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Giovanni Prattichizzo
I L D I A L O G O E I L M O N O L O G O
Forse la strategia più vantaggiosa rispetto al dialogo è di
considerarlo un’ulteriore opportunità per aumentare la spinta
emotiva della vostra storia. In questo senso, il dialogo dovrebbe
essere animato, intenzionale e attivo quanto la dimensione visiva
della vostra storia.
!
Cooper – Dancyger 1998: 153
I T I P I D I D I S C O R S O
• Discorso diretto libero;
!
• Discorso indiretto;
!
• Discorso raccontato;
!
• Discorso indiretto libero.
I L D I A L O G O
• Il dialogo può far luce su un personaggio, far avanzare la trama ed
informare il lettore di qualche fatto.
!
I dialoghi, anche quando sono perfettamente naturali e mettono bene in
rilievo le personalità dei personaggi, devono essere tenuti
drammaturgicamente dall’autore dentro la strategia complessiva della
storia narrata. Oppure contribuire a modificarla con una logica narrativa.
I dialoghi non sono solo idee, invenzioni, novità, ma anche suoni, tic,
fisionomie che ci appaiono ancora più nitide che nelle descrizioni.
Il dialogo è, forse più di tutto il resto, al servizio della storia.
Fornisce informazioni, contribuisce a far progredire il racconto e, con esso,
a provocare emozioni. Vanno quindi escluse le informazioni inutili, quelle
tronfie o troppo dirette e sono ben accette quelle che possono apparire
marginali nel momento in cui vengono emesse e che poi rivelano
un’improvvisa, e gradita, efficacia.
!
!
Age
E S E M P I O
LUI: Tu non puoi parlarmi così Maria.., io sono tuo marito da sei
anni, e lavoro dalla mattina alla sera alla Standa per un milione al
mese!
!
LEI: Invece ti parlo cosi Giovanni, perché stiamo poco insieme
visto che anch‘io lavoro, ma all’Italsider... e poi ti dimentichi di
nostra figlia Teresa...
!
LUI: Ma lei va a scuola, fa la quinta elementare... ecc.
A L L A R I C E R C A D I U N D I A L O G O
A S C I U T T O E N AT U R A L E
• In ogni dialogo deve esserci più di una verità.
!
• Nella gran parte delle narrazioni moderne il dialogo è uno degli elementi della
storia che accelera la lettura: i personaggi parlano in modo rapido, spesso spezzando
le frasi.
!
Brevità e tensione sono le caratteristiche del dialogo.
!
• Io non ti ho usato Max
• Mai detto il contrario
• Né ti ho mentito
• Lo so
• Siamo soci
• Ho cinquantacinque anni. Non ho più l’età per dare agli altri la colpa di quello che faccio io.
• Ti senti in colpa per avermi aiutato? Mi sentirei molto meglio se tu accettassi qualcosa più del
dieci per cento.
• Ti passerà. Dove andrai?
• In Spagna
• Madrid o Barcellona?
• Madrid, per cominciare. Ci sei mai stato? Pare che lì non si ceni mai prima di mezzanotte. Vuoi
venirci?
• No, grazie. Divertiti.
• Sicuro che non posso convincerti?
• Grazie per avermelo chiesto, ma la risposta è no.
• Perché?
• Ho il mio lavoro.
• Non eri stanco del tuo lavoro?
• Sono stanco in generale.
• Hai paura di me?
• Un pochettino.
• Vieni qui.
Max ubbidisce. Si scambiano un lungo, tenero bacio. Lei si stacca.
• Ti manderò una cartolina, socio.
U N A R I C E T TA
Isolare i personaggi dialoganti e considerarli pure
voci. Una volta eseguito e completato un dialogo,
anche se non è sempre necessario nella narrativa
contemporanea, si possono aggiungere le
espressioni e i comportamenti che assumono i
personaggi dialoganti nell’ambiente in cui si trovano.
D I A L O G O E M O V I M E N T O D E I
P E R S O N A G G I
“Perché non l’hai lasciato restare a bere?”
chiese il cameriere che non aveva fretta. Stavano applicando gli
scuri.
“Non sono neanche le due e mezzo.”
“Ho voglia di andare a casa e a letto.”
“Ma un’ora cos’è?”
“Per me è più che per lui.”
“Un’ora è lo stesso per tutti.”
“Parli come fossi un vecchio anche tu. Quello può comprarsi una bottiglia
e bersela a casa.”
“Non è la stessa cosa.”
“Già, non è la stessa cosa” ammise il cameriere sposato. Non
voleva essere scortese. Aveva soltanto fretta.
D I A L O G O E M O V I M E N T O D E I P E R S O N A G G I
“E tu? Non hai paura di andare a casa prima dell’ora solita?” “Adesso vuoi
offendermi?”
“No, hombre, scherzare soltanto.”
“No” disse il cameriere che aveva fretta, rialzandosi dopo avere abbassato le
saracinesche.
“Io ho fiducia. Sono pieno di fiducia.”
“Hai giovinezza, fiducia e un lavoro” disse il cameriere più anziano. “Hai tutto.”
“E a te cosa manca?”
“Tutto mi manca, meno il lavoro.”
“Hai tutto quello che ho io.”
“No, non ho mai avuto fiducia in niente e non sono giovane.” “Andiamo. Smettila
di dire sciocchezze e chiudi.”
“Io sono di questi che amano restare fino a tardi al caffè” disse il cameriere più
anziano.
“Sono con tutti quelli che non vogliono andare a letto. Con tutti quelli che hanno
bisogno di una luce per la notte.”
!
Da I quarantanove racconti, Un posto pulito, illuminato bene, 1938, di Ernest
Hemingway, ed. Oscar Mondadori, 1983, pag. 456, traduzione di Giuseppe
Trevisani.
D I A L O G O E M O V I M E N T O
D E I P E R S O N A G G I
È fondamentale per la riuscita dei dialoghi che tutte e due le posizioni in
campo risultino ugualmente credibili e per certi versi condivisibili.
Non si può dare al lettore l’impressione di assegnare, per esempio,
a personaggi con caratteristiche umane negative una parte di dialogo
inferiore per “bellezza” o livello espressivo alla parte assegnata al
personaggio positivo della storia.
D I A L O G H I T R A P E R S O N A G G I C H E N O N S I C O N O S C O N O
Perché non ballate ragazzi? Decise di dire, e poi lo disse. “Perché non ballate?”
“Non è il caso”, disse il ragazzo
“Coraggio”, disse l’uomo. “Il prato è mio. Potete ballare se volete.”
Allacciati, i corpi stretti l’uno all’altro, il ragazzo e la ragazza presero a muoversi su
e giù per il vialetto. Ballavano. E quando il disco finì, ricominciarono, e quando
anche quello finì, il ragazzo disse:
“Sono ubriaco”
La ragazza disse: “No che non lo sei”
“E invece sì che sono ubriaco”, disse il ragazzo.
L’uomo voltò il disco e il ragazzo disse:
“Sul serio”
“Balla con me”, disse la ragazza al ragazzo e poi all’uomo, e quando l’uomo si alzò,
andò verso di lui a braccia aperte.
“Quella gente laggiù ci sta guardando”, disse lei.
“Fa niente”, disse l’uomo. “E’ casa mia”, disse.
“Che guardino pure”, disse la ragazza.
“Giusto”, disse l’uomo. “Pensavano di avere visto di tutto qui. Ma questo non lo
avevano ancora visto, vero?”, disse. Sentiva sul collo il respiro di lei.“Spero che il
letto ti piaccia”, disse.
La ragazza chiuse gli occhi e poi li riaprì. Premette la faccia contro la spalla
dell’uomo. Lo avvicinò ancor di più a sé.
“Lei deve essere disperato o roba del genere”, disse.
D I A L O G H I T R A P E R S O N A G G I
C H E N O N S I C O N O S C O N O
“Devo andare avanti?” le chiese.
“Ti uccido se non lo fai!” rispose lei con un mezzo sorriso.
!
Da Misery di Stephen King, 1987
I L M O N O L O G O
M O N O L O G O I N T E R I O R E
• “… la presentazione immediata e diretta dei pensieri di un
personaggio, senza che vi sia la mediazione di un narratore”.
(Scholes e Kellogg)
!
• Rappresentazione tanto delle percezioni che delle cognizioni.
I L M O N O L O G O : V E R S O L’ E S T E R N O E V E R S O L’ I N T E R N O 

Qualche settimana dopo, lei raccontava: “Era un tipo di mezza
età. Tutta la sua roba là fuori sullo spiazzo. Sul serio. Ci siamo
sbronzati e abbiamo ballato. Nel vialetto. Oh, mio Dio. Non ridete.
Metteva su questi dischi. Guardate il giradischi. Ce lo ha dato il
vecchio.
E tutti questi dischi schifosi. La degnereste di uno
sguardo questa merda?”
!
!
Da Why Don’t You Dance? Perché non ballate? 1974, di Raymond
Carver, ed. Garzanti, 1987, pag. 14, traduzione di Livia Manera.
M O N O L O G O V E R S O
L’ E S T E R N O
• Ha la funzione di rivelare al lettore una debolezza attraverso una forza
apparente.
M O N O L O G O V E R S O L’ I N T E R N O
“Papà le ostriche sono un cibo magro o grasso?” gli chiedo
“Si mangiano vive…” risponde mio padre. “Stanno nel guscio,
come le tartarughe, ma è un guscio diviso in due.”
… “Che schifo!” sussurro, “che schifo!”
!
Le ostriche di Anton Cechov, del 1890, ed. Garzanti,
1993, pag. 37, traduzione di Serena Vitale.
M O N O L O G O V E R S O L’ I N T E R N O
Faccio una smorfia, ma …ma perché i miei denti cominciano a
masticare? E’ un animale schifoso, ripugnante, orrendo, eppure lo
mangio, lo mangio con avidità, col terrore di scoprirne l’odore e il
gusto. Uno l’ho già mangiato e già scorgo gli occhi luccicanti di un
secondo, di un terzo… Mangio anche quelli… Alla fine mangio il
tovagliolo, il piatto, le soprascarpe di mio padre, il cartello
bianco… Mangio tutto quello che mi capita sotto gli occhi, perché
sento che solo mangiando la mia malattia passerà. Le ostriche
hanno uno sguardo terribile, sono ripugnanti, tremo al solo
pensarle, ma ho fame! Fame!
!
Le ostriche di Anton Cechov, del 1890, ed. Garzanti,
1993, pag. 37, traduzione di Serena Vitale.
M O N O L O G O V E R S O L’ I N T E R N O
“Datemi le ostriche! Datemi le ostriche!” un urlo mi si strappa da
dentro il petto; tendo le mani.
!
Le ostriche di Anton Cechov, del 1890, ed. Garzanti,
1993, pag. 37, traduzione di Serena Vitale.
!
 
I L S O L L I L O Q U I O
• Non devono essere mai liberi, devono essere riconosciuti senza
ambiguità come parlato e non come pensiero.
!
Riferirsi a narrative non naturalistiche o “espressionistiche”
C O N S I D E R A Z I O N I T R A S É E S É D E L L A V O C E N A R R A N T E 

• Servono a sviluppare il carattere di un personaggio utilizzando elementi
interni alla sua personalità e alla sua particolare visione della realtà
circostante.
!
Per il resto, tutto aveva più o meno lo stesso aspetto che in
camera da letto – comodino e lampada dalla parte di lui,
comodino e lampada dalla parte di lei.
La parte di lei, la parte di lui.
A questo pensava mentre sorseggiava il whiskey.
!
dal racconto Perché non ballate?, 1974, di Raymond Carver, ed. Garzanti,
1987, pag. 9 e seguenti, traduzione di Livia Manera
 
C O N S I D E R A Z I O N I T R A S É E S É D E L L A V O C E N A R R A N T E 

• Servono a sviluppare il carattere di un personaggio utilizzando elementi
interni alla sua personalità e alla sua particolare visione della realtà
circostante.
!
Per il resto, tutto aveva più o meno lo stesso aspetto che in
camera da letto – comodino e lampada dalla parte di lui,
comodino e lampada dalla parte di lei.
La parte di lei, la parte di lui.
A questo pensava mentre sorseggiava il whiskey.
!
dal racconto Perché non ballate?, 1974, di Raymond Carver, ed.
Garzanti, 1987, pag. 9 e seguenti, traduzione di Livia Manera.
C O N S I D E R A Z I O N I T R A S É E S É D E L L A V O C E N A R R A N T E 

Di tanto in tanto una macchina rallentava e qualcuno dava
un’occhiata. Ma non si fermava nessuno.
Gli venne da pensare che neppure lui si sarebbe
fermato.
[…]
!
Bevvero. Ascoltarono un disco. Poi l’uomo ne mise un altro.
Perché non ballate ragazzi? decise di dire, e poi lo
disse.
“Perché non ballate?”
(Appoggiata a un palo di ormeggio, mi si presentava di profilo: Galatea in
contemplazione di distese inesplorate. Il vento le gonfiava i capelli, la sua
testa si girò verso di me con una leggerezza eterea, come mossa dalla
brezza … La luce andava calando. Lei pareva dissolversi con essa,
fondendosi col cielo e le nubi, svanendo ancora oltre. Io volevo alzare la
voce superando le strida dei gabbiani e richiamarla: Marilyn! Marilyn,
perché tutto doveva andare come è andato? Perché la vita deve essere un
tale schifo?)
Capote
Direi…
Marilyn
Non ti sento.
Truman Capote
Direi che sei una bellissima bambina.
 
!
Da Musica per camaleonti, Music for chameleons 1980, Una bellissima bambina di
Truman Capote, ed. Garzanti, 1981, pag. 240, traduzione di Maria Paola Dèttore.
E S E R C I TA Z I O N E
Provate a svolgere per 20/30 righe un dialogo puro
sull’esempio visto di Tarantino (senza descrizione di
ambiente, atteggiamento mentale o fisico dei
personaggi) in cui una coppia si separa pur amandosi.
Oppure realizzate un dialogo allusivo in cui uno dei due,
nel mezzo di un discorso banale, fa una velata
dichiarazione d’amore all’altro.

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dialoghi e monologhi nello storytelling

  • 1. Giovanni Prattichizzo I L D I A L O G O E I L M O N O L O G O
  • 2. Forse la strategia più vantaggiosa rispetto al dialogo è di considerarlo un’ulteriore opportunità per aumentare la spinta emotiva della vostra storia. In questo senso, il dialogo dovrebbe essere animato, intenzionale e attivo quanto la dimensione visiva della vostra storia. ! Cooper – Dancyger 1998: 153
  • 3. I T I P I D I D I S C O R S O • Discorso diretto libero; ! • Discorso indiretto; ! • Discorso raccontato; ! • Discorso indiretto libero.
  • 4. I L D I A L O G O • Il dialogo può far luce su un personaggio, far avanzare la trama ed informare il lettore di qualche fatto. ! I dialoghi, anche quando sono perfettamente naturali e mettono bene in rilievo le personalità dei personaggi, devono essere tenuti drammaturgicamente dall’autore dentro la strategia complessiva della storia narrata. Oppure contribuire a modificarla con una logica narrativa. I dialoghi non sono solo idee, invenzioni, novità, ma anche suoni, tic, fisionomie che ci appaiono ancora più nitide che nelle descrizioni.
  • 5. Il dialogo è, forse più di tutto il resto, al servizio della storia. Fornisce informazioni, contribuisce a far progredire il racconto e, con esso, a provocare emozioni. Vanno quindi escluse le informazioni inutili, quelle tronfie o troppo dirette e sono ben accette quelle che possono apparire marginali nel momento in cui vengono emesse e che poi rivelano un’improvvisa, e gradita, efficacia. ! ! Age
  • 6. E S E M P I O LUI: Tu non puoi parlarmi così Maria.., io sono tuo marito da sei anni, e lavoro dalla mattina alla sera alla Standa per un milione al mese! ! LEI: Invece ti parlo cosi Giovanni, perché stiamo poco insieme visto che anch‘io lavoro, ma all’Italsider... e poi ti dimentichi di nostra figlia Teresa... ! LUI: Ma lei va a scuola, fa la quinta elementare... ecc.
  • 7. A L L A R I C E R C A D I U N D I A L O G O A S C I U T T O E N AT U R A L E • In ogni dialogo deve esserci più di una verità. ! • Nella gran parte delle narrazioni moderne il dialogo è uno degli elementi della storia che accelera la lettura: i personaggi parlano in modo rapido, spesso spezzando le frasi. ! Brevità e tensione sono le caratteristiche del dialogo. !
  • 8. • Io non ti ho usato Max • Mai detto il contrario • Né ti ho mentito • Lo so • Siamo soci • Ho cinquantacinque anni. Non ho più l’età per dare agli altri la colpa di quello che faccio io. • Ti senti in colpa per avermi aiutato? Mi sentirei molto meglio se tu accettassi qualcosa più del dieci per cento. • Ti passerà. Dove andrai? • In Spagna • Madrid o Barcellona? • Madrid, per cominciare. Ci sei mai stato? Pare che lì non si ceni mai prima di mezzanotte. Vuoi venirci? • No, grazie. Divertiti. • Sicuro che non posso convincerti? • Grazie per avermelo chiesto, ma la risposta è no. • Perché? • Ho il mio lavoro. • Non eri stanco del tuo lavoro? • Sono stanco in generale. • Hai paura di me? • Un pochettino. • Vieni qui. Max ubbidisce. Si scambiano un lungo, tenero bacio. Lei si stacca. • Ti manderò una cartolina, socio.
  • 9. U N A R I C E T TA Isolare i personaggi dialoganti e considerarli pure voci. Una volta eseguito e completato un dialogo, anche se non è sempre necessario nella narrativa contemporanea, si possono aggiungere le espressioni e i comportamenti che assumono i personaggi dialoganti nell’ambiente in cui si trovano.
  • 10. D I A L O G O E M O V I M E N T O D E I P E R S O N A G G I “Perché non l’hai lasciato restare a bere?” chiese il cameriere che non aveva fretta. Stavano applicando gli scuri. “Non sono neanche le due e mezzo.” “Ho voglia di andare a casa e a letto.” “Ma un’ora cos’è?” “Per me è più che per lui.” “Un’ora è lo stesso per tutti.” “Parli come fossi un vecchio anche tu. Quello può comprarsi una bottiglia e bersela a casa.” “Non è la stessa cosa.” “Già, non è la stessa cosa” ammise il cameriere sposato. Non voleva essere scortese. Aveva soltanto fretta.
  • 11. D I A L O G O E M O V I M E N T O D E I P E R S O N A G G I “E tu? Non hai paura di andare a casa prima dell’ora solita?” “Adesso vuoi offendermi?” “No, hombre, scherzare soltanto.” “No” disse il cameriere che aveva fretta, rialzandosi dopo avere abbassato le saracinesche. “Io ho fiducia. Sono pieno di fiducia.” “Hai giovinezza, fiducia e un lavoro” disse il cameriere più anziano. “Hai tutto.” “E a te cosa manca?” “Tutto mi manca, meno il lavoro.” “Hai tutto quello che ho io.” “No, non ho mai avuto fiducia in niente e non sono giovane.” “Andiamo. Smettila di dire sciocchezze e chiudi.” “Io sono di questi che amano restare fino a tardi al caffè” disse il cameriere più anziano. “Sono con tutti quelli che non vogliono andare a letto. Con tutti quelli che hanno bisogno di una luce per la notte.” ! Da I quarantanove racconti, Un posto pulito, illuminato bene, 1938, di Ernest Hemingway, ed. Oscar Mondadori, 1983, pag. 456, traduzione di Giuseppe Trevisani.
  • 12. D I A L O G O E M O V I M E N T O D E I P E R S O N A G G I È fondamentale per la riuscita dei dialoghi che tutte e due le posizioni in campo risultino ugualmente credibili e per certi versi condivisibili. Non si può dare al lettore l’impressione di assegnare, per esempio, a personaggi con caratteristiche umane negative una parte di dialogo inferiore per “bellezza” o livello espressivo alla parte assegnata al personaggio positivo della storia.
  • 13. D I A L O G H I T R A P E R S O N A G G I C H E N O N S I C O N O S C O N O Perché non ballate ragazzi? Decise di dire, e poi lo disse. “Perché non ballate?” “Non è il caso”, disse il ragazzo “Coraggio”, disse l’uomo. “Il prato è mio. Potete ballare se volete.” Allacciati, i corpi stretti l’uno all’altro, il ragazzo e la ragazza presero a muoversi su e giù per il vialetto. Ballavano. E quando il disco finì, ricominciarono, e quando anche quello finì, il ragazzo disse: “Sono ubriaco” La ragazza disse: “No che non lo sei” “E invece sì che sono ubriaco”, disse il ragazzo. L’uomo voltò il disco e il ragazzo disse: “Sul serio” “Balla con me”, disse la ragazza al ragazzo e poi all’uomo, e quando l’uomo si alzò, andò verso di lui a braccia aperte. “Quella gente laggiù ci sta guardando”, disse lei. “Fa niente”, disse l’uomo. “E’ casa mia”, disse. “Che guardino pure”, disse la ragazza. “Giusto”, disse l’uomo. “Pensavano di avere visto di tutto qui. Ma questo non lo avevano ancora visto, vero?”, disse. Sentiva sul collo il respiro di lei.“Spero che il letto ti piaccia”, disse. La ragazza chiuse gli occhi e poi li riaprì. Premette la faccia contro la spalla dell’uomo. Lo avvicinò ancor di più a sé. “Lei deve essere disperato o roba del genere”, disse.
  • 14. D I A L O G H I T R A P E R S O N A G G I C H E N O N S I C O N O S C O N O “Devo andare avanti?” le chiese. “Ti uccido se non lo fai!” rispose lei con un mezzo sorriso. ! Da Misery di Stephen King, 1987
  • 15. I L M O N O L O G O
  • 16. M O N O L O G O I N T E R I O R E • “… la presentazione immediata e diretta dei pensieri di un personaggio, senza che vi sia la mediazione di un narratore”. (Scholes e Kellogg) ! • Rappresentazione tanto delle percezioni che delle cognizioni.
  • 17. I L M O N O L O G O : V E R S O L’ E S T E R N O E V E R S O L’ I N T E R N O 
 Qualche settimana dopo, lei raccontava: “Era un tipo di mezza età. Tutta la sua roba là fuori sullo spiazzo. Sul serio. Ci siamo sbronzati e abbiamo ballato. Nel vialetto. Oh, mio Dio. Non ridete. Metteva su questi dischi. Guardate il giradischi. Ce lo ha dato il vecchio. E tutti questi dischi schifosi. La degnereste di uno sguardo questa merda?” ! ! Da Why Don’t You Dance? Perché non ballate? 1974, di Raymond Carver, ed. Garzanti, 1987, pag. 14, traduzione di Livia Manera.
  • 18. M O N O L O G O V E R S O L’ E S T E R N O • Ha la funzione di rivelare al lettore una debolezza attraverso una forza apparente.
  • 19. M O N O L O G O V E R S O L’ I N T E R N O “Papà le ostriche sono un cibo magro o grasso?” gli chiedo “Si mangiano vive…” risponde mio padre. “Stanno nel guscio, come le tartarughe, ma è un guscio diviso in due.” … “Che schifo!” sussurro, “che schifo!” ! Le ostriche di Anton Cechov, del 1890, ed. Garzanti, 1993, pag. 37, traduzione di Serena Vitale.
  • 20. M O N O L O G O V E R S O L’ I N T E R N O Faccio una smorfia, ma …ma perché i miei denti cominciano a masticare? E’ un animale schifoso, ripugnante, orrendo, eppure lo mangio, lo mangio con avidità, col terrore di scoprirne l’odore e il gusto. Uno l’ho già mangiato e già scorgo gli occhi luccicanti di un secondo, di un terzo… Mangio anche quelli… Alla fine mangio il tovagliolo, il piatto, le soprascarpe di mio padre, il cartello bianco… Mangio tutto quello che mi capita sotto gli occhi, perché sento che solo mangiando la mia malattia passerà. Le ostriche hanno uno sguardo terribile, sono ripugnanti, tremo al solo pensarle, ma ho fame! Fame! ! Le ostriche di Anton Cechov, del 1890, ed. Garzanti, 1993, pag. 37, traduzione di Serena Vitale.
  • 21. M O N O L O G O V E R S O L’ I N T E R N O “Datemi le ostriche! Datemi le ostriche!” un urlo mi si strappa da dentro il petto; tendo le mani. ! Le ostriche di Anton Cechov, del 1890, ed. Garzanti, 1993, pag. 37, traduzione di Serena Vitale. !  
  • 22. I L S O L L I L O Q U I O • Non devono essere mai liberi, devono essere riconosciuti senza ambiguità come parlato e non come pensiero. ! Riferirsi a narrative non naturalistiche o “espressionistiche”
  • 23. C O N S I D E R A Z I O N I T R A S É E S É D E L L A V O C E N A R R A N T E 
 • Servono a sviluppare il carattere di un personaggio utilizzando elementi interni alla sua personalità e alla sua particolare visione della realtà circostante. ! Per il resto, tutto aveva più o meno lo stesso aspetto che in camera da letto – comodino e lampada dalla parte di lui, comodino e lampada dalla parte di lei. La parte di lei, la parte di lui. A questo pensava mentre sorseggiava il whiskey. ! dal racconto Perché non ballate?, 1974, di Raymond Carver, ed. Garzanti, 1987, pag. 9 e seguenti, traduzione di Livia Manera  
  • 24. C O N S I D E R A Z I O N I T R A S É E S É D E L L A V O C E N A R R A N T E 
 • Servono a sviluppare il carattere di un personaggio utilizzando elementi interni alla sua personalità e alla sua particolare visione della realtà circostante. ! Per il resto, tutto aveva più o meno lo stesso aspetto che in camera da letto – comodino e lampada dalla parte di lui, comodino e lampada dalla parte di lei. La parte di lei, la parte di lui. A questo pensava mentre sorseggiava il whiskey. ! dal racconto Perché non ballate?, 1974, di Raymond Carver, ed. Garzanti, 1987, pag. 9 e seguenti, traduzione di Livia Manera.
  • 25. C O N S I D E R A Z I O N I T R A S É E S É D E L L A V O C E N A R R A N T E 
 Di tanto in tanto una macchina rallentava e qualcuno dava un’occhiata. Ma non si fermava nessuno. Gli venne da pensare che neppure lui si sarebbe fermato. […] ! Bevvero. Ascoltarono un disco. Poi l’uomo ne mise un altro. Perché non ballate ragazzi? decise di dire, e poi lo disse. “Perché non ballate?”
  • 26. (Appoggiata a un palo di ormeggio, mi si presentava di profilo: Galatea in contemplazione di distese inesplorate. Il vento le gonfiava i capelli, la sua testa si girò verso di me con una leggerezza eterea, come mossa dalla brezza … La luce andava calando. Lei pareva dissolversi con essa, fondendosi col cielo e le nubi, svanendo ancora oltre. Io volevo alzare la voce superando le strida dei gabbiani e richiamarla: Marilyn! Marilyn, perché tutto doveva andare come è andato? Perché la vita deve essere un tale schifo?) Capote Direi… Marilyn Non ti sento. Truman Capote Direi che sei una bellissima bambina.   ! Da Musica per camaleonti, Music for chameleons 1980, Una bellissima bambina di Truman Capote, ed. Garzanti, 1981, pag. 240, traduzione di Maria Paola Dèttore.
  • 27. E S E R C I TA Z I O N E Provate a svolgere per 20/30 righe un dialogo puro sull’esempio visto di Tarantino (senza descrizione di ambiente, atteggiamento mentale o fisico dei personaggi) in cui una coppia si separa pur amandosi. Oppure realizzate un dialogo allusivo in cui uno dei due, nel mezzo di un discorso banale, fa una velata dichiarazione d’amore all’altro.