Periodico nonviolento calabrese di storia, arte, cultura, politica laica e liberale. Secondo numero speciale dedicato al ruolo del Mezzogiorno nell'Italia unita
La comunità nazionale slovena e il mito della Trieste slovena
Abolire la misera della Calabria n 5/6/7/8/9/10/11/12 del 2010
1. www.almcalabria.org
Nel 150°
dell’Italia Unita
Nel 150°
dell’Italia Unita
Un numero speciale
Un numero unico
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Ma un contributo libero è gradito
Con il contributo della
Periodico nonviolento di Storia, Arte, Cultura e Politica laica liberale calabrese
Mag g io - D ice mbre 2010 - Anno I V - N. 5, 6, 7, 8, 9, 1, 11 e 12
All’interno
E’ ben giusto che chi gode i maggiori privilegi, sia sottomesso ai maggiori sacrifici
INSERTO SPECIALE
LA STAMPA
NEL CENTENARIO
Servono luci radicali,
libertarie e democratiche
nel grigio dell’attuale
situazione culturale italiana
DA MORELLI E
AMMIRA’ A
BERLUSCONI
Le celebrazioni dell’Unità
d’Italia di cui tanto si parla, spesso a sproposito e senza cognizione di causa, hanno riportato all’attualità la storia del nostro Risorgimento: una sorta di
“revival” della questione meridionale che paradossalmente
diventa per la Lega & C questione settentrionale che oggi va
tanto di moda e che quasi sempre finisce per diventare una
occasione per gettare fango sui
“terroni” tra una polenta imboccata al “senatur” ed una “pajata”
in salsa romanesca: tragicomico.
di
Maria Elisabetta Curtosi
>> Pag 4
I campioni di italianità,
forgiati nel collegio
S. Adriano, non restarono
in Calabria
a contenere i loro ideali
---
GLI ITALO
ALBANESI NEL
PROCESSO
DELL’ITALIA
UNITA
La fucina di diavoli
---
Un contributo pieno di
motivi e di orgoglio per la
progenie di tanti eroi
di
Salvatore Colace
&
Nicola Basilio Barbieri
>> a Pag. 5 e 6
Giuseppe Mazzini,
precursore del
nuovo diritto
pubblico europeo
L'apostolo che ci ha mostrato
il cammino verso un nuovo mondo
di
F.C. & G.C.
>> a Pag. 8
ISSN 2037-394X
Con il contributo della
Presagi e moniti di Benedetto Musolino
Un calabrese dalla “costante fede italiana” che “amava aguzzare l’occhio nell’avvenire della Patria”
Una riforma radicale: L'imposta progressiva per combattere la lussuria irrompente del capitale
di
Giuseppe Candido e Filippo Curtosi
Q
uando la politica, anche quella calabrese,
sembra perdere il suo senso d'Unità pensando a secessioni e partiti “meridionali”
per competere con la La Lega del Nord,
forse non è davvero
tempo
sprecato
guardarci indietro, non Speciale 150°
per commemorare, ma dell’Italia Unita
per trarre, dai migliori,
l’esempio.
In una piazza di Pizzo
di Calabria, la bella epigrafe
dettata
da
Ferdinando Martini fa
ammenda
dell’aspro
giudizio di taluni contemporanei, e dice in
sintesi della vita e delle
gesta di Benedetto
Musolino (Pizzo, 18081885), patriota e politico Senatore del Regno
d’Italia nella XIII legislatura. A ricordarlo era
Alfredo
Gigliotti,
direttore di una vecchia
rivista di “Rassegna
Calabrese”. Un mensile
di vita, cultura, informazioni
che,
nel
numero unico di novembre e dicembre del 1961, in
occasione del centenario dell’Unità d’Italia, ne
ripercorreva la vita e le gesta per consentire ai posteri di “correggere le sentenze ingiuste”. Perché,
scriveva il Gigliotti, “E' ben vero che i posteri sono
quasi fatti apposta per correggere le sentenze
ingiuste dei predecessori”. La famiglia Musolino
occupa uno dei cospicui posti della storia del
Risorgimento: lo zio e il Padre di Benedetto erano
stati patrioti del novantanove ed avevano dovuto
emigrare a causa della persecuzione delle bande del
Cardinale Ruffo; lo zio Domenico e il figlio primogenito Saverio, erano stati poi uccisi durante la
reazione del ’48; una sorella del giovane Benedetto
fu madre di Giovanni
Nicotera.
Ma tutte le virtù
familiari e patriottiche
sembrarono
riassumersi
in
Benedetto Musolino,
nato l’8 febbraio
1809.
Giovanissimo, visitò
l’Impero Ottomano ;
studente a Napoli
fondò,
con
Luigi
Settembrini una sua
“Giovine Italia”, una
setta nota col nome di
“Figlioli
della
Giovine Italia”, men
fortunata di quella del
Mazzini; cospiratore
soffrì il carcere, combattente all’Angitola,
nel
’49
promosso
Colonnello di Stato
Maggiore, ritornò dall’esilio di Francia per
raggiungere Garibaldi in Sicilia.
Fu quindi capo dell’insurrezione calabrese del 1860
e “deputato garibaldino al parlamento fino alla XIII
Legislatura, ove portò alta e generosa l’affermazione
della sua costante fede italiana”.
L’8 maggio del 1839 venne arrestato e assieme a lui
presero la via del carcere anche il fratello Pasquale,
Saverio Bianchi, Raffaele Anastasio e Luigi
Settembrini. Liberato tre anni più tardi gli venne
imposto di raggiungere il proprio...
>> Pag 7
“Fu nell'800 il formarsi dell'Italia come Stato unitario”
TRA RIFLESSIONE STORICA E NUOVE RAGIONI DI IMPEGNO CONDIVISO
Riproporre le acquisizioni della nostra cultura storica, relative a quel che hanno rappresentato il Risorgimento e la sua conclusione nella storia d'Italia e d'Europa
di Giorgio Napolitano
P
ubblichiamo il testo dell’intervento del Presidente Napolitano: "Verso
il 150° dell'Italia Unita: tra riflessione
storica e nuove ragioni di impegno condiviso",
gentilemte concessoci con nota ufficiale
(Prot. SGPR 11/06/2010 0062663 P) a
firma del Segretario Generale del Presidente
della Repubblica, Pasquale Cascella che ci ha
“Rappresentato i sensi del Presidente Giorgio
Napolitano per l’iniziativa di dedicare un
numero del periodico “Abolire la miseria della
Calabria” al tema del Mezzogiorno nel centocinquantenario dell’Unità d’’Italia”.
Rngraziando con cuore il Presidente Giorgio
Napolitano e il Segretario Generale Cascella, a
nome di tutta la redazione porgiamo il nostro
saluto augurale per un Buon 2011 al Garante
della Costituzione che dà ascolto ai giovani.
***
Roma, Accademia dei
Lincei, 12/02/2010
Presidente Ciampi, Autorità,
Signore e Signori, ringrazio
vivamente il Presidente Maffei
per le sue cortesi parole di saluto. E ringrazio
con lui e con il Vice Presidente Professor
Quadrio Curzio, voi tutti, signori Soci
dell'Accademia, per il privilegio e per l'occasione che mi avete offerto invitandomi a presentare in questa sede così rappresentativa e
autorevole, le convinzioni che mi guidano in
vista di un evento di straordinario rilievo istituzionale.
La convinzione, in primo luogo, che la cultura italiana, in tutte le sue espressioni, sia
chiamata a dare un contributo essenziale alle
celebrazioni del centocinquantenario
dell'Unità. Parlo innanzitutto, naturalmente,
della cultura storica, il cui ricco patrimonio di
studi sul Risorgimento e sul processo unitario
merita di essere richiamato all'attenzione generale e riproposto nel modo più incisivo
dinanzi al grave deficit di conoscenze storiche
diffuse di cui soffrono intere generazioni di
italiani. La riflessione storica, ed egualmente
l'indagine sulle vicende politico-istituzionali
ed economico-sociali, debbono peraltro
abbracciare l'evoluzione dell'Italia unita nei
periodi successivi alla fondazione del nostro
Stato nazionale, fino a consentire un bilancio
persuasivo da far valere nel tempo presente.
Perché in effetti con l'avvicinarsi del centocinquantenario si vedono emergere, tra loro
strettamente connessi, giudizi sommari e
pregiudizi volgari sul quel che fu nell'800 il
formarsi dell'Italia come Stato unitario, e
>> Pag 2, 3 e 4
2. A b o l i re l a m i s e r i a d e l l a C a l a b r i a
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Pag 2
Speciale 150° dell’Italia Unita
TRA RIFLESSIONE STORICA E NUOVE RAGIONI DI IMPEGNO CONDIVISO
Per riproporre le acquisizioni della nostra cultura storica, relative a quel che hanno rappresentato il Risorgimento e la sua conclusione nella storia d'Italia e d'Europa
segue dalla prima
bilanci approssimativi e tendenziosi, di stampo liquidatorio, del lungo cammino percorso dopo il cruciale 17 marzo
1861. C'è chi afferma con disinvoltura che sempre fragili
sono state le basi del comune sentire nazionale, pur alimentato nei secoli da profonde radici di cultura e di lingua ; e
sempre fragili, comunque, le basi del disegno volto a
tradurre elementi riconoscibili di unità culturale in fondamenti di unità politica e statuale. E c'è chi tratteggia il
quadro dell'Italia di oggi in termini di così radicale divisione, da ogni punto di vista, da inficiare irrimediabilmente il progetto unitario che trovò il suo compimento nel
1861.
di Giorgio Napolitano
proclamata poco più di un anno prima. E ci si può chiedere
se si tratta di un'espressione rituale, di una meditata e convinta visione della condizione effettiva del Paese, o di un
supremo, vincolante impegno politico e morale. Ma in
quel momento non poteva comunque mancare, nei padri
costituenti, la consapevolezza di come l'unità della nazione
e dello Stato italiano fosse stata appena, faticosamente
messa al riparo da prove durissime che l'avevano come non
mai minacciata. Una consapevolezza che dovrebbe oggi
essere seriamente recuperata : avrebbero potuto resistere a
quelle prove le basi della nostra unità nazionale se fossero
state artificiose, fragili, poco sentite e condivise, come da
qualche parte si continua a ripetere? L'unità forgiatasi nel
Risorgimento aveva ben presto dovuto far fronte all'esplodere - già nell'estate del 1861 - del brigantaggio meridionale, che sembrò mettere in causa l'adesione delle popolazioni del Mezzogiorno al nuovo Stato nazionale, e su cui
1859
fece leva il tentativo borbonico di suscitare una guerriglia
politica a fini di restaurazione. Le forze del giovane Stato
italiano dovettero impegnarsi per anni, fino al 1865, per
sventare quel tentativo, per sconfiggere militarmente il
"grande brigantaggio", senza che peraltro venissero date
risposte a quel che era stata anche una disperata guerriglia
sociale dei contadini poveri del Mezzogiorno.
Le ragioni storiche profonde dell'Unità risultarono
più forti dei limiti e delle tare, pure innegabili, dell'unificazione compiutasi nel 1860-61 ; e ressero per lunghi
decenni, da un secolo all'altro, a fratture e sommovimenti
sociali, a conflitti e rivolgimenti politici che pure giunsero
a scuotere l'Italia unita. Ma con la crisi succeduta alla prima
guerra mondiale, con il rovesciamento, ad opera del fascismo, delle istituzioni liberali dello Stato unitario, e con la
conseguente estrema deriva nazionalistica e bellicista della
Non deve sottovalutarsi la presa che può avere in diversi politica italiana, si crearono le premesse per un fatale
strati dell'opinione pubblica questa deriva di vecchi e nuovi processo dissolutivo che culminò emblematicamente nella
luoghi comuni, di umori negativi e di calcoli di parte. E giornata dell'8 settembre del 1943.
bisogna perciò reagire all'eco che suscitano, in sfere lontane Quando l'Assemblea Costituente si riunisce a
da quella degli studi più seri, i rumorosi detrattori Roma e si mette all'opera per assolvere il suo mandato, essa
dell'Unità italiana.
ha dunque alle spalle precisamente il collasso dello Stato
Ci sarà modo, nel corso di quest'anno e del prossimo, attra- che era nato, nazionale e unitario, sotto l'egida della
verso iniziative di molteplice natura già in via di program- monarchia sabauda, per finire travolto dalla degenerazione
mazione, di lumeggiare - nel rapporto con pubblici qualifi- totalitaria e dall'avventura di guerra del fascismo, avallata
cati e con più vaste comunità di cittadini - passaggi essen- dalla monarchia. Non a caso, lo Stato rinasce nella forma
ziali, e fondamentali figure di protagonisti, del processo repubblicana, per volontà popolare, e si appresta a darsi un
unitario. E bisognerà così rivalutarne e farne rivivere anche nuovo quadro di istituzioni, di principi e di regole per
aspetti e momenti esaltanti e gloriosi, mortificati o irrisi accogliere le istanze di libertà, di democrazia, di progresso
spesso per l'ossessivo timore di cedere alla retorica degli civile e sociale, di degna e pacifica presenza nel mondo, di
ideali e dei sentimenti.
un'Italia che ha ritrovato la sua unità. L'ha ritrovata a carisIo vorrei solo - guardandomi dal tentare impossibili sintesi simo prezzo. Perché allo sfacelo del vecchio Stato sono
- suggerire, qui, il punto di osservazione dal quale si può seguiti gli anni dell'occupazione straniera, liberatrice al
meglio cogliere la forza e la validità dell'esperienza storica Sud e ferocemente dominatrice al Nord ; sono seguiti i 20
dell'Italia unita. Un punto di riferimento come quello cos- mesi dell'Italia tagliata in due.
tituito dagli eventi che fanno per così dire da spartiacque E' guardando all'estrema drammaticità di quell'ancora
tra l'Italia che consegue la sua unità e l'Italia che inizia, vicinissimo e scottante retroterra storico, che si può - dalottantacinque anni dopo, la sua nuova storia. Parlo del l'altura, per così dire, della neonata Repubblica e della sua
momento segnato dall'avvento della Repubblica, dal- appena insediata Assemblea Costituente - osservare e pienl'elezione dell'Assemblea Costituente, dall'avvio e dallo amente valutare la profondità delle radici su cui l'unità
svolgimento dei lavori di quest'ultima.
della nazione italiana ha dimostrato di poggiare e di poter
Campeggia, nella Carta che l'Assemblea giunse ad fare leva. Nel dicembre 1943 Benedetto Croce si diceva
adottare nella sua interezza il 22 dicembre 1947, l'espres- "fisso nel pensiero che tutto quanto le generazioni italiane
sione "una e indivisibile", riferita alla Repubblica ch'era stata avevano in un secolo costruito politicamente, economicamente e moralmente è distrutto" ; e infatti tra il
'43 e il '45 l'Italia unita rischiò di perdere la sua
ABOLIRE LA MISERIA DELLA CALABRIA
dignità e indipendenza nazionale e vide perfino
w w w. A L M C A L A B R I A . o r g
insidiata la sua compagine territoriale.
periodico nonviolento di storia, arte, cultura e politica laica liberale calabrese
Solo l'Italia e la Germania hanno conosciuto
ISSN: 2037-3945 (Testo stampato) 2037-3953 (Testo On Line)
----------------------------------------------------------------------------------- nel '900 rischi così estremi come Stati-Nazione ;
Direttore Responsabile: Filippo Curtosi
la Germania, a partire dagli anni '50, addirittura
Direttore Editoriale: Giuseppe Candido
nei termini di una prolungata, forzosa sepaVice Direttori: Giovanna Canigiula, Franco Vallone
razione in due distinte e contrapposte entità stat----------------------------------------------------------------------------------uali, che avrebbe infine superato riunificandosi
Editore: Associazione culturale di volontariato
grazie al mutamento radicale intervenuto negli
“NON MOLLARE” - Via Ernesto Rossi, 2 - Cessaniti (Vibo Valenza)
assetti mondiali.
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L'Italia poté nel 1945 ricongiungersi come paese
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Periodico partecipativo: la collaborazione è libera a tutti ed è da nazionale ; il senso dell'onore e la fedeltà all'Italia
delle nostre unità militari che seppero reagire ai
considerarsi totalmente gratuita e volontaria
Gli articoli riflettono il pensiero degli autori che si assumono la responsabilità di fronte la legge
soprusi tedeschi e impegnarsi nella guerra di
Hanno collaborato a questo numero:
Liberazione fino alla vittoria sul nazismo ; la
Nicola Basilio Barbieri, Giuseppe Candido, Salvatore Colace,
sapienza delle forze politiche antifasciste, che
Filippo Curtosi, Maria Elisabetta Curtosi
trovarono la strada di un impegno comune per
Progetto Grafico e impaginazione : Giuseppe Candido
gettare le basi di una nuova Italia democratica e
Questo numero è stato chiuso il 28 Dicembre 2010 alle ore 23,30 assumerne la rappresentanza nel quadro inter-
nazionale che andava delineandosi a conclusione della
guerra.
Quella sapienza fu impiegata anche e in particolare per
superare spinte centrifughe in regioni di confine, a Nord e
ad Est, e per sventare l'insidia del separatismo siciliano. La
risposta fu trovata nell'originale invenzione dell'autonomia
delle Regioni a statuto speciale : innanzitutto con l'approvazione per decreto legislativo - il 15 maggio 1946 dello Statuto della Regione Siciliana, mentre con l'Accordo
De Gasperi-Gruber firmato a Parigi il 5 settembre 1946
furono poste le basi della Regione Trentino-Alto Adige.
Il fenomeno più grave con cui il governo nazionale dové
confrontarsi nella fase difficilissima dell'affermazione della
propria autorità e della creazione delle premesse per un
nuovo assetto istituzionale del paese, fu costituito dal presentarsi del Movimento Indipendentista Siciliano come
forza organizzata in grado di catalizzare spinte antiunitarie
di contestazione aggressiva del possibile ricomporsi e consolidarsi di un potere statuale sempre centralizzato. La storia dell'autonomismo e indipendentismo siciliano aveva
nell'800 borbonico attraversato diverse fasi, sfociando dopo il compimento dell'Unità e l'ingresso della Sicilia nel
Regno d'Italia - in un apporto originale al dibattito sulla
formazione del nuovo Stato nazionale. L'insoddisfacente
conclusione di quel dibattito aveva lasciato sedimenti non
superficiali nell'opinione siciliana, che riaffiorarono congiungendosi a nuove ragioni di malcontento e a nuove
aspirazioni sociali quando, con il crollo del fascismo e dell'impalcatura statale che su di esso si reggeva, sembrò presentarsi una nuova, storica occasione per l'indipendenza
della Sicilia dall'Italia.
L'occasione sembrava - soprattutto ai capi del movimento
indipendentista - essere offerta dall'occupazione
angloamericana dell'Isola e da un presunto incoraggiamento da parte delle autorità alleate. Sulla complessità politica
di quel movimento, sul suo non trascurabile grado di
velleitarismo, sulle sue intrinseche contraddizioni, gli storici hanno indagato attentamente giungendo a giudizi molto
ponderati, anche in rapporto ad aspetti come quello dei
tentativi d'infiltrazione e di condizionamento da parte
della mafia. Ma resta il fatto che il Movimento guidato da
Andrea Finocchiaro Aprile acquisì tra la fine del '43 e
l'inizio del '44 un carattere di massa, reclutando centinaia
di migliaia di aderenti. E se in ultima istanza fu proprio
1861
l'evoluzione del quadro internazionale dal quale esso aveva
inizialmente tratto forza, a liquidare quel Movimento, il
governo di Roma e le forze politiche antifasciste che lo guidavano dovettero prendere decisioni difficili e a rischio di
errore, prima di giungere alla scelta fondamentale, che
valse a disinnescare la miccia separatista e a riassorbire un
fenomeno la cui pericolosità non può in sede storica essere
sottovalutata.
Parlo della scelta di riconoscere alla Sicilia uno speciale
Statuto di autonomia, la cui elaborazione fu affidata a
un'apposita Consulta Regionale e infine, nel maggio '46
come ho ricordato, recepita per decreto dal governo.
Certo, la prova costituita dalla minaccia separatista siciliana venne superata anche grazie al fatto che più forte dell'impulso a staccarsi dall'Italia risultò l'impronta lasciata
nella popolazione dell'Isola dal concorso attivo e consapevole dell'aristocrazia e della borghesia al moto risorgimentale ; nonché il lascito della "larga partecipazione dell'intelligenza politica e culturale siciliana alla costruzione della
realtà nazionale e statale italiana nei decenni seguiti
all'Unità". Ma non c'è dubbio che per mettere in sicurezza,
dopo la Liberazione, l'unità dell'Italia, essenziale fu la cor-
3. Speciale 150° dell’Italia Unita
rezione dell'indirizzo adottato al momento della formazione dello Stato unitario a favore di una sua rigida centralizzazione e di una forzosa unificazione amministrativa
e legislativa sullo stampo piemontese.
Era stata una visione realistica della sola strada percorribile
per fondare il nuovo Stato su basi unitarie prevenendo il
rischio del riaccendersi di particolarismi locali e di pericolose spinte centrifughe, a prevalere su propositi e progetti di sia pur ponderata apertura verso il ruolo delle regioni.
Ma Francesco Ferrara vide in ciò acutamente la tendenza a
"confondere l'ordine con l'uniformità e l'unità con la forza".
La necessità di correggere quell'indirizzo originario si
espresse già nel 1946, come ho ricordato, col riconoscimento di uno speciale Statuto di autonomia alla Sicilia, alla
Sardegna e - con impegni di valore internazionale - alle
regioni di frontiera bilingui ; ma poi si proiettò in termini
1866
generali in sede di definizione dei principi costituzionali e
dell'ordinamento della Repubblica. Così non a caso il
richiamo alla Repubblica "una e indivisibile" è collocato in
apertura di quello che diverrà - nella redazione definitiva
della Carta - l'articolo 5, cui conseguirà il Titolo V, comprendente l'istituzione delle Regioni "a Statuto ordinario".
Il richiamo all'unità e indivisibilità della Repubblica vale a
segnare, tra i "Principi fondamentali" quello di un invalicabile vincolo nazionale ; e nello stesso tempo mette in evidenza come il riconoscimento e la promozione delle
autonomie siano parte integrante di una visione nuova dell'unità della nazione e dello Stato italiano.
Meuccio Ruini fu a questo proposito esplicito nella
relazione con cui presentò, nel febbraio 1947,
all'Assemblea Costituente il progetto elaborato dalla
Commissione dei 75 : "L'innovazione più profonda
introdotta dalla costituzione è nell'ordinamento strutturale dello Stato, su basi di autonomia ; e può aver portata decisiva per la storia del Paese. (...) Sarebbe stato naturale
e logico che, all'atto dell'unificazione nazionale, si mantenesse qualcosa delle preesistenti autonomie ; ma prevalsero
il timore e lo «spettro dei vecchi Stati» ; e si svolse irresistibilmente il processo accentratore. E' oggetto di dispute
quali ne furono gli inconvenienti, ed anche i vantaggi ;
molti dei malanni d'Italia si attribuiscono all'accentramento ; in ispecie pel mezzogiorno ; se anche tutti gli studiosi
meridionalisti non sono fautori di autonomia.
Certo si è che oggi assistiamo - e per alcune zone ci troviamo col fatto compiuto - ad un fenomeno inverso a quello
del risorgimento, e sembra anch'esso irresistibile, verso le
autonomie locali. Non si tratta soltanto, come si diceva
allora, di «portare il governo alla porta degli amministrati», con un decentramento burocratico ed amministrativo, sulle cui necessità tutti oggi concordano; si tratta di
«porre gli amministrati nel governo di sé medesimi»".
Quella fu dunque la scelta dei Costituent: e io mi limito ora a rievocarla - qualunque giudizio si possa esprimere
sugli svolgimenti che essa ha avuto nei decenni successivi solo per integrare l'argomento da cui sono partito sulla
profondità delle ragioni e delle radici del processo unitario
e sulla drammaticità delle prove da esso superate in
frangenti storici cruciali ; per integrare questo argomento
con quello dell'efficacia che scelte volte a incidere su
antichi e nuovi motivi di debolezza dell'Unità possono
avere al fine di rafforzarne le basi e le prospettive.
E qui non posso non toccare il tema del più grave dei
motivi di divisione e debolezza che hanno insidiato e insidiano la nostra unità nazionale. Mi riferisco, ovviamente,
alla divaricazione e allo squilibrio tra Nord e Sud, alla condizione reale del Mezzogiorno. Anche le analisi più recenti hanno confermato quanto profondo resti, per molteplici
aspetti, il divario tra le regioni del Centro-Nord e le regioni
meridionali, al di là delle pur sensibili differenziazioni che
tra queste ultime si sono prodotte.
E oggi meritano forse una riflessione formule come quella,
A b o l i re l a m i s e r i a d e l l a C a l a b r i a
www.almcalabria.org
per lungo tempo circolata, della "unificazione economica"
che avrebbe dovuto seguire e non seguì alla "unificazione
politica" del paese ; s'impone un approccio meno schematico, più attento alle peculiarità che possono caratterizzare lo
sviluppo nelle diverse parti del paese, e ai modi in cui se ne
può perseguire l'integrazione riducendosi il divario tra i
relativi ritmi di crescita. Si impone un approccio più attento a tutte le molteplici componenti di un aggravamento
della questione meridionale che ha la sua espressione più
evidente nel peso assunto dalla criminalità organizzata. E
nell'allargare e approfondire l'analisi, si incontra il nodo di
una crisi di rappresentanza e direzione politica nel
Mezzogiorno che è stata fatale dinanzi alla prova dell'autogoverno regionale.
E' futile e fuorviante assumere questo stato di cose come
prova che l'Italia non è unita e non può esserlo. Si deve
comprendere che la condizione del Mezzogiorno pone il
più preoccupante degli interrogativi per il futuro del paese
nel suo complesso. L'affrontare nei suoi termini attuali la
questione meridionale non è solo il maggiore dei doveri
della collettività nazionale, per avere essa fatto della
trasformazione e dello sviluppo del Mezzogiorno una delle
missioni fondative dello Stato unitario ; ma è anche un
impellente interesse comune, perché è lì una condizione e
insieme un'occasione essenziale per garantire all'Italia un
più alto ritmo di sviluppo e livello di competitività. E
infine, per ardui che siano gli sforzi da compiere, non c'è
alternativa al crescere insieme, di più e meglio insieme,
Nord e Sud, essendo storicamente insostenibili e obbiettivamente inimmaginabili nell'Europa e nel mondo d'oggi
prospettive separatiste o indipendentiste, e più semplicemente ipotesi di sviluppo autosufficiente di una parte
soltanto, fosse anche la più avanzata economicamente,
dell'Italia unita.
Tutte le tensioni, le spinte divisive, e le sfide nuove con cui
è chiamata a fare i conti la nostra unità, vanno riconosciute,
non taciute o minimizzate, e vanno affrontate con il necessario coraggio.
Di queste sfide è bene avere una visione non provinciale. Non è solo l'Italia che vede messa alla prova la sua
identità e funzione di Stato nazionale nel rapporto con
l'integrazione europea. Il nostro è sempre stato tra i paesi
fondatori dell'Europa comunitaria più sensibili e aperti
all'autolimitazione della sovranità nazionale come elemento costitutivo della costruzione di un'Europa unita. Ciò
non ha peraltro mai significato - anche per i più conseguenti fautori, fin dal 1950, di un modello d'Europa con
significativi connotati sovranazionali - sottovalutare il peso
degli Stati nazionali e degl'interessi nazionali, né tantomeno il ruolo delle identità storico-culturali nazionali.
Un grande intellettuale e patriota polacco ed europeo,
Bronislaw Geremek ha scritto che "la diversità delle culture
nazionali resta la più ricca risorsa dell'Europa". Nessuna
contraddizione, dunque, con la ricerca e l'identificazione
di un nucleo comune di esperienze e valori europei in cui
riconoscersi e da porre a base di una identità e solidarietà
europee.
Occorre invece - e lo dico ancora con parole di Geremek "superare gli egoismi nazionali che si esprimono nel giuoco
delle relazioni intergovernative e fare appello a un senso di
appartenenza condivisa che vada al di là dei sentimenti
nazionali". Nel conflitto e nel defatigante sforzo di compromesso tra interessi nazionali, non possono che risultare
perdenti il processo di integrazione europea e anche, in
particolare, la posizione italiana. Già decenni fa Jean
Monnet sottolineò che "la cooperazione tra le nazioni, per
importante che sia", non fornisce "una soluzione per i grandi problemi che ci incalzano ... Quel che bisogna
perseguire è una fusione degli interessi dei popoli europei,
e non semplicemente il mantenimento degli equilibri tra
questi interessi". Quel monito è drammaticamente attuale :
fusione di interessi e condivisione di sovranità, perché
l'Europa possa svolgere il suo ruolo peculiare, come soggetto unitario, e non rischiare di scivolare nell'irrilevanza, nel
mondo globalizzato di oggi e di domani.
L'identità e la funzione nazionale dell'Italia unita
possono dispiegarsi solo in questo quadro, solo contribuendo decisamente all'affermarsi di questa prospettiva
di sviluppo nuovo e più avanzato dell'integrazione europea.
Nella fase di cambiamento della realtà mondiale che stiamo vivendo, ci si interroga in altri paesi anche più che in
Italia su come si possa e debba intendere l'identità
nazionale e far vivere l'idea di Nazione. In Francia, lo stesso Presidente della Repubblica ha sollecitato una ricerca e
aperto un dibattito pubblico su questo tema, vedendo vacillare antiche certezze sotto la pressione di molteplici fattori, riconducibili soprattutto al più generale processo di
mondializzazione.
Il punto cruciale del dibattito francese appare quello della
necessità di reagire a forme di chiusura comunitaria che
Pag 3
accompagnano il crescere dell'immigrazione, presentando
un'idea aperta, generosa, non statica della Nazione e della
sua identità, senza voler imporre l'uniformità e favorendo
l'integrazione delle nuove leve di immigrati.
Negli Stati Uniti, è da anni in corso la riflessione sulla tenuta dell'identità e dell'unità della Nazione, di fronte ai mutamenti indotti da nuove ondate migratorie delle più diverse
provenienze. In California, negli anni '90 la comunità
ispanica è cresciuta del 70 per cento, la comunità asiatica
del 127 per cento ; tra il 1980 e il 1990 la percentuale dei
bianchi è scesa dal 76 al 57 per cento.
Da Arthur Schlesinger jr, una voce tra le più alte della cultura liberal americana, venne già con un libro del 1992 "The disuniting of America" - l'allarme per un processo di
frammentazione della società in più comunità etniche separate. Egli vide messa alla prova quella capacità di governare la diversità etnica "che nessuna nazione nella storia
ha mostrato" di possedere al pari dell'America, paese multietnico fin dall'inizio. La sfida investe l'idea stessa di una
cultura comune e dell'appartenenza a una stessa società,
l'esperienza straordinaria del melting pot, della trasformazione della diversità in unità attraverso la leva del Credo
Americano, di una cultura civica che unificava e assimilava.
Quelle risorse non sono però esaurite, concluse Schlesinger
facendo professione di ottimismo, ovvero di fiducia nella
possibilità di coltivare, tutti, le culture e le tradizioni cui si
è legati senza rompere i vincoli della coesione - comuni ideali e comuni istituzioni politiche, lingua e cultura comune,
senso profondo di un comune destino. Essenziale è, in
definitiva, nella valutazione di Schlesinger, ristabilire l'equilibrio tra l'unum e il pluribus.
Un altro importante studioso, Samuel Huntington, in un
libro meno ottimistico sul futuro dell'identità nazionale
americana - drammaticamente intitolato "Who are we?
Chi siamo noi?" - ha ammonito : "I dibattiti sulla identità
nazionale sono una caratteristica pervasiva del nostro
tempo ; le crisi delle identità nazionali sono divenute un
fenomeno globale".
Chiudo questa digressione, volta a suggerire un allargamento delle nostre riflessioni e discussioni italiane, volta
cioè a dare una percezione corretta di quel che accomuna e
di quel che distingue le sfide, le prove cui sono sottoposte
le compagini nazionali in Italia e variamente in Europa o,
su scala e su basi molto diverse, negli Stati Uniti, protagonisti della più grande e ricca esperienza di costruzione
democratica unitaria.
Naturalmente, noi abbiamo da fare come italiani il nostro
esame di coscienza collettivo cogliendo l'occasione del centocinquantenario dell'Unità d'Italia. Possiamo farlo, non
ignorando certo i modi concreti della nascita dello Stato
unitario, le scelte che prevalsero nel confronto tra diverse
visioni del percorso da seguire e dello sbocco cui tendere ;
non ignorando, anzi approfondendo i termini di quell'aspra dialettica, ma senza ricondurre ai vizi d'origine della
nostra unificazione statuale tutte le difficoltà successive
dell'Italia unita così da approdare a conclusioni di
sostanziale scetticismo sul suo futuro.
Le delusioni e frustrazioni che furono espresse anche
da figure tra le maggiori del moto risorgimentale, e che
operarono nel profondo dei sentimenti e degli atteggiamenti popolari, hanno sin dall'inizio costituito un problema da affrontare guardando avanti. Questo fu, io credo,
l'apporto del meridionalismo che - con Giustino
Fortunato, e grazie anche a illuminati uomini del Nord - si
caratterizzò come grande cultura dell'unitarismo critico,
impegnata a indicare la necessità di nuovi indirizzi nella
politica generale dello Stato nazionale la cui unità veniva
però riaffermata categoricamente nel suo valore storico.
Certo, la frattura più grave di cui il nostro Stato
nazionale ha fin dall'inizio portato il segno e che ha
finito per protrarsi - nonostante i tentativi, benché non
del tutto privi di successo, messi
... Continua a pag 4
1870
4. Pag 4
in atto a più riprese - e quindi restando ancor oggi cruciale, è quella tra Nord e Sud. E ho già detto in quali
termini essa ci si presenti ora e ci impegni più che mai. Ma
altre fratture originarie si sono ricomposte : come quella
tra Stato e Chiesa, tra il nuovo Stato, che anche con il contributo degli uomini del cattolicesimo liberale nel corso del
Risorgimento era stato concepito, e la Chiesa spogliata,
perdendo Roma, del potere temporale. E, come ho notato
nella prima parte del mio intervento, molte altre prove,
anche assai dure, sono state superate con successo dalla
comunità nazionale.
Sono convinto che nell'"età della Costituente", negli
anni decisivi, cioè, della ricostruzione, su basi repubblicane
e democratiche, del nostro Stato unitario, venne recuperata "l'eredità del Risorgimento", dissoltasi - secondo il
giudizio di Rosario Romeo - nelle "vicende della prima
metà del Novecento, con le due guerre mondiali e l'avventura totalitaria". In effetti, la fine dell'epoca dei nazionalismi dilaganti e dei conflitti da essi scaturiti, consentì la
riscoperta di quell'identificarsi dell'idea di Nazione con
l'idea di libertà che aveva animato il moto risorgimentale.
L'idea di Nazione, il senso della Patria, attorno ai quali
nella prima metà del secolo scorso gli italiani si erano divisi
ideologicamente e politicamente, divennero nuovamente
unificanti facendo da tessuto connettivo dell'elaborazione
della Carta Costituzionale.
C'è da chiedersi quanto, da alcuni decenni, questo patrimonio di valori unitari si sia venuto oscurando - anche
nella formazione delle giovani generazioni - e come ciò
abbia favorito il diffondersi di nuovi particolarismi, di
nuovi motivi di frammentazione e di tensione nel tessuto
della società e della vita pubblica nazionale. E non possiamo dunque sottovalutare i rischi che ne sono derivati e
che ci si presentano oggi, alla vigilia del centocinquantesimo anniversario dell'Unità.
E' indispensabile, ritengo, un nuovo impegno condiviso
per suscitare una ben maggiore consapevolezza storica del
nostro essere nazione e per irrobustire la coscienza
nazionale unitaria degli italiani. Dobbiamo innanzitutto torno a sottolinearlo - attingere a una ricerca storiografica
che ha dato, fino a tempi recenti, frutti copiosi e risultati di
alto livello : come il fondamentale studio dedicato da
Rosario Romeo a Cavour e al suo tempo. Uno studio dal
quale emerge il ruolo preminente e innegabilmente decisivo dello statista piemontese, guidato dalla "convinzione
che esistesse una sola nazione italiana e che essa avesse
diritto a una propria esistenza politica" ; il ruolo decisivo di
quel Cavour grazie al quale, al Congresso di Parigi del
1856, per la prima volta nella storia uno Stato italiano
aveva "pensato a tutta l'Italia" e "parlato in nome dell'Italia".
Nello stesso tempo, è emersa ad opera degli studiosi tutta
la ricchezza del processo unitario e degli apporti che ad
esso vennero dai rappresentanti più alti di concezioni pur
così diverse del movimento per l'Unità, come Cavour,
Mazzini, Cattaneo, Garibaldi, che concorsero, dando vita
all'Italia unita, al maggior fatto nuovo nell'Europa di quel
tempo.
Ebbene, è pensabile oggi un forte impegno per
riproporre le acquisizioni della nostra cultura storica, relative a quel che hanno rappresentato il
Risorgimento e la sua conclusione nella storia
d'Italia e d'Europa? E per collegarvi una riflessione
matura su tappe essenziali del lungo percorso successivo,
fino alla rigenerazione unitaria espressasi nei valori comuni posti a base della Costituzione repubblicana? Dovrebbe
essere questo il programma da svolgere di qui al 2011 : un
impegno che vogliamo considerare pensabile e possibile,
anche perché ci sono nuove e stringenti ragioni per condividerlo.
Questo esigono le incompiutezze dell'opera di edificazione
dello Stato unitario, prima, e dello Stato repubblicano disegnato dai Costituenti, dopo, e le nuove sfide al cui superamento è legato il nostro sviluppo nazionale, ed è nello stesso tempo legato il nostro apporto al rilancio di un'Europa
riconosciuta e assertiva nel mondo che è cambiato e che
cambia. Non c'è bisogno che dica a voi quale sforzo e contributo si richieda al mondo della cultura e alle sue istituzioni. Ma l'impegno condiviso di cui parlo implica una
svolta da parte dell'insieme delle classi dirigenti, un autentico scatto di consapevolezza e di volontà in modo particolare da parte delle forze che hanno, o possono assumere,
responsabilità nella sfera della politica.
Spero ci si risparmi il banale fraintendimento del vedere
sempre in agguato l'intento di un appello all'abbraccio
impossibile, alla cessazione del conflitto, fisiologico in
ogni democrazia, tra istanze politiche e sociali divergenti.
E' tempo che ci si liberi da simili spettri e da faziosità meschine, per guardare all'orizzonte più largo del futuro della
Nazione italiana, per elevare al livello di fondamentali valori e interessi comuni il fare politica e l'operare nelle istituzioni.
Giorgio Napolitano
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Speciale 150° dell’Italia Unita
Un quadro non superficiale della storia calabrese per capire certi avvenimenti
Da Morelli e Ammirà a Berlusconi
Servono luci radicali, libertarie e democratiche nel grigio dell’attuale situazione culturale italiana
di
Maria Elisabetta Curtosi
L’
ultimo secolo di storia italiana è stato di 8500 persone divise in 2100 fuochi (famiglie)
condizionato dalla “questione merid- che dichiaravano un reddito complessivo di
ionale”.
95000 Oncie. Meno di 100 famiglie detenevano
Le celebrazioni dell’Unità d’Italia di la maggioranza della ricchezza assieme al clero ed
cui tanto si parla, spesso a sproposito e senza cog- ai conventi, solo questi ultimi dichiaravano un
nizione di causa, hanno riportato all’attualità la reddito di 20000 Oncie (22% del reddito compstoria del nostro Risorgimento: una sorta di lessivo). La stragrande maggioranza della popo“revival” della questione meridionale che para- lazione era servitù (precettori, camerieri, servi,
dossalmente diventa per la Lega & C questione cocchieri, cappellani, cochi) dei nobili e dei possettentrionale che oggi
sidenti.
va tanto di moda e che
***
quasi sempre finisce
La maggioranza
Michele
per diventare una
della popolazione
Morelli
occasione per gettare
era legata ancora da
Monteleone di
Calabria,
fango sui “terroni” tra
forti sentimenti bor1790
una polenta imboccata
bonici e aprì le porte
Napoli, 1822
al “ senatur” ed una “
al Cardinale Ruffo
pajata”
in
salsa
“abbattendo gli alberi
romanesca: tragicomidella libertà ed
co.
innalzando in loro
L’Italia è anche il paese
vece le Croci, disciolta
di Goldoni.
la Guardia Civica,
***
abolita
la
Fin’ora anche le corMunicipalità, il tutto
renti storiografiche
senza opposizione e
più attente allo studio
senza disturbo”.
delle condizioni generFu proprio nella città
ali e particolari in cui
di Monteleone che il
si è realizzata l’unità
Ruffo organizzò la sua
d’Italia hanno trascuarmata cristiana tra le
rato un piccolo partifeste della popocolare e cioè quello di
lazione e le funzioni
indagare a fondo ed in
religiose come scrivemodo particolare la
va nel suo ottimo
situazione politica ed eco- La retorica e gli storici libro l’Abate Domenico
nomica di una delle da strapazzo parlano con Sacchinelli
“Memorie
regioni che componeva
storiche sulla vita del cartoni trionfalistici
assieme ad altre il Regno
dinale Fabrizio Ruffo”
delle Due Sicilie: la
Napoli,1856.
dell’apporto di
Calabria.
Con diecimila ducati e
Monteleone
ventidue cavalli sellati
La sfida unitaria che
Monteleone omaggiò il
all’unità d’Italia.
ancora è di la da
Cardinale.
Tutto falso!
venire ha riproposto con
La retorica e gli storici da
forza la lettura del
strapazzo parlano con
Risorgimento e dei personaggi che ne costituis- toni trionfalistici dell’apporto di Monteleone
cono le icone. Valga come esempio la figura di all’unità d’Italia. - Tutto falso! –
Michele Morelli, il monteleonese che nel 1820 L’assenza dei monteleonesi ai grandi avvenimencapitanò le truppe di Nola che diedero vita ai ti storici fu quasi totale.
moti napoletani per la “ Costituzione”. Anche il famoso ’48 passò senza lasciare tracce.
Inquadrare questa figura nel suo contesto storico Pochi furono gli ardimentosi montaleonesi che
è importante perché per restare in Calabria spet- mantennero viva la fiaccola del patriottismo.
ta a lui il merito d’aver posto il tema dell’indipen- Tra questi “rivoltosi liberali” tenuti d’occhio dalla
denza e dell’unità in una condizione che vedeva polizia troviamo:
la nostra regione arretrata e sottosviluppata non Carmelo Faccioli, deputato di Monteleone al
solo economicamente ma anche storicamente.
Parlamento napoletano è degno di nota per aver
Avere un quadro non superficiale della storia cal- respinto la formula del giuramento presentata dal
abrese per capire certi avvenimenti storici e per- Re, che toglieva ai Deputati la facoltà di modifisonaggi a cominciare da Michele Morelli, impor- care lo Statuto, e per l’azione di un ristrettissimo
tante è sia sul terreno della politica sia dell’azione numero di “ rompicolli e vagabondi” - secondo la
che si presenta come la conclusione di un proces- definizione dei savii del tempo - che disarmarono
so di formazione svoltosi in un ben determinato la gendarmeria e raggiunsero il generale Ciccio
ambiente ed in precise circostanze storiche.
Stocco al campo dell’Angitola.
Non bisogna dimenticare che il Morelli, insieme Un'altra figura di liberale fu Carlo Massinissa
ad una ristretta elites di liberali e democratici Presterà assieme ad altri montaleonesi tra i
montaleonesi, aderì al movimento unitario esclu- quali Giuseppe Santulli, Ferdinando
sivamente per “convinzione ideologica” non di Santacaterina (suocero di Luigi Bruzzano),
certo per effettiva spinta del fattore economico. Giuseppe Morelli, Raffaele Buccarelli,
Al momento dell’unificazione nazionale la strut- Francesco Protetti e Vincenzo Ammirà.
tura economico-sociale di Monteleone era patri- Affiliato all’Associazione dei “Figlioli della
arcale e feudale.
Giovane Italia” diretta da Benedetto
I dati del catasto del tempo (1755) il c.d. Musolino. Presterà fu arrestato nel 1849. Era
Onciario chiamato cosi perché la valutazione dei imputato di “aver con cartelli, affissi in luogo pubredditi e delle imposte era fatta sulla base blico, eccitato la guerra civile in Monteleone,
dell’Oncia pari a lire 12.75, su una popolazione nonché di ... Segue a pagina 5 (dopo l’Inserto)
5. Nel 150°
dell’Italia Unita
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Inserto Speciale “Nel 150° dell’Italia Unita”
L’Inserto Speciale
Con il contributo della
Nel 150°
dell’Italia Unita
L’Inserto Speciale
Periodico nonviolento di Storia, Arte, Cultura e Politica laica liberale calabrese
IN S E RTO S PECI A LE
Al nume ro di Mag g io - D ice mbre 2010 - Anno I V - N. 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11 e 12
Con il contributo della
6. II
La Stampa nel centenario
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Inserto Speciale “Nel 150° dell’Italia Unita”
7. Inserto Speciale “Nel 150° dell’Italia Unita”
20.02.1961-La StampaSera, pagina 7
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- Archivio Storico LA STAMPA
La Stampa nel centenario
Domenica 29.01.1961 - La Stampa pagina 1
III
- Archivio Storico LA STAMPA
ABOLIRE LA MISERIA
della Calabria
RINGRAZIA
&
I NSERTO S PECIALE
Al nume ro di Mag g.-D ic. 2010
Anno I V - N. 5-6-7-8-9-10-11-12
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L A S TAMPA
Luigi Salvatorelli, giornalista e storico
scomparso nel ’74, sul quotidiano
torinese, in occasione
dell’anniversario dell’Italia Unita,
rievocava e illuminava
i maggiori protagonisti del
Risorgimento italiano
GIUSEPPE MAZZINI
nel numero 19 - Anno 95
Domenica 22 Gennaio 1961
(a destra in questa pagina)
______
GIUSEPPE GARIBALDI
nel numero 25 - Anno 95
Domenica 29 Gennaio 1961
(in prima dell’inserto)
GAZZETTA PIEMONTESE
Supplemento al n°307
Domenica e Lunedì
29 e 30 Gennaio 1961
(a pag. II)
STAMPA SERA
20.02.1961 - Pagina 7
In questa pagina a sinistra
periodico nonviolento di storia, arte,
cultura e politica laica liberale calabrese
ISSN: 2037-3945
(Testo stampato) 2037-3953 (Testo On Line)
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N°1 del 9 gennaio 2007
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Collaborazione è libera a tutti ed è da
considerarsi totalmente gratuita e
volontaria
Gli articoli riflettono il pensiero degli autori che si assumono la
responsabilità di fronte la legge
Hanno collaborato a questo numero:
Nicola Basilio Barbieri, Giuseppe Candido,
Salvatore Colace, Filippo Curtosi,
Maria Elisabetta Curtosi, Anna Rotundo.
Progetto Grafico e impaginazione : Giuseppe Candido
Questo numero ed il relativo inserto
è stato chiuso il
28 Dicembre 2010 alle ore 23,30
8. IV
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Inserto Speciale “Nel 150° dell’Italia Unita”
9. Speciale 150° dell’Italia Unita
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canzone era opera sua: la “Ceceide”.
“Cose contro il buon costume” recitava l’accusa,
(...) reato di saccheggio di armi e di effetti militari pertanto “la Regia giustizia condanna don
a danno del Regio Governo col fine di distruggere e Vincenzo Ammirà a due mesi di esilio correzionale,a lla perdita del libro e dello scritto, alla
cambiare il Governo”.
multa di ducati 20 e alla spese di giudizio”. La
Fu assolto per insufficienza di prove.
Fu tra i più attivi rappresentanti dei liberali mon- causa andò in appello, dove la pena fu ridotta alla
teleonesi, partecipando alla organizzazione delle sola multa ma intanto il poeta monteleonese
accoglienze che l’odierna Vibo Valentia riservò a aveva trascorso 58 giorni nel carcere di
Giuseppe Garibaldi il 27 agosto 1860, oratore Sant’Agostino dalla data del sequestro a quello
ufficiale nel 1878 e 1882 in occasione delle ceri- della prima sentenza. Allora come ora.
monie commemorative di Vittorio Emanuele II Nel 1858 fu di nuovo in carcere per aver scritto il
sonetto “Su Agesilao Milano”. Non poteva mane di Garibaldi.
Gli intellettuali, per buona parte avversa ai care nel 1860 a fianco di Garibaldi alla volta di
Borboni, nel 1859 erano in numero ristretto: Soveria Mannelli. Massimo Massara, scrittore e
dodici avvocati, quattro notai, tre professori di giornalista, in un suo scritto, presentato al seconlegge, due professori di filosofia, un professore di do convegno di studi Gramsciani dedicato ai
matematica, un professore di declamazione, sei “Problemi dell’Unità d’Italia”che risale ad oltre
maestri elementari, otto medici e cerusici, dodici mezzo secolo fa, scriveva:
farmacisti, quattro pittori, sei architetti, dieci “E’ vero che i nobili monteleonesi accolsero con
agrimensori, sette professori di musica, due tutti gli onori il Generale Giuseppe Garibaldi ed
il suo Stato Maggiore e che tutta la cittadinanza
librai.
Numeroso e potente era il clero: quaranta preti, accorse ad applaudirlo, ma è lecito dubitare della
sei padri delle scuole pie, tre frati, otto filippini, sincerità di questi sentimenti per nulla dissimili a
venti monaci, dodici monache e tre suore della quelli espressi verso il Cardinale Ruffo e verso i
restauratori del 1815.
carità.
I nobili del paese, che continuarono a consider***
Come appare evidente il monopolio del- are i giovani che seguirono Garibaldi, arruolanl’istruzione apparteneva al clero; di conseguenza dosi nel suo esercito, - rompicolli e vagabondi la stragrande maggioranza della popolazione era cercarono di accattivarsi le simpatie dei “conquisanalfabeta e senza alcuna qualifica professionale. tatori” concedendo al Maggiore Barone Gustavo
Su circa undici mila abitanti si trovavano solo Friggesi Sutak, ungherese, lasciato al comando
quattro incisori,quattro ebanisti, quattro para- della piazza, la Cittadinanza onoraria della Città.
tori, cinque orefici, sette armaiuoli, tre fonditori Il popolo Monteleone fu assente del tutto,
di campane ,tre ottonai, tre filande, due tessitori tranne poche onorevoli eccezioni ,al movimento
di seta, trecento tessitrici, dodici tintori, tre cav- di emancipzione nazionale che si risolse per esso
allerizzi, quaranta negozianti con bottega, con la conquista regia.
cinque venditori di generi di privativa, quattordi- D’altra parte, - conclude Massara - esisteva una
ci caffettieri ,sedici barbieri, tre speziali manuali, frattura netta tra i pochi intellettuali progressisti
ed il popolo, perché quelli potessero rappreventiquattro bettolieri e due locandieri.
Un assetto feudale , dunque, di quella società sentare una guida rivoluzionaria adeguata”.
***
arretrata e quindi un
Un sentimento eliRisorgimento “a modo
tario e letterario
suo”, senza tanti ritratti
quindi, senza la
in posa e storici gridi di
partecipazione
dolore, limitando la porpopolare fu quel
tata rivoluzionaria delle
moto risorgimennuove idee che venivano
tale.
avanzate negli ambienti
Il motivo è molto semcolti, mentre il popolino
plice: come poteva
monteleonese invece di
esserci partecipazione
scacciare i borbonici
popolare di una società
prendeva parte del saccontadina nella più
cheggio unitamente ai
assoluta povertà, nelmilitari del regno.
l’isolamento e nell’alfaAncora non esisteva da
betismo?
queste parti “l’idea di
Le rivoluzioni sono
popolo”, di nazione, di
state
sempre
e
patria senza confini.
comunque un fatto di
Era solo un sogno di
elite, le masse furono
pochi, a dispetto di molti
assenti a Monteleone
e nell’indifferenza dei
per i motivi che abbipiù.
amo evidenziato e per
L’ i m p l a c a b i l e
Benedetto Musolino
forti ingerenze della
Pizzo, 8 febbraio 1809 - Pizzo, 15 novembre 1885
Vincenzo Ammirà era
Chiesa di Roma e per la
considerato dai monteleonesi un depravato e un cinico, un volgare sudditanza pontificia del Regno di Napoli.
verseggiatore licenzioso ed osceno ,perseguitato, Emblematico l’assassinio del vescovo di Filadelfia
arrestato e dimenticato da morto. Eppure questo (importante centro del monteleonese) e il
grande poeta nel ’48 si affiancò ai liberali for- giansenista Giovanni Andrea Serrao, assassinato
mando assieme a Francesco Fiorentino ed altri da emissari del Cardinale Ruffo il 27 febbraio
un Comitato rivoluzionario e si prodigò sino al 1799. Serrao fu strenuo difensore dei diritti dello
1860 a propagandare l’idea della indipendenza e Stato contro le usurpazioni e le ingerenze della
dell’unità della Patria diffondendo manifesti e Chiesa.
giornali rivoluzionari che si procurava attraverso Dovremo quindi impegnarci ad accendere tante
il farmacista Giuseppe Montoro e da un ingeg- luci radicali, libertarie e democratiche nel grigio
nere della Corsica, Massons, inviato nella dell’attuale situazione culturale italiana e calminiera di lignite tra Briatico e Pannaconi per lo abrese che, travolta da scandali, corruzione e risse
sfruttamento di quelle risorse. Sempre sorveglia- politiche rischia di perdere quel patrimonio di
to dalla polizia, subì numerose visite domiciliari; libertà e di identità cui i nostri “padri risorgimengli venne pure sequestrato un libro e una can- tali” si immolarono.
Maria Elisabetta Curtosi
zone: il libro era il Decamerone di Boccaccio e la
Da Morelli e Ammirà a Berlusconi
Pag 5
I campioni di italianità, forgiati nel
collegio S. Adriano, non restarono in
Calabria a contenere i loro ideali
GLI ITALO ALBANESI
NEL PROCESSO
DELL’ITALIA UNITA
Un contributo pieno di motivi di
orgoglio per la progenie di tanti eroi
di
Salvatore Colace
e
Nicola Basilio Barbieri
L
a storia del “ruolo del Mezzogiorno
nell'Unità d'Italia” s'intreccia, in
Calabria, con quello delle popolazioni
arbëreshë. Una minoranza etnica e linguistica
albanese che si stanziò nell'Italia meridionale dal
XV e il XVIII secolo, in seguito alla morte dell'eroe nazionale albanese Giorgio Castriota
Skanderbeg e alla conquista progressiva
dell'Albania e di tutto l'Impero Bizantino da
parte dei turchi ottomani. Nel corso dei secoli
sono riusciti a mantenere e a sviluppare la propria
identità greco-albanese, grazie alla loro caparbietà e al valore culturale esercitato principalmente
dai due istituti religiosi cattolici di rito orientale,
con sede in Calabria il "Collegio Corsini" (1732)
e poi "Corsini-Sant'Adriano" nel 1794. A ricordarci il loro ruolo e il loro contributo all'Italia
Unita, è una vecchia rivista:, la “Rassegna
Calabrese”, diretta da Alfredo Gigliotti. Un mensile di vita, cultura, informazioni che, nel numero
unico di novembre e dicembre del 1961, proprio
in occasione del centenario dell’Unità d’Italia, ne
ripercorreva la storia calabrese.
Il contributo degli Albanesi al processo di unificazione d’Italia – scrive il Gigliotti - è stato pieno
di motivi e di orgoglio per la progenie di tanti
eroi e martiri di stirpe albanese i cui nomi cospargono le pagine della storia d’Italia.
Già nel XV secolo nuclei immigratori giunsero
nelle regioni nel sud Italia insediandosi in centri
esistenti o fondando paesi ex novo all’interno dei
quali mantennero usi, costumi, lingua e riti originari del proprio paese. Infatti il collegio Italo
Albanese “S. Adriano” di S. Demetrio Corone,
nasceva con l’intento educare e istruire i giovani
delle colonie albanesi e creare nuove generazioni.
La sua istituzione sorse nella mente del sacerdote
Stefano Rodotà, il quale la propugnò davanti al
Pontefice Clemente XI degli Albani del Lazio, il
quale la approvò, ma non poté mandarla effettivamente.
Clemente XII Corsini impose l’istituzione con la
bolla del 7 marzo 1733 e il Collegio sorse in S.
Benedetto Ullano nel monastero concesso dal
Cardinale Caraffa e con una dotazione di dodici
mila scudi erogati dallo stesso Pontefice.
Gli stessi Re di Napoli furono prodighi di cure e
di premure per lo sviluppo del Collegio che
Ferdinando IV, nel 1794, fece trasferire nel
monastero basiliano di S Demetrio Corone, più
vasto e ospitale. Ne ebbero la presidenza maestri
insigni, mons. Francesco Bugliari, Domenico
Bellusci di Frascineto nominato dal gen.
Masséna, Gabriele De Marchis, Antonio
Marchianò, maestri che prima di infondere nei
giovani discepoli gli insegnamenti delle più alte
virtù civili e dei più profondi sentimenti religiosi,
filtravano la propria coscienza per essere all’altezza della loro missione educativa, primario dovere
>> continua a pagina 6
10. Pag 6
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Speciale 150° dell’Italia Unita
tinuò la tradizione degli avi Donato e Luca, lapide che dice: “Alla onesta memoria di
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di ogni educatore degno di questo nome. Dal Giuseppe Marchianò, Vincenzo Marchese, Giuseppe Dramis Carafa, padre amatissimo, che
collegio di S. Benedetto Ullano uscirono i due Pietro Antonio Basile, Attanasio Dramis, nel martirio di una fede ardente all’ Italia
primi grandi campioni italo albanesi, Pasquale Agesilao Milano, Giambattista Falcone da Acri, Bandiera tutto immolasti, onori, sangue, fortuBaffi e Angelo Masci. Il Baffi, a vent’anni nel lo sfortunato eroe di Sapri, tutti alunni del colle- na, spartanamente i figli traendo ai campi della
1769 ebbe la cattedra di lingue classiche a gio italo albanesi, liberali e mazziniani, con il Giustizia e della Libertà, questo ricordo i figli
Salerno, quindi passò alla cattedra superiore di pensiero e con l’azione non diedero tregua alla tuoi consacrano in questo umile marmo, da cui
Napoli, ove fu stimato il più grande ellenista polizia borbonica. Ed eccoci, difatti, all’avveni- potente il fremito risuoni dalle tue fredde ceneri,
dell’Europa e ricoprì la carica di bibterror de vili, eccitatore dei
liotecario
dell’
Accademia
forti”. La epopea garibaldina
La fucina di diavoli
Ercolanense.
investe come corrente di aria
Nel 1776 fu arrestato per la prima
ossigenata i paesi albanesi e
volta perché sospettato di massone- Gli “Eroi che si sono distinti in tutte le lotte contro la tirannide” schiere di giovani e di anziani
ria; nel 1779, per essere stato rappoccorrono ad aggregarsi ai
di
resentante del popolo nella gloriosa
Mille ed a combattere sino a
Salvatre Colace e Nicola Basilio Barbieri
quanto
infelice
Repubblica
Capua e al Volturno. Basti
Partenopea, salì il patibolo con
ricordare che Attanasio
animo intrepido dopo aver rifiutaDramis, dopo un colloquio
to il veleno offertogli nel carcere da
con Garibaldi a Palermo, potè
mano amica.
organizzare nel solo paese di S.
Il Masci, magistrato famoso e
Giorgio Albanese, che contava
incorrotto, ebbe il coraggio di
allora appena 1300 anime, una
combattere il dispotismo feudale
falange di 125 volontari, che
qualificandolo il peggiore dei mali
con quelli di S. Cosmo,
del regno e di propugnare la sparVaccarizzo, S. Demetrio, S.
tizione delle terre ai contadini in
Sofia, Macchia e Spezzano
nome della giustizia sociale e, confecero parte della legione
tro ogni esitazione e in concomiSprovieri. A Napoli, Garibaldi
tanza del suo magistero, pubblicò
nomina Ministro di Grazia e
un ardito “Esame politico legale
Giustizia Pasquale Scura, già
dei diritti e delle prerogative dei
Procuratore Generale nella
baroni del Regno di Napoli” anticGran Corte di Basilicata, alunipando quella che fu poi la legisno del collegio
lazione napoleonica.
S. Adriano, cospiratore antiDopo breve periodo di inattività
borbonico, dimesso dalla cariforzata, il Collegio, che sarebbe dovuto essere mento culminante dell’8 dicembre 1856 che ca per vendetta personale di Re Ferdinando.
trasferito a Corigliano Calabro o alla badia del commosse tutta Europa: Agesilao Milano atten- Lo Scura, il cui nipote Angelo a Genova, nei
Patire sulle montagne di Rossano, riapri i batten- ta alla vita di Re Ferdinando e affronta il patibo- telegrafi, fungeva da organo trasmettitore di segti e vi si continuò ad alimentare con maggiore lo come un eroe dell’ antica Roma. Secondo il reti messaggi patriottici, si trovò, nel Ministero
ardimento la fiamma per la fiaccola della libertà e Nisco, la perseveranza di Re Ferdinando ad garibaldino, con Crispi e Giura, altri due albanedell’indipendenza nazionale. Nel 1838 fu accentrare in sé ogni autorità, col rendere la mag- si, e dettò la formula del plebiscito del 21 ottobre
arrestato il poeta Gerolamo De Rada, nel 1843 istratura strumento di sua politica, col servirsi 1960. Federico Verdinois per lo Scura dettò, oltre
viene arrestato per la prima volta Domenico dell’arma terribile delle accuse di lesa maestà per che l’epigrafe che si legge in via dei Sette Dolori
Mauro perché l’organizzatore di quella som- compiere vendette, col rendere potenti i di Napoli, anche quella che il popolo Vaccarizzo
mossa, che, non scoppiata a Cosenza nel luglio,
gli dedicò con una lapide dello scultore Salvatore
scoppierà nel marzo 1844, tre mesi prima dell’arCarpentieri e che dice: “in tempi malvagi di librivo in Calabria e della cattura dei fratelli
ertà bugiarde, Pasquale Scura, Procuratore
Bandiera, e della quale fecero parte, nella massiGenerale, educato a liberi sensi, per realtà di
ma parte, rivoluzionari albanesi di S. Benedetto
compiuto dovere cittadino, esulò in Piemonte,
Ullano e di Cerzeto, arrestati e condannati, tra
tornò coi destini rinnovellati d’ Italia,
cui il giovane Raffaele Camodeca di Castroregio,
Consigliere di Cassazione, Guardasigilli con
studente nel collegio S. Adriano. Si giunge al
Garibaldi e Pallavicino Trivulzio, presiedette il
1848, l’anno dei portenti rivoluzionari.
plebiscito Napoletano, sollecito di una forte
L’insurrezione di Napoli viene soffocata nel
compagine nazionale, ne volle la formula, ad
sangue, ma la guerra è nelle province. Gli studenonorare la memoria del Magistrato insigne, i citti di S. Demetrio, con a capo il preside prof.
tadini vollero qui posta questa lapide”.Garibaldi,
Antonio Marchianò, disertano in massa le scuole
nella giornata del 2 ottobre 1860, memoranda
per raggiungere gli insorti cosentini accampati
nei fasti gloriosi dell’ indipendenza nazionale,
nella valle di S. Martino, allo sbocco di
proclamò: “Gli Albanesi sono eroi che si sono
Campotenese, sotto il Pollino, ove le schiere
distinti in tutte le lotte contro la tirannide” e il
albanesi erano con Domenico Mauro e Giuseppe
20 ottobre, da Caserta,: “Italia e Vittorio
Pace di Castrovillari per ostacolare il passo ai accusatori, con l’ affidare la suprema autorità di Emanuele – Il dittatore dell’Italia Meridionale.
borbonici che muovevano verso Cosenza. Tre polizia ad uomini che ridestavano le tristi memo- In considerazione dei segnalati servizi resi alla
albanesi, Francesco Saverio Tocci da S. Cosmo, rie di Lucio Elio Seiano, fece concepire ad causa nazionale dai prodi e generosi Albanesi,
Demetrio Chiodi e Vincenzo Mauro da S. Agesilao Milano, albanese di stirpe, di spiriti Decreta: Cessati i bisogni della presente guerra e
Demetrio si spingono oltre gli avamposti nemici, ardenti, giovane di ventisei anni, il disegno di costituita l’Italia con Vittorio Emanuele, dovrà il
fino Rotonda, per uccidere il gen. Lanza, ma ven- imitare Cassio Cherea, di cui studiando nel col- Tesoro di Napoli somministrare immediatagono fatti prigionieri, straziati e trucidati volgar- legio di S. Demetrio, la storia dei Cesari aveva mente la somma di diecimila ducati per l’inmente.
imparato ad onorare il nome per aver tentato di grandimento del collegio “S. Adriano” di S.
Ma i campioni di italianità, forgiati nel collegio ridestare in Roma la libertà offesa da Caligola. Demetrio Corone. Io pongo sotto la garanzia
S. Adriano, non restarono in Calabria a con- L’unico amico del Milano, colui che conosceva della Nazione e del suo magnanimo Sovrano, l’etenere i loro ideali e a partecipare a sommosse e sicuramente il disegno regicida, divenuto in lui ducazione del presente Decreto. Giuseppe
rivolte. Gli albanesi raggiunsero nella maggior vocazione, fu Attanasio Dramis da S. Giorgio Garibaldi”.
parte a Napoli, la capitale borbonica, e quivi si Albanese, compagno di studi, che venne, con Ecco perché Re Ferdinando e i borbonici averitrovarono e si congiunsero con altri noti patri- tanti altri, tratto in arresto e a duro carcere, con- vano attribuito al Collegio Italo Albanese l’epiteotti per agire. A Napoli, Domenico Mauro, fermando l’esempio del genitore, alla cui memo- to di “fucina di diavoli” e più volte minacciarono
Gerolamo De Rada, Guglielmo Tocci che con- ria, in S. Giorgio Albanese, è stata dedicata la di sopprimerlo.
ITALO ALBANESI E L’ITALIA UNITA
11. Speciale 150° dell’Italia Unita
A b o l i re l a m i s e r i a d e l l a C a l a b r i a
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esercitato, ed in caso di bisogno non avremo più dei corpi di truppa incomposta, ma
dei soldati d’ordinanza”.
Attento ai problemi internazionali nel
novembre del 1872, Musolino prende la
parola alla Camera per esporre il suo pensiero netto e chiaro sui rapporti tra la
Russia, la Prussia e l’Austria, i cui imperaUn calabrese dalla “costante fede italiana” che “amava aguzzare l’occhio nell’avvenire
tori si erano incontrati in un convegno a
Berlino nell’ottobre precedente: “La razza
della Patria”
slavo moscovita si ritiene come predestinaPer una riforma radicale: l'imposta progressiva per combattere la lussuria
ta al compimento di una grande missione,
irrompente del capitale
al rinnovamento dell’umanità accasciata
sotto il peso della decrepitezza e della cordi
ruzione, mediante l’assorbimento delle
Giuseppe Candido e Filippo Curtosi
altre razze, nazioni e credenze allo stesso
segue dalla prima
centro politico e religioso. E' un’utopia,
... paese dove viveva sotto stretta sorveg- proponendo “l’imposta progressiva”. Nel escalamo taluni. Ed io rispondo che divenlianza con l’obbligo di non allontanarsi dal- corso della sua esposizione sollevava, senza terà realtà se l’Europa non vi provvede in
l’abitato anche di giorno e il divieto di assumere atteggiamenti demagogici, le sue tempo. Se l’Europa le permetterà, non dico
rimanere fuori casa dopo il tramonto.
accuse contro l’ingiustizia sociale della dis- di fare, ma di sviluppare gli immensi eleUn sorvegliato molto speciale che anche in tribuzione della ricchezza e precisa i rap- menti di potenza e di espansione che in sé
quelle condizioni ebbe però il coraggio di porti tra capitale e lavoro criticando aspra- racchiude, prima di mezzo secolo il vecchio
cospirare ancora, assieme ad Eugenio De mente le “malsane deviazioni dell’incipi- continente di Europa e di Asia sarà invaso e
Riso e altri, per preparare i moti che poi ente nostro socialismo”: “Il lavoro è mal dominato dalla razza slavo-moscovita (…).
sfociarono nella rivoluzione del 1848.
ripartito, afferma Musolino ; il capitale Per analoghi motivi la Prussia, avendo
Musolino, scriveva il Gigliotti, “aveva il fer- assorbe tutto. L’operaio lavora quando il innalzata la bandiera della nazionalità,
vore della fede e delle idee, talvolta senza capitalista lo vuol far lavorare e, quando deve necessariamente osteggiare ogni
conoscere il freno, onde fu spesso ritenuto questi non ci trova più la convenienza, lo ingrandimento della Russia e perché non
piuttosto uno spirito bizzarro che sapeva getta sulla via”. E se ciò non bastasse affer- può lasciarsi assorbire in Europa e perché
dire stravaganze brutali e verità”. Un uomo ma parole di straordinaria attualità anche non può permettere che quella estenda la
di pensiero e azione, un patriota che oggi: “Signori, la pretesa civiltà moderna sua dominazione nell’Asia minore. Il giorno
“Amava ag uzzare l’occhio nell’avvenire tende a sostituire il feudalesimo economico che l’Europa permetterà alla Russia di sbocdella Patria e dimostrò averne il senso e la all’antico soppresso feudalesimo civile e care e avere possessi nel Mediterraneo, sia
perspicacia negli anni avanzati, così come, politico. Tutt’oggi è capitale, e noi tendi- avanzando dalla parte del Bosforo sia disnei tempi della giovinezza, aveva avuto l’ar- amo ad una radicale trasformazione sociale. cendendo dall’Armenia in Siria e in
dore dell’azione”.
Se vogliamo costruire il nuovo Stato, la Anatolia, l’Europa avrà segnato il decreto
Per un decennio si batté alla Camera quasi nuova società, su basi incrollabili, atteni- della sua servitù, giacché avrà concesso alla
solo per la preparazione nazionale, lancian- amoci alla giustizia distributiva. Di fronte a Russia il mezzo di come avere quei marinai
do proposte, illustrando progetti che questa lussuria sempre irrompente del capi- che non può avere con le sue gelate conammiriamo ancora oggi. Radicale nell’ani- tale, io credo che per ora non c’è nessun trade: marinai senza cui non potrà mai
mo. In un discorso pronunciato alla altro rimedio se non l’imposta progressiva. mettere in piedi delle grandi flotte che le
Camera il 30 giugno del 1861, Benedetto Dacché il capitale è tanto favorito, è ben sono indispensabili per girare le nazioni di
Musolino domandava se la Francia avesse giusto che chi gode i maggiori privilegi, sia occidente, onde neutralizzare la loro azione
mai pronunciato una sola parola relativa sottomesso
ai
maggiori
sacrifici”. e il loro concorso quando sarà arrivato il
all’unità italiana. E rispondeva : “No. E Personaggio polivalente e poliedrico momento di operare contro tutta l’Europa,
dunque come fondate voi la vostra speranza dedicò “studi diligenti” ai problemi di invadendola da lato della Germania con
nell’aiuto di questa alleata? Io dico – con- politica nazionale ed internazionale. Capì enormi masse che potrà avere al più tardi
tinuava Musolino – che l’alleanza della che per avere e mantenere la sicurezza in fra due generazioni a causa dello sviluppo
Francia non esiste più. Questa è un’altra Patria e nell’Europa delle nazioni di allora, naturale e prodigioso della sua popoillusione che ci facciamo: pretendiamo o era necessaria una forza armata nazionale di lazione. E la Germania si trova nella stessa
fingiamo pretendere di penetrare a forza di professionisti “allenati”. In occasione della nostra condizione come quella che, essendo
fantasia là dove ci vogliono cannoni e discussione sul riordino e sull’armamento confinante con la Russia, sarebbe esposta
baionette. (…) L’Italia diverrà grande alla della Guardia Nazionale proposti da elle prime invasioni dalle orde settentrionsua volta con saviezza delle sue istituzioni, Garibaldi si espresse affermando che : ali, che per essere le prime, sarebbero
con la sua industria e con la sua forza: allo- “Bisogna che il cittadino acquisti le attitu- accompagnate dal maggiore accanimento e
ra essa darà alla Francia la sua libertà”. dini che all’occorrenza lo facciano essere seguite dalle più desolanti rovine.
Considerando, inoltre, l’infido atteggia- soldato, e perché diventi soldato bisogna I sapienti uomini politici del nuovo Impero
mento francese nei confronti di Roma che sia istruito in tutte quelle pratiche che Germanico non possono né debbono chidimostrava quanto fossero illusi coloro che costituiscono l’arte militare. Perché si udere gli occhi di fronte all’avvenire che è
avevano sempre predicato Napoleone III il ottenga un’istruzione solida da avere, al riservato a tutte le Nazioni del vecchio conpiù sincero promotore ed amico dell’Unità bisogno, tanti soldati quanti sono i cittadi- tinente dallo spirito di cosmopolitismo
italiana ed ammoniva: “Bisogna fare causa ni capaci di tenere un fucile, è d’uopo che moscovita. E se non pensiamo fin da ora a
comune con la Germania, armarsi ogni cittadino sia abituato alle pratiche mettere quest’ultimo nell’impotenza di
poderosamente, prendere da una parte della milizia”. A tale fine prevedeva peri- continuare la sua espansione, essi avranno
Roma e dall’altra invadere il territorio odiche “esercitazioni” che avrebbero con- fabbricato sull’arena. Potranno ben costifrancese incominciando con l’occupazione ferito “un’idea precisa di come guerreggiare tuire una Germania sapiente, splendida,
di Nizza e Savoia”.
in campo” per cui, “in breve tratto di tempo gloriosa, ma sarà una Germania che non
Più oltre, nello stesso discorso, Musolino, si potrà vedere il nostro popolo armato ed durerà più di cinquant’anni”.
Sorprendono ancora l’attualpensando di aver dinnanzi i francesi,
Filippo Curtosi
Giuseppe Candido
ità e la veridicità dei presagi
dichiarava la volontà italiana : “Non
S. Maria a Sacra Littera
di quest’eroico garibaldino e
temete, l’Italia non aspirerà a conquiste,
Sulle origini e sul culto della Madonna della Lettera
dovrebbero destare ammisiamo contenti della nostra terra, del nosTra storia, arte e letteratura popolare
razione sincera. Crediamo
tro cielo, della nostra eredità: in Italia non
Prefazione di S.E. Mons. Vincenzo Rimedio
giusto che quello spirito,
abbiamo razze diverse, diversa lingua, istinNon Mollare edizioni - Luglio 2010
quei suoi discorsi, quel suo
ti diversi: una è la lingua, una è la razza. La
Pag. 228 - euro 9,00 - ISBN 9788890504006
ardore, quelle di idee e
base della nazionalità sta nella razza e nella
quelle azioni di rivolingua”. Ancora ignaro – su questo – quante
Uno spaccato di religiosità popolare proposto nella
trattazione in chiave antropologica delle feste che
luzionario, patriota e politisciagure, proprio quei nazionalismi basati
si svolgono in Calabria, ma l’intento di fondo
co di “fede italiana” fossero
su razza e identità linguistiche, avrebbero a
degli Autori è di focalizzare la tradizione della
meditati anche oggi in
breve causato.
lettera della Madonna alla Città di Messina e
questo cento cinquantesimo
Dura la sua critica al socialismo che si
della conseguente devozione alla Madonna della
anniversario
dell’Unità
Lettera
andava profilando. Si intese di economia e
Mons. Vincenzo Rimedio
d’Italia, alla quale Musolino,
il 18 marzo del 1863, quando alla Camera
assieme a tanti altri di
si prendeva in esame il fabbisogno
Calabria, sacrificò la vita e
finanziario della Nazione, Benedetto
ogni bene di fortuna.
Musolino, “che ad ogni problema apportava
Sarebbe sicuramente un belcompetenza dotta e sicura”, pone all’ordine
Prenota e richiedi una copia con una e mail
l’esempio per vecchie e
del giorno dei suoi colleghi deputati “una
associazionenonmollare@gmail.com
nuove generazioni.
riforma radicale” del sistema contributivo
E’ be n g iusto che chi g od e i mag g iori privil eg i, sia sottomesso ai
mag g iori sacrifici
Presagi e moniti di Benedetto
Musolino
12. Nel 150°
dell’Italia Unita
Un numero speciale
ABOLIRE
LA MISERIA DELLA
CALABRIA
Uno di quegli eroici veggenti
“Mentre l’Italia dormiva, egli vegliava pensava e agiva”
Nel 150°
dell’Italia Unita
Un numero unico
Giuseppe Mazzini,
precursore del nuovo diritto pubblico europeo
Con il contributo della
L'apostolo che ci ha mostrato
il cammino verso un nuovo mondo
Con il contributo della
di
F. C. & G. C.
I
l Presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano, dallo scoglio di Quarto da cui
mossero nel 1860 i Mille di Garibaldi, ha
dato ufficialmente il via alle celebrazioni
del 150° anniversario dell'Unità d'Italia
nei luoghi della “memoria storica”. Rispondendo alle
polemiche degli esponenti della Lega che
preferiscono tifare Padania, il Capo dello Stato ha
reso omaggio all'impresa con la deposizione di una
corona di fiori presso la stele celebrativa della
partenza dei Mille a Genova da dove partì la missione dei garibaldini. “Non sono tempo perso e
denaro sprecato ma fanno tutt'uno con l'impegno a
lavorare” ha detto. E ancora: “Onoriamo i Patrioti”.
Prima l'unione della Lombardia al Regno di
Sardegna, la fusione con l'Emilia, la Romagna e la
Toscana sino al loro congiungimento alla Sicilia, al
Mezzogiorno, alle Marche e all'Umbria e, soltanto
nel 1861, venne ufficialmente proclamato il Regno
d'Italia. L'embrione era stato generato. "Il Senato e la
Camera dei Deputati hanno approvato; Noi
abbiano sanzionato e promulghiamo quanto segue:
Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume
per sé e suoi Successori il titolo di Re d’Italia.
Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello
Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del
Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla
e di farla osservare come legge dello Stato. Da
Torino addì 17 marzo 1861". Il 21 aprile 1861 quella legge diventa la n. 1 del Regno d’Italia.
Il 17 marzo del 2011 l’Italia compirà ufficialmente
150 anni. Il Paese del "bel canto", acciaccato ma
ancora in piedi, ne ha fatta di strada. Ma spesso gli
anniversari, le ricorrenze, si accavallano e, il prossimo 10 marzo, sarà pure il 140mo anniversario dalla
morte di uno degli uomini considerato, assieme a
Giuseppe Garibaldi, Vittorio Emanuele II e
Camillo Benso, uno dei padri della patria. E non è
tempo perso riportarli all'attualità. Qualcuno oggi
polemizza se l'Unità d'Italia sia stata un bene oppure
una fregatura, soprattutto per il mezzogiorno. Poi
c'è la lega che ha visto suoi esponenti dichiarare
l'inutilità di queste celebrazioni. Mazzini, politico e
patriota, si presenta ai giovani, ancora adesso, come
una figura luminosa. “La repubblica, come necessità
storica sorgerà dai cento errori governativi che terranno dietro ai cento commessi; sorgerà, dal convincimento degli animi, che la guerra ogni giorno
alla libertà degli italiani, alle associazioni, alla stampa, al voto, è conseguenza inevitabile del sistema,
non d’uno o d’altro ministero; sorgerà dal senso di
pericolo mortale e di disonorare che lo spettacolo di
corruzione dato da un governo senza dignità e senza
amore, susciterà presto o tardi, onnipotente negli
uomini che hanno a cuore l’avvenire della Patria”.
Inoltre ci spiega che è necessaria “l’eguaglianza di
tutti dinnanzi al Diritto: la protezione dei deboli, la
distruzione dei privilegi usurpati dai forti; la libertà
per tutti; libertà di disporre della propria persona
sotto la propria responsabilità; libertà d’andare, di
venire, di operare; libertà di pensiero, di parola, di
scritto; libertà di associarsi pel compimento di tutti
quegli atti, che, se commessi da individui isolati, non
sarebbero considerati criminosi”. E questa dottrina
fu quella che Mazzini insegnò: al suo trionfo consacrò l’intera sua vita. “Un Essere guidato da un’intelligenza e da un’unica volontà. Mazzini fu uno di
quegli eroici veggenti. Quanti credono nel
Progresso, conclude il giornalista, gli debbono il
tributo del loro rispetto e della loro ammirazione.
Ed io vi sono riconoscente di avermi offerto l’occa-
sione di deporre il mio”.
Le sue idee e la sua azione politica, senza dubbio
contribuirono in maniera decisiva alla nascita dello
Stato unitario italiano. E furono di grande importanza, anche successivamente all’Unità, nella
definizione dei moderni movimenti europei per l’affermazione della democrazia attraverso la forma
repubblicana dello Stato. Il pensiero politico e
sociale dimostra che Mazzini fu davvero una di
quelle “grandi anime che visitano d’epoca in epoca,
l’Umanità per annunciare un nuovo ordine di cose”.
Cajo Renzetti, nel ricostruirne il pensiero scrisse che
“Mazzini fu uno di quegli eroici veggenti. Queste
potenti individualità sorgono, confusamente presentite da molti, sul morire di una fede religiosa allo
spirare di un periodo storico filosofico. Sorgono
potenti della sintesi del passato e forti dell’intuito
divinatore dell’avvenire. Ardentemente amano, e
però nella lotta contro l’errore si scagliano cavalieri
della morte. La loro virtù atterra e suscita, abbatte
ed edifica. L’epoca li deride li calunnia li perseguita,
ed essi perseguono
immutati, paghi della
riconoscenza del
futuro”. Un patriota,
un cospiratore, un legislatore, un filosofo e
un letterato. Tra la
chiesa cattolica ed il
secolo, egli evocò la
libertà di pensiero e di
coscienza. Tra la libertà ibridamente
sposata al principato,
preferì la democrazia. Tra i capitalista e il salariato,
scelse il “libero produttore”. La sua missione fu
essenzialmente “Rigeneratrice” morale umanitaria, e
questa si estese a tutti i popoli ed abbracciò tutte le
nazioni. Egli è l’uomo dei politici ardimenti che col
fervore di un antico ascende la gloriosa tribuna dei
Gracchi, e “più fortunato e più innovatore di
Crescenzio di Arnaldo di Stefano Porcari e di Cola
ertà, senza l’uguaglianza, è una pianta sterile: “La libertà non è un principio, ma quello stato in cui lo
sviluppo di un principio è concesso ad un popolo.
Non è il fine, ma il mezzo per raggiungerlo.” E per
ascendere a questa “città futura”, egli accenna a due
principi fondamentali: la nozione del dovere e la
virtù del sacrificio; la vita significa “missione”, compito di trasformare le cose a favore di tutti, dovere di
“procacciare il benessere sociale”. La legge scritta
non può essere altro che un riflesso, una fotografia,
per così dire, della legge morale e naturale. Nessuno
potrebbe dettarla a suo capriccio perché essa deve
essere liberamente discussa e unanimemente accettata.
Lo Stato, secondo l'idea mazziniana, non decapita i
delinquenti, perché “il suo codice penale protegge la
società, e ne educa gli individui; non sparge le
locuste della burocrazia, perché fa pochissime leggi e
buone; non si circonda di baionette permanenti,
perché tutti i suoi cittadini militano; non tiene
gabellieri alle porte o alle dogane, perché non ha
corte, né lista civile, né balli diplomatici, né livree di
ministri, né galloni di generali: non compra coi
fondi segreti , perché non ha spie, e non ha spie, perché tutto si può dire e stampare intorno ai problemi
sociali, e l’interesse della sussistenza dello stato è
comune; ivi i migliori per ingegno e virtù hanno
dovere e diritto al raggiungimento dei pubblici
negozi, e vengono eletti da tutti, rimanendo sindacabili, amovibili, responsabili.” Questa specie di
Stato favoreggia, stimola, inizia a proteggere le tendenze e le spontaneità collettive. Esso può dirsi uno
stato patriarcale che invece di perpetuare sé stesso ed
allargare la propria sfera d’azione, tende mano mano
ad innalzare il cittadino fino alla libertà, cancellando, ogni giorno che passa, una riga della propria
legge”. A guisa del buon padre di famiglia, lo Stato
“scende lieto nel sepolcro, vedendo adulti e felici i
suoi figliuoli.” La proprietà non può essere il risultato della frode, dell’usura della fortuna. La proprietà
deve possedere un più giusto fondamento, una più
onesta origine: “il lavoro”. Nei Doveri dell’Uomo, lo
stesso Mazzini scriveva che “la proprietà è il segno, la
rappresentazione della quantità di lavoro, col quale
Foste schiavi un tempo,
l’individuo ha trasformato sviluppato accresciuto le
poi servi,
forze produttrici della natura”. Essa dunque è il frutpoi salariati:
to di un lavoro compiuto, e siccome in una società
fondata sulla eguaglianza tutti hanno dovere e diritsareste fra non molto,
to al lavoro, ne consegue che “la proprietà non può,
purché lo vogliate,
né deve agglomerarsi nelle mani di pochi e tirannegliberi produttori
giare il lavoro”. Forse questa non è utopia, forse è
e fratelli nell’associazione
proprio il modello cui uno Stato dovrebbe tendere e
a cui si riferisce Napolitano nel suo discorso in cui
da Rienzo, decreta la fine del Papa e del re, proclaspiega che non si tratta di tempo sprecato. Ma sapmando la sovranità del popolo, libero di ogni laccio piamo bene, a distanza di 150 anni, che non è andadi chiesa costituita e militante, sciolto d’ogni tiranta precisamente così. Che serve un cambiamento di
nide di mediazione spirituale o temporale”. E ancora rotta perché mentre Scajola si dimette, la corruzione
potremmo dire che “Egli è l’uomo delle redentrici
dilaga nel centro sinistra quanto nel centro destra.
aspirazioni che detta il libro dei Doveri dell’Uomo,
Questo Stato, in cui viviamo l’oggi, non tende più la
dove con sapienza mirabile tenta armonizzare la lib- mano ad innalzare il cittadino fino alla libertà. Non
ertà colla legge, l’individuo coll’aggregazione, la pro- favoreggia, non stimola, non protegge le tendenze e
prietà col lavoro, la donna coll’uomo”. Mazzini è cul- le spontaneità collettive dei suoi cittadini. Non
tore altissimo dell’arte, ma, scriveva Renzetti, “l’arte
educa e, soprattutto, non rieduca i cittadini con
per l’arte non costituisce il suo ideale. Per lui arte sig- carceri da paese incivile e che rendono, per la loro
nifica missione, missione morale e sociale. Mazzini è inumanità, 15 volte maggiore il tasso dei suicidi al
amante della patria, ma resta assai lontano d”a quel
loro interno. E’ uno stato che spesso “sparge locuste
patriottismo pel patriottismo per il quale oggi molti, burocratiche” per non semplificare la vita dei suoi
repubblicani un giorno, riposano stanchi sugli allori cittadini e per compromettere la vita stessa democdell’unità, carichi il petto di ciondoli regi”.
ratica scegliendo, per legge, la via partitocratica della
La patria sacra in oggi, sperava Mazzini, sparirà forse nomina al posto dell’elezione, dell’insindacabilità e
un giorno, quando ogni uomo rifletterà nella prodell’inamovibilità invece della responsabilità.
pria coscienza la legge
Proprio per questo, forse, ricordare oggi il pensiero
morale dell’Umanità. E' di Giuseppe Mazzini, di uno di quei padri fondatori
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fautore della libertà, della dell’Italia, della tanto festeggiata Unità d’Italia, non
IN EVIDENZA
L’Ottocento è un Secolo importante per la Calabria di Giovanna Canigiula
libertà la più ampia, la
serve ad un suo tripudio storico ma, non certo
La scenografia del presepe di Franco Vallone
più sconfinata, ma, “il
tempo sprecato, può essere utile per evidenziare la
Greccio, Betlemme e Gerusalemme ... Le note del calabrese Canocchiella di Franco Vallone liberalismo per il liberalrivoluzione necessaria e il lungo cammino che non è
La morte di Mario Monicelli e il dibattito sulla dolce morte di Giuseppe Candido
ismo non costituisce il
ancora stato sufficiente a renderlo, questo Stato,
... e molti altri ar ti col i an cora su l n o stro s ito intern e t
suo ideale”. Anche la lib- davvero democratico.
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