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Il marketing di un nuovo teatro
Di Enrico Viceconte
Responsabile dell’Area Consulting della Stoà
Professore a contratto di marketing
Facoltà di Architettura della Seconda Università di Napoli

Premessa
Nel 1997 Philip Kotler, uno dei padri fondatori del marketing, pubblicava “Standing
Room Only” (“solo posti in piedi”) applicando i principi del marketing alle performing
arts. Poco si può aggiungere a quel manuale sia dal punto di vista teorico sia per quanto
riguarda gli strumenti che si possono applicare all’analisi di marketing: è invece di
grande interesse raccogliere casi di studio sulla gestione manageriale dello spettacolo
dal vivo, come il caso presentato in questo libro. Lo studio di un caso di management
teatrale, per la natura del settore dello spettacolo e per la diversità dei contesti in cui può
essere osservato, richiede spesso un approccio di marketing specifico. Ragionare in
termini di “lezioni apprese” o di “trasferimento di buone pratiche”, è altrettanto utile che
definire una teoria specifica del marketing teatrale. Quello dello spettacolo, in Italia, è
un settore caratterizzato, in varia misura, da una forte presenza pubblica, sia per le
diverse forme di sostegno finanziario alla produzione, sia perché i teatri e gli eventi
hanno spesso una gestione pubblica. L’applicazione dei classici strumenti base del
marketing strategico deve dunque essere arricchita ricorrendo ad approcci tipici del
marketing pubblico e del marketing sociale (Kotler, 1990) anche per la presenza
rilevante nel settore, lungo tutta la filiera, delle associazioni culturali non profit che
producono e organizzano spettacoli e manifestazioni e che, in molti casi, sono da
considerare anche un segmento non trascurabile del pubblico al quale l’offerta teatrale si
rivolge.
L’analisi delle pratiche di management del Teatro Borgatti di Cento e l’esperienza del
progetto di Trasferimento Buone Pratiche al Teatro Gesualdo di Avellino ci consentono
di rilevare alcuni aspetti peculiari del marketing di un teatro e di indicare, nei paragrafi
che seguono, alcuni aspetti teorici meritevoli di ulteriore lavoro di ricerca.

Il teatro come consumo culturale
Alla crescita dei consumi culturali, come editoria, spettacolo, arte e turismo è
corrisposta una crescita di alcuni settori che, presi tutti assieme, costituiscono già oggi
una delle voci più importanti dell’economia mondiale (Rifkin, 2000). Anche l’offerta di
beni, oltre ad incorporare una crescente quantità di valore di servizio, ha nella funzione
simbolica, e quindi culturale, il principale fattore di differenziazione. Si può dire che,
abbandonata la logica della standardizzazione industriale, e mutato il lavoro di
trasformazione in commodity da reperire in giro per il mondo al minor prezzo possibile,
le imprese delle economie avanzate si dedicano oggi alla produzione di differenze
piuttosto che di merci o servizi. Vale a dire che tra la logica dell’offerta e quella della
domanda esiste un’omologia per cui a una domanda interessata al valore distintivo del
bene acquistato corrisponde la differenziazione dell’offerta, alla continua ricerca di
posizionamenti esclusivi e riconosciuti dal mercato in base a criteri di “gusto”. Il
“posizionamento” e la “segmentazione” (termini di marketing che attengono a variabili
differenziali), in questa prospettiva, caratterizzano tanto l’offerta (che si frange in
molteplici categorie di merci con valore simbolico e “distintivo”), quanto la domanda
(che si articola in infinite combinazioni di stili di consumo, gusti, stili mentali e sociali
“distintivi”).
Non si deve dimenticare, in questo senso, la lezione di Bourdieu, che poneva la ricerca
di “distinzione” alla base dei consumi culturali (estesi anche a consumi “materiali”
come l’abbigliamento, l’arredamento e il cibo) e il “gusto” come attrattore nella
decisione d’acquisto fortemente correlato con la classe sociale. L’angolo di lettura di
Bourdieu, spesso a torto ignorato dal marketing, in qualche modo suggerisce che noi
siamo culturalmente quello che consumiamo e che consumiamo quello che siamo,
ovvero che l’offerta si adegua al gusto e, allo stesso tempo, lo determina1. Un processo
circolare in grado di amplificare i segnali deboli di differenza, trasformandoli in
tendenze e gusti. Il marketing d’impresa, lavorando sui segnali del mercato (che sono
segnali e informazioni in quanto sono differenze), amplificandoli selettivamente e
restituendoli al mercato (come valore differenziale della merce), opera come un circuito
di amplificazione.
All’inizio del secolo scorso Simmel spiegò con chiarezza illuminante che la moda è in
grado di produrre differenze e, nello stesso tempo, imitazione2. Una funzione che, con
Bourdieu, possiamo estendere a tutti i consumi culturali (certamente alle mode
culturali) e oggi potremmo applicare all’economia del simbolico nel suo complesso:
essa produce differenze (invece di merci) le quali si addensano, come fattori di
identificazione, in specifici segmenti del mercato. Tali segmenti forse non coincidono
più con le “classi” di Simmel e Bourdieu ma piuttosto caratterizzano i volatili “stili
mentali” (mindstyles) che attraversano la società.
Il consumo culturale, che per Bourdieu è spinto dal bisogno di accumulazione di un
capitale culturale e dal perseguimento di un profitto di distinzione (Bourdieu, 1983,
pag. 237), deve essere il principale oggetto di studio del marketing teatrale. La
produzione del gusto, inteso come attrattore nella scelta tra più offerte differenziate, è il
core business dell’impresa culturale (e dell’impresa postindustriale in genere), e questo
è vero in modo molto evidente per un teatro per il quale la logica di marketing non si
può ridurre alla ricerca della massimizzazione della vendita di biglietti. Questa premessa
teorica ci permette di accedere agli strumenti di marketing del teatro con un’impalcatura
concettuale adeguata.

Tre mercati unificati nell’ottica della comunità
Per la natura “mista” del settore dello spettacolo dal vivo, in cui sono presenti soggetti
privati, pubblici e non-profit, e per la funzione che questo tipo di attività può svolgere
nella produzione di capitale culturale in un determinato territorio (a livello di individuo,
comunità, o territorio) può essere utile trasporre il concetto di community management,
nato per definire le possibilità di gestire le comunità che accedono alla rete internet,

1
  “In materia di beni culturali – e senza dubbio anche in altri campi – l’aggiustamento tra la domanda e
l’offerta non è il semplice effetto dell’imposizione che la produzione eserciterebbe sul consumo, né
l’effetto di una ricerca consapevole, per cui sarebbe la produzione ad andare incontro ai bisogni dei
consumatori; bensì il risultato dell’effettiva orchestrazione delle due logiche relativamente indipendenti,
quella del campo della produzione e quella del campo del consumo” (Bourdieu, 1983, pag. 239)
2
  “La moda è imitazione di un modello dato e appaga il bisogno di appoggio sociale [...]. Nondimeno
appaga il bisogno di diversità, la tendenza alla differenziazione, al cambiamento, al distinguersi. [...]
Separare e collegare sono le due funzioni fondamentali che qui si uniscono indissolubilmente: ognuna di
esse, benché o perché costituisce l’opposizione logica all’altra, è condizione della sua realizzazione”
(Simmel, 1996, pagg. 11-17)
all’analisi del mercato di un teatro. Nel mercato di un teatro si possono identificare tre
categorie di clienti: il pubblico (mercato consumer), le organizzazioni private (mercato
business) e quelle pubbliche (mercato government). Nel primo caso si ragionerà
prevalentemente in termini di biglietti e abbonamenti, nel secondo in termini di
partnership, sponsorizzazioni e fund raising, nel terzo in termini di sostegno
istituzionale alla funzione sociale e culturale del teatro oppure di partnership con
specifici soggetti pubblici come, ad
esempio, le scuole. Questa suddivisione, che
fa riferimento alla rete di stakeholder del
territorio che deve essere analizzata in sede
strategica, ci induce a sviluppare almeno tre
diversi piani di marketing per un teatro. Il
concetto di comunità permette invece di
ricondurre a un piano unitario la definizione
di una strategia di marketing. Il teatro può
rappresentare per una comunità la sede di un
processo di produzione e di accumulo di
“capitale culturale” al quale possono
attingere i diversi soggetti del territorio. Come il pozzo del villaggio per l’acqua, o
come un sito web fortemente orientato alla community per specifici servizi, il teatro si
offre al territorio come sorgente di servizi o meglio, come si diceva, di “differenze” e,
allo stesso tempo, come luogo fisico e mentale di incontro e di identità. I risvolti pratici
di questa metafora sono nelle prassi gestionali che fanno leva sul contenitore teatro, sui
contenuti, sui servizi, sulla rete relazionale (anche, e non solo informatica) per
sviluppare valore per la comunità sul piano della cultura. In termini strategici, alla scelta
di un modello di comunità corrisponde la scelta e lo sviluppo di uno specifico “modello
di business” (vale a dire: chi paga, per che cosa).


Partnership con gli spettatori
Nel modello di community management, l’azione di marketing sul “mercato consumer”,
può combinare due diverse modalità d’azione.
1. Il “societal marketing” (Kotler, 1970) che vede, di pari passo all’azione di marketing
tradizionale, uno sforzo di divulgazione e promozione del “valore teatro” sui segmenti
più ricettivi. L’apprezzamento di un bene culturale, ad esempio assaporare la bravura di
un attore, dipende infatti in larga misura dall’educazione graduale del gusto e dalla
capacità di decodifica di linguaggi e di riferimenti culturali: in altre parole, dalla soglia
di sensibilità alle differenze. La preparazione di uno specifico cartellone rivolto ai
bambini e l’organizzazione di incontri educativi con lo spazio scenico (la voce, la luce,
il palcoscenico), fanno parte dell’esperienza di molti teatri e sono tra le azioni di
marketing del “Borgatti” individuate come eccellenti.
2. Il “marketing relazionale” consiste nella gestione della relazione a due vie, più o
meno assistita dal computer, con il cliente individuale. Le pratiche possono variare dalla
relazione personale diretta, ad esempio il direttore del teatro che frequentemente
accoglie al botteghino il pubblico e si informa del gradimento dopo lo spettacolo,
all’uso del telefono, ai criteri di assegnazione dei posti, al database marketing, alla
segmentazione in base alla fedeltà del cliente, all’uso di biglietterie automatiche
predisposte per le prenotazioni a distanza e a un sito internet evoluto. Tutte le pratiche
relazionali elencate sono svolte da un teatro come il “Borgatti” che opera in un piccolo
centro con una radicata tradizione teatrale, ma sono opportunamente adattabili anche a
realtà territoriali molto più grandi o di minore tradizione teatrale. Il marketing
relazionale opera sostanzialmente su una dimensione “paradigmatica” e una
“sintagmatica” dell’offerta al cliente-partner. L’offerta paradigmatica consiste nell’
identificare il cliente col quale si è stabilita la relazione bi-direzionale e offrire ad esso
non un solo prodotto o servizio ma un bouquet personalizzato di prodotti e servizi
diversi (esempio: teatro + centro culturale + bookshop + caffè letterario + laboratorio di
danza amatoriale). L’offerta sintagmatica consiste invece nel prevedere, per quello
stesso cliente, un’evoluzione dell’offerta che lo segua nel tempo lungo le diverse tappe
del ciclo di vita della sua relazione col teatro (ad esempio la sequenza: teatro per
bambini, concerti pop, opera lirica, programma per gli anziani a prezzo ridotto).
Le due modalità d’azione, che non si escludono a vicenda, possono essere viste
nell’ottica della “progettazione delle esperienze” (Viceconte, 2003). L’attività
preparatoria necessaria all’apprezzamento del valore creato dal teatro, e i meccanismi di
costruzione nel tempo di un’esperienza personalizzata e duratura dello spettatore,
rientrano nel campo di quell’economia delle esperienze di cui hanno scritto Pine e
Gilmore (Pine, Gilmore, 2000). Se oggi l’impresa, ripensandosi con una metafora
arditamente teatrale, si cimenta nella “messa in scena” del prodotto/servizio (Codeluppi,
2000, Bucchetti, 1999) e nell’allestimento di esperienze avvolgenti e coinvolgenti per il
consumatore, è naturale che un teatro debba definire il valore offerto in termini di
esperienza. Il valore, la ricchezza dell’esperienza teatrale deve essere il risultato delle
strategie di marketing di un teatro. Dall’esperienza teatrale, infatti, dalla sua
“differenza”, si richiede qualcosa di più del valore dell’intrattenimento o di un servizio,
che si può trovare con abbondanza altrove.

Partnership con le imprese
Esaminiamo il problema del “mercato business” di un teatro: le imprese. Oggi le
imprese non vendono più semplici prodotti ma modelli di identità. Allora, come dice
Michela Bondardo, “l’investimento in cultura contribuisce a costruire un
posizionamento forte e riconoscibile, a differenziarsi dalla concorrenza, a qualificare e
incrementare le relazioni con i clienti attuali e potenziali, a tessere legami di fiducia con
la comunità locale, a stimolare la creatività aziendale, a rafforzare nei dipendenti il
senso di appartenenza” (Bondardo, 2003). Questa spinta dell’impresa, letta nell’ottica
strategica con cui Bondardo la presenta, ha una conseguenza, in termini di modello di
business, nella ricerca di forme di partnership più solide e durature di una semplice
sponsorizzazione. Invece che ricercare sponsorizzazioni occasionali, più adatte a grandi
eventi isolati, e che comportano un basso tasso di coinvolgimento per le imprese, che
adottano per lo più un atteggiamento passivo e non proseguono o approfondiscono
l’azione di sostegno, un teatro dovrebbe ricercare una “relazione stabile a due vie”
secondo l’espressione di Bondardo. “L’impresa e l’istituzione culturale condividono lo
stesso percorso alla luce di un rapporto continuativo e dinamico, nel rispetto delle
reciproche esigenze. In questa logica di scambio biunivoco: 1) l’istituzione si apre alle
esigenze specifiche dell’impresa; 2) le imprese, a fronte di un contributo economico
annuale, hanno a disposizione una serie di benefit studiati ad hoc.” (Bondardo, 2003).
Mettere a disposizione di un’azienda partner un palco per più stagioni teatrali è, ad
esempio, una pratica trasferita dal Teatro Borgatti al Teatro Gesualdo: l’azienda partner
ricaverà valore dal palco, potendolo utilizzare per migliorare le sue relazioni esterne ed
interne, e il teatro vedrà rinnovata nel tempo l’attenzione e il sostegno del partner,
membro paritario della comunità, alle sue iniziative.

Partnership con gli Enti Locali
Il terzo elemento della comunità che si costruisce intorno al progetto di un teatro è la
relazione con il territorio e la pubblica amministrazione. La chiarezza del progetto
culturale e le capacità del management del teatro sono, in questo caso, il fattore critico
di successo per ottenere, con mille difficoltà, una relazione duratura di partnership con
gli amministratori pubblici. Parlare di partnership è necessario, paradossalmente in
misura maggiore, anche nel caso in cui il teatro è gestito dal Comune. L’aver definito la
missione del teatro in termini di benefici a una comunità, non può che facilitare il
processo di pianificazione strategica del teatro ma anche, se si è fatta chiarezza sul ruolo
che il teatro vuole assumere sul territorio, la pianificazione strategica, l’allocazione
delle risorse e la responsabilizzazione sui risultati dei dirigenti pubblici. Il marketing
territoriale, che persegue l’obiettivo di creare valore sul territorio, a favore degli
abitanti, dei turisti, delle aziende, degli investitori, ha, nell’ambito dello spettacolo,
alcune leve di miglioramento dell’offerta. Le stagioni estive all’aperto, fin troppo
affollate di festival ed eventi spettacolari e culturali sostenuti e organizzati dagli enti
locali, testimoniano un interesse elevatissimo del territorio allo spettacolo dal vivo, ma
anche una carenza di programmazione degli eventi nel corso dell’anno. La distribuzione
in tutto il corso dell’anno della programmazione teatrale ed artistica è uno degli
elementi che caratterizzano una buona gestione delle attività culturali.
E’necessario definire le logiche di marketing in modo specifico per le istituzioni
culturali pubbliche (musei civici e teatri) perché un aspetto così importante della qualità
del territorio non può essere lasciata all’improvvisazione. Il marketing mix territoriale è
composto da 4 “leve”: 1) Product, vale a dire buoni servizi e qualità della vita, bellezza
e identità dei luoghi; 2) Place, accessibilità dell’offerta in termini di viabilità, trasporti,
prossimità; 3) Promotion, cioè comunicazione efficace del valore che il territorio può
offrire; 4) Price, costo della vita, affitti, tariffe e tasse. L’offerta artistica va gestita a
sostegno delle leve di marketing per la sua potenzialità nell’arricchire il capitale
culturale del territorio, nel creare nuovi luoghi di identità e di incontro, nel promuovere
il territorio all’esterno.
Ma è soprattutto la prospettiva del marketing territoriale interno, l’attenzione al valore
per la comunità locale, che deve essere assunta. Il “capitale culturale” di cui parla
Bourdieu, è qualcosa che arricchisce il territorio non solo perché ne accresce l’attrattiva
e l’identità, viste “dall’esterno”, ma anche perché la sua crescita è in grado di trattenere
il “capitale intellettuale” (le persone di talento che vogliono continuare a vivere e
lavorare in quel territorio perché lo trovano stimolante e culturalmente ricco) e di
fertilizzare il “capitale sociale” cioè la fiducia alla base dello sviluppo economico. La
missione di un nuovo teatro non può ignorare questa prospettiva e deve tradurre gli
obiettivi che da essa derivano in concrete e professionali azioni di marketing.
Bibliografia


   •   Bondardo Michela, Impresa e Cultura: una relazione strategica, documentazione della lezione
       al Master in Public Management della Stoà, 12 settembre 2003.
   •   Bourdieu P, La distinzione, Il Mulino, Bologna 1983
   •   Bucchetti V., La messa in scena del prodotto, Franco Angeli, Milano 1999.
   •   Codeluppi V., Lo spettacolo della merce, Milano, Bompiani, 2000
   •   Kotler P. Standing Room Only, Harvard Business Press, 1997
   •   Kotler P., Al servizio del pubblico. Marketing per amministrazioni pubbliche, ospedali, enti
       culturali e sociali, partiti politici, associazioni, Etas, Milano 1990.
   •   Pine B.J.e Gilmore J.H., L’economia delle esperienze, Etas, Milano 2000
   •   Rifkin J, L’era dell accesso, Mondadori, Milano, 2000
   •   Simmel G. , La moda, Mondadori, Milano 1998
   •   Viceconte E., La progettazione delle esperienze nello sviluppo di nuovi prodotti, Sviluppo &
       Organizzazione, n.197 maggio/giugno 2003

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Il Marketing Di Un Nuovo Teatro

  • 1. Il marketing di un nuovo teatro Di Enrico Viceconte Responsabile dell’Area Consulting della Stoà Professore a contratto di marketing Facoltà di Architettura della Seconda Università di Napoli Premessa Nel 1997 Philip Kotler, uno dei padri fondatori del marketing, pubblicava “Standing Room Only” (“solo posti in piedi”) applicando i principi del marketing alle performing arts. Poco si può aggiungere a quel manuale sia dal punto di vista teorico sia per quanto riguarda gli strumenti che si possono applicare all’analisi di marketing: è invece di grande interesse raccogliere casi di studio sulla gestione manageriale dello spettacolo dal vivo, come il caso presentato in questo libro. Lo studio di un caso di management teatrale, per la natura del settore dello spettacolo e per la diversità dei contesti in cui può essere osservato, richiede spesso un approccio di marketing specifico. Ragionare in termini di “lezioni apprese” o di “trasferimento di buone pratiche”, è altrettanto utile che definire una teoria specifica del marketing teatrale. Quello dello spettacolo, in Italia, è un settore caratterizzato, in varia misura, da una forte presenza pubblica, sia per le diverse forme di sostegno finanziario alla produzione, sia perché i teatri e gli eventi hanno spesso una gestione pubblica. L’applicazione dei classici strumenti base del marketing strategico deve dunque essere arricchita ricorrendo ad approcci tipici del marketing pubblico e del marketing sociale (Kotler, 1990) anche per la presenza rilevante nel settore, lungo tutta la filiera, delle associazioni culturali non profit che producono e organizzano spettacoli e manifestazioni e che, in molti casi, sono da considerare anche un segmento non trascurabile del pubblico al quale l’offerta teatrale si rivolge. L’analisi delle pratiche di management del Teatro Borgatti di Cento e l’esperienza del progetto di Trasferimento Buone Pratiche al Teatro Gesualdo di Avellino ci consentono di rilevare alcuni aspetti peculiari del marketing di un teatro e di indicare, nei paragrafi che seguono, alcuni aspetti teorici meritevoli di ulteriore lavoro di ricerca. Il teatro come consumo culturale Alla crescita dei consumi culturali, come editoria, spettacolo, arte e turismo è corrisposta una crescita di alcuni settori che, presi tutti assieme, costituiscono già oggi una delle voci più importanti dell’economia mondiale (Rifkin, 2000). Anche l’offerta di beni, oltre ad incorporare una crescente quantità di valore di servizio, ha nella funzione simbolica, e quindi culturale, il principale fattore di differenziazione. Si può dire che, abbandonata la logica della standardizzazione industriale, e mutato il lavoro di trasformazione in commodity da reperire in giro per il mondo al minor prezzo possibile, le imprese delle economie avanzate si dedicano oggi alla produzione di differenze piuttosto che di merci o servizi. Vale a dire che tra la logica dell’offerta e quella della domanda esiste un’omologia per cui a una domanda interessata al valore distintivo del bene acquistato corrisponde la differenziazione dell’offerta, alla continua ricerca di posizionamenti esclusivi e riconosciuti dal mercato in base a criteri di “gusto”. Il “posizionamento” e la “segmentazione” (termini di marketing che attengono a variabili differenziali), in questa prospettiva, caratterizzano tanto l’offerta (che si frange in molteplici categorie di merci con valore simbolico e “distintivo”), quanto la domanda
  • 2. (che si articola in infinite combinazioni di stili di consumo, gusti, stili mentali e sociali “distintivi”). Non si deve dimenticare, in questo senso, la lezione di Bourdieu, che poneva la ricerca di “distinzione” alla base dei consumi culturali (estesi anche a consumi “materiali” come l’abbigliamento, l’arredamento e il cibo) e il “gusto” come attrattore nella decisione d’acquisto fortemente correlato con la classe sociale. L’angolo di lettura di Bourdieu, spesso a torto ignorato dal marketing, in qualche modo suggerisce che noi siamo culturalmente quello che consumiamo e che consumiamo quello che siamo, ovvero che l’offerta si adegua al gusto e, allo stesso tempo, lo determina1. Un processo circolare in grado di amplificare i segnali deboli di differenza, trasformandoli in tendenze e gusti. Il marketing d’impresa, lavorando sui segnali del mercato (che sono segnali e informazioni in quanto sono differenze), amplificandoli selettivamente e restituendoli al mercato (come valore differenziale della merce), opera come un circuito di amplificazione. All’inizio del secolo scorso Simmel spiegò con chiarezza illuminante che la moda è in grado di produrre differenze e, nello stesso tempo, imitazione2. Una funzione che, con Bourdieu, possiamo estendere a tutti i consumi culturali (certamente alle mode culturali) e oggi potremmo applicare all’economia del simbolico nel suo complesso: essa produce differenze (invece di merci) le quali si addensano, come fattori di identificazione, in specifici segmenti del mercato. Tali segmenti forse non coincidono più con le “classi” di Simmel e Bourdieu ma piuttosto caratterizzano i volatili “stili mentali” (mindstyles) che attraversano la società. Il consumo culturale, che per Bourdieu è spinto dal bisogno di accumulazione di un capitale culturale e dal perseguimento di un profitto di distinzione (Bourdieu, 1983, pag. 237), deve essere il principale oggetto di studio del marketing teatrale. La produzione del gusto, inteso come attrattore nella scelta tra più offerte differenziate, è il core business dell’impresa culturale (e dell’impresa postindustriale in genere), e questo è vero in modo molto evidente per un teatro per il quale la logica di marketing non si può ridurre alla ricerca della massimizzazione della vendita di biglietti. Questa premessa teorica ci permette di accedere agli strumenti di marketing del teatro con un’impalcatura concettuale adeguata. Tre mercati unificati nell’ottica della comunità Per la natura “mista” del settore dello spettacolo dal vivo, in cui sono presenti soggetti privati, pubblici e non-profit, e per la funzione che questo tipo di attività può svolgere nella produzione di capitale culturale in un determinato territorio (a livello di individuo, comunità, o territorio) può essere utile trasporre il concetto di community management, nato per definire le possibilità di gestire le comunità che accedono alla rete internet, 1 “In materia di beni culturali – e senza dubbio anche in altri campi – l’aggiustamento tra la domanda e l’offerta non è il semplice effetto dell’imposizione che la produzione eserciterebbe sul consumo, né l’effetto di una ricerca consapevole, per cui sarebbe la produzione ad andare incontro ai bisogni dei consumatori; bensì il risultato dell’effettiva orchestrazione delle due logiche relativamente indipendenti, quella del campo della produzione e quella del campo del consumo” (Bourdieu, 1983, pag. 239) 2 “La moda è imitazione di un modello dato e appaga il bisogno di appoggio sociale [...]. Nondimeno appaga il bisogno di diversità, la tendenza alla differenziazione, al cambiamento, al distinguersi. [...] Separare e collegare sono le due funzioni fondamentali che qui si uniscono indissolubilmente: ognuna di esse, benché o perché costituisce l’opposizione logica all’altra, è condizione della sua realizzazione” (Simmel, 1996, pagg. 11-17)
  • 3. all’analisi del mercato di un teatro. Nel mercato di un teatro si possono identificare tre categorie di clienti: il pubblico (mercato consumer), le organizzazioni private (mercato business) e quelle pubbliche (mercato government). Nel primo caso si ragionerà prevalentemente in termini di biglietti e abbonamenti, nel secondo in termini di partnership, sponsorizzazioni e fund raising, nel terzo in termini di sostegno istituzionale alla funzione sociale e culturale del teatro oppure di partnership con specifici soggetti pubblici come, ad esempio, le scuole. Questa suddivisione, che fa riferimento alla rete di stakeholder del territorio che deve essere analizzata in sede strategica, ci induce a sviluppare almeno tre diversi piani di marketing per un teatro. Il concetto di comunità permette invece di ricondurre a un piano unitario la definizione di una strategia di marketing. Il teatro può rappresentare per una comunità la sede di un processo di produzione e di accumulo di “capitale culturale” al quale possono attingere i diversi soggetti del territorio. Come il pozzo del villaggio per l’acqua, o come un sito web fortemente orientato alla community per specifici servizi, il teatro si offre al territorio come sorgente di servizi o meglio, come si diceva, di “differenze” e, allo stesso tempo, come luogo fisico e mentale di incontro e di identità. I risvolti pratici di questa metafora sono nelle prassi gestionali che fanno leva sul contenitore teatro, sui contenuti, sui servizi, sulla rete relazionale (anche, e non solo informatica) per sviluppare valore per la comunità sul piano della cultura. In termini strategici, alla scelta di un modello di comunità corrisponde la scelta e lo sviluppo di uno specifico “modello di business” (vale a dire: chi paga, per che cosa). Partnership con gli spettatori Nel modello di community management, l’azione di marketing sul “mercato consumer”, può combinare due diverse modalità d’azione. 1. Il “societal marketing” (Kotler, 1970) che vede, di pari passo all’azione di marketing tradizionale, uno sforzo di divulgazione e promozione del “valore teatro” sui segmenti più ricettivi. L’apprezzamento di un bene culturale, ad esempio assaporare la bravura di un attore, dipende infatti in larga misura dall’educazione graduale del gusto e dalla capacità di decodifica di linguaggi e di riferimenti culturali: in altre parole, dalla soglia di sensibilità alle differenze. La preparazione di uno specifico cartellone rivolto ai bambini e l’organizzazione di incontri educativi con lo spazio scenico (la voce, la luce, il palcoscenico), fanno parte dell’esperienza di molti teatri e sono tra le azioni di marketing del “Borgatti” individuate come eccellenti. 2. Il “marketing relazionale” consiste nella gestione della relazione a due vie, più o meno assistita dal computer, con il cliente individuale. Le pratiche possono variare dalla relazione personale diretta, ad esempio il direttore del teatro che frequentemente accoglie al botteghino il pubblico e si informa del gradimento dopo lo spettacolo, all’uso del telefono, ai criteri di assegnazione dei posti, al database marketing, alla segmentazione in base alla fedeltà del cliente, all’uso di biglietterie automatiche predisposte per le prenotazioni a distanza e a un sito internet evoluto. Tutte le pratiche
  • 4. relazionali elencate sono svolte da un teatro come il “Borgatti” che opera in un piccolo centro con una radicata tradizione teatrale, ma sono opportunamente adattabili anche a realtà territoriali molto più grandi o di minore tradizione teatrale. Il marketing relazionale opera sostanzialmente su una dimensione “paradigmatica” e una “sintagmatica” dell’offerta al cliente-partner. L’offerta paradigmatica consiste nell’ identificare il cliente col quale si è stabilita la relazione bi-direzionale e offrire ad esso non un solo prodotto o servizio ma un bouquet personalizzato di prodotti e servizi diversi (esempio: teatro + centro culturale + bookshop + caffè letterario + laboratorio di danza amatoriale). L’offerta sintagmatica consiste invece nel prevedere, per quello stesso cliente, un’evoluzione dell’offerta che lo segua nel tempo lungo le diverse tappe del ciclo di vita della sua relazione col teatro (ad esempio la sequenza: teatro per bambini, concerti pop, opera lirica, programma per gli anziani a prezzo ridotto). Le due modalità d’azione, che non si escludono a vicenda, possono essere viste nell’ottica della “progettazione delle esperienze” (Viceconte, 2003). L’attività preparatoria necessaria all’apprezzamento del valore creato dal teatro, e i meccanismi di costruzione nel tempo di un’esperienza personalizzata e duratura dello spettatore, rientrano nel campo di quell’economia delle esperienze di cui hanno scritto Pine e Gilmore (Pine, Gilmore, 2000). Se oggi l’impresa, ripensandosi con una metafora arditamente teatrale, si cimenta nella “messa in scena” del prodotto/servizio (Codeluppi, 2000, Bucchetti, 1999) e nell’allestimento di esperienze avvolgenti e coinvolgenti per il consumatore, è naturale che un teatro debba definire il valore offerto in termini di esperienza. Il valore, la ricchezza dell’esperienza teatrale deve essere il risultato delle strategie di marketing di un teatro. Dall’esperienza teatrale, infatti, dalla sua “differenza”, si richiede qualcosa di più del valore dell’intrattenimento o di un servizio, che si può trovare con abbondanza altrove. Partnership con le imprese Esaminiamo il problema del “mercato business” di un teatro: le imprese. Oggi le imprese non vendono più semplici prodotti ma modelli di identità. Allora, come dice Michela Bondardo, “l’investimento in cultura contribuisce a costruire un posizionamento forte e riconoscibile, a differenziarsi dalla concorrenza, a qualificare e incrementare le relazioni con i clienti attuali e potenziali, a tessere legami di fiducia con la comunità locale, a stimolare la creatività aziendale, a rafforzare nei dipendenti il senso di appartenenza” (Bondardo, 2003). Questa spinta dell’impresa, letta nell’ottica strategica con cui Bondardo la presenta, ha una conseguenza, in termini di modello di business, nella ricerca di forme di partnership più solide e durature di una semplice sponsorizzazione. Invece che ricercare sponsorizzazioni occasionali, più adatte a grandi eventi isolati, e che comportano un basso tasso di coinvolgimento per le imprese, che adottano per lo più un atteggiamento passivo e non proseguono o approfondiscono l’azione di sostegno, un teatro dovrebbe ricercare una “relazione stabile a due vie” secondo l’espressione di Bondardo. “L’impresa e l’istituzione culturale condividono lo stesso percorso alla luce di un rapporto continuativo e dinamico, nel rispetto delle reciproche esigenze. In questa logica di scambio biunivoco: 1) l’istituzione si apre alle esigenze specifiche dell’impresa; 2) le imprese, a fronte di un contributo economico annuale, hanno a disposizione una serie di benefit studiati ad hoc.” (Bondardo, 2003). Mettere a disposizione di un’azienda partner un palco per più stagioni teatrali è, ad esempio, una pratica trasferita dal Teatro Borgatti al Teatro Gesualdo: l’azienda partner ricaverà valore dal palco, potendolo utilizzare per migliorare le sue relazioni esterne ed
  • 5. interne, e il teatro vedrà rinnovata nel tempo l’attenzione e il sostegno del partner, membro paritario della comunità, alle sue iniziative. Partnership con gli Enti Locali Il terzo elemento della comunità che si costruisce intorno al progetto di un teatro è la relazione con il territorio e la pubblica amministrazione. La chiarezza del progetto culturale e le capacità del management del teatro sono, in questo caso, il fattore critico di successo per ottenere, con mille difficoltà, una relazione duratura di partnership con gli amministratori pubblici. Parlare di partnership è necessario, paradossalmente in misura maggiore, anche nel caso in cui il teatro è gestito dal Comune. L’aver definito la missione del teatro in termini di benefici a una comunità, non può che facilitare il processo di pianificazione strategica del teatro ma anche, se si è fatta chiarezza sul ruolo che il teatro vuole assumere sul territorio, la pianificazione strategica, l’allocazione delle risorse e la responsabilizzazione sui risultati dei dirigenti pubblici. Il marketing territoriale, che persegue l’obiettivo di creare valore sul territorio, a favore degli abitanti, dei turisti, delle aziende, degli investitori, ha, nell’ambito dello spettacolo, alcune leve di miglioramento dell’offerta. Le stagioni estive all’aperto, fin troppo affollate di festival ed eventi spettacolari e culturali sostenuti e organizzati dagli enti locali, testimoniano un interesse elevatissimo del territorio allo spettacolo dal vivo, ma anche una carenza di programmazione degli eventi nel corso dell’anno. La distribuzione in tutto il corso dell’anno della programmazione teatrale ed artistica è uno degli elementi che caratterizzano una buona gestione delle attività culturali. E’necessario definire le logiche di marketing in modo specifico per le istituzioni culturali pubbliche (musei civici e teatri) perché un aspetto così importante della qualità del territorio non può essere lasciata all’improvvisazione. Il marketing mix territoriale è composto da 4 “leve”: 1) Product, vale a dire buoni servizi e qualità della vita, bellezza e identità dei luoghi; 2) Place, accessibilità dell’offerta in termini di viabilità, trasporti, prossimità; 3) Promotion, cioè comunicazione efficace del valore che il territorio può offrire; 4) Price, costo della vita, affitti, tariffe e tasse. L’offerta artistica va gestita a sostegno delle leve di marketing per la sua potenzialità nell’arricchire il capitale culturale del territorio, nel creare nuovi luoghi di identità e di incontro, nel promuovere il territorio all’esterno. Ma è soprattutto la prospettiva del marketing territoriale interno, l’attenzione al valore per la comunità locale, che deve essere assunta. Il “capitale culturale” di cui parla Bourdieu, è qualcosa che arricchisce il territorio non solo perché ne accresce l’attrattiva e l’identità, viste “dall’esterno”, ma anche perché la sua crescita è in grado di trattenere il “capitale intellettuale” (le persone di talento che vogliono continuare a vivere e lavorare in quel territorio perché lo trovano stimolante e culturalmente ricco) e di fertilizzare il “capitale sociale” cioè la fiducia alla base dello sviluppo economico. La missione di un nuovo teatro non può ignorare questa prospettiva e deve tradurre gli obiettivi che da essa derivano in concrete e professionali azioni di marketing.
  • 6. Bibliografia • Bondardo Michela, Impresa e Cultura: una relazione strategica, documentazione della lezione al Master in Public Management della Stoà, 12 settembre 2003. • Bourdieu P, La distinzione, Il Mulino, Bologna 1983 • Bucchetti V., La messa in scena del prodotto, Franco Angeli, Milano 1999. • Codeluppi V., Lo spettacolo della merce, Milano, Bompiani, 2000 • Kotler P. Standing Room Only, Harvard Business Press, 1997 • Kotler P., Al servizio del pubblico. Marketing per amministrazioni pubbliche, ospedali, enti culturali e sociali, partiti politici, associazioni, Etas, Milano 1990. • Pine B.J.e Gilmore J.H., L’economia delle esperienze, Etas, Milano 2000 • Rifkin J, L’era dell accesso, Mondadori, Milano, 2000 • Simmel G. , La moda, Mondadori, Milano 1998 • Viceconte E., La progettazione delle esperienze nello sviluppo di nuovi prodotti, Sviluppo & Organizzazione, n.197 maggio/giugno 2003