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SECONDA LEGGE DELLA DINAMICA E DETERMINISMO

Supponiamo di avere un sistema fisico fatto da un punto materiale sottoposto a forza.

Per semplicità supponiamo anche che le grandezze in gioco non siano vettoriali ma scalari
(posizione, velocità accelerazione, forza sono tutti vettori ma, se “ambientiamo” il tutto sopra una
retta, si possono ritenere scalari).

Supponiamo anche che la forza che agisce sul sistema sia nota se si conoscono la posizione x e la
velocità v del corpo.

Questo non è un caso tanto “strano” basti pensare alla forza esercitata da una molla.
La formula

F = -5·x

ci dice che la forza vale –5 N se la posizione x vale 1 metro, che la forza vale –20 se la posizione
vale 4 metri…. Nota la posizione x, la forza viene calcolata tramite una formula.
Sappiamo che la forza può dipendere anche dalla velocità, oltre che dalla posizione, come si
verifica ogni qual volta si ha un attrito con l’aria, per esempio.

Noi supporremo quindi di poter sempre risalire al valore della forza conoscendo posizione e
velocità.

Vogliamo allora far vedere come la posizione x0 e la velocità v0 del punto materiale al tempo,
diciamo, zero (e indichiamo t0) ci mettano in grado di prevedere posizione e velocità a qualunque
tempo successivo.

È come se, nel nostro piccolo, fossimo in grado di stabilire il destino del nostro punto materiale o
come se il destino del punto materiale fosse tutto scritto in ciò che succede al tempo “zero”.

Considerando l’universo come fatto da infiniti punti materiali sottoposti a forze, ecco che il destino
dell’universo è in qualche modo già scritto da ciò che è stato (posizioni, velocità) al tempo in cui
tutto ha avuto inizio.

In un certo qual modo noi stessi siamo fatti di punti materiali sottoposti a forze, e dunque anche ciò
che facciamo, e crediamo di poter decidere, dovrebbe essere invece prevedibile in base alle nostre
“condizioni iniziali”.

Vedremo alla fine della nostra chiacchierata come la fisica stessa ponga dei limiti al raggiungimento
di queste situazioni paradossali.

Intanto torniamo al punto materiale sottoposto a forze in una sola dimensione.

Suddividiamo il continuum del tempo in intervalli di ampiezza ∆t e “numeriamo” i tempi ottenendo
la successione t0, t1, t2….
Quanto più ∆t è piccolo, tanto più la nostra suddivisione del tempo approssima il tempo “continuo”.
Ad ogni intervallo di tempo ti associamo la corrispondente posizione xi e velocità vi.

Poiché, l’abbiamo detto e ripetuto, supponiamo che la forza dipenda da posizione e velocità in
modo noto, la conoscenza di posizione e velocità ad ogni tempo corrisponde a conoscere per ogni
tempo anche l’accelerazione, che si può ottenere dalla seconda legge della dinamica:

       Fi
ai =
       m

Possiamo rappresentare la situazione con il seguente schema:




Noti t0, x0, v0, cominciamo a calcolare l’accelerazione al tempo zero (a0):

       F0
a0 =
       m

Se il tempo ∆t è molto piccolo, possiamo supporre che tra t0 e t1 le cose non cambino poi molto e, in
particolare, possiamo ritenere che l’accelerazione mantenga il valore che aveva al tempo t0 per tutto
il tempo ∆t che separa t0 da t1.
In questo caso anche l’accelerazione – che “segue” dalla forza - tra il tempo t0 e il tempo t1 si
mantiene costante al valore a0 già calcolato. Quindi tra il tempo t0 e il tempo t1 abbiamo un moto
uniformemente accelerato, per il quale sappiamo calcolare (con le note leggi del moto
uniformemente accelerato) sia posizione che velocità:

v1 =v 0 + a 0 ⋅ ∆t

                   1
                     a 0 ⋅ ( ∆t )
                                  2
x1 = x0 + v 0 ⋅ ∆t +
                   2
Nota la posizione e la velocità al tempo t1, conosciamo anche la forza F1 (che dipende da posizione
e velocità ora note) e dunque il nuovo valore dell’accelerazione:

       F1
a1 =
       m
La procedura che ci ha portato a conoscere le grandezze al tempo t1 a partire da quelle al tempo t0
può essere ripetuta per conoscere il valore delle grandezze al tempo t3. Naturalmente i nostri valori
di partenza saranno ora quelli del tempo t1:

v 2 =v 1 + a1 ⋅ ∆t
                       1
                         a1 ⋅ ( ∆t )
                                     2
x 2 = x1 + v1 ⋅ ∆t +
                       2
       F2
a2 =
       m

Se ripetiamo il ragionamento in modo ricorsivo, riusciamo a conoscere posizione e velocità della
particella ad ogni tempo successivo, come nel seguente schema:




                         CRITICA AL RAGIONAMENTO DETERMINISTICO

Il ragionamento fatto ha alcuni punti critici. Vediamo di esaminarli nel dettaglio.

    1) Nel suddividere il tempo abbiamo arbitrariamente scelto un valore per ∆t (ad esempio un
       decimo di secondo), dicendo che dev’essere “piccolo” se vogliamo rappresentare il tempo in
       modo “continuo”. Chi ci garantisce che per diversi valori di ∆t la nostra previsione rimanga
       la stessa? Eppure il futuro del nostro punto materiale non può dipendere dal ∆t scelto!
    2) Abbiamo supposto che nel tempo ∆t, proprio perché “piccolo”, la forza e l’accelerazione
       rimangano costanti in modo da poter usare le formule per il moto uniformemente accelerato:
       questo è proprio sempre vero?

Se anche riusciamo a valutare quale è il valore ottimale del ∆t da usare nella previsione, ricordiamo
che tutto il ragionamento si basa sui valori di posizione e velocità al tempo zero. Noi però sappiamo
valutare i valori di queste grandezze (come succede per tutte le grandezze fisiche) solo a meno di un
certo margine d’errore, che può essere reso piccolo ma non nullo. Dunque anche la previsione che
faremo è soggetta ad un certo margine d’errore.
Esiste poi un principio – detto d’indeterminazione – che, a prescindere dalla teoria degli errori, pone
un limite alla nostra possibilità di misurare contemporaneamente con precisione posizione e
velocità: il principio dice che se misuriamo con grande precisione la posizione allora la misura della
velocità sarà intrinsecamente molto imprecisa, se misuriamo con grande precisione la velocità
allora la misura della posizione sarà intrinsecamente molto imprecisa. Anche questo non ci aiuta a
determinare il futuro della particella.
Per quanto concerne la possibilità di prevedere il futuro dell’universo o di una persona, c’è poi un
problema di “grandi numeri”; pensiamo infatti ad una mole di acqua,18 grammi, poca cosa, eppure
fatta da un numero di molecole pari al numero di Avogadro (dell’ordine dei milioni di miliardi di
miliardi): è improbabile conoscere posizione e velocità iniziale di anche solo una mole d’acqua!
Se pure fossero note queste posizioni iniziali esiste poi un concreto problema di calcolo: per
prevedere cosa succede nei successivi cinque minuti magari devo far funzionare un grosso
computer per un anno (è come fare le previsioni del tempo per il giorno dopo ed averle a
disposizione due giorni dopo…..).


                                          CONCLUSIONE
Possiamo applicare ragionamenti deterministici di questo tipo solo a particelle singole e in casi
molto semplificati.
Questo ci consente comunque di giungere a conclusioni interessantissime (come si mostrerà con
l’implementazione del metodo con il foglio elettronico) e di introdurci nel meraviglioso campo
delle simulazioni al computer: è meraviglioso vedere come dalla legge della molla F=-k⋅x, dove non
compaiono né seno né coseno, possa uscire dalla simulazione al computer la cosinusoide tipica del
moto armonico (la qual cosa trova puntuale riscontro provando ad appendere un oggetto ad una
molla) e come, introducendo tra le forze anche quella d’attrito, il moto vada “smorzandosi” nel
tempo. Può sembrare una riscoperta dell’acqua calda ma non è così: una volta capito che un metodo
è in grado di rendere conto bene delle situazioni note, può essere usato con una certa fiducia anche
per simulare situazioni non ancora sperimentate.

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  • 1. SECONDA LEGGE DELLA DINAMICA E DETERMINISMO Supponiamo di avere un sistema fisico fatto da un punto materiale sottoposto a forza. Per semplicità supponiamo anche che le grandezze in gioco non siano vettoriali ma scalari (posizione, velocità accelerazione, forza sono tutti vettori ma, se “ambientiamo” il tutto sopra una retta, si possono ritenere scalari). Supponiamo anche che la forza che agisce sul sistema sia nota se si conoscono la posizione x e la velocità v del corpo. Questo non è un caso tanto “strano” basti pensare alla forza esercitata da una molla. La formula F = -5·x ci dice che la forza vale –5 N se la posizione x vale 1 metro, che la forza vale –20 se la posizione vale 4 metri…. Nota la posizione x, la forza viene calcolata tramite una formula. Sappiamo che la forza può dipendere anche dalla velocità, oltre che dalla posizione, come si verifica ogni qual volta si ha un attrito con l’aria, per esempio. Noi supporremo quindi di poter sempre risalire al valore della forza conoscendo posizione e velocità. Vogliamo allora far vedere come la posizione x0 e la velocità v0 del punto materiale al tempo, diciamo, zero (e indichiamo t0) ci mettano in grado di prevedere posizione e velocità a qualunque tempo successivo. È come se, nel nostro piccolo, fossimo in grado di stabilire il destino del nostro punto materiale o come se il destino del punto materiale fosse tutto scritto in ciò che succede al tempo “zero”. Considerando l’universo come fatto da infiniti punti materiali sottoposti a forze, ecco che il destino dell’universo è in qualche modo già scritto da ciò che è stato (posizioni, velocità) al tempo in cui tutto ha avuto inizio. In un certo qual modo noi stessi siamo fatti di punti materiali sottoposti a forze, e dunque anche ciò che facciamo, e crediamo di poter decidere, dovrebbe essere invece prevedibile in base alle nostre “condizioni iniziali”. Vedremo alla fine della nostra chiacchierata come la fisica stessa ponga dei limiti al raggiungimento di queste situazioni paradossali. Intanto torniamo al punto materiale sottoposto a forze in una sola dimensione. Suddividiamo il continuum del tempo in intervalli di ampiezza ∆t e “numeriamo” i tempi ottenendo la successione t0, t1, t2…. Quanto più ∆t è piccolo, tanto più la nostra suddivisione del tempo approssima il tempo “continuo”.
  • 2. Ad ogni intervallo di tempo ti associamo la corrispondente posizione xi e velocità vi. Poiché, l’abbiamo detto e ripetuto, supponiamo che la forza dipenda da posizione e velocità in modo noto, la conoscenza di posizione e velocità ad ogni tempo corrisponde a conoscere per ogni tempo anche l’accelerazione, che si può ottenere dalla seconda legge della dinamica: Fi ai = m Possiamo rappresentare la situazione con il seguente schema: Noti t0, x0, v0, cominciamo a calcolare l’accelerazione al tempo zero (a0): F0 a0 = m Se il tempo ∆t è molto piccolo, possiamo supporre che tra t0 e t1 le cose non cambino poi molto e, in particolare, possiamo ritenere che l’accelerazione mantenga il valore che aveva al tempo t0 per tutto il tempo ∆t che separa t0 da t1. In questo caso anche l’accelerazione – che “segue” dalla forza - tra il tempo t0 e il tempo t1 si mantiene costante al valore a0 già calcolato. Quindi tra il tempo t0 e il tempo t1 abbiamo un moto uniformemente accelerato, per il quale sappiamo calcolare (con le note leggi del moto uniformemente accelerato) sia posizione che velocità: v1 =v 0 + a 0 ⋅ ∆t 1 a 0 ⋅ ( ∆t ) 2 x1 = x0 + v 0 ⋅ ∆t + 2 Nota la posizione e la velocità al tempo t1, conosciamo anche la forza F1 (che dipende da posizione e velocità ora note) e dunque il nuovo valore dell’accelerazione: F1 a1 = m
  • 3. La procedura che ci ha portato a conoscere le grandezze al tempo t1 a partire da quelle al tempo t0 può essere ripetuta per conoscere il valore delle grandezze al tempo t3. Naturalmente i nostri valori di partenza saranno ora quelli del tempo t1: v 2 =v 1 + a1 ⋅ ∆t 1 a1 ⋅ ( ∆t ) 2 x 2 = x1 + v1 ⋅ ∆t + 2 F2 a2 = m Se ripetiamo il ragionamento in modo ricorsivo, riusciamo a conoscere posizione e velocità della particella ad ogni tempo successivo, come nel seguente schema: CRITICA AL RAGIONAMENTO DETERMINISTICO Il ragionamento fatto ha alcuni punti critici. Vediamo di esaminarli nel dettaglio. 1) Nel suddividere il tempo abbiamo arbitrariamente scelto un valore per ∆t (ad esempio un decimo di secondo), dicendo che dev’essere “piccolo” se vogliamo rappresentare il tempo in modo “continuo”. Chi ci garantisce che per diversi valori di ∆t la nostra previsione rimanga la stessa? Eppure il futuro del nostro punto materiale non può dipendere dal ∆t scelto! 2) Abbiamo supposto che nel tempo ∆t, proprio perché “piccolo”, la forza e l’accelerazione rimangano costanti in modo da poter usare le formule per il moto uniformemente accelerato: questo è proprio sempre vero? Se anche riusciamo a valutare quale è il valore ottimale del ∆t da usare nella previsione, ricordiamo che tutto il ragionamento si basa sui valori di posizione e velocità al tempo zero. Noi però sappiamo valutare i valori di queste grandezze (come succede per tutte le grandezze fisiche) solo a meno di un certo margine d’errore, che può essere reso piccolo ma non nullo. Dunque anche la previsione che faremo è soggetta ad un certo margine d’errore. Esiste poi un principio – detto d’indeterminazione – che, a prescindere dalla teoria degli errori, pone un limite alla nostra possibilità di misurare contemporaneamente con precisione posizione e velocità: il principio dice che se misuriamo con grande precisione la posizione allora la misura della velocità sarà intrinsecamente molto imprecisa, se misuriamo con grande precisione la velocità allora la misura della posizione sarà intrinsecamente molto imprecisa. Anche questo non ci aiuta a determinare il futuro della particella.
  • 4. Per quanto concerne la possibilità di prevedere il futuro dell’universo o di una persona, c’è poi un problema di “grandi numeri”; pensiamo infatti ad una mole di acqua,18 grammi, poca cosa, eppure fatta da un numero di molecole pari al numero di Avogadro (dell’ordine dei milioni di miliardi di miliardi): è improbabile conoscere posizione e velocità iniziale di anche solo una mole d’acqua! Se pure fossero note queste posizioni iniziali esiste poi un concreto problema di calcolo: per prevedere cosa succede nei successivi cinque minuti magari devo far funzionare un grosso computer per un anno (è come fare le previsioni del tempo per il giorno dopo ed averle a disposizione due giorni dopo…..). CONCLUSIONE Possiamo applicare ragionamenti deterministici di questo tipo solo a particelle singole e in casi molto semplificati. Questo ci consente comunque di giungere a conclusioni interessantissime (come si mostrerà con l’implementazione del metodo con il foglio elettronico) e di introdurci nel meraviglioso campo delle simulazioni al computer: è meraviglioso vedere come dalla legge della molla F=-k⋅x, dove non compaiono né seno né coseno, possa uscire dalla simulazione al computer la cosinusoide tipica del moto armonico (la qual cosa trova puntuale riscontro provando ad appendere un oggetto ad una molla) e come, introducendo tra le forze anche quella d’attrito, il moto vada “smorzandosi” nel tempo. Può sembrare una riscoperta dell’acqua calda ma non è così: una volta capito che un metodo è in grado di rendere conto bene delle situazioni note, può essere usato con una certa fiducia anche per simulare situazioni non ancora sperimentate.