SlideShare a Scribd company logo
1 of 15
Download to read offline
1
Flavia Caneva
2
Quando ti donano del tempo e’ la cosa più prezioza che tu possa
ricevere. Alcune persone menzionate in questo piccolo manuale non ci
sono più, altre non le ho più riviste, altre sono tornate prepotentemente
quando meno me lo aspettavo; con tutte ho condiviso del tempo, me
lo sono goduto sempre fino in fondo, al punto che poi sono rimasti
ricordi vividi, lucidi, messi da parte, quasi per essere ripresi appena ne
avessi avuto l’occasione. È stato il “lockdown”, una pausa forzata dal
mio tempo organizzato, dalla mia routine giornaliera, che mi ha spinto
e aiutato a superare lo scoraggiamento.
Mi hanno tenuto compagnia i ricordi ed è stato come una sorta di
“sfogo”.Piuttostodi arrabbiarmi,intristirmi,rammaricarmi,hopreferito
reagire e sfruttare il mio tempo prezioso restando in armonia con
questo strano periodo dove tutto si intensifica: sia essa un’emozione
pessima o un’emozione migliore. C’era bisogno di esprimerla, guidarla,
accompagnarla, anche urlarla se era il caso!
Ringrazio le persone che mi hanno infuso valori forti e che mi hanno
sempre sostenuta, consigliata, spronata e soprattutto ascoltato senza
giudicarmi.
5
4
PREFAZIONE
La differenza in tutto, anche nei momenti
più tragici? Fede e amore: una sostiene
l’altra e si bilanciano. Quando una viene
a mancare l’altra ti cerca, ti soppesa e si
aggiunge, si fonde in un’eterno equilibrio.
Ed e’proprio in questo continuo cercare
che Cuordivi si spoglia delle sue fragilità,
delle sue incertezze, fino a che tutto quello
che esiste, anche dopo la fine, continua e
non cessa di battere.
Quanto erano belli i Natali in famiglia, le riunioni famigliari, l’infanzia
vissuta in libertà e soprattutto con i nonni! Tutte quelle storielle,
manuali di saggezza incomprensibili a quell’età fatta di giochi,
poche regole, ne’ preoccupazioni ne’ pensieri, con cui da adulto ti
devi scontrare. C’era una cosa che ci dava un forte legame oltre alle
leccornie continue per coccolarci e prenderci per la gola, la fede.
Ogni sabato la santa messa fissata con tutti figli, nipoti, generi,
cognati, immancabile era la confessione nel pomeriggio e niente
peccati di gola almeno un’ora prima di ricevere la comunione
nemmeno una caramella. Ricordo i sabati dopo catechismo, a
giocare senza tregua e poi la Santa Messa e pizza tutti assieme.
C’erano mille occasioni che ci riunivano, una torta fatta in casa senza
che ci fosse per forza una ricorrenza, le frittelle fatte nella stagione
giusta semplicemente perchè c’era la pianta che forniva l’ingrediente
necessario fatto crescere con cura e soprattutto amore dai nonni.
Se vivi con fede e amore, tutto si espande intorno e ne prende il
profumo. Gli anni di gioie e dolori si avvicinano e pian piano tutto si
scioglie; le persone che hanno, con la loro presenza forte e il loro
amore, impresso in te un’io integro, solido, pieno di certezze, se ne
volano via, lasciandoti quel senso di incompiutezza che qualcosa
poteva ancora essere fatto, che si potevano “ assorbire” altri concetti
utili nella vita. La fede che tanto ci aveva accompagnato si era come
assopita.(1)
Gli anni di studi avevano portato Fly verso il benessere,
un’attitudine che sembrava esserle stata sempre radicata: le veniva
naturale agire e migliorare la qualità di vita delle persone con piccoli
gesti e cure.Fu proprio in quegli anni che si dava l’opportunità a
giovani aspiranti di entrare nelle case di riposo per curare le cosidette
“radici”, piedi, per donare un pò del proprio tempo a coloro che ne
avevano più bisogno; anche l’anatomia degli organi e articolazioni
erano scuola ed insegnamento presso la casa di riposo, tenuti
dall’angelica e forte presenza di Suor Agnese.
Capitolo 1 - Intro
6 7
Fu così che Fly si appassionò alle esigenze fisiche non solo estetiche
e si avvicinò pian piano alla fede che si era nascosta come sotto un
velo in attesa di essere riscoperta. Le giornate erano intense per Fly,
ma la passione e la soddisfazione facevano superare tutto. Una sera
dopo una pesante giornata coronata da un errore di valutazione su
un paziente, fece scaturire in Fly il pensiero che, oltre alla medicina
tradizionale, l’amore e la fede erano tangibilmente inseparabili.
Gli anziani della casa di cura si accontentavano di poche cose, ma
mai avrebbero rinunciato ai momenti di pausa dalla solita routine:
colazione, pranzo, cena, due volte a settimana doccia, delle medicine,
visite mediche.
Quando Fly apriva la porta del piccolo studio per occuparsi di loro,
il tempo volava: le chiacchiere, le voci roche senza più energia
prendevano vita. Fly rimaneva in silenzio ad ascoltare anche solo le
grida dei pazienti che ormai la testa l’avevano persa; trovava nel loro
urlo un’ansia di aiuto, a volte di speranza. Le loro storie del passato,
della vita vissuta a pieno, erano quelle che rimanevano più scolpite e
segnavano le sue giornate. Non riusciva ad accettare una cosa, come
fosse possibile l’indifferenza dei figli, soprattutto e dei famigliari poi,
rivolta a persone che avevano dedicato sforzi, vita, amore, anche
sbagli, (nessuno nasce genitore perfetto) per aiutarli in cambio di
tempo e amore qualora ne avessero avuto bisogno.
C’erano tra i pazienti coppie: marito e moglie, che vivevano assieme
nella casa di riposo per l’incapacità soprattutto fisica di sostenersi;
l’amore senza fini ne’ compromessi ma il semplice esserci l’uno per
l’altro era qualcosa di straordinario illuminava le giornate di tutti,
anche degli ammalati... ”Cerca di darmi il buongiorno domani” era la
frase più colma d’amore e speranza che Fly avesse mai sentito.
Un giorno, passando in corsia, i suoi occhi vennero rapiti da una
traccia di cera di candela a terra, sotto lo stacco tra la porta e il
pavimento adiacente alla stanza di cura dei pazienti che era sempre
chiusa e oscurata da un mobile posto davanti ad essa.
L’istinto era pressante, la aprì senza esitare: un profumo
di candele la avvolse e si ricordò di quando la nonna la
accompagnava ad accenderle dicendo una preghiera;
ai lati c’erano poche sedie, vecchie anch’esse, legate al ricordo
delle confessioni, in fondo un piccolo e grazioso altare con
la statua della Madonna e un crocifisso, sotto c’erano alcuni
biglietti, piccoli rosari, un vangelo e dei pupazzetti; sicuramente
si percepiva un’aria di richiesta, di speranza, di guarigione, una
consolazione alla disperazione di chissà quali sofferenze per i
propri cari. Si accostò alla prima sedia, mise un soldo e accese
una candela, si spense, la prese, gocciolò, disse una preghiera;
lo sguardo le si abbassò e vide, sopra gli zoccoli da lavoro, la
goccia di cera che aveva formato un cuore. Andò là anche nei
giorni seguenti, quasi nella speranza di cogliere qualche altro
segno, perchè per lei questo era stato!
Dopo circa un anno di tirocinio fecero dei lavori di
ristrutturazione alla casa di riposo spostando la stanza e
ripristinandola in un’ala un po’ distante dalla sua attività
lavorativa.
8 9
Fece delle esperienze full immersion anche in altri reparti e si trovò a
lavorare in altre case di riposo, in altre città, dove le presenze erano
ancora più fredde; i pazienti non erano stimolati e poche erano pure
le iniziative. In compenso si pregava tanto e ciò che li accomunava
era la presenza delle coppie di sposi che si sorreggevano a vicenda
in tutti modi.
Fu in quel periodo che Fly conobbe un giovane medico: aveva
l’aria sostenuta e autoritaria, le incuteva un’agitazione tale da
farle dimenticare tutte le pratiche per i pazienti che usualmente e
metodicamente si accingeva a fare. Si accorse che sulla spilla dove
era appuntato il cartellino di riconoscimento, il dottor Micael aveva
aggiunto una medaglietta dell arcangelo Michele quasi fosse un
segno destinato a un incrocio di destini! Aveva trovato un punto in
comune con lui: credevano negli angeli e alla loro presenza.
Da allora l’agitazione si placò, in qualche modo la fede accomuna
tutti: che si sia persa o che stia lì per ricordarci che si può ritrovarla e
che comunque, in mezzo a mille altre cose, era una compagna di vita.
Nei pomeriggi si tenevano spesso dei seminari per aggiornamenti
sulle varie tecniche innovative di cardiologia e respirazione tenute
dal giovane aitante dottore. Fly faceva tante domande per farsi
vedere interessata e spiazzare un pò la sua autorità; in mensa ci
riunivamo tutti attorno ad una tavolata piuttosto stretta e questo
le permetteva di stargli vicino e carpirgli altre informazioni sulla
sua vita. Inutile dirlo, Fly si era invaghita di lui, pur pensando di non
essere corrisposta. Continuava ad osservarlo con un certo sguardo
imbarazzato. Durante un pò di lezioni pratiche di rianimazione Fly
si accorse della delicatezza con cui le mani di Mic si muovevano
sulle sue rispetto alle manovre applicate sulle mani di colleghe; la
conferma ci fu nella pratica di respirazione “bocca a bocca” la lingua
di lui finì per toccare la sua!
Certi giorni sono un’esplosione di vita, di felicità, il cuore batte
all’impazzata e speri che tutte quelle sensazioni non finiscano mai
Capitolo 2 proprio come quelle coppie di anziani sposi che si guardano come
fosse la prima volta. Il dottore era in una situazione di stasi amorosa
aveva un fidanzata, quasi il suo punto di riferimento, una sicurezza,
un porto quieto; quando le cose negative della vita ti portano allo
sbando allo sbaraglio, si è sempre portati verso delle certezze che
siano esse cose o persone. La loro storia era diversa, la passione
per certi argomenti, l’altro lato nascosto del loro carattere fatto di
rigore, fermezza specie sul lavoro, andava a farsi “friggere”, ogni loro
incontro era come il primo, colmo di sensazioni, di voglia di scoprirsi,
voglia di non staccarsi, di parlare o stare in silenzio scrutandosi con
gli sguardi, pensando ad un pazzo progetto di stare insieme. Ciò che
più colpisce emotivamente nella vita di una persona non può essere
rimpiazzato nemmeno con la passione e l’amore rubato ad un’altra e
Fly lo imparò a sue spese.
Era quasi dicembre; le scuse di Mic, così lui lasciava che lo chiamasse
Fly in confidenza, per non trovarsi erano ormai troppe, perciò se pur
con sofferenza, la ragazza si gettò a capofitto in un nuovo progetto di
lavoro che l’avrebbe portata a fare un tirocinio a Pechino.
10 11
Nella settimana che precedeva la vigilia di Natale, con una lettera di
trasferimento, il dottor Micael non c’era più. A Fly caddero lacrime
che a mala pena riusciva a trattenere durante l’orario di lavoro, era a
pezzi: l’euforia nel sentirsi una persona quasi privilegiata ad essere
amata in quel modo da una persona, si era trasformato in un incubo
colmo di domande, di verità nascoste che nessuo le avrebbe mai
dato.
Le giornate erano sempre piu’ pesanti. Fly cercò di accelerare
il progetto, forse il cambiamento di tutto sarebbe stato la cosa
migliore. Alla vigilia di Natale una telefonata fece sussultare Fly:
era Mic, non disse niente, farfugliò qualcosa come a dispiacersi e
che la colpa era sua per come era fatto, poi pianse e Fly assieme a
lui sperando di avere la forza di replicare, ma ci fu solo un silenzio
rumoroso e poi il nulla.
Attaccarsi alle persone, amarle, capirle non era più per Fly un
percorso di fede, con Suor Agnese e l’unione con altre persone
semplici e speciali, che come lei avevano bisogno di riprendersi e
affrontare in maniera diversa gli ostacoli e le esperienze negative
della vita, le procurò un cambiamento anche nei sentimenti.
Il cuore è come una bacinella non va colmata in eccesso, altrimenti
trabocca nè in difetto vuotata, ma va alimentata in un equilibrio che
sia esso di emozioni positive e negative, tenendosi quel tanto che
basta, in questo modo non si dipende staccati da un sentimento
in modo assoluto: la tristezza va bilanciata con un altro sentimento
la rabbia mista alla grinta necessaria per non piangersi adosso,
riprendere la consapevolezza di se e l’amore per se stessi è più
importante di tutti e tutto. Anche la corsa fu un valido aiuto per Fly
le dava la forza di raggiungere piccoli obbiettivi quotidiani, dava
sfogo alle giornate tristi e passando sulla strada dove abitavano i
nonni, si sentiva più vicina a loro. Il segno tangibile nel sentire la loro
Capitolo 3 presenza, erano delle foglie a forma di cuore che al suo passaggio
le volano accanto.
Prima di sposarsi felicemente Fly, dovette chiuderere con ciò che
credeva il suo primo grande e unico amore (perchè le persone
più sagge non ti avvertono su come riconoscere il vero amore?).
Probabilmente se hai una famiglia con genitori che sono sempre stati
il simbolo dell’unione forte e che dal primo momento che si sono
conosciuti non si sono più separati, forse non ti fai domande, così
l’amore ti viene naturale e pensi che anche per te sarà lo stesso.Sei
disposto a perdonare “bravate varie” e sai che comunque l’amore
ritorna da te e tutto si risolve; in fondo, se torna, credi che sotto ci
sia qualcosa d’importante! Quando però sei stanca di aspettare, ad
un tratto non ti senti parte di niente e di nessuno, meglio cambiare
direzione e fu così che anche il cuore di Fly si preparo’ alla seconda
delusione.
C’è sempre un credo da portare avanti e così si unì alla persona che
c’era e ci fu sempre nel bel mezzo di periodi bui, di malinconie, di
problemi e paranoie; il fatto che lui ci fosse sempre era quel punto di
riferimento di cui aveva bisogno. Fly che non voleva più sentire quel
senso di perdita, abbandono, quel non sentirsi uniche e se stesse per
qualcuno, nel bel mezzo di un’età in cui è ora di occuparsi di un altro
amore imprescindibile: la famiglia. Così Fly e il suo nuovo amore si
sposarono e dopo quattro anni ebbero una bambina di nome Maria a
cui Fly trasmise tutte le regole di vita ed atteggiamenti, quasi volesse
proteggerla da future delusioni.
Capitolo 4
12 13
Il giorno tanto atteso del progetto a Pechino arrivò proprio
inaspettato dopo otto anni di matrimonio; a malincuore, ma anche
inebriata per la nuova avventura, Fly partì lasciando a casa la
sicurezza dell’attesa e dell’amore della famiglia e andando verso
nuove conoscenze ed esperienze. Pechino era diverso dalla piccola
città di Fly, tutto era vissuto con una filosofia diversa, stile di vita,
religione, l’approcio alle persone. La cosa piu’incomprensibile era
che tra le persone non c’erano contatti. La casa di riposo, se così si
può chiamare, era un agglomerato di tante stanze divise da pannelli
sottili, le iniziative ricreative si svolgevano per di più all’aperto
dedicandosi ai giardini curati e alla ginnastica tipica della loro filosofia
orientale, affiancata quasi sempre da un’alimentazione povera e
di semplici sapori. La sua attività dunque era abbastanza ridotta
rispetto a ciò che eseguiva nella sua città.
Tutto era fatto con parsimoniosa lentezza, fatta di piccoli gesti
che avvolgevano e decoravano le giornate: Il contatto, sin dalla
accoglienza al ricevere visite, era un insieme di gesti sequenziali,
ripetuti: il rituale del tè, la vestizione del mattino che era fatta
esclusivamente dalla moglie o dalle donne, che neanche si addice
come termine, dacchè sembrava ogni volta una cerimonia, ogni
volta di una sola persona che sta al servizio dell’altra. Non era un
lavoro pesante: tutto sembrava essere naturale come l’acqua che
scorreva tra le pietre nei giardini immensi ma appoggiate con cura
e attenzione e nelle canne di bambù intagliate dove la stessa acqua
sgorgava fluida.
Il loro modo di fare preghiera però aveva rapito Fly: non c’era
un giorno e un luogo preciso dove farlo come la nostra Santa
Messa. C’erano dei templi aperti a tutti in qualsiasi ora del giorno,
si percepiva l’energia spirituale di quei posti e tanta pace; pure i
gesti come l’accensione di incensi, il suono di campane, tutto era in
Capitolo 5 armonia, ma non c’erano contatti tra le persone come il gesto della
pace o ricevere la particola, eppure tutti e tutto erano in sintonia tra
loro.
Arrivò l’inverno e durante la permanenza si scatenò un’epidemia.
Fly fece appena in tempo a tornare in Italia e ricongiungersi con la
sua famiglia; quello che susseguì fu un duro colpo per tutti i paesi del
mondo.
14 15
Questo virus, partito sembra dai paesi orientali, dilagò ovunque
facendo vittime fra grandi e piccini, credenti e atei, ricchi e poveri,
sportivi e pigri. Una cosa stupì Fly quando tornò nella casa di riposo:
le coppie di sposi stavano in salute e in Fly si radicò l’idea che
l’amore, il cuore che batte per far sopravvivere quello dell’altro fosse
la medicina a qualsiasi male in quel tempo. Tutti dovevamo stare
barricati in casa e la libertà dell’uomo, la dignità, il contatto fisico,
ogni cosa era stata contaminata da quel virus maledetto; anche
le attività di benessere della persona cessarono. Messe, visite ai
cimiteri, funerali tutto doveva essere fatto in maniera raccolta, fredda
e frettolosa, non c’era neanche tempo di essere triste o rammaricato
perchè tutto ti faceva sentire in colpa quasi si dovesse tenere una
stessa unanime emozione per tutto.
Purtroppo anche la salute già cagionevole del marito di Fly venne
meno, lasciandole una tristezza volatile che andava e veniva. Fly
doveva essere forte adesso perchè c’era Maria con cui andava
spesso a pregare nella cappella della chiesa tenuta aperta solo
pochi momenti della settimana.
Alla casa di riposo aprirono un reparto nuovo per le persone affette
dal virus. Un giorno entrò una giovane ragazza di nome Paolina
con un accenno dei sintomi del virus; i genitori disperati l’avevano
costretta a ricoverarsi; ella aveva un modo di affrontare la malattia
ma anche la vita, con un misto tra strafottenza e “so io come curarmi”,
non lasciava mai a Fly l’ultimo giudizio su come gestire le sue cure,
nascondeva le medicine, telefonava a casa, andava fuori a fumare,
e ciliegina sulla torta, si incontrava col suo fidanzato di nascosto.
Gli amori dell’adolescenza avevano una “freschezza” di sentimento
e di azione che a Fly non passavano inosservati, per questo decise
di collaborare con Paolina in cambio che ella si adattasse alle visite
mediche e alle cure.
Capitolo 6 Un giardino sul retro era la fonte di ore d’aria mista a libertà degli
sfortunati infetti; dietro una cancellata avvolta da piante rampicanti,
quasi da non renderla visibile, si scorgeva una casetta dove si
riponevano gli attrezzi da giardino. Lì iniziarono le “visite esterne
non previste”; quei due fidanzati si volevano vedere ogni giorno e
lui escogitò il modo di infiltrarsi e sgattaiolare dentro la casetta con
Paolina. Quando Fly lo scoprì non riuscì a bloccarli perchè Paolina
si atteneva alle cure e poi era così dolce e sognante questo amore
sbarazzino, che proprio non se la sentì di mettersi in mezzo a loro.
E poi faceva bene alla salute di Paolina, dimostrazione che la
medicina migliore è proprio l’amore
16 17
Altre due coppie, stavolta di una certa età, si ritrovavano nel “cuccio
dell’amore”; una paziente, Evelina, se ne stava davanti allo specchio
a farsi e disfarsi la lunga treccia raccolta sul capo dai capelli nero
corvino, si faceva due passate sulle guance di cipria, due gocce
dietro il collo di acqua di rosa, smalto alle unghie sempre curate e un
bacio sul santino del marito scomparso. Tutto era così meticoloso e
studiato prima dell’appuntamento con il suo cavaliere che nessuna
cosa poteva andare storta.
Un giorno però Fly la vide trafelata e sudata per l’agitazione; le chiese
cosa fosse successo e Evelina spiegò che aveva perso la fase finale
del suo rituale: baciare il santino, era come farsi dare il consenso
dal marito che non c’era più, era forse un segnale? Così Fly l’aiutò a
cercare il santino e si propose di andare ad avvisare il suo cavaliere
della sua mancata visita.
Per ringraziarla, Evelina le diede una boccetta di acqua di rosa
come un elisir d’amore; da allora si fermava sempre per infilare una
caramella dentro le tasche del camice, o un fazzoletto ricamato a
mano da lei, presero confidenza e le sue parole sagge, a volte in
contrapposizione con la sua voce roca, risuonarono sempre come
una campana al suono del rintocco della mezzanotte. Si facevamo
così tante risate che Fly non vedeva l’ora di passare da lei per
visitarla. Evelina le raccontò della sua adolescenza, di come non
avesse avuto voce in capitolo sulla scelta del marito; a casa c’erano
sempre la madre, le sorelle e il suo patrigno, lei era sempre scelta
per tutti i lavori più faticosi e le sue mani rivelavano la sua storia di
vita vissuta pesantemente: questo peso le stava dentro come un
pugno per le “toccate” maliziose, finite purtroppo malamente, del
suo patrigno. Appena ne ebbe occasione, a quattordici anni, andò
a servizio presso una casa aristocratica e lì conobbe colui che poi
diventò suo marito.
Capitolo 7 Lei imparò ad amarlo, tanta era la voglia di fuggire da tutto quello che
l’aveva segnata, si sposò e finalmente una voce in capitolo per la sua
famiglia e l’ educazione dei figli riuscì ad ottenerla.
L’incontro alla casa di riposo con il suo cavaliere fu una piccola
ribellione al suo passato, una vera passione travolgente che riteneva
di meritarsi, tanto non aveva nulla da perdere a quell’età, nè da
discutere con nessuno.
Il virus però non ebbe pietà neanche di Evelina! L’amore che Fly
pensava fosse un importante supporto per vivere più a lungo e
superare anche le malattie più gravi, non ebbe il sopravvento.
La spiegazione di Fly, che sempre doveva darsene una, fu che quello
di Evelina non fosse un’amore puro ma un rimpiazzo, una cosa del
tipo “da questa vita i soprusi, sacrifici, devo pure portarmi dietro
qualcosa di buono”. Rimasero le lettere che Evelina aveva scritto a
Fly elogiandola per la passione del suo lavoro, l’ascolto amichevole
che le aveva prestato e delle ricette che, secondo Fly, erano fatte per
scaldare l’anima.
Gli anni si susseguirono e il virus ad ogni stagione si faceva più
forte e anche Fly dovette stare a casa, distante dalla passione per il
suo lavoro, distante dai contatti con le persone, quel virus rubò alla
gente tutto in un solo momento ogni giorno mieteva vittime. Fly non
seppe mai dare una risposta a questa domanda il virus colpiva anche
i bambini, nonostante l’amore tra madre e figlio, e proprio quelle
anime pure e indifese dovevano salire al cielo, non riuscì mai ad avere
risposta nè un segnale a questo quesito d’amore.
Si tornò con tutte le precauzioni del caso alla casa di riposo, Fly
manteneva il suo piccolo segreto sulla casetta degli incontri, quasi
un modo per tener viva l’energia dell’amore. Nei giorni successivi
notò la presenza, di fianco la casetta, di un uomo di oltre 70 anni con
un diario in mano e un’aria sognante e pure un pò austera. L’uomo si
avvicinò per chiedere una penna; a Fly parve una richiesta strana, gli
chiese se doveva scrivere una lettera per la sua amata e lui con tono
risoluto disse: “Non sempre l’amore deve essere una donna, per me
è l’amore per la vita”, praticamente le chiuse la bocca. Non aveva mai
pensato a questo punto vista.
18 19
Daniel, l’uomo appassionato di vita, pian piano si sciolse con
Fly, d’altronde aveva delle necessità mediche, ma soprattutto la
necessità di dialogare. Aveva avuto una vita solitaria fatta di storie
di amicizia, di amori, di lavoro finita sempre con una scelta, con sua
enorme tristezza e rammarico, l’amore per se stesso e la vita.
Così Daniel scriveva tutto ciò che gli succedeva in quel diario
tenuto fin dall’adolescenza e teneva sempre un’ultima pagina vuota
dedicata alle sorprese inattese nella speranza che fosse riempita.
In realtà solo due dei diari raccontavano ciò che si racchiudeva nel
cuore di Daniel. Era un pazzo innamorato della vita vissuta a pieno,
le scorribande con gli amici, gli incontri con donne che neanche si
credeva di meritare tanto erano belle, di lavori saltuari ma sempre
remunerativi. Lui si accontentava di poco e i soldi che avanzava li
dava in famiglia, agli amici in difficoltà, alla chiesa,
ai poveri. Diceva che i soldi sono una presenza benefica, non un
bisogno assoluto, più doni per fare del bene alle persone e più ne
ricevi. L’unico suo momento di tristezza fu un grande amore lasciato,
vissuto a metà e mai più ritrovato. Ogni volta che Daniel cambiava
lavoro acquistava un’auto nuova, era il suo sfizio, e andava a prendere
Olga, l’amore della sua vita.
Daniel la aspettava fuori dal lavoro, fuori dal bar, fuori da casa,
ovunque lei fosse e le diceva: “Salta su che si va a fare pazzie”.
Lei non riusciva a resistergli: viveva quei momenti senza rispetto del
tempo, delle regole, della libertà di poter fare qualsiasi cosa!
Daniel era unico, indimenticabile, nonostante che di garantito non
ci fosse niente, nemmeno che lui tornasse seriamente o follemente;
lei non riusciva a dirgli di no, sapeva che era meglio vivere la vita
intensamente e questa cosa li legava in modo incredibile. Non si
rividero più ma Daniel aveva scritto tutto nel suo diario dei ricordi
e non li rileggeva mai; tutto era racchiuso in quelle pagine che
esprimevano amore per la vita vissuta a pieno.
L’ estate arrivò e un’altra avventura lavorativa si presentò per Fly in
un luogo d’Europa dove non si lavorava a contatto con gli anziani, ma
con i giovani e tutto il loro bagaglio di problemi, soprattutto legati alla
droga, ai legami famigliari difficili, all’adolescenza. A Londra, questa
metropoli assai organizzata dove tutto sembra essere inghiottito da
una nebbiolina sottile, saltava fuori come una luce in fondo al tunnel
il reparto di giovani problematici, illuminata dalla presenza di Suor
Chiara. La storia di Chiara, finita con la sua conversione e aiuto ai
giovani era un mettersi allo stesso livello dei ragazzi per far capire
loro che non voleva essere superiore a nessuno ma allo stesso livello.
Il suo passato era stato un susseguirsi di tutti i problemi legati alla
famiglia, all’età, al gruppo di chi credeva suoi amici. Suor Chiara
all’età di 17 anni trovò sua madre impiccata con una lettera che non
l’avrebbe consolata dai perchè: con la morte una madre sottrae a una
figlia il proprio amore, la propria presenza, la priopria vita.
Suor Chiara si dette tutte le colpe per il suo passato travagliato,
essere stata una figlia adolescente con tutti i problemi legati all’età;
con trascorsi di droga, sospensioni da scuola, furti per avere i
soldi, una vita fatta di eccessi, che solo dopo la tragica morte della
madre fu in parte superata. L’amore lo riservò a suo padre e a la sua
sorellina, riapparsa ai suoi occhi bisognosa più di lei di attenzioni. Si
rimboccò le maniche, sostituendo tutto ciò che sua madre faceva,
con la differenza che, fino a che la madre era viva Suor Chiara non
se ne era mai resa conto. C’erano tante di quelle cose da fare, tante
di quelle responsabilità che non ebbe più tempo di pensare alle sue
necessità come procurarsi droga, vedere gli amici,a ndare alle feste.
Aveva fatto la sua scelta dopo un’esperienza negativa, aveva preferito
amarsi e tornare ad amare la famiglia, se stessa e successivamente
Dio.
Capitolo 8
20 21
La sua conversione era avvenuta dopo aver fatta la volontaria per il
catechismo della sua sorellina e aveva mantenuto il ruolo anche dopo
che la stessa sorella aveva finito il percorso di fede con la Cresima.
Nel reparto giovani problematici le regole non erano tante, perchè
se obblighi dei giovani scapestrati ad esse, hai già fallito in partenza.
L‘unica regola rigida era di rientrare sempre alla sera sia per dormire,
nel caso in cui ci fosse stata necessità di un tetto sopra la testa, e
partecipare ad un’ora di attività per curare e far crescere qualcosa:
verdure in un’orto, voce in un coro, creare con poche cose e averne
rispetto.
Lisa era la sua sfida, era di una bellezza straordinaria che non aveva
bisogno di essere accentuata, invece lei si applicava ciglia finte,
extension colorate, righe nere di eyeliner, lustrini, brillantini che
contornavano gli occhi; tutto ciò che di appariscente potesse esserci
lei lo usava per attirare e forse anche per mascherare la sue fragilità
le sue debolezze. Considerata una ragazza facile fin dai tempi delle
medie, aveva collezionato una lista di fidanzati, di cui per altro andava
fiera, da far invidia anche a una poco di buono. La lista era suddivisa
tra le varie “cose” che era riuscita a fare assieme a loro, dedicando
due nomignoli agli sfortunati fidanzati, c’erano i mosci e i maci.
La sua aspirazione era di essere la più popolare della scuola e
pensava di dare ciò che volevano i maschi, sperando così di tenerseli
accanto.
Lisa però non aveva tenuto conto che per più popolare s’intendeva
“ragazza facile” e poi che cedendo subito alle richieste sessuali,
concedendosi immediatamente ai primi incontri, con i maschi non
c’era gusto, perchè essi sapevano che non dovevano sudarselo il
suo amore. Lo scoprire il suo corpo, per lei, era una forma di amore,
per loro l’esatto opposto. Per capire il concetto ci volle un mese,
per tutto il resto, Fly si chiedeva se il suo lavoro l’avesse fatto bene,
perchè Lisa era l’unica che alla sera non si presentava, oppure lo
faceva a notte fonda, impregnata di fumo e alcool fino ai capelli.
L’unica attività che le piaceva fare era creare dei profumi con gli
estratti di erbe e fiori, ma non si seppe mai se le servivano per
venderli e ottenere soldi per il fumo e l’alcool, o se, come diceva lei,
li portava alla mamma ricoverata per depressione in un’istituto di
psichiatria. Era una ribelle in cerca di una passione travolgente che
l’avrebbe resa schiava alla fine di fumo e alcool.
Per le due “amiche siamesi” invece cosa ci può essere di meglio
che passare il tempo assieme? Pur essendo nel reparto giovani
problematici per un motivo, a quelle due non interessava di certo
aiutare gli altri, nè aiutare se stesse; fin dalle elementari erano
cresciute assieme, praticavano lo stesso sport, seguivano corsi degli
argomenti che più le appassionavano e… piacevano loro gli stessi
ragazzi. Una di loro, Annie, rinunciava sempre ai ragazzi in onore
della loro amicizia, per non tradirla e assecondarla, lei non faceva
niente per attirare i ragazzi, ma era decisamente più semplice,
divertente e bella di Elsa. Ne avevano combinate di tutti i colori,
scappando di notte, andando a feste, appartandosi con ragazzi,
poi si davano appuntamento e parlavano tutta la notte di ciò che
era successo, delle emozioni, di fantasie, di progetti e ne avrebbero
parlato per giorni. Si dicevano che mai si sarebbero separate anzi
l’appuntamento era previsto anche in una futura vecchiaia, per
consolidare la loro unica, straordinaria amicizia.
Un giorno però un ragazzo spezzò quella che sembrava una solida
amicizia, per un doppio gioco finito male. Ad una festa il ragazzo
si era ubriacato per bene e andò a infastidire Elsa che non aveva
nessuna voglia di stare a sentire le stupidaggini di uno un po’
brillo egli però fece una cosa talmente plateale che ad Elsa non
parve vero, i fumi dell’alcool lo spinsero a dedicarle una canzone
d’amore con tanto di tuffo in piscina a mezzanotte assieme e un
bacio appassionato. Elsa ne rimase incantata.I l giorno dopo per il
ragazzo era come se fosse scesa una nebbia, come se non gli fosse
ben chiaro ciò che aveva fatto ed Elsa non ricevette nemmeno una
Capitolo 9
22 23
telefonata da parte sua. Il ragazzo contattò Annie, perchè era in
preda al panico, non era interessato a Elsa ma ad Annie e lei dal canto
suo, doveva tenere compagnia alla disperazione dell’amica; non
sapeva più cosa inventarsi, perchè non voleva farla star male.
Seguirono delle uscite con il ragazzo. Annie, proprio per non far
soffrire l’amica, si ritrasse. Ci fu però un momento che ad Annie
non riuscì di tacere lasciò stare le scuse e si limitò ad essere umile
con Elsa nello spiegare il suo interesse verso il giovane e che non
voleva rovinare la loro amicizia. Da quel momento ci fu una rottura,
sofferta da parte di Annie, perchè dovette adattarsi al cambiamento
del tempo senza una vera amica (anche se una vera amica poteva
perdonare). Più volte Annie si scusò; si fece carico di quello che
era successo, ma nulla tornò come prima. L’idea di rimanere senza
una persona con cui confidarsi e spogliarsi dai segreti ed essere se
stessi, le mancava.
Le cose belle hanno il passo lento: è proprio vero, ma ne vale la pena!
Sally era ciò che rappresentava una nuova, fresca amicizia per Annie,
potevano passare anche mesi senza vedersi o raccontarsi segreti,
quello che legava le due anime gemelle non calava d’intensità.
Tanto aveva pregato Annie, tanta era la diffidenza, per dar spazio
ancora nel suo cuore a un sentimento tale, qual’era un’amicizia.
Fecero feste sotto una veste nuova, pomeriggi, serate che ancora
oggi non si cancellano dai ricodi di Annie. Un’episodio però la
costrinse a passare presso il reparto “giovani problematici”, ad un
tratto fece si che il percorso “amicizia nuova” finì da una parte con
sofferenza e ritrovo di una felicità dall’altra. Nelle varie feste Annie e
Sally si davano alla pazza gioia entrarono in un gruppo e per farne
parte c’era una prova ,una sorta di “Spaccio in fiducia” e fu lì che Sally
tradì Annie infilandole lo “Spaccio” in tasca.
Durante una retata in borghese della polizia, Annie finì nei guai.
Il finale potete immaginarlo da soli ma ci fu lo stesso un lieto
fine; scontando lavori socialmente utili presso il reparto giovani
problematici, Annie ritrovò Elsa! Fu come una ricompensa e un
ricostruire ciò che per ben due volte era stato perso.
Fly custodiva nei meandri del suo cuore tutte le esperienze, le scelte
che le persone incontrate erano state costrette ad accettare, a fare;
insieme a Suor Chiara crearono un gruppo di preghiera, ma anche di
ascolto che emanava un’energia di speranza, di amore dettata solo
dal cuore. Persino i profumi, oltre i colori, dipingevano ricordi che
si legavano al cuore di Fly come il fieno appena tagliato. Ricordava
le domeniche nei prati con tutta la famiglia, l’odore di tabacco delle
sigarette che fumava il nonno e quelle delle feste delle ragazze
problematiche che si spargevano nelle stanze, il profumo delicato
dei fiori di gelsomino a Pechino, i colori spenti del cielo a Londra,
un aroma legato all’ultima persona che al reparto di Londra non
smetteva di rapire e quasi bussare nella mente di Fly: la cara,dolce
Soledad.
Nata sotto il sole dell’estate nel giorno che festeggia questo
momento, con la pelle quasi inadatta al calore di esso, da madre
italiana e padre cubano, aveva gli occhi chiari della madre e la pelle
color caffelatte del padre, il lato riflessivo, protettivo materno e il lato
passionale, festaiolo e rispettoso paterno. Per quanto una persona
si trovi in difficoltà soprattutto in malattia, in assenza di denaro o di
lavoro, a corto di emozioni positive il sorriso non deve mai mancare:
dà dignità alla tua persona anche se qualcuno te la vuole togliere.
L’infanzia di Solidad era stata tra le più felici, cresciuta in spazi e
tempi liberi e semplicità di poter gestire il suo tempo. Con la madre
casalinga Solidad aiutava nei lavori di casa, un luogo umile, ma
che racchiudeva tutto l’amore della famiglia e anche di solidarietà
con i vicini. Si partecipava alle feste di paese, si accoglievano i
nuovi arrivati; nonostante il paese fosse piccolo alcune persone lo
apprezzavano proprio nella sua umile quotidianità. Le persone si
chiamavano per nome o soprannome, ci si scambiava piaceri, dal
semplice prestare qualcosa al tenere sott’occhio i figli degli altri.
Ci si raccoglieva a maggio, nel mese del rosario, intorno a quel
Capitolo 10
24 25
luogo di preghiera chiamato “Capitello” poi via a giocare, a cercare
le lucciole, un ricordo delle notti d’estate che emozionavano ancora
Solidad e i ricordi di Fly. ll padre di Solidad viaggiava spesso e lei
ne sentiva la mancanza; anche qui è tremendamente magico come
nei ricordi un suono possa evocare un’emozione fortissima e sentì il
cuore battere! Questo suono era quello della fisarmonica con la quale
il padre si accingeva a suonare ricreando con Solidad un momento
di contatto. E che dire del materiale scolastico, dei dolciumi, tutto
emanava un profumo di naturalezza e semplicità. Quando si entrava
dal tabaccaio del piccolo paese, le gomme da cancellare erano la
passione di Solidad e aveva voglia quasi di mangiarsele.
Un giorno il padre ebbe una richiesta di lavoro più remunerativa,
costrinse la famiglia ad un esodo in una città ben più trafficata,
la semplicità non faceva più da padrone, anzi in tutto c’erano
eccentricità, apparenza, se facevi un piacere ad un vicino c’era una
sorta di diffidenza, le fregature non mancavano, erano all’ordine del
giorno. A scuola si andava con una divisa di riconoscimento in base
ai ranghi se eri nei bassi ranghi ti aspettavano dispetti e parole che
mortificavano anche la persona con più autostimata della terra.
A Solidad riservavano uno dei banchi in fondo, con i chewingum
attaccati e incisioni di vario tipo per lo più falliche, le rubavano
la merendina dicendole che non le serviva ad alimentare il suo
culone enorme. Solidad non aveva mai fatto caso che le forme del
suo corpo potessero non essere in armonia, nè aveva mai pensato
all’apprezzamento maschile; però questa illazione proprio non la
digerì, cercava di distrarsi con le attività extrascolastiche, soprattutto
musica o attività fisica potenziata. In questo modo si fece amicizie
più piacevoli che la distraevano dalla sua non apprezzata fisicità.
Rinunciò alla merenda Solidad e si accontentava di thermos di
the caldi e qualche pezzettino di crakers, sperando di migliorare la
situazione.
Un giorno uscì di colpo dall’aula di musica. La sua compagna
affezionata e appassionata di musica come lei, la segui impaurita
da ciò che l’aspettava: Solidad era in bagno a vomitare; con grande
forza bussò e con voce fievole disse “Hai bisogno d’aiuto Solidad?”
Una voce dall’altra parte “No Vatteneeeee”. Entrambe scosse non
si incontrarono, Solidad andò a casa con la motivazione di un mal di
pancia e la sua amica con la scusa di un virus contagioso.
La ragazza era così sconvolta per la sua amica Solidad che voleva
quasi essere stata assieme a lei in ginocchio a vomitare, tanta era la
solidarietà e la speranza di alleviare le sue pene.Non tornarono più
sull’argomento, ma con semplici gesti, un the alle vitamine, una torta
senza zucchero, pian piano Solidad tornò a stare un po’ meglio.
La svolta ci fu ad una festa dove Solidad conobbe il suo ragazzo,
se così si può definire una frequentazione assidua. Questo ragazzo
aveva molti interessi e più di tutto aveva una predisposizione per
il volontariato e la beneficenza; la festa dove si erano conosciuti
era una di quelle organizzate da lui per raccogliere fondi e portarli
alle popolazioni povere. Non era proprio il tipo a cui interessavano i
sederi delle ragazze, guardava altro, anche se quella volta a Solidad
non sfuggi l’occhiata al suo di dietro nell’abito grazioso messo per la
festa, quando incrociò il suo sguardo egli arrossì, a Solidad piacque
molto. Egli la trascinava e coinvolgeva in tutti i suoi interessi;
per farla partecipe in modo più profondo la iscrisse ad uno di quei
viaggi di volontariato in Africa, dove anche Fly era stata chiamata
per assistere le giovani problematiche era nella sua natura fare
tesoro di quelle esperienze di vita molto forti che ti cambiano la
vita e ti arricchiscono il cuore e la fede. Per Fly fu una di quelle
esperienze speciali anche Solidad; al campus allestito con capanne
di paglia c’era un odore molto forte, acre, misto a quello che
le bestie emanavano. C’era tanta fame specialmente infantile.
Solidad si confidò con Fly, non le nascose la sua meraviglia, il suo
sconcerto sulla questione del cibo lei lo rigettava per annullare la
situazione psicologioca che non la faceva star bene, loro piccoli
la introducevano per sopravvivere e riempire un bisogno fisico e
rimanere in vita. Questo fece riflettere Solidad e la rese ancora più
legata a questa terra, tanto da restarci per molto tempo.
C’era un altro aspetto che Fly aveva colto, lì non c’erano luoghi precisi
di preghiera, non c’era in verità neanche una precisa religione, ma
alla sera tutti si riunivano in un cerchio attorno ad un fuoco sempre
vivo dal calare del sole. Fly concepì questa energia sottoforma di
26 27
preghiera: il fuoco le dava la pelle d’oca assieme ad una nenia cantata
dalla più anziana del villaggio, conteneva in se’ una melodia mistica,
aiutava a staccarsi dalle difficoltà della giornata e dare un barlume di
speranza per il dì successivo. L’ultimo giorno del soggiorno la fecero
cantare a Fly, fu il più bel regalo e momento di coesione con tutti che
non dimenticò mai.
Tornò a casa con un bagaglio di umanità e cuore vivo che si
dimenticò di tutte le sue tristezze.
L’autunno arrivò di nuovo, le foglie a forma di cuore svolazzavano
leggere, i profumi della stagione aleggiavano nell’aria: alla casa di
riposo tutto era come prima, anche le coppie di anziani erano lì con la
loro forte presenza, anche Toldo e Lolla si accingevano ai loro rituali
3 passi d’amore (che poi non erano mai 3), Lolla voleva tenere in
movimento sempre il suo Toldo, 3 le noci dentro la ciotola di Yogurt,
3 le preghiere da recitare assieme per iniziare e finire la giornata,
insomma degli amorevoli rituali che tanto amore portarono in quel
reparto e per chi li conosceva come Fly.
Certi giorni sono così puntuali da risultare perfetti e, nel caos di
questa perfezione, il destino ti viene a cercare. L’autunno portò con
se anche una nuova ondata di virus e stavolta a Fly toccò il momento
peggiore; la stanza dove nessuno avrebbe voluto entrare.
Lì le ore erano scandite dai ricordi se avevi momenti di lucidità e
i suoni dei monitor, sempre gli stessi, la concentravano e anche
se avesse voluto pregare o appunto ricordare la distoglievano da
tutto ciò. I muri bianchi sterili le facevano male agli occhi a forza di
fissarli, così si costringeva a chiuderli; soprattutto c’era il senso di
impotenza eri solo nelle mani di altri, nelle mani di Dio. Fly trovava
sempre qualcosa per lenire i momenti difficili e dopo settimane trovò
Capitolo 11
la sensazione piacevole nel grattare le lenzuola. Lo faceva sempre
da piccola, specialmente per addormentarsi. Si metteva sotto il
cuscino un fazzolettino di stoffa e questa sensazione era molto
dolce e le dava serenità e anche compagnia. Nessuno poteva venire
a trovarla: era sola nella sua solitudine, nella sua malattia, nella sua
sola presenza! Una mattina quasi incosciente Fly aprì gli occhi come
due fessure perchè un profumo conosciuto la fece trasalire. Era lui,
era tornato! Mic era lì accanto a lei! Fly non poteva alzarsi, non poteva
dirgli niente, aveva la bocca arsa, lui si avvicinò, la baciò sulla fronte,
le strinse la mano, le lacrime le scesero fin dietro il collo. Lui disse
solo: lo so, lo so mi dispiace! I giorni successivi cercò di farsi più forte,
sembrava che la presenza di Mic potesse giovarle, come un treno
veloce le passavano per la mente tutti i giorni assieme a lui, alcuni
spiccavano come il rumore della macchina con la quale passava
a prenderla, le fughe nei luoghi dove avevano consumato la loro
passione, ma non fu sufficiente. Le condizioni di Fly peggiorarono;
La parola, l’ultima e sospirata fu per Mic: “RESTA”.
Si dice ancora in giro che il cuore di Fly fu trapiantato ad un giovane,
che da allora fu paragonato al battito di una persona innamorata per
la prima volta. Continuò a vivere nel corpo di una persona che aveva
tutta la vita per innamorarsi e battere con passione. Fly avrebbe
dovuto guarire con la fede e l’ardore che nutriva per la vita e per
l’amore con la A maiuscola, ma la vita continuò lo stesso a battere e
la fede a bussare. Fu così che... LA CHIAMARONO CUORDIVI.
La chiamarono Cuordivì

More Related Content

Similar to La chiamarono Cuordivì

Elena Rosci - Madre e figlia adolescente
Elena Rosci - Madre e figlia adolescenteElena Rosci - Madre e figlia adolescente
Elena Rosci - Madre e figlia adolescente
IstitutoMinotauro
 
Il decano e la comunicazione
Il decano e la comunicazioneIl decano e la comunicazione
Il decano e la comunicazione
Canonizzazione
 
Il decano e la comunicazione
Il decano e la comunicazioneIl decano e la comunicazione
Il decano e la comunicazione
Canonizzazione
 
Il decano e la comunicazione
Il decano e la comunicazioneIl decano e la comunicazione
Il decano e la comunicazione
Canonizzazione
 
Il Libro Bianco Il Viaggio Terza Parte
Il Libro Bianco Il Viaggio Terza ParteIl Libro Bianco Il Viaggio Terza Parte
Il Libro Bianco Il Viaggio Terza Parte
igorecathy
 
Il Libro Bianco Il Viaggio Quarta Parte
Il Libro Bianco Il Viaggio Quarta ParteIl Libro Bianco Il Viaggio Quarta Parte
Il Libro Bianco Il Viaggio Quarta Parte
guest70595d
 
Il Libro Bianco Il Viaggio Terza Parte
Il Libro Bianco Il Viaggio Terza ParteIl Libro Bianco Il Viaggio Terza Parte
Il Libro Bianco Il Viaggio Terza Parte
igorecathy
 

Similar to La chiamarono Cuordivì (18)

Donne della pasqua, di Anna Maria Vissani
Donne della pasqua, di Anna Maria VissaniDonne della pasqua, di Anna Maria Vissani
Donne della pasqua, di Anna Maria Vissani
 
Carlos Castaneda - IT 12 - IL LATO ATTIVO DELL'INFINITO
Carlos Castaneda - IT 12 - IL LATO ATTIVO DELL'INFINITOCarlos Castaneda - IT 12 - IL LATO ATTIVO DELL'INFINITO
Carlos Castaneda - IT 12 - IL LATO ATTIVO DELL'INFINITO
 
Catechesi giovanile cap VIII - visioni di Teresa Neumann
Catechesi giovanile   cap VIII - visioni di Teresa NeumannCatechesi giovanile   cap VIII - visioni di Teresa Neumann
Catechesi giovanile cap VIII - visioni di Teresa Neumann
 
Saluto di Sr. Alaide Deretti (Italiano)
Saluto di Sr. Alaide Deretti (Italiano)Saluto di Sr. Alaide Deretti (Italiano)
Saluto di Sr. Alaide Deretti (Italiano)
 
Complexity Literacy Meeting 2023 - Come allearsi con le parti cattive di sé d...
Complexity Literacy Meeting 2023 - Come allearsi con le parti cattive di sé d...Complexity Literacy Meeting 2023 - Come allearsi con le parti cattive di sé d...
Complexity Literacy Meeting 2023 - Come allearsi con le parti cattive di sé d...
 
Elena Rosci - Madre e figlia adolescente
Elena Rosci - Madre e figlia adolescenteElena Rosci - Madre e figlia adolescente
Elena Rosci - Madre e figlia adolescente
 
Il decano e la comunicazione
Il decano e la comunicazioneIl decano e la comunicazione
Il decano e la comunicazione
 
Il decano e la comunicazione
Il decano e la comunicazioneIl decano e la comunicazione
Il decano e la comunicazione
 
Liturgia Natalizia
Liturgia NataliziaLiturgia Natalizia
Liturgia Natalizia
 
Come api spirituali
Come api spiritualiCome api spirituali
Come api spirituali
 
Il decano e la comunicazione
Il decano e la comunicazioneIl decano e la comunicazione
Il decano e la comunicazione
 
Ticonzero news n. 84
Ticonzero news n. 84Ticonzero news n. 84
Ticonzero news n. 84
 
Il discorso del cortile
Il discorso del cortileIl discorso del cortile
Il discorso del cortile
 
Scalfari
ScalfariScalfari
Scalfari
 
Dare un senso alle cose
Dare un senso alle coseDare un senso alle cose
Dare un senso alle cose
 
Il Libro Bianco Il Viaggio Terza Parte
Il Libro Bianco Il Viaggio Terza ParteIl Libro Bianco Il Viaggio Terza Parte
Il Libro Bianco Il Viaggio Terza Parte
 
Il Libro Bianco Il Viaggio Quarta Parte
Il Libro Bianco Il Viaggio Quarta ParteIl Libro Bianco Il Viaggio Quarta Parte
Il Libro Bianco Il Viaggio Quarta Parte
 
Il Libro Bianco Il Viaggio Terza Parte
Il Libro Bianco Il Viaggio Terza ParteIl Libro Bianco Il Viaggio Terza Parte
Il Libro Bianco Il Viaggio Terza Parte
 

La chiamarono Cuordivì

  • 2. 2 Quando ti donano del tempo e’ la cosa più prezioza che tu possa ricevere. Alcune persone menzionate in questo piccolo manuale non ci sono più, altre non le ho più riviste, altre sono tornate prepotentemente quando meno me lo aspettavo; con tutte ho condiviso del tempo, me lo sono goduto sempre fino in fondo, al punto che poi sono rimasti ricordi vividi, lucidi, messi da parte, quasi per essere ripresi appena ne avessi avuto l’occasione. È stato il “lockdown”, una pausa forzata dal mio tempo organizzato, dalla mia routine giornaliera, che mi ha spinto e aiutato a superare lo scoraggiamento. Mi hanno tenuto compagnia i ricordi ed è stato come una sorta di “sfogo”.Piuttostodi arrabbiarmi,intristirmi,rammaricarmi,hopreferito reagire e sfruttare il mio tempo prezioso restando in armonia con questo strano periodo dove tutto si intensifica: sia essa un’emozione pessima o un’emozione migliore. C’era bisogno di esprimerla, guidarla, accompagnarla, anche urlarla se era il caso! Ringrazio le persone che mi hanno infuso valori forti e che mi hanno sempre sostenuta, consigliata, spronata e soprattutto ascoltato senza giudicarmi.
  • 3. 5 4 PREFAZIONE La differenza in tutto, anche nei momenti più tragici? Fede e amore: una sostiene l’altra e si bilanciano. Quando una viene a mancare l’altra ti cerca, ti soppesa e si aggiunge, si fonde in un’eterno equilibrio. Ed e’proprio in questo continuo cercare che Cuordivi si spoglia delle sue fragilità, delle sue incertezze, fino a che tutto quello che esiste, anche dopo la fine, continua e non cessa di battere. Quanto erano belli i Natali in famiglia, le riunioni famigliari, l’infanzia vissuta in libertà e soprattutto con i nonni! Tutte quelle storielle, manuali di saggezza incomprensibili a quell’età fatta di giochi, poche regole, ne’ preoccupazioni ne’ pensieri, con cui da adulto ti devi scontrare. C’era una cosa che ci dava un forte legame oltre alle leccornie continue per coccolarci e prenderci per la gola, la fede. Ogni sabato la santa messa fissata con tutti figli, nipoti, generi, cognati, immancabile era la confessione nel pomeriggio e niente peccati di gola almeno un’ora prima di ricevere la comunione nemmeno una caramella. Ricordo i sabati dopo catechismo, a giocare senza tregua e poi la Santa Messa e pizza tutti assieme. C’erano mille occasioni che ci riunivano, una torta fatta in casa senza che ci fosse per forza una ricorrenza, le frittelle fatte nella stagione giusta semplicemente perchè c’era la pianta che forniva l’ingrediente necessario fatto crescere con cura e soprattutto amore dai nonni. Se vivi con fede e amore, tutto si espande intorno e ne prende il profumo. Gli anni di gioie e dolori si avvicinano e pian piano tutto si scioglie; le persone che hanno, con la loro presenza forte e il loro amore, impresso in te un’io integro, solido, pieno di certezze, se ne volano via, lasciandoti quel senso di incompiutezza che qualcosa poteva ancora essere fatto, che si potevano “ assorbire” altri concetti utili nella vita. La fede che tanto ci aveva accompagnato si era come assopita.(1) Gli anni di studi avevano portato Fly verso il benessere, un’attitudine che sembrava esserle stata sempre radicata: le veniva naturale agire e migliorare la qualità di vita delle persone con piccoli gesti e cure.Fu proprio in quegli anni che si dava l’opportunità a giovani aspiranti di entrare nelle case di riposo per curare le cosidette “radici”, piedi, per donare un pò del proprio tempo a coloro che ne avevano più bisogno; anche l’anatomia degli organi e articolazioni erano scuola ed insegnamento presso la casa di riposo, tenuti dall’angelica e forte presenza di Suor Agnese. Capitolo 1 - Intro
  • 4. 6 7 Fu così che Fly si appassionò alle esigenze fisiche non solo estetiche e si avvicinò pian piano alla fede che si era nascosta come sotto un velo in attesa di essere riscoperta. Le giornate erano intense per Fly, ma la passione e la soddisfazione facevano superare tutto. Una sera dopo una pesante giornata coronata da un errore di valutazione su un paziente, fece scaturire in Fly il pensiero che, oltre alla medicina tradizionale, l’amore e la fede erano tangibilmente inseparabili. Gli anziani della casa di cura si accontentavano di poche cose, ma mai avrebbero rinunciato ai momenti di pausa dalla solita routine: colazione, pranzo, cena, due volte a settimana doccia, delle medicine, visite mediche. Quando Fly apriva la porta del piccolo studio per occuparsi di loro, il tempo volava: le chiacchiere, le voci roche senza più energia prendevano vita. Fly rimaneva in silenzio ad ascoltare anche solo le grida dei pazienti che ormai la testa l’avevano persa; trovava nel loro urlo un’ansia di aiuto, a volte di speranza. Le loro storie del passato, della vita vissuta a pieno, erano quelle che rimanevano più scolpite e segnavano le sue giornate. Non riusciva ad accettare una cosa, come fosse possibile l’indifferenza dei figli, soprattutto e dei famigliari poi, rivolta a persone che avevano dedicato sforzi, vita, amore, anche sbagli, (nessuno nasce genitore perfetto) per aiutarli in cambio di tempo e amore qualora ne avessero avuto bisogno. C’erano tra i pazienti coppie: marito e moglie, che vivevano assieme nella casa di riposo per l’incapacità soprattutto fisica di sostenersi; l’amore senza fini ne’ compromessi ma il semplice esserci l’uno per l’altro era qualcosa di straordinario illuminava le giornate di tutti, anche degli ammalati... ”Cerca di darmi il buongiorno domani” era la frase più colma d’amore e speranza che Fly avesse mai sentito. Un giorno, passando in corsia, i suoi occhi vennero rapiti da una traccia di cera di candela a terra, sotto lo stacco tra la porta e il pavimento adiacente alla stanza di cura dei pazienti che era sempre chiusa e oscurata da un mobile posto davanti ad essa. L’istinto era pressante, la aprì senza esitare: un profumo di candele la avvolse e si ricordò di quando la nonna la accompagnava ad accenderle dicendo una preghiera; ai lati c’erano poche sedie, vecchie anch’esse, legate al ricordo delle confessioni, in fondo un piccolo e grazioso altare con la statua della Madonna e un crocifisso, sotto c’erano alcuni biglietti, piccoli rosari, un vangelo e dei pupazzetti; sicuramente si percepiva un’aria di richiesta, di speranza, di guarigione, una consolazione alla disperazione di chissà quali sofferenze per i propri cari. Si accostò alla prima sedia, mise un soldo e accese una candela, si spense, la prese, gocciolò, disse una preghiera; lo sguardo le si abbassò e vide, sopra gli zoccoli da lavoro, la goccia di cera che aveva formato un cuore. Andò là anche nei giorni seguenti, quasi nella speranza di cogliere qualche altro segno, perchè per lei questo era stato! Dopo circa un anno di tirocinio fecero dei lavori di ristrutturazione alla casa di riposo spostando la stanza e ripristinandola in un’ala un po’ distante dalla sua attività lavorativa.
  • 5. 8 9 Fece delle esperienze full immersion anche in altri reparti e si trovò a lavorare in altre case di riposo, in altre città, dove le presenze erano ancora più fredde; i pazienti non erano stimolati e poche erano pure le iniziative. In compenso si pregava tanto e ciò che li accomunava era la presenza delle coppie di sposi che si sorreggevano a vicenda in tutti modi. Fu in quel periodo che Fly conobbe un giovane medico: aveva l’aria sostenuta e autoritaria, le incuteva un’agitazione tale da farle dimenticare tutte le pratiche per i pazienti che usualmente e metodicamente si accingeva a fare. Si accorse che sulla spilla dove era appuntato il cartellino di riconoscimento, il dottor Micael aveva aggiunto una medaglietta dell arcangelo Michele quasi fosse un segno destinato a un incrocio di destini! Aveva trovato un punto in comune con lui: credevano negli angeli e alla loro presenza. Da allora l’agitazione si placò, in qualche modo la fede accomuna tutti: che si sia persa o che stia lì per ricordarci che si può ritrovarla e che comunque, in mezzo a mille altre cose, era una compagna di vita. Nei pomeriggi si tenevano spesso dei seminari per aggiornamenti sulle varie tecniche innovative di cardiologia e respirazione tenute dal giovane aitante dottore. Fly faceva tante domande per farsi vedere interessata e spiazzare un pò la sua autorità; in mensa ci riunivamo tutti attorno ad una tavolata piuttosto stretta e questo le permetteva di stargli vicino e carpirgli altre informazioni sulla sua vita. Inutile dirlo, Fly si era invaghita di lui, pur pensando di non essere corrisposta. Continuava ad osservarlo con un certo sguardo imbarazzato. Durante un pò di lezioni pratiche di rianimazione Fly si accorse della delicatezza con cui le mani di Mic si muovevano sulle sue rispetto alle manovre applicate sulle mani di colleghe; la conferma ci fu nella pratica di respirazione “bocca a bocca” la lingua di lui finì per toccare la sua! Certi giorni sono un’esplosione di vita, di felicità, il cuore batte all’impazzata e speri che tutte quelle sensazioni non finiscano mai Capitolo 2 proprio come quelle coppie di anziani sposi che si guardano come fosse la prima volta. Il dottore era in una situazione di stasi amorosa aveva un fidanzata, quasi il suo punto di riferimento, una sicurezza, un porto quieto; quando le cose negative della vita ti portano allo sbando allo sbaraglio, si è sempre portati verso delle certezze che siano esse cose o persone. La loro storia era diversa, la passione per certi argomenti, l’altro lato nascosto del loro carattere fatto di rigore, fermezza specie sul lavoro, andava a farsi “friggere”, ogni loro incontro era come il primo, colmo di sensazioni, di voglia di scoprirsi, voglia di non staccarsi, di parlare o stare in silenzio scrutandosi con gli sguardi, pensando ad un pazzo progetto di stare insieme. Ciò che più colpisce emotivamente nella vita di una persona non può essere rimpiazzato nemmeno con la passione e l’amore rubato ad un’altra e Fly lo imparò a sue spese. Era quasi dicembre; le scuse di Mic, così lui lasciava che lo chiamasse Fly in confidenza, per non trovarsi erano ormai troppe, perciò se pur con sofferenza, la ragazza si gettò a capofitto in un nuovo progetto di lavoro che l’avrebbe portata a fare un tirocinio a Pechino.
  • 6. 10 11 Nella settimana che precedeva la vigilia di Natale, con una lettera di trasferimento, il dottor Micael non c’era più. A Fly caddero lacrime che a mala pena riusciva a trattenere durante l’orario di lavoro, era a pezzi: l’euforia nel sentirsi una persona quasi privilegiata ad essere amata in quel modo da una persona, si era trasformato in un incubo colmo di domande, di verità nascoste che nessuo le avrebbe mai dato. Le giornate erano sempre piu’ pesanti. Fly cercò di accelerare il progetto, forse il cambiamento di tutto sarebbe stato la cosa migliore. Alla vigilia di Natale una telefonata fece sussultare Fly: era Mic, non disse niente, farfugliò qualcosa come a dispiacersi e che la colpa era sua per come era fatto, poi pianse e Fly assieme a lui sperando di avere la forza di replicare, ma ci fu solo un silenzio rumoroso e poi il nulla. Attaccarsi alle persone, amarle, capirle non era più per Fly un percorso di fede, con Suor Agnese e l’unione con altre persone semplici e speciali, che come lei avevano bisogno di riprendersi e affrontare in maniera diversa gli ostacoli e le esperienze negative della vita, le procurò un cambiamento anche nei sentimenti. Il cuore è come una bacinella non va colmata in eccesso, altrimenti trabocca nè in difetto vuotata, ma va alimentata in un equilibrio che sia esso di emozioni positive e negative, tenendosi quel tanto che basta, in questo modo non si dipende staccati da un sentimento in modo assoluto: la tristezza va bilanciata con un altro sentimento la rabbia mista alla grinta necessaria per non piangersi adosso, riprendere la consapevolezza di se e l’amore per se stessi è più importante di tutti e tutto. Anche la corsa fu un valido aiuto per Fly le dava la forza di raggiungere piccoli obbiettivi quotidiani, dava sfogo alle giornate tristi e passando sulla strada dove abitavano i nonni, si sentiva più vicina a loro. Il segno tangibile nel sentire la loro Capitolo 3 presenza, erano delle foglie a forma di cuore che al suo passaggio le volano accanto. Prima di sposarsi felicemente Fly, dovette chiuderere con ciò che credeva il suo primo grande e unico amore (perchè le persone più sagge non ti avvertono su come riconoscere il vero amore?). Probabilmente se hai una famiglia con genitori che sono sempre stati il simbolo dell’unione forte e che dal primo momento che si sono conosciuti non si sono più separati, forse non ti fai domande, così l’amore ti viene naturale e pensi che anche per te sarà lo stesso.Sei disposto a perdonare “bravate varie” e sai che comunque l’amore ritorna da te e tutto si risolve; in fondo, se torna, credi che sotto ci sia qualcosa d’importante! Quando però sei stanca di aspettare, ad un tratto non ti senti parte di niente e di nessuno, meglio cambiare direzione e fu così che anche il cuore di Fly si preparo’ alla seconda delusione. C’è sempre un credo da portare avanti e così si unì alla persona che c’era e ci fu sempre nel bel mezzo di periodi bui, di malinconie, di problemi e paranoie; il fatto che lui ci fosse sempre era quel punto di riferimento di cui aveva bisogno. Fly che non voleva più sentire quel senso di perdita, abbandono, quel non sentirsi uniche e se stesse per qualcuno, nel bel mezzo di un’età in cui è ora di occuparsi di un altro amore imprescindibile: la famiglia. Così Fly e il suo nuovo amore si sposarono e dopo quattro anni ebbero una bambina di nome Maria a cui Fly trasmise tutte le regole di vita ed atteggiamenti, quasi volesse proteggerla da future delusioni. Capitolo 4
  • 7. 12 13 Il giorno tanto atteso del progetto a Pechino arrivò proprio inaspettato dopo otto anni di matrimonio; a malincuore, ma anche inebriata per la nuova avventura, Fly partì lasciando a casa la sicurezza dell’attesa e dell’amore della famiglia e andando verso nuove conoscenze ed esperienze. Pechino era diverso dalla piccola città di Fly, tutto era vissuto con una filosofia diversa, stile di vita, religione, l’approcio alle persone. La cosa piu’incomprensibile era che tra le persone non c’erano contatti. La casa di riposo, se così si può chiamare, era un agglomerato di tante stanze divise da pannelli sottili, le iniziative ricreative si svolgevano per di più all’aperto dedicandosi ai giardini curati e alla ginnastica tipica della loro filosofia orientale, affiancata quasi sempre da un’alimentazione povera e di semplici sapori. La sua attività dunque era abbastanza ridotta rispetto a ciò che eseguiva nella sua città. Tutto era fatto con parsimoniosa lentezza, fatta di piccoli gesti che avvolgevano e decoravano le giornate: Il contatto, sin dalla accoglienza al ricevere visite, era un insieme di gesti sequenziali, ripetuti: il rituale del tè, la vestizione del mattino che era fatta esclusivamente dalla moglie o dalle donne, che neanche si addice come termine, dacchè sembrava ogni volta una cerimonia, ogni volta di una sola persona che sta al servizio dell’altra. Non era un lavoro pesante: tutto sembrava essere naturale come l’acqua che scorreva tra le pietre nei giardini immensi ma appoggiate con cura e attenzione e nelle canne di bambù intagliate dove la stessa acqua sgorgava fluida. Il loro modo di fare preghiera però aveva rapito Fly: non c’era un giorno e un luogo preciso dove farlo come la nostra Santa Messa. C’erano dei templi aperti a tutti in qualsiasi ora del giorno, si percepiva l’energia spirituale di quei posti e tanta pace; pure i gesti come l’accensione di incensi, il suono di campane, tutto era in Capitolo 5 armonia, ma non c’erano contatti tra le persone come il gesto della pace o ricevere la particola, eppure tutti e tutto erano in sintonia tra loro. Arrivò l’inverno e durante la permanenza si scatenò un’epidemia. Fly fece appena in tempo a tornare in Italia e ricongiungersi con la sua famiglia; quello che susseguì fu un duro colpo per tutti i paesi del mondo.
  • 8. 14 15 Questo virus, partito sembra dai paesi orientali, dilagò ovunque facendo vittime fra grandi e piccini, credenti e atei, ricchi e poveri, sportivi e pigri. Una cosa stupì Fly quando tornò nella casa di riposo: le coppie di sposi stavano in salute e in Fly si radicò l’idea che l’amore, il cuore che batte per far sopravvivere quello dell’altro fosse la medicina a qualsiasi male in quel tempo. Tutti dovevamo stare barricati in casa e la libertà dell’uomo, la dignità, il contatto fisico, ogni cosa era stata contaminata da quel virus maledetto; anche le attività di benessere della persona cessarono. Messe, visite ai cimiteri, funerali tutto doveva essere fatto in maniera raccolta, fredda e frettolosa, non c’era neanche tempo di essere triste o rammaricato perchè tutto ti faceva sentire in colpa quasi si dovesse tenere una stessa unanime emozione per tutto. Purtroppo anche la salute già cagionevole del marito di Fly venne meno, lasciandole una tristezza volatile che andava e veniva. Fly doveva essere forte adesso perchè c’era Maria con cui andava spesso a pregare nella cappella della chiesa tenuta aperta solo pochi momenti della settimana. Alla casa di riposo aprirono un reparto nuovo per le persone affette dal virus. Un giorno entrò una giovane ragazza di nome Paolina con un accenno dei sintomi del virus; i genitori disperati l’avevano costretta a ricoverarsi; ella aveva un modo di affrontare la malattia ma anche la vita, con un misto tra strafottenza e “so io come curarmi”, non lasciava mai a Fly l’ultimo giudizio su come gestire le sue cure, nascondeva le medicine, telefonava a casa, andava fuori a fumare, e ciliegina sulla torta, si incontrava col suo fidanzato di nascosto. Gli amori dell’adolescenza avevano una “freschezza” di sentimento e di azione che a Fly non passavano inosservati, per questo decise di collaborare con Paolina in cambio che ella si adattasse alle visite mediche e alle cure. Capitolo 6 Un giardino sul retro era la fonte di ore d’aria mista a libertà degli sfortunati infetti; dietro una cancellata avvolta da piante rampicanti, quasi da non renderla visibile, si scorgeva una casetta dove si riponevano gli attrezzi da giardino. Lì iniziarono le “visite esterne non previste”; quei due fidanzati si volevano vedere ogni giorno e lui escogitò il modo di infiltrarsi e sgattaiolare dentro la casetta con Paolina. Quando Fly lo scoprì non riuscì a bloccarli perchè Paolina si atteneva alle cure e poi era così dolce e sognante questo amore sbarazzino, che proprio non se la sentì di mettersi in mezzo a loro. E poi faceva bene alla salute di Paolina, dimostrazione che la medicina migliore è proprio l’amore
  • 9. 16 17 Altre due coppie, stavolta di una certa età, si ritrovavano nel “cuccio dell’amore”; una paziente, Evelina, se ne stava davanti allo specchio a farsi e disfarsi la lunga treccia raccolta sul capo dai capelli nero corvino, si faceva due passate sulle guance di cipria, due gocce dietro il collo di acqua di rosa, smalto alle unghie sempre curate e un bacio sul santino del marito scomparso. Tutto era così meticoloso e studiato prima dell’appuntamento con il suo cavaliere che nessuna cosa poteva andare storta. Un giorno però Fly la vide trafelata e sudata per l’agitazione; le chiese cosa fosse successo e Evelina spiegò che aveva perso la fase finale del suo rituale: baciare il santino, era come farsi dare il consenso dal marito che non c’era più, era forse un segnale? Così Fly l’aiutò a cercare il santino e si propose di andare ad avvisare il suo cavaliere della sua mancata visita. Per ringraziarla, Evelina le diede una boccetta di acqua di rosa come un elisir d’amore; da allora si fermava sempre per infilare una caramella dentro le tasche del camice, o un fazzoletto ricamato a mano da lei, presero confidenza e le sue parole sagge, a volte in contrapposizione con la sua voce roca, risuonarono sempre come una campana al suono del rintocco della mezzanotte. Si facevamo così tante risate che Fly non vedeva l’ora di passare da lei per visitarla. Evelina le raccontò della sua adolescenza, di come non avesse avuto voce in capitolo sulla scelta del marito; a casa c’erano sempre la madre, le sorelle e il suo patrigno, lei era sempre scelta per tutti i lavori più faticosi e le sue mani rivelavano la sua storia di vita vissuta pesantemente: questo peso le stava dentro come un pugno per le “toccate” maliziose, finite purtroppo malamente, del suo patrigno. Appena ne ebbe occasione, a quattordici anni, andò a servizio presso una casa aristocratica e lì conobbe colui che poi diventò suo marito. Capitolo 7 Lei imparò ad amarlo, tanta era la voglia di fuggire da tutto quello che l’aveva segnata, si sposò e finalmente una voce in capitolo per la sua famiglia e l’ educazione dei figli riuscì ad ottenerla. L’incontro alla casa di riposo con il suo cavaliere fu una piccola ribellione al suo passato, una vera passione travolgente che riteneva di meritarsi, tanto non aveva nulla da perdere a quell’età, nè da discutere con nessuno. Il virus però non ebbe pietà neanche di Evelina! L’amore che Fly pensava fosse un importante supporto per vivere più a lungo e superare anche le malattie più gravi, non ebbe il sopravvento. La spiegazione di Fly, che sempre doveva darsene una, fu che quello di Evelina non fosse un’amore puro ma un rimpiazzo, una cosa del tipo “da questa vita i soprusi, sacrifici, devo pure portarmi dietro qualcosa di buono”. Rimasero le lettere che Evelina aveva scritto a Fly elogiandola per la passione del suo lavoro, l’ascolto amichevole che le aveva prestato e delle ricette che, secondo Fly, erano fatte per scaldare l’anima. Gli anni si susseguirono e il virus ad ogni stagione si faceva più forte e anche Fly dovette stare a casa, distante dalla passione per il suo lavoro, distante dai contatti con le persone, quel virus rubò alla gente tutto in un solo momento ogni giorno mieteva vittime. Fly non seppe mai dare una risposta a questa domanda il virus colpiva anche i bambini, nonostante l’amore tra madre e figlio, e proprio quelle anime pure e indifese dovevano salire al cielo, non riuscì mai ad avere risposta nè un segnale a questo quesito d’amore. Si tornò con tutte le precauzioni del caso alla casa di riposo, Fly manteneva il suo piccolo segreto sulla casetta degli incontri, quasi un modo per tener viva l’energia dell’amore. Nei giorni successivi notò la presenza, di fianco la casetta, di un uomo di oltre 70 anni con un diario in mano e un’aria sognante e pure un pò austera. L’uomo si avvicinò per chiedere una penna; a Fly parve una richiesta strana, gli chiese se doveva scrivere una lettera per la sua amata e lui con tono risoluto disse: “Non sempre l’amore deve essere una donna, per me è l’amore per la vita”, praticamente le chiuse la bocca. Non aveva mai pensato a questo punto vista.
  • 10. 18 19 Daniel, l’uomo appassionato di vita, pian piano si sciolse con Fly, d’altronde aveva delle necessità mediche, ma soprattutto la necessità di dialogare. Aveva avuto una vita solitaria fatta di storie di amicizia, di amori, di lavoro finita sempre con una scelta, con sua enorme tristezza e rammarico, l’amore per se stesso e la vita. Così Daniel scriveva tutto ciò che gli succedeva in quel diario tenuto fin dall’adolescenza e teneva sempre un’ultima pagina vuota dedicata alle sorprese inattese nella speranza che fosse riempita. In realtà solo due dei diari raccontavano ciò che si racchiudeva nel cuore di Daniel. Era un pazzo innamorato della vita vissuta a pieno, le scorribande con gli amici, gli incontri con donne che neanche si credeva di meritare tanto erano belle, di lavori saltuari ma sempre remunerativi. Lui si accontentava di poco e i soldi che avanzava li dava in famiglia, agli amici in difficoltà, alla chiesa, ai poveri. Diceva che i soldi sono una presenza benefica, non un bisogno assoluto, più doni per fare del bene alle persone e più ne ricevi. L’unico suo momento di tristezza fu un grande amore lasciato, vissuto a metà e mai più ritrovato. Ogni volta che Daniel cambiava lavoro acquistava un’auto nuova, era il suo sfizio, e andava a prendere Olga, l’amore della sua vita. Daniel la aspettava fuori dal lavoro, fuori dal bar, fuori da casa, ovunque lei fosse e le diceva: “Salta su che si va a fare pazzie”. Lei non riusciva a resistergli: viveva quei momenti senza rispetto del tempo, delle regole, della libertà di poter fare qualsiasi cosa! Daniel era unico, indimenticabile, nonostante che di garantito non ci fosse niente, nemmeno che lui tornasse seriamente o follemente; lei non riusciva a dirgli di no, sapeva che era meglio vivere la vita intensamente e questa cosa li legava in modo incredibile. Non si rividero più ma Daniel aveva scritto tutto nel suo diario dei ricordi e non li rileggeva mai; tutto era racchiuso in quelle pagine che esprimevano amore per la vita vissuta a pieno. L’ estate arrivò e un’altra avventura lavorativa si presentò per Fly in un luogo d’Europa dove non si lavorava a contatto con gli anziani, ma con i giovani e tutto il loro bagaglio di problemi, soprattutto legati alla droga, ai legami famigliari difficili, all’adolescenza. A Londra, questa metropoli assai organizzata dove tutto sembra essere inghiottito da una nebbiolina sottile, saltava fuori come una luce in fondo al tunnel il reparto di giovani problematici, illuminata dalla presenza di Suor Chiara. La storia di Chiara, finita con la sua conversione e aiuto ai giovani era un mettersi allo stesso livello dei ragazzi per far capire loro che non voleva essere superiore a nessuno ma allo stesso livello. Il suo passato era stato un susseguirsi di tutti i problemi legati alla famiglia, all’età, al gruppo di chi credeva suoi amici. Suor Chiara all’età di 17 anni trovò sua madre impiccata con una lettera che non l’avrebbe consolata dai perchè: con la morte una madre sottrae a una figlia il proprio amore, la propria presenza, la priopria vita. Suor Chiara si dette tutte le colpe per il suo passato travagliato, essere stata una figlia adolescente con tutti i problemi legati all’età; con trascorsi di droga, sospensioni da scuola, furti per avere i soldi, una vita fatta di eccessi, che solo dopo la tragica morte della madre fu in parte superata. L’amore lo riservò a suo padre e a la sua sorellina, riapparsa ai suoi occhi bisognosa più di lei di attenzioni. Si rimboccò le maniche, sostituendo tutto ciò che sua madre faceva, con la differenza che, fino a che la madre era viva Suor Chiara non se ne era mai resa conto. C’erano tante di quelle cose da fare, tante di quelle responsabilità che non ebbe più tempo di pensare alle sue necessità come procurarsi droga, vedere gli amici,a ndare alle feste. Aveva fatto la sua scelta dopo un’esperienza negativa, aveva preferito amarsi e tornare ad amare la famiglia, se stessa e successivamente Dio. Capitolo 8
  • 11. 20 21 La sua conversione era avvenuta dopo aver fatta la volontaria per il catechismo della sua sorellina e aveva mantenuto il ruolo anche dopo che la stessa sorella aveva finito il percorso di fede con la Cresima. Nel reparto giovani problematici le regole non erano tante, perchè se obblighi dei giovani scapestrati ad esse, hai già fallito in partenza. L‘unica regola rigida era di rientrare sempre alla sera sia per dormire, nel caso in cui ci fosse stata necessità di un tetto sopra la testa, e partecipare ad un’ora di attività per curare e far crescere qualcosa: verdure in un’orto, voce in un coro, creare con poche cose e averne rispetto. Lisa era la sua sfida, era di una bellezza straordinaria che non aveva bisogno di essere accentuata, invece lei si applicava ciglia finte, extension colorate, righe nere di eyeliner, lustrini, brillantini che contornavano gli occhi; tutto ciò che di appariscente potesse esserci lei lo usava per attirare e forse anche per mascherare la sue fragilità le sue debolezze. Considerata una ragazza facile fin dai tempi delle medie, aveva collezionato una lista di fidanzati, di cui per altro andava fiera, da far invidia anche a una poco di buono. La lista era suddivisa tra le varie “cose” che era riuscita a fare assieme a loro, dedicando due nomignoli agli sfortunati fidanzati, c’erano i mosci e i maci. La sua aspirazione era di essere la più popolare della scuola e pensava di dare ciò che volevano i maschi, sperando così di tenerseli accanto. Lisa però non aveva tenuto conto che per più popolare s’intendeva “ragazza facile” e poi che cedendo subito alle richieste sessuali, concedendosi immediatamente ai primi incontri, con i maschi non c’era gusto, perchè essi sapevano che non dovevano sudarselo il suo amore. Lo scoprire il suo corpo, per lei, era una forma di amore, per loro l’esatto opposto. Per capire il concetto ci volle un mese, per tutto il resto, Fly si chiedeva se il suo lavoro l’avesse fatto bene, perchè Lisa era l’unica che alla sera non si presentava, oppure lo faceva a notte fonda, impregnata di fumo e alcool fino ai capelli. L’unica attività che le piaceva fare era creare dei profumi con gli estratti di erbe e fiori, ma non si seppe mai se le servivano per venderli e ottenere soldi per il fumo e l’alcool, o se, come diceva lei, li portava alla mamma ricoverata per depressione in un’istituto di psichiatria. Era una ribelle in cerca di una passione travolgente che l’avrebbe resa schiava alla fine di fumo e alcool. Per le due “amiche siamesi” invece cosa ci può essere di meglio che passare il tempo assieme? Pur essendo nel reparto giovani problematici per un motivo, a quelle due non interessava di certo aiutare gli altri, nè aiutare se stesse; fin dalle elementari erano cresciute assieme, praticavano lo stesso sport, seguivano corsi degli argomenti che più le appassionavano e… piacevano loro gli stessi ragazzi. Una di loro, Annie, rinunciava sempre ai ragazzi in onore della loro amicizia, per non tradirla e assecondarla, lei non faceva niente per attirare i ragazzi, ma era decisamente più semplice, divertente e bella di Elsa. Ne avevano combinate di tutti i colori, scappando di notte, andando a feste, appartandosi con ragazzi, poi si davano appuntamento e parlavano tutta la notte di ciò che era successo, delle emozioni, di fantasie, di progetti e ne avrebbero parlato per giorni. Si dicevano che mai si sarebbero separate anzi l’appuntamento era previsto anche in una futura vecchiaia, per consolidare la loro unica, straordinaria amicizia. Un giorno però un ragazzo spezzò quella che sembrava una solida amicizia, per un doppio gioco finito male. Ad una festa il ragazzo si era ubriacato per bene e andò a infastidire Elsa che non aveva nessuna voglia di stare a sentire le stupidaggini di uno un po’ brillo egli però fece una cosa talmente plateale che ad Elsa non parve vero, i fumi dell’alcool lo spinsero a dedicarle una canzone d’amore con tanto di tuffo in piscina a mezzanotte assieme e un bacio appassionato. Elsa ne rimase incantata.I l giorno dopo per il ragazzo era come se fosse scesa una nebbia, come se non gli fosse ben chiaro ciò che aveva fatto ed Elsa non ricevette nemmeno una Capitolo 9
  • 12. 22 23 telefonata da parte sua. Il ragazzo contattò Annie, perchè era in preda al panico, non era interessato a Elsa ma ad Annie e lei dal canto suo, doveva tenere compagnia alla disperazione dell’amica; non sapeva più cosa inventarsi, perchè non voleva farla star male. Seguirono delle uscite con il ragazzo. Annie, proprio per non far soffrire l’amica, si ritrasse. Ci fu però un momento che ad Annie non riuscì di tacere lasciò stare le scuse e si limitò ad essere umile con Elsa nello spiegare il suo interesse verso il giovane e che non voleva rovinare la loro amicizia. Da quel momento ci fu una rottura, sofferta da parte di Annie, perchè dovette adattarsi al cambiamento del tempo senza una vera amica (anche se una vera amica poteva perdonare). Più volte Annie si scusò; si fece carico di quello che era successo, ma nulla tornò come prima. L’idea di rimanere senza una persona con cui confidarsi e spogliarsi dai segreti ed essere se stessi, le mancava. Le cose belle hanno il passo lento: è proprio vero, ma ne vale la pena! Sally era ciò che rappresentava una nuova, fresca amicizia per Annie, potevano passare anche mesi senza vedersi o raccontarsi segreti, quello che legava le due anime gemelle non calava d’intensità. Tanto aveva pregato Annie, tanta era la diffidenza, per dar spazio ancora nel suo cuore a un sentimento tale, qual’era un’amicizia. Fecero feste sotto una veste nuova, pomeriggi, serate che ancora oggi non si cancellano dai ricodi di Annie. Un’episodio però la costrinse a passare presso il reparto “giovani problematici”, ad un tratto fece si che il percorso “amicizia nuova” finì da una parte con sofferenza e ritrovo di una felicità dall’altra. Nelle varie feste Annie e Sally si davano alla pazza gioia entrarono in un gruppo e per farne parte c’era una prova ,una sorta di “Spaccio in fiducia” e fu lì che Sally tradì Annie infilandole lo “Spaccio” in tasca. Durante una retata in borghese della polizia, Annie finì nei guai. Il finale potete immaginarlo da soli ma ci fu lo stesso un lieto fine; scontando lavori socialmente utili presso il reparto giovani problematici, Annie ritrovò Elsa! Fu come una ricompensa e un ricostruire ciò che per ben due volte era stato perso. Fly custodiva nei meandri del suo cuore tutte le esperienze, le scelte che le persone incontrate erano state costrette ad accettare, a fare; insieme a Suor Chiara crearono un gruppo di preghiera, ma anche di ascolto che emanava un’energia di speranza, di amore dettata solo dal cuore. Persino i profumi, oltre i colori, dipingevano ricordi che si legavano al cuore di Fly come il fieno appena tagliato. Ricordava le domeniche nei prati con tutta la famiglia, l’odore di tabacco delle sigarette che fumava il nonno e quelle delle feste delle ragazze problematiche che si spargevano nelle stanze, il profumo delicato dei fiori di gelsomino a Pechino, i colori spenti del cielo a Londra, un aroma legato all’ultima persona che al reparto di Londra non smetteva di rapire e quasi bussare nella mente di Fly: la cara,dolce Soledad. Nata sotto il sole dell’estate nel giorno che festeggia questo momento, con la pelle quasi inadatta al calore di esso, da madre italiana e padre cubano, aveva gli occhi chiari della madre e la pelle color caffelatte del padre, il lato riflessivo, protettivo materno e il lato passionale, festaiolo e rispettoso paterno. Per quanto una persona si trovi in difficoltà soprattutto in malattia, in assenza di denaro o di lavoro, a corto di emozioni positive il sorriso non deve mai mancare: dà dignità alla tua persona anche se qualcuno te la vuole togliere. L’infanzia di Solidad era stata tra le più felici, cresciuta in spazi e tempi liberi e semplicità di poter gestire il suo tempo. Con la madre casalinga Solidad aiutava nei lavori di casa, un luogo umile, ma che racchiudeva tutto l’amore della famiglia e anche di solidarietà con i vicini. Si partecipava alle feste di paese, si accoglievano i nuovi arrivati; nonostante il paese fosse piccolo alcune persone lo apprezzavano proprio nella sua umile quotidianità. Le persone si chiamavano per nome o soprannome, ci si scambiava piaceri, dal semplice prestare qualcosa al tenere sott’occhio i figli degli altri. Ci si raccoglieva a maggio, nel mese del rosario, intorno a quel Capitolo 10
  • 13. 24 25 luogo di preghiera chiamato “Capitello” poi via a giocare, a cercare le lucciole, un ricordo delle notti d’estate che emozionavano ancora Solidad e i ricordi di Fly. ll padre di Solidad viaggiava spesso e lei ne sentiva la mancanza; anche qui è tremendamente magico come nei ricordi un suono possa evocare un’emozione fortissima e sentì il cuore battere! Questo suono era quello della fisarmonica con la quale il padre si accingeva a suonare ricreando con Solidad un momento di contatto. E che dire del materiale scolastico, dei dolciumi, tutto emanava un profumo di naturalezza e semplicità. Quando si entrava dal tabaccaio del piccolo paese, le gomme da cancellare erano la passione di Solidad e aveva voglia quasi di mangiarsele. Un giorno il padre ebbe una richiesta di lavoro più remunerativa, costrinse la famiglia ad un esodo in una città ben più trafficata, la semplicità non faceva più da padrone, anzi in tutto c’erano eccentricità, apparenza, se facevi un piacere ad un vicino c’era una sorta di diffidenza, le fregature non mancavano, erano all’ordine del giorno. A scuola si andava con una divisa di riconoscimento in base ai ranghi se eri nei bassi ranghi ti aspettavano dispetti e parole che mortificavano anche la persona con più autostimata della terra. A Solidad riservavano uno dei banchi in fondo, con i chewingum attaccati e incisioni di vario tipo per lo più falliche, le rubavano la merendina dicendole che non le serviva ad alimentare il suo culone enorme. Solidad non aveva mai fatto caso che le forme del suo corpo potessero non essere in armonia, nè aveva mai pensato all’apprezzamento maschile; però questa illazione proprio non la digerì, cercava di distrarsi con le attività extrascolastiche, soprattutto musica o attività fisica potenziata. In questo modo si fece amicizie più piacevoli che la distraevano dalla sua non apprezzata fisicità. Rinunciò alla merenda Solidad e si accontentava di thermos di the caldi e qualche pezzettino di crakers, sperando di migliorare la situazione. Un giorno uscì di colpo dall’aula di musica. La sua compagna affezionata e appassionata di musica come lei, la segui impaurita da ciò che l’aspettava: Solidad era in bagno a vomitare; con grande forza bussò e con voce fievole disse “Hai bisogno d’aiuto Solidad?” Una voce dall’altra parte “No Vatteneeeee”. Entrambe scosse non si incontrarono, Solidad andò a casa con la motivazione di un mal di pancia e la sua amica con la scusa di un virus contagioso. La ragazza era così sconvolta per la sua amica Solidad che voleva quasi essere stata assieme a lei in ginocchio a vomitare, tanta era la solidarietà e la speranza di alleviare le sue pene.Non tornarono più sull’argomento, ma con semplici gesti, un the alle vitamine, una torta senza zucchero, pian piano Solidad tornò a stare un po’ meglio. La svolta ci fu ad una festa dove Solidad conobbe il suo ragazzo, se così si può definire una frequentazione assidua. Questo ragazzo aveva molti interessi e più di tutto aveva una predisposizione per il volontariato e la beneficenza; la festa dove si erano conosciuti era una di quelle organizzate da lui per raccogliere fondi e portarli alle popolazioni povere. Non era proprio il tipo a cui interessavano i sederi delle ragazze, guardava altro, anche se quella volta a Solidad non sfuggi l’occhiata al suo di dietro nell’abito grazioso messo per la festa, quando incrociò il suo sguardo egli arrossì, a Solidad piacque molto. Egli la trascinava e coinvolgeva in tutti i suoi interessi; per farla partecipe in modo più profondo la iscrisse ad uno di quei viaggi di volontariato in Africa, dove anche Fly era stata chiamata per assistere le giovani problematiche era nella sua natura fare tesoro di quelle esperienze di vita molto forti che ti cambiano la vita e ti arricchiscono il cuore e la fede. Per Fly fu una di quelle esperienze speciali anche Solidad; al campus allestito con capanne di paglia c’era un odore molto forte, acre, misto a quello che le bestie emanavano. C’era tanta fame specialmente infantile. Solidad si confidò con Fly, non le nascose la sua meraviglia, il suo sconcerto sulla questione del cibo lei lo rigettava per annullare la situazione psicologioca che non la faceva star bene, loro piccoli la introducevano per sopravvivere e riempire un bisogno fisico e rimanere in vita. Questo fece riflettere Solidad e la rese ancora più legata a questa terra, tanto da restarci per molto tempo. C’era un altro aspetto che Fly aveva colto, lì non c’erano luoghi precisi di preghiera, non c’era in verità neanche una precisa religione, ma alla sera tutti si riunivano in un cerchio attorno ad un fuoco sempre vivo dal calare del sole. Fly concepì questa energia sottoforma di
  • 14. 26 27 preghiera: il fuoco le dava la pelle d’oca assieme ad una nenia cantata dalla più anziana del villaggio, conteneva in se’ una melodia mistica, aiutava a staccarsi dalle difficoltà della giornata e dare un barlume di speranza per il dì successivo. L’ultimo giorno del soggiorno la fecero cantare a Fly, fu il più bel regalo e momento di coesione con tutti che non dimenticò mai. Tornò a casa con un bagaglio di umanità e cuore vivo che si dimenticò di tutte le sue tristezze. L’autunno arrivò di nuovo, le foglie a forma di cuore svolazzavano leggere, i profumi della stagione aleggiavano nell’aria: alla casa di riposo tutto era come prima, anche le coppie di anziani erano lì con la loro forte presenza, anche Toldo e Lolla si accingevano ai loro rituali 3 passi d’amore (che poi non erano mai 3), Lolla voleva tenere in movimento sempre il suo Toldo, 3 le noci dentro la ciotola di Yogurt, 3 le preghiere da recitare assieme per iniziare e finire la giornata, insomma degli amorevoli rituali che tanto amore portarono in quel reparto e per chi li conosceva come Fly. Certi giorni sono così puntuali da risultare perfetti e, nel caos di questa perfezione, il destino ti viene a cercare. L’autunno portò con se anche una nuova ondata di virus e stavolta a Fly toccò il momento peggiore; la stanza dove nessuno avrebbe voluto entrare. Lì le ore erano scandite dai ricordi se avevi momenti di lucidità e i suoni dei monitor, sempre gli stessi, la concentravano e anche se avesse voluto pregare o appunto ricordare la distoglievano da tutto ciò. I muri bianchi sterili le facevano male agli occhi a forza di fissarli, così si costringeva a chiuderli; soprattutto c’era il senso di impotenza eri solo nelle mani di altri, nelle mani di Dio. Fly trovava sempre qualcosa per lenire i momenti difficili e dopo settimane trovò Capitolo 11 la sensazione piacevole nel grattare le lenzuola. Lo faceva sempre da piccola, specialmente per addormentarsi. Si metteva sotto il cuscino un fazzolettino di stoffa e questa sensazione era molto dolce e le dava serenità e anche compagnia. Nessuno poteva venire a trovarla: era sola nella sua solitudine, nella sua malattia, nella sua sola presenza! Una mattina quasi incosciente Fly aprì gli occhi come due fessure perchè un profumo conosciuto la fece trasalire. Era lui, era tornato! Mic era lì accanto a lei! Fly non poteva alzarsi, non poteva dirgli niente, aveva la bocca arsa, lui si avvicinò, la baciò sulla fronte, le strinse la mano, le lacrime le scesero fin dietro il collo. Lui disse solo: lo so, lo so mi dispiace! I giorni successivi cercò di farsi più forte, sembrava che la presenza di Mic potesse giovarle, come un treno veloce le passavano per la mente tutti i giorni assieme a lui, alcuni spiccavano come il rumore della macchina con la quale passava a prenderla, le fughe nei luoghi dove avevano consumato la loro passione, ma non fu sufficiente. Le condizioni di Fly peggiorarono; La parola, l’ultima e sospirata fu per Mic: “RESTA”. Si dice ancora in giro che il cuore di Fly fu trapiantato ad un giovane, che da allora fu paragonato al battito di una persona innamorata per la prima volta. Continuò a vivere nel corpo di una persona che aveva tutta la vita per innamorarsi e battere con passione. Fly avrebbe dovuto guarire con la fede e l’ardore che nutriva per la vita e per l’amore con la A maiuscola, ma la vita continuò lo stesso a battere e la fede a bussare. Fu così che... LA CHIAMARONO CUORDIVI.