’insolvenza assumono un rilievo che va al di là della tutela dell’interesse del singolo investitore, in quanto una crisi bancaria può provocare esternalità negative per il sistema economico sotto forma di contagio verso altre istituzioni finanziarie, sfiducia e panico dei depositanti, determinando instabilità nella stessa economia reale. - Asimmetria informativa e fallimento del mercato: il rapporto creditore-debitore è intrinsecamente caratterizzato da un difetto di informazione a danno del creditore, che comporta un limite alla selezione efficace dei prenditori di fondi, essendo l’informazione insufficiente a stabilire una graduatoria di rischio ed il prezzo del credito in funzione del rischio stesso. Si determina conseguentemente un livello medio dei prezzi che non discrimina in base alla qualità del prenditore: i migliori pagano prezzi troppo alti e la fascia di qualità più bassa paga un prezzo insufficiente. Si arriva in tal modo a determinare il fallimento del mercato. Qui nasce l’interesse delle pubbliche autorità a fissare regole per rafforzare lo spessore e la qualità delle informazioni disponibili agli investitori (criterio della trasparenza). Esistono interventi a diversi livelli dei poteri dello Stato: - legislativo: normativa primaria per creare regole per le aree componenti il sistema finanziario (area bancaria, mobiliare e assicurativa); - esecutivo: interventi del governo con politiche di indirizzo a livello tecnico; - amministrativo: autorità di controllo indipendenti con competenze specifiche che operano attraverso politiche e strumenti di regolamentazione e vigilanza. La gerarchia non è univoca: la ragione principale è che la banca centrale è vista come istituzione cui spetta la “tutela del valore della moneta”. 14/78
  • 15. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org Gli obiettivi del controllo del sistema finanziario Si articolano nei 2 grandi ambiti degli obiettivi della politica monetaria ed in quelli della regolamentazione e vigilanza. I secondi sono identificabili negli obiettivi di stabilità ed efficienza, che a sua volta si divide in efficienza operativa (costo per l’economia reale) ed efficienza allocativa (qualità del processo di distribuzione delle risorse verso impieghi alternativi); inoltre questi obiettivi sono interdipendenti: massimizzare i risultati comporta costi crescenti. I controlli dell’entrata, come autorizzazione preventiva a costituire nuovi intermediari, sono posti alla base della regolamentazione della struttura del mercato e dell’intensità della concorrenza. Quest’ultima è spinta verso il basso attraverso la determinazione amministrativa di quantità e prezzi. 2. Le autorità di controllo del sistema finanziario La Banca d’Italia È la banca centrale a cui fanno capo la funzione di controllo della moneta e del credito e la funzione di vigilanza sul sistema bancario. Nasce nel 1893 come risultato di una fusione tra la Banca Nazionale del Regno, la Banca Nazionale Toscana e la Banca Toscana di Credito. Intorno alla funzione di istituto di emissione, essa sviluppa una serie di altre attività che la trasformano nella più complessa figura di “banca centrale”, determinando il passaggio dalla forma giuridica privata a quella di istituto di diritto pubblico. Le attività che svolge possono essere classificate in 4 aree funzionali: - come istituto di emissione: esercita un ruolo centrale nel sistema dei pagamenti e nell’organizzazione dei servizi tecnici alla base del sistema stesso (compensazione, coordinamento e regolamento delle iniziative interbancarie); - come banca centrale: ha dato attuazione alla politica commerciale con diversi strumenti con l’obiettivo di dare stabilità alla moneta (da notare che dal 1999 le funzioni principali di politica monetaria sono passate alla Banca Centrale Europea); - come organo di vigilanza: determina stabilità ed efficienza del sistema, funzioni queste che si integrano con gli interventi di altri organi (Consob, Isvap); - come organo di tutela della concorrenza: la Banca ha il compito di sorvegliare la condotta di mercato delle istituzioni finanziarie e di accertare eventuali situazioni e comportamenti potenzialmente o effettivamente lesivi della concorrenza, anche queste funzioni si integrano con l’attività di altre istituzioni (Autorità garante della concorrenza e del mercato). La Consob (Commissione nazionale per la società e la borsa) Ha il compito di controllare (regolamenta, autorizza e vigila) il settore mobiliare. È stata istituita nel 1974 e svolge un’attività orientata alla tutela degli investitori e al miglioramento dell’efficienza e della trasparenza del mercato. Le attività si articolano in: - regolamentazione: in merito a prestazione di servizi di investimento da parte di intermediari, a obblighi informativi delle società quotate e alle offerte al pubblico di strumenti finanziari; - autorizzazione: pubblicazione delle offerte pubbliche, istituzione di nuovi mercati regolamentati; 15/78
  • 16. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org - vigilanza: riguarda le società di gestione di mercati regolamentati, la trasparenza delle negoziazioni, la correttezza di comportamento di intermediari/promotori finanziari e delle informazioni fornite al mercato; - monitoraggio: riguarda eventuali anomalie nell’andamento delle negoziazioni (insider trading e aggiotaggio). Le aree di intervento della Consob sono: - la sollecitazione all’investimento: offerta o messaggio promozionale finalizzati alla vendita o sottoscrizione di prodotti finanziari; - gli obblighi di trasparenza degli emittenti di strumenti finanziari quotati; - i mercati regolamentati ed i soggetti che li gestiscono. L’Isvap (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo) Questo esercita il controllo del mercato e delle imprese di assicurazione attraverso le sue funzioni di regolamentazione, vigilanza e di autorizzazione. Nasce con la legge 576/82 assorbendo parte delle funzioni del Ministero dell’industria, con i compiti di: - vigilanza: sulla gestione tecnica, finanziaria e patrimoniale delle imprese di assicurazione per verificare l’osservanza della normativa; - analisi e ricerca: sempre sul settore assicurativo sia per controllare le tariffe sia come supporto tecnico al Ministero dell’industria; - tutela della concorrenza: effettuata insieme con l’Autorità garante ma in modo diverso da quanto accade per la Banca d’Italia (la Banca prende provvedimenti sentito il parere dell’Autorità, mentre per il settore assicurativo è l’Autorità che decide sentito il parere dell’Isvap). La Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione) Assicura la funzionalità del sistema di previdenza complementare, vigilando sulla corretta e trasparente gestione dei fondi pensione. È prevista dal d.lg. 124/93 che istituisce i fondi pensione. Tale vigilanza integra quella effettuata dal Ministero del lavoro e dalla previdenza sociale. Tale attività comporta rapporti e scambi di informazioni con le altre Autorità di controllo, in particolare con l’Autorità garante della concorrenza e con gli enti di controllo degli intermediari che possono assumere la funzione di gestione per conto dei fondi pensione (Banche, Sim, Imprese assicurative). La complessità del sistema di controlli fa sorgere il problema del coordinamento e dell’integrazione delle competenze e delle funzioni delle diverse autorità, quando queste hanno poteri di intervento sullo stesso oggetto. La situazione diventa complessa perché i confini tra aree di attività non sono netti. Per ordinare i rapporti, anche sul piano informativo, occorre stabilire un campo definito per ciascuna autorità basandosi su diversi criteri di ripartizione analizzando le aree di intervento della vigilanza: - istituzionale: in base alle categorie di soggetti vigilati, - funzionale: per tipo di attività svolta, - per finalità di vigilanza. 3. La Banca Centrale e la politica monetaria 16/78
  • 17. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org La politica monetaria rientra, con la politica dei redditi e di bilancio, nell’ambito più generale di quella economica, ossia nel sistema di strumenti che hanno come obiettivi finali: - la crescita del reddito, - l’occupazione, - la stabilità della moneta, - l’equilibrio della bilancia dei pagamenti. Gli obiettivi finali della politica economica (e quindi monetaria) sono rappresentati da parametri che misurano le performance dell’economica reale. L’azione della Banca centrale è svolta con interventi su strumenti/variabili di natura monetaria che si trasmettono sugli obiettivi finali secondo uno schema logico: variabili strumentali  obiettivi operativi  obiettivi intermedi  obiettivi finali es. base monetaria  riserve bancarie  quantità di moneta o di credito  risultato (più apprezzabile se più forte e stabile sarà la relazione tra variabili nel I e nel II stadio) Tale schema può semplificarsi se si considerano le relazioni tra Banca centrale, banche e settori finali (famiglie e imprese): un aumento di finanziamenti della Banca centrale alle banche aumenta le riserve con la possibilità di allargare i crediti alle imprese che a loro volta genereranno nuovi depositi, determinando un incremento di liquidità disponibile in grado di influenzare positivamente la domanda. La Banca centrale europea (Bce), l’Eurosistema e il Sistema europeo di banche centrali (Sebc) Con l’UE, il governo monetario dell’economia viene trasformato in un sistema sopranazionale sia per le istituzioni responsabili che per l’ambito di riferimento. Questa profonda innovazione si è determinata in 3 fasi: I. dal 1990 al 1993: si è pervenuti alla liberalizzazione del mercato dei capitali, all’allineamento dei cambi, al rafforzamento dell’autonomia delle banche centrali e al coordinamento delle politiche monetarie e valutarie; II. dal 1994 al 1998: sono stati predisposti e attuati i programmi pluriennali di convergenza in materia di finanza pubblica e di stabilità dei prezzi; è stato costituito l’Istituto monetario europeo (IME) che rappresenta il soggetto preparatore della Bce; III. iniziata l’1/1/1999: rappresenta il completamento di un iter complesso dove le competenze della politica monetaria delle banche centrali nazionali passano alle istituzioni europee. Strutturalmente è un sistema articolato in 3 entità: - Bce: vertice istituzionali ed operativo del sistema, i suoi organi decisionali governano le altre due entità; - Sebc: composto dalla Bce e dalle Bcn dei 15 stati che fanno parte dell’UE; - Eurosistema: composto dalla Bce e dalle Bcn che hanno adottato la moneta unica, di fatto, la gestione della politica monetaria, riguarda solo i paesi dell’Eurosistema. La distinzione tra Eurosistema e Sebc deriva dal fatto che la gestione della politica monetaria comune si applica ai paesi che hanno adottato la moneta unica e non a tutti i paesi rappresentati nel Sebc. Quest’ultimo, dal punto di vista funzionale, è un organismo complesso disegnato sul modello di altre autorità importanti come la Deutche 17/78
  • 18. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org Bundesbank. Dal punto di vista organizzativo invece opera attraverso la guida di 3 organi decisionali: - il Consiglio direttivo: è l’organo più importante che decide in merito alla politica monetaria, è composto dal Comitato esecutivo e dai Governatori delle Bcn dei paesi partecipanti alla moneta unica; - il Comitato esecutivo: comprende il Presidente ed il Vice-Presidente della Bce e altri 4 membri; dà attuazione alle decisioni di indirizzo di politica monetaria formulate dal Consiglio; rappresenta l’organo di gestione ordinaria della Bce; - il Consiglio generale: composto dal Presidente e dal Vice-presidente della Bce e dai Governatori di tutte le Bcn dei paesi dell’UE; la sua funzione è ristretta però al coordinamento tra autorità monetarie nazionali soprattutto verso i paesi in deroga. I compiti istituzionali del Sebc sono stati stabiliti dal Trattato di Maastricht in 4 punti: - definire e attuare la politica monetaria della comunità, - svolgere le operazioni sui cambi, - detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta degli Stati membri, - promuovere e regolare il funzionamento dei sistemi di pagamento: in questo caso il compito è stato di realizzare un sistema trans-europeo automatizzato di regolamento lordo in tempo reale (Target). L’obiettivo principale del Sebc è il mantenimento della stabilità dei prezzi, solo in secondo ordine può operare per il sostenimento delle politiche economiche generali della comunità. Tale preminenza ha diverse ragioni di carattere teorico, pratico e di contingenza, tra queste ultime si può menzionare la consapevolezza che i costi dell’inflazione sono così alti ed importanti da non poter non avere un’attenzione così forte (soprattutto ricordando le ondate inflazionistiche degli anni ’70 e ’80). Lo schema di base della politica monetaria In via semplificata la politica monetaria può ricondursi a 2 schemi alternativi: - monetary targeting: la Bce annuncia il tasso di crescita, giudicato accettabile in un certo arco temporale, dell’aggregato monetario assunto come rilevante; ogni scostamento comporta un intervento correttivo attraverso gli strumenti a disposizione della banca stessa, tale impostazione si fonda sull’ipotesi di una significativa correlazione tra quantità di moneta e andamento dei prezzi; - inflation targeting: la Bce annuncia un obiettivo programmato di inflazione e compie interventi correttivi ogni volta che l’inflazione effettiva si discosta; l’annuncio di tale obiettivo dovrebbe avere il vantaggio di rendere più stabili e uniformi le aspettative di inflazione, facilitando il raggiungimento dei risultati programmati, per contro, lo stesso obiettivo perseguito, non è direttamente legato ad una leva di intervento controllabile dalla Bce. Nell’Eurosistema, in particolare, è stato fissato un obiettivo di stabilità dei prezzi da mantenere in un orizzonte medio temporale. Per raggiungerlo è stata definita una strategia che comprende entrambi gli schemi. Da un lato si annuncia un valore di riferimento della crescita dell’aggregato monetario (M 3), dall’altro si definisce un ampio ventaglio di indicatori tra quelli che possono segnalare le tendenze future dei prezzi (capacità produttiva, costo del lavoro, tassi di cambio, ecc.). 18/78
  • 19. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org Il controllo dell’offerta di moneta Il modello del moltiplicatore della base monetaria si fonda sulla: - definizione di base monetaria (Bm), come attività controllata dalla Bc; - definizione di offerta di moneta (Om), come somma di moneta legale e depositi bancari con funzioni monetarie (D); - relazione tra Bm e D. La Bm emessa dalla Bc si ripartisce tra scorte monetarie detenute dal pubblico (Bm p) (e non da banche) e riserve monetarie detenute dalle banche (Rb), che a loro volta si distinguono tra riserve libere (Rl) e riserve obbligatorie (Ro): Bm = Bmp + Rb. Om = Bmp + D esprimendo Om come multiplo di Bm, si ha: Om Bm p + D = Bm Bm p + Rb dividendo tutto per D: Bm p +1 Om D = Bm Bm p Rb + D D Bm p dove rappresenta la propensione del pubblico a detenere scorte di base monetaria D R rispetto ai depositi bancari, rappresenta la misura delle scorte in base monetaria D detenute dalle banche. Se indichiamo i 2 rapporti con p e b si ha:  p+ 1 Om = Bm     p+ b formula che indica che Om è direttamente proporzionale alla Bm e ad un termine, quello tra parentesi, che dipende dal livello dei coefficienti di liquidità del pubblico e delle banche relativamente al livello di liquidità desiderata. Il livello p è influenzato principalmente dal rendimento degli impieghi alternativi alla moneta legale (tasso di interesse sui depositi) e dall’efficienza dei meccanismi operativi del sistema dei pagamenti (accesso al cash dispenser, ecc.). Il coefficiente b, a sua volta, dipende dal costo della detenzione delle riserve bancarie (rendimento delle riserve stesse, il vincolo di riserva obbligatoria, ecc.). In pratica, quindi, il moltiplicatore non è fisso, ma non può neanche considerarsi uno strumento di manovra per il controllo monetario. La Bce opera al fine di aumentare o diminuire la Bm in circolazione attraverso 2 categorie seguendo le regole del mercato e della libera concorrenza: - operazioni di mercato aperto: operazioni di pronti contro termine (con effetti temporanei) in cui la banca è acquirente di titoli a pronti quando vuole immettere Bm e venditore quando la vuole ridurre, in altri casi si tratta di operazioni di acquisto o vendita a titolo definitivo. Si distinguono in: 19/78
  • 20. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org ~ operazioni di rifinanziamento principali (durata 2 settimane, frequenza settimanale e modalità competitiva): sono il modo con cui la Bce regola l’indirizzo di medio termine della politica monetaria; ~ operazioni di rifinanziamento a più lungo termine (durata 3 mesi, frequenza mensile e modalità competitiva): sono il modo con cui la Bce soddisfa il fabbisogno strutturale di Bm; ~ operazioni di fine tuning (durata e frequenza non standardizzate, modalità competitive e con negoziazione bilaterale): mirano a regolare la liquidità nel mercato e controllare eventuali tassi quando sopraggiungono fluttuazioni ; ~ operazioni strutturali (durata e frequenza non standardizzate, modalità competitive e con negoziazione bilaterale): la Bce le effettua quando intende modificare la posizione strutturale dell’Eurosistema; - operazioni su iniziativa delle controparti: si tratta di finanziamento marginale o deposito marginale di durata overnight e con frequenza a discrezione delle controparti; consentono alle singole banche di risolvere momentanee carenze/eccessi di Bm evitando che gli squilibri si traducano in eccessiva volatilità dei tassi interbancari; i tassi su queste operazioni rappresentano gli altri tassi ufficiali della Bce insieme a quello sul rifinanziamento principale. La domanda di Bm del sistema bancario Ogni banca deve garantire sistematicamente la propria capacità di far fronte a tutte le richieste di pagamento delle controparti. Sarà necessario quindi per ognuna, detenere scorte monetarie adeguate rispetto alle previsioni di fabbisogno e cioè di deficit di liquidità generati da temporanei surplus di uscite sulle entrate. Le scorte monetarie detenute per motivi operativi costituiscono una parte delle Rb considerate nel moltiplicatore. L’altra parte di domanda di Bm è data dalla riserva di liquidità obbligatoria, ossia un vincolo di riserva minima che le banche devono detenere presso la Bcn in una determinata percentuale (al momento del 2%) delle passività, con durata inferiore ai 2 anni. Storicamente (1926) la riserva obbligatoria è nata come strumento di tutela dei depositanti, poi ha avuto funzione diretta nello schema del controllo monetario. In altre circostanze è stata usata come strumento di politica finanziaria (drenaggio dell’eccesso di quantità di Bm per il finanziamento del Tesoro e remunerazione a tassi inferiori a quelli di mercato). Nello schema del Sebc, la funzione è invece quella di creare una domanda stabile di riserva bancaria. 4. La regolamentazione e la vigilanza del sistema finanziario Con il termine ordinamento ci si riferisce a tutte le attività e le istituzioni che si riferiscono al paradigma (mercati/strumenti/intermediari), in altre parole si intende l’insieme delle norme volte a disciplinare le attività e le istituzioni dell’intermediazione finanziaria in un dato contesto politico-amministrativo che in genere coincide con lo Stato o, in un contesto più ampio come l’attuale, con l’UE attraverso le direttive comunitarie. Secondo l’impostazione di queste ultime, l’intermediazione è disciplinata per segmenti o tipologie di attività con un corrispondente ordinamento specifico. 20/78
  • 21. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org I criteri ed i fondamenti della normativa comunitaria L’obiettivo dell’UE è il concetto di mercato unico dei servizi finanziari con cui sia consentita la libera circolazione di persone, informazioni, capitali, merci e servizi. L’azione comunitaria è volta quindi a realizzare un sufficiente livello di armonizzazione fra ordinamenti vigenti negli Stati. Il modello scelto dall’UE può dirsi “baricentrico” rispetto agli ordinamenti nazionali, i fondamenti sono: - non specializzazione dei tipi di intermediari per tipi di attività svolta secondo un modello di banca universale; - attribuzione delle attività di investimento collettivo in valori mobiliari, a titolo di riserva, a organizzazioni specializzate; - regolazione del grado di separazione tra banca e impresa industriale sia a monte (partecipazioni industriali nel capitale bancario) sia a valle (partecipazione del capitale bancario in quello industriale). Nel recepimento/attuazione sono riconosciuti alcuni gradi di discrezionalità, quest’ultima, però, non può essere utilizzata in modo “opportunistico” e non può contrastare il principio di armonizzazione minima. Proprio l’armonizzazione minima è la condizione necessaria affinché gli ordinamenti nazionali possano condividere i principi di “libertà di prestazione di servizio” e di “libertà di stabilimento”: tali principi si realizzano tramite il criterio del mutuo riconoscimento (ogni ordinamento deve riconoscere la possibilità di ogni intermediario esterno ma comunitario di operarvi). La classificazione degli strumenti di vigilanza La classificazione adottata si basa sulla natura degli interventi e tiene conto delle finalità cui ogni strumento in primis si rivolge. - Vigilanza strutturale: è un approccio alla regolamentazione e si propone di determinare la configurazione di mercato più idonea a produrre la migliore combinazione tra: dimensione e mix produttivo dei singoli intermediari (posizionamento del livello minimo dei costi medi) e alto grado di soddisfazione per gli utilizzatori finali. Le due finalità non sono necessariamente compatibili. Il fondamento principale di tale schema è costituito dall’assunto che vi sia una relazione significativa tra la struttura del mercato, il comportamento degli intermediari e le performance degli stessi e del mercato. La vigilanza strutturale si propone di regolare la struttura dell’offerta in un determinato mercato per massimizzare la dialettica competitiva. A tal fine, gli strumenti significativi sono: entrata nel mercato; assetto organizzativo degli intermediari operanti; gamma delle attività che può svolgere ciascun intermediario; i requisiti degli azionisti degli intermediari e l’assetto di controllo societario; gli interventi amministrativi su quantità e prezzi degli intermediari. - Vigilanza prudenziale: sono strumenti attinenti la forma dei “criteri di gestione”, ai quali gli intermediari devono attenersi, finalizzati inoltre al controllo e alla delimitazione dei rischi. Qui la vigilanza si concentra sul rispetto delle regole di mercato. Gli interventi, infatti, evitano di condizionare direttamente il mercato, ma esprimono le regole del gioco su come si debba operare: sono regole oggettive e neutrali, trasparenti e stabilite ex-ante, in modo da essere una forma di incentivo/veicolo per gli intermediari. I principali strumenti sono: i coefficienti di bilancio applicati agli 21/78
  • 22. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org intermediari; l’adeguatezza organizzativa con riguardo alla dimensione delle risorse tecniche, manageriali e professionali e alla presenza di strumenti operativi che consentano il rispetto del principio di indipendenza organizzativa e gestionale; i requisiti di onorabilità, di competenza e di esperienza. - Vigilanza informativa (fair play regulation): comprende tutti gli strumenti di comunicazione ed informazione che possono contribuire alle asimmetrie informative tipiche dell’attività finanziaria. Si applicano: le operazioni finanziarie basate su un primo livello di valutazione economica del rischio; gli emittenti i titoli oggetto dell’operazione; gli intermediari nei confronti di emittenti ed investitori; gli intermediari nei confronti delle autorità di vigilanza; gli organismi responsabili del funzionamento e della gestione dei mercati mobiliari. Il risultato finale atteso da questi interventi di vigilanza informativa si colloca nell’area di trasparenza e correttezza informativa assunta come basilare per contratti il cui pricing si attiene ai requisiti di efficienza del mercato. L’importanza di tali interventi si apprezza se si parte dall’ipotesi che investitori e creditori si trovino in una condizione di svantaggio informativo rispetto ai soggetti finanziati. - Vigilanza protettiva: si tratta di strumenti che gestiscono situazioni di crisi degli intermediari con l’esigenza di far fronte al principio fondamentale della tutela del risparmiatore. L’importanza della gestione accurata delle situazioni di crisi si ricollega al problema delle esternalità che, comportando una sfiducia generalizzata verso il sistema finanziario, determinerebbe costi per l’economia reale. Ci sono 2 principali ambiti di intervento: ~ quelli destinati alla prevenzione, tra cui: i flussi di documentazione statistica tra intermediari e organo di vigilanza (allarme preventivo), le situazioni di illiquidità delle banche affrontate con interventi di rifinanziamento della banca centrale, le situazioni di difficoltà più seria che possono comportare provvedimenti come l’amministrazione straordinaria; ~ quelli che, quando la crisi è irreversibile, provvedono alla messa in liquidazione dell’intermediario. L’ordinamento dell’attività bancaria e di attività bancaria La banca è definita come l’impresa che è autorizzata all’esercizio dell’attività bancaria costituita dalla raccolta del risparmio e dell’esercizio del credito in forma esclusiva. Inoltre le banche esercitano ogni altra attività finanziaria in base alla propria disciplina, fatte salve le riserve di attività previste dalla legge. Con questa esclusione sono esercitabili tutte le attività, se ammesse al mutuo riconoscimento, che le banche possono esercitare direttamente o indirettamente in qualsiasi paese comunitario, ne sono un es.: la raccolta dei depositi, le operazioni di prestito, il leasing finanziario, i valori mobiliari, i servizi di intermediazione finanziaria del tipo money banking. La raccolta del risparmio fra il pubblico è vietata ai soggetti diversi dalle banche, tranne nei casi previsti dalla norma vigente. La nozione giuridica di intermediario finanziario identifica un soggetto operante nel settore finanziario ed esercente attività finanziaria secondo modalità che non integrano la definizione di attività bancaria. La definizione giuridica differisce da quella economica che colloca la banca fra gli intermediari finanziari intesi come imprese che intermediano sistematicamente risorse finanziarie. 22/78
  • 23. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org Le condizioni dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria viene concessa dalla Banca d’Italia quando si abbia: - la forma di s.p.a. o di soc. cooperativa per azioni a responsabilità limitata; - l’esistenza del capitale minimo versato; - la presentazione del programma dell’attività iniziale (atto costitutivo e statuto); - i requisiti di onorabilità stabiliti per i soci; - la struttura proprietaria che rispetti i presupposti dell’autorizzabilità; - i soggetti con funzioni di amministrazione, direzione e controllo abbiano requisiti di onorabilità e professionalità. Le condizioni sono verificate dalla Banca d’Italia che nega l’autorizzazione quando esse non garantiscono la sana e prudente gestione. La discrezionalità dovrebbe essere minima, poiché le condizioni sono oggettivamente verificabili. L’evidente corollario del principio dell’autorizzazione è l’esistenza di un albo in cui la Banca d’Italia scrive le banche autorizzate e le succursali delle banche comunitarie nel territorio nazionale. La banca autorizzata ha la facoltà di operare sul territorio nazionale ed in quello comunitario, nel rispetto delle condizioni poste dall’ordinamento di appartenenza, con l’insediamento di succursali o con la semplice prestazione di servizi a distanza. Diversamente, l’operatività delle banche nazionali in Stati extra-UE e l’esercizio delle attività non ammesse al mutuo riconoscimento sono sottoposte a regimi autorizzativi e disciplinari assai più onerosi. Le Autorità di controllo, preposta alla tutela della stabilità della banca, hanno sempre posto attenzione affinché l’esercizio dell’attività bancaria non venga controllata da soggetti portatori di interessi estranei, diversi o conflittuali con quelli istituzionali della banca. La normativa persegue l’obiettivo di autonomia o di separatezza sottoponendo ad autorizzazione preventiva l’acquisizione diretta o indiretta di partecipazioni che comportino il controllo della banca stessa o che superino il 5% del capitale. È inoltre vietata una partecipazione superiore al 15% o comunque di controllo a soggetti che svolgano attività d’impresa in settori non bancari o finanziari. Per l’accertamento dei limiti (5 e 15%) e della posizione di controllo, la Banca d’Italia deve accertare l’eventuale esistenza di accordi che consentono l’esercizio concertato del diritto di voto. Qualora tali accordi pregiudichino la gestione sana e prudente della banca, la Banca d’Italia ha la facoltà di sospendere il diritto di voto dei partecipanti all’accordo e di richiedere informazioni atte ad accertare la composizione della struttura proprietaria effettiva della banca. Il TU attribuisce alla Banca d’Italia funzioni e poteri di vigilanza volti a tutelare la sana e prudente gestione, la stabilità complessiva, l’efficienza e la competitività del sistema finanziario. La Banca d’Italia emana disposizioni generali che hanno per oggetto: - l’adeguatezza patrimoniale: con cui impone alle banche il mantenimento di un coefficiente patrimoniale minimo obbligatorio, per tutelare la solvibilità della banca e 23/78
  • 24. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org si riferisce alla composizione dell’attivo patrimoniale ponderato in funzione delle classi di rischio di appartenenza; - il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni: ~ la concentrazione dei rischi per grandi fidi: disposizioni finalizzate a mantenere una diversificazione del rischio di credito per classi di imprese, ~ la trasformazione della scadenza e l’esposizione al rischio d’interesse: la prima comporta sia rischi finanziari di liquidità legati alla lentezza della rotazione dell’attivo rispetto al passivo, sia rischi economici riferibili alla possibilità che le variazioni dei tassi comportino diminuzioni del margine d’interesse, ~ i rischi di mercato: identificabili nelle possibili variazioni di valore delle attività finanziarie per fatti di mercato; - le partecipazioni detenibili: si dividono in 2 insiemi: ~ partecipazioni in banche, società finanziarie, assicurazioni: sono disciplinate da norme ed istruzioni che riguardano il gruppo bancario, ~ partecipazioni in altri soggetti indicati come imprese non finanziarie le cui disposizioni riguardano forme di tutela prudenziale, distinguendo: a. il limite complessivo: nel valore massimo totale della partecipazione detenibile in rapporto al patrimonio della banca, b. il limite di concentrazione: rapporto massimo tra singola partecipazione detenuta e patrimonio della banca, c. il limite di separatezza: rapporto massimo tra singola partecipazione detenuta e patrimonio dell’impresa partecipata. La banca d’Italia aumenta tali limiti in relazione all’appartenenza a: - banche abilitate: ossia di primaria importanza e quindi autorizzate a maggiore operatività; - banche specializzate: con le stesse caratteristiche di quelle abilitate con raccolta prevalentemente a medio/lungo termine con preclusione di quella a vista. In conclusione le disposizioni sul contenimento del rischio da un lato pongono precisi confini all’attività bancaria e dall’altro attribuiscono peso e criticità alla variabile economica del patrimonio che diviene il perno principale e fondamentale della gestione. Il gruppo bancario è composto alternativamente da: - la banca italiana capogruppo e dalle società bancarie finanziarie controllate; - la società finanziaria capogruppo e dalle società bancarie finanziarie controllate. L’azienda capogruppo è definita in funzione di 2 caratteri necessari: l’appartenenza alla nazionalità italiana e l’autonomia da qualsiasi altra persona giuridica controllante. Le istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia precisano che nel gruppo si realizza un disegno imprenditoriale unitario e che la capogruppo referente della Banca d’Italia esercita attività di direzione e coordinamento, controllo strategico e gestionale, tutto nell’interesse della stabilità del gruppo. In definitiva, nell’ordinamento vigente, le attività finanziarie possono esercitarsi secondo 2 modelli istituzionali diversi: - banca universale: esercita congiuntamente, internamente e direttamente tutte le attività bancarie e finanziarie ammesse con diversificazione “universale”; 24/78
  • 25. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org - gruppo bancario: consiste nell’esercizio di attività bancarie e finanziarie da parte di un unico soggetto economico mediante aziende giuridicamente separate ma dirette e coordinate sotto un disegno imprenditoriale unico. La disciplina prende in esame tutti gli altri soggetti operanti nel settore finanziario, diversi dalle banche, e noti come intermediari finanziari, che svolgono: - assunzione di partecipazioni, - concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, - prestazione di servizi di pagamento, - intermediazione in cambi. Le norme prevedono l’obbligo di iscrizione di tali intermediari in un elenco generale presso il Ministero del tesoro che si avvale dell’Ufficio italiano dei cambi. Per quelli caratterizzati da rischio sistemico (inteso come rischio di altri intermediari ad essi legati da rapporti di credito) – società di leasing, factoring, investiment banking – esiste l’ulteriore obbligo d’iscrizione in un elenco speciale tenuto dalla Banca d’Italia che ha quindi poteri di vigilanza nei loro confronti. L’ordinamento prevede una dettagliata normativa per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari applicata a tutte le attività svolte nel territorio che perseguono il fine di tutela della controparte contrattuale, che viene in linea di principio considerata contraente debole o inconsapevole. 5. La disciplina dei mercati di strumenti finanziari Dai mercati pubblici ai mercati-impresa: uno dei maggiori cambiamenti è stato l’adozione sistematica di forme giuridiche proprietarie e comportamentali di carattere privatistico. Tale cambiamento arriva in Italia con la privatizzazione della Borsa nel 1997. Generalmente le motivazioni sono: - intensificazione della competizione sopranazionale sia tra intermediari finanziari che tra mercati; - innovazione tecnologica che consente il passaggio dai mercati fisici a quelli telematici; - la rottura dei confini spaziali: cioè i mercati sono portati a competere, come qualsiasi impresa, su fattori distintivi come la qualità e il costo dei servizi offerti; - è comprensibile che ciò esalti la criticità dell’adozione di una visione imprenditoriale in cui prevalgano autonomia gestionale e autoregolamentazione. L’organizzazione e la gestione dei mercati: autonomia gestionale e autoregolamentazione non significano scomparsa dell’interesse dei pubblici poteri al controllo dei mercati finanziari, ma modifica delle modalità di attuazione del controllo con il prevalere di funzioni di verifica e vigilanza sugli atti di autoregolamentazione piuttosto che di azione diretta di regolamentazione operativa. 25/78
  • 26. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org La società di gestione dei mercati: è una s.p.a. senza scopo di lucro che gestisce e organizza i mercati regolamentati, in particolare: - la Consob determina il capitale minimo della società di gestione e le attività; - il Ministro del tesoro, sentita la Consob, stabilisce i requisiti di onorabilità e professionalità dei soggetti, determina quelli di onorabilità dei partecipanti al capitale. Il regolamento del mercato: deliberato dall’assemblea ordinaria della società di gestione, il regolamento deve avere come contenuto minimo obbligatorio: - le condizioni e le modalità di ammissione, esclusione e sospensione degli operatori e degli strumenti finanziari delle negoziazioni; - le condizione e le modalità per lo svolgimento delle negoziazioni; - le modalità di accertamento, di pubblicazione e di diffusione dei prezzi; - i tipi di contratto ammessi alle negoziazioni. L’autorizzazione dei mercati regolamentati: è di competenza della Consob che procede sulla base di 2 principali fasi di accertamento: - l’esistenza dei requisiti richiamati relativamente alla società di gestione; - la conformità del regolamento alla disciplina comunitaria e la sua idoneità ad assicurare la trasparenza del mercato, un ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori. 6. L’ordinamento delle attività di gestione dei servizi di investimento Secondo il TU, per servizi di investimento si intendono le seguenti attività (quando abbiano per oggetto gli strumenti finanziari): - negoziazione per conto proprio; - negoziazione per conto terzi; - collocamento con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo; - gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi; - ricezione e trasmissione di ordini, nonché mediazione. Le imprese di investimento esercitano professionalmente nei confronti del pubblico servizi di investimento previa autorizzazione della Banca d’Italia alle banche e si distinguono in quelle italiane (Sim), in quelle comunitarie e in quelle extra-comunitarie, inoltre anche le società di gestione del risparmio hanno la possibilità di offrire determinati servizi di investimento. Le Sim possono prestare servizi accessori e altre attività finanziarie, nonché attività connesse e strumentali, fatte salve le riserve di attività previste dalla legge. Le imprese di investimento devono essere iscritte in un albo istituito presso la Consob, che autorizza l’esercizio di servizi in presenza di condizioni quali ad es. l’adozione della forma di s.p.a., la sede legale e direzione generale nel territorio nazionale, l’ammontare del capitale pari al livello stabilito dalla Banca d’Italia, requisiti di onorabilità ed idoneità dei partecipanti. L’autorizzazione deve essere negata quando dalla verifica delle condizioni non risulti garantita la sana e prudente gestione. Il TU definisce sia i criteri generali sia le forme contrattuali alle quali devono conformarsi i soggetti autorizzati per favorire la condizione di tutela del cliente e del mercato. I criteri generali si riferiscono: alla diligenza, correttezza e trasparenza dei 26/78
  • 27. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org comportamenti; all’acquisizione dell’informazione necessaria dai clienti, predisposizione di modalità organizzative idonee a prevenire rischi di conflitto di interessi, assicurazione al cliente di adeguate condizioni di trasparenza e di equo trattamento, ecc. Per quanto riguarda la forma contrattuale, invece, devono essere redatti in forma scritta e devono essere consegnati ai clienti. La stipulazione di contratti in altre forme deve essere regolata esplicitamente dalla Consob, sentita la Banca d’Italia; la tutela del cliente è rafforzata dall’applicazione del principio di separazione tra i patrimoni dei singoli clienti e quelli della Sim o della banca. Per “offerta fuori sede” si intende un’attività esercitata in qualsiasi luogo diverso dalla sede legale e dalle dipendenze dell’emittente, del proponente o del soggetto incaricato della promozione o del collocamento. Ai soggetti autorizzati al collocamento sono riservate l’offerta fuori sede sia di strumenti finanziari sia di servizi di investimento di altri intermediari. Diversamente, tutte le banche e le Sim sono abilitate ad offrire fuori sede i propri servizi a prescindere dall’abilitazione al collocamento. I soggetti abilitati per l’offerta fuori sede devono avvalersi di promotori finanziari, ossia di persone fisiche che, in qualità di dipendenti, agenti o mandatari, esercitano professionalmente tale tipo di offerta. Il promotore può svolgere la propria attività esclusivamente nell’interesse di un solo soggetto, la cui responsabilità è solidale col promotore nei confronti di terzi, e deve essere iscritto in un apposito albo presso la Consob. 7. L’ordinamento delle attività di gestione collettiva del risparmio La gestione collettiva del risparmio è il servizio che si realizza attraverso: - la promozione, l’istituzione e l’organizzazione di fondi comuni di investimento e l’amministrazione dei rapporti con i partecipanti; - la gestione del patrimonio di organismi di investimento collettivo del risparmio (Oicr) di propria o altrui istituzione. Gli Oicr sono i fondi comuni di investimento (aperti o chiusi) e le società di investimento a capitale variabile. La prestazione del servizio di gestione collettiva può essere fatta esclusivamente da 2 soggetti autorizzati: - le società di gestione del risparmio (Sgr), - le società di investimento a capitale variabile (Sicav). I fondi comuni di investimento aperti Il fondo comune aperto è un patrimonio autonomo suddiviso in quote di pertinenza di una pluralità di partecipanti. Tale patrimonio è costituito da valori mobiliari la cui amministrazione è affidata ad una società di gestione del risparmio autorizzata dalla Banca d’Italia. C’è una netta distinzione tra patrimonio netto del fondo, patrimonio dei partecipanti e patrimonio della società di gestione. Le condizioni necessarie per l’autorizzazione sono: la forma di S.p.a., un capitale sociale versato non inferiore a 1 ml di €, la sede statutaria e amministrativa in Italia, i requisiti di onorabilità e professionalità degli amministratori. Il fondo è istituito qualora sia approvato il relativo regolamento sia dall’assemblea ordinaria della società, sia dalla Banca d’Italia nella sua funzione di organo di vigilanza. Il regolamento stabilisce concretamente le modalità di funzionamento del fondo e la designazione della banca depositaria che svolge il duplice ruolo di esecuzione e di controllo. Inoltre la normativa 27/78
  • 28. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org impone divieti e limiti alla discrezionalità del fondo. Si distingue tra divieti assoluti delle operazioni non consentite (investimento in titolo emessi dalla Sgr, concessione di prestiti) e limiti applicati a varie tipologie di investimento mobiliare per limitare la concentrazione del rischio del portafoglio costitutivo del fondo e il prevenire l’assunzione di altri rischi. Infine la normativa più recente richiede che, ad ogni fondo venga attribuito dalle Sgr un benchmark, cioè un portafoglio di riferimento pubblicamente rilevabile e corrente con le politiche del fondo. Le Sicav Sono s.p.a. a capitale variabile con sede legale e direzione generale in Italia, avente per oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l’offerta al pubblico di proprie azioni. Si applica a tal società, la disciplina dei fondi comuni per quanto riguarda il regime autorizzativo, il funzionamento, la gestione, i vincoli all’operatività e la vigilanza. L’elemento caratterizzante è costituito dalla specificità del modello istituzionale: la coincidenza fra patrimonio gestito e attivo patrimoniale della società gerente, la variabilità del capitale sociale, la possibilità dell’esercizio di voto per corrispondenza, ecc. I fondi comuni di investimento chiusi Il fondo di investimento chiuso differisce da quello aperto poiché il diritto al rimborso delle quote viene riconosciuto ai partecipanti solo a scadenze predeterminate, così come l’ammontare del fondo, il termine massimo di sottoscrizione (1 anno), la durata del fondo (da 5 a 10 anni). L’autorizzazione è concessa dal Ministro del tesoro, sentita la Banca d’Italia, a società che abbiano per oggetto esclusivo la gestione di fondi comuni di investimento collettivo in valori mobiliari e che abbiano specifico riferimento alla gestione dei fondi chiusi. Il funzionamento e la gestione del fondo si caratterizza soprattutto per il rapporto fra società e partecipanti, per la composizione del patrimonio del fondo e per la relazione fra società e fondo. La gestione del patrimonio del fondo, secondo legge, almeno il 40% (non più l’80% del patrimonio) deve essere investito in valori mobiliari non quotati, limitatamente alle azioni, alle quote, alle obbligazioni convertibili. Non più del 20%, inoltre, può essere investito in titoli di stato e in azioni quotate. La differenza tra i 2 fondi, per quanto riguarda la relazione tra società gerente e fondo gestito sono: - in quello aperto: la prima riceve remunerazione delle proprie prestazioni come rimborso spese e provvigioni, secondo quanto stabilito dal regolamento; - in quello chiuso: la prima partecipa anche al risultato della gestione in altri due modi, investendo il proprio patrimonio nel fondo (5-10% dell’ammontare) e partecipando a proventi e risultato netto della gestione derivanti dallo smobilizzo degli investimenti. 8. L’ordinamento dell’attività assicurativa Le norme definiscono le società che esercitano le assicurazioni solo come generiche imprese alle quali possono ricondursi i diversi contratti di assicurazione. 28/78
  • 29. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org In campo assicurativo prevale il principio della specializzazione, ossia le imprese devono limitare l’oggetto sociale all’esercizio dell’attività assicurativa, riassicurativa, di capitalizzazione e delle operazioni connesse. Le condizioni per l’autorizzazione all’esercizio dell’attività sono: - forma di s.p.a., soc. coop. e di mutua assicurazione; - possesso del capitale sociale minimo richiesto; - presentazione di un programma di attività; - possesso dei requisiti di onorabilità e di professionalità dei soci e dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione e di controllo. La compagnia autorizzata ha la facoltà di operare sul territorio nazionale e comunitario, in regime di stabilimento e di libera prestazione. Essa è sottoposta ad un’unica Autorità, ad un unico regime autorizzatorio di vigilanza, indipendentemente dalle differenti dislocazioni geografiche delle sedi operative. L’assunzione di partecipazioni dirette ed indirette superiori al 5% nel capitale di imprese ed enti assicurativi deve essere comunicata all’Isvap e l’assunzione di partecipazioni qualificate (più del 10%) o di controllo (dirette ed indirette) è comunque soggetta ad autorizzazione dell’Isvap. A differenza delle banche, è ammessa l’acquisizione di partecipazioni di controllo in imprese di assicurazione da parte di imprese industriali e commerciali, sempre che siano rispettati protocollo di autonomia e di indipendenza della gestione della controllata assicurativa. Per tutelare la stabilità della compagnia di assicurazione e gli interessi degli assicurati, le disposizioni disciplinano l’assunzione di rischi specifici secondo diverse configurazioni, che riguardano: - la concentrazione dei rischi: l’obiettivo di limitare l’eccessiva concentrazione dei rischi della gestione patrimoniale è perseguito ponendo un tetto all’investimento in alcune classi di attività; - il rischio di cambio: secondo il principio della congruenza valutaria le attività devono essere espresse nella stessa valuta delle passività a esse collegate, in tal modo si limita il mismatching fra singole valute; - il rischio di interesse: si manifesta in quanto la compagnia investe principalmente in titoli il cui rendimento può differire rispetto al costo delle passività. Per quanto riguarda le partecipazioni, i limiti sono: - complessivo alla classe di “titoli di capitale e altri valori assimilabili”; - di concentrazione: per l’ammontare complessivo delle riserve finanziarie; - di separatezza: per le partecipazioni in imprese che svolgono attività diverse da quelle consentite alle assicurazioni. Appendice riassuntiva: la banca e l’attività bancaria La banca è definita come un’impresa che è autorizzata dalle Autorità competenti all’esercizio dell’attività bancaria, cioè alla raccolta del risparmio e all’esercizio del credito in forma esclusiva. Le banche esercitano, oltre all’attività bancaria, ogni altra attività finanziaria tra quelle ammesse al mutuo riconoscimento, cioè attività che le banche possono esercitare, direttamente o indirettamente, tramite società controllate nella forma del gruppo 29/78
  • 30. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org bancario, in qualsiasi paese comunitario in forza dell’autorizzazione ricevute nel paese d’origine. Le attività ammesse al mutuo riconoscimento sono: - raccolta di depositi o di altri fondi con obbligo di restituzione; - leasing finanziario; - servizi di pagamento; - operazioni di prestito (credito al consumo, factoring, ecc.); - cambi; - strumenti finanziari a termine e opzioni; - custodia e amministrazione di valori mobiliari; ecc. Una banca riceve l’autorizzazione dalla Banca d’Italia se ci sono le seguenti condizioni: - forma di s.p.a. o di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata; - esistenza del capitale minimo versato richiesto: 6mln € (s.p.a.) o 2mln € (soc. coop.); - presentazione del programma concorrente l’attività iniziale, con l’atto esecutivo e lo statuto; - requisiti di onorabilità stabiliti per i soci e per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo; - struttura proprietaria con alcuni requisiti e vincoli tali da garantire l’autonomia della banca rispetto a interessi divergenti da quelli istituzionali, come: necessaria l’autorizzazione preventiva per l’acquisizione diretta o indiretta di partecipazioni superiori al 5% o comunque di controllo del capitale della banca; vietata l’acquisizione diretta o indiretta di partecipazioni superiori al 15% o comunque di controllo ai soggetti che svolgono in misura rilevante attività d’impresa in settori non bancari e non finanziari. La banca autorizzata ha la facoltà di operare sul territorio nazionale ed in quello comunitario con l’insediamento fisico di succursali o più semplicemente con la prestazione di servizi a distanza. Il TU attribuisce alla Banca d’Italia funzioni e poteri di vigilanza, finalizzati principalmente a tutelare la sana a prudente gestione della banca, la stabilità complessiva, l’efficienza e la competitività del sistema finanziario. La Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CIRC, emana disposizioni di carattere generale aventi per oggetto: - l’adeguatezza patrimoniale che impone alle banche il mantenimento de un coefficiente patrimoniale minimo obbligatorio con funzione di tutela della solvibilità; - il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni: concentrazione per grandi fidi, trasformazione delle scadenze, rischio di interesse e di mercato; - le partecipazioni detenibili: si distinguono in partecipazioni in banche, in soc. finanziarie e strumentali e in imprese di assicurazioni; - le partecipazioni in altri soggetti non finanziari: in tal caso si definisce un limite complessivo riferito al valore massimo della partecipazioni detenibili in rapporto al patrimonio, un limite di concentrazione definendo il rapporto massimo tra singola partecipazione detenuta e il patrimonio della banca, un limite di separatezza in merito al rapporto massimo tra la singola partecipazione detenuta ed il patrimonio dell’impresa partecipata; tali limiti possono essere aumentati e differenziati se la banca in questione è una banca abilitata o specializzata. 30/78
  • 31. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org Capitolo 4 IL TRASFERIMENTO DELLE RISORSE, GLI OBIETTIVI DEI SOGGETTI E GLI STRUMENTI FINANZIARI 1. Dal bisogno di trasferimento delle risorse finanziarie alle funzioni obiettivo dell’investitore e del prenditore di fondi L’attività di scambio comporta dei costi che possono essere ridotti se presenti: - l’organizzazione dei mercati: che consentono la concentrazione delle contrattazioni nello spazio e nel tempo; - l’esistenza e la progressiva specializzazione di operatori commerciali; - l’efficienza e il progresso della tecnologia dei trasporti e delle comunicazioni; - la moneta; - il sistema giuridico. Le economie moderne si caratterizzano e si fondano su due generi di moneta: quella legale (emessa dalla Banca Centrale) e quella bancaria (emessa da quelle commerciali). La domanda di trasferimento di risorse finanziarie nel tempo: investimento e finanziamento Nella realtà finanziaria esistono 2 tipologie di soggetti: - investitori potenziali: dispongono di un saldo finanziario positivo e cercano di investire il potere d’acquisto temporaneamente eccedente; - prenditori di fondi: hanno un saldo finanziario negativo ed hanno la necessità di procurarsi risorse finanziarie per coprire il proprio fabbisogno. Questi soggetti hanno di fatto interessi idealmente complementari e convergenti e sono quindi potenziali scambisti. La funzione obiettivo dell’investitore Le scelte dell’investitore sono guidate soprattutto dalle variabili: - rendimento: è l’espressione del risultato economico dell’operazione ed è espresso in percentuale e su base annua; si compone attraverso: ~il prezzo di acquisto dell’attività finanziaria, ~i redditi periodici, ~il valore di rimborso, ~i costi di transazione, ~gli oneri fiscali, la determinazione del rendimento consente un immediato confronto tra differenti investimenti in Af; - rischio: si riferisce all’impossibilità di prevedere con esattezza il risultato di una determinata operazione; i principali tipi sono: ~ rischio del tasso d’interesse (dipende dalle variazioni del mercato in contrapposizione a quelle del tasso a reddito fisso), ~ rischio di cambio (variazione delle valute), ~ rischio di insolvenza, ~ rischio di prezzo (variazione nelle quotazioni), ~ rischio di perdita del potere d’acquisto (tramite l’inflazione), 31/78
  • 32. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari Visto su: www.profland.altervista.org ~ rischio di liquidità (difficile conversione in moneta). Esiste una stretta relazione tra le due variabili nel senso che l’investitore effettua le proprie scelte accettando combinazioni crescenti di rendimento-rischio. Per cui, di fronte ad Af alternative con uguale rendimento, l’investitore preferisce quella con minor rischio, mentre tra Af con uguale rischio preferisce quelle con un rendimento atteso maggiore: il maggior rendimento atteso da un’Af rischiosa è definito “premio al rischio”. La funzione obiettivo del prenditore di fondi Le scelte del prenditore sono guidate principalmente da 2 variabili: - costo: determinato da: ~l’importo del finanziamento ricevuto, ~gli oneri periodici che comporta, ~il valore di rimborso, ~gli effetti dell’imposizione fiscale, ~i costi di transazione; - rischio: assume diverse tipologie intrinseche alle passività finanziarie: ~rischio del tasso d’interesse, ~rischio di cambio, ~rischio di solvibilità, ~rischio di instabilità delle forti di finanziamento utilizzate, ~rischio di condizionamento da parte del finanziatore: quando questi può interferire nell’indirizzo dell’attività d’impresa. Il prenditore di fondi ha l’obiettivo di minimizzare il costo del finanziamento a determinate soglie dei diversi rischi che fanno sorgere l’esigenza di stabilità e controllabilità delle fonti. Esiste quindi tra costo e stabilità/controllabilità una relazione diretta: maggiore è il costo, maggiore sarà la stabilità. 2. Le funzioni e le caratteristiche degli strumenti finanziari Gli strumenti finanziari sono contratti che hanno per oggetto la realizzazione dello scambio finanziario attraverso il trasferimento delle risorse finanziarie tra investitori e prenditori di fondi, la classificazione degli strumenti amplia le opportunità di scambio fra i soggetti. Queste le principali caratteristiche in base alle quali si distingue. La natura dei diritti incorporati - Strumenti che incorporano sia diritti di proprietà sia di credito (titoli rappresentativi del patrimonio si una società di capitali): con riferimento ai titoli azionari ci sono i diritti amministrativi (diritto di voto, di impugnativa per la tutela delle minoranze, di recesso e di opzione) e quelli di credito (diritto di partecipazione ai dividendi, al rimborso del patrimonio della società). - Strumenti che incorporano esclusivamente diritti di credito: ovvero il diritto di ottenere prestazioni economico-finanziari come il pagamento a scadenza prefissata di una remunerazione a titolo d’interesse (tasso fisso o variabile) o il rimborso del capitale a termini prefissati; tale tipo di strumenti attribuiscono al prenditore un controllo minore sulla disponibilità delle risorse finanziarie ricevute e nessuna discrezionalità 32/78