4LIFE INTERNATIONAL GROUP (www.4lifegroup.it ) nasce con l'intento di far conoscere a tutti un prodotto innovativo, il TRANSFER FACTOR, completamente naturale al 100%, frutto di 50 anni di ricerche e coperto con 4 brevetti mondiali, capace di informare e potenziare il nostro Sistema Immunitario affinchè il nostro organismo reagisca meglio alle più svariate malattie provocate da virus, neoplasie, allergie e malattie autoimmuni.
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Anche gli antibiotici, usati troppo spesso e in dosi eccessive per combattere le infezioni hanno, a lungo termine, effetti negativi sul sistema immunitario
Le conseguenze di un sistema immunitario indebolito o deficitario, sono la causa di infezioni e malattie sempre più frequenti e prolungate.
I processi di estrazione dei Fattori di Trasferimento dal colostro vaccino e dal tuorlo dell’uovo, sono protetti da brevetto degli USA nr. 6.468.534 (colostro e tuorlo) e nr. 6.866.868 (tecnica di estrazione), ed altri brevetti in attesa di registrazione.
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Le cellule NK sono le barriere difensive del sistema immunitario.
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Colesterolo
Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo: non sono riferibili né a prescrizioni né a
consigli medici – Consultare sempre e in ogni caso il proprio medico di fiducia.
Il colesterolo è uno steroide, cioè una molecola lipidica costituita da quattro anelli
policicloalifatici (condensati tra loro in formazione trans) e una coda alifatica, oltre ad eventuali
gruppi funzionali. La struttura policiclica di base prende
pren il nome
di ciclopentanperidrofenantrene
ciclopentanperidrofenantrene.
La parola colesterolo proviene dal greco chole (bile) e stereos (solido), ma è stata utilizzata per
la prima volta nel 1894. La desinenza -olo deriva dal fatto che sul C3 del primo anello di
. olo
carbonio [A] è presente un gruppo alcolico, della serie delle sterine (o steroli). È formato
,
dall'idrocarburo C27H46, nel quale ad un H si sostituisce gruppo idrossilico -OH. La sua formula
bruta è C27H45OH. È di colore bianco ed ha una consistenza simile a quella della cera. La sua
presenza era già stata riscontrata nei calcoli della cistifellea già nel 1784, ma solo
nel 1975 il premio Nobel John W. Cornforth ha precisato l'orientamento spaziale degli atomi di
idrogeno sulla molecola. Il colesterolo è indispensabile per la vita animale. Le piante
no
contengono colesterolo solo in lievi tracce e altre sostanze lipidiche strutturalmente simili
(fitosterine o fitosteroli).
L'uomo produce per biosintesi autonoma la maggior parte del colesterolo necessario, negli
parte
adulti tra 1 e 2 grammi al giorno. Solo una piccola parte (in media 0,1 fino 0,3, massimo 0,5
grammi) viene assunta con l'alimentazione: la maggior parte del metabolismo del colesterolo
del
avviene nel fegato. Il contenuto di colesterolo nell'organismo umano è di circa 150 grammi.
.
Funzioni
Il colesterolo è un ingrediente essenziale della membrana cellulare di tutte le cellule
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animali: si inserisce fra i due strati di fosfolipidi orientandosi con i gruppi -OH vicini alle teste
polari dei fosfolipidi, diminuendo così la fluidità del mosaico (vedi Modello a mosaico fluido) ma
aumentando la stabilità meccanica e la flessibilità delle cellule. Così facendo però diminuisce la
permeabilità a piccole cellule idrosolubili.
Assieme con molecole proteiche il colesterolo regola lo scambio di sostanze messaggere
tramite la membrana cellulare.
Crescita e divisione cellulare non sono possibili senza colesterolo.
Il colesterolo è la sostanza base per la sintesi degli ormoni steroidei
come aldosterone, cortisone, testosterone, estradiolo ecc. (vedi ghiandole surrenalie
della vitamina D).
Il colesterolo è essenziale per lo sviluppo embrionale: le malformazioni di neonati dopo la
somministrazione di Contergan alle madri erano causate da un disturbo nella biosintesi di
colesterolo.
Il colesterolo prodotto nel fegato viene impiegato in buona parte per la produzione di bile,
una sostanza secreta nel duodeno che serve a emulsionare i lipidi alimentari per renderli
assorbibili dall'intestino tenue.
Biosintesi e trasporto del colesterolo
Tutte le cellule dell'organismo umano sono capaci di sintetizzare colesterolo a partire
dall'acetilCoenzima A, ma la maggior parte viene prodotto neiperossisomi delle cellule epatiche
che lo trasferiscono al sangue per il trasporto in tutto l'organismo. Le tappe biosintetiche
seguono la via metabolica dell'acido mevalonico. Poiché non riesce a superare la barriera
ematoencefalica, il cervello deve produrre da solo il colesterolo di cui necessita.
Visto che il colesterolo, come tutti i grassi, non è solubile nel sangue, per il trasporto ematico
deve essere quot;imballatoquot; in complessi aggregati sferiche o discali di trasporto (lipoproteine).
Questi aggregati consistono essenzialmente di:
un involucro a singolo strato di fosfolipidi;
apolipoproteine e colesterolo non esterificato intercalati nell'involucro di fosfolipidi;
un nucleo di acidi grassi, trigliceridi e colesterolo esterificato;
Questi aggregati vengono quot;assemblatiquot; nell'epitelio intestinale durante la fase prandiale sotto
forma di chilomicroni, mentre durante il digiuno vengono prodotti soprattutto nel fegato come
VLDL (very low density lipoproteins), le quali vengono rilasciate nella circolazione sanguigna.
Nel microcircolo, le VLDL sono idrolizzate dalla lipoprotein-lipasi presente sulla superficie delle
cellule endoteliali, rilasciando gran parte del loro contenuto di trigliceridi (che diffondono nei
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tessuti) e trasformandosi in IDL o particelle rimanenti (lipoproteine a densità intermedia). Le
IDL sono quindi idrolizzate a livello epatico e convertite in LDL (low density lipoproteins). Le
LDL fuoriescono dalla circolazione e, dopo aver attraversato la matrice fondamentale del
tessuto connettivo, raggiungono le cellule parenchimatiche, alla cui superficie si legano tramite
l'interazione con i recettori cellulari per le apoB-proteine e vengono trasportate nell'interno
delle cellule epatiche, cedendo cosí il loro carico di colesterolo. Il grafico accanto illustra
schematicamente il processo. In realtà il processo è un po' più complesso[1].
Colesterolo esterificato e non esterificato
Il colesterolo può presentarsi nella sua forma basilare non esterificata, raffigurata in alto, e in
tal caso è una molecola anfipatica, con il gruppo idrossile polare in posizione 3 e la restante
parte della molecola apolare. Può altresì presentarsi come colesterolo esterificato, ovvero
come estere del colesterolo (Colesteril-estere), formatosi per reazione del suddetto gruppo
idrossile IUPAC con un acido carbossilico, nel qual caso l'estere risultante è una molecola
completamente apolare.
Colesterolo in medicina
Quando in medicina si parla di quot;colesteroloquot;, non si intende il colesterolo chimico (si tratta di
un'ambiguità semplificatoria), ma si parla in effetti di una classe di lipoproteine (chilomicroni,
aggregati di trasporto) che circolano nel sangue: la relativa concentrazione si
chiama colesterolemia. Secondo la loro composizione in colesterolo, fosfolipidi, proteine,
trigliceridi e acidi grassi, questi aggregati vengono ulteriormente distinti in diverse classi
(classificabilità di laboratorio secondo il loro peso specifico tra 0.98 e 1.17 g/cm3): VLDL, IDL,
LDL, HDL2 e HDL3. Il grafico accanto illustra le componenti.
Colesterolemia e mortalità
Su raccomandazioni dell'OMS, da alcuni anni nelle analisi del colesterolo si distingue[2]:
1. colesterolemia totale, che deve essere inferiore a 200
2. rapporto colesterolo totale/HDL, non superiore a 5 per gli uomini e a 4,5 per le donne
Gli studi epidemiologici possono essere distinti in studi osservazionali e studi di intervento o
sperimentali, i primi possono ulteriormente essere classificati, in base alla metodologia
adottata, nelle categorie seguenti: studi descrittivi; studi trasversali o di prevalenza; studi
retrospettivi o di casi di malattia; studi longitudinali o prospettici o di coorte. Gli studi
longitudinali sono studi epidemiologici che prendono in esame uno o più gruppi di individui,
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seguendoli con esami periodici per un periodo di tempo piuttosto lungo. Gli studi longitudinali
permettono di prendere in considerazione un numero notevole di caratteristiche (es. peso,
pressione arteriosa, parametri ematochimici, dati elettrocardiografici, dieta, abitudini di vita,
come attività fisica e fumo, tipo di occupazione). Grazie a questi studi si è giunti
all'identificazione di alcuni importanti fattori di rischio per la cardiopatia ischemia e l'elevata
colesterolemia è uno dei più importanti (insieme a ipertensione, diabete, obesità, fumo,
familiarità e altri identificati più recentemente, tra i quali: trigliceridi, omocisteina, proteina C
reattiva, concentrazione plasmatica di molecole di adesione endoteliale, ecc.). Si parla di fattori
di rischio e non di fattori eziologici (cause) proprio perché gli studi epidemiologici non sono
sperimentazioni scientifiche, essendo il loro ruolo limitato alla identificazione di associazioni
naturali tra alcune caratteristiche e lo stato di malattia considerato, senza fornire informazioni
sulla natura di tale associazione. La loro importante funzione è quella di formulare ipotesi da
verificare con successive sperimentazioni scientifiche.
Sono stati i grandi studi osservazionali prospettici a documentare la relazione positiva di tipo
esponenziale esistente tra colesterolemia e mortalità cardiovascolare, mentre hanno
evidenziato una correlazione ad U tra mortalità totale e colesterolemia (cioè la mortalità totale
aumenta sia per i valori più bassi di colesterolemia, sia per quelli più alti).
Mortalità CHD in funzione della colesterolemia in uomini tra 30-49 anni all'inizio dello studio
Il Framingham Heart Study, lo studio di Framingham (Massachussetts) è una enorme opera
epidemiologica statunitense che riempie una biblioteca intera e decorre fin dagli anni
cinquanta(nel frattempo si è giunti ai nipoti dei primi partecipanti). Il follow-up a 30 anni di
1959 uomini e 2415 donne sani, di età compresa tra 31 e 65 anni, attesta che, al di sotto dei
50 anni, i livelli di colesterolo sono direttamente correlati con la mortalità totale e
cardiovascolare, in misura tale che per ogni incremento di 10 mg/dl di colesterolo sierico la
mortalità totale e quella cardiovascolare aumentano rispettivamente del 5% e del 9%. Questa
associazione rimane statisticamente significativa negli uomini anche dopo le correzioni
statistiche per pressione, fumo, peso corporeo e diabete; nelle donne l'associazione rimane
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positiva sebbene non raggiunga la significatività statistica. Dopo i 50 anni non vi è incremento
della mortalità totale né per valori alti di colesterolemia, né per quelli bassi, ma il rapporto è
confuso dalla presenza di individui in cui la colesterolemia diminuisce, possibilmente a causa
dello sviluppo di gravi malattie. In quei soggetti in cui la colesterolemia diminuisce
spontaneamente, per ogni mg/dl di discesa del colesterolo nei primi 14 anni di osservazione si
registra un incremento entro 18 anni dell'11% della mortalità totale e del 14% di quella
cardiovascolare.
Mortalità CHD in funzione della colesterolemia
Mortalità totale in funzione della colesterolemia
Lo studio statunitense Multiple Risk Factor Intervention Trial (MRFIT, iniziato nel 1973) , in cui
361.662 uomini, di età compresa tra 35 e 57 anni, sono stati seguiti per 6 anni, ha evidenziato
che la correlazione tra colesterolemia totale e mortalità per coronaropatia è lineare per valori
compresi tra 200 e 240 mg/dl, mentre al si sopra dei 240 mg/dl diviene esponenziale, cosicché
a più alte concentrazioni di colesterolo, la mortalità da CHD (coronary heart disease) aumenta
più rapidamente.Inoltre i dati del MRFIT sembrano negare la validità del concetto di soglia per i
valori della colesterolemia, da questo studio risulta infatti che non vi è un limite per il
colesterolo totale sierico, al di sotto del quale il rischio di CHD non esiste. È interessante notare
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che nel MRFIT, come è emerso anche dal Framingham Heart Study, l'importanza del
colesterolo totale come fattore di rischio si riduce con l'età. In questo studio, il rapporto tra
mortalità totale e colesterolo totale è rappresentato graficamente da una curva a J, piuttosto
che a U.
Il Prospective Cardiovascular Münster (PROCAM) Heart Study è uno dei più ampi studi
prospettici europei sui fattori di rischio cardiovascolari. Lo studio, iniziato nel 1979 e
completato nel 1991,ha riguardato 23.616 impiegati della Germania nord-occidentale (valli
del Münster e della Ruhr). Dopo un follow-up di 14 anni, il colesterolo totale, il colesterolo LDL
ed il rapporto LDL/HDL mostravano una relazione esponenziale con la mortalità per CHD e una
relazione a J con la mortalità totale. Ad alti livelli di colesterolo totale e LDL, l'aumento della
mortalità totale era dovuto all'aumento delle morti coronariche, mentre a bassi livelli di
colesterolo totale e LDL l'incremento della mortalità totale si verificava soltanto nei fumatori ed
era in rapporto con una maggiore mortalità per cancro correlato al fumo.
Mortalità in funzione della colesterolemia
Una metaanalisi effettuata su 18 studi epidemiologici e risalente al 1992 dimostra che la
mortalità totale è minima per valori di colesterolemia totale compresi tra 160 e 200 ml/dl per
gli uomini e tra 200 e 240 per le donne (le tabelle di rischio cardiovascolare fornite
dal Ministero della Salute ai medici di famiglia italiani tengono conto di tale differenza legata al
sesso). In sintesi:
Valori troppo bassi sono correlati ad un aumentato rischio di morte causata da alcuni
tumori, ictus cerebrali e polmonari, alcune malattie infettive, incidenti, suicidi e malattie
degenerative, mentre
valori troppo alti sono correlati ad un aumentato rischio d'infarto del miocardio.
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Nella pratica medica si parla solo dei rischi connessi a valori elevati, ma quasi mai di quelli
derivanti da valori troppo bassi, in quanto la relazione causale tra bassa colesterolemia ed
eventi avversi è estremamente dubbia.
Studi del genere e relative meta-analisi sono di grande valore scientifico. Nonostante che gli
studi epidemiologici non consentano conclusioni sui rapporti causa-effetto tra i fenomeni
esaminati, tuttavia si tratta di correlazioni statistiche, che dimostrano come:
valori elevati di colesterolemia sono correlati con l'aumento della mortalità dovuta a certe
malattie, in particolare quelle cardiovascolari su base aterosclerotica
(prevalentemente infarto del miocardio ed ictus ischemico)
valori ridotti di colesterolemia, sotto una certa soglia, sono correlati con una più elevata
mortalità per cause accidentali (es. suicidi) e per altre malattie (es. cancro polmonare, ictus
emorragico); come detto sopra la natura di tale relazione è fortemente discussa
la colesterolemia con la minima mortalità fra donne (200-240) è più alta che fra uomini
(160-200 mg/dl)
Ulteriori domande che restano senza risposta sono (tra le altre):
la colesterolemia può concorrere allo sviluppo di altre malattie, oltre a quelle
cardiovascolari su base ischemica?
per quali motivi (oltre al ruolo protettivo degli estrogeni) nelle donne il rischio coronarico è
correlato con valori di colesterolemia totale più alti che negli uomini?
Come parametro metabolico la colesterolemia è connessa con migliaia di processi metabolici
che si influenzano a vicenda. Valutando tutto questo, non è né sensato né scientifico tirare,
sulla base dei soli studi epidemiologici osservazionali, una conclusione riduttiva del tipo: basta
abbassare la colesterolemia per prevenire l'infarto cardiaco, anche se questa sembra essere al
momento l'opinione più diffusa nel grande pubblico. Una tesi del genere non può in nessun
caso essere sostenuta da uno studio epidemiologico osservazionale. Il fatto che dagli studi
epidemiologici osservazionali risulti che una colesterolemia bassa è associata a una bassa
mortalità coronarica, non comporta automaticamente che abbassando una colesterolemia alta
si riduca la mortalità. Per poter giungere a una simile conclusione sono necessari studi
prospettici di intervento terapeutico, randomizzati, in doppio cieco e placebo controllati, che
valutino come obiettivo finale principale (endpoit primario) l'effetto di una terapia
(farmacologica o di altro tipo) a lungo termine sulla mortalità totale e cardiovascolare e sugli
eventi cardiovascolari. Sono stati condotti anche alcuni studi epidemiologici di carattere
autoptico (Stary e McGill), dai quali è emersa una correlazione positiva tra colesterolemia e
gravità ed estensione delle lesioni aterosclerotiche avanzate (tale correlazione non esiste per le
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strie lipidiche; vedi aterosclerosi).
Colesterolemia e rischio individuale di cardiopatia ischemica
Distribuzione della colesterolemia nella popolazione con o senza CHD
Nonostante la stretta correlazione tra colesterolemia totale e mortalità per CHD emersa dagli
studi longitudinali, i valori di colesterolo totale, a livello individuale, non rappresentano un
indice altamente specifico per individuare i soggetti a rischio di malattia coronarica. Infatti,
dallo studio di Framingham è emerso che le curve di distribuzione della colesterolemia,
rispettivamente per gli uomini che sviluppano coronaropatia nel corso dei primi 16 anni dello
studio e per quelli che ne rimangono esenti, mostrano una notevole sovrapposizione
nell'ambito dei livelli di colesterolo totale compresi tra 150 e 300 mg/dl. Inoltre circa la metà
degli eventi coronarici si sono manifestati nei soggetti con colesterolemia < 240 mg/dl:
soltanto il 41% degli eventi CHD negli uomini e il 61% nelle donne di età 35-64 erano associati
a valori pari o superiori a 240 mg/dl. Nel tentativo di individuare markers più sensibili per
valutare il rischio di CHD, l'attenzione è stata rivolta allo studio dell'intero profilo lipidico.
Durante l'undicesimo esame biennale del Framingham Study, in 1023 uomini e 1434 donne,
liberi da CHD, sono state misurate le concentrazioni sieriche di LDL, HDL, colesterolo totale
(CT) e trigliceridi. Considerato isolatamente, il livello delle HDL è il singolo parametro lipidico
più specifico, mentre il rapporto tra colesterolo totale e HDL è risultato la variabile più specifica
nell'individuare gli individui a rischio di CHD, di quanto non lo fossero il colesterolo totale o le
LDL. Il rischio di CHD aumenta, per qualsiasi valore di colesterolemia, con il crescere del
rapporto CT/HDL. Quando i livelli di colesterolo totale sono al di sotto di 240 mg/dl, il rischio
varia ampiamente in dipendenza dei valori delle HDL sieriche. Comunque anche questo marker
lipidico risulta insoddisfacente per la determinazione del rischio cardiovascolare e la sua
valutazione deve tener conto dell'insieme dei fattori di rischio presenti nel soggetto in esame.
Sulla base di queste considerazioni appare evidente che sono necessari markers più specifici,
che non la sola colesterolemia, per determinare il rischio di CHD, così da evitare di allarmare
inutilmente soggetti apparentemente a rischio maggiore di CHD (falsi positivi) o, al contrario,
di rassicurare falsamente quegli individui che in base alle linee guida non risultassero nelle
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categorie a maggior rischio (falsi negativi). Un semplice innalzamento dei valori di
colesterolemia considerati pericolosi avrebbe il risultato di diminuire il numero dei falsi positivi,
ma porterebbe d'altra parte all'aumento dei falsi negativi. La stesura di carte di rischio globale,
che tengono conto di un numero maggiore di fattori di rischio, oltre alla colesterolemia,
assicura una maggiore sensibilità nella valutazione del rischio di CHD (vedi valori ottimali di
colesterolemia), mentre studi epidemiologici condotti nell'ultimo decennio sono stati indirizzati
verso la ricerca di nuovi markers.
Colesterolemia in diversi paesi
Gli studi epidemiologici che confrontano tra loro gruppi (popolazioni) diversi di individui hanno
un limite tanto maggiore quanto più disomogenei sono i gruppi presi in esame. La
disomogeneità è massima quando si prendono in considerazione popolazioni di nazioni
differenti, a causa dei numerosi quot;fattori confondentiquot; (razza, abitudini alimentari e stile di vita,
condizioni ambientali, livello di sviluppo sanitario, metodologia di rilevazione dei dati e di
misurazione dei parametri presi in esame dallo studio, ecc.). Nonostante ciò dall'esame di tali
studi emerge che nei singoli paesi esiste una correlazione positiva tra colesterolemia e
mortalità per cardiopatia ischemica, nel senso che anche nei paesi dove la mortalità per
cardiopatia ischemica è relativamente bassa esiste una relazione positiva tra valori di
colesterolemia e mortalità per malattia coronarica, come attestato dallo studio internazionale
prospettico Seven Country Study[3] e confermato dallo studio prospettico di Shanghai su un
campione di circa 9000 cinesi di entrambi i sessi, seguiti per 8-13 anni (1991). Tuttavia,
proprio per la natura multifattoriale della CHD e per la presenza di numerosi fattori
confondenti, a parità di colesterolemia la mortalità mostra ampie differenze fra i diversi paesi.
I dati provenienti dallo studio trasversale (di prevalenza) MONICA illustrano bene questo
aspetto. Il WHO MONICA Project [World Health Organization Multinational Monitoring of Trends
and Determinants in Cardiovascular Disease Project (MONItoring of CArdiovascular
diseases)] è uno studio iniziato nel 1981 con lo scopo di rilevare l'andamento della patologia
cardiovascolare e i rispettivi fattori di rischio in 38 differenti popolazioni di 21 nazioni in quattro
continenti durante un periodo di 10 anni, interessando una popolazione totale di circa 13
milioni di uomini e donne di età compresa tra 35 e 64 anni (facoltativamente anche tra 25 e 35
anni). I dati demografici sono presi dai registri ufficiali e dai censimenti, mentre le informazioni
sui fattori di rischio sono state ottenute da campioni delle popolazioni esaminate, effettuando
due o tre screening per i fattori di rischio, in primo luogo pressione arteriosa, colesterolemia e
fumo, e per molte altre caratteristiche (come il livello culturale): il primo all'inizio dello studio,
il secondo verso la metà e l'ultimo al termine dei dieci anni. Inoltre sono stati effettuati due o
tre screenings del trattamento dell'infarto miocardico acuto. Nel 1994 il WHO/MONICA Project
ha completato la sua osservazione decennale. Più di 300.000 uomini e donne sono stati
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esaminati durante gli screenings e sono stati registrati 166.000 infarti del miocardio. Le località
italiane partecipanti allo studio sono state Montegiorgio, in Italia Centrale, e Crevalcore, nel
Nord Italia. Nei diversi paesi coinvolti nello studio MONICA, a fronte di valori simili di
colesterolemia totale si riscontrano variazioni molto ampie della mortalità da CHD. Negli
uomini, gli eventi coronarici fatali e non-fatali, registrati all'inizio dello studio (1985-1987),
standardizzati per l'età, mostrano un intervallo di variazione di 12 volte dai 915 casi su
100.000 nella Nord Karelia (Finlandia) ai 76 casi/100.000 in Beijing (Cina); nelle donne
l'intervallo di variazione è di 8.5 volte, da 256/100.000 a Glasgow (UK) a 30/100.000
in Catalogna (Spagna). Anche prendendo in considerazione altri due maggiori fattori di rischio,
pressione arteriosa e fumo, nello studio MONICA rimangono inspiegabili oltre i 3/4 delle morti
per CHD; questo sottolinea il fatto che l'incidenza delle malattie a base aterosclerotica, pur
restando l'importanza dei tre maggiori fattori di rischio, è legata ad una più ampia
costellazione di fattori sia aggressivi che protettivi.
Colesterolemia in diversi paesi
Il grafico accanto mostra che i valori medi di colesterolemia misurati subiscono variazioni
anche significative da un paese all'altro: p. es. Stati Uniti 216 mg/dl, Italia 224
mg/dl, Francia 236 mg/dl. In Italia e in Francia i decessi per infarti cardiaci sono nettamente
inferiori che negli Stati Uniti: certamente questa non è una correlazione che sostiene la
tesi colesterolo alto ⇒ alto rischio d'infarto. La differenza (201 ... 244) di ben il 20% (tenendo
però presenti le considerazioni generali sulle caratteristiche degli studi epidemiologici che
confrontano dati di nazioni diverse) lascia pensare all'intervento di fattori molteplici (la
cardiopatia ischemica e l'aterosclerosi hanno una eziologia multifattoriale) che si affianchino
alla colesterolemia, incluse le differenze genetiche. Questa ipotesi trova conforto nella
scoperta, a Limone sul Garda, di una mutazione genetica che aumenta l'efficienza del
colesterolo HDL, tanto che si sta cercando di trovare un metodo di produzione del colesterolo
mutato (detta HDL therapy) da usare come farmaco.
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Controversie sul colesterolo
Contrariamente a quanto si pensa, non è il colesterolo introdotto con l'alimentazione ad
aumentare la colesterolemia, ma il consumo di alcuni acidi grassi saturi, contenuti negli
alimenti, anche se non tutti i grassi saturi agiscono nello stesso modo. L'OMS, nel suo quot;Food
[4]
and health in Europe: a new basis for actionquot; del 2004, sintetizza i risultati degli studi sul
colesterolo e alimentazione: i grassi saturi influiscono, anche se in maniera diversa, sul livello
del colestorolo LDL. Nel dettaglio:
l'acido miristico, contenuto nel latte, è il più forte stimolatore della produzione di LDL
l'acido laurico, contenuto negli olii e grassi da piante tropicali e nel latte in piccole quantità,
l'acido palmitico, contenuto nei grassi animali (carne, pesce e molluschi) e in olii e grassi
da piante tropicali, e alcuni acidi transsaturi sono forti stimolatori della produzione di LDL[5]
l'acido stearico, contenuto nel grasso di manzo e nel lardo di suino, non aumenta il
colesterolo LDL[6]
In particolare, gli acidi transsaturi riducono l'apporto di acidi grassi polinsaturi, soprattutto
di omega 3. Tali grassi sono generati soprattutto nell'idrogenazione dei grassi insaturi,
processo utilizzato per la produzione di margarine industriali a partire da olii vegetali. Gli acidi
polinsaturi riducono il rapporto LDL/HDL, mentre i monoinsaturi non hanno effetto[7]. È dunque
la qualità dei grassi, e del rapporto LDL/HDL, e non il loro apporto totale, a determinare il
fattore di rischio cardiovascolare da colesterolemia.
Tuttavia, nonostante l'enorme mole di dati a favore dell'importanza della colesterolemia come
fattore di rischio cardiovascolare, numerose pubblicazioni sottolineano il pericolo di una bassa
colesterolemia o contestano il ruolo del colesterolo nello sviluppo della malattia
aterosclerotica[8].
Al problema della bassa colesterolemia si è già accennato. Nella già citata metanalisi di Jacob
(1992), gli uomini e, in minor misura le donne, con concentrazioni sieriche di colesterolo totale
<4.2 mmol/l (160 mg/dL) (6° percentile) mostravano un aumento della mortalità totale circa il
10%-20% rispetto ai soggetti con valori compresi tra 4.2 e 5.2 mmol/L (160-199 mg/dL).
Sebbene il problema sia reale e ancora irrisolto, l'eccesso di mortalità totale e per cancro
potrebbe essere parzialmente spiegato dalla preesistenza di malattie subcliniche al basale e
dalla coesistenza di altri fattori aggressivi sconosciuti o non misurati correlati sia alla bassa
colesterolemia che alla mortalità. Ad esempio, nello studio prospettico Honolulu Heart
Program, condotto su circa 8000 uomini di ascendenza giapponese, residenti a Oahu(Hawaii),
nel follow-up a 16 anni, nei soggetti in cui la colesterolemia si era ridotta dai livelli medi a
quelli bassi, vi era un maggior numero di morti per alcuni tipi di cancro, per malattie epatiche e
per mortalità totale, mentre nei soggetti che avevano mantenuto una bassa colesterolemia
stabile, tale eccesso di mortalità non era riscontrabile; dopo 23 anni di follow-up, negli
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individui con colesterolo totale <180 mg/dl, in assenza di elevato consumo di alcool, di fumo e
di ipertensione la bassa colesterolemia non era associata né alla mortalità totale né a quella
per cancro. D'altra parte, vanno menzionati i lavori di Iribarren, in cui una bassa
colesterolemia era associata con rischio maggiore di alcune infezioni, specialmente del tratto
urinario, nonché con un maggior rischio di ospedalizzazione per polmonite.
Se esistono dubbi sul quot;pericoloquot; di una bassa colesterolemia quot;naturalequot;, diverso è il discorso
della bassa colesterolemia ottenuta con il trattamento terapeutico: i più recenti studi con le
statine hanno dimostrato che, in soggetti ad alto rischio cardiovascolare, valori anche molto
bassi di LDL (70-80 mg/dl) si accompagnano a riduzione degli eventi cardiovascolari, senza
che la mortalità totale aumenti oppure, come nel caso dello studio HPS, facendo registrare una
sua diminuizione. Resta da chiarire se questi risultati dipendano dalla sola riduzione della
colesterolemia o invece dall'azione pleiotropica delle statine o dall'insieme dei due fattori
(vedi ipercolesterolemia).
[9]
Immich si è dedicato allo studio di Framingham e ha notato, nel 1997, che lo studio
di Framingham parlava già negli anni sessanta di nessuna correlazione statisticamente
significativa tra colesterolemia e sclerosi coronaria.
La ricerca della Carelia è uno studio epidemiologico a intervento: il governo finlandese ha
promosso uno studio (preoccupato dai tanti decessi cardiovascolari), intervenendo con delle
misure nutrizionali: educazione alla salute: antifumo, antialcol e abbassamento farmaceutico
della colesterolemia nella regione della Carelia del Nord, mentre in tutte le altre regioni non è
stato fatto alcun intervento. Il risultato è stato una riduzione di circa il 20% di decessi per
morte cardiovascolare. Per questo fatto lo studio viene spesso citato da coloro che sostengono
e vogliono promuovere l'abbassamento del colesterolo per minimizzare i rischi cardiovascolari.
Nello stesso lasso di tempo, però, nelle altre regioni della Finlandia, i decessi cardiovascolari si
sono abbassati del 22%, come illustrato da Vartiainen (vedi fonti). Nessuno sa spiegarselo,
sebbene le interpretazioni adotte possano apparire anche molto fantasiose.
In base a queste e ad altre esperienze J. McCormick e P. Skrabanek sono arrivati alla
conclusione che non è possibile prevenire le malattie cardiache coronariche con degli interventi
sulla popolazione[10]
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Valori di riferimento per la colesterolemia
Colesterolo in lavoro normale, a cottimo e a
catena
I valori di riferimento per i parametri medici
vengono normalmente rilevati da un campione di
persone sane. Del parametro rilevato si
determinano media aritmetica semplicem e
la deviazione standard σx, una misura per la
dispersione dei singoli valori. Il valore di riferimento
è di solito m±2σx che include circa il 97% della
popolazione sana.
Esempio: per l'intera popolazione tedesca è
m=210, σx=30: perciò l'intervallo di valori normali
sarà 210 +/- 60 = da 150 a 270 ml/dl. Poiché questi
valori quot;normaliquot; sono eccessivamente alti, per la determinazione dei livelli ottimali di
colesterolemia nella Consensus Conference del 1984 e nelle successive linee guida ATP si è
preferito seguire il criterio del rischio di CHD, per cui sono considerati elevati quei valori per i
quali il rischio coronarico è elevato. Il quot;Pschyrembelquot;, la quot;bibbiaquot; dei medici tedeschi, dà un
valore di riferimento colesterolemico da 115 a 220 ml/dl[11]
Fondamentale comunque è la suddivisione tra frazione di colesterolo LDL e HDL: tanto più è
favorevole alla prima, tanto più alto è il rischio di malattie cardiovascolari. Questo fatto è ben
documentato da studi epidemiologici recenti, che non focalizzandosi solo su uno dei due tipi di
colesterolo, guardano alla loro percentuale relativa e al colesterolo LDL totale. L'unione dei due
parametri consente una buona predittività dei rischi di malattie cardiovascolari[12].
Stress e colesterolemia
Come Timio dimostrò nel suo famoso studio[13], esiste una forte correlazione tra stress e
colesterolemia.
Pare che la colesterolemia aumenti con l'aumentare dei tipici ormoni di
stress: adrenalina, noradrenalina e cortisolo. Pare che il cortisone promuova la lipolisi (il che
aumenta la trigliceridemia) e nel medesimo tempo inibisca l'elaborazione di LDL da parte del
fegato (il che fa aumentare la colesterolemia e peggiora la relazione HDL/LDL).
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I dati furono ripetutamente confermati da altri autori, tra i quali il cardiologo Rosenman[14]. In
questa ottica è messa in dubbio la cura fatta con medicamenti ipolipidemizzanti. Forse la
correlazione tra stress e colesterolemia spiega anche che l'effetto di tali medicamenti sulla
mortalità è scarsa.
Un altro approccio dubbioso è il consiglio di una modifica della dieta: secondo molti studi
affidabili non ha effetto sulla colesterolemia, e inoltre è antiterapeutico, perché un
cambiamento dietetico di solito è parecchio stressante (come ogni modifica di abitudini).
Alimentazione e colesterolemia
Consumo di colesterolo e colesterolemia
Popoli che si nutrono prevalentemente di prodotti animali
come gli Inuit delle regioni polari o i Masai delle steppe
africane hanno delle colesterolemie minori di Europei o
Statunitensi.
Il Ministero della Salute Tedesco ha voluto conoscere con
precisione questo dato per il proprio paese. Lo studio VERA
del 1993, ha dimostrato che non esiste
alcunacorrelazione tra consumo di colesterolo (latte, panna,
uova, burro, grassi animali ecc.) e colesterolemia.[15] Il
rapporto smentirebbe un'opinione diffusa secondo la quale la causa primaria del colesterolo
alto sta nel consumo di alimenti contenenti colesterolo. Una persona che consumi cibi pieni di
grassi saturi e oli idrogenati produrrà inevitabilmente più colesterolo.
Le statine (assumibili in maniera naturale con il Riso Rosso Fermentato), inibiscono la
produzione di ulteriore colesterolo nel fegato che avviene durante la digestione dei cibi grassi,
riportando il tasso complessivo a livelli normali. L'approccio tradizionale è talora criticato
perché agirebbe sui sintomi, e non sulla causa della malattia, laddove i cibi grassi introdotti
con la dieta sarebbero metabolizzati in altro modo. I grassi saturi, in particolar modo l'acido
miristico, aumentano il livello di LDL, mentre i trans-saturi inibiscono l'assorbimento
[16]
degli omega 3, i quali aumentano l'HDL .
Ipercolesterolemia
Un elevato valore di colesterolemia è solo un indice di sospetto per una ipercolesterolemia.
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Occorre controllare altri parametri ed eventuali segni clinici per diagnosticarla.
L'ipercolesterolemia è una di sei malattie lipidemiche, un difetto dei ricettori nella membrana
,
cellulare, responsabili per lo scambio di colesterolo tra lipoproteine e cellula. Accade
normalmente in età avanzata (come p. es. anche il diabete mellito II)
Clinicamente la malattia si manifesta per xantomi tendinosi, xantelasmi e arcus lipoides
cornae (un alone intorno alla pupilla). Dei parametri metabolici sono caratteristici per la
ipercolesterolemia:
low density lipoproteins (LDL) alti
very low density lipoproteins (VLDL) normali
beta-lipoproteine alti
trigliceridi normali o elevati
Come altre tre delle sei malattie del metabolismo dei lipidi coinvolge un alto rischio
per aterosclerosi e va quindi curata.
Fattori rischio per infarto del miocardio
Malauguratamente il termine quot;ipercolesterolemiaquot;
viene spesso usato ambiguamente (nelle nazioni
benestanti) per indicare un valore di colesterol
colesterolo
aumentato. Partendo dalla discutibile
deduzione quot;colesterolo => aterogenesi => infarto
coronarioquot; viene fatta la deduzione
inversa quot;prevenzione infarto coronario =>
prevenzione dell'aterogenesi => cura della
colesterolemia elevataquot; (scientificamente un
peccato mortale). Risulta un comportamento (non lege artis medicae) che si concentra
esclusivamente sulla colesterolemia e non affronta più il discorso dell'aterogenesi e dei tanti
dell'ateroge
fattori rischio coinvolti, talvolta fatale per il paziente (vedi elenco accanto).
L'ipotesi di un nesso tra colesterolemia e malattie aterogene (arteriosclerosi, infarti cardiaci) e
la susseguente deduzione inversa hanno portato a una campagna di prevenzione che non ha
campagna
paragone nella medicina umana delle nazioni industrializzate. Dopo tanti anni si può ormai fare
un bilancio, ed è deludente: una sventata morte cardiovascolare per terapia anticolesterolica
costa (in Svizzera) circa 200.000 sFr. Le statistiche parlano chiaro: sono state osservate 1.000
)
persone con colesterolemia alta tra i 50 e 60 anni per 10 anni (secondo criteri clinici): metà
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era trattata con le solite statine, che abbassano la colesterolemia a valori ritenuti normali,
l'altra metà non era trattata. I risultati erano i seguenti:
Hanno subito una malattia cardiovascolare:
Tra i non medicati 114 per mille
Tra i medicati 80 per mille
Malattie evitate 34 per mille in 10 anni
I costi tra visite mediche, controlli e trattamenti sono stati circa 7.000.000 di franchi svizzeri
(7.000 pro capite). Ripartito su 34 scampate malattie, il costo è stato di circa 200.000 Fr. per
avvenimento impedito.
Per paragone, il trattamento di un infarto cardiaco (evento non impedito) costa da 20.000 a
30.000 Fr.
Fitosterine
Fitosterine (sitosterolo, fitosteroli) sono sostanze lipidiche vegetali, strutturalmente simili al
colesterolo animale. Si trovano in leguminacee come la soia, grano, noci, semi e in dosi
rilevanti nei loro olii pressati a freddo.
L'industria alimentare li usa in grande stile, specialmente l'olio di soia, in margarine e grassi
industriali per pasti prefabbricati con l'indicazione quot;senza colesteroloquot; per la loro clientela
salutistica e vegetariana.
Questo fatto è sorprendente, e contro la legislazione alimentare della maggioranza di Stati
industrializzati, perché:
in malattie genetiche che biosintetizzano fitosterine al posto di colesterolo la sopravvivenza
è ridotta
si usa il sitosterolo come medicamento per prostata ipertrofica
sitosteroli in dosi rilevanti aumentano notevolmente le malattie coronarie[17]
Note
1. ^ M.W. King, S. Marchesini. (EN) Lipid digestion and Lipoproteins. 21 nov 2008. URL
consultato il 2008-11-25.
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9. ^ H. Immich (1997). Cholesterin und Koronarsklerose . Versicherungsmedizin 49: p.
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10. ^ L'articolo è stato pubblicato nel Lancet, una delle più rinomate riviste scientifiche in
campo medico.
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18. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it
18. ^ Assmann G. et al (2006). Plasma sitosterol elevations are associated with an
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GmbH & Co., ISBN 3110181711 - ISBN 9783110176216
Voci correlate
Acido pantotenico
Aterosclerosi
Bile
Colelitiasi
Determinazione del colesterolo
Ipercolesterolemia
Infarto del miocardio
Metabolismo dei lipidi
Niacina
Perossisoma
Steroli
Collegamenti esterni
www.LDLHDL.info Informazione in Inglese
Mutazione di Limone
Ministero della Salute: ipolipemizzanti
(EN) Medical Crossfire - Lipid/Metabolic. URL consultato il 25-11-2008.
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19. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it
(EN) Medical Crossfire - Hot Topics in Hypercholesterolemia: Impact of Recent Clinical
Trial Data on Clinical Practice. URL consultato il 25-11-2008.
(EN) Conference on the Science and Policy of Performance-Enhancing Products Final
Report (pdf), pp. 40. gennaio 2002. URL consultato il 25-11-2008. Rapporto in cui si cita
l'effetto dell'androstenedione sull'HDL
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