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Minerva Ginecol. 2010 Feb;62(1):1-5.
Beta-glucano e terapia delle candidosi recidivanti e delle disepitelizzazioni cutanee
iatrogene
Pietrantoni E., Signore F., Berardi G., Donadio F., Donadio C.

Obiettivo. Lo scopo dello studio è stato quello di valutare gli effetti del trattamento del beta-glucano
in donne affette da candidiasi vulvare recidivante e in quelle precedentemente sottoposte a
diatermocoagulazione (DTC) per lesioni vulvari conseguenti ad infezione da papillomavirus umano
(HPV).
Metodi. Da gennaio a marzo 2008 sono state reclutate presso il Dipartimento Materno Infantile
dell’Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini 23 donne con una storia anamnestica di candidiasi
recidivante e 209 donne sottoposte a DTC per lesioni vulvari HPV-correlate. I due gruppi sono stati
trattati con 2 cicli di un’applicazione locale giornaliera di beta-glucano per 15 giorni, intervallati da
20 giorni di sospensione. Gli effetti del trattamento sono stati analizzati ad un mese e tre mesi
dall’inizio della terapia.
Risultati. In totale 209 pazienti, 21 con candidiasi ricorrente e 188 con lesioni da HPV trattate con
DTC, hanno ultimato lo studio. Dopo un mese dall’inizio della terapia non abbiamo riscontrato
recidive infettive in entrambi i gruppi; d’altra parte un mese dopo il termine della terapia abbiamo
osservato il 5% ed il 3% di recidive micotiche ed alterazioni vulvari HPV-correlate,
rispettivamente, sebbene di minima entità.
Conclusioni. I nostri risultati dimostrano l’efficacia del trattamento con beta-glucano nelle micosi
recidivanti, nelle lesioni HPV-correlate e nei processi riparativi cutanei.
Minerva Ginecol. 2008 Oct;60(5):369-76.
Efficacia del Lactobacillus Rhamnosus GR-1 e del Lactobacillus Reuteri RC-14 nel
trattamento e nella prevenzione delle recidive nelle vaginosi e nelle vaginiti batteriche
Cianci A., Giordano R., Delia A., Grasso E., Amodeo A., De Leo V., Caccamo F.


Obiettivo. Valutare l’efficacia del Lactobacillus rhamnosus GR-1 e del Lactobacillus reuteri RC-14
sommministrati per via orale nel trattamento delle vaginiti batteriche e delle vaginosi per
ripristinare un normale ambiente vaginale.
Metodi. Sono state reclutate 50 donne di età compresa tra i 18 e i 48 anni con sintomi quali
bruciore, leucorrea, prurito e infiammazione vaginale. Le pazienti sono state suddivise in due
gruppi: il gruppo A comprendeva 25 pazienti affette da vaginite batterica; il gruppo B comprendeva
25 pazienti affette da vaginosi. A ciascuna paziente è stata prescritta la terapia antibiotica mirata e
la successiva assunzione del Lactobacillus rhamnosus GR-1 e del Lactobacillus reuteri RC-14 nella
formulazione in capsule da assumere per via orale con la posologia di 2 al giorno per 15 giorni.
Dopo una settimana dalla fine del trattamento a tutte le pazienti è stato eseguito il controllo
mediante tampone vaginale ed esame microscopico a fresco del secreto vaginale.
Risultati. Delle 50 donne incluse nello studio 46 pazienti al controllo hanno presentato completa
ricolonizzazione lattobacillare, due assente colonizzazione lattobacillare e due sono state escluse
poiché non ripresentatesi ai controlli. Riportando i risultati in percentuale possiamo dire che il 92%
delle donne arruolate ha risposto positivamente al trattamento.
Conclusioni. I risultati del presente studio dimostrano che il Lactobacillus rhamnosus GR-1 e il
Lactobacillus reuteri RC-14 assunti per via orale in una formulazione che permette il mantenimento
della loro vitalità fino al raggiungimento dell’intestino, sono risultati utili nel trattamento delle
vaginosi e delle vaginiti batteriche e nella prevenzione delle recidive, in quanto in grado di
riequilibrare in maniera ottimale l’ecosistema vaginale.
Minerva Ginecol. 2008 Apr;60(2):135-42.
Prevalenza di agenti d’infezioni del tratto riproduttivo in una popolazione sintomatica del
Nord-Est
Trevisan A., Mengoli C., Rossi L., Cattai M., Cavallaro A.


Obiettivo. Le infezioni dell’apparato riproduttivo (reproductive tract infections, RTIs)
rappresentano una delle cause principali di morbidità nel mondo e le infezioni sessualmente
trasmesse (sexually transmitted infections, STIs) possono provocare gravi sequele (malattia
infiammatoria pelvica, ecc.). L’epide-miologia di queste infezioni è variabile e dipende da fattori
geografici ed economici, dai flussi migratori e dalle abitudini sociali e sessuali. Questa variabilità,
assieme alla mancanza di dati sufficienti nella letteratura scientifica, rappresenta un grave problema
per lo sviluppo di strategie di screening, di prevenzione e terapeutiche mirate, sulla base delle
necessità locali. L’obiettivo di questo studio è stato quello di valutare l’epidemiologia delle
infezioni dell’apparato riproduttivo in una popolazione asintomatica del Nord-Est d’Italia.
Metodi. Nel periodo compreso tra il gennaio e il giugno 2006 presso il Servizio di Microbiologia e
Virologia dell’ospedale di Padova sono stati studiati 207 soggetti con età compresa tra 18 e 65 anni,
di entrambi i sessi, italiani e immigrati. Tutti presentavano sintomi o avevano avuto comportamenti
sessuali che deponevano a favore di una possibile infezione dell’apparato riproduttivo. Per eseguire
le indagini microscopiche e colturali per Neisseria gonorrhoeae, Trichomonas vaginalis,
Mycoplasma spp., altri batteri e lieviti e per le indagini molecolari per Chlamydia trachomatis, nei
soggetti di sesso femminile sono stati eseguiti tamponi vaginali e cervicali, in quelli di sesso
maschile sono stati eseguiti tamponi uretrali.
Risultati. Nella popolazione studiata le prevalenze di Chlamydia trachomatis, Neisseria gonorrhoeae
e Trichomonas vaginalis sono state, rispettivamente, pari al 6,28%, all’1,93% e al 3,86%. Le STIs
erano più frequenti nei soggetti di sesso maschile, negli immigrati e nei pazienti con età compresa
tra 18 e 30 anni.
Conclusioni. Dai risultati ottenuti sono emerse alcune idee per cercare di ottimizzare
qualitativamente e quantitativamente la diagnosi di RTIs, sviluppando percorsi diagnostici basati
sulle diverse tipologie di pazienti e sull’epidemiologia locale.
Minerva Ginecol. 2008 Apr;60(2):121-5.
Studio preliminare sull’utilizzo di una crema contenente Lattoferrina nel
trattamento della vulvovaginite acuta da candida
Costantino D., Guaraldi C.


Obiettivo. L’obiettivo dello studio è verificare l’efficacia clinica del trattamento con crema
contenente lattoferrina nella vulvovaginite acuta da Candida.
Metodi. Sono state reclutate 34 pazienti di età compresa fra i 25 e i 45 anni che presentavano segni
e sintomi di vulvovaginite acuta da Candida. Le pazienti sono state trattate con crema contenete
lattoferrina al 4% (Elleffe 100 crema DICOFARM®), 5 g di crema in vagina e 2 cm applicata
esternamente a livello vulvare, per due volte al giorno per 7 giorni. Alla fine del trattamento la
paziente ritornava in ambulatorio e veniva eseguito un esame clinico e microscopico per valutare
l’efficacia della terapia.
Risultati. I risultati ottenuti dimostrano che 27 pazienti hanno avuto completo beneficio dalla
terapia, 5 un netto miglioramento e 2 risultavano ancora affette da vulvovaginite al controllo.
Conclusioni. Dai dati del nostro studio, una crema che contiene lattoferrina sembra risultare
clinicamente efficace nel trattamento della vulvovaginite acuta da Candida, con una buona risposta
su tutti i sintomi caratteristici di questa infezione.
Minerva Ginecol. 2008 Apr;60(2):105-14.

Progetto SOPHY: studio osservazionale sul pH vaginale e sullo stile di vita della donna nelle
diverse età e condizioni fisiopatologiche. Parte I
Guaschino S., Benvenuti C., Sophy Study Group


Obiettivo. L’importanza del pH e della flora vaginali nel mantenere l’ecosistema vaginale in buon
equilibrio è nota e ampiamente descritta. A tutt’oggi non erano disponibili studi sistematici, su scala
nazionale, relativi alla correlazione tra pH vaginale, stile di vita e le differenti età e condizioni della
donna.
Metodi. Lo studio SOPHY (Study on pH and Hygiene) ha raccolto dati su stile di vita, pH vaginale
e la presenza di sintomi, stratificati in differenti sottogruppi (prepubere, fertile, gravidanza,
allattamento, premenopausa e menopausa) in un campione rappresentativo della popolazione
ginecologica italiana, 264 ginecologi per un totale di 2 641 donne, con l’aiuto di uno specifico sito
internet per inserire i dati.
Risultati. Il pH vaginale più acido si correla a una più soddisfacente attività sessuale e a più sane
condizioni genitali. Si è evidenziata una correlazione positiva tra scolarità e buona percezione della
sessualità. Particolari abitudini nell’abbigliamento sono associate a maggior frequenza di candidosi
e vaginosi batterica.
Conclusioni. Si sono evidenziate interessanti correlazioni tra abbigliamento e frequenza di
candidosi e vaginosi batterica, tra pH vaginale e soddisfacente attività sessuale e tra scolarità e
sessualità. Lo studio SOPHY ha fornito un forte impatto educazionale, spingendo medici e donne a
considerare la misurazione del pH vaginale un importante momento della loro vita quotidiana.
Minerva Ginecol. 2006 Jun;58(3):227-31.
Efficacia dell’utilizzo del Lactobacilllus paracasei subsp. paracasei F19 nella vaginosi e nella
prevenzione delle recidive di vaginite somministrato per via orale contemporaneamente ad un
Lactobacil-lus acidofilus per via vaginale
Delia A., Morgante G., Rago G., Musacchio M. C., Petraglia F., De Leo V.


Obiettivo. Lo scopo di questo lavoro era valutare l’efficacia dell’utilizzo contemporaneo del
Lactobacilllus paracasei subsp paracasei F19 per via orale in associazione a ovuli vaginali
contenenti lactobacilllus acidofilus nelle vaginosi e nella prevenzione delle recidive di vaginite.
Metodi. Sono state reclutate 60 pazienti in buona salute di età compresa tra i 18 e i 40 anni con
sospetta o accertata diagnosi di vaginosi in atto. Le pazienti sono state randomizzate in 2 gruppi: il
Gruppo A è stato trattato per 3 mesi con ovuli vaginali contenenti Lactobacillus acidofilus (Calagin,
SIFFRA, Firenze); il Gruppo B è stato trattato per 3 mesi con gli stessi ovuli vaginali + probiotico
contenente Lactobacilllus paracasei subsp paracasei F19 in buste per via orale (Genefilus F19,
SIFFRA, Firenze). Le pazienti arruolate sono state esaminate al termine della terapia (3 mesi) e
dopo 3 mesi dalla fine del trattamento.
Risultati. In entrambi i gruppi, al termine dei 3 mesi di trattamento si sono registrati una riduzione
significativa del pH vaginale e un miglioramento dello sniff test oltre che della sintomatologia
soggettiva che continuava a ridursi nel follow-up a 6 mesi. Nel secondo gruppo si è osservata una
riduzione significativa sia del pH vaginale sia dello sniff test al termine della terapia e un
mantenimento       di    tali    valori   positivi  anche       dopo    6    mesi     di    follow-up.
Conclusioni. Questo studio conferma la validità della terapia con lattobacilli per via vaginale nel
trattamento della vaginosi e dimostra che l’associazione della terapia per via orale è utile a
equilibrare l’ambiente vaginale con quello della microflora intestinale che sembra mantenere i
risultati positivi anche a distanza di tempo. L’utilizzo di probiotici sembra avere un ruolo
determinante nella risoluzione di una patologia quale la vaginosi e si pone come alternativa alle
classiche terapie antibiotiche locali.
Minerva Ginecol. 2005 Apr;57(2):131-9
Vulvovaginiti da candida. Approccio terapeutico
Battaglia F., Mariani L., Anglana F., Milite V., Quattrini M., Plotti F., Tomao F., Plotti G.

La candidosi vulvovaginale rappresenta, dopo la vaginosi batterica, la più frequente causa di
affezione vaginale. E' stimato che circa il 75% delle donne di età riproduttiva abbia sofferto almeno
di un episodio di vulvovaginite da candida, di cui il 40-45% di episodi ricorrenti e il 10-20% di
forma complicata.
La specie di candida più frequentemente isolata nella vagina di donne sintomatiche è la Candida
albicans, che, presente nel 10-20% dei casi in assenza di sintomatologia, può considerarsi quasi un
saprofita. Tuttavia, sempre con maggior frequenza si possono isolare ceppi non albicans, in
particolare la specie tropicalis e la glabrata, di solito resistenti alle comuni terapia.
La classificazione delle candidosi vulvovaginali proposta da Sobel, e ormai universalmente
accettata, prevede 2 forme cliniche di candidosi vulvovaginali differenti per patogenesi, decorso
clinico, sintomatologia e frequenza: la vulvovaginite da candida non complicata (VVC) e la
vulvovaginite da candida complicata (VVCC). Esse devono essere considerate, nella sostanza, 2
entità nosologiche distinte e richiedono un approccio diagnostico e un impegno terapeutico
differenti. In questo studio vengono riassunte le principali caratteristichem soffermandosi sulle più
recenti acquisizioni in tema di terapia.
Le preparazioni a base di acido borico, a parità di efficacia, sembrano presentare il miglior rapporto
costo-beneficio e la compliance migliore e si prestano a un uso complementare o, talvolta,
alternativo alle più consolidate terapie con azoli.
Minerva Ginecol. 2004 Apr;56(2):149-53.

Risultati preliminari dello studio epidemiologico Italiano sulle vulvovaginiti
Boselli F., Chiossi G., Garutti P., Matteelli A., Montagna M. T., Spinillo A.

Obiettivo. Lo scopo di questo lavoro era di valutare la prevalenza delle infezioni vulvo-vaginali e
l'atteggiamento diagnostico di 158 ginecologi, distribuiti su tutto il territorio nazionale.
Metodi. Sono state esaminate 1644 pazienti in età fertile con età media di 32,4±7,8 anni. In
relazione ai parametri prestabiliti è stata fatta una diagnosi presunta in 902 (55,4%) casi e una
diagnosi definitiva in 1439 (87,5%) casi.

Risultati. I risultati delle diagnosi definitive sono stati i seguenti: 844 (51,3%) pazienti affette da
vulvovaginite micotica; 327 (19,9%) affette da vaginosi batterica; 110 (6,7%) affette da
trichomoniasi; 100 (6,1%) affette da vaginite batterica aspecifica; 58 (3,5%) affette da vaginite non
infettiva. La tipizzazione delle infezioni micotiche è risultata positiva per Candida albicans in 459
(78%) casi.

Conclusioni. Dal presente studio è emerso che: 1) soltanto per mezzo degli accertamenti
microbiologici si è potuto stabilire una diagnosi definitiva nella maggior parte delle 702 pazienti
che non avevano avuto una diagnosi presunta; 2) la diagnosi di infezione micotica è stata
sottostimata; 3) la Candida albicans, nel nostro paese, è il patogeno più frequente delle infezioni
micotiche vulvovaginali. In conclusione, si evidenzia l'importanza del ricorso agli esami
microbiologici nell'attività ginecologica ambulatoriale per la diagnosi di patologia infettiva genitale.
Minerva Ginecol. 2003 Dec;55(6):483-92.
Utilizzo del perossido d'idrogeno nel trattamento delle vaginosi batteriche
recidivanti
Cardone A., Zarcone R., Borrelli A., Di Cunzolo A., Russo A., Tartaglia E.


Obiettivo Gli Autori hanno valutato la reale efficacia dell'utilizzazione del perossido di idrogeno
come terapia per le vaginosi batteriche recidivanti, già trattate e resistenti ad altri tipi di trattamenti.
Metodi. Sono state incluse nello studio 58 pazienti di età compresa tra i 18 e i 42 anni. A ogni
paziente furono prescritte irrigazioni vaginali con 30 ml di perossido di idrogeno al 3% in vagina da
effettuarsi ogni sera per 1 settimana. Il follow-up fu effettuato a 3 mesi dopo la fine del trattamento.
Risultati. I risultati mostrarono chiaramente che l'utilizzo del perossido di idrogeno (H2O2) in
vagina è capace di eliminare i principali sintomi delle vaginosi batteriche e in particolare la
leucoxantorrea maleodorante nel 89% dei casi a 3 mesi dalla fine del trattamento, una risposta
sovrapponibile a quelle ottenute utilizzando metronidazolo o clindamicina in forma di crema
vaginale. Inoltre, il perossido di idrogeno facilita il ripristino della normale flora batterica vaginale
(rappresentata dai lattobacilli H2O2 produttori) nel 100% dei casi e del normale pH acido (pH<4,5)
nel 98% dei casi e favorisce la scomparsa di clue cell dagli strisci vaginali e della flora patogena
anaeroba dalle secrezioni vaginali nel 100% dei casi. L'amine-test si è negativizzato nel 97,8% dei
casi. I risultati sono stati statisticamente analizzati e sono risultati statisticamente significativi.
Conclusioni. Il perossido d'idrogeno rappresenta una valida alternativa alle terapie convenzionali
della vaginosi batterica recidivante, associando all'assenza di effetti collaterali e al basso costo,
un'ottima tollerabilità e una reale efficacia terapeutica.

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Approcci terapeutici alle vaginiti e vaginosi

  • 1. Minerva Ginecol. 2010 Feb;62(1):1-5. Beta-glucano e terapia delle candidosi recidivanti e delle disepitelizzazioni cutanee iatrogene Pietrantoni E., Signore F., Berardi G., Donadio F., Donadio C. Obiettivo. Lo scopo dello studio è stato quello di valutare gli effetti del trattamento del beta-glucano in donne affette da candidiasi vulvare recidivante e in quelle precedentemente sottoposte a diatermocoagulazione (DTC) per lesioni vulvari conseguenti ad infezione da papillomavirus umano (HPV). Metodi. Da gennaio a marzo 2008 sono state reclutate presso il Dipartimento Materno Infantile dell’Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini 23 donne con una storia anamnestica di candidiasi recidivante e 209 donne sottoposte a DTC per lesioni vulvari HPV-correlate. I due gruppi sono stati trattati con 2 cicli di un’applicazione locale giornaliera di beta-glucano per 15 giorni, intervallati da 20 giorni di sospensione. Gli effetti del trattamento sono stati analizzati ad un mese e tre mesi dall’inizio della terapia. Risultati. In totale 209 pazienti, 21 con candidiasi ricorrente e 188 con lesioni da HPV trattate con DTC, hanno ultimato lo studio. Dopo un mese dall’inizio della terapia non abbiamo riscontrato recidive infettive in entrambi i gruppi; d’altra parte un mese dopo il termine della terapia abbiamo osservato il 5% ed il 3% di recidive micotiche ed alterazioni vulvari HPV-correlate, rispettivamente, sebbene di minima entità. Conclusioni. I nostri risultati dimostrano l’efficacia del trattamento con beta-glucano nelle micosi recidivanti, nelle lesioni HPV-correlate e nei processi riparativi cutanei.
  • 2. Minerva Ginecol. 2008 Oct;60(5):369-76. Efficacia del Lactobacillus Rhamnosus GR-1 e del Lactobacillus Reuteri RC-14 nel trattamento e nella prevenzione delle recidive nelle vaginosi e nelle vaginiti batteriche Cianci A., Giordano R., Delia A., Grasso E., Amodeo A., De Leo V., Caccamo F. Obiettivo. Valutare l’efficacia del Lactobacillus rhamnosus GR-1 e del Lactobacillus reuteri RC-14 sommministrati per via orale nel trattamento delle vaginiti batteriche e delle vaginosi per ripristinare un normale ambiente vaginale. Metodi. Sono state reclutate 50 donne di età compresa tra i 18 e i 48 anni con sintomi quali bruciore, leucorrea, prurito e infiammazione vaginale. Le pazienti sono state suddivise in due gruppi: il gruppo A comprendeva 25 pazienti affette da vaginite batterica; il gruppo B comprendeva 25 pazienti affette da vaginosi. A ciascuna paziente è stata prescritta la terapia antibiotica mirata e la successiva assunzione del Lactobacillus rhamnosus GR-1 e del Lactobacillus reuteri RC-14 nella formulazione in capsule da assumere per via orale con la posologia di 2 al giorno per 15 giorni. Dopo una settimana dalla fine del trattamento a tutte le pazienti è stato eseguito il controllo mediante tampone vaginale ed esame microscopico a fresco del secreto vaginale. Risultati. Delle 50 donne incluse nello studio 46 pazienti al controllo hanno presentato completa ricolonizzazione lattobacillare, due assente colonizzazione lattobacillare e due sono state escluse poiché non ripresentatesi ai controlli. Riportando i risultati in percentuale possiamo dire che il 92% delle donne arruolate ha risposto positivamente al trattamento. Conclusioni. I risultati del presente studio dimostrano che il Lactobacillus rhamnosus GR-1 e il Lactobacillus reuteri RC-14 assunti per via orale in una formulazione che permette il mantenimento della loro vitalità fino al raggiungimento dell’intestino, sono risultati utili nel trattamento delle vaginosi e delle vaginiti batteriche e nella prevenzione delle recidive, in quanto in grado di riequilibrare in maniera ottimale l’ecosistema vaginale.
  • 3. Minerva Ginecol. 2008 Apr;60(2):135-42. Prevalenza di agenti d’infezioni del tratto riproduttivo in una popolazione sintomatica del Nord-Est Trevisan A., Mengoli C., Rossi L., Cattai M., Cavallaro A. Obiettivo. Le infezioni dell’apparato riproduttivo (reproductive tract infections, RTIs) rappresentano una delle cause principali di morbidità nel mondo e le infezioni sessualmente trasmesse (sexually transmitted infections, STIs) possono provocare gravi sequele (malattia infiammatoria pelvica, ecc.). L’epide-miologia di queste infezioni è variabile e dipende da fattori geografici ed economici, dai flussi migratori e dalle abitudini sociali e sessuali. Questa variabilità, assieme alla mancanza di dati sufficienti nella letteratura scientifica, rappresenta un grave problema per lo sviluppo di strategie di screening, di prevenzione e terapeutiche mirate, sulla base delle necessità locali. L’obiettivo di questo studio è stato quello di valutare l’epidemiologia delle infezioni dell’apparato riproduttivo in una popolazione asintomatica del Nord-Est d’Italia. Metodi. Nel periodo compreso tra il gennaio e il giugno 2006 presso il Servizio di Microbiologia e Virologia dell’ospedale di Padova sono stati studiati 207 soggetti con età compresa tra 18 e 65 anni, di entrambi i sessi, italiani e immigrati. Tutti presentavano sintomi o avevano avuto comportamenti sessuali che deponevano a favore di una possibile infezione dell’apparato riproduttivo. Per eseguire le indagini microscopiche e colturali per Neisseria gonorrhoeae, Trichomonas vaginalis, Mycoplasma spp., altri batteri e lieviti e per le indagini molecolari per Chlamydia trachomatis, nei soggetti di sesso femminile sono stati eseguiti tamponi vaginali e cervicali, in quelli di sesso maschile sono stati eseguiti tamponi uretrali. Risultati. Nella popolazione studiata le prevalenze di Chlamydia trachomatis, Neisseria gonorrhoeae e Trichomonas vaginalis sono state, rispettivamente, pari al 6,28%, all’1,93% e al 3,86%. Le STIs erano più frequenti nei soggetti di sesso maschile, negli immigrati e nei pazienti con età compresa tra 18 e 30 anni. Conclusioni. Dai risultati ottenuti sono emerse alcune idee per cercare di ottimizzare qualitativamente e quantitativamente la diagnosi di RTIs, sviluppando percorsi diagnostici basati sulle diverse tipologie di pazienti e sull’epidemiologia locale.
  • 4. Minerva Ginecol. 2008 Apr;60(2):121-5. Studio preliminare sull’utilizzo di una crema contenente Lattoferrina nel trattamento della vulvovaginite acuta da candida Costantino D., Guaraldi C. Obiettivo. L’obiettivo dello studio è verificare l’efficacia clinica del trattamento con crema contenente lattoferrina nella vulvovaginite acuta da Candida. Metodi. Sono state reclutate 34 pazienti di età compresa fra i 25 e i 45 anni che presentavano segni e sintomi di vulvovaginite acuta da Candida. Le pazienti sono state trattate con crema contenete lattoferrina al 4% (Elleffe 100 crema DICOFARM®), 5 g di crema in vagina e 2 cm applicata esternamente a livello vulvare, per due volte al giorno per 7 giorni. Alla fine del trattamento la paziente ritornava in ambulatorio e veniva eseguito un esame clinico e microscopico per valutare l’efficacia della terapia. Risultati. I risultati ottenuti dimostrano che 27 pazienti hanno avuto completo beneficio dalla terapia, 5 un netto miglioramento e 2 risultavano ancora affette da vulvovaginite al controllo. Conclusioni. Dai dati del nostro studio, una crema che contiene lattoferrina sembra risultare clinicamente efficace nel trattamento della vulvovaginite acuta da Candida, con una buona risposta su tutti i sintomi caratteristici di questa infezione.
  • 5. Minerva Ginecol. 2008 Apr;60(2):105-14. Progetto SOPHY: studio osservazionale sul pH vaginale e sullo stile di vita della donna nelle diverse età e condizioni fisiopatologiche. Parte I Guaschino S., Benvenuti C., Sophy Study Group Obiettivo. L’importanza del pH e della flora vaginali nel mantenere l’ecosistema vaginale in buon equilibrio è nota e ampiamente descritta. A tutt’oggi non erano disponibili studi sistematici, su scala nazionale, relativi alla correlazione tra pH vaginale, stile di vita e le differenti età e condizioni della donna. Metodi. Lo studio SOPHY (Study on pH and Hygiene) ha raccolto dati su stile di vita, pH vaginale e la presenza di sintomi, stratificati in differenti sottogruppi (prepubere, fertile, gravidanza, allattamento, premenopausa e menopausa) in un campione rappresentativo della popolazione ginecologica italiana, 264 ginecologi per un totale di 2 641 donne, con l’aiuto di uno specifico sito internet per inserire i dati. Risultati. Il pH vaginale più acido si correla a una più soddisfacente attività sessuale e a più sane condizioni genitali. Si è evidenziata una correlazione positiva tra scolarità e buona percezione della sessualità. Particolari abitudini nell’abbigliamento sono associate a maggior frequenza di candidosi e vaginosi batterica. Conclusioni. Si sono evidenziate interessanti correlazioni tra abbigliamento e frequenza di candidosi e vaginosi batterica, tra pH vaginale e soddisfacente attività sessuale e tra scolarità e sessualità. Lo studio SOPHY ha fornito un forte impatto educazionale, spingendo medici e donne a considerare la misurazione del pH vaginale un importante momento della loro vita quotidiana.
  • 6. Minerva Ginecol. 2006 Jun;58(3):227-31. Efficacia dell’utilizzo del Lactobacilllus paracasei subsp. paracasei F19 nella vaginosi e nella prevenzione delle recidive di vaginite somministrato per via orale contemporaneamente ad un Lactobacil-lus acidofilus per via vaginale Delia A., Morgante G., Rago G., Musacchio M. C., Petraglia F., De Leo V. Obiettivo. Lo scopo di questo lavoro era valutare l’efficacia dell’utilizzo contemporaneo del Lactobacilllus paracasei subsp paracasei F19 per via orale in associazione a ovuli vaginali contenenti lactobacilllus acidofilus nelle vaginosi e nella prevenzione delle recidive di vaginite. Metodi. Sono state reclutate 60 pazienti in buona salute di età compresa tra i 18 e i 40 anni con sospetta o accertata diagnosi di vaginosi in atto. Le pazienti sono state randomizzate in 2 gruppi: il Gruppo A è stato trattato per 3 mesi con ovuli vaginali contenenti Lactobacillus acidofilus (Calagin, SIFFRA, Firenze); il Gruppo B è stato trattato per 3 mesi con gli stessi ovuli vaginali + probiotico contenente Lactobacilllus paracasei subsp paracasei F19 in buste per via orale (Genefilus F19, SIFFRA, Firenze). Le pazienti arruolate sono state esaminate al termine della terapia (3 mesi) e dopo 3 mesi dalla fine del trattamento. Risultati. In entrambi i gruppi, al termine dei 3 mesi di trattamento si sono registrati una riduzione significativa del pH vaginale e un miglioramento dello sniff test oltre che della sintomatologia soggettiva che continuava a ridursi nel follow-up a 6 mesi. Nel secondo gruppo si è osservata una riduzione significativa sia del pH vaginale sia dello sniff test al termine della terapia e un mantenimento di tali valori positivi anche dopo 6 mesi di follow-up. Conclusioni. Questo studio conferma la validità della terapia con lattobacilli per via vaginale nel trattamento della vaginosi e dimostra che l’associazione della terapia per via orale è utile a equilibrare l’ambiente vaginale con quello della microflora intestinale che sembra mantenere i risultati positivi anche a distanza di tempo. L’utilizzo di probiotici sembra avere un ruolo determinante nella risoluzione di una patologia quale la vaginosi e si pone come alternativa alle classiche terapie antibiotiche locali.
  • 7. Minerva Ginecol. 2005 Apr;57(2):131-9 Vulvovaginiti da candida. Approccio terapeutico Battaglia F., Mariani L., Anglana F., Milite V., Quattrini M., Plotti F., Tomao F., Plotti G. La candidosi vulvovaginale rappresenta, dopo la vaginosi batterica, la più frequente causa di affezione vaginale. E' stimato che circa il 75% delle donne di età riproduttiva abbia sofferto almeno di un episodio di vulvovaginite da candida, di cui il 40-45% di episodi ricorrenti e il 10-20% di forma complicata. La specie di candida più frequentemente isolata nella vagina di donne sintomatiche è la Candida albicans, che, presente nel 10-20% dei casi in assenza di sintomatologia, può considerarsi quasi un saprofita. Tuttavia, sempre con maggior frequenza si possono isolare ceppi non albicans, in particolare la specie tropicalis e la glabrata, di solito resistenti alle comuni terapia. La classificazione delle candidosi vulvovaginali proposta da Sobel, e ormai universalmente accettata, prevede 2 forme cliniche di candidosi vulvovaginali differenti per patogenesi, decorso clinico, sintomatologia e frequenza: la vulvovaginite da candida non complicata (VVC) e la vulvovaginite da candida complicata (VVCC). Esse devono essere considerate, nella sostanza, 2 entità nosologiche distinte e richiedono un approccio diagnostico e un impegno terapeutico differenti. In questo studio vengono riassunte le principali caratteristichem soffermandosi sulle più recenti acquisizioni in tema di terapia. Le preparazioni a base di acido borico, a parità di efficacia, sembrano presentare il miglior rapporto costo-beneficio e la compliance migliore e si prestano a un uso complementare o, talvolta, alternativo alle più consolidate terapie con azoli.
  • 8. Minerva Ginecol. 2004 Apr;56(2):149-53. Risultati preliminari dello studio epidemiologico Italiano sulle vulvovaginiti Boselli F., Chiossi G., Garutti P., Matteelli A., Montagna M. T., Spinillo A. Obiettivo. Lo scopo di questo lavoro era di valutare la prevalenza delle infezioni vulvo-vaginali e l'atteggiamento diagnostico di 158 ginecologi, distribuiti su tutto il territorio nazionale. Metodi. Sono state esaminate 1644 pazienti in età fertile con età media di 32,4±7,8 anni. In relazione ai parametri prestabiliti è stata fatta una diagnosi presunta in 902 (55,4%) casi e una diagnosi definitiva in 1439 (87,5%) casi. Risultati. I risultati delle diagnosi definitive sono stati i seguenti: 844 (51,3%) pazienti affette da vulvovaginite micotica; 327 (19,9%) affette da vaginosi batterica; 110 (6,7%) affette da trichomoniasi; 100 (6,1%) affette da vaginite batterica aspecifica; 58 (3,5%) affette da vaginite non infettiva. La tipizzazione delle infezioni micotiche è risultata positiva per Candida albicans in 459 (78%) casi. Conclusioni. Dal presente studio è emerso che: 1) soltanto per mezzo degli accertamenti microbiologici si è potuto stabilire una diagnosi definitiva nella maggior parte delle 702 pazienti che non avevano avuto una diagnosi presunta; 2) la diagnosi di infezione micotica è stata sottostimata; 3) la Candida albicans, nel nostro paese, è il patogeno più frequente delle infezioni micotiche vulvovaginali. In conclusione, si evidenzia l'importanza del ricorso agli esami microbiologici nell'attività ginecologica ambulatoriale per la diagnosi di patologia infettiva genitale.
  • 9. Minerva Ginecol. 2003 Dec;55(6):483-92. Utilizzo del perossido d'idrogeno nel trattamento delle vaginosi batteriche recidivanti Cardone A., Zarcone R., Borrelli A., Di Cunzolo A., Russo A., Tartaglia E. Obiettivo Gli Autori hanno valutato la reale efficacia dell'utilizzazione del perossido di idrogeno come terapia per le vaginosi batteriche recidivanti, già trattate e resistenti ad altri tipi di trattamenti. Metodi. Sono state incluse nello studio 58 pazienti di età compresa tra i 18 e i 42 anni. A ogni paziente furono prescritte irrigazioni vaginali con 30 ml di perossido di idrogeno al 3% in vagina da effettuarsi ogni sera per 1 settimana. Il follow-up fu effettuato a 3 mesi dopo la fine del trattamento. Risultati. I risultati mostrarono chiaramente che l'utilizzo del perossido di idrogeno (H2O2) in vagina è capace di eliminare i principali sintomi delle vaginosi batteriche e in particolare la leucoxantorrea maleodorante nel 89% dei casi a 3 mesi dalla fine del trattamento, una risposta sovrapponibile a quelle ottenute utilizzando metronidazolo o clindamicina in forma di crema vaginale. Inoltre, il perossido di idrogeno facilita il ripristino della normale flora batterica vaginale (rappresentata dai lattobacilli H2O2 produttori) nel 100% dei casi e del normale pH acido (pH<4,5) nel 98% dei casi e favorisce la scomparsa di clue cell dagli strisci vaginali e della flora patogena anaeroba dalle secrezioni vaginali nel 100% dei casi. L'amine-test si è negativizzato nel 97,8% dei casi. I risultati sono stati statisticamente analizzati e sono risultati statisticamente significativi. Conclusioni. Il perossido d'idrogeno rappresenta una valida alternativa alle terapie convenzionali della vaginosi batterica recidivante, associando all'assenza di effetti collaterali e al basso costo, un'ottima tollerabilità e una reale efficacia terapeutica.