59 prevenzione violenza sul personale settore istruzione
419 capo della protezione civile e infortunio mortale di un volontario
1. Cassazione Penale, Sez. 4, 22 novembre 2013, n. 46782 - Capo della
Protezione civile e infortunio mortale di un volontario: posizione di
garanzia e responsabilità
Lunedì 25 Novembre 2013 18:11
Cassazione Penale, Sez. 4, 22 novembre 2013, n. 46782 - Capo della Protezione civile e
infortunio mortale di un volontario: posizione di garanzia e responsabilità
Dirigente e Preposto
Presidente Brusco – Relatore Serrao
Fatto
1. In data 12 dicembre 2012 il GUP presso il Tribunale di Gorizia ha emesso, ai sensi dell'art. 425
c.p.p., sentenza di non luogo a procedere nei confronti di M.M. in ordine al delitto di cui all'art. 589,
comma secondo, c.p., avvenuto in ... con evento morte il (omissis) ai danni di V.C. . In sintesi il fatto:
V.C. , volontario della Protezione Civile del Comune di Gorizia, nell'effettuare unitamente ai suoi
colleghi un intervento di manutenzione straordinaria della facciata principale dell'edificio di via
(omissis) , di proprietà del Comune di Gorizia e del quale una parte è adibita a sede della Protezione
Civile comunale, veniva portato sul tetto dell'edificio a mezzo di cesta autosollevante unitamente a
due colleghi e, dopo aver smontato uno striscione-insegna recante la dicitura "Protezione Civile",
depositato sul tetto, ed aver pulito con l'idropulitrice una parte del muro, anziché scendere come i
due colleghi con lo stesso mezzo con cui era salito, si allontanava in direzione opposta lungo il tetto,
camminando sopra la copertura del capannone su lastre in pannelli ondulati di cemento-amianto ivi
presenti e precipitando dal tetto a seguito del cedimento di taluni dei pannelli di copertura e del
sottostante pannello del controsoffitto sino a terra all'interno del magazzino, per un'altezza di circa 8
m. In seguito alla caduta V.C. decedeva sul colpo a causa delle gravissime lesioni cranio-encefaliche
ed endotoraciche riportate nella caduta.
2.All'esito del decesso, il PM procedeva nei confronti di M.M. nella sua qualità di Comandante della
Polizia Municipale di Gorizia e capo della Protezione Civile del Comune di Gorizia, dunque in qualità
di datore di lavoro, per aver cagionato, in concorso con P.G. , coordinatore dei volontari della
Protezione Civile di Gorizia, la morte di V.C. per colpa specifica, consistita nella inosservanza delle
norme poste a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e in particolare per la violazione
degli articoli: 71, commi 1 e 2 lett. c) d.lgs. 81/08, non avendo posto a disposizione dei volontari della
Protezione Civile, che si accingevano ad effettuare i lavori di manutenzione della facciata, attrezzature
conformi ai requisiti di sicurezza prescritti dalla legge; 71 comma 7 d.lgs. 81/08, per aver consentito
l'utilizzo di una gru oleodinamica priva di comando elettromagnetico in maniera errata ad operatori
non incaricati, non informati e non adeguatamente addestrati; 71 comma 8 d.lgs. 81/08, per non aver
2. provveduto a che le attrezzature di cui sopra fossero sottoposte ad interventi di controllo periodici;
36 e 37 d.lgs. 81/08, per non aver fornito a V.C. adeguata informazione sui rischi specifici dell'attività
che andava a svolgere né adeguata formazione con particolare riferimento ai rischi specifici
dell'attività che gli si richiedeva di svolgere né adeguato addestramento; d.lgs. 81/08, per non aver
predisposto per il fabbricato in questione, di proprietà del Comune di Goriziani documento di
valutazione dei rischi, all'interno del quale sarebbe stato necessario evidenziare il rischio di caduta
dall'alto costituito dalla copertura non calpestabile e non pedonabile, specificando altresì le
procedure di sicurezza, i dispositivi di protezione e la formazione necessari per lo svolgimento
dell'attività lavorativa, non rientrante nell'ambito di competenza della Protezione Civile; 115 comma 1
e 3 d.lgs. 81/08, per non aver predisposto né presidio né vigilanza da parte di preposti, designati e
formati ai sensi dell'art. 37 d.lgs. 81/08; per non aver informato il personale adibito a lavori in quota,
che avrebbero dovuto utilizzare idonei dispositivi anticaduta in presenza di un parapetto di altezza
inferiore ad un metro e a fronte della necessità di muoversi sul tetto per posizionare
provvisoriamente l'insegna che il P. aveva sganciato dal muro ove era infissa; 18 comma 1 lett. c), d),
e) d.lgs. 81/08, per aver omesso di tenere conto della capacità e delle condizioni dei volontari della
Protezione Civile ed in particolare del V. in rapporto in particolare alla sicurezza e per aver omesso di
fornire i lavoratori dei necessari ed idonei dispositivi di protezione individuale, prendendo altresì
appropriate misure affinché solamente lavoratori adeguatamente formati avessero accesso alle zone
che li esponevano al rischio grave e specifico sopra descritto; 2087 c.c., non avendo, in qualità di
datore di lavoro, adottato le misure necessarie alla tutela dell'integrità fisica del lavoratore.
3.Il GUP ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di M.M. "per non aver commesso il fatto",
ritenendo che il quadro probatorio non consentisse di addivenire al rinvio a giudizio dell'imputato; la
motivazione, posta a base della decisione, fa riferimento all'assenza di prova in merito all'incidenza
della condotta di M.M. sull'intervento "previamente concordato nel corso di una riunione svoltasi tra i
volontari ed il coordinatore degli stessi...", intervento iniziato il (omissis) , ed in merito al fatto che lo
stesso ne fosse stato in concreto informato, nonché in ordine al difetto di nesso di causalità tra la
caduta di V.C. e la violazione di alcune delle norme antinfortunistiche contestate, nonché in ordine
all'assenza di accertamenti in merito a quanto concretamente avvenuto, tale da rendere problematico
stabilire se vi fosse un nesso causale tra le cautele omesse e l'evento e/o se un'iniziativa della vittima
esorbitante dall'intervento programmato fosse stata causa sopravvenuta, da sola sufficiente a
determinare l'evento.
3.1. In particolare, dopo aver evidenziato che nel capo d'imputazione il PM aveva precisato che "in
una riunione tra i volontari e il coordinatore" si era concordato un intervento di manutenzione
straordinaria della facciata principale, della sede della Protezione Civile; che il giorno stabilito i
volontari Ma.Lu. , V.C. e il loro coordinatore P.G. erano stati issati sul corridoio calpestabile del tetto e,
smontate le insegne, pulita con l'idropulitrice una parte del muro, con la stessa gru con cui erano
stati portati sul tetto scendevano P. e Ma. , mentre V. si allontanava in direzione opposta, forse per
scender attraverso una scala di sicurezza collocata sull'altro lato dell'edificio, il GUP ha analiticamente
riportato il contenuto della consulenza tecnica disposta dal PM, in cui si descrive la sede della
Protezione Civile ed il percorso longitudinale compiuto dalla vittima, lo stato di conservazione e
manutenzione del fabbricato, la violazione di norme antinfortunistiche concernenti la gru utilizzata
per portare i volontari sul tetto, la determinazione n.36 del 30.12.2008, che aveva attribuito con
decorrenza 1.1.2009 a M. incarichi dirigenziali con competenze e responsabilità dirette di tutte le
funzioni e le attività attribuite alla Polizia Municipale e alla Protezione Civile, rilevando l'assenza sia
nella consulenza sia nella contestazione del Pubblico Ministero dell'esatta individuazione
dell'intervento programmato, necessaria per stabilire se la vittima si fosse attenuta al programmato o
avesse assunto iniziative imprevedibili e per stabilire quale fosse il nesso causale che eventualmente
legava l'evento concreto alle norme cautelari violate. Premesso che l'intervento eseguito dai volontari
3. era, come incontroverso, un intervento di manutenzione straordinaria e non un intervento proprio e
specifico di Protezione Civile, né un'esercitazione istituzionale, il giudice aveva ordinato ex art. 421
bis c.p.p. che venissero compiuti ulteriori accertamenti volti a stabilire se in concreto M. avesse inciso
in qualche modo o misura sulla decisione dell'intervento e nella sentenza ha evidenziato come
l'ulteriore documentazione depositata dal PM non avesse consentito di chiarire se M. avesse inciso in
qualche misura sull'intervento "previamente concordato nel corso di una riunione svoltasi tra i
volontari e il coordinatore degli stessi" o se ne sia stato in concreto informato, ritenendo non
contestabili a M. i diversi profili di colpa specifica indicati nel capo d'imputazione, presupponenti la
preventiva conoscenza dell'intervento. La sentenza impugnata, premesso che il giudice deve
accertare se le invocate cautele avrebbero o meno scongiurato l'evento, ha escluso che la caduta di
V.C. fosse in qualche modo collegabile al funzionamento, alla manutenzione o allo stato della gru
con la quale era stato issato sul tetto ed ha ritenuto che l'assenza di un accertamento in merito a
quanto concretamente avvenuto non avrebbe consentito di stabilire il nesso causale tra le cautele
omesse e l'evento.
4. Il Procuratore della Repubblica di Gorizia ha proposto ricorso per cassazione deducendo violazione
dell'art. 606, comma 1 lett.c) c.p.p. in quanto nell'intestazione della sentenza viene riportato il
nominativo di M.M. mentre all'interno, nel corpo della sentenza ed in relazione alla decisione, si fa
preciso riferimento all'altro imputato, P.G. , che ha scelto il rito abbreviato; erronea applicazione della
legge penale ovvero contraddittorietà ed illogicità della motivazione ai sensi dell'art. 606, comma
primo, lett. b) ed e) c.p.p. in quanto: a) contrasta con la norma penale l'affermazione per cui, non
trattandosi di compiti istituzionali della Protezione Civile, non potesse essere assunta dal M. una
posizione di garanzia; b) la circostanza che i volontari della Protezione Civile si fossero improvvisati
operai edili, con il benestare e comunque condividendo le loro attività certamente con il P. e con il M.
, non consente di sostenere che non sia possibile individuare una responsabilità in capo ad alcuno; c)
nel corso dell'udienza preliminare è emerso da dichiarazioni dei testi m.s. , G.M. , B.S. e C.M. come i
volontari della Protezione Civile svolgessero quasi per abitudine attività di manutenzione di edifici,
giustificando le contestazioni antinfortunistiche di cui al capo di imputazione, talune delle quali non
in nesso di causa con l'evento che ha coinvolto il V. ; d) in seguito all'istruttoria dinanzi al Giudice per
l'Udienza Preliminare, è emerso che V.C. era salito sul tetto del capannone in quanto i volontari della
Protezione Civile - in maniera del tutto impropria - venivano utilizzati dal responsabile della
Protezione Civile comunale, venendo coordinati dal P. , alla stregua di comuni operai; e) all'udienza
del 15.05.2012 è emerso dalle dichiarazioni dei testi Ma. e Ce. che ai volontari era stato detto di
andare a vedere "anche il tetto che spande"; f) le deposizioni dei testi sentiti in udienza hanno
evidenziato che, a prescindere dall'esito delle ulteriori indagini disposte dal giudice, c'era l'abitudine
di utilizzare i volontari in maniera incongrua; g) ancorché non in nesso causale con il decesso, le
violazioni di cui alle norme antinfortunistiche sub 1), 2), 3) devono necessariamente essere addebitate
al datore di lavoro; h) il GUP ha fondato la sua sentenza di proscioglimento anche sulle affermazioni
svolte dall'Ass 2 Isontina in sede di ricorso amministrativo.
5. Il Procuratore Generale, nella persona del dott. Vincenzo Geraci, ha concluso per il rigetto del
ricorso.
6. M.M. , a mezzo del difensore Avv. Federico Carnelutti, ha depositato memoria difensiva esponendo
che tutto l'iter motivazionale è interamente orientato nei confronti della sola posizione del M. ; che è,
invece, il Pubblico Ministero che confonde le posizioni sostanziali e processuali dei due imputati
proponendo una mera rilettura nel merito degli elementi indiziari, preclusa in questa sede, chiedendo
che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Diritto
4. 7. Alcuni dei motivi addotti (violazione ex art.606 comma 1 lett.c cod.proc.pen., sub a), b) ed h) sono
infondati, in quanto concernono censure che non trovano corrispondenza nell'impianto
motivazionale del provvedimento impugnato.
7.1. Il provvedimento impugnato ha, invero, espresso la motivazione, con esclusivo riferimento alla
posizione dell'imputato M.M. dunque, contrariamente a quanto sostenuto dal Pubblico Ministero
ricorrente, senza incorrere in errore di persona, in merito all'inidoneità degli elementi istruttori
acquisiti nel corso delle indagini preliminari a suffragare l'ipotesi accusatoria dell'assunzione da parte
dell'indagato della posizione di garanzia in relazione ad attività estranee ai compiti che la L.24.2.1992,
n.225 ascrive al settore della Protezione Civile. Il giudice ha, quindi, basato il proprio convincimento
sulla carente dimostrazione di un elemento oggettivo costitutivo della fattispecie contestata ed ha,
poi, secondo quanto si evince dall'indicazione dell'esito delle ulteriori indagini ordinate ai sensi
dell'art.421 bis cod.proc.pen., ritenuto non colmabile tale carenza in sede dibattimentale.
8. Le deduzioni in fatto contenute nel ricorso attengono, poi, ad una configurazione della vicenda,
con riferimento ad elementi essenziali quali le modalità di assunzione dell'obbligo di garanzia in
relazione all'esatta individuazione del tipo di intervento programmato, diversa da quella contestata
nel capo d'imputazione ed evidenziano come il provvedimento impugnato si sia correttamente
attenuto al principio di correlazione tra accusa e capo d'imputazione (Sez. 2, n. 6346 del 13/12/2011,
Scarzi).
9. Con riguardo alle censure in diritto, nel provvedimento impugnato il giudice ha fatto buon
governo dei principi per cui, in tema di reato omissivo improprio, il rapporto di causalità tra condotta
ed evento presuppone l'affermazione di un obbligo di garanzia in capo al soggetto di cui si assume
la responsabilità (Sez. 4, n. 17069 del 16/02/2012, Samudri, Rv. 253067); nel rispetto del principio di
tassatività, oltre agli obblighi di garanzia previsti dalla legge, vengono individuati obblighi di garanzia
derivati, ossia trasferiti dall'originario garante ad altro soggetto; l'obbligo di garanzia, in virtù della
delimitazione prevista dall'art. 40, comma secondo, c.p. alle sole fonti di doveri giuridici, deve essere
previsto dalla legge, dal contratto o può derivare dalla volontaria assunzione dell'obbligo
(negotiorum gestio art. 2028 c.c); in tema di infortuni sul lavoro, la previsione di cui all'art. 299 D.Lgs.
n. 81 del 2008 (rubricata esercizio di fatto di poteri direttivi) - per la quale le posizioni di garanzia
gravano altresì su colui che, pur sprovvisto di regolare investitura,-eserciti in concreto i poteri
giuridici riferiti al datore di lavoro e ad altri garanti ivi indicati - ha natura meramente ricognitiva del
principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite e consolidato, per il quale l'individuazione dei
destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro deve fondarsi
non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi,
rispetto alla carica attribuita al soggetto, ossia alla sua funzione formale (Sez. 4, n. 10704 del
07/02/2012, Corsi, Rv. 252676). Il GUP ha ritenuto che, nel caso concreto, le acquisizioni istruttorie
non fossero idonee a fondare un giudizio prognostico favorevole circa la prova della posizione di
garanzia dell'indagato, sul presupposto che tale posizione non fosse configurabile in relazione ad un
intervento di manutenzione edile estraneo ai compiti istituzionali della Protezione Civile, e che,
dunque, fosse necessaria, per sostenere l'accusa in giudizio, l'acquisizione di elementi probatori atti a
dimostrare che l'indagato avesse volontariamente assunto tale obbligo di garanzia.
9.1. La censura dedotta dal Pubblico Ministero ricorrente con riferimento all'esame dei testimoni, le
cui dichiarazioni sono in parte riportate nel ricorso, risulta tuttavia fondata. Il giudice di legittimità ha,
ai sensi del novellato art. 606 cod.proc.pen., il compito di accertare (Sez. 5, n.18542 del 21/01/2011,
Carone, Rv. 250168;Sez.6, n. 35964 del 28/09/2006, Foschini ed altro, Rv. 234622; Sez. 2, n.7380 del
11/01/2007, Messina, Rv. 235716; Sez. 5, n.39048 del 25/09/2007, Casavola ed altri, Rv. 238215; Sez.
2, n.18163 del 22/04/2008, Ferdico, Rv. 239789), la decisività del materiale probatorio richiamato (che
5. deve essere tale da disarticolare l'intero ragionamento del giudicante o da determinare almeno una
complessiva incongruità della motivazione); l'esistenza di una radicale incompatibilità con l'iter
motivazionale seguito dal giudice di merito e non di un semplice contrasto (non essendo il giudice di
legittimità obbligato a prendere visione degli atti processuali anche se specificamente indicati, ove
non risulti detto requisito); la sussistenza di una prova omessa o inventata, o il c.d. “travisamento
della prova, ma solo qualora la difformità della realta storica sia evidente, manifesta, apprezzabile ictu
oculi ed assuma anche carattere decisivo in una valutazione globale di tutti gli elementi probatori
esaminati dal giudice di merito (il cui giudizio valutativo non è sindacabile in sede di legittimità se
non manifestamente illogico e, quindi, anche contraddittorio).
9.2. Tali considerazioni devono, nel caso concreto, essere correlate alla peculiare regola di giudizio
che governa l'udienza preliminare, la quale richiede esclusivamente la verifica della possibilità di
sostenere l'accusa in giudizio e, dunque, la possibilità che i dati di conoscenza già acquisiti possano
essere integrati nel corso dell'istruttoria dibattimentale. Nella giurisprudenza di questa Corte è
consolidato l'orientamento secondo il quale il controllo del giudice di legittimità sulla motivazione
della sentenza di non luogo a procedere, ex art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. d) o lett. e), non
può avere per oggetto gli elementi acquisiti dal Pubblico Ministero ma solo la giustificazione
adottata dal giudice nel valutarli e, quindi, la riconoscibilità del criterio prognostico adottato nella
valutazione d'insieme degli elementi acquisiti (Sez. 2, n. 28743 del 14/05/2010, Orsini, Rv. 247860;
Sez. 5, n. 15364 del 18/03/2010, Caradonna, Rv. 246874; Sez. 4, n. 2652/09 del 27/11/2008, Sorbello,
Rv. 242500; Sez. 5, n. 14253 del 13/02/2008, Piras, Rv. 239493). Il Giudice di legittimità, dunque, ha il
compito di verificare se il Giudice dell'udienza preliminare abbia fatto un corretto esercizio del suo
potere di prognosi riguardo agli eventuali sviluppi del processo, e, cioè, alla possibilità per il giudizio
dibattimentale di offrire elementi di prova ulteriori ovvero di consentire l'acquisizione
metodologicamente più affidabile, perché nel contraddittorio delle parti, di elementi in precedenza
assunti unilateralmente: dati tali da pervenire a risultati conoscitivi che permettano di chiarire la
vicenda oggetto del giudizio ed al Pubblico Ministero di sostenere l'accusa ai fini della eventuale
pronuncia di condanna (Sez. 6, n. 20207 del 26/04/2012, Broccio, Rv. 252719). La valutazione circa il
corretto esercizio per predetto potere di prognosi non è, invece, possibile qualora nel complessivo
esame degli elementi acquisiti risulti del tutto omesso ogni riferimento ad alcune emergenze
istruttorie, specificamente indicate nel ricorso.
9.3. Ebbene, nel fascicolo dell'udienza preliminare è presente un CD sul quale si legge "P.
ud.26/7/2012 audiz.testi" e dal verbale di udienza si evince che in data 26/6/2012, disposta la
separazione del procedimento a carico di M. da quello a carico di P. , il G.U.P. ha ordinato ulteriori
accertamenti ex art. 421 bis cod.proc.pen. per M. , procedendo per l'imputato P. con esame dei testi
Ma.Ma. , m.s. , S.N. , L.A. , G.M. , B.S. , C.M. . Nel medesimo verbale si fa riferimento ad un esame
testimoniale svoltosi in data 15/5/2012, ossia in data antecedente la separazione dei procedimenti. La
radicale assenza di riferimenti, nella motivazione, a tali acquisizioni istruttorie, seppure in parte
riferibili al procedimento svolto nei confronti del coimputato P. ma delle quali non è, allora,
giustificata la presenza nel fascicolo relativo all'imputato M. , non consente a questa Corte di
constatare se il G.U.P. abbia correttamente verificato la possibilità di sostenere l'accusa in giudizio e,
dunque, la possibilità che i dati di conoscenza già acquisiti potessero essere integrati nel corso
dell'istruttoria dibattimentale. Il provvedimento impugnato, in altre parole, tace su elementi istruttori
che potevano incidere sulla prognosi in cui si sostanzia la pronuncia di cui all'art. 425 cod.proc.pen.,
scardinando l'intero impianto motivazionale.
10. Alla luce di rilievi fin qui svolti, il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio, in
accoglimento dell'impugnazione fondata sulla lett. e) del comma 1 dell'art. 606 cod. proc. pen., nella
parte concernente le carenze motivazionali sopra indicate. Gli atti vanno trasmessi al Tribunale di
6. Gorizia, in funzione di Giudice per l'Udienza Preliminare, per un nuovo esame del punto indicato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Gorizia per nuovo esame.