articolo sui 40 anni dalla prima legge italiana sull'agriturismo. Pubblicato nel saggio "Turismo sociale" a cura di Giuseppe Magistrali, ed. Maggioli, Rimini
1. 11. Quarant’anni al naturale. Riflessioni e prospettive a 40 anni dalla nascita
dell’agriturismo
Alberto Grossi
Nel recente libro Dalla fame alla sazietà () dedicato ai temi dell’agricoltu-
ra e dell’alimentazione nel novecento italiano, gli autori hanno scelto di de-
dicare un capitolo a quello straordinario fenomeno culturale ed economico
che hanno rappresentato nel nostro paese gli agriturismi. Una scelta detta-
ta da due ragioni principali, una più romantica che vede nella nascita e nel
successo di queste strutture un segno di grande vitalità e creatività del paese,
dall’altro una ragione più macroeconomica, essendo il settore turismo verde
e rurale asse portante per l’industria turistica nazionale. Con il presente sag-
gio è mia intenzione analizzare alcune questioni a mio parere aperte e trac-
ciare alcune possibili linee di sviluppo per il settore agriturismo in un oriz-
zonte di turismo sociale. Credo valga la pena iniziare proprio dalle origini del
movimento agrituristico italiano e dallo spirito che animava i padri fondato-
ri. Era il 10 febbraio 1965 quando, a Roma, Simone Velluti Zati e altri tredici
giovani esponenti di Confagricoltura firmarono la nascita della Associazio-
ne Nazionale Agricoltura e Turismo, chiamata fin da subito Agriturist. Nes-
suno dei presenti avrebbe mai immaginato quali successi (e quali fatturati)
avrebbe avuto un’idea paventata due anni prima in un convegno a Firenze.
Ai promotori è chiaro fin da subito che, sebbene lo scopo sociale sia promuo-
vere il turismo in ambiente agricolo, ciò che vanno cercando è una nuova fi-
gura di agricoltore, legato alla terra ma aperto al valore dell’ospitalità, capace
di trasmettere saperi ma anche di innovare, in grado di gestire una pluriat-
tività, ovvero ricavare redditi da attività non necessariamente agricole. Ecco
dunque la vendita diretta dei prodotti, la ristorazione, l’ospitalità, ma anche
la salvaguardia dell’ambiente e di una civiltà contadina in via d’estinzione.
Un imprenditore agricolo necessariamente creativo, commerciale, capace di
tenere insieme investimenti e cultura. Tuttavia, in un’Italia in pieno boom in-
dustriale come alla metà degli anni sessanta, l’affermare che la campagna non
() A. Segrè, A. Grossi, Dalla fame alla sazietà, Sellerio, Palermo 2007.
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è un posto da cui emigrare bensì una grande risorsa da valorizzare e vendere
come meta di turismo appariva un’idea quantomeno velleitaria, sicuramen-
te in controtendenza. Non a caso il mondo contadino, tradizionalista per an-
tonomasia, fu molto scettico e chiuso alle proposte di quei giovani agricoltori
un po’intellettuali e un po’alternativi, ritenuti senza troppi giri di parole de-
gli scansafatiche che cercavano un modo per sbarcare il lunario meno faticoso
rispetto al duro lavoro della terra. Ma l’alone di scetticismo degli esordi lasce-
rà spazio in soli due decenni ad uno sviluppo vertiginoso del sistema.
11.1 Il modello originario
Riprendere lo spirito delle origini ci è utile per verificare che cosa è ef-
fettivamente successo in oltre quarant’anni di lavoro. La scommessa su un
ritorno al valore e al gusto della campagna agricola, dopo decenni di indu-
strializzazione e urbanizzazione, è sicuramente una scommessa vinta: le aree
marginali possono e devono riacquistare una nuova centralità produttiva.
Così pure vinta è la scommessa sul nuovo modello di imprenditore agricolo,
il conduttore, un professionista chiamato a gestire tutti gli aspetti dell’azien-
da agricola che offre turismo, come ben testimonia il fatto che tutte le grandi
organizzazioni di agricoltori, siano esse sindacali o imprenditoriali, abbiano
oggi una branca di promozione e sostegno operativo all’agriturismo. Come
sappiamo gli agriturismi sono esplosi – in termini di numero, popolarità e
utenza – tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta. Oggi esistono uf-
ficialmente in Italia 16.765 aziende agricole autorizzate all’esercizio dell’agri-
turismo, con un incremento di 1.438 unità (+9,4%) rispetto all’anno prece-
dente. L’azienda agrituristica, ai sensi della legge quadro nazionale, ha due
principali caratteristiche: a) è un’azienda agricola; b) è in grado di offrire al-
meno uno tra i servizi di ospitalità, ristorazione e attività ricreative, culturali,
() Dati ISTAT pubblicati il 17 novembre 2007, aggiornati al 31 dicembre 2006, repe-
ribili al sito www.istat.it.
() L’attività agrituristica è regolata dalla legge 20 febbraio 2006, n. 96 che definisce
l’agriturismo come attività di “ricezione ed ospitalità esercitate dagli imprenditori agrico-
li, di cui all’articolo 2135 del codice civile anche nella forma di società di capitali o di per-
sone oppure associati fra loro, attraverso l’utilizzazione della propria azienda in rappor-
to di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento
di animali”.
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didattiche, sport, escursionismo. È importante osservare come i paletti posti
dalla normativa aiutino a sgombrare il campo da possibili confusioni. Anzi-
tutto si afferma un agriturismo non è un hotel o pensione di campagna, non è
un bed and breakfast e non è nemmeno un hotel de charme sito in mezzo a cam-
pi coltivati, frutteti o uliveti. Un agriturismo è prima di tutto azienda agricola
che coltiva e preserva un fondo, cui spesso è affiancata un’attività di alleva-
mento di bestiame: la centralità dell’aspetto agricolo aziendale non significa
che l’ospitalità sia attività residuale o marginale, ma al contrario che l’ospita-
lità è tale in virtù del rapporto costante tra agricoltore e la proprietà gestita.
Con tutto il corredo di tradizione, saperi, valorizzazione del patrimonio rura-
le che ne consegue. La legge afferma infatti che l’ospitalità è da considerarsi
sia in alloggi o spazi aperti, dando quindi ampia libertà organizzativa degli
spazi, e benché siano oramai lontani i tempi in cui gli ospiti dovevano portar-
si la biancheria da casa, non è invece affatto scontato che il personale gesto-
re provveda ogni giorno a rassettare le stanze. Provvedere alla propria stan-
za può essere per l’ospite una “piacevole scomodità”, apprezzata però per il
fatto di essere in un agriturismo e non altrove, una struttura appunto dove è
possibile dormire più a lungo senza sentirsi bussare da una signora delle pu-
lizie, come pure il poter entrare e uscire dalla struttura senza l’obbligo di pas-
sare dalla reception.
11.2 Essenzialità e autenticità
Per il turista è anche una questione di aspettative. Per il conduttore è la
ricerca di un equilibrio non sempre facile tra tre fattori: costi da sostenere;
comfort per i clienti; coerenza ed eticità di un luogo di vacanza e di produzio-
ne al tempo stesso. Si pensi, ad esempio, ad una stanza con l’aria condiziona-
ta: è indubbiamente piacevole, ma al tempo stesso sappiamo che l’aria condi-
zionata richiede energia elettrica ma non solo, surriscalda l’ambiente esterno
contribuendo al riscaldamento complessivo dell’atmosfera, ma rappresenta
anche una pietra di paragone storica, dato che nelle case rurali di ieri come
di oggi è pressoché assente. Ecco dunque che il cliente dell’agriturismo coglie
e apprezza l’assenza di aria condizionata. Analogo discorso per il bagno in
camera, del quale si apprezza l’assenza di comfort non indispensabili (vasca
idromassaggio). Piccoli esempi importanti per indicare due valori che uni-
scono cliente e conduttore di agriturismo: essenzialità e autenticità. La ricer-
ca di essenzialità e autenticità sta alla base della scelta dell’agriturismo come
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luogo di vacanza: il contatto con la natura certamente ma anche la dimensio-
ne del lavoro e della fatica dell’uomo sulla terra; la riscoperta di un turismo
dolce, verde, sostenibile e non organizzato in alternativa al turismo massifi-
cato delle riviere, dei villaggi vacanza e del divertimento pre-organizzato. Ec-
co perché una organizzazione non impeccabile, in un agriturismo, non sol-
tanto è tollerata ma comunica anche tanta cordialità.
11.3 La “questione” ristorazione
Di nuovo uno sguardo al passato. Sono trascorsi dieci anni dalla nasci-
ta ufficiale del movimento quando, nel 1975, viene pubblicata la prima gui-
da dell’ospitalità rurale contenente i riferimenti delle prime “mitiche” ottan-
ta aziende attrezzate per l’accoglienza. Dieci anni più tardi, nel dicembre del
1985, il Parlamento italiano vota la prima legge al mondo che inquadra orga-
nicamente l’ospitalità turistica nelle aziende agricole come strumento di cre-
scita e di valorizzazione. Tuttavia è innegabile che in questi quarant’anni di
crescita costante vi sia stato chi ha approfittato della situazione, da un lato
mascherando pensioni preesistenti al fine di sfruttare i benefici fiscali conces-
si agli agriturismi, ovvero quelle strutture ricettive che si dichiaravano agri-
turismo senza essere aziende agricole da almeno due anni, come previsto
dalla legge. Ancora, chi ha giocato spesso su una generosa (verso di sé) inter-
pretazione di un avverbio: il testo di legge prescrive infatti “la somministra-
zione di pasti e bevande costituiti prevalentemente da prodotti propri e da
prodotti di aziende agricole della zona”. Quel prevalentemente affida al buon
senso (e al buon gusto) del conduttore la composizione di menù genuini ba-
sati più sui prodotti dell’azienda e del territorio che non sulla ricercatezza o
prelibatezza della cucina. È possibile dunque individuare un mix di fattori
che ha contribuito al fare della ristorazione il tallone d’Achille degli agrituri-
smi: a) un quadro legislativo frammentato, composto da leggi regionali anche
molto diverse fra loro fino a regolamenti attuativi provinciali profondamente
differenti; b) evoluzione della clientela, tale per cui negli ultimi quindici anni
l’agriturismo è diventato il locale rustico alternativo al ristorante o alla pizze-
ria per una clientela locale, con prezzi medi inferiori a quelli di un ristorante
a fronte però di una carta decisamente più ristretta (quando non a menù fis-
so); c) controlli pubblici poco incisivi, anche al fine di promuovere il settore, e
conduttori più attenti al profitto che non alla qualità e alla genuinità dei pro-
dotti; d) mancanza di professionalità in cucina: spesso, nei piccoli agriturismi
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a conduzione familiare, la cucina veniva affidata alla persona ritenuta più ca-
pace o più disponibile, il che non significa una preparazione o formazione in
materia di cucina. Proprio al fine di colmare una strutturale “debolezza” nel-
la ristorazione, negli ultimi anni gli agriturismi più organizzati sono andati
inserendo cuochi professionali nei propri organici.
11.4 Tendenze interne e trend del turismo
A fronte di una domanda interna costante cresce il numero di aziende
agrituristiche. Tuttavia, se si considera che la domanda di turismo nel mondo
è in crescita in particolare per la domanda turistica delle nuove classi medie
di Cina e India, un’attività agrituristica in Italia è da considerarsi a tutt’oggi
un buon investimento. Un settore, quello agrituristico, che potrà rafforzarsi
grazie al rafforzamento di alcune tendenze in atto nella nostra società sia a li-
vello di turismo che di stili di vita. Tra questi ultimi, sicuramente la voglia di
sperimentare cose autentiche riemersa prepotentemente negli ultimi tre an-
ni. In secondo luogo, la tendenza a scegliere nel turismo esperienze “totaliz-
zanti” e emotivamente coinvolgenti. Il lato esperienziale dell’agriturismo è al
tempo stesso alla base della comunicazione orizzontale tra clienti (il “passa-
parola”), il miglior vettore di marketing per un agriturismo. A livello di ten-
denze del turismo, la multidimensionalità della vacanza non potrà che gio-
vare al settore agriturismo: il turista potrà unire in un’unica vacanza relax
sulle colline, una visita ad una vicina città d’arte e magari un qualche gior-
no di spiaggia, il tutto meglio se accompagnato da degustazioni di vini e al-
tri prodotti tipici.
Da uno sguardo ai trend interni ai nostri agriturismi, se Toscana e Al-
to Adige restano saldamente in testa alle classifiche nazionali per numero
e per storicità della presenza, essendovi localizzate rispettivamente 3.798
e 2.916 aziende, si consolida l’attività agrituristica in regioni quali Veneto,
Lombardia, Umbria, Piemonte, Emilia-Romagna, Campania, Marche e Sar-
degna mentre, per i motivi sopra esposti, è destinato ad aumentare il nume-
ro di agriturismi attorno alle città d’arte a cominciare da Roma. Infine, se la
collina rimane l’habitat ideale per un agriturismo, oltre la metà delle aziende
italiane infatti sono site in collina, più di un terzo in montagna – il 35,6% – e
solo il 14,0% in pianura, è interessante notare l’aumento di donne conduttri-
ci di agriturismi: il 34,1% delle aziende è gestito da donne, con punte di asso-
luto rilievo in Toscana, dove le donne gestiscono ben 1.536 agriturismi, pari
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al 40.4% dei conduttori toscani e al 26,9% di quelli complessivamente diretti
dalle conduttrici in Italia ().
11.5 Previsioni e scenari
L’agriturismo, per continuare a macinare successi, è altresì chiamato ad
innovarsi. Un’innovazione ponderata, senza cioè salti nel buio, indispensa-
bile per raccogliere quel grande bacino d’utenza rappresentato in Italia da
turismo sociale, turismo verde, turismo enogastronomico e ecoturismo. Per
vincere la sfida le aziende sono obbligate a investire in qualità, multifunzio-
nalità e diversificazione delle attività. L’agriturismo deve tornare a proporsi
non più come destinazione della vacanza ma come punto di partenza per la
stessa, ovvero come antenna del territorio circostante: deve poter soddisfare
sia la richiesta di attività interne all’azienda – escursioni sul fondo, visita al-
le strutture agricole, degustazioni e vendita di prodotti – sia indicare attivi-
tà esterne quali visite a monumenti artistici archeologici, eccellenze del ter-
ritorio, e altre attività culturali ricreative. Per fare questo occorre fidelizzare
la clientela, stuzzicarla attraverso la proposte di innovazioni e curiosità, sa-
per fare rete con il resto del territorio e saper sfruttare tutte le sinergie poten-
zialmente possibili, a partire dall’enogastronomia. La Guida Agriturist 2008
dedica infatti ampio spazio ai prodotti a Denominazione d’Origine Protetta
(DOP) e ad Indicazione Geografica Protetta (IGP) (), come pure dedica spa-
zio ai Parchi Nazionali e alle oasi naturalistiche del Wwf. Anche questo appa-
() Intervenendo ad un convegno sulla presenza femminile nel settore agrituristico a
Monteriggioni (Si) in data 27 novembre 2007 l’assessore regionale all’agricoltura e alle pa-
ri opportunità Susanna Cenni ha affermato che “... è nell’azienda multifunzionale come
quella agrituristica che la donna trova il suo spazio più adeguato, esprimendo al meglio
le doti tipiche dell’imprenditoria femminile, valorizzando le risorse culturali e produttive
tipiche della propria zona e azienda». Da una ricerca nell’ambito del progetto comunita-
rio Equal effettuata nel territorio senese è emerso come il settore agrituristico rappresenti
sempre più un ambito di eccellenza dell’imprenditoria femminile: «C’è una crescita di pe-
so e di valore della donna nei processi decisionali e nella definizione di scelte strategiche
dell’azienda, come anche nella capacità di valorizzazione delle risorse culturali e produt-
tive tipiche della zona».
() Campagna di informazione “Occhio ai marchi DOP e IGP! Certificano genuini-
tà, origine e tradizione”, realizzata con il contributo del Ministero delle Politiche Agrico-
le, Alimentari e Forestali.
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re come un segnale inequivocabile: è finita per sempre l’era dei pionieri, de-
gli agriturismi fai-da-te, dell’improvvisazione o dei battitori liberi. Va ricon-
sciuto loro il merito di aver dato avvio al fenomeno ma dopo 40 anni di non
è più pensabile il poter stare seriamente sul mercato prescindendo dall’in-
novazione verso la multifunzionalità e la qualità. A tal proposito l’impresa
agrituristica trova interessanti sovrapposizioni all’etica del turismo sociale,
in particolare nelle accezioni di equità delle risorse, di promozione educati-
va finalizzata alla conoscenza delle culture, di giusta ripartizione del lavoro e
degli eventuali proventi, di rispetto per le comunità locali e sforzo per un bas-
so impatto ambientale. Si pensi, ad esempio, a quegli agriturismi che nascono
recuperando vecchi una porzione di borgo abbandonato, magari attraverso
la costituzione di una cooperativa sociale per l’avviamento al lavoro di porta-
tori di handicap. Si pensi anche a quegli agriturismi organizzati secondo mo-
dalità didattico-esperienziale e che offrono possibilità terapeutiche attraver-
so la musica o il mondo animale. Se è vero che il turismo sociale risponde a
un bisogno diffuso e crescente di incontro e socialità, diffondendo uno stile
di vita sobrio e attento, è altrettanto vero che la vacanza non è più astensione
da ogni forma di rispetto e attenzione verso gli altri e la natura, al contrario
diventa un periodo fertile per una sua precisa intensificazione e promozione.
Ecco quindi che una simile “opzione” di valore vede nel turista sociale il mi-
glior testimonial di quella stessa idea di turismo fondato su relazioni sociali
e sostenibilità: a vacanza terminata sarà lui stesso a promuovere un discorso
di responsabilità sociale d’impresa. In questa direzione è possibile prevedere
nuove sinergie tra imprese profit e imprese agrituristiche no profit, partendo
da un interesse comune a diffondere la cultura di un territorio nella sua plu-
ralità e ricchezza.