2. Regione Lazio – Provincia di Roma – Roma Capitale
Ordinanza n. 145 del 23/08/2012 del Commissario Delegato per il Superamento
dell‘Emergenza Ambientale nel Territorio della Provincia di Roma
Aggiornamento del progetto presenta to il 10 Agosto 2012, prot. n°157 della
Discarica sita in località Monti dell‘Ortaccio
Studio di Impatto Ambientale
INDICE
SEZIONE I - INTRODUZIONE 7
1 PREMESSA 8
2 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE 10
3 DEFINIZIONE DEL PROGETTO 13
3.1 Area di Studio 13
SEZIONE II - QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO 20
4 RIFERIMENTI NORMATIVI 21
4.1 Atmosfera - Quadro Normativo di Riferimento 21
4.2 Ambiente Idrico - Quadro Normativo di Riferimento 22
4.3 Suolo e Sottosuolo - Quadro Normativo di Riferimento 24
4.4 Rumore e Vibrazioni - Quadro Normativo di Riferimento 24
4.5 Aree Protette e Bellezze Naturali 27
4.6 Sicurezza e Prevenzione Incendi 27
4.7 Rifiuti 28
4.7.1 D. Lgs. 36/2003 29
1 LA STRUTTURA DELLA PIANIFICAZIONE NEL LAZIO 39
1.1 Piano Regionale di Gestione Rifiuti 39
1.2 Piano Territoriale Paesaggistico Regionale e Vincoli 54
1.2.1 Zone SIC e ZPS 64
1.3 Piano di Tutela delle Acque 66
1.4 Piano di Assetto Idrogeologico 70
1.5 Piano di risanamento della qualità dell’aria 72
1.6 Piano stralcio delle attività estrattive del Rio Galeria Magliana 76
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1.7 P.R.G. del Comune di Roma 80
1.8 Zonizzazione Acustica del Comune di Roma 80
1.9 Rapporti tra progetto, normativa e strumenti pianificatori 81
SEZIONE III - QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE 86
2 INDIVIDUAZIONE QUALI-QUANTITATIVA DEI RIFIUTI DA
SMALTIRE 87
3 DESCRIZIONE DEL PROGETTO 87
3.1 Sistemi di prevenzione e di riduzione dell’inquinamento 91
3.1.1 Opere di impermeabilizzazione dell‘invaso 93
3.1.2 Il diaframma plastico 94
3.1.3 Corree di guida 96
3.1.4 Scavo delle trincee 97
3.1.5 Esecuzione dei pannelli impermeabili 99
3.2 Sistema di captazione e trattamento del percolato 101
3.3 Captazione e recupero energetico/smaltimento del biogas 102
3.4 Procedura di chiusura 105
3.5 Rete di raccolta acque di dilavamento superfici pavimentate 106
3.5.1 Acque e servizi igienici 107
3.6 Opere di Rivegetazione e di Ripristino Ambientale 110
3.6.1 Sistema di regimazione delle acque meteoriche 112
3.6.2 L'inerbimento 115
3.6.3 La formazione della copertura arborea ed arbustiva 116
3.6.4 Viabilità di servizio 118
3.7 Sistema di monitoraggio 118
3.8 Pertinenze 120
3.8.1 Il bacino di ossidazione 120
3.9 Ingresso, recinzione e parcheggi 127
3.9.1 Pesa 128
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2
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3.9.2 Uffici, mensa, spogliatoi 128
3.9.3 Capannone bacino di ossidazione 129
3.9.4 Impianto di illuminazione 129
3.9.5 Impianto di videosorveglianza 130
3.9.6 Lavaggio automezzi 130
3.9.7 Cisterne di stoccaggio del percolato 131
SEZIONE IV - QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE 132
4 ATMOSFERA 133
4.1 Premessa 133
4.1.1 Caratteristiche Meteoclimatiche 133
4.2 Qualità dell’aria 145
4.2.2 Campagna di monitoraggio privata nella zona della Raffineria di Roma. 154
5 AMBIENTE IDRICO 157
5.1 Lineamenti idrografici 157
5.2 Qualità delle acque superficiali 158
6 SUOLO E SOTTOSUOLO 161
6.1 Geomorfologia e idrografia dell’Area Monti dell'Ortaccio 161
6.2 Inquadramento Geologico dell'Area Monti dell'Ortaccio 161
6.3 Assetto idrogeologico 167
6.4 Assetto stratigrafico 171
6.5 Caratteristiche geotecniche 173
6.6 Sismicità 174
6.7 Verifiche di stabilità 202
6.7.1 Metodologia utilizzata 203
6.7.2 Parametri geotecnici dei materiali 204
6.8 Uso del suolo 208
7 CARATTERIZZAZIONE DELL’AREA 210
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7.1 Uso pregresso del sito 210
7.2 Caratterizzazione delle acque di falda 212
7.2.1 Ulteriori analisi delle acque di falda 216
7.2.2 Modalità operative di campionamento acque 217
7.3 Caratterizzazione dei terreni 222
7.3.1 Analisi chimiche sui terreni 224
7.3.2 Abaco dei campionamenti 241
8 FLORA, FAUNA ED ECOSISTEMI 246
8.1 Vegetazione e flora 246
8.2 Caratteristiche vegetazionali 248
8.2.1 Aree Boschive 248
8.2.2 Vegetazione Ripariale 249
8.2.3 Imboschimenti 249
8.2.4 Filari 249
8.2.5 Aree Agricole ed Incolti 250
8.2.6 Risultati dei rilievi 250
8.3 Fauna 251
9 SALUTE PUBBLICA 253
9.1 Analisi della popolazione 253
9.2 La popolazione ai censimenti 253
9.3 L’occupazione 256
9.4 Insediamenti abitativi 260
9.4.1 Le infrastrutture viabilistiche e la mobilità 263
9.5 I potenziali effetti sulla popolazione 264
10 RUMORE E VIBRAZIONI 268
11 RADIAZIONI IONIZZANTI E NON IONIZZANTI 271
12 PAESAGGIO (BENI AMBIENTALI) 272
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13 INTERAZIONE PROGETTO-AMBIENTE 275
13.1 Premessa 275
13.2 Atmosfera 277
13.3 Ambiente Idrico superficiale 278
13.4 Analisi dei malfunzionamenti e degli incidenti e relative misure di
contenimento previste 280
13.4.1 Eventuali rotture del sistema di impermeabilizzazione 281
13.4.2 Malfunzionamento al sistema di raccolta del percolato ed eventuali fuoriuscite dello stesso
283
13.4.3 Cedimenti e franamenti del materiale smaltito 283
13.4.4 Non adeguata captazione e trattamento del biogas 284
13.4.5 Interventi in condizioni straordinarie 285
13.5 Suolo, Sottosuolo e acque sotterranee 286
13.6 Flora, fauna ed ecosistemi 288
13.7 Salute pubblica 289
13.8 Rumore e Vibrazioni 291
13.9 Radiazioni ionizzanti e non ionizzanti 292
13.10 Paesaggio 292
14 VALUTAZIONI ANALITICHE E CONCLUSIVE DEL SIA 296
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TAVOLE ALLEGATE
SEZIONE I - INTRODUZIONE
TAV S-01: Inquadramento satellitare
SEZIONE II - QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO
TAV. S-02 P.T.P.R. – Tavola A
TAV. S-03 P.T.P.R. – Tavola B
TAV. S-04 P.T.P.R. – Tavola C
TAV. S-05 P.T.A. - Tavola A
TAV. S-06 P.T.A. Tavola E1 Aree vulnerabili e ad elevata infiltrazione,
TAV.S-07 P.T.A. Tavola E2 Classe di qualità del Bacino
TAV. S-08 Carta di sintesi del Piano di assetto idrogeologico
TAV. S-09 Piano stralcio delle attività estrattive del Bacino Rio Galeria –
Magliana– carta delle aree suscettibili di attività estrattiva
TAV. S-10: Zonizzazione acustica
TAV. S-11 PRG
SEZIONE III - QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE
TAV. S-12 Planimetria generale
TAV. S-13 Naturalizzazione
SEZIONE IV - QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE
TAV. S-14 Fotoinserimenti
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8. Regione Lazio – Provincia di Roma – Roma Capitale
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SEZIONE I - INTRODUZIONE
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Studio di Impatto Ambientale
1 PREMESSA
Il presente Studio di Impatto Ambientale si riferisce all‘aggiornamento presentato dal
CO.LA.RI, in ottemperanza all'Ordinanza Commissariale n. 145 del 23 agosto 2012,
del progetto della discarica di Monti dell'Ortaccio (destinata a ricevere i rifiuti speciali
non pericolosi) adeguandolo anche alla normativa relativa al Piano di Monitoraggio e
Controllo (PMeC) intervenuta (Giunta Regionale 21 gennaio 2010 n. 35)
successivamente alla presentazione del progetto (12 ottobre 2009).
Per garantire la massima sicurezza ambientale concepibile, lo stesso progetto
(ancorché la conformazione dei luoghi ne rendesse superflua la realizzazione) è stato
integrato con la previsione di un diaframma plastico (polder) a protezione
dell‘invaso.
Si è inoltre tenuto presente che con la chiusura di Malagrotta il progetto della discarica
di Monti dell'Ortaccio deve prevedere nel periodo transitorio lo smaltimento a norma
dei rifiuti urbani, vale a dire deve consentire il conferimento solo di rifiuti trattati.
Di conseguenza, poiché gli attuali impianti TMB, pur lavorando a pieno ritmo, ed anche
se sostenuti da una raccolta differenziata sempre più in continuo incremento, non sono
in grado di assicurare il totale trattamento dei rifiuti urbani prodotti, al fine di garantire
il totale trattamento dei rifiuti cittadini e quindi di consentire alla discarica di ricevere
solo i rifiuti trattati, è stato anche predisposto un bacino di ossidazione, contenuto in
una struttura provvisoria (TMB) quale pertinenza della discarica per stabilizzare la
parte umida derivata dalle Stazioni di trasferenza prima di essere abbancata in discarica.
Il complesso così descritto è destinato ad operare all'interno di un preciso ambito
temporale (3 anni, 2013-2015), periodo, questo, che consentirà a Roma di dare piena
attuazione al programma per la lavorazione industriale dei rifiuti già previsto dal Piano
Regionale proposto dalla Giunta Polverini nel novembre 2010 e approvato
definitivamente da Consiglio Regionale nel gennaio 2012 (Delibera n. 14/2012)
nonché al Patto per Roma firmato il mese scorso da tutte le Istituzioni che, tra l'altro, si
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Studio di Impatto Ambientale
pone come obiettivo di portare la raccolta differenziata entro il 2015 oltre il 55% e come
obiettivo finale al 65% entro il 2016.
Va da sé che conseguiti questi risultati, gli impianti industriali presenti e realizzandi
secondo il Piano Rifiuti Polverini saranno più che sufficienti a trattare nel rispetto della
normativa europea tutti i rifiuti della Città. A quella data (2015) la Discarica
Provvisoria di Monti dell'Ortaccio avrà adempiuto alla sua funzione e a quel punto la
Discarica Definitiva sarà una dependance degli impianti di trattamento industriale dei
rifiuti idonea ad accogliere i residui di lavorazione e quindi rappresenterà ben poca cosa
nella chiusura del ciclo dei rifiuti e per di più senza creare problemi ambientali e
quindi più semplice da realizzarsi.
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11. Regione Lazio – Provincia di Roma – Roma Capitale
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Studio di Impatto Ambientale
2 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE
Il presente Studio dell’Impatto Ambientale è stato effettuato in conformità a quanto
richiesto dal Decreto Legislativo 3 Aprile 2006, n. 152 – Norme in Materia
Ambientale e s.m.i.
In particolare secondo l‘Art. 4 (finalità) punto 4, comma b)…. la valutazione
ambientale dei progetti ha la finalità di proteggere la salute umana, contribuire con un
migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie e
conservare la capacità di riproduzione dell'ecosistema in quanto risorsa essenziale per
la vita. A questo scopo, essa individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per
ciascun caso particolare e secondo le disposizioni del presente decreto, gli impatti
diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori:
1) l'uomo, la fauna e la flora;
2) il suolo, l'acqua, l'aria e il clima;
3) i beni materiali ed il patrimonio culturale;
4) l'interazione tra i fattori di cui sopra.
L‘art. 22 del medesimo Decreto definisce le modalità con le quali deve essere redatto lo
Studio di Impatto Ambientale; secondo quanto indicato al punto 2 “Lo studio di impatto
ambientale, è predisposto, secondo le indicazioni di cui all'allegato VII del presente
decreto e nel rispetto degli esiti della fase di consultazione definizione dei contenuti di
cui all'articolo 21, qualora attivata.
Lo studio di impatto ambientale contiene almeno le seguenti informazioni:
a) una descrizione del progetto con informazioni relative alle sue caratteristiche, alla
sua localizzazione ed alle sue dimensioni;
b) una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente
compensare gli impatti negativi rilevanti;
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12. Regione Lazio – Provincia di Roma – Roma Capitale
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c) i dati necessari per individuare e valutare i principali impatti sull'ambiente e sul
patrimonio culturale che il progetto può produrre, sia in fase di realizzazione che in
fase di esercizio;
d) una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal proponente,
ivi compresa la cosiddetta opzione zero, con indicazione delle principali ragioni della
scelta, sotto il profilo dell'impatto ambientale;
e) una descrizione delle misure previste per il monitoraggio.
4. Ai fini della predisposizione dello studio di impatto ambientale e degli altri elaborati
necessari per l'espletamento della fase di valutazione, il proponente ha facoltà di
accedere ai dati ed alle informazioni disponibili presso la pubblica amministrazione,
secondo quanto disposto dalla normativa vigente in materia.
5. Allo studio di impatto ambientale deve essere allegata una sintesi non tecnica delle
caratteristiche dimensionali e funzionali del progetto e dei dati ed informazioni
contenuti nello studio stesso inclusi elaborati grafici. La documentazione dovrà essere
predisposta al fine consentirne un'agevole comprensione da parte del pubblico ed
un'agevole riproduzione.
L‘allegato VII alla Parte Quarta del Decreto Legislativo 152/06 e s.m.i., definisce,
infine, i Contenuti dello Studio di Impatto Ambientale di cui all‘art.22.
Il presente Studio di Impatto Ambientale si articola secondo i tre Quadri di
riferimento: Programmatico, Progettuale e Ambientale.
La metodologia di redazione di ciascun quadro è analoga e prevede la descrizione dei
diversi fattori costituenti il Quadro di Riferimento allo stato attuale nonché l‘analisi
delle influenze esercitate dall‘opera sulle componenti esaminate.
Il Quadro di Riferimento Programmatico esamina i rapporti tra il progetto e gli
strumenti di pianificazione e programmazione territoriale e settoriale.
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13. Regione Lazio – Provincia di Roma – Roma Capitale
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dell‘Emergenza Ambientale nel Territorio della Provincia di Roma
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Il Quadro di Riferimento Progettuale effettua una sintetica descrizione delle
caratteristiche tecniche dell‘impianto, definisce quali ne siano i presupposti e le
motivazioni, infine illustra i vantaggi o gli impatti derivanti da tale proposta nonché le
eventuali misure per la mitigazione e il contenimento di questi ultimi.
Il Quadro di Riferimento Ambientale analizza le caratteristiche attuali del territorio
ed il suo rapporto con il progetto.
L‘analisi è stata sviluppata esaminando i potenziali impatti indotti dall‘impianto sia
nella fase di realizzazione che in quella di esercizio nonché indicando gli accorgimenti
necessari ad eliminare, attenuare o minimizzare l‘impatto stesso.
Tali disturbi sono stati analizzati in funzione delle loro caratteristiche e dello specifico
ambito di influenza rispetto a tutte le componenti ambientali previste dalla normativa,
ovvero:
Atmosfera;
ambiente idrico;
suolo e sottosuolo;
flora, fauna ed ecosistemi;
salute pubblica;
rumore e vibrazioni;
radiazioni ionizzanti e non ionizzanti;
paesaggio e beni ambientali.
Al fine pertanto di poter individuare, per ognuna di queste componenti, i possibili
ricettori dei disturbi indotti dall‘opera e le possibili relazioni che intercorrono tra le
stesse, si è proceduto ad esaminare e a descrivere le caratteristiche peculiari
dell‘ambiente nella parte di territorio interessata.
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14. Regione Lazio – Provincia di Roma – Roma Capitale
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3 DEFINIZIONE DEL PROGETTO
Il nuovo invaso accetterà i rifiuti prodotti dagli impianti dei rifiuti della città di Roma.
Il progetto al quale il presente SIA si riferisce, è stato redatto in linea con la vigente
normativa sugli impianti di discarica.
Da un punto di vista metodologico la progettazione ha seguito le seguenti fasi logiche:
inquadramento del progetto
definizione dei criteri di progettazione
descrizione dell‘intervento
3.1 Area di Studio
Il sito ricade nei limiti amministrativi del Comune di Roma, in località Monti
dell’Ortaccio.
L‘area è rappresentata nella CTR della Regione Lazio 1:10.000 nella sezione 373160, in
un lotto di terreno identificabile dalle coordinate geografiche: 41°50‘0.02‖ latitudine
Nord e 12°19‘29,92‘‘ longitudine Est.
L‘area nella disponibilità del CO.LA.RI. è individuata dalle particelle: 1, 2, 3, 4, 5, 6,
7, 11 (parte), 13 (parte), 128, 129 (parte), 162, 163 (parte), 165, 168, 169, 170 e 171,
foglio 749 del Comune di Roma.
Il sito è facilmente raggiungibile da Via Di Castel Malnome, a cui si accede da via di
Malagrotta.
L‘area è ubicata ad Ovest della città di Roma ad una quota variabile tra i 25 ed i 60 m
s.l.m.. Questa zona è limitata ad ovest dai confini comunali, ad est ed a sud dalla Piana
del Tevere, mentre il limite con quella settentrionale è molto sfumato passando, grosso
modo, tra l‘Aurelia e la Boccea.
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15. Regione Lazio – Provincia di Roma – Roma Capitale
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L‘area si presenta a morfologia collinare con rilievi non molto elevati e versanti,
mediamente, non molto acclivi incisi da un reticolo idrografico abbastanza accentuato
avente una direzione generale N-S.
I corsi d‘acqua maggiori sono il Fosso di Galeria ad est affluente in destra idrografica
del Tevere.
L‘area limitrofa non é interessata da attività agricola di rilievo, mentre numerosi sono
gli insediamenti artigiano-industriali presenti nelle vicinanze, tra cui il più vasto è la
raffineria di Pantano del Grano, ubicata nel fondovalle del Rio Galeria, il Complesso
Impiantistico di Malagrotta e poi l‘impianto di trattamento dei Rifiuti di Ponte Malnome,
gestito dall‘Azienda Municipale Ambiente di Roma. Altri insediamenti secondari sono
situati attorno alla confluenza con il fosso di S. Maria Nuova.
La Tavola S01 evidenza la ubicazione dell‘area di intervento.
Il sito, come mostra l‘immagine seguente, si colloca ad una distanza minima di 625 m
circa dal centro abitato più vicino, che risulta essere Piana del Sole.
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Figura 3.1 - Monti dell'Ortaccio: distanza dai centri abitati
Si precisa che la normativa non definisce quali siano le distanze minime tra le
discariche e i centri abitati. Il Piano Regionale relativamente alle distanze indica
unicamente come fattori di attenzione progettuale i seguenti:
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17. Regione Lazio – Provincia di Roma – Roma Capitale
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Conseguentemente le distanze minime dei 500 m sono rispettate; contestualmente
sono stati adottati tutti gli accorgimenti progettuali atti ad evitare disturbi alla
popolazione limitrofa, per i quali si rimanda ai paragrafi 5.1 - Sistemi di prevenzione e
di riduzione dell‘inquinamento e 6 - Opere di Rivegetazione e di Ripristino Ambientale
della Relazione tecnica di progetto. La zona di Piana del Sole è poi sotto vento rispetto a
Monti dell‘Ortaccio e ciò non consente la propagazione delle emissioni odorigene
nell‘area abitata.
Nella Figura 3.2 è evidenziata in rosso l‘area di intervento, mentre è evidenziata in blu
la superficie a disposizione per l‘approvvigionamento di terra, argilla e materiali inerti.
Figura 3.2 - Ubicazione area di intervento (Fonte: Google Earth)
Di seguito si riportano alcune immagini fotografiche del sito.
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18. Regione Lazio – Provincia di Roma – Roma Capitale
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19. Regione Lazio – Provincia di Roma – Roma Capitale
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Aggiornamento del progetto presenta to il 10 Agosto 2012, prot. n°157 della Discarica sita in località Monti dell‘Ortaccio
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SEZIONE II - QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO
Nella seguente sezione vengono riportati gli elementi di carattere programmatico che
contribuiscono a caratterizzare il sito in relazione all‘intervento citato.
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4 RIFERIMENTI NORMATIVI
Nel seguente paragrafo viene elencata la normativa di riferimento attinente il presente
studio dell‘Impatto Ambientale
4.1 Atmosfera - Quadro Normativo di Riferimento
Le norme che regolano le emissioni dagli impianti fissi, sono state stabilite da:
D.Lgs. 3 Aprile 2006 n. 152 e s.m.i. – Norme in Materia Ambientale - Parte Quinta,
Norme in materia di tutela dell‘aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera.
Nell‘Allegato VI alla parte quinta sono stabiliti i criteri per la valutazione della
conformità dei valori misurati ai valori limite di emissione.
D. Lgs. 13 agosto 2010 n. 155 - Attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla
qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa.
D.C.R. 10 dicembre 2009 n. 66 – Piano di risanamento della Qualità dell‘Aria della
Regione Lazio
D.G.R. 5 settembre 1996 n. 7104 - Direttiva alle amministrazioni provinciali in
materia di prevenzione e controllo dell'inquinamento atmosferico ai sensi della Legge
regionale 48/89 (S.O. No .2 al B.U.R.L. No. 36 del 30/12/96).
D.P.R. 15 Aprile 1971, n. 322 - Decreto del Presidente della Repubblica Regolamento
per l'Esecuzione della Legge 31 Luglio 1966, No. 615, Recante Provvedimenti contro
l'Inquinamento Atmosferico, Limitatamente al Settore delle Industrie (S.O. alla G.U. No.
145 del 916/71).
D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351 - "Attuazione della Direttiva Europea 96/62/CE del 27
settembre 1996 sulla valutazione e gestione della qualità dell‘aria ambiente".
Con questa direttiva sono state ridefinite le sostanze inquinanti da monitorare e da
controllare in base a metodi di analisi e valutazione standardizzati, nonché definite le
linee generali, alle quali gli stati membri devono attenersi, per l‘attivazione di piani di
risanamento nelle aree in cui la qualità dell‘aria non risulti conforme ai valori limite,
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che verranno progressivamente aggiornati (o ai piani di mantenimento nel caso essa
risulti inferiore ai limiti) (G.U. No. 241 del 13/10/99).
La legislazione italiana introduce il concetto di standard di qualità dell'aria (SQA), cioè
i livelli di inquinamento che non devono essere superati in qualunque punto del
territorio, in quanto costituiscono soglie di esposizione agli agenti inquinanti ritenuti
dannosi per la salute umana.
4.2 Ambiente Idrico - Quadro Normativo di Riferimento
D.Lgs. 3 Aprile 2006 n. 152 e s.m.i. – Norme in Materia Ambientale - Parte Terza,
Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque
dall'inquinamento e di gestione delle risorse. I limiti previsti dal Decreto relativamente
all‘Ambiente Idrico sono contenuti nell‘Allegato 5, mentre gli obiettivi generali del
decreto, sempre relativamente all‘Ambiente Idrico (sezione II) sono i seguenti (art.73):
“… a) prevenire e ridurre l’inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici
inquinati;
b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle
destinate a particolari usi;
c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle
potabili;
d) mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonché la
capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate;
e) mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità contribuendo quindi a:
1) garantire una fornitura sufficiente di acque superficiali e sotterranee di buona
qualità per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo;
2) ridurre in modo significativo l’inquinamento delle acque sotterranee;
3) proteggere le acque territoriali e marine e realizzare gli obiettivi degli accordi
internazionali in materia, compresi quelli miranti a impedire ed eliminare
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l’inquinamento dell’ambiente marino, allo scopo di arrestare o eliminare gradualmente
gli scarichi, le emissioni e le perdite di sostanze pericolose prioritarie al fine ultimo di
pervenire a concentrazioni, nell’ambiente marino, vicine ai valori del fondo naturale
per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche
antropogeniche;
f) impedire un ulteriore deterioramento, proteggere e migliorare lo stato degli
ecosistemi acquatici, degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente
dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico. …”.
Il raggiungimento degli obiettivi indicati si realizza attraverso i seguenti strumenti:
“… a) l’individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione
dei corpi idrici;
b) la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell’ambito di ciascun
distretto idrografico ed un adeguato sistema di controlli e di sanzioni;
c) il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato, nonché la definizione di
valori limite in relazione agli obiettivi di qualità del corpo recettore;
d) l’adeguamento dei sistemi di fognatura, collettamento e depurazione degli scarichi
idrici, nell’ambito del servizio idrico integrato;
e) l’individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento nelle
zone vulnerabili e nelle aree sensibili;
f) l’individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al riutilizzo ed al
riciclo delle risorse idriche;
g) l’adozione di misure per la graduale riduzione degli scarichi, delle emissioni e di
ogni altra fonte di inquinamento diffuso contenente sostanze pericolose o per la
graduale eliminazione degli stessi allorché contenenti sostanze pericolose prioritarie,
contribuendo a raggiungere nell’ambiente marino concentrazioni vicine ai valori del
fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze
sintetiche antropogeniche;
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h) l’adozione delle misure volte al controllo degli scarichi e delle emissioni nelle acque
superficiali secondo un approccio combinato. …”.
Fatto salvo quanto disposto dalla parte terza del D.Lgs. 152/06 e s.m.i., esistono anche
alcuni criteri di valutazione della contaminazione del suolo e delle acque sotterranee
riportati nel Titolo V alla Parte quarta dello stesso decreto, in cui vengono stabiliti i
limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli, delle acque superficiali e delle
acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d'uso dei siti e le
corrispondenti procedure di riferimento per il prelievo e l'analisi dei campioni.
4.3 Suolo e Sottosuolo - Quadro Normativo di Riferimento
D.Lgs. 3 Aprile 2006 n. 152e s.m.i.– Norme in Materia Ambientale - Parte Terza,
Sezione I (Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione).
Le disposizioni di cui alla presente sezione sono volte ad assicurare la tutela ed il
risanamento del suolo e del sottosuolo, il risanamento idrogeologico del territorio
tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a
rischio e la lotta alla desertificazione.
Fatto salvo quanto disposto dalla parte terza del D.Lgs. 152/06 e s.m.i., esistono anche
alcuni criteri di valutazione della contaminazione del suolo e delle acque sotterranee
riportati nel Titolo V alla Parte quarta dello stesso decreto, in cui vengono stabiliti i
limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli, delle acque superficiali e delle
acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d'uso dei siti e le
corrispondenti procedure di riferimento per il prelievo e l'analisi dei campioni.
4.4 Rumore e Vibrazioni - Quadro Normativo di Riferimento
D.P.C.M. 31 Marzo 1998 - Atto di Indirizzo e Coordinamento Recante Criteri
Generali per l'Esercizio Dell‘Attività del Tecnico Competente in Acustica, ai Sensi
dell'Art. 3, Comma 1 Lett. b), e dell‘Art. 2, Commi 6, 7 e 8 della Legge 26 Ottobre 1995
No. 447 Legge Quadro sull'Inquinamento Acustico (G.U. No. 120 del 26/5/98).
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D.M. 16 Marzo 1998 - Tecniche di Rilevamento e di Misurazione dell'Inquinamento
Acustico (G.U. No. 76 del 1/4/98).
D.P.C.M. 14 novembre 1997 (G.U. No. 280 del 1/12/97) recante ―Determinazione dei
valori limite delle sorgenti sonore‖.
Legge 26 ottobre 1995, n. 447 e s.m.i. - "Legge quadro sull'inquinamento acustico" (in
particolare l‘art. 8 - Disposizioni in materia di impatto acustico). (G.U. No. 254 del
30/10/95).
D.P.C.M. 1 Marzo 1991 e s.m.i. - Limiti Massimi di Esposizione al Rumore negli
Ambienti Abitativi e nell'Ambiente Esterno (G.U. No. 57 del 8/3/91).
L.R. Lazio n°18 del 3/8/2001 e s.m.i. - Disposizioni in materia di inquinamento
acustico per la pianificazione ed il risanamento del territorio - modifiche alla legge
regionale 6/8/1999, n. 14.
La disciplina relativa all’inquinamento acustico in Italia è normata principalmente
dalla legge 26 ottobre 1995, n. 447 (nella fattispecie l‘art. 8 - Disposizioni in materia
di impatto acustico) ed ai successivi decreti, tra cui assume particolare rilevanza il
D.P.C.M. 14 novembre 1997. Tale provvedimento specifica, infatti, i valori limite di
emissione, i valori limite di immissione, i valori di attenzione ed i valori di qualità ai
quali fa riferimento l‘art. 2 della L. 447/95 e ai quali i livelli di inquinamento acustico
associati al funzionamento dell‘impianto in esame debbono essere posti in relazione.
I valori limite assoluti di immissione (art. 3) corrispondono a quelli già indicati dal
D.P.C.M. 1 marzo 1991. Ad essi vengono, tuttavia, affiancati i valori limite differenziali
di immissione (art. 4), posti uguali a 5 dB per il periodo diurno ed a 3 dB per il periodo
notturno, all‘interno degli ambienti abitativi (tali valori hanno un campo d‘applicazione
limitato, in quanto non possono essere fatti valere all‘interno delle aree di classe VI e
nei casi in cui il livello di inquinamento acustico sia nullo o trascurabile1).
1
Cioè quando i livelli equivalenti di pressione sonora negli ambienti abitativi risultano inferiori, nei
periodi diurni, a 50 dB (A) a finestre aperte e 35 dB (A) a finestre chiuse, e nei periodi notturni a 40 dB
(A) a finestre aperte e 25 dB (A) a finestre chiuse.
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I valori limite di emissione (art. 2) sono fissati, fino all‘emanazione della relativa
norma UNI, 5 dB al di sotto dei valori limite assoluti di immissione. Non vi sono limiti
di applicabilità, in quanto tali limiti sono riferiti sia alle sorgenti mobili sia a quelle fisse,
e ―si applicano a tutte le aree del territorio, secondo la rispettiva classificazione in
zone‖2.
I valori di qualità (art. 7) sono posti 3 dB al di sotto dei valori limite assoluti di
immissione, con l‘eccezione delle zone VI, per le quali lo scarto si annulla.
I valori di attenzione (art. 6) sono invece posti 10 dB al di sopra dei valori limite
assoluti di immissione per i periodi diurni. Tale scarto si riduce a 5 dB per i periodi
notturni3.
Tabella 4.1- Valori limite assoluti di immissione e Valori limite di emissione relativi alle classi di
destinazione d’uso del territorio (D.P.C.M. 14.11.97)
Classi di destinazione d'uso del territorio Valori limite assoluti di immissione Valori limite di emissione
dB(A) dB(A)
Diurni Notturni Diurni Notturni
6÷22 22÷6 6÷22 22÷6
I aree particolarmente protette 50 40 45 35
II aree prevalentemente residenziali 55 45 50 40
III aree di tipo misto 60 50 55 45
IV aree di intensa attività umana 65 55 60 50
V aree prevalentemente industriali 70 60 65 55
VI aree esclusivamente industriali 70 70 65 65
Tabella 4.2 - Valori di qualità e di attenzione relativi alle classi di destinazione d’uso del territorio
(D.P.C.M. 14.11.97)
Classi di destinazione d'uso del territorio Valori di qualità Valori di attenzione (orari)
dB(A) dB(A)
Diurni notturni diurni notturni
2
Il decreto tuttavia specifica che ―i rilevamenti e le verifiche sono effettuati in corrispondenza degli
spazi utilizzati da persone e comunità‖.
3
I valori di attenzione si ritengono riferiti a singoli intervalli orari. Il decreto definisce anche valori di
attenzione riferiti al tempo a lungo termine (TL), ovvero al tempo “...all’interno del quale si vuole
avere la caratterizzazione del territorio dal punto di vista della rumorosità ambientale...‖, definito in
relazione alle variazioni dei fattori che influenzano la rumorosità nel lungo termine.
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6÷22 22÷6 6÷22 22÷6
I aree particolarmente protette 47 37 57 42
II aree prevalentemente residenziali 52 42 62 47
III aree di tipo misto 57 47 67 52
IV aree di intensa attività umana 62 52 72 57
V aree prevalentemente industriali 67 57 77 62
VI aree esclusivamente industriali 70 70 80 75
4.5 Aree Protette e Bellezze Naturali
D.Lgs. 22 Gennaio 2004, n. 42 – Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi
dell‘articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137
D.P.R 8 Settembre 1997, n. 357 - Regolamento Recante Attuazione della Direttiva
92/43/CEE relativa alla Conservazione degli Habitat Naturali e Seminaturali, nonché
della Flora e della Fauna Selvatiche (G.U. 23/10/1997, No. 248)
Legge 6 Dicembre 1991, n. 394 - Legge Quadro sulle Aree Protette (S.O. alla G.U. No.
292 del 13/12/91)
Legge 8 Agosto 1985, n. 431 legge Galasso - Conversione in Legge, con Modificazioni,
del Decreto-Legge 27 Luglio 1985, No. 312, Recante Disposizioni Urgenti per la Tutela
delle Zone di Particolare Interesse Ambientale e successive norme di applicazione (G.U.
No. 197 del 22/8/85)
4.6 Sicurezza e Prevenzione Incendi
D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123,
in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
D.P.R. 1 Agosto 2011, n. 151 - Regolamento recante semplificazione della disciplina
dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell'articolo 49,
comma 4-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122
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Decreto Legislativo 4 Agosto 1999, n. 359 - Attuazione della Direttiva 95/63/CE che
Modifica la Direttiva 89/655/CE Relativa ai Requisiti Minimi di Sicurezza e Salute per
l'Uso di Attrezzature di Lavoro da Parte dei Lavoratori (G.U. No. 246 19/10/99).
D.M. 4 Maggio 1998 - Disposizioni Relative alle Modalità di Presentazione ed al
Contenuto delle Domande per l'Avvio dei Procedimenti di Prevenzione Incendi, Nonché
all'Uniformità dei Connessi Servizi Resi dai Comandi Provinciali dei Vigili del Fuoco
(G.U. No. 104 del 7/5/98).
Decreto 10 Marzo 1998 - Criteri Generali di Sicurezza Antincendio e per la Gestione
dell'Emergenza nei Luoghi di Lavoro (S.O. No. 64 alla G.U. del 7/4/98).
Legge 5 Marzo 1990, n. 46 e s.m.i. - Norme per la Sicurezza degli Impianti (G.U. No.
59 del 12/3/90).
4.7 Rifiuti
D.Lgs. 3 Aprile 2006 n. 152 e s.m.i. – Norme in Materia Ambientale - Parte Quarta,
Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati.
D.Lgs. 13 Gennaio 2003 n. 36 – Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle
discariche di rifiuti.
D.M. Ambiente 27 Settembre 2010 – Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti
in discarica, in sostituzione di quelli contenuti nel D.M. Ambiente 3 Agosto 2005.
Decisione della Comunità Europea 3 Maggio 2000, No. 2000/532/CE; 16 Gennaio
2001, No. 2001/118/CE; 22 Gennaio 2001, No. 2001/119/CE e 23 Luglio 2001, No.
2001/573/CE - Istituzione del nuovo catalogo europeo dei rifiuti
Legge 9 Dicembre 1998, n. 426 e s.m.i. - Nuovi Interventi in Campo Ambientale (S.O.
alla G.U. No. 11 del 15/1/99)
D.M. 4 Agosto 1998, n. 372 - Regolamento Recante Norme sulla Riorganizzazione del
Catasto Rifiuti (S.O. alla G.U. No. 252 del 28/10/98)
Legge Regione Lazio 9 luglio 1998, n. 27 – Disciplina regionale della gestione dei
rifiuti
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D.M. Ambiente 1 Aprile 1998, n. 148 e s.m.i. - Regolamento Recante Approvazione
del Modello dei Registri di Carico e Scarico dei Rifiuti ai Sensi degli Artt. 12, 18,
Comma 2, Lett. m) e 18, Comma 4 del D. Lgs. 22/97 (G.U. No. 110 del 14/5/98)
D.M. Ambiente 1 Aprile 1998, n. 145 e s.m.i. - Regolamento Recante la Definizione
del Modello e dei Contenuti del Formulario di Accompagnamento dei Rifiuti ai Sensi
degli Artt. 15, 18 Comma 2, lett. e) e Comma 4 del D. Lgs. 22/97 (G.U. No. 109 del
13/5/98)
D.M. Ambiente 5 Febbraio 1998 e s.m.i. - Individuazione dei Rifiuti non Pericolosi
Sottoposti alle Procedure Semplificate di Recupero ai Sensi degli Artt. 31 e 33 del
Decreto Legislativo 5 Febbraio 1997 No. 22 (S.O. No. 72 alla G.U. No. 88 del 16/4/98)
Decreto Interministeriale 31 Luglio 1997 Istituzione e Composizione
dell'Osservatorio Nazionale dei Rifiuti (G.U. No. 233 del 6/10/97).
4.7.1 D. Lgs. 36/2003
Il Decreto Legislativo 13/01/2003, n. 36, pubblicato sulla G.U. n. 59 del 13/3/2003
recepisce la Direttiva 1999/31/CE del Consiglio del 26 Aprile 1999 relativa alle
modalità realizzative e gestionali degli stoccaggi definitivi.
Il Decreto è suddiviso in 17 articoli e 2 allegati, e stabilisce (art. 1) i requisiti operativi
e tecnici per i rifiuti e le discariche, misure, procedure e orientamenti tesi a prevenire o a
ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull‘ambiente, in particolare
l‘inquinamento delle acque superficiali, delle acque sotterranee, del suolo e
dell‘atmosfera, e sull‘ambiente globale, compreso l‘effetto serra, nonché i rischi per la
salute umana risultanti dall‘intero ciclo di vita della discarica.
Viene introdotta una nuova classificazione delle discariche in tre categorie (art. 4):
per rifiuti inerti;
per rifiuti non pericolosi;
per rifiuti pericolosi.
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Nell‘allegato 1 vengono riportati i criteri costruttivi e gestionali degli impianti di
discarica; relativamente alle discariche per rifiuti non pericolosi sono riportati i seguenti
criteri di progettazione:
Criteri di localizzazione
Di norma gli impianti di discarica per rifiuti pericolosi non devono ricadere in
aree individuate ai sensi dell'articolo 17, comma 3, lettera m), della legge 18
maggio 1989, n. 183;
aree individuate dagli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della
Repubblica 8 settembre 1997, n. 357;
territori sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n.
490;
aree naturali protette sottoposte a misure di salvaguardia ai sensi dell'articolo
6, comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394;
aree collocate nelle zone di rispetto di cui all'articolo 21, comma 1, del
decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152.
Gli impianti non vanno ubicati di norma:
in aree interessate da fenomeni quali faglie attive, aree a rischio sismico di
1^ categoria così come classificate dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64, e
provvedimenti attuativi, e aree interessate da attività vulcanica, ivi compresi
i campi solfatarici, che per frequenza ed intensità potrebbero pregiudicare
l'isolamento dei rifiuti;
in corrispondenza di doline, inghiottitoi o altre forme di carsismo
superficiale;
in aree dove i processi geologici superficiali quali l'erosione accelerata, le
frane, l'instabilità dei pendii, le migrazioni degli alvei fluviali potrebbero
compromettere l'integrità della discarica e delle opere ad essa connesse;
in aree soggette ad attività di tipo idrotermale;
in aree esondabili, instabili e alluvionabili; deve, al riguardo, essere presa
come riferimento la piena con tempo di ritorno minimo pari a 200 anni. Le
Regioni definiscono eventuali modifiche al valore da adottare per il tempo di
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Aggiornamento del progetto presenta to il 10 Agosto 2012, prot. n°157 della
Discarica sita in località Monti dell‘Ortaccio
Studio di Impatto Ambientale
ritorno in accordo con l'Autorità di bacino laddove costituita.
Protezione delle matrici ambientali
Al fine di garantire l'isolamento del corpo dei rifiuti dalle matrici ambientali, la
discarica deve soddisfare i seguenti requisiti tecnici:
sistema di regimazione e convogliamento delle acque superficiali;
impermeabilizzazione del fondo e delle sponde della discarica;
impianto di raccolta e gestione del percolato;
impianto di captazione e gestione del gas di discarica (solo per discariche
dove sono smaltiti rifiuti biodegradabili);
sistema di copertura superficiale finale della discarica.
Deve essere garantito il controllo dell'efficienza e dell'integrità dei presidi
ambientali (sistemi di impermeabilizzazione, di raccolta del percolato, di
captazione gas, etc.), e il mantenimento di opportune pendenze per garantire il
ruscellamento delle acque superficiali.
Controllo delle acque e gestione del percolato
Devono essere adottate tecniche di coltivazione e gestionali atte a minimizzare
l'infiltrazione dell'acqua meteorica nella massa dei rifiuti.
Per quanto consentito dalla tecnologia, tali acque meteoriche devono essere
allontanate dal perimetro dell'impianto per gravità, anche a mezzo di idonee
canalizzazioni dimensionate sulla base delle piogge più intense con tempo di
ritorno di 10 anni.
Il percolato e le acque di discarica devono essere captati, raccolti e smaltiti per
tutto il tempo di vita della discarica, secondo quanto stabilito nell'autorizzazione,
e comunque per un tempo non inferiore a 30 anni dalla data di chiusura
definitiva dell'impianto.
Il sistema di raccolta del percolato deve essere progettato e gestito in modo da:
minimizzare il battente idraulico di percolato sul fondo della discarica al
minimo compatibile con i sistemi di sollevamento e di estrazione;
prevenire intasamenti ed occlusioni per tutto il periodo di funzionamento
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previsto;
resistere all'attacco chimico dell'ambiente della discarica;
sopportare i carichi previsti.
Il percolato e le acque raccolte devono essere trattate in impianto tecnicamente
idoneo di trattamento al fine di garantirne lo scarico nel rispetto dei limiti
previsti dalla normativa vigente in materia. La concentrazione del percolato può
essere autorizzata solo nel caso in cui contribuisca all'abbassamento del relativo
battente idraulico; il concentrato puo' rimanere confinato all'interno della
discarica.
Protezione del terreno e delle acque
L'ubicazione e la progettazione di una discarica devono soddisfare le condizioni
necessarie per impedire l'inquinamento del terreno, delle acque sotterranee o
delle acque superficiali e per assicurare un'efficiente raccolta del percolato.
La protezione del suolo, delle acque sotterranee e di superficie deve essere
realizzata, durante la fase operativa, mediante la combinazione della barriera
geologica, del rivestimento impermeabile del fondo e delle sponde della
discarica e del sistema di drenaggio del percolato, e durante la fase post-
operativa anche mediante copertura della parte superiore.
Barriera geologica
Il substrato della base e dei fianchi della discarica deve consistere in una
formazione geologica naturale che risponda a requisiti di permeabilità e spessore
almeno equivalente a quello risultante dai seguenti criteri:
discarica per rifiuti non pericolosi: k ≤ 10-9 m/s e spessore ≥ 1 m
La continuità e le caratteristiche di permeabilità della barriera geologica, su tutta
l'area interessata dalla discarica, devono essere opportunamente accertate
mediante indagini e perforazioni geognostiche.
La barriera geologica, qualora non soddisfi naturalmente le condizioni di cui
sopra, può essere completata artificialmente attraverso un sistema barriera di
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confinamento opportunamente realizzato che fornisca una protezione
equivalente.
Per tutti gli impianti deve essere prevista l‘impermeabilizzazione del fondo e
delle pareti con un rivestimento di materiale artificiale posto al di sopra della
barriera geologica, su uno strato di materiale minerale compattato. Tale
rivestimento deve avere caratteristiche idonee a resistere alle sollecitazioni
chimiche e meccaniche presenti nella discarica.
Il piano di imposta dello strato inferiore della barriera di confinamento deve
essere posto al di sopra del tetto dell‘acquifero confinato con un franco di
almeno 1,5 m, nel caso di acquifero non confinato, al di sopra della quota di
massima escursione della falda con un franco di almeno 2 m.
Le caratteristiche del sistema barriera di confinamento artificiale sono garantite
normalmente dall'accoppiamento di materiale minerale compattato
(caratterizzato da uno spessore di almeno 100 cm con una conducibilità idraulica
k ≤ 10-7 cm/s, depositato preferibilmente in strati uniformi compattati dello
spessore massimo di 20 cm) con una geomembrana.
L'utilizzo della sola geomembrana non costituisce in nessun caso un sistema di
impermeabilizzazione idoneo; la stessa deve essere posta a diretto contatto con
lo strato minerale compattato, senza interposizione di materiale drenante.
Particolari soluzioni progettuali nella realizzazione del sistema barriera di
confinamento delle sponde, che garantiscano comunque una protezione
equivalente, potranno eccezionalmente essere adottate e realizzate anche con
spessori inferiori a 0,5 m, a condizione che vengano approvate dall'Ente
territoriale competente; in tal caso dovranno essere previste specifiche analisi di
stabilità del sistema barriera di confinamento.
Lo strato di materiale artificiale e/o il sistema barriera di confinamento deve
essere inoltre adeguatamente protetto dagli agenti atmosferici e da pericoli di
danneggiamento in fase di realizzazione e di esercizio della discarica.
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Sul fondo della discarica, al di sopra del rivestimento impermeabile, deve essere
previsto uno strato di materiale drenante con spessore ≥ 0,5 m.
Il fondo della discarica, tenuto conto degli assestamenti previsti, deve conservare
un'adeguata pendenza tale da favorire il deflusso del percolato ai sistemi di
raccolta.
Copertura superficiale finale
La copertura superficiale finale della discarica deve rispondere ai seguenti criteri:
isolamento dei rifiuti dall'ambiente esterno
minimizzazione delle infiltrazioni d'acqua
riduzione al minimo della necessità di manutenzione
minimizzazione dei fenomeni di erosione
resistenza agli assestamenti ed a fenomeni di subsidenza localizzata
La copertura deve essere realizzata mediante una struttura multistrato costituita,
dall'alto verso il basso, almeno dai seguenti strati:
strato superficiale di copertura con spessore ≥ 1 m che favorisca lo
sviluppo delle specie vegetali di copertura ai fini del piano di ripristino
ambientale e fornisca una protezione adeguata contro l'erosione e di
proteggere le barriere sottostanti dalle escursioni termiche
strato drenante protetto da eventuali intasamenti con spessore ≥ 0,5 m in
grado di impedire la formazione di un battente idraulico sopra le barriere
di cui ai punti successivi
strato minerale compattato di spessore ≥ 0,5 m e di conducibilità
idraulica ≤ 10-8 m/s o di caratteristiche equivalenti
strato di drenaggio del gas e di rottura capillare, protetto da eventuali
intasamenti, con spessore ≥ 0,5 m;
strato di regolarizzazione con la funzione di permettere la corretta messa
in opera degli strati sovrastanti
Poiché la degradazione dei rifiuti biodegradabili, incluse le componenti
cellulosiche, comporta la trasformazione in biogas di circa un terzo della massa
dei rifiuti, la valutazione degli assestamenti dovrà tenere conto di tali
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variazioni, soprattutto in funzione alla morfologia della copertura finale.
La copertura superficiale finale descritta deve garantire l'isolamento della
discarica, anche tenendo conto degli assestamenti previsti, e a tal fine non deve
essere direttamente collegata al sistema barriera di confinamento.
La copertura superficiale finale della discarica nella fase di post esercizio può
essere preceduta da una copertura provvisoria, la cui struttura può essere più
semplice di quella sopra indicata, finalizzata ad isolare la massa di rifiuti in
corso di assestamento. La copertura provvisoria deve essere oggetto di
manutenzione continua, per consentire il regolare deflusso delle acque
superficiali e minimizzarne l'infiltrazione nella discarica.
La copertura superficiale finale deve essere realizzata in modo da consentire un
carico compatibile con la destinazione d'uso prevista.
Controllo dei gas
Le discariche che accettano rifiuti biodegradabili devono essere dotate di
impianti per l'estrazione dei gas che garantiscano la massima efficienza di
captazione e il conseguente utilizzo energetico.
La gestione del biogas deve essere condotta in modo tale da ridurre al minimo il
rischio per l'ambiente e per la salute umana; l'obiettivo è quello di non far
percepire la presenza della discarica al di fuori di una ristretta fascia di rispetto.
E‘ indispensabile un piano di mantenimento del sistema di estrazione del biogas,
che preveda anche l'eventuale sostituzione dei sistemi di captazione, qualora
deformati in modo irreparabile dall‘uso.
È inoltre indispensabile mantenere al minimo il livello del percolato all'interno
dei pozzi di captazione del biogas, per consentirne la continua funzionalità,
anche con sistemi di estrazione del percolato eventualmente formatosi; tali
sistemi devono essere compatibili con la natura di gas esplosivo, e rimanere
efficienti anche nella fase post - operativa.
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Il sistema di estrazione del biogas deve essere dotato di sistemi per
l'eliminazione della condensa; l'acqua di condensa può essere eccezionalmente
reimmessa nel corpo della discarica.
Il gas deve essere di norma utilizzato per la produzione di energia, anche a
seguito di un eventuale trattamento, senza che questo pregiudichi le condizioni
di sicurezza per la salute dell'uomo e per l'ambiente.
Nel caso di impraticabilità del recupero energetico la termodistruzione del gas di
discarica deve avvenire in idonea camera di combustione a temperatura T > 850°,
concentrazione di ossigeno ≥ 3% in volume e tempo di ritenzione ≥ 0,3 s.
Il sistema di estrazione e trattamento del gas deve essere mantenuto in esercizio
per tutto il tempo in cui nella discarica è presente la formazione del gas e
comunque per il periodo ritenuto necessario dall‘ente territorialmente
competente.
Disturbi e rischi
Il gestore degli impianti di discarica per rifiuti non pericolosi e pericolosi deve
adottare misure idonee a ridurre al minimo i disturbi ed i rischi causati da:
emissione di odori, essenzialmente dovuti al gas di discarica
produzione di polvere
materiali trasportati dal vento
rumore e traffico
uccelli, parassiti ed insetti
formazione di aerosol
incendi
Stabilità
Nella fase di caratterizzazione del sito è necessario accertarsi con specifiche
indagini e prove geotecniche che il substrato geologico, in considerazione della
morfologia della discarica e dei carichi previsti nonché delle condizioni
operative, non vada soggetto a cedimenti tali da danneggiare i sistemi di
protezione ambientale della discarica.
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Inoltre deve essere verificata in corso d'opera la stabilità del fronte dei rifiuti
scaricati, secondo quanto descritto nel seguito, e la stabilità dell'insieme terreno
di fondazione dell‘impianto, con particolare riferimento alla stabilità dei pendii
ai sensi del D.M. 11 marzo 1988, tenendo conto dei normali assestamenti dovuti
alla degradazione dei rifiuti.
Protezione fisica degli impianti
La discarica deve essere dotata di recinzione per impedire il libero accesso al
sito di persone ed animali.
Il sistema di controllo e di accesso agli impianti deve prevedere un programma
di misure volte ad impedire lo scarico illegale. Il sito di discarica deve essere
individuato a mezzo di idonea segnaletica.
La copertura giornaliera della discarica, descritta nel seguito, deve contribuire al
controllo di volatili e piccoli animali.
Dotazione di attrezzature e personale
Gli impianti di discarica di rifiuti non pericolosi devono essere dotati,
direttamente o tramite apposita convenzione, di laboratori idonei per le
specifiche determinazioni previste per la gestione dell'impianto.
La gestione della discarica deve essere affidata a persona competente a gestire il
sito, e deve essere assicurata la formazione professionale e tecnica del personale
addetto all'impianto, anche in relazione ai rischi da esposizione agli agenti
specifici in funzione del tipo di rifiuti smaltiti. In ogni caso, il personale dovrà
utilizzare idonei dispositivi di protezione individuale in funzione del rischio
valutato.
Il personale al quale vengono affidati gli interventi di emergenza deve essere
preliminarmente istruito ed informato sulle tecniche di intervento di emergenza
ed aver partecipato ad uno specifico programma di addestramento all'uso dei
dispositivi di protezione individuale.
Modalità e criteri di coltivazione
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È vietato lo scarico di rifiuti polverulenti o finemente suddivisi soggetti a
dispersione eolica, in assenza di specifici sistemi di contenimento e/o di
modalità di conduzione della discarica atti ad impedire tale dispersione.
Lo scarico dei rifiuti deve essere effettuato in modo da garantire la stabilità della
massa di rifiuti e delle strutture collegate. I rifiuti vanno deposti in strati
compattati e sistemati in modo da evitare, lungo il fronte di avanzamento,
pendenze superiori al 30%.
La coltivazione deve procedere per strati sovrapposti e compattati, di limitata
ampiezza, in modo da favorire il recupero immediato e progressivo dell'area
della discarica.
L'accumulo dei rifiuti deve essere attuato con criteri di elevata compattazione,
onde limitare successivi fenomeni di instabilità. Occorre limitare la superficie
dei rifiuti esposta all'azione degli agenti atmosferici, e mantenere, per quanto
consentito dalla tecnologia e dalla morfologia dell'impianto, pendenze tali da
garantire il naturale deflusso
delle acque meteoriche al di fuori dell'area destinata al conferimento dei rifiuti.
I rifiuti che possono dar luogo a dispersione di polveri o ad emanazioni moleste
e nocive devono essere al più presto ricoperti con strati di materiali adeguati; è
richiesta una copertura giornaliera dei rifiuti con uno strato di materiale
protettivo di idoneo spessore e caratteristiche. La copertura giornaliera può
essere effettuata anche con sistemi sintetici che limitino la dispersione eolica,
l'accesso dei volatili e l'emissione di odori. Qualora le tecniche precedentemente
esposte si rivelassero insufficienti ai fini del controllo di insetti, larve, roditori ed
altri animali, è posto l'obbligo di effettuare adeguate operazioni di
disinfestazione e derattizzazione.
Lo stoccaggio di rifiuti tra loro incompatibili deve avvenire in distinte aree della
discarica, tra loro opportunamente separate e distanziate.
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1 LA STRUTTURA DELLA PIANIFICAZIONE NEL LAZIO
1.1 Piano Regionale di Gestione Rifiuti
Il Piano di Gestione dei Rifiuti della Regione Lazio, approvato con Deliberazione del
Consiglio Regionale n. 14/2012, pubblicata sul BURL n.10 del 14/03/2012 S.O.15,
risulta articolato in due sezioni.
1. la prima sezione è dedicata ai rifiuti urbani;
2. la seconda sezione è dedicata ai rifiuti speciali.
Il nuovo piano è orientato verso le politiche dello “sviluppo sostenibile. Sono quindi
previste su tutto il territorio regionale:
- metodologie volte alla diminuzione della quantità di rifiuti
complessivamente prodotti;
- incrementi del livello di raccolta differenziata, coerentemente con le
norme nazionali e la sostenibilità economica e sociale.
Nel Piano si afferma che tali risultati possono essere conseguiti solo attraverso la
sensibilizzazione e il coinvolgimento della comunità regionale in tutto il ciclo dei rifiuti
(produzione, raccolta, riciclaggio, riutilizzo), mediante opportune campagne informative
capillarmente radicate sul territorio.
Quanto sopra è rivolto al perseguimento di obiettivi di efficienza, efficacia ed
economicità nelle fasi iniziali ed intermedie del ciclo dei rifiuti (produzione e raccolta),
senza sottovalutare alcuni aspetti significativi concernenti le fasi terminali di tale ciclo,
ovvero il riutilizzo e lo smaltimento.
Relativamente al riutilizzo, la soluzione più consona è procedere ―al più efficiente
possibile recupero della frazione organica umida, sia per separarla dalla restante
parte dei rifiuti (riducendo pertanto significativamente l’impatto ambientale degli
stessi), sia per recuperare da essa materia ed energia‖.
Mentre lo smaltimento in discarica viene considerato come fase ―residuale del ciclo
dei rifiuti mediante:
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- il perseguimento di politiche volte a destinare allo smaltimento quanto
non fattivamente riutilizzabile in processi secondari o nel recupero
energetico;
- la ricerca della massima efficienza nell’utilizzo dell’impiantistica
esistente previa esecuzione di una verifica tecnica‖.
L‘orizzonte temporale del Piano si estende fino all‘anno 2017.
In conformità con quanto stabilito dall‘art. 199 del D.Lgs. 152/06 così come modificato
dal D. Lgs 205/2010, il Piano di Gestione della Regione Lazio detta norme
relativamente a:
a. tipo, quantità e fonte dei rifiuti prodotti all‘interno del territorio, suddivisi
per ambito territoriale ottimale per quanto riguarda i rifiuti urbani, rifiuti
che saranno prevedibilmente spediti da o verso il territorio nazionale e
valutazione dell‘evoluzione futura dei flussi di rifiuti, nonché la
fissazione degli obiettivi di raccolta differenziata da raggiungere a livello
regionale, fermo restando quanto disposto dall‘articolo 205;
b. i sistemi di raccolta dei rifiuti e impianti di smaltimento e recupero
esistenti, inclusi eventuali sistemi speciali per oli usati, rifiuti pericolosi
o flussi di rifiuti disciplinati da una normativa comunitaria specifica;
c. una valutazione della necessità di nuovi sistemi di raccolta, della chiusura
degli impianti esistenti per i rifiuti, di ulteriori infrastrutture per gli
impianti per i rifiuti in conformità del principio di autosufficienza e
prossimità di cui agli articoli 181, 182 e 182-bis e se necessario degli
investimenti correlati;
d. informazioni sui criteri di riferimento per l‘individuazione dei siti e la
capacità dei futuri impianti di smaltimento o dei grandi impianti di
recupero, se necessario;
e. politiche generali di gestione dei rifiuti, incluse tecnologie e metodi di
gestione pianificata dei rifiuti, o altre politiche per i rifiuti che pongono
problemi particolari di gestione;
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f. la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale ottimale sul territorio
regionale, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1,
lettera m);
g. il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a
garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza,
efficacia, efficienza, economicità e autosufficienza della gestione dei
rifiuti urbani non pericolosi all'interno di ciascuno degli ambiti territoriali
ottimali di cui all'articolo 200, nonché ad assicurare lo smaltimento e il
recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al
fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti;
h. la promozione della gestione dei rifiuti per ambiti territoriali ottimali,
attraverso strumenti quali una adeguata disciplina delle incentivazioni,
prevedendo per gli ambiti più meritevoli, tenuto conto delle risorse
disponibili a legislazione vigente, una maggiorazione di contributi; a tal
fine le regioni possono costituire nei propri bilanci un apposito fondo;
i. la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti
urbani;
j. i criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non
idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei
rifiuti nonché per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo
smaltimento dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali di cui all'articolo
195, comma 1, lettera p);
k. le iniziative volte a favorire, il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dai
rifiuti di materiale ed energia, ivi incluso il recupero e lo smaltimento dei
rifiuti che ne derivino;
l. le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della
cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani;
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m. la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 195,
comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per specifiche tipologie di
rifiuto;
n. le prescrizioni in materia di prevenzione e gestione degli imballaggi e
rifiuti di imballaggio di cui all'articolo 225, comma 6;
o. il programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in
discarica di cui all‘articolo 5 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n.
36;
p. un programma di prevenzione della produzione dei rifiuti, elaborato sulla
base del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti di cui all‘art.
180, che descriva le misure di prevenzione esistenti e fissi ulteriori
misure adeguate. Il programma fissa anche gli obiettivi di prevenzione.
Le misure e gli obiettivi sono finalizzati a dissociare la crescita
economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti. Il
programma deve contenere specifici parametri qualitativi e quantitativi
per le misure di prevenzione al fine di monitorare e valutare i progressi
realizzati, anche mediante la fissazione di indicatori.
Il Piano fornisce una rappresentazione dell‘intero ciclo dei rifiuti urbani, dalla
produzione alla reimmissione come materiali sul mercato o allo smaltimento finale.
Vengono, pertanto, pianificate tutte le fasi relative alla gestione dei rifiuti, quali:
- la produzione e la raccolta dei rifiuti urbani;
- il trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani indifferenziati;
- lo smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti provenienti dal loro
trattamento.
Relativamente alle discariche ove vengono conferiti gli scarti da trattamento meccanico-
biologico e da termovalorizzazione, il Piano descrive la situazione attuale della
produzione di rifiuti e il relativo fabbisogno di impianti.
Criteri di localizzazione degli impianti
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Il nuovo Piano definisce i criteri base per l'individuazione delle aree idonee e non
idonee alla localizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti.
I criteri di localizzazione degli impianti sono fissati prendendo in considerazione i
diversi fattori che evidenziano il grado di fattibilità degli interventi; in particolare,
vengono definiti:
- Fattori escludenti: sono quei fattori che precludono la localizzazione di
impianti a causa della presenza di vincoli condizionanti o destinazioni d’uso
del suolo incompatibili con la presenza degli impianti stessi. Tali fattori hanno
valenza di vincolo, e sono determinati sulla base della normativa vigente e degli
obiettivi di tutela fissati dagli strumenti pianificatori regionali;
- Fattori di attenzione progettuale: sono quei fattori che rendono necessari
ulteriori approfondimenti per valutare la realizzabilità degli interventi, in
presenza di interventi di mitigazione, in relazione agli specifici usi del suolo e
alle caratteristiche morfologiche dell’area, specialmente nell’ambito della
stesura di cartografie con differenti gradi di suscettività alla localizzazione.
- Fattori preferenziali: sono quei fattori che per le loro caratteristiche intrinseche
dovrebbero favorire la realizzazione degli impianti.
I fattori di localizzazione sopra elencati vengono individuati dapprima per tutte le
tipologie di impianto di recupero, trattamento e smaltimento, poi vengono trattati in
maniera specifica i fattori di localizzazione per ciascuna tipologia di impianto, la cui
considerazione deve andare ad aggiungersi a quelli di ordine generale.
I criteri di localizzazione sono aggregati in tre macro-gruppi, quali:
aspetti ambientali (fasce di rispetto, Parchi, Riserve, zone archeologiche,
bellezze panoramiche e paesaggistiche, etc…);
aspetti idrogeologici e di difesa del suolo (aree destinate al contenimento delle
piene, aree sondabili, aree sottoposte a vincolo idrogeologico, etc…;
aspetti territoriali (aree con presenza di insediamenti, aree con presenza di edifici
sensibili, etc…).
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Per ciascuna tipologia impiantistica di trattamento, recupero e smaltimento, il Piano
Regionale di Gestione dei Rifiuti prevede i criteri per la localizzazione dei nuovi
impianti, di seguito riportati.
Aspetti Ambientali – fattori escludenti
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