Una breve ma dettagliata review sulle varie fasi di guarigione del tessuto tendineo.
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Tratto da: I tendini: biologia, patologia, aspetti clinici
Gian Nicola Bisciotti
pagine da manuale tecnico del pilates terza edizione.pdf
I processi di guarigione del tendine
1. 7.1 Introduzione
Per una migliore comprensione dei principi biologici sui quali si basa il pro-
cesso di guarigione della struttura tendinea, in questo capitolo faremo una breve
ma dettagliata review su quelle che sono le varie fasi della guarigione del tessuto
tendineo dopo che quest’ultimo abbia subito un evento lesivo od un atto chi-
rurgico. La piena comprensione in senso biologico di queste differenti fasi co-
stituisce la premessa assolutamente necessaria per poter comprendere appieno
l’eziologia e lo sviluppo dei disordini tissutali a carico del tessuto tendineo ed i
pathways che possono comprometterne il completo recupero anatomico e fun-
zionale.
Tale base teorica è quindi il presupposto indispensabile per poter mettere in
pratica delle efficaci strategie il cui scopo sia l’ottimizzazione dei naturali pro-
cessi di guarigione tendinea. Il processo di guarigione del tessuto tendineo, come
d’altro canto anche quello degli altri tessuti molli, si può basare essenzialmente
su tre principi biologici: la rigenerazione, la riparazione oppure una loro com-
binazione. La rigenerazione rappresenta una forma di guarigione biologica che
si attua attraverso la produzione di un nuovo tessuto le cui caratteristiche strut-
turali e funzionali sono identiche a quelle del tessuto primitivo (Leadbetter,
1992). La rigenerazione tissutale rappresenterebbe quindi, in via del tutto teo-
rica, il processo di guarigione ideale per i tessuti molli lesionati; tuttavia esatta-
mente come nel caso del muscolo scheletrico (Bisciotti, 2010), la guarigione del
tessuto tendineo avviene grazie ad un processo di riparazione che esita nella for-
mazione di una più o meno cospicua area cicatriziale, che ancora una volta esat-
tamente come nel caso del muscolo scheletrico, si presenta di natura connettivale
e con proprietà strutturali e funzionali inferiori a quelle del tessuto originario
(Józsa e Kannus, 1997).
Il tessuto tendineo, in confronto a quello muscolare, presenta ridotte capacità
di auto-riparazione date dalla scarsa vascolarizzazione che, a sua volta, comporta
un ridotto apporto di ossigeno e di nutrimento a livello tissutale, anche se alcuni
Autori sosterrebbero che i processi autoriparativi del tendine sarebbero co-
munque sottostimati (Holch e coll., 1994; Maagaard-Mortensen e coll., 1994;
Zwipp., 1995).
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2. 7.2 Le fasi della riparazione tendinea
Da un punto di vista generale il processo di riparazione tendinea si suddivide
nelle stesse fasi in cui è strutturato il processo di riparazione del muscolo sche-
letrico, ossia in tre fasi tra loro consequenziale ma, nel contempo, estremamente
interconnesse che sono:
- La fase infiammatoria, che ha inizio nell’immediatezza dell’evento lesivo
e si protrae sino a circa il quarto-settimo giorno.
- La fase proliferativa che si protrae dalla fine della prima settimana post-
lesionale sino a circa la quarta–sesta settimana.
- La fase di maturazione o di rimodellamento che dalla fine della fase pro-
liferativa può protrarsi sino ad un anno dall’insorgenza dell’evento lesivo.
Come nel caso della riparazione del tessuto muscolare, il passaggio da una fase
a quella successiva è estremamente sfumato, tanto da creare dei veri e propri
quadri di coesistenza biologica tra le due fasi considerate. Esaminiamo ora le tre
diverse tappe biologiche prima sommariamente descritte nei loro dettagli prin-
cipali.
La fase infiammatoria
La fase infiammatoria, detta anche fase essudativa, ha inizio nell’immediato pe-
riodo post-traumatico come risposta fisiologica nei confronti del danno strut-
turale. In seguito al danno subito dalle rete vascolare, sangue, plasma e fluidi
tissutali si riversano all’interno dell’area lesionata. Le piastrine presenti nella
zona della lesione si legano al collagene esposto dall’evento traumatico e rila-
sciano fosfolipidi che stimolano i meccanismi di coagulazione (Houglum, 1992).
Circa un’ora dopo il trauma, nel sito lesionale sono già osservabili fibrina e fi-
bronectina che formano dei cross-link con le fibre di collagene lesionate (Józsa
e coll., 1989a; Lehto e coll., 1990). Già queste prime tappe portano alla forma-
zione di una tenue struttura simil-collosa che agisce come un vero e proprio
“tappo”, seppure ancora strutturalmente fragile, che in ogni caso argina l’e-
morragia locale e supporta meccanicamente le fibre tendinee danneggiate nel
sopportare le forze tensili alle quali sono sottoposte durante questa prima fase
immediatamente post-lesionale. A questa prima risposta fa seguito, nell’arco di
poche ore, una massiccia migrazione nell’area lesionata di leucociti polimorfo-
nucleati e di monociti. Tale infiltrazione cellulare avviene entro 24 ore dal
trauma e prosegue per i successivi 2-3 giorni. La fase infiammatoria rappresenta
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Anatomia ed aspetti generali
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3. un periodo temporalmente piuttosto breve, dell’ordine di circa una settimana
(Enwemeka, 1989; Garret e Lohnes, 1990; Houglum., 1992). Gli elementi cel-
lulari, i leucociti polimorfonucleati, i monociti ed i macrofagi migrano massi-
vamente all’interno dell’area lesionata, attratti da particolari sostanze prodotte
all’interno del sito lesionale stesso, denominati agenti chemiotattici. Tra queste
sostanze spicca per importanza l’istamina, sostanza che viene rilasciata dai ma-
stociti, dai leucociti granulari e dalle piastrine. L’istamina esplica un’azione va-
sodilatatoria, incrementando in tal modo la permeabilità vascolare. Sempre tra
le sostanze chemiotattiche, spiccano per importanza anche la fibronectina, che
esplica la sua azione chemiotattica sui leucociti e sui macrofagi, e la bradichi-
nina che, oltre ad incrementare la permeabilità vascolare, stimola il rilascio di
prostaglandine durante il prosieguo della fase infiammatoria. Quest’ultima è in-
fluenzata da due prostaglandine, in particolare la prostaglandina E (PGE) – che
incrementa la permeabilità vascolare- e la prostaglandina E2 (PGE2) che presenta
la capacità di attrarre i leucociti. Immediatamente dopo l’evento lesivo si può
anche osservare un rapido incremento del contenuto di DNA all’interno delle
cellule tendinee, che poi tende a stabilizzarsi nelle successive fasi di prolifera-
zione e di rimodellamento e maturazione (Okuda e coll., 1987; Abrahamsson e
coll., 1989a; Abrahamsson e coll., 1989b). Nel periodo tardivo della fase in-
fiammatoria le PGE e le PGE2 possono dare inizio ad un precoce processo di ri-
parazione continuando, nel contempo, la reazione infiammatoria, fornendo in
tal modo un primo esempio di come le varie fasi siano spesso tra loro sovrap-
poste. Uno dei compiti principali delle cellule pro-infiammatorie è quello di ri-
muovere dall’area lesionata i tessuti necrotici ed i prodotti di rifiuto: soltanto
dopo che questi ultimi sono stati rimossi, ossia dopo circa 5-7 giorni dall’evento
lesivo, può iniziare appieno la fase proliferativa. Come già accennato, non esi-
ste una netta suddivisione tra la fase infiammatoria, quella proliferativa e l’ultima
fase di maturazione, ma si può osservare piuttosto un continuum di attività bio-
logiche che presentano aspetti spesso sovrapposti (Houglum, 1992). Alcune ri-
cerche hanno suggerito come le diverse caratteristiche che la fase infiammatoria
può assumere, si possano rivelare determinanti per il successo od, al contrario,
per il fallimento dei processi di guarigione del tendine (Dovi e coll., 2003). Ad
esempio nel modello animale la neutropenia1
accelera i processi di guarigione
delle ferite da taglio (Dovi e coll., 2003) ma non influisce sui processi di guari-
gione di un tendine riparato chirurgicamente (Godbout e coll., 2010).
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1. La neutropenia è la diminuzione del numero dei granulociti o neutrofili, o leucociti polimorfo-
nucleati (PMN), uno dei 5 tipi di globuli bianchi (o leucociti) che circolano nel sangue periferico,
al di sotto del limite inferiore di normalità di 1800 per millimetro cubo (o microlitro).
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4. La deplezione dei macrofagi invece compromette i processi di riparazione della
cute causando sia una diminuzione dei processi di deposizione del collagene,
che dell’angiogenesi (Mirza e coll., 2009; Khanna e coll., 2010). Tuttavia su que-
st’argomento in letteratura i dati sono molto contrastanti. Infatti, se da una parte
alcuni Autori indicano che l’attivazione dei macrofagi può rappresentare un
nuovo ed interessante approccio terapeutico nell’ambito della riparazione tis-
sutale, ad esempio per ciò che riguarda i danni al tessuto cardiaco in caso d’i-
schemia (Brechot e coll., 2008), dall’altra altri studi indicherebbero che una
deplezione dei macrofagi implicherebbe un sostanziale miglioramento sia della
morfologia, che delle proprietà meccaniche dell’interfaccia tendine-osso dopo ri-
costruzione chirurgica di LCA (Hays e coll., 2008). Questa lacunosa compren-
sione del ruolo dei neutrofili e dei macrofagi nel quadro del processo di
riparazione tissutale può essere, perlomeno in parte, giustificata dal fatto che
nell’ambito della riposta infiammatoria una molecola può adempiere a svariate
funzioni e, nello stesso tempo, diverse molecole possono svolgere ruoli sostan-
zialmente sovrapponibili (Sercarz e coll., 2004). A questo proposito è oppor-
tuno ricordare che i differenti gradi di severità della lesione possono determinare
differenti stati di attivazione dei macrofagi (Krysko e coll., 2006; Poon e coll.,
2010), ossia :
Un primo tipo di attivazione denominata “innata”, innescata dai lipolisac-i
caridi2
o dall’IFN-γ3
associati allo stato pro-infiammatorio ed alla produ-
zione di IL-64
, IL-1β5
e TNF-α6
;
Una seconda modalità d’infiammazione denominata “classica”, attivata dal-ii
l’azione dell’IL4 ed IL-23 associate all’azione del TGF-β, del TGF-α, del b-
FGF7
, del PDGF e del VEGF.
Infatti, alcuni studi, seppur preliminari, indicherebbero un alto livello di com-
plessità nell’attivazione dei macrofagi, livello che dipenderebbe dalla natura, dal-
l’interazione e dalla combinazione degli stimoli biologici ai quali i macrofagi
stessi sono esposti (Woodall e coll., 2008).
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167I Tendini
Anatomia ed aspetti generali
2. Il Lipopolisaccaride (LPS) è forte attivatore policlonale aspecifico timo-indipendente dei linfo-
citi B; innesca la reazione bi-direzionale tra macrofagi e linfociti T-helper (produzione di gamma-
interferon e Interleuchina-2); esalta l`attività dei macrofagi; induce sintesi prolungata di IgM,
associata o in alternativa alla sintesi di IgG.
3. Interferon-γ-inducing factor.
4. Interleukin 6.
5. Interleukin 1-β.
6. Tumor-necrosis factor-α
7. bFGF: basic fibroblastic growth factor.
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5. La risoluzione dei processi infiammatori verrebbe infine regolata dall’attività
dei fibroblasti i quali contribuirebbero in modo sostanziale in tal senso, per-
mettendo ai leucociti infiltratisi nella zona lesionale sia di avviarsi verso un pro-
cesso di apoptosi oppure di lasciare i tessuti attraverso il circolo linfatico (Andia
e coll., 2010). Inoltre, sono da segnalare alcuni studi che riporterebbero dell’os-
servazione di un incremento dei mastociti durante la fase infiammatoria in pa-
zienti affetti da tendinopatia cronica con evidente iperplasia vascolare e che
lamentavano una spiccata sintomatologia algica (Scott e coll., 2008). Dal mo-
mento che i mastociti contengono numerosi granuli ricchi in eparina, istamina
e tryptase8
, proprio il rilascio di queste ultime due sostanze da parte dei masto-
citi stessi durante la fase di degranulazione parteciperebbe ad innescare il rilascio
di sostanza P, a sua volta responsabile della sintomatologia algica (Scott e coll.,
2008a; Scott e col., 2008b; Del Buono e coll., 2011).
La fase proliferativa
La fase proliferativa ha inizio con un accumulo di fibroblasti, miofibroblasti9
e
cellule endoteliali all’interno dell’area lesionata (Peacock e Van Winkle, 1970;
Katenkamp e coll., 1976; Gelberman e coll., 1985; Gelberman e coll., 1988). I
processi di migrazione e proliferazione di queste cellule sono promossi dalla
presenza di fattori di crescita prodotti sia dalle piastrine che dai macrofagi (Hou-
glum, 1992). In questa fase inizia la proliferazione di nuovi capillari che comin-
ciano a comunicare funzionalmente con la rete capillare preesistente. Durante
la fase proliferativa i fibroblasti ed i miofibroblasti, che possono provenire dal
tendine stesso, dall’epitenonio, dalla guaina tendinea o dal paratenonio (Garner
e coll.,1989), mostrano una forte attività proliferativa e di sintesi delle compo-
nenti della matrice extracellulare (ECM). In quest’ambito un importante ruolo
è svolto dal Basic Fibroblast Growth Factor (bFGF), soprattutto per ciò che ri-
guarda la proliferazione cellulare e la vascolarizzazione all’interno dell’area le-
sionata (Chang e coll., 1998). L’interazione tra capillari neo-formati, fibroblasti,
miofibroblasti ed ECM dà origine al tessuto di granulazione e l’originale “tappo”
di sostanza simil-collosa, formatosi nei primi stadi della fase infiammatoria,
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8. Tryptase: enzima proteolitico presente nei granuli dei mastociti.
9. I miofibroblasti sono cellule del tessuto connettivo con capacità contrattili simili alla muscolatura
liscia. Scoperte nel 1970, a queste cellule è riconosciuto un ruolo importante nel processo di gua-
rigione delle ferite, nella fibrosi dei tessuti e nelle contratture patologiche della fascia. La loro evo-
luzione avviene generalmente da normali fibroblasti a proto-miofibroblasti, fino alla completa
differenziazione in miofibroblasti e ad una apoptosi terminale che è influenzata dalle tensioni mec-
caniche, dalle citochine e da specifiche proteine che provengono dalla matrice extracellulare.
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6. viene sostituito con una struttura più stabile; contemporaneamente la fibro-
nectina migliora la migrazione e l’adesione dei fibroblasti. Nello stadio iniziale
della fase di proliferazione, e più precisamente a partire dal settimo giorno dal-
l’evento lesivo, i fibroblasti producono i glicosaminoglicani dell’ECM (princi-
palmente acido ialuronico) ed il collagene di tipo III, anche se un netto
incremento della sintesi di collagene è osservabile solamente a partire dalla terza
settimana post-lesionale. Le nuove fibre collagene che si vanno formando non
hanno ancora tuttavia né una consistente organizzazione strutturale né un netto
orientamento.
L’ultimo periodo della fase di proliferazione fa registrare un produzione di col-
lagene di tipo I, che continuerà sino alla fine della fase di maturazione e rimo-
dellamento (Leadbetter, 1992). Il collagene di tipo I, a cominciare all’incirca dal
dodicesimo/quattordicesimo giorno, inizia a sostituire il collagene di tipo III, nel
frattempo il tessuto di granulazione è ulteriormente maturato e la formazione
cicatriziale sta assumendo una sua solidità strutturale. Durante questa fase si può
osservare un decremento dell’attività degli enzimi ossidativi, ed un netto incre-
mento di quella degli enzimi anaerobici (Józsa e Kannus , 1997). A questo pro-
posito è interessante notare che anche nel muscolo scheletrico lesionato nel giro
di poche ore dall’evento lesivo, il consumo di ossigeno a riposo, all’interno del-
l’area muscolare lesa, si alza drasticamente, generando come conseguenza uno
squilibrio tra il rifornimento e la richiesta di O2, che determina a sua volta una
rapida discesa della tensione di O2 all’interno dell’area insultata, contestualmente
a questo, si assiste ad aumento della concentrazione di lattato all’interno della
lesione. Nel tendine la fase di proliferazione dura mediamente da tre a sei setti-
mane, periodo oltre il quale viene progressivamente sostituita dalla fase di ma-
turazione e rimodellamento.
La fase di rimodellamento e maturazione
Quest’ultima fase è quella temporalmente più lunga, si può infatti protrarre sino
ad oltre un anno dall’evento lesivo (Houglum, 1992). Durante la fase di rimo-
dellamento il numero dei macrofagi, dei fibroblasti, dei mioblasti e dei capillari
diminuisce in modo lento e progressivo, contestualmente a questo anche l’atti-
vità di sintesi va scemando. La zona cicatriziale diviene meno densa, la sua ca-
pillarizzazione decresce ed anche la sua matrice perde una certa quota fluida; in
questa fase si assiste, in un primo tempo, ad una progressiva sostituzione del tes-
suto granulare di riparazione da parte del tessuto fibroso e, dalla decima setti-
mana in poi, un’ulteriore sostituzione del tessuto fibroso da parte del tessuto
tendineo (Wang, 2006). Anche la quantità di glicosaminoglicani diminuisce len-
tamente cambiando la propria distribuzione. Il collagene tendineo diviene meno
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169I Tendini
Anatomia ed aspetti generali
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7. denso nella sua compattazione strutturale e principalmente composto da colla-
gene di tipo I10
. In sostanza, durante quest’ultima terza fase si assiste ad un ri-
modellamento delle fibre di collagene neo-formate, sino a che queste ultime non
vengano a formare una forte struttura permanente (Leadbetter, 1992). La piena
maturazione del collagene ed un totale riallineamento delle fibre richiedono
usualmente un periodo di 5 o 6 mesi calcolato dall’insorgenza dell’evento le-
sivo. Verso la fine della fase di rimodellamento i fibroblasti, cessando la loro at-
tività biosentitica, si trasformano in fibrociti. Nonostante questo grosso
processo di rimodellamento, i deficit biomeccanici e biochimici conseguenti al-
l’insulto traumatico possono mantenersi indefinitamente (Leadbetter, 1992; Bi-
sciotti e coll., 2007). La forza tensile del tendine può ridursi di oltre il 30%
(Leadbetter, 1992; Bisciotti e coll., 2007) e la struttura di quest’ultimo può pre-
sentare difetti nella distribuzione del collagene (con un aumento del collagene
di tipo III e V a scapito di quello i tipo I), dell’orientamento delle fibre e del
contenuto in acqua, DNA e proteglicani (Gelberman e coll., 1988). È interes-
sante notare che un meccanismo comune delle tre fasi appena descritte è rap-
presentato dal processo di proteolisi. L’attività proteolitica risulta infatti una
componente biologica essenziale sia della crescita tissutale, che del suo mante-
nimento, nonché dei suoi processi di adattamento e riparazione. Dopo un
evento lesivo la proteolisi diviene quindi necessaria sia per la rimozione della ma-
trice danneggiata, che per il rimodellamento dell’area cicatriziale (Everts e coll.,
1996).
I PROCESSI DI GUARIGIONE DEL TENDINE7
170 Gian Nicola Bisciotti
10. A questo proposito dobbiamo comunque ricordare che molti Autori sottolineano il fatto che a se-
guito dei processi di riparazione il collagene di tipo I viene sostituito da collagene di tipo III e V, mec-
canicamente più deboli e che possono predisporre il tendine alla rottura meccanica.
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8. 7.3 Il ruolo della risposta nervosa nell’ambito dei processi di
guarigione del tendine
A seguito di un trauma di qualsivoglia natura, lo stress iniziale subito dall’or-
ganismo è codificato in un segnale neurale (Andia e coll., 2010). Nonostante il
fatto che il tendine sia essenzialmente sprovvisto di una vera e propria compo-
nente nervosa (Acherman e coll., 2009), gli assoni amielinici che innervano il pe-
ritenonio e l’endotenonio recepiscono i prodotti molecolari derivanti
dall’evento lesivo e, pertanto, trasmettono il segnale registrato al fine di modu-
lare la risposta neurale efferente con la risposta immunitaria (Stayaert e coll.,
2006). Pertanto, il sistema nervoso gioca un ruolo fondamentale nella regola-
zione dei processi di riparazione tendinei; ne è testimone il fatto che l’applica-
zione di CGRP11
, di sostanza P (Burssens e coll., 2005; Stayaert e coll., 2006;
Carlsson e coll., 2011) oppure di NGF12
(Mammoto e coll., 2008) migliorano,
nel modello animale, il processo di riparazione del tendine, mentre la denerva-
zione, sia in un modello murino (Yeung e coll., 2005) che nel coniglio (Ivie e
coll., 2002), peggiora e ritarda sensibilmente i processi di riparazione tissutale ri-
spettivamente del legamento collaterale mediale e del tendine di Achille. Infatti,
come è ovvio supporre, un sistema anatomico denervato non possiede un po-
tenziale fisiologico tale da consentirgli di poter far fronte alla richiesta d’inte-
grazione delle varie e molteplici richieste biologiche provenienti dai tessuti in
fase di riparazione. D’altro canto, anche le scarse capacità riparative della carti-
lagine sono sostanzialmente addebitabili alla sua natura aneurale ed avascolare
(Nelson e coll., 2010). I nervi ed i vasi sanguigni quindi adottano una strategia
sinergica di vicendevole supporto nell’ambito della riparazione del tendine; in
un modello murino, ad esempio, si può osservare come nervi e vasi proliferino
insieme dal peritenonio durante la fase proliferativa, mentre durante la fase di
rimodellamento si può osservare una forte neo-innervazione nelle zone perife-
riche rispetto all’area di riparazione tissutale; neo-innervazione che avrebbe lo
scopo di ridurre l’angiogenesi durante la fase di rimodellamento stessa (Acker-
mann e coll., 2002).
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171I Tendini
Anatomia ed aspetti generali
11. Il CGRP (acronimo dall'inglese Calcitonin Gene Related Peptide, peptide correlato al gene della
calcitonina) è un peptide composto da 37 amminoacidi ed è vasodilatatore che può intervenire nella
trasmissione del dolore, intervenendo nel sistema nervoso periferico e centrale[1]. L'aumento dei li-
velli di CGRP è stato segnalato in emicrania e una serie di altre malattie, come l'insufficienza car-
diaca e l'ipertensione.
12. NGF: nerve growth factor o fattore di crescita nervoso, è una proteina segnale coinvolta nello
sviluppo del sistema nervoso nei vertebrati.
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9. 7.4 Il ruolo del processo di apoptosi nell’ultimo stadio di guarigione
del tendine
Il ritorno ad una normale situazione di omeostasi tissutale dopo l’evento lesivo
è condizionata da una “clearance” dei fibroblasti neo-formati (Lui e coll., 2007).
La densità dei fibroblasti cresce normalmente sino al quarto giorno post-lesio-
nale per decrescere poi in modo costante. In ogni caso, durante i processi di gua-
rigione del tendine la densità dei fibroblasti resta elevata di una percentuale pari
a 6-7 volte il valore basale. Questo notevole incremento dell’attività fibrocita-
ria è giustificato dal fatto che i fibroblasti rivestono un ruolo fondamentale nei
processi di deposito e rimodellamento della ECM; tuttavia questo indica anche
la necessità biologica che tali elevati livelli ritornino normali alla fine del pro-
cesso di guarigione del tendine. Alcuni Autori ipotizzano che questa down-re-
gulation avvenga grazie ad un fenomeno di apoptosi, processo caratterizzato da
condensazione di cromatina, frammentazione, formazione di masse circoscritte
intorno all’involucro cellulare e distruzione del citoscheletro (Hengartner 2000;
Kaufmann e Hengartner, 2001; Barkhausen e coll., 2003) Tutti questi fenomeni
esitano in una contrazione dell’involucro nucleare e della membrana cellulare,
conducendo la cellula ad una auto-eliminazione programmata. Le cellule apop-
totiche vengono poi rimosse attraverso un meccanismo fisiologico silente nel
quale il ruolo di regolatore centrale è svolto dalle caspasi (un gruppo di proteasi
che contengono cisteina nel sito attivo). Un certo numero di studi testimonia
dell’esistenza del fenomeno apoptotico nei fibroblasti di tendini posti in coltura
sia su modello umano che animale, in vivo ed in vitro (Barkhausen e coll., 2003;
Stutek e coll., 2003; Scott e coll., 2005). Sia i campi elettromagnetici (Blumen-
thal e coll., 1997), che lo stress ossidativo (Yuan e coll., 2003) ed i fluoroqui-
nolonici (Sendzik e coll., 2005) si sono dimostrati in grado di provocare il
fenomeno dell’apoptosi su fibroblasti tendinei posti in coltura. Nel modello ani-
male il rateo di apoptosi appare molto basso in un tendine strutturalmente e
biologicamente sano (range da 0.56 a 1.3%) (Scott e coll., 2005), mentre appare
assai più elevato in caso di tendinopatia (Hosaka e coll., 2005). Al contrario, nei
campioni di tendine umano scevro da patologie si possono osservare un numero
particolarmente alto di cellule apoptotiche, con un indice di circa il 35% a livello
dei siti di rimodellamento attivi ed in media del 26% nei tenociti (Chuen e coll.,
2004). Dal momento che il rateo di apoptosi di un tessuto tendineo affetto da
tendinopatia non differisce sostanzialmente da quello osservabile in un tendine
sano, ossia 34% versus 35% (Chuen e coll., 2004;Yee e coll., 2007), possiamo ra-
gionevolmente supporre che, nel modello umano, il fenomeno dell’apoptosi sia
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10. naturalmente correlato al normale turn-over delle cellule tendinee all’interno
di quello che è il più complesso processo del rimodellamento della ECM, e che
tale processo si verificherebbe sia in condizioni normali, che patologiche. In un
quadro patologico rappresentato dal processo di guarigione tendinea, l’apoptosi
sarebbe quindi coinvolta nel meccanismo di “clearance” dell’eccessiva prolife-
razione di fibroblasti che si verificherebbe nel sito di riparazione lesionale. Il
fenomeno dell’apoptosi durante il processo di riparazione tendineo, come te-
stimonierebbe l’attività delle Caspasi, si verificherebbe solamente a partire dal
14° giorno per poi raggiungere il suo apice attorno al 28° giorno post-lesionale,
anche se alcuni Autori formulano l’ipotesi che l’apoptosi potrebbe essere me-
diata anche da altre proteine rispetto alle sole Caspasi (Daugas e coll., 2000; Lui
e coll., 2007). L’apoptosi interessa non solamente i fibroblasti ma anche i mio-
fibroblasti che scomparirebbero, a causa di quest’ultima, nella fase finale del
processo di guarigione (Desmouliere, 1995; Gabbiani, 2003). L’apoptosi è un
processo piuttosto rapido, che richiede da pochi minuti a qualche ora, e per-
tanto presenta indubbie difficoltà di campionamento e di studio, visto che alcune
cellule potrebbero rispondere più velocemente di altre allo stimolo apoptotico.
Probabilmente è questo il motivo che può spiegare la relativa mancanza di studi
e la conseguente necessità di ulteriori approfondimenti in quest’ambito. Tutta-
via, dato che la densità cellulare del tendine alla fine dei suoi processi di ripara-
zione è determinata dal rateo tra la crescita e la morte cellulare che si verifica a
livello del sito lesionale, il poter approfondire la conoscenza dei processi che re-
golano tale fenomeno, primo tra tutti l’apoptosi, ci permetterebbe di com-
prendere appieno i meccanismi che consentono al tessuto tendineo di
raggiungere una nuova situazione di omeostasi una volta terminati i processi ri-
parativi.
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173I Tendini
Anatomia ed aspetti generali
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11. 7.5 Il ruolo dei fattori di crescita nel processo di guarigione del tendine
I fattori di crescita (GF) rivestono un ruolo molto importante all’interno delle
varie fasi del processo di guarigione del tendine, ruolo diversificato in base al
loro target d’intervento specifico ed al loro eterocronismo d’azione. La piena
comprensione di come e quando i vari GF ed i loro recettori implicati nei pro-
cessi di riparazione tendinea vengono espressi, rappresenterà una futura ed im-
portantissima tappa nella ricerca tesa all’ottimizzazione dei processi di
riparazione del tessuto tendineo. Schematicamente possiamo così riassumere il
ruolo ed il timing dei vari GF implicati nel corso delle tre tappe del processo di
riparazione del tessuto tendineo:
- Il Platelet Derived Growth Factor (PDGF) viene prodotto solamente per un
breve periodo immediatamente dopo l’evento lesivo, e stimola la produzione
di altri GF (Kuroda e coll., 2000; Visser e coll., 2010).
- Il Transforming Growth Factor-beta (TGF-β) è attivo durante la fase infiam-
matoria e quella proliferativa, ma riveste un ruolo più importante durante la se-
conda di dette fasi. Analizzando separatamente le sue tre isoforme, possiamo
osservare come il TGF- β1 contribuisca alla sedimentazione della ECM e che
una sua sovra-espressione esiti in una formazione di tessuto fibrotico; inoltre è
possibile notare come il TGF- β2 agisca in modo molto simile al TGF- β1 e che
infine il TGF- β3 mostri la capacità di migliorare qualitativamente il tessuto ci-
catriziale. Il picco di attività dei recettori dell’espressione del TGF- β si registra
attorno al 14° giorno post-lesionale, e inizia a decrescere da circa il 56° giorno
in poi ( Duffy e coll., 1995; Chang e coll., 1997; Oryan e Moshiri, 2011).
- Il Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF) stimola la proliferazione delle
cellule endoteliali, migliora l’angiogenesi ed aumenta la permeabilità capillare.
All’interno dell’area lesionata l’espressione del VEGF RNA si può osservare
a partire dal 7° giorno post-lesionale, mentre il suo picco si registra attorno al
10° giorno (Bidder e coll., 2000; Savitskaya e coll., 2011).
Le isoforme di ossido nitrico sintetasi13
(NOS) vengono espresse, attraverso di-
versi patterns di espressione, durante tutte le tre fasi della riparazione tendinea
(Chang e coll., 1998).
I PROCESSI DI GUARIGIONE DEL TENDINE7
174 Gian Nicola Bisciotti
13. NO sintetasi è un enzima distribuito quasi in maniera ubiquitaria nei tessuti e nei viventi in ge-
nerale che provvede a produrre NO a partire dall’arginina che viene trasformata in citrullina (meta-
bolita intermedio del ciclo dell'urea). L'enzima nell'organismo è presente in 2 tipi di isoforme:
inducibile e costitutiva. La seconda è localizzata principalmente nell'endotelio vasale e nel cervello,
mentre l'inducibile è tipica dei globuli bianchi e viene attivata durante l'infiammazione sia con fun-
zione segnalatoria che battericida.
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12. I PROCESSI DI GUARIGIONE DEL TENDINE 7
175I Tendini
Anatomia ed aspetti generali
Periodo Principali alterazioni cellulari e della matrice osservabili
Immediatamente
dopo l’evento lesivo
Preponderante presenza di eritrociti spesso raggruppati sotto forma
di piccoli coaguli. Presenza di fibronectina (entro 1 ora) e macrofagi.
24 ore dopo Presenza di leucociti polimorfonucleati, monociti e macrofagi (anche
prima nel caso di rottura meccanica e più tardi nel caso di rottura
spontanea).
Inizio della sintesi di acido ialuronico, seguita dalla sintesi di glicosa-
minoglicani (comunque più tardiva).
4°-5° giorno Presenza di fibroblasti.
Dal 7° giorno in poi Lenta e progressiva diminuzione dei leucociti e dei macrofagi e del-
l’attività dei fibroblasti.
Aumento della presenza di fibronectina.
Nessuna presenza di pro-collagene prima del 7° giorno.
Dal 7° giorno in poi inizia la sintesi collagene nelle cellule prolifera-
tive dell’epitenonio, ma non ancora negli endotenociti.
Presenza di miofibroblasti nel tessuto di granulazione.
2a
settimana Il tessuto di granulazione diviene più compatto.
I fibroblasti (tenoblasti) iniziano a mostrare un orientamento secondo
l’asse principale del tendine.
La sintesi di collagene è molto evidente anche in zone relativamente
discoste dalla zona di riparazione.
Il collagene neo-formato di tipo III (formatosi nell’area di lesione),
inizia ad essere progressivamente sostituito dal collagene di tipo I
(formatosi all’esterno dell’area di lesione).
Con la sostituzione del collagene di tipo I a quello di tipo III inizia un
progressivo aumento della forza tensile del tendine.
4a
settimana Il numero dei fibroblasti, miofibroblasti e capillari inizia a diminuire.
Il numero dei macrofagi diminuisce nettamente.
Il collagene forma densi pacchetti di fibre.
Dalla 4a
settimana
in poi
Continua la fase di rimodellamento e maturazione che può protrarsi
per un periodo compreso tra i 4 e gli 11 mesi.
Tabella 1
Schema riassuntivo delle principali alterazioni cellulari e della matrice osservabili
in funzione del periodo di riparazione.
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