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Lampadine a basso consumo: sono una buona
idea?
settembre 30th, 2009

Di Ugo Bardi

 Una delle prime lampade a filamento incandescente di Edison. Questa è del 1878. Dopo quasi un
  secolo e mezzo di onorato servizio, nel 2009 queste lampade sono state messe fuori legge dalla
  commissione europea in quanto giudicate troppo energivore. Questa potrebbe essere stata una
                                    decisione un po’ affrettata.

Nel suo romanzo “Le ceneri di Angela” Frank McCourt ci racconta di quando era bambino in
Irlanda, negli anni 1930 e 1940. Uno dei suoi ricordi è di quando viveva in casa da suo zio, il quale
si portava con se al lavoro, ogni mattina, i fusibili dell’impianto elettrico di casa. Era per
risparmiare sulla bolletta evitando che suo nipote accendesse la luce per leggere nella nebbiosa
Limerick.

Lo zio di Frank McCourt non era di certo un ecologista. Era semplicemente uno che cercava di
risparmiare in un’epoca in cui il costo dell’elettricita era ben superiore a quello attuale, in termini
relativi. Le cose sono ben diverse, oggi, e credo che tutti possiamo raccontare di familiari e
conoscenti che lasciano accesa la luce tutta la notte; “tanto costa poco”.

In effetti, per quanto cozzi contro la coscienza ecologica di molti di noi, è vero che l’illuminazione
è una voce molto piccola sui consumi domestici. In un post di Gianluca Ruggeri su ASPO-Italia
troviamo che, in media, l’illuminazione rappresenta circa il 12% dei consumi elettrici domestici. A
loro volta, i consumi elettrici rappresentano circa il 16% dei consumi energetici domestici, quindi
l’illuminazione rappresenta meno del 2% del totale in termini di quantità di energia usata in casa. In
termini monetari è un po’ di più dato che l’energia elettrica costa più cara di altre forme, ma è
comunque una frazione molto piccola. Un modo alternativo di quantificare le cose è di considerare
che i consumi elettrici domestici, secondo federconsumi, sono circa il 23% del totale dei consumi
elettrici in Italia. Ovvero, l’illuminazione domestica rappresenta meno del 3% dei consumi elettrici
totali.

Nonostante questa piccola incidenza sui consumi, sembra che la commissione Europea abbia
considerato molto importante risparmiare in quest’area ed è andata a promulgare un decreto
decisamente pesante in merito: dal 1 Settembre 2009 in tutta l’Unione Europea è vietata la vendita
delle tradizionali lampadine a filamento di tungsteno. Si possono commerciare soltanto le
lampadine a basso consumo, principalmente di tre tipi: fluorescenti, alogene o a LED. Nella pratica,
quasi tutte le nuove lampadine sono fluorescenti compatte, con un risparmio sui vecchi tipi a
filamento di circa il 70%-80%. Considerato questo fattore e assumendo che il “parco lampade”
esistente sia tutto a incandescenza, il risparmio totale del provvedimento è di circa il 2% dei
consumi elettrici totali e poco più dell’1% dei consumi energetici domestici.

Non è che sia una cosa entusiasmante e, in effetti, leggiamo sul “Sole 24 ore” che il risparmio sulla
bolletta domestica per una famiglia dovrebbe “aggirarsi intorno ai 20 euro” all’anno con le lampade
a basso consumo. Non è una cosa che risolva il problema di far quadrare il bilancio familiare e,
decisamente, non sono più i tempi dello zio di Frank McCourt che per risparmiare sulla bolletta si
portava via i fusibili di casa. Inoltre, queste stime potrebbero essere molto ottimistiche dato che non
tengono conto dei fattori legati al cosiddetto “paradosso di Jevons”. In pratica, se l’illuminazione
costa meno va a finire che si tengono le lampadine accese per più tempo e non si risparmia niente o
quasi.

Valeva la pena, allora, intervenire così pesantemente sul mercato per ottenere dei vantaggi così
limitati (e forse inesistenti)? Si potrebbe rispondere con il vecchio detto Toscana, “meglio che nulla,
marito vecchio”. Tuttavia, come spesso succede, il diavolo sta nei dettagli. Risparmiare va bene, ma
quali sono gli effetti collaterali?

C’è prima di tutto un problema di inquinamento: le lampade a basso consumo, come abbiamo detto,
sono quasi tutte a fluorescenza e le lampade a fluorescenza contengono mercurio. Di quanto
mercurio stiamo parlando? Beh, si stimano circa 4 mg di mercurio per lampada. Allora, se in
Europa ci sono – diciamo – 5 lampade a persona per 350 milioni di europei, questo vuol dire circa
un miliardo e mezzo di lampade. Ammesso che durino 10 anni l’una, si parla di sostituirne 150
milioni l’anno, ma il realtà i dati disponibili parlano di 200 milioni e oltre all’anno. Fatti i dovuti
conti, in totale, si crea un giro di quasi una tonnellata di mercurio all’anno soltanto in Europa.

Secondo il “consorzio ecolamp“ il mercurio si può recuperare quasi al 100% nello smaltimento di
queste lampade (vedi anche questo articolo dell’Environment Protecion Agency). Siccome il
mercurio costa caro, conviene recuperarlo. Però, ogni lampadina ne contiene talmente poco che il
suo valore economico è praticamente zero. Quindi, con tutta la buona volontà, non tutte le lampade
fluorescenti verranno smaltite correttamente. E’ difficile dire quante di queste lampade finiranno nei
cassonetti dei rifiuti, ma sicuramente parecchie. Questo è specialmente vero per quelle lampade che
andranno a finire nei paesi del terzo mondo dove mancano le risorse per mettere insieme sistemi di
smaltimento moderni. Sia da noi che nei paesi poveri, le lampade non smaltite correttamente
andranno a finire in discarica, oppure in un inceneritore. Ammesso che dall’inceneritore il mercurio
non finisca nell’atmosfera, finirà comunque in discarica come ceneri da incenerimento. Inoltre, un
certo numero di lampade finirà rotto durante l’uso, disperdendo il mercurio nell’ambiente
domestico. Non è chiaro quali effetti questo potrà avere sulla salute umana, ma sicuramente il
mercurio è un veleno molto potente. Ne bastano nanogrammi per millilitro nel sangue per avere
effetti dannosi e il contenuto di mercurio in una singola lampada è più che sufficiente per arrivare a
queste concentrazioni in un essere umano.

Una lampada rotta in un ambiente poco ventilato potrebbe fare seri danni, ma – fortunatamente –
dovrebbe essere un evento raro. In ogni caso, è probabile che con le lampade fluorescente
sparpaglieremo qualcosa come mezza tonnellata di mercurio all’anno nell’ambiente, nella sola
Europa. In termini relativi, è una quantità limitata. Tanto per dare un’idea, la produzione mondiale
attuale di mercurio è di circa 1000 tonnellate l’anno e le emissioni di mercurio da parte di processi
di combustione – principalmente le centrali a carbone – sono molto superiori. Si calcola che una
lampada a fluorescenza contiene meno mercurio di quello che emetterebbe una centrale a carbone
per alimentare una lampada a filamento di pari potenza. In realtà, tuttavia, questi calcoli sono fatti
per paesi dove ci sono molte centrali a carbone e non valgono per l’Italia; dove ce ne sono poche.
Da noi si usa principalmente il gas naturale, che non contiene mercurio. Lo stesso vale se usiamo
energia rinnovabile. Insomma, queste tonnellate di mercurio sparse nell’ambiente non faranno
(forse) gravi danni, ma il concetto di spargerle va contro il principio di base che dice “primo non
nuocere”.

C’è poi un altro problema. In questi ultimi tempi, ci stiamo focalizzando al 100% sull’energia senza
considerare l’altro gravissimo problema che ci sta di fronte: quello del graduale esaurimento delle
materie prime (vedi per esempio il mio articolo su “The Oil Drum”). Allora, abbiamo abbastanza
mercurio per tutte queste lampade?
In un articolo scritto insieme a Marco Pagani abbiamo notato come la produzione mondiale di
mercurio abbia piccato ormai da decenni. Siamo scesi oggi a una produzione, come dicevo , di circa
1000 tonnellate all’anno. Ora, se tutto il mondo usasse lampade a fluorescenza, avremmo bisogno di
solo qualche decina di tonnellate all’anno di mercurio, ma la produzione tende a scendere e a lungo
andare ci troveremo in difficoltà. In secondo luogo, stiamo sparpagliando nell’ambiente risorse
minerali in forme che non saranno mai più recuperabili. Probabilmente, di mercurio per le lampade
ne avremo ancora per parecchi decenni ma, comunque vada, lasceremo senza mercurio i nostri
discendenti, qualunque uso ne vogliano fare.

In confronto, una lampadina a incandescenza tradizionale è tutta un’altra cosa: rame, vetro e il
filamento di tungsteno. Tutto materiale facilmente riciclabile quasi al 100%. Anche se è finito in
discarica si può recuperare lo stesso senza pericolo per chi lo fa (non dall’inceneritore, però). In
effetti, esiste già oggi una fiorente industria che recupera il tungsteno dalle lampadine scartate. Se
smettiamo di incenerire, possiamo continuare per secoli a fare lampadine a incandescenza senza
privare i nostri discendenti di nessuna risorsa, anzi facendogli trovare tungsteno in forma metallica
e facilmente utilizzabile.

In sostanza, la lampada fluorescente nasce da ottime intenzioni e – a breve termine – porta dei
vantaggi innegabili, anche se modesti. Nella pratica, tuttavia, è una di quelle soluzioni che a lungo
andare portano problemi difficili da risolvere. Prima di forzare i cittadini europei a usare queste
lampade, si sarebbe potuto e dovuto investigare un po’ di più sulle conseguenze a lungo termine di
questa scelta.

Ovviamente, non ci sono solo le lampade a fluorescenza fra quelle a basso consumo. Ce ne sono
almeno altri due altri tipi: quelle dette “alogene” e quelle dette “a LED” dove “LED” sta per “light
emitting diode”. I LED sono ancora per certi versi sperimentali, ma si stanno sviluppando
rapidamente. Hanno il vantaggio rispetto alle fluorescenti di non contenere materiali velenosi. Il
problema è che quasi tutte fanno uso di metalli molto rari e in via di esaurimento: quasi sempre
gallio, spesso indio. Mancano dati sulle quantità di gallio usate, che sono comunque molto piccole.
In ogni caso, il recupero del gallio e dell’indio dalle lampade, al momento, non sembra possibile.
Anche qui, dunque, stiamo utilizzando risorse non rinnovabili in modo insostenibile.

Rimangono le lampade alogene; discendenti dirette delle vecchie lampade a filamento. Contengono
un alogeno (iodio) che permette di tenere il filamento a temperature più alte, migliorando
l’efficienza delle emissioni. Lo iodio è, in principio, un elemento abbastanza abbondante anche se
viene estratto da riserve limitate. Anche qui è difficile dire esattamente quanto sia sostenibile il suo
uso nelle lampade. Probabilmente il problema è meno grave che negli altri due casi di lampade a
basso consumo, ma esiste comunque.

Ma, allora, esiste un’illuminazione veramente sostenibile e a basso consumo? Ci sono tantissimi
modi di eccitare materiali a emettere luce, ma pochi che siano a basso costo, pratici, e che si
possano avvitare su un portalampade. Se potessimo trovare il modo di fare dei LED basati sul
silicio, avremmo una sorgente basata su un materiale abbondante. Purtroppo, la cosa è molto
difficile per via di certi problemi intrinseci con la struttura elettronica del silicio che rendono il LED
al silicio poco efficiente. Ci sono anche lampade fluorescenti senza mercurio ma, alla fine dei conti,
non sono più efficienti delle lampade tradizionali a filamento.

Alla fine dei conti, se in futuro avremo energia rinnovabile abbondante e a basso costo ci potrebbe
convenire tornare alle vecchie lampadine a incandescenza. Saranno poco efficienti ma non
inquinano e si riciclano. Se usate con parsimonia, non ci sarà bisogno di mettersi i fusibili di casa in
tasca tutte le mattine, come faceva lo zio di Frank McCourt.
E se non avremo l’energia rinnovabile? Beh, ci dovremo contentare di olio di balena o grasso di
foca.

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23 comments ↓

1 Paolo Marani on 09.30.09 at 12:18

       Raramente una nuova tecnologia è più semplice di quella che andrà a sostituire, e questo
       vale anche per le lampade.

       La economicità e semplicità costruttiva di una lampada a tungsteno è quasi inarrivabile.

       Ciò non significa che non sia possibile cogliere aspetti positivi da questa “evoluzione” di
       massa nella illuminazione.

       Penso ad esempio all’illuminazione pubblica, che certamente incide nei bilanci dei comuni
       ben più del misero 3-4% di quella familiare.

       Inoltre, costringere l’industria a creare un percorso di recupero (ora praticamente inesistente
       per le lampade convenzionali) non nuoce e può avere ricadute positive in tanti altri settori.

       Il vero nodo è coinvolgere la logistica e le aziende di produzione a farsi carico dei materiali
       post consumo, oggi per l’illuminazione, domani per TUTTI gli elettrodomestici e le parti
       tecnologiche (inclusi i famigerati RAEE).

       Il processo di sostituzione delle lampade porta al naturale affinamento di queste metodiche
       (o almeno si spera che sia così), come sta lentamente accadendo con i vecchi NEON, quelli
       si molto inquinanti e smaltiti alla berlina.

       In attesa dei LED o degli OLED efficienti, credo dovremmo accettare le lampade a basso
       consumo come fase di trasnizione verso una futura economia del recupero. Il paradosso di
       Jevons non vale sempre, perchè una lampada più che stare sempre accesa 24h non può,
       l’unica cosa realmente illimitata in natura è il denaro. In presenza di limiti strutturali anche
       Jevons ha una influenza limitata.

       Male che vada, rimangono sempre le candele e il grasso di foca! Per ora accontentiamoci
       delle lampade a basso consumo.

2 marco on 09.30.09 at 12:25

       Grazie Ugo per questo articolo esemplare, che chiarisce il lato oscuro delle lampade
       fluorescenti compatte.

       Io lo proseguirei mostrando che esiste un lato ancora più oscuro del comportamento umano,
       nel quale s’annidano tutte le stupidaggini che fanno di tanti comportamenti apparentemente
       virtuosi , solo una grande messinscena pseudo ecologica.

       Uno di questi è -incredibile!- la raccolta differenziata.
I rifiuti vanno -eliminati fin dalla produzione-.

       Questo è un autentico comportamento ecologico.

       In natura tutto viene riciclato, persino l’uranio, come avvenne in un certo sito del Gabon,
       milioni d’anni fa.

       Ma noi umani siamo lontani universi-luce dalla raffinatezza,eleganza,efficienza con le quali
       in naturala “mors tua” diviene “vita mea”.

       Il baraccone planetario della produzione mercantile, non vuole fermarsi più di tanto a
       riflettere per trovare un modo migliore d’imitare la natura.E troppo pochi ancora sono i
       clienti che non accettano d’essere solo passivi e stolidi consumatori.

       “Allora buttiamo tutto nel cassonetto?”.Neanche per sogno. Ma quella abitudine virtuosa è
       desolatamente inefficace, in un mondo che ha come paradigma la crescita priva di limiti e
       limitazioni.

       Io nei miei deliri apocalittico-catastrofisti m’immagino un prione, quelle strane molecole
       replicantisi, che di anno in anno infetta l’umanità e la costringe al raddoppio della durata
       della vita.Dovendo stare sulla Terra duecentocinquant’anni, saremmo più accorti nel
       produrre qualsiasi cosa.Forse.

       Un caro saluto

       Marco Sclarandis.

3 Pippo on 09.30.09 at 14:38

       Lei prof. Bardi ha la capacità di mettere in dubbio anche le piccole convinzioni che mi ero
       fatto! Avevo anch’io un dubbio pratico, ad esempio in un ripostiglio dove la luce si accende
       di rado e per poco tempo aveva più senso avere una lampada ad incandescenza che una al
       neon ma leggendo il suo articolo… i dubbi si sono ampliati. In un articolo ma non ricordo
       più i dettagli, descrivevano un nuovo tipo di lampade ad incandescenza molto migliorate
       tanto da competere quasi, come durata ed efficienza, con quelle a basso consumo. Certo che
       adesso con questa direttiva europea cessa tutto il discorso.

4 Maurizio Daniello on 09.30.09 at 19:52

       Quanto tungsteno abbiamo ?

       Ciao

5 Amos Bonato on 09.30.09 at 19:57

       Nell’articolo si dice:

       Si calcola che una lampada a fluorescenza contiene meno mercurio di quello che
       emetterebbe una centrale a carbone per alimentare una lampada a filamento di pari potenza.
       In realtà, tuttavia, questi calcoli sono fatti per paesi dove ci sono molte centrali a carbone e
non valgono per l’Italia; dove ce ne sono poche. Da noi si usa principalmente il gas naturale,
       che non contiene mercurio.

       In realtà le centrali a carbone, poche o molte che siano vengono usate per il “servizio di
       base”, ovvero sono costantemente impegnate a soddisfare i consumi costanti e ininterrotti
       durante le 24 ore della giornata, Ad esempio le attività produttive a ciclo continuo, i
       ripetitori radio tv, i frigoriferi, gli apparecchi in stand by etc.

       I consumi inerenti all’illuminazione domestica vengono soddisfatti per la stragrande
       maggioranza dal servizio di punta, ovvero dalle centrali idroelettriche che non emettono
       nell’atmosfera alcunchè.

       Quindi il problema del mercurio è più grave di come viene descritto, anche in paesi con
       molte centrali a carbone, il lavoro di queste centrali non è minimamente influenzato
       dall’illuminazione, sia domestica che pubblica.

6 Maurizio Daniello on 09.30.09 at 19:57

       Spero d’aver capito male. Non è una bella cosa dire che dato che qualcuno non ricicla
       (obbligatorio per legge) e inutile considerare il riciclo.

       Tenete conto che per legge qualsiasi venditore di “neon” e similari (come per le batterie) è
       tenuto al ritiro dell’esausto e ogni discarica è tenuta al collocamento in zona riservata come i
       cinescopi delle TV!

       Ciao

7 Amos Bonato on 09.30.09 at 20:04

       Scusate ma il link del sito precedemente associato al mio nome era errato, ora è corretto.

8 Giotisi on 10.01.09 at 00:11

       Nel bilancio complessivo dello ’spreco’ delle vecchie lampade ad incandescenza, vale la
       pena di notare che tutto cio’ che non è luce è calore… pertanto d’inverno l’efficienza
       complessiva delle incandescenza e di quelle a mercurio è assolutamente identica:
       100%Rimane solo il fatto che il calore prodotto per via elettrica è un poco piu’ caro di
       quello prodotto da gas.

9 Ugo Bardi on 10.01.09 at 10:12

       x Paolo Marani. Hai ragione a notare che il mio articolo non considera l’illuminazione
       pubblica, ma è anche vero che nell’illuminazione pubblica le lampade a filamento di
       tungsteno sono sparite ormai da un pezzo. Per l’illuminazione pubblica si usano lampade
       completamente diverse – lampade a vapori di sodio, per esempio. Sono cose, però, troppo
       costose per l’illuminazione domestica. Quindi, la legge comunitaria cambia le cose
       nell’illuminazione domestica, ma non ha effetto su quella pubblica.

10 Ugo Bardi on 10.01.09 at 10:14
x mauriziodaniello. La riprovazione nei riguardi di chi non rispetta la legge non impedisce
       di considerare il fatto che ci sarà chi non la rispetta. Nella pratica, sono pronto a
       scommettere che la stragrande maggioranza delle lampade fluerescenti finirà nei cassonetti.
       Esiste anche una realtà, la fuori!

11 Francesco g on 10.01.09 at 11:25

       scusate ma il Ga e In non servono a ridurre l’energy gap del silicio????? allora non si può
       usare la “taratura” delle dimensioni delle nanoparticelle di Si per avere lo stesso
       risultato???(come nelle cosidette PV di terza generazione)

       se ciò è possibile allora il futuro sarà led….

12 Ugo Bardi on 10.01.09 at 11:34

       Francesco, la cosa ha a che vedere con il fatto che il silicio ha un band gap indiretto, mentre
       il GaP o GaAs ce l’hanno diretto. Si è parlato molto di usare silicio nanostrutturato per
       superare il problema; io stesso ci ho lavorato un po’ qualche anno fa. Ma i risultati sembrano
       deludenti, per ora.

13 Marco on 10.01.09 at 11:59

       Il “nostro” è un ecosistema, “il loro”, quello di tutti i non umani, è un’altro. In realtà
       l’ecosistema è unico, ma l’economia e la finanza recenti hanno fatto in modo di far credere
       che i due ecosistemi siano distinti e praticamente incompatibili fra loro.O meglio che il
       nostro sia superiore seppure vulnerabile.

       Altro che”mangia sano e torni alla natura” Slogan quanto mai infingardo. L’illuminazione
       artificiale, che sia da torce, candele, LED o barattoli pieni di lucciole, sempre artificiale
       rimane. La dobbiamo abolire solo perchè è artificiale?

       La possiamo usare senza scrupolo? O…………In quale misura ne abbiamo il massimo dei
       vantaggi con in minimo degli inconvenienti per tutti. Umani e non umani. Trasferiamo
       questo atteggiamento alle discariche, alle fabbriche, alle città, e vedremo delle cose
       interessanti, sopratutto per noi che, a differenza degli “altri” sono più molto numerosi
       altrettanto versatili, se non di più almeno in certi campi, e cosa infinitamente potente, non si
       pongono scrupoli morali. Dalla loro parte hanno una olimpica indifferenza. Cani e gatti
       compresi.

       Marco Sclarandis.

14 Ugo Bardi on 10.01.09 at 14:01

       x Amos Bonato. Giusto il commento – ogni paese ha un diverso “mix” di centrali elettriche
       con vari combustibili. Quello che ho visto è che certe volte si fa il confronto con le
       emissioni considerate come soltanto provenienti da centrali a carbone. Questo non è molto
       onesto – nessun paese si basa al 100% su centrali a carbone. E’ una buona approssimazione
       in casi come l’Australia o gli Stati Uniti, ma nella maggior parte dei casi non va bene

15 Ugo Bardi on 10.01.09 at 14:07
x Mauriziodaniello. Il tungsteno è un minerale relativamente abbondante – se ne produce
      circa 100 volte di più del mercurio. Ma non è questo il punto: il fatto è che il tungsteno è si
      ricicla facilmente e lo si può fare anche nel terzo mondo senza danni per gli operatori. Il
      mercurio si ricicla, si, ma con molta più difficoltà e con pericolo per gli operatori. Quando si
      parla di direttive sui rifiuti elettronici ci si dimentica sempre che queste leggi sono valide sul
      territorio italiano ed europeo, ma che gran parte di quel che produciamo in europa va a finire
      nel terzo mondo dove non ci sono nè le strutture nè la mentalità di fare certe cose. Ma di
      quello che succede laggiù non glie ne frega niente a nessuno.

16 Marco on 10.02.09 at 00:12

      Comunque, Ugo, (mi perdoni la confidenza, è dovuta a sincera stima) tirando le somme, che
      cosa si può dire delle lampade fluorescenti, compatte o no, elettroniche o a reattore
      elettromagnetico, sarebbero da ritirare dall’uso o possiamo tenercele fino a che non vengano
      trovati dei sostituti migliori? So che la domanda implica una risposta argomentata e mollto
      puntigliosa.Che deve tenere conto d’innumerevoli aspetti , non solo tecnici ed economici ma
      anche sociali, comportamentali e psicologici. Ma affinchè questo post non sia sprecato
      inutilmente, bisognerebbe trovare una risposta a tale domanda. Naturalmente è una richiesta
      non rivolta all’autore di questo post, esclusivamente. Mi auguro che altre persone si facciano
      avanti.

      Proprio oggi a Geo e Geo hanno proprio parlato di questo argomento , ma in modo molto
      superficiale ingenerando l’idea che le le vecchie lampadine al tungsteno fossero decisamente
      da abolire. La questione, almeno per la sua importanza mediatica mi sembra interessante.
      L’opinione che mi sono fatto è che per ora, tubi e lampade fluorescenti, si possano usare per
      fare la transizione non solo verso mezzi d’illuminazione decisamente più ecologici, ma
      verso abitudini ecologiche ben più estese, di cui l’uso della luce artificiale è solo una
      parte.Non dimentichiamoci dell’inquinamento luminoso che non è certamente solo un fatto
      estetico, ma disturbante per l’ecosistema intero.

      Un caro saluto,

      Marco Sclarandis

17 Anonimo on 10.02.09 at 09:20

      Caro Marco, hai ragione a chiedere che, in fin dei conti, uno dovrebbe concludere con una
      risposta “si o no”. In realtà, questo è uno di quei casi in cui la risposta è un po’ sfumata. Se
      ci penso sopra, a breve termine vedo il risparmio immediato – piccolo ma c’è. Se continuo a
      pensarci sopra, vedo il mercurio sparpagliato nelle discariche del nostro e del terzo mondo –
      poco ma c’è. Allora? Non lo so. L’unica cosa che posso dire è che non mi impegnerò in una
      campagna contro le lampade fluorescenti. Però, potrei impegnarmi e mi vorrei impegnare in
      una campagna contro l’inquinamento luminoso di qualsiasi tipo. Ma se ti guardi intorno
      vedrai che ancora oggi i sindaci pensano che il loro secondo compito (dopo quello di
      costruire villette a schiera) sia quello di illuminare ogni metro quadro di territorio. E se non
      illuminano, i cittadini protestano perché è troppo buio…….

18 Marco on 10.02.09 at 10:29

      Caro Anonimo delle 9:20, un giorno sì e uno no, mi viene da credere che anche questo blog
      sia una “vanità delle vanità”.Ma poichè sono cosciente che noi umani siamo esseri
sostanzialmente irrazionali, nel senso limpidamente matematico del termine, e anzi, sono
       assolutamente convinto che la nostra natura umana sarebbe impossibile derivarla da una
       mente razionale, che si limitasse alla sola razionalità, poichè sono cosciente di questo, dico e
       mi contraddico senza ritegno. La luce artificiale esiste da decine di millenni. Noi l’abbiamo
       solo resa apparentemente più pratica. Un lumino ad olio o una candela, derivano
       direttamente da una tecnologia, quella del mondo vivente, infinitamente più complessa di
       tutta quanta quella inventata da noi in secoli e secoli di ricerche. Un led a luce bianca
       richiede, per esistere, una tecnologia molto meno complessa in confronto. Ma deriva da un
       modo che ha subìto una singolare mutazione, quella che ha portato alla mente umana. Un
       uomo o uno scimpanzè che maneggino indifferentemente una torcia di stoppa o una torcia a
       led non sono per niente equivalenti.E non lo sono, per via della loro mente. Non per la luce
       emanata dalle torce.Forse si può anche insegnare ad uno scimpanzè a fabbricarsi una torcia
       di stoppa, ma credo che sia praticamente impossibile insegnargli anche solo a fabbricarsi un
       lume a petrolio. Noi stiamo camminando pericolosamente lungo un crinale strettissimo. Un
       fianco del dirupo è quello del mondo delle torce di stoppa, delle candele e dei lumini ad olio.
       L’altro quello delle lampadine alogene, dei led anche a molecole organiche o di chissà quale
       altra invenzione. Ma la domanda che incombe come un macigno di Sisifo e come spada di
       Damocle sulle nostre bizzose teste, è: A che cosa serve illuminare a giorno tutto il mondo, se
       poi la nostra mente è piena d’anfratti bui come la morte? Domanda praticamente inutile. Vi
       prometto non scriverò mai più cose di questo genere.

       macro dnarasclis

19 Fabrizio on 10.05.09 at 21:01

       Dico una castroneria…Non si potrebbe sfruttare la tecnologie delle lucciole?

20 Ugo Bardi on 10.05.09 at 21:11

       Eh, Fabrizio, chissà, potrebbe essere una buona idea. Come minimo, le lucciole non
       contengono mercurio!

21 lampadine a(b)basso risparmio « Il Blog di Caccia Al Fotone on 10.09.09 at 01:09

       [...] parleremo insieme a Ugo Bardi, direttore di aspo Italia e autore di un post su “Ente”, e
       con Amos Bonato, autore di una inchiesta giornalistica intitolata salviamo [...]

22 Lampadine a basso consumo: il paradosso di Jevons — Nuove Tecnologie Energetiche on
10.16.09 at 13:37

       [...] un mio post precedente, avevo espresso qualche dubbio sulla bontà del provvedimento
       che vieta la vendita in Europa delle [...]

23 Energia per il Futuro » Blog Archive » Lampadine a basso consumo: il paradosso di
Jevonson (di Ugo Bardi) on 10.17.09 at 14:56

       [...] un mio post precedente, avevo espresso qualche dubbio sulla bontà del provvedimento
       che vieta la vendita in Europa delle [...]

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Lampadine a basso consumo: sono un buona idea?

  • 1. Lampadine a basso consumo: sono una buona idea? settembre 30th, 2009 Di Ugo Bardi Una delle prime lampade a filamento incandescente di Edison. Questa è del 1878. Dopo quasi un secolo e mezzo di onorato servizio, nel 2009 queste lampade sono state messe fuori legge dalla commissione europea in quanto giudicate troppo energivore. Questa potrebbe essere stata una decisione un po’ affrettata. Nel suo romanzo “Le ceneri di Angela” Frank McCourt ci racconta di quando era bambino in Irlanda, negli anni 1930 e 1940. Uno dei suoi ricordi è di quando viveva in casa da suo zio, il quale si portava con se al lavoro, ogni mattina, i fusibili dell’impianto elettrico di casa. Era per risparmiare sulla bolletta evitando che suo nipote accendesse la luce per leggere nella nebbiosa Limerick. Lo zio di Frank McCourt non era di certo un ecologista. Era semplicemente uno che cercava di risparmiare in un’epoca in cui il costo dell’elettricita era ben superiore a quello attuale, in termini relativi. Le cose sono ben diverse, oggi, e credo che tutti possiamo raccontare di familiari e conoscenti che lasciano accesa la luce tutta la notte; “tanto costa poco”. In effetti, per quanto cozzi contro la coscienza ecologica di molti di noi, è vero che l’illuminazione è una voce molto piccola sui consumi domestici. In un post di Gianluca Ruggeri su ASPO-Italia troviamo che, in media, l’illuminazione rappresenta circa il 12% dei consumi elettrici domestici. A loro volta, i consumi elettrici rappresentano circa il 16% dei consumi energetici domestici, quindi l’illuminazione rappresenta meno del 2% del totale in termini di quantità di energia usata in casa. In termini monetari è un po’ di più dato che l’energia elettrica costa più cara di altre forme, ma è comunque una frazione molto piccola. Un modo alternativo di quantificare le cose è di considerare che i consumi elettrici domestici, secondo federconsumi, sono circa il 23% del totale dei consumi elettrici in Italia. Ovvero, l’illuminazione domestica rappresenta meno del 3% dei consumi elettrici totali. Nonostante questa piccola incidenza sui consumi, sembra che la commissione Europea abbia considerato molto importante risparmiare in quest’area ed è andata a promulgare un decreto decisamente pesante in merito: dal 1 Settembre 2009 in tutta l’Unione Europea è vietata la vendita delle tradizionali lampadine a filamento di tungsteno. Si possono commerciare soltanto le lampadine a basso consumo, principalmente di tre tipi: fluorescenti, alogene o a LED. Nella pratica, quasi tutte le nuove lampadine sono fluorescenti compatte, con un risparmio sui vecchi tipi a filamento di circa il 70%-80%. Considerato questo fattore e assumendo che il “parco lampade” esistente sia tutto a incandescenza, il risparmio totale del provvedimento è di circa il 2% dei consumi elettrici totali e poco più dell’1% dei consumi energetici domestici. Non è che sia una cosa entusiasmante e, in effetti, leggiamo sul “Sole 24 ore” che il risparmio sulla bolletta domestica per una famiglia dovrebbe “aggirarsi intorno ai 20 euro” all’anno con le lampade a basso consumo. Non è una cosa che risolva il problema di far quadrare il bilancio familiare e, decisamente, non sono più i tempi dello zio di Frank McCourt che per risparmiare sulla bolletta si portava via i fusibili di casa. Inoltre, queste stime potrebbero essere molto ottimistiche dato che non
  • 2. tengono conto dei fattori legati al cosiddetto “paradosso di Jevons”. In pratica, se l’illuminazione costa meno va a finire che si tengono le lampadine accese per più tempo e non si risparmia niente o quasi. Valeva la pena, allora, intervenire così pesantemente sul mercato per ottenere dei vantaggi così limitati (e forse inesistenti)? Si potrebbe rispondere con il vecchio detto Toscana, “meglio che nulla, marito vecchio”. Tuttavia, come spesso succede, il diavolo sta nei dettagli. Risparmiare va bene, ma quali sono gli effetti collaterali? C’è prima di tutto un problema di inquinamento: le lampade a basso consumo, come abbiamo detto, sono quasi tutte a fluorescenza e le lampade a fluorescenza contengono mercurio. Di quanto mercurio stiamo parlando? Beh, si stimano circa 4 mg di mercurio per lampada. Allora, se in Europa ci sono – diciamo – 5 lampade a persona per 350 milioni di europei, questo vuol dire circa un miliardo e mezzo di lampade. Ammesso che durino 10 anni l’una, si parla di sostituirne 150 milioni l’anno, ma il realtà i dati disponibili parlano di 200 milioni e oltre all’anno. Fatti i dovuti conti, in totale, si crea un giro di quasi una tonnellata di mercurio all’anno soltanto in Europa. Secondo il “consorzio ecolamp“ il mercurio si può recuperare quasi al 100% nello smaltimento di queste lampade (vedi anche questo articolo dell’Environment Protecion Agency). Siccome il mercurio costa caro, conviene recuperarlo. Però, ogni lampadina ne contiene talmente poco che il suo valore economico è praticamente zero. Quindi, con tutta la buona volontà, non tutte le lampade fluorescenti verranno smaltite correttamente. E’ difficile dire quante di queste lampade finiranno nei cassonetti dei rifiuti, ma sicuramente parecchie. Questo è specialmente vero per quelle lampade che andranno a finire nei paesi del terzo mondo dove mancano le risorse per mettere insieme sistemi di smaltimento moderni. Sia da noi che nei paesi poveri, le lampade non smaltite correttamente andranno a finire in discarica, oppure in un inceneritore. Ammesso che dall’inceneritore il mercurio non finisca nell’atmosfera, finirà comunque in discarica come ceneri da incenerimento. Inoltre, un certo numero di lampade finirà rotto durante l’uso, disperdendo il mercurio nell’ambiente domestico. Non è chiaro quali effetti questo potrà avere sulla salute umana, ma sicuramente il mercurio è un veleno molto potente. Ne bastano nanogrammi per millilitro nel sangue per avere effetti dannosi e il contenuto di mercurio in una singola lampada è più che sufficiente per arrivare a queste concentrazioni in un essere umano. Una lampada rotta in un ambiente poco ventilato potrebbe fare seri danni, ma – fortunatamente – dovrebbe essere un evento raro. In ogni caso, è probabile che con le lampade fluorescente sparpaglieremo qualcosa come mezza tonnellata di mercurio all’anno nell’ambiente, nella sola Europa. In termini relativi, è una quantità limitata. Tanto per dare un’idea, la produzione mondiale attuale di mercurio è di circa 1000 tonnellate l’anno e le emissioni di mercurio da parte di processi di combustione – principalmente le centrali a carbone – sono molto superiori. Si calcola che una lampada a fluorescenza contiene meno mercurio di quello che emetterebbe una centrale a carbone per alimentare una lampada a filamento di pari potenza. In realtà, tuttavia, questi calcoli sono fatti per paesi dove ci sono molte centrali a carbone e non valgono per l’Italia; dove ce ne sono poche. Da noi si usa principalmente il gas naturale, che non contiene mercurio. Lo stesso vale se usiamo energia rinnovabile. Insomma, queste tonnellate di mercurio sparse nell’ambiente non faranno (forse) gravi danni, ma il concetto di spargerle va contro il principio di base che dice “primo non nuocere”. C’è poi un altro problema. In questi ultimi tempi, ci stiamo focalizzando al 100% sull’energia senza considerare l’altro gravissimo problema che ci sta di fronte: quello del graduale esaurimento delle materie prime (vedi per esempio il mio articolo su “The Oil Drum”). Allora, abbiamo abbastanza mercurio per tutte queste lampade?
  • 3. In un articolo scritto insieme a Marco Pagani abbiamo notato come la produzione mondiale di mercurio abbia piccato ormai da decenni. Siamo scesi oggi a una produzione, come dicevo , di circa 1000 tonnellate all’anno. Ora, se tutto il mondo usasse lampade a fluorescenza, avremmo bisogno di solo qualche decina di tonnellate all’anno di mercurio, ma la produzione tende a scendere e a lungo andare ci troveremo in difficoltà. In secondo luogo, stiamo sparpagliando nell’ambiente risorse minerali in forme che non saranno mai più recuperabili. Probabilmente, di mercurio per le lampade ne avremo ancora per parecchi decenni ma, comunque vada, lasceremo senza mercurio i nostri discendenti, qualunque uso ne vogliano fare. In confronto, una lampadina a incandescenza tradizionale è tutta un’altra cosa: rame, vetro e il filamento di tungsteno. Tutto materiale facilmente riciclabile quasi al 100%. Anche se è finito in discarica si può recuperare lo stesso senza pericolo per chi lo fa (non dall’inceneritore, però). In effetti, esiste già oggi una fiorente industria che recupera il tungsteno dalle lampadine scartate. Se smettiamo di incenerire, possiamo continuare per secoli a fare lampadine a incandescenza senza privare i nostri discendenti di nessuna risorsa, anzi facendogli trovare tungsteno in forma metallica e facilmente utilizzabile. In sostanza, la lampada fluorescente nasce da ottime intenzioni e – a breve termine – porta dei vantaggi innegabili, anche se modesti. Nella pratica, tuttavia, è una di quelle soluzioni che a lungo andare portano problemi difficili da risolvere. Prima di forzare i cittadini europei a usare queste lampade, si sarebbe potuto e dovuto investigare un po’ di più sulle conseguenze a lungo termine di questa scelta. Ovviamente, non ci sono solo le lampade a fluorescenza fra quelle a basso consumo. Ce ne sono almeno altri due altri tipi: quelle dette “alogene” e quelle dette “a LED” dove “LED” sta per “light emitting diode”. I LED sono ancora per certi versi sperimentali, ma si stanno sviluppando rapidamente. Hanno il vantaggio rispetto alle fluorescenti di non contenere materiali velenosi. Il problema è che quasi tutte fanno uso di metalli molto rari e in via di esaurimento: quasi sempre gallio, spesso indio. Mancano dati sulle quantità di gallio usate, che sono comunque molto piccole. In ogni caso, il recupero del gallio e dell’indio dalle lampade, al momento, non sembra possibile. Anche qui, dunque, stiamo utilizzando risorse non rinnovabili in modo insostenibile. Rimangono le lampade alogene; discendenti dirette delle vecchie lampade a filamento. Contengono un alogeno (iodio) che permette di tenere il filamento a temperature più alte, migliorando l’efficienza delle emissioni. Lo iodio è, in principio, un elemento abbastanza abbondante anche se viene estratto da riserve limitate. Anche qui è difficile dire esattamente quanto sia sostenibile il suo uso nelle lampade. Probabilmente il problema è meno grave che negli altri due casi di lampade a basso consumo, ma esiste comunque. Ma, allora, esiste un’illuminazione veramente sostenibile e a basso consumo? Ci sono tantissimi modi di eccitare materiali a emettere luce, ma pochi che siano a basso costo, pratici, e che si possano avvitare su un portalampade. Se potessimo trovare il modo di fare dei LED basati sul silicio, avremmo una sorgente basata su un materiale abbondante. Purtroppo, la cosa è molto difficile per via di certi problemi intrinseci con la struttura elettronica del silicio che rendono il LED al silicio poco efficiente. Ci sono anche lampade fluorescenti senza mercurio ma, alla fine dei conti, non sono più efficienti delle lampade tradizionali a filamento. Alla fine dei conti, se in futuro avremo energia rinnovabile abbondante e a basso costo ci potrebbe convenire tornare alle vecchie lampadine a incandescenza. Saranno poco efficienti ma non inquinano e si riciclano. Se usate con parsimonia, non ci sarà bisogno di mettersi i fusibili di casa in tasca tutte le mattine, come faceva lo zio di Frank McCourt.
  • 4. E se non avremo l’energia rinnovabile? Beh, ci dovremo contentare di olio di balena o grasso di foca. Send to Facebook 23 comments ↓ 1 Paolo Marani on 09.30.09 at 12:18 Raramente una nuova tecnologia è più semplice di quella che andrà a sostituire, e questo vale anche per le lampade. La economicità e semplicità costruttiva di una lampada a tungsteno è quasi inarrivabile. Ciò non significa che non sia possibile cogliere aspetti positivi da questa “evoluzione” di massa nella illuminazione. Penso ad esempio all’illuminazione pubblica, che certamente incide nei bilanci dei comuni ben più del misero 3-4% di quella familiare. Inoltre, costringere l’industria a creare un percorso di recupero (ora praticamente inesistente per le lampade convenzionali) non nuoce e può avere ricadute positive in tanti altri settori. Il vero nodo è coinvolgere la logistica e le aziende di produzione a farsi carico dei materiali post consumo, oggi per l’illuminazione, domani per TUTTI gli elettrodomestici e le parti tecnologiche (inclusi i famigerati RAEE). Il processo di sostituzione delle lampade porta al naturale affinamento di queste metodiche (o almeno si spera che sia così), come sta lentamente accadendo con i vecchi NEON, quelli si molto inquinanti e smaltiti alla berlina. In attesa dei LED o degli OLED efficienti, credo dovremmo accettare le lampade a basso consumo come fase di trasnizione verso una futura economia del recupero. Il paradosso di Jevons non vale sempre, perchè una lampada più che stare sempre accesa 24h non può, l’unica cosa realmente illimitata in natura è il denaro. In presenza di limiti strutturali anche Jevons ha una influenza limitata. Male che vada, rimangono sempre le candele e il grasso di foca! Per ora accontentiamoci delle lampade a basso consumo. 2 marco on 09.30.09 at 12:25 Grazie Ugo per questo articolo esemplare, che chiarisce il lato oscuro delle lampade fluorescenti compatte. Io lo proseguirei mostrando che esiste un lato ancora più oscuro del comportamento umano, nel quale s’annidano tutte le stupidaggini che fanno di tanti comportamenti apparentemente virtuosi , solo una grande messinscena pseudo ecologica. Uno di questi è -incredibile!- la raccolta differenziata.
  • 5. I rifiuti vanno -eliminati fin dalla produzione-. Questo è un autentico comportamento ecologico. In natura tutto viene riciclato, persino l’uranio, come avvenne in un certo sito del Gabon, milioni d’anni fa. Ma noi umani siamo lontani universi-luce dalla raffinatezza,eleganza,efficienza con le quali in naturala “mors tua” diviene “vita mea”. Il baraccone planetario della produzione mercantile, non vuole fermarsi più di tanto a riflettere per trovare un modo migliore d’imitare la natura.E troppo pochi ancora sono i clienti che non accettano d’essere solo passivi e stolidi consumatori. “Allora buttiamo tutto nel cassonetto?”.Neanche per sogno. Ma quella abitudine virtuosa è desolatamente inefficace, in un mondo che ha come paradigma la crescita priva di limiti e limitazioni. Io nei miei deliri apocalittico-catastrofisti m’immagino un prione, quelle strane molecole replicantisi, che di anno in anno infetta l’umanità e la costringe al raddoppio della durata della vita.Dovendo stare sulla Terra duecentocinquant’anni, saremmo più accorti nel produrre qualsiasi cosa.Forse. Un caro saluto Marco Sclarandis. 3 Pippo on 09.30.09 at 14:38 Lei prof. Bardi ha la capacità di mettere in dubbio anche le piccole convinzioni che mi ero fatto! Avevo anch’io un dubbio pratico, ad esempio in un ripostiglio dove la luce si accende di rado e per poco tempo aveva più senso avere una lampada ad incandescenza che una al neon ma leggendo il suo articolo… i dubbi si sono ampliati. In un articolo ma non ricordo più i dettagli, descrivevano un nuovo tipo di lampade ad incandescenza molto migliorate tanto da competere quasi, come durata ed efficienza, con quelle a basso consumo. Certo che adesso con questa direttiva europea cessa tutto il discorso. 4 Maurizio Daniello on 09.30.09 at 19:52 Quanto tungsteno abbiamo ? Ciao 5 Amos Bonato on 09.30.09 at 19:57 Nell’articolo si dice: Si calcola che una lampada a fluorescenza contiene meno mercurio di quello che emetterebbe una centrale a carbone per alimentare una lampada a filamento di pari potenza. In realtà, tuttavia, questi calcoli sono fatti per paesi dove ci sono molte centrali a carbone e
  • 6. non valgono per l’Italia; dove ce ne sono poche. Da noi si usa principalmente il gas naturale, che non contiene mercurio. In realtà le centrali a carbone, poche o molte che siano vengono usate per il “servizio di base”, ovvero sono costantemente impegnate a soddisfare i consumi costanti e ininterrotti durante le 24 ore della giornata, Ad esempio le attività produttive a ciclo continuo, i ripetitori radio tv, i frigoriferi, gli apparecchi in stand by etc. I consumi inerenti all’illuminazione domestica vengono soddisfatti per la stragrande maggioranza dal servizio di punta, ovvero dalle centrali idroelettriche che non emettono nell’atmosfera alcunchè. Quindi il problema del mercurio è più grave di come viene descritto, anche in paesi con molte centrali a carbone, il lavoro di queste centrali non è minimamente influenzato dall’illuminazione, sia domestica che pubblica. 6 Maurizio Daniello on 09.30.09 at 19:57 Spero d’aver capito male. Non è una bella cosa dire che dato che qualcuno non ricicla (obbligatorio per legge) e inutile considerare il riciclo. Tenete conto che per legge qualsiasi venditore di “neon” e similari (come per le batterie) è tenuto al ritiro dell’esausto e ogni discarica è tenuta al collocamento in zona riservata come i cinescopi delle TV! Ciao 7 Amos Bonato on 09.30.09 at 20:04 Scusate ma il link del sito precedemente associato al mio nome era errato, ora è corretto. 8 Giotisi on 10.01.09 at 00:11 Nel bilancio complessivo dello ’spreco’ delle vecchie lampade ad incandescenza, vale la pena di notare che tutto cio’ che non è luce è calore… pertanto d’inverno l’efficienza complessiva delle incandescenza e di quelle a mercurio è assolutamente identica: 100%Rimane solo il fatto che il calore prodotto per via elettrica è un poco piu’ caro di quello prodotto da gas. 9 Ugo Bardi on 10.01.09 at 10:12 x Paolo Marani. Hai ragione a notare che il mio articolo non considera l’illuminazione pubblica, ma è anche vero che nell’illuminazione pubblica le lampade a filamento di tungsteno sono sparite ormai da un pezzo. Per l’illuminazione pubblica si usano lampade completamente diverse – lampade a vapori di sodio, per esempio. Sono cose, però, troppo costose per l’illuminazione domestica. Quindi, la legge comunitaria cambia le cose nell’illuminazione domestica, ma non ha effetto su quella pubblica. 10 Ugo Bardi on 10.01.09 at 10:14
  • 7. x mauriziodaniello. La riprovazione nei riguardi di chi non rispetta la legge non impedisce di considerare il fatto che ci sarà chi non la rispetta. Nella pratica, sono pronto a scommettere che la stragrande maggioranza delle lampade fluerescenti finirà nei cassonetti. Esiste anche una realtà, la fuori! 11 Francesco g on 10.01.09 at 11:25 scusate ma il Ga e In non servono a ridurre l’energy gap del silicio????? allora non si può usare la “taratura” delle dimensioni delle nanoparticelle di Si per avere lo stesso risultato???(come nelle cosidette PV di terza generazione) se ciò è possibile allora il futuro sarà led…. 12 Ugo Bardi on 10.01.09 at 11:34 Francesco, la cosa ha a che vedere con il fatto che il silicio ha un band gap indiretto, mentre il GaP o GaAs ce l’hanno diretto. Si è parlato molto di usare silicio nanostrutturato per superare il problema; io stesso ci ho lavorato un po’ qualche anno fa. Ma i risultati sembrano deludenti, per ora. 13 Marco on 10.01.09 at 11:59 Il “nostro” è un ecosistema, “il loro”, quello di tutti i non umani, è un’altro. In realtà l’ecosistema è unico, ma l’economia e la finanza recenti hanno fatto in modo di far credere che i due ecosistemi siano distinti e praticamente incompatibili fra loro.O meglio che il nostro sia superiore seppure vulnerabile. Altro che”mangia sano e torni alla natura” Slogan quanto mai infingardo. L’illuminazione artificiale, che sia da torce, candele, LED o barattoli pieni di lucciole, sempre artificiale rimane. La dobbiamo abolire solo perchè è artificiale? La possiamo usare senza scrupolo? O…………In quale misura ne abbiamo il massimo dei vantaggi con in minimo degli inconvenienti per tutti. Umani e non umani. Trasferiamo questo atteggiamento alle discariche, alle fabbriche, alle città, e vedremo delle cose interessanti, sopratutto per noi che, a differenza degli “altri” sono più molto numerosi altrettanto versatili, se non di più almeno in certi campi, e cosa infinitamente potente, non si pongono scrupoli morali. Dalla loro parte hanno una olimpica indifferenza. Cani e gatti compresi. Marco Sclarandis. 14 Ugo Bardi on 10.01.09 at 14:01 x Amos Bonato. Giusto il commento – ogni paese ha un diverso “mix” di centrali elettriche con vari combustibili. Quello che ho visto è che certe volte si fa il confronto con le emissioni considerate come soltanto provenienti da centrali a carbone. Questo non è molto onesto – nessun paese si basa al 100% su centrali a carbone. E’ una buona approssimazione in casi come l’Australia o gli Stati Uniti, ma nella maggior parte dei casi non va bene 15 Ugo Bardi on 10.01.09 at 14:07
  • 8. x Mauriziodaniello. Il tungsteno è un minerale relativamente abbondante – se ne produce circa 100 volte di più del mercurio. Ma non è questo il punto: il fatto è che il tungsteno è si ricicla facilmente e lo si può fare anche nel terzo mondo senza danni per gli operatori. Il mercurio si ricicla, si, ma con molta più difficoltà e con pericolo per gli operatori. Quando si parla di direttive sui rifiuti elettronici ci si dimentica sempre che queste leggi sono valide sul territorio italiano ed europeo, ma che gran parte di quel che produciamo in europa va a finire nel terzo mondo dove non ci sono nè le strutture nè la mentalità di fare certe cose. Ma di quello che succede laggiù non glie ne frega niente a nessuno. 16 Marco on 10.02.09 at 00:12 Comunque, Ugo, (mi perdoni la confidenza, è dovuta a sincera stima) tirando le somme, che cosa si può dire delle lampade fluorescenti, compatte o no, elettroniche o a reattore elettromagnetico, sarebbero da ritirare dall’uso o possiamo tenercele fino a che non vengano trovati dei sostituti migliori? So che la domanda implica una risposta argomentata e mollto puntigliosa.Che deve tenere conto d’innumerevoli aspetti , non solo tecnici ed economici ma anche sociali, comportamentali e psicologici. Ma affinchè questo post non sia sprecato inutilmente, bisognerebbe trovare una risposta a tale domanda. Naturalmente è una richiesta non rivolta all’autore di questo post, esclusivamente. Mi auguro che altre persone si facciano avanti. Proprio oggi a Geo e Geo hanno proprio parlato di questo argomento , ma in modo molto superficiale ingenerando l’idea che le le vecchie lampadine al tungsteno fossero decisamente da abolire. La questione, almeno per la sua importanza mediatica mi sembra interessante. L’opinione che mi sono fatto è che per ora, tubi e lampade fluorescenti, si possano usare per fare la transizione non solo verso mezzi d’illuminazione decisamente più ecologici, ma verso abitudini ecologiche ben più estese, di cui l’uso della luce artificiale è solo una parte.Non dimentichiamoci dell’inquinamento luminoso che non è certamente solo un fatto estetico, ma disturbante per l’ecosistema intero. Un caro saluto, Marco Sclarandis 17 Anonimo on 10.02.09 at 09:20 Caro Marco, hai ragione a chiedere che, in fin dei conti, uno dovrebbe concludere con una risposta “si o no”. In realtà, questo è uno di quei casi in cui la risposta è un po’ sfumata. Se ci penso sopra, a breve termine vedo il risparmio immediato – piccolo ma c’è. Se continuo a pensarci sopra, vedo il mercurio sparpagliato nelle discariche del nostro e del terzo mondo – poco ma c’è. Allora? Non lo so. L’unica cosa che posso dire è che non mi impegnerò in una campagna contro le lampade fluorescenti. Però, potrei impegnarmi e mi vorrei impegnare in una campagna contro l’inquinamento luminoso di qualsiasi tipo. Ma se ti guardi intorno vedrai che ancora oggi i sindaci pensano che il loro secondo compito (dopo quello di costruire villette a schiera) sia quello di illuminare ogni metro quadro di territorio. E se non illuminano, i cittadini protestano perché è troppo buio……. 18 Marco on 10.02.09 at 10:29 Caro Anonimo delle 9:20, un giorno sì e uno no, mi viene da credere che anche questo blog sia una “vanità delle vanità”.Ma poichè sono cosciente che noi umani siamo esseri
  • 9. sostanzialmente irrazionali, nel senso limpidamente matematico del termine, e anzi, sono assolutamente convinto che la nostra natura umana sarebbe impossibile derivarla da una mente razionale, che si limitasse alla sola razionalità, poichè sono cosciente di questo, dico e mi contraddico senza ritegno. La luce artificiale esiste da decine di millenni. Noi l’abbiamo solo resa apparentemente più pratica. Un lumino ad olio o una candela, derivano direttamente da una tecnologia, quella del mondo vivente, infinitamente più complessa di tutta quanta quella inventata da noi in secoli e secoli di ricerche. Un led a luce bianca richiede, per esistere, una tecnologia molto meno complessa in confronto. Ma deriva da un modo che ha subìto una singolare mutazione, quella che ha portato alla mente umana. Un uomo o uno scimpanzè che maneggino indifferentemente una torcia di stoppa o una torcia a led non sono per niente equivalenti.E non lo sono, per via della loro mente. Non per la luce emanata dalle torce.Forse si può anche insegnare ad uno scimpanzè a fabbricarsi una torcia di stoppa, ma credo che sia praticamente impossibile insegnargli anche solo a fabbricarsi un lume a petrolio. Noi stiamo camminando pericolosamente lungo un crinale strettissimo. Un fianco del dirupo è quello del mondo delle torce di stoppa, delle candele e dei lumini ad olio. L’altro quello delle lampadine alogene, dei led anche a molecole organiche o di chissà quale altra invenzione. Ma la domanda che incombe come un macigno di Sisifo e come spada di Damocle sulle nostre bizzose teste, è: A che cosa serve illuminare a giorno tutto il mondo, se poi la nostra mente è piena d’anfratti bui come la morte? Domanda praticamente inutile. Vi prometto non scriverò mai più cose di questo genere. macro dnarasclis 19 Fabrizio on 10.05.09 at 21:01 Dico una castroneria…Non si potrebbe sfruttare la tecnologie delle lucciole? 20 Ugo Bardi on 10.05.09 at 21:11 Eh, Fabrizio, chissà, potrebbe essere una buona idea. Come minimo, le lucciole non contengono mercurio! 21 lampadine a(b)basso risparmio « Il Blog di Caccia Al Fotone on 10.09.09 at 01:09 [...] parleremo insieme a Ugo Bardi, direttore di aspo Italia e autore di un post su “Ente”, e con Amos Bonato, autore di una inchiesta giornalistica intitolata salviamo [...] 22 Lampadine a basso consumo: il paradosso di Jevons — Nuove Tecnologie Energetiche on 10.16.09 at 13:37 [...] un mio post precedente, avevo espresso qualche dubbio sulla bontà del provvedimento che vieta la vendita in Europa delle [...] 23 Energia per il Futuro » Blog Archive » Lampadine a basso consumo: il paradosso di Jevonson (di Ugo Bardi) on 10.17.09 at 14:56 [...] un mio post precedente, avevo espresso qualche dubbio sulla bontà del provvedimento che vieta la vendita in Europa delle [...]