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Stampa 3D e Additive Manufacturing
Feb 27, 2017
di Simona Lissemore, Project Manager di NetConsulting cube
La parola all’esperto: Giancarlo Magnaghi
Direttore Tecnico di Cherry Consulting by Studio Magnaghi
Affrontiamo le evoluzioni nel mondo della stampa additiva con Giancarlo Magnaghi, ingegnere elettronico che, dopo
una lunga esperienza in Olivetti, è attualmente titolare della società di consulenza Studio Magnaghi, direttore tecnico
di Cherry Consulting, pubblicista e docente di innovazioni tecnologiche, esperto di Technology Scouting, sistemi e reti
ICT, Industria 4.0 e Stampa 3D. E’ autore dei volumi “Stampa 3D, applicazioni di un’idea innovativa” e “Le città
intelligenti”.
Cosa stanno facendo, oggi, le aziende italiane con la stampa 3D? Quale il
loro approccio all’additive manufacturing?
La maggior parte delle aziende italiane utilizza la Stampa 3D per realizzare prototipi e modelli; solo poche aziende
realizzano prodotti finiti. Alcune possiedono stampanti 3D, prevalentemente con tecnologia a fusione di filamenti di
plastica (FFF – Fused Filaments Fabrication), altre si affidano ai centri servizi.
Possiamo distinguere quattro profili di utilizzo principali:
• Aziende senza competenze interne di progettazione CAD 3D e di Stampa 3D. Si affidano a studi di progettazione
esterni, che realizzano i modelli matematici e poi realizzano i prototipi direttamente o tramite centri servizi.
Rientrano in questo cluster, ad esempio, imprese di costruzione, agenzie di pubblicità e di comunicazione, aziende
artigianali.
• Aziende con competenze interne di progettazione CAD 3D, non dotate di stampanti 3D. Inviano i file stampabili
(generalmente in formato STL) a centri servizi o Fab Lab, che spesso verificano anche la correttezza dei file ricevuti
prima di realizzare le parti. Sono soprattutto studi di architettura, industrie della plastica, stampisti, produttori di
componenti meccanici.
• Aziende con competenze interne di progettazione CAD 3D dotate di stampanti 3D di fascia bassa (generalmente
FFF). Realizzano internamente i progetti e i prototipi concettuali, poi si affidano a centri servizi dotati di macchine
di fascia alta per realizzare i prototipi estetici e funzionali. La maggior parte delle PMI del settore manifatturiero e
della moda appartiene a questo gruppo.
• Aziende autosufficienti, che possiedono competenze e macchine in grado di soddisfare tutte le loro necessità e di
realizzare anche prodotti in piccola serie. E’ questo il caso delle grandi società aerospaziali, automobilistiche,
produttrici di elettrodomestici, come di aziende che operano in mercati di nicchia come orafi e odontotecnici.
Ci sono delle differenze di approccio al mercato tra le aziende italiane e
quelle internazionali?
Le aziende italiane, generalmente, si concentrano maggiormente sui benefici tattici, a breve e medio termine, resi
possibili dalla produzione additiva. Tipicamente si tratta dell’opportunità di realizzare prototipi e prodotti pregiati e
artistici in piccola serie in modo veloce ed economico; si pensi a studi di ingegneria e architettura, design, industria del
mobile, restauro, personalizzazione di prodotti di serie, moda, pelletteria, oreficeria, apparecchi medicali, meccanica
di precisione.
Le multinazionali e le aziende più grandi hanno visioni più strategiche, come la possibilità di back-shoring della
produzione, riportandola indietro dai paesi low-cost verso paesi industrializzati, grazie alla minore incidenza della
mano d’opera a bassa qualificazione sui costi dei prodotti, resa possibile dalla maggiore automazione dei cicli
produttivi basati sulla produzione additiva (tendenza accelerata negli Stati Uniti dalle politiche dell’attuale
Presidente); oppure la possibilità di realizzare una produzione distribuita on-demand di prodotti finiti e parti di
ricambio, privilegiando il trasporto di bit rispetto al trasporto di merci, per avvicinare i centri di produzione ai centri di
consumo, minimizzare i tempi e i costi dei trasporti e ridurre le grandi concentrazioni industriali, fonti di picchi di
inquinamento ambientale.
Quali sono gli aspetti che le aziende italiane devono considerare per
valutare correttamente gli investimenti in stampa 3D?
Come per qualunque altro investimento, la considerazione principale è quella relativa al ritorno sull’investimento
(ROI), che deve tenere conto di parametri misurabili quali costi unitari delle parti prodotte rispetto ai metodi di
produzione tradizionali come fusione e macchine CNC e risparmio di materiale e di energia, ma anche di fenomeni più
difficilmente quantificabili quali riduzione del time-to-market, ambiente di lavoro più vivibile, ritorno di immagine,
elasticità del ciclo produttivo.
Altre motivazioni riguardano la possibilità di soddisfare la domanda di prodotti personalizzati in piccola serie, la
cosiddetta personalizzazione di massa, come di realizzare prodotti impossibili da produrre con qualsiasi altro metodo
di fabbricazione.
Simona Lissemore

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  • 1. Stampa 3D e Additive Manufacturing Feb 27, 2017 di Simona Lissemore, Project Manager di NetConsulting cube La parola all’esperto: Giancarlo Magnaghi Direttore Tecnico di Cherry Consulting by Studio Magnaghi Affrontiamo le evoluzioni nel mondo della stampa additiva con Giancarlo Magnaghi, ingegnere elettronico che, dopo una lunga esperienza in Olivetti, è attualmente titolare della società di consulenza Studio Magnaghi, direttore tecnico di Cherry Consulting, pubblicista e docente di innovazioni tecnologiche, esperto di Technology Scouting, sistemi e reti ICT, Industria 4.0 e Stampa 3D. E’ autore dei volumi “Stampa 3D, applicazioni di un’idea innovativa” e “Le città intelligenti”. Cosa stanno facendo, oggi, le aziende italiane con la stampa 3D? Quale il loro approccio all’additive manufacturing? La maggior parte delle aziende italiane utilizza la Stampa 3D per realizzare prototipi e modelli; solo poche aziende realizzano prodotti finiti. Alcune possiedono stampanti 3D, prevalentemente con tecnologia a fusione di filamenti di plastica (FFF – Fused Filaments Fabrication), altre si affidano ai centri servizi. Possiamo distinguere quattro profili di utilizzo principali: • Aziende senza competenze interne di progettazione CAD 3D e di Stampa 3D. Si affidano a studi di progettazione esterni, che realizzano i modelli matematici e poi realizzano i prototipi direttamente o tramite centri servizi. Rientrano in questo cluster, ad esempio, imprese di costruzione, agenzie di pubblicità e di comunicazione, aziende artigianali. • Aziende con competenze interne di progettazione CAD 3D, non dotate di stampanti 3D. Inviano i file stampabili (generalmente in formato STL) a centri servizi o Fab Lab, che spesso verificano anche la correttezza dei file ricevuti prima di realizzare le parti. Sono soprattutto studi di architettura, industrie della plastica, stampisti, produttori di componenti meccanici. • Aziende con competenze interne di progettazione CAD 3D dotate di stampanti 3D di fascia bassa (generalmente FFF). Realizzano internamente i progetti e i prototipi concettuali, poi si affidano a centri servizi dotati di macchine di fascia alta per realizzare i prototipi estetici e funzionali. La maggior parte delle PMI del settore manifatturiero e della moda appartiene a questo gruppo. • Aziende autosufficienti, che possiedono competenze e macchine in grado di soddisfare tutte le loro necessità e di realizzare anche prodotti in piccola serie. E’ questo il caso delle grandi società aerospaziali, automobilistiche, produttrici di elettrodomestici, come di aziende che operano in mercati di nicchia come orafi e odontotecnici. Ci sono delle differenze di approccio al mercato tra le aziende italiane e quelle internazionali? Le aziende italiane, generalmente, si concentrano maggiormente sui benefici tattici, a breve e medio termine, resi possibili dalla produzione additiva. Tipicamente si tratta dell’opportunità di realizzare prototipi e prodotti pregiati e artistici in piccola serie in modo veloce ed economico; si pensi a studi di ingegneria e architettura, design, industria del mobile, restauro, personalizzazione di prodotti di serie, moda, pelletteria, oreficeria, apparecchi medicali, meccanica di precisione. Le multinazionali e le aziende più grandi hanno visioni più strategiche, come la possibilità di back-shoring della produzione, riportandola indietro dai paesi low-cost verso paesi industrializzati, grazie alla minore incidenza della
  • 2. mano d’opera a bassa qualificazione sui costi dei prodotti, resa possibile dalla maggiore automazione dei cicli produttivi basati sulla produzione additiva (tendenza accelerata negli Stati Uniti dalle politiche dell’attuale Presidente); oppure la possibilità di realizzare una produzione distribuita on-demand di prodotti finiti e parti di ricambio, privilegiando il trasporto di bit rispetto al trasporto di merci, per avvicinare i centri di produzione ai centri di consumo, minimizzare i tempi e i costi dei trasporti e ridurre le grandi concentrazioni industriali, fonti di picchi di inquinamento ambientale. Quali sono gli aspetti che le aziende italiane devono considerare per valutare correttamente gli investimenti in stampa 3D? Come per qualunque altro investimento, la considerazione principale è quella relativa al ritorno sull’investimento (ROI), che deve tenere conto di parametri misurabili quali costi unitari delle parti prodotte rispetto ai metodi di produzione tradizionali come fusione e macchine CNC e risparmio di materiale e di energia, ma anche di fenomeni più difficilmente quantificabili quali riduzione del time-to-market, ambiente di lavoro più vivibile, ritorno di immagine, elasticità del ciclo produttivo. Altre motivazioni riguardano la possibilità di soddisfare la domanda di prodotti personalizzati in piccola serie, la cosiddetta personalizzazione di massa, come di realizzare prodotti impossibili da produrre con qualsiasi altro metodo di fabbricazione. Simona Lissemore