136-137 made 06_07.2009
Words Marina Nasi Words Fade
Thomas J. Seabrook
Bowie - La trilogia berlinese
Arcana
Jean Le Bitoux
Sulla questione gay
Il Saggiatore
È il maggio del 1977 quando in casa Negri
irrompono i carabinieri a mitra spianati. La
tredicenne Anna li guarda a lungo, rabbrividisce
al contatto della canna fredda dell’arma con la
sua pancia scoperta e poi scoppia a ridere. È
Anna Negri, figlia di Toni Negri, leader di
Autonomia operaia, a raccontare l’episodio in
questo libro che ha il pregio di far rivivere gli anni
’70, un periodo travagliato della storia italiana.
Ricordi personali e intimi si intrecciano così alla
storia politica di un paese scosso dalla violenza
e dal malcontento sociale.
Leonard Cohen
Confrontiamo allora i nostri miti
Minimum Fax
Sebastiano Zanolli
Io, società a responsabilità illimitata
Franco Angeli
Carmine Castoro
Crash Tv
Coniglio Editore
Forse un libro come questo può servire a
riacquistare un po’ di fiducia in un periodo di
acuta crisi come quello odierno. In esso l’autore
ci esorta a riscoprire concetti come fiducia,
coraggio, responsabilità, solidarietà, energia
creativa. L’obiettivo è quello di suggerire
strumenti per poter trasformare l’io sognatore in
una “società a responsabilità illimitata”. L’azione
è, infatti, la via migliore per aiutare se stessi e gli
altri, la via per “realizzare sogni in un mondo
senza sonno”.
Crash Tv propone un’analisi impietosa del mondo
dello Spettacolo. Una ricerca sui linguaggi del
conformismo di massa condotta attraverso
l’esame di format, telefilm, trasmissioni, TG, spot
pubblicitari, reality, cui vittima è la nostra anima.
L’autore fa notare come in genere di televisione si
parli solo in termini d’intrattenimento, gossip,
divismi. È invece importante sottolineare come
essa sia una macchina in grado di instillare nelle
menti valori, modelli, capaci di costruire un nuovo
modo di sentire.
Un volume che concentra la sua attenzione
sul periodo forse più creativo e stimolante
dell’intera carriera di David Bowie: quello
trascorso a Berlino. In questa città, ancora
divisa dal muro, dopo la metà degli anni ’70 il
Duca Bianco in compagnia dell’amico Iggy
Pop trovò la forza di uscire da una situazione
personale segnata dall’abuso di droghe e da
una profonda crisi artistica realizzando due dei
suoi album più riusciti: Low e Heroes. Di essi
Thomas J. Seabrook racconta la genesi e
l’atmosfera che li ispirò.
Attraverso 10 interviste realizzate nel corso del
tempo a grandi pensatori (M. Foucault, J. P.
Sartre e J. P. Aron, tra gli altri), Jean Le Bitoux,
militante del Fronte omosessuale d’azione
rivoluzionaria, ricostruisce il graduale cammino
del gay savoir. Uscito dalla zona d’ombra in cui
era stato relegato da secoli di repressione, esso
ha trovato la sua prima legittimazione nel
pensiero degli intellettuali francesi raccolti in
questo volume. L’introduzione all’edizione
italiana è del filosofo Pier Aldo Rovatti.
Minimum Fax presenta al pubblico italiano la
prima raccolta poetica di Leonard Cohen.
Uscita originariamente nel 1956 e da tempo
introvabile anche in lingua originale, questa
opera permette di riscoprire le espressioni
giovanili di una voce destinata ad affermarsi
come una delle più rilevanti e significative del
secolo scorso. Confrontiamo allora i nostri miti
può essere così considerato un manifesto
poetico che annuncia i temi destinati ad
accompagnare l’intera produzione creativa di
questo grande maestro canadese.
Anna Negri
Con un piede impigliato nella Storia
Feltrinelli
Words
Anni di boom e fatine
Agghindato da fatina, il piccolo Diego si aggira, orgoglioso, nella
Milano degli anni ’60
In Miralat (ed. Topi pittori, 192 pp, 10 euro), Diego Malaspina racconta la sua infanzia negli anni ’60: epoca di speranza, nuovi consumi, marche e
loghi che accendono la fantasia. In questo mondo, in un condominio popolare a Milano, il piccolo Diego osserva con candida ironia la sua famiglia
appena trapiantata dalla campagna, lo scarto fra le signorine eleganti delle riviste e le zie grasse e baffute, ma anche il proprio, personalissimo
entusiasmo per favole, madrine, scarpette di cristallo e travestimenti femminili…
La prima domanda, d’obbligo, è se anche tu da bimbo amavi il look da fatina… Sì sì, è un dettaglio autobiografico, che avrebbe bisogno di
approfondimenti, ma ho cercato di non calcare troppo la mano su discorsi di diversità e incertezza di genere. I tuoi ricordi sembrano molto dolci,
tolleranti. Anche il mondo che descrivi è a modo suo accogliente con il diverso... C’era uno strano dissidio tra l’atteggiamento di parenti
stretti e persone a loro vicine -tollerante, divertito- e quello, più critico, di personaggi satellitari alla famiglia. Però anche io mi stupisco, ripensandoci
adesso, di come negli Anni 60 ci fosse una tolleranza quasi maggiore di oggi, magari per la questione della doppia morale: da un lato bigottismo di
facciata di stampo democristiano, dall’altro un livello sotterraneo, familiare, fatto per accogliere le differenze, se si poteva. Lo spiego però meglio
nel capitolo Zingheri sul pianerottolo: parto descrivendo il mondo amichevole di una casa ‘Vecchia Milano’. Poi partono le canzoni alla radio su
luoghi e personaggi esotici: allora gli stranieri erano tutti pittoreschi (moretti e giovani mulatte da cartolina o da etichette della frutta esotica). Ma era
meglio che l’altrove se ne stesse a casa sua: la guerra aveva portato esperienze dolorose del diverso. Quando irrompe nel pianerottolo il bambino
travestito lo si scambia per uno zingaro ed è alieno, minaccioso. E però è un bimbo, difficile da stigmatizzare: pensi “Che faccio, lo butto fuori? No,
devo accoglierlo nel nucleo”. Si parla anche dei parallelismi tra mondo contadino e di città... C’era molta solidarietà in quel mondo appena
trapiantato dalla campagna, non ancora imborghesito mentalmente. E c’è il riflesso divertente di quando irrompe la cultura psichedelica e si
scontra con quella perbenista e pacioccona, con effetto deflagrante. Signore d’origine contadina che indossano questi abiti sgargianti, optical...
Leggo nel retro di copertina che, oltre che insegnante, regista, sceneggiatore, sei stato anche cartomante… Davvero. Per pagarmi il
dottorato in letterature comparate. Mi chiamavo Mago Gennaro e lavoravo in una multinazionale della magia. Tutte le sere al telefono con una
clientela fissa finché passava l’ultimo tram…