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FRANCESCO SANTOIANNI www.disastermanagement.it RISCHIO  IDRO-GEO-METEOROLOGICO
[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],Come sarà organizzata la giornata Oltre alle dispense, se vi servono ulteriori documentazioni… www.disastermanagement.it
In Italia, (dove sono 1173 i comuni a “rischio idrogeologico molto elevato”, e 2498 quelli a “rischio idrogeologico elevato”)  si sono verificate nel decennio 1991-2001 circa 12.000 frane e oltre 1.000 piene e, a causa di eventi idrogeologici, nell’ultimo trentennio, si sono avuti circa 3.500 morti e oltre 100.000 miliardi di lire in danni. I primati negativi di rischio assoluti sono detenuti dai comuni delle regioni Lombardia (687 comuni a rischio, di cui 279 con livello di attenzione “Molto elevato”), Piemonte (651 comuni a rischio, di cui 119 “Molto elevato”), Campania (291 comuni a rischio, di cui 144 “Molto elevato”) e Abruzzo (208 comuni a rischio, di cui 75 “Molto elevato”). RISCHIO  IDROGEOLOGICO IN ITALIA  Un elenco parziale delle vittime provocate negli ultimi anni da disastri idrogeologici può così essere definito: Piemonte,1994, 69 morti; Campania (Sarno), 1998, 160 morti; Versilia, 1996, 13 morti; Campania (Cervinara), 1999, 5 morti; Calabria (Soverato), 2000, 12 morti; Nord Italia, 2000, 25 morti. Una recente ricerca ha calcolato che dall’ottobre 2000 al luglio 2001 per riparare danni determinati da alcuni disastri idrogeologici sono stati stanziati 3.270 miliardi di lire (1.689.072.288 euro).
Perché il rischio: Cause naturali Dal punto di vista morfologico il nostro Paese presenta una situazione particolarmente problematica:  Su una superficie complessiva di 301.000 chilometri quadrati, ben 106.000 sono occupati da montagne e altri 125.000 chilometri quadrati sono occupati da colline; le aree di pianura sono, quindi, poco più di 70.000 chilometri quadrati, appena il 23 per cento del territorio nazionale.  Buona parte del territorio italiano conosce, inoltre, un progressivo e notevole corrugamento e sollevamento, soprattutto nella dorsale appenninica. Questo fa si che i rilievi siano particolarmente "giovani", non del tutto "plasmati" dagli agenti atmosferici e quindi particolarmente soggetti ad un'opera di erosione e demolizione intensa per effetto dell'azione combinata di piogge, venti, gelo, corsi d'acqua, ghiacciai...  A questo va aggiunto che buona parte dei suoli italiani sono in genere molto fragili per cui anche i "normali" processi erosivi incontrano una debole resistenza. Per completare il quadro bisogna accennare alle particolari condizioni meteorologiche che caratterizzano il nostro Paese. Se all'Italia sono risparmiati disastri meteorologici come i colossali uragani che si abbattono in Asia o nel golfo caraibico, il regime delle piogge nel nostro Paese non può certo dirsi tranquillo. Grazie alla particolare posizione geografica della penisola e soprattutto alla sua conformazione montuosa, piogge intense e concentrate in brevi periodi creano le premesse per rovinose alluvioni e frane, soprattutto nelle Alpi Orientali e lungo il versante tirrenico.
[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],Perché il rischio: cause antropiche
[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],Perché il rischio: cause antropiche
Utilizzo delle risorse idriche. Gli eccessivi prelievi di ingenti quantità di acqua per uso agricolo inducono un grave squilibrio nei corsi d'acqua in quanto le portate diminuiscono enormemente e non consentono il mantenimento di un sufficiente equilibrio fisico-biologico di un corso d'acqua. Perché il rischio: cause antropiche
[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],Perché il rischio: cause antropiche
Gli invasi artificiali e le dighe Le dighe rappresentano una delle opere di maggiore valore e imponenza che l'uomo può costruire e hanno lo scopo di sbarrare il corso d'acqua, creando a monte un invaso artificiale. I motivi che inducono a costruire una diga sono soprattutto legati alla produzione di energia elettrica ed all'irrigazione. In casi particolari, le dighe ed il relativo serbatoio a monte, hanno lo scopo di attenuare le piene immagazzinando parte dell'acqua eccedente per restituirla poi gradualmente. La costruzione di una diga sottraendo e accumulando l'acqua artificialmente, altera l'equilibrio naturale degli alvei fluviali. Le principali azioni che queste hanno sull'ambiente sono due: - a valle si ha una alterazione profonda del regime idraulico del corso d'acqua, il cui letto viene ad essere spesso in secca e non è più in equilibrio; - a monte si verifica il cambiamento completo del paesaggio, ma soprattutto si ha la creazione di un livello di base locale che influisce su tutto il corso fluviale a monte dell'opera. Perché il rischio: cause antropiche
[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],AUTORITA’ DI BACINO Bacini di rilievo interregionale:   Saccione (Molise, Puglia);  Fortore (Campania, Molise, Puglia);  Ofanto (Campania, Basilicata, Puglia); Bradano (Puglia, Basilicata);
Gli scenari di una emergenza idrogeologica ,[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],Le “Linee guida” della pianificazione dell’emergenza sono rivolte a due ambienti di riferimento, assai comuni nel nostro paese:  il  ligure  (intendendo con questo termine un ambiente fortemente urbanizzato di media ed alta valle):  il  padano , caratterizzato da una ininterrotta pianura urbanizzata.
[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],Cinque tipologie di una emergenza idrogeologica
Per definire uno scenario di evento è essenziale effettuare: un’analisi di comportamento dell’alveo  e la conseguente mappatura delle aree inondabili; un’analisi di fatti accidentali che influenzano il comportamento e le modalità dell’inondazione; un’analisi di comportamento di versanti instabili interagenti con l’inondazione stessa e/o con elementi a rischio.  La definizione di un esatto scenario, per calibrare il piano di emergenza deve essere demandata ad un attenta indagine del territorio da affidare ad esperti del settore (geologi, idrogeologi, ingegneri ambientali....); il documento del Dipartimento della protezione civile, comunque, individua alcune situazioni, (caratterizzate da diverse situazioni antropiche ), che possono permettere al Disaster Manager di prefigurare uno scenario di massima e il coinvolgimento in questo della popolazione (in particolare  residenti anziani  di età superiore ai 70 anni, residenti al piano terra,  disabili residenti al piano terra ), di attività commerciali e/o artigianali, delle infrastrutture, delle stesse strutture di soccorso che possono perdere funzionalità... Lo scenario di una emergenza idrogeologica
Per la definizione di un più verosimile scenario sarebbe, comunque, opportuno l’utilizzo di un GIS (e cioè un database cartografico digitale, di tipo relazionale, strutturato in modo da agevolare ogni possibile elaborazione, ricerca e aggiornamento) sul quale immettere tutta una serie di dati quali:  edifici e attività (poste in fregio al corso d’acqua, in zone caratterizzate da correnti veloci, che presentano locali interrati di utilizzo abituale...),  strutture interessate da allagamenti con tiranti superiori ad un metro,  consistenza dei volumi interrati per i quali sono ipotizzabili ristagni di acqua,  situazioni suscettibili di danno grave per accumulo di materiale,  rischi indotti (inquinamento, esplosioni, ecc.),  danni alle reti telefoniche, del gas, elettriche...  Da un GIS così realizzato è possibile inoltre: valutare la perdita di funzionalità delle infrastrutture di trasporto (ed individuare i relativi percorsi alternativi); individuare il numero dei potenziali senzatetto; valutare le esigenze sanitarie; razionalizzare l’utilizzo dei mezzi pubblici e delle attrezzature necessari per il superamento delle situazioni di emergenza; predisporre schede per il rilevamento delle criticità e dei danni prodotti ai diversi settori funzionali...   GIS e definizione dello scenario
Il GIS e la Protezione Civile Il GIS (acronimo inglese di Geographical Information System, traducibile nella nostra lingua come S.I.T., Sistema Informativo Territoriale) è un database che comprende le posizioni degli "elementi" sul territorio (centri abitati, residenti, industrie, strade, fiumi, orografia, usi del suolo) ed è costituito da un insieme di programmi software tra loro integrati per aggiornare, archiviare, analizzare, interrogare ed elaborare le informazioni.  In sostanza, il GIS consente di trattare le informazioni contenute tradizionalmente in varie cartografie, mettendo in relazione tra di loro dati altrimenti disparati, sulla base del loro comune riferimento geografico, creando così nuove informazioni a partire dai dati esistenti.  L’utilizzo del GIS nella protezione civile permette di conoscere in tempi brevissimi tutte le informazioni relative ad una particolare zona geografica soggetta ad una calamità per organizzare l’emergenza.
Il GIS e la Sicurezza
L ’ evoluzione del GPS Creato e inizialmente gestito dal Ministero della Difesa USA, il GPS (Global Position System),  un sistema basato su una costellazione di satelliti artificiali che consente di individuare la propria posizione sul pianeta, con la cessazione dei disturbi intenzionalmente immessi dai militari (Selective Availability) ha conosciuto negli ultimi anni una straordinaria espansione e oggi apparecchi GPS, del costo di poche centinaia di euro, fanno parte del corredo di molti escursionisti e vengono montati di serie su autovetture e fuoristrada.  Il completamento della rete differenziale GPS realizzato dalla Guardia Costiera italiana (che permetterà di ottenere una precisione dell’ordine di qualche metro) e l’interfacciamento dei dati ricavati dal satellite con mappe digitali, certamente nei prossimi anni garanti-rà una ulteriore diffusione del GPS.
Nel settore della protezione civile l’utilizzo del GPS delinea enormi possibilità. Innanzitutto la possibilità di comunicare alle strutture di soccorso o alla sala operativa l’esatta localizzazione del luogo dell’emergenza: una informazione questa di estrema importanza sopratutto considerando che il luogo dell’emergenza potrebbe non essere altrimenti localizzato, come è il caso degli incendi boschivi, riferendosi ad una strada o a un numero civico.  Un’altra importante applicazione del GPS è il suo interfacciarsi con cartografie tematiche digitali che presenti su un palmare a disposizione dell’operatore di protezione civile permette a questi di disporre immediatamente di informazioni di vitale importanza.  Il GPS nella gestione dell ’ emergenza
L’interfacciamento poi del sistema GPS-palmare con una rete di comunicazione (radio o telefonica) collegata alla sala operativa permette un’ulteriore articolazione della gestione dell’emergenza. In tal senso, in alcune aree del nostro paese, le ambulanze dei servizi di emergenza sanitaria 118 già utilizzano questo sistema che permette, tra l’altro, di conoscere la localizzazione della ambulanza più vicina alla persona da soccorrere. Comunque, l’applicazione più interessante dell’utilizzo del GPS viene dalla gestione dell’emergenza che può essere ottimizzata nella sala operativa dall’utilizzo di un GIS. L ’ interfaccia GPS trasmittente-telefono Banche dati Controllo remoto Videosorveglianza
Pianificazione dell’emergenza idrogeologica  In Italia, a livello statale, per fronteggiare emergenze idrogeologiche sono previste una serie di procedure scandite in differenti fasi:  Esiste un primo modello di pianificazione che individua  due fasi  dettate alle  condizioni atmosferiche:  all’approssimarsi di eventi atmosferici che lasciano presagire situazioni di allarme;   al verificarsi di gravi eventi di natura idrogeologica;  Il secondo modello di pianificazioni individua  tre fasi  definite dal  gestore dell’emergenza:  fase di preallerta;   fase di allerta;   fase di allarme. Vi sono poi direttive regionali
Il Dipartimento della protezione civile - ricevuto preavviso dal CNMCA (Centro Nazionale di Meteorologia e Climatologia Aeronautica) - attua la cosiddetta “ veglia meteo”; contatta eventuali servizi meteo regionali per l’acquisizione di informazioni integrative; effettua la valutazione e la comparazione delle informazioni del CNMCA e dei servizi meteo regionali; provvede alla diffusione del relativo messaggio meteo ai responsabili protezione civile delle regioni interessate, delle prefetture e del Ministero dell’interno. L’ente Regione - ricevuto il preavviso o l’avviso, oppure d’iniziativa – valuta, anche sulla base delle informazioni avute dai servizi meteo eventualmente operanti nell’ambito regionale, l’impatto delle previste condizioni meteorologiche sul proprio territorio; individua le zone a rischio; dirama tramite i mass-media locali avvisi meteo particolareggiati; informa i prefetti; provvede a preavvisare e/o allertare le proprie strutture. La Prefettura- ricevuto il preavviso o l’avviso dal Dipartimento della protezione civile e/o dalle regioni, oppure d’iniziativa - attiva le varie fasi del piano di emergenza provinciale; dirama, se è il caso, avvertimenti e/o istruzioni alle province, ai comuni, alle comunità montane e alla popolazione. L’ente Provincia - ricevuto il preavviso o l’avviso dalla Prefettura o dall’ente Regione - attiva le proprie strutture di intervento, in particolare quelle preposte alla viabilità; dispone il presidio e/o l’interdizione al traffico dei tratti di viabilità a rischio; attua ogni altra disposizione prevista nell’ambito delle competenze provinciali, con particolare riferimento alla salvaguardia della incolumità delle persone su ponti, strade e altri manufatti di propria competenza. All’approssimarsi di eventi atmosferici che lasciano presagire situazioni di allarme
La  Prefettura  dovrà: attivare il Centro Coordinamento Soccorsi (CCS), se è il caso,  uno o più COM e una sala stampa (o almeno un punto di informazione); ricercare un contatto telefonico con tutti i sindaci dell’area interessata dall’evento, (o realizzando collegamenti alternativi con l’invio di un nucleo di radioamatori); disporre l’attivazione di un servizio di emergenza, di osservazione e allarme lungo i corsi d’acqua, predisposto anche con l’impiego di organizzazioni di volontariato, in condizione di trasmettere da monte a valle, di comune in comune, notizie tempestive sulla possibile ondata di piena; individuare le esigenze di intervento, mantenendosi costantemente il contatto con i sindacie con le strutture operative di protezione civile; coordinare gli interventi di Vigili del fuoco, FF.AA, volontari e strutture di servizio (Enel, Telecom, acquedotto, Anas, ecc.); tenere disponibili le aree di emergenza già note sul territorio e utilizzabili per l’afflusso dei soccorsi e/o lo sgombero degli abitanti; impiegare le forze dell’ordine, oltre che per i previsti compiti di istituto, anche per il controllo delle colonne di forze istituzionali (FF.AA. in particolare) istituendo appositi posti di controllo; tenere periodicamente informati il Dipartimento della protezione civile e il Ministero dell’interno. L’ente  Comune  o la  Comunità montana  dovrà: predisporre un servizio di osservazione e allarme nei punti a rischio del territorio comunale; ricercare immediatamente il contatto con la prefettura e assicurare un servizio di reperibilità; attivare una sala operativa con i propri funzionari, tecnici, volontari e associazioni comunali; inviare un proprio rappresentante presso l'eventuale COM istituito in zona dalla prefettura; attivare i responsabili nel comune dei servizi essenziali (energia elettrica, gas, acqua, ecc.) e delle strutture a propria disposizione; accertare le esigenze di intervento; disporre l'impiego del personale e dei mezzi a disposizione, richiedendo al COM o al CCS interventi non assolvibili in proprio; valutare la gradualità degli interventi, coordinando gli stessi, (in particolare per quanto riguarda: interdizione del traffico stradale in zone/punti a rischio; evacuazione di aree abitate; interventi di soccorso e/o ripristino di servizi essenziali); organizzare aree di ammassamento e smistamento per eventuali soccorsi esterni. Al verificarsi di gravi eventi di natura idrogeologica
[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],Fase di preallerta
[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],Fase di allerta
[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],Fase di allarme
Quanto definito dalle predette norme per l’ente Comune dovrebbe essere calibrato con l’elevato numero di fax proclamanti “situazioni di allerta” e “di preallarme” che da un po’ di tempo  inondano i comuni (in alcune regioni, quasi settimanalmente) all’approssimarsi di non meglio precisate “avversità atmosferiche”; una situazione questa che rischia di ingenerare una situazione nel "disaster management" viene etichettata come WWS (Wolf Warning Syndrome) o "al lupo, al lupo" e che ci auguriamo possa essere superata con un affinamento delle indagine meteorologiche e idrogeologiche e, quindi, con una più ponderata proclamazione dello “stato di allerta” o dello “stato di allarme”.  Oltre a ciò, vi è da considerare un particolare aspetto del rischio idrogeologico: l’inesistenza, quasi dovunque, di una soglia di piovosità superata la quale un “normale” nubifragio si trasforma in un disastro;  un aspetto questo che ha delle grandi implicazioni nella gestione dell’emergenza, ad esempio nella diramazione alla popolazione dell’ordine di evacuazione. In altre parole, è opportuno in una situazione di indeterminatezza idrogeologica affidarsi ad un sistema di allarme (ad esempio, sirene o altoparlanti montati su autovetture) per ordinare alle popolazioni residenti in aree a rischio di abbandonare le loro abitazioni? A nostro parere la riposta deve essere negativa in quanto un sistema così strutturato rischia o di generare una lunga serie di falsi allarmi (con tutto quello che ne consegue) o di istituzionalizzare nella popolazione un senso di pericolosa sicurezza in caso di mancato allarme.  Meglio, quindi, laddove non è possibile organizzare un valido sistema di allarme, strutturare una campagna di informazione per addestrare le popolazioni, che risiedono in aree ad elevato rischio idrogeologico, a raggiungere (se esse lo ritengono opportuno, in caso di particolari avversità atmosferiche) determinate aree (ad esempio, edifici scolastici) sicure. Compito dell’ente Comune sarà organizzare in queste aree delle strutture di accoglienza per le popolazioni. Alcune considerazioni  ?
Il rischio meteorologico: i  tornado (o “trombe d’aria”)  ,[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object]
Le trombe d'aria (comunissime sopratutto negli Stati Uniti e in Australia) si formano nel cuore di grosse nuvole temporalesche dove una colonna d'aria molto calda sale velocemente e viene fatta ruotare dalle correnti più fredde che si trovano in alta quota. Ogni tromba d'aria è caratterizzata nella sua parte centrale da una profonda depressione, associata a eventi turbino (superiori in alcuni casi ai 300¸400 Km/h) ed a intense correnti ascensionali e quindi ad un risucchio che può provocare lo sventramento di edifici ed il sollevamento di oggetti anche di notevoli dimensioni come autocarri o automobili. La depressione centrale della tromba d'aria, provocando una violenta espansione dell'aria, determina la condensazione del vapore acqueo: le goccioline d'acqua si mescolano con polveri e detriti, formando la caratteristica proboscide. Essa si muove in maniera irregolare, ad una velocità media di circa 40 Km/h, preceduta da un rumore assordante. La vita di una tromba d'aria, in media di circa 8 minuti, può anche raggiungere i 60 minuti. Un tornado medio ha un diametro di 100¸200 m.  La pioggia intensissima e la grandine, che spesso precedono il tornado, tendono ad indebolire il suolo per cui gli alberi vengono facilmente sradicati dal vento e trascinati lungo il percorso del tornado causando molti dei danni maggiori. Che cosa è un tornado
Violenti tornado sono frequenti su tutta la Pianura Padana, lungo il Versante Tirrenico e sull'Appennino Centrale; sono scarsi o assenti lungo il medio Versante Adriatico e sulla Sardegna.  Su questo fenomeno, che appare e scompare repentinamente, non esistono ancora statistiche attendibili; pare comunque vi sia una certa distribuzione stagionale Distribuzione stagionale nelle varie aree: -Liguria e alta Toscana: da giugno a dicembre con picco a settembre.  -Lombardia e Piemonte: da giugno a ottobre con picco ad agosto.  -Friuli e Veneto: da giugno a novembre con picco a settembre (in Veneto sono molto probabili anche nel periodo giugno-agosto con un episodio anche ad aprile, in Friuli sono improbabili fino a giugno).  -Emilia: spesso primaverili; da aprile a agosto ma con picco ad agosto. -Umbria e Toscana centrale: picco a settembre. -Medio e Basso Tirreno (Lazio, Campania e Calabria): rare in giugno e luglio, picco a ottobre ma probabili fino a dicembre e gennaio.  -Abruzzo: registrate solo in agosto.  -Puglia: picco a ottobre. -Sicilia: picco a novembre. Dove e quando i tornado in Italia
Scala Fujita  Grado Danni Velocità vento  in miglia/h Velocità vento in Km/h Tipo tornado F-0 leggeri Fino a 72 Fino a 116 debole F-1 moderati 73-112 116-180 debole F-2 considerevoli 113-157 181-253 forte F-3 forti 158-206 254-332 forte F-4 devastanti 207-260 333-418 violento F-5 incredibili Oltre 261 Oltre 418 violento
[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],Previsione e norme di emergenza
Alluvione: norme di comportamento Prima dell'alluvione... In caso di allarme, le indicazioni ti saranno impartite dalla Protezione Civile attraverso una radio o televisione.  Stabilisci un posto dove in caso di emergenza concentrarsi con la famiglia  Fornite i vostri bambini di “documenti di identità” fatti da voi riportanti il vostro numero di cellulare  Tieniti pronto e prepara uno  zainetto di emergenza  che ti sarà utile nel caso dovessi abbandonare la tua abitazione.    Lo zainetto conterrà: (tutto avvolto in buste di plastica) Zaino pronto con le etichette dei proprietari e i numeri di cellulari della famiglia (confusione) cordicella per legare tra di loro le borse  Cosa portare dipende dai componenti della famiglia: ad esempio latte in polvere e biberon bambini; Medicinali specifici se qualche membro della famiglia è in terapia; oltre a vestiti e cibo (protezione civile); torcia elettrica con batterie di scorta; cellulari con caricabatterie ed, eventualmente, tessere ricaricabili Dispositivo da inserire nell’accendisigari; occhiali di riserva; radio transistor (buone quelle che si vendono sulle bancarelle); borsa contenente oggetti per la pulizia personale; soldi; carta di credito; bancomat; documenti di identità, tessera sanitaria; agenda con numeri di telefono                                                                                
Se durante l'alluvione ti trovi in casa... Al piano terra, copri le fessure sotto le porte utilizzando sacchetti di sabbia, stracci, vecchie coperte.  Stacca la corrente e chiudi l'interruttore del gas.  Metti in salvo eventuali animali (domestici o di allevamento). Metti le cose che ti premono di più (computer, compact disc, ecc.) ai piani superiori o sopra un armadio.  Chiudi ermeticamente e riponi in alto le sostanze corrosive o quelle pericolose.  Sigillare sotto le porte con stracci Non rifugiarti mai nel sottoscala, in cantina o nel garage Se necessario trasferisciti nei piani alti o sul tetto   Alluvione: norme di comportamento Se devi usare l’automobile  Accertati che abbia il pieno di benzina Porta nella  macchina: candele con chiave per svitare le candele; stracci per asciugare; pinze per batteria; cavo per traino; torcia elettrica; una radiolina. Il rischio è che l'automobile venga trascinata dalla corrente: per questo abbandona subito la vettura appena si configura una situazione di pericolo
Se devi abbandonare casa... Affiggi un foglio o scrivi con un pennarello sulla porta di casa il numero di telefono dei cellulari dei componenti della famiglia e, se lo hai, l’indirizzo di posta elettronica    Stare all'aperto durante un alluvione è molto pericoloso.  Se non hai alternative: Indossa abiti e calzature pesanti per proteggerti dagli urti e dal freddo.  Porta con te un bastone (o il manico di una scopa)o  una corda, per aiutarti durante il guado e qualcosa che possa servirti per segnalare una richiesta di aiuto: una torcia elettrica, lenzuola dai colori vivaci, un fischietto, uno specchio...   Se non puoi abbandonare casa e l'alluvione ti circonda... Se la tua casa viene circondata da acque sempre più alte, raggiungi i piani superiori dell'edificio. Dalle finestre o dal tetto attira l'attenzione dei soccorritori agitando un panno colorato o le braccia.  Alluvione: norme di comportamento
Esperienze e riflessioni personali ,[object Object],[object Object],[object Object],[object Object]

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Alluvioni

  • 1. FRANCESCO SANTOIANNI www.disastermanagement.it RISCHIO IDRO-GEO-METEOROLOGICO
  • 2.
  • 3. In Italia, (dove sono 1173 i comuni a “rischio idrogeologico molto elevato”, e 2498 quelli a “rischio idrogeologico elevato”) si sono verificate nel decennio 1991-2001 circa 12.000 frane e oltre 1.000 piene e, a causa di eventi idrogeologici, nell’ultimo trentennio, si sono avuti circa 3.500 morti e oltre 100.000 miliardi di lire in danni. I primati negativi di rischio assoluti sono detenuti dai comuni delle regioni Lombardia (687 comuni a rischio, di cui 279 con livello di attenzione “Molto elevato”), Piemonte (651 comuni a rischio, di cui 119 “Molto elevato”), Campania (291 comuni a rischio, di cui 144 “Molto elevato”) e Abruzzo (208 comuni a rischio, di cui 75 “Molto elevato”). RISCHIO IDROGEOLOGICO IN ITALIA Un elenco parziale delle vittime provocate negli ultimi anni da disastri idrogeologici può così essere definito: Piemonte,1994, 69 morti; Campania (Sarno), 1998, 160 morti; Versilia, 1996, 13 morti; Campania (Cervinara), 1999, 5 morti; Calabria (Soverato), 2000, 12 morti; Nord Italia, 2000, 25 morti. Una recente ricerca ha calcolato che dall’ottobre 2000 al luglio 2001 per riparare danni determinati da alcuni disastri idrogeologici sono stati stanziati 3.270 miliardi di lire (1.689.072.288 euro).
  • 4. Perché il rischio: Cause naturali Dal punto di vista morfologico il nostro Paese presenta una situazione particolarmente problematica: Su una superficie complessiva di 301.000 chilometri quadrati, ben 106.000 sono occupati da montagne e altri 125.000 chilometri quadrati sono occupati da colline; le aree di pianura sono, quindi, poco più di 70.000 chilometri quadrati, appena il 23 per cento del territorio nazionale. Buona parte del territorio italiano conosce, inoltre, un progressivo e notevole corrugamento e sollevamento, soprattutto nella dorsale appenninica. Questo fa si che i rilievi siano particolarmente "giovani", non del tutto "plasmati" dagli agenti atmosferici e quindi particolarmente soggetti ad un'opera di erosione e demolizione intensa per effetto dell'azione combinata di piogge, venti, gelo, corsi d'acqua, ghiacciai... A questo va aggiunto che buona parte dei suoli italiani sono in genere molto fragili per cui anche i "normali" processi erosivi incontrano una debole resistenza. Per completare il quadro bisogna accennare alle particolari condizioni meteorologiche che caratterizzano il nostro Paese. Se all'Italia sono risparmiati disastri meteorologici come i colossali uragani che si abbattono in Asia o nel golfo caraibico, il regime delle piogge nel nostro Paese non può certo dirsi tranquillo. Grazie alla particolare posizione geografica della penisola e soprattutto alla sua conformazione montuosa, piogge intense e concentrate in brevi periodi creano le premesse per rovinose alluvioni e frane, soprattutto nelle Alpi Orientali e lungo il versante tirrenico.
  • 5.
  • 6.
  • 7. Utilizzo delle risorse idriche. Gli eccessivi prelievi di ingenti quantità di acqua per uso agricolo inducono un grave squilibrio nei corsi d'acqua in quanto le portate diminuiscono enormemente e non consentono il mantenimento di un sufficiente equilibrio fisico-biologico di un corso d'acqua. Perché il rischio: cause antropiche
  • 8.
  • 9. Gli invasi artificiali e le dighe Le dighe rappresentano una delle opere di maggiore valore e imponenza che l'uomo può costruire e hanno lo scopo di sbarrare il corso d'acqua, creando a monte un invaso artificiale. I motivi che inducono a costruire una diga sono soprattutto legati alla produzione di energia elettrica ed all'irrigazione. In casi particolari, le dighe ed il relativo serbatoio a monte, hanno lo scopo di attenuare le piene immagazzinando parte dell'acqua eccedente per restituirla poi gradualmente. La costruzione di una diga sottraendo e accumulando l'acqua artificialmente, altera l'equilibrio naturale degli alvei fluviali. Le principali azioni che queste hanno sull'ambiente sono due: - a valle si ha una alterazione profonda del regime idraulico del corso d'acqua, il cui letto viene ad essere spesso in secca e non è più in equilibrio; - a monte si verifica il cambiamento completo del paesaggio, ma soprattutto si ha la creazione di un livello di base locale che influisce su tutto il corso fluviale a monte dell'opera. Perché il rischio: cause antropiche
  • 10.
  • 11.
  • 12.
  • 13. Per definire uno scenario di evento è essenziale effettuare: un’analisi di comportamento dell’alveo e la conseguente mappatura delle aree inondabili; un’analisi di fatti accidentali che influenzano il comportamento e le modalità dell’inondazione; un’analisi di comportamento di versanti instabili interagenti con l’inondazione stessa e/o con elementi a rischio. La definizione di un esatto scenario, per calibrare il piano di emergenza deve essere demandata ad un attenta indagine del territorio da affidare ad esperti del settore (geologi, idrogeologi, ingegneri ambientali....); il documento del Dipartimento della protezione civile, comunque, individua alcune situazioni, (caratterizzate da diverse situazioni antropiche ), che possono permettere al Disaster Manager di prefigurare uno scenario di massima e il coinvolgimento in questo della popolazione (in particolare residenti anziani di età superiore ai 70 anni, residenti al piano terra, disabili residenti al piano terra ), di attività commerciali e/o artigianali, delle infrastrutture, delle stesse strutture di soccorso che possono perdere funzionalità... Lo scenario di una emergenza idrogeologica
  • 14. Per la definizione di un più verosimile scenario sarebbe, comunque, opportuno l’utilizzo di un GIS (e cioè un database cartografico digitale, di tipo relazionale, strutturato in modo da agevolare ogni possibile elaborazione, ricerca e aggiornamento) sul quale immettere tutta una serie di dati quali: edifici e attività (poste in fregio al corso d’acqua, in zone caratterizzate da correnti veloci, che presentano locali interrati di utilizzo abituale...), strutture interessate da allagamenti con tiranti superiori ad un metro, consistenza dei volumi interrati per i quali sono ipotizzabili ristagni di acqua, situazioni suscettibili di danno grave per accumulo di materiale, rischi indotti (inquinamento, esplosioni, ecc.), danni alle reti telefoniche, del gas, elettriche... Da un GIS così realizzato è possibile inoltre: valutare la perdita di funzionalità delle infrastrutture di trasporto (ed individuare i relativi percorsi alternativi); individuare il numero dei potenziali senzatetto; valutare le esigenze sanitarie; razionalizzare l’utilizzo dei mezzi pubblici e delle attrezzature necessari per il superamento delle situazioni di emergenza; predisporre schede per il rilevamento delle criticità e dei danni prodotti ai diversi settori funzionali... GIS e definizione dello scenario
  • 15. Il GIS e la Protezione Civile Il GIS (acronimo inglese di Geographical Information System, traducibile nella nostra lingua come S.I.T., Sistema Informativo Territoriale) è un database che comprende le posizioni degli "elementi" sul territorio (centri abitati, residenti, industrie, strade, fiumi, orografia, usi del suolo) ed è costituito da un insieme di programmi software tra loro integrati per aggiornare, archiviare, analizzare, interrogare ed elaborare le informazioni. In sostanza, il GIS consente di trattare le informazioni contenute tradizionalmente in varie cartografie, mettendo in relazione tra di loro dati altrimenti disparati, sulla base del loro comune riferimento geografico, creando così nuove informazioni a partire dai dati esistenti. L’utilizzo del GIS nella protezione civile permette di conoscere in tempi brevissimi tutte le informazioni relative ad una particolare zona geografica soggetta ad una calamità per organizzare l’emergenza.
  • 16. Il GIS e la Sicurezza
  • 17. L ’ evoluzione del GPS Creato e inizialmente gestito dal Ministero della Difesa USA, il GPS (Global Position System), un sistema basato su una costellazione di satelliti artificiali che consente di individuare la propria posizione sul pianeta, con la cessazione dei disturbi intenzionalmente immessi dai militari (Selective Availability) ha conosciuto negli ultimi anni una straordinaria espansione e oggi apparecchi GPS, del costo di poche centinaia di euro, fanno parte del corredo di molti escursionisti e vengono montati di serie su autovetture e fuoristrada. Il completamento della rete differenziale GPS realizzato dalla Guardia Costiera italiana (che permetterà di ottenere una precisione dell’ordine di qualche metro) e l’interfacciamento dei dati ricavati dal satellite con mappe digitali, certamente nei prossimi anni garanti-rà una ulteriore diffusione del GPS.
  • 18. Nel settore della protezione civile l’utilizzo del GPS delinea enormi possibilità. Innanzitutto la possibilità di comunicare alle strutture di soccorso o alla sala operativa l’esatta localizzazione del luogo dell’emergenza: una informazione questa di estrema importanza sopratutto considerando che il luogo dell’emergenza potrebbe non essere altrimenti localizzato, come è il caso degli incendi boschivi, riferendosi ad una strada o a un numero civico. Un’altra importante applicazione del GPS è il suo interfacciarsi con cartografie tematiche digitali che presenti su un palmare a disposizione dell’operatore di protezione civile permette a questi di disporre immediatamente di informazioni di vitale importanza. Il GPS nella gestione dell ’ emergenza
  • 19. L’interfacciamento poi del sistema GPS-palmare con una rete di comunicazione (radio o telefonica) collegata alla sala operativa permette un’ulteriore articolazione della gestione dell’emergenza. In tal senso, in alcune aree del nostro paese, le ambulanze dei servizi di emergenza sanitaria 118 già utilizzano questo sistema che permette, tra l’altro, di conoscere la localizzazione della ambulanza più vicina alla persona da soccorrere. Comunque, l’applicazione più interessante dell’utilizzo del GPS viene dalla gestione dell’emergenza che può essere ottimizzata nella sala operativa dall’utilizzo di un GIS. L ’ interfaccia GPS trasmittente-telefono Banche dati Controllo remoto Videosorveglianza
  • 20. Pianificazione dell’emergenza idrogeologica In Italia, a livello statale, per fronteggiare emergenze idrogeologiche sono previste una serie di procedure scandite in differenti fasi: Esiste un primo modello di pianificazione che individua due fasi dettate alle condizioni atmosferiche: all’approssimarsi di eventi atmosferici che lasciano presagire situazioni di allarme; al verificarsi di gravi eventi di natura idrogeologica; Il secondo modello di pianificazioni individua tre fasi definite dal gestore dell’emergenza: fase di preallerta; fase di allerta; fase di allarme. Vi sono poi direttive regionali
  • 21. Il Dipartimento della protezione civile - ricevuto preavviso dal CNMCA (Centro Nazionale di Meteorologia e Climatologia Aeronautica) - attua la cosiddetta “ veglia meteo”; contatta eventuali servizi meteo regionali per l’acquisizione di informazioni integrative; effettua la valutazione e la comparazione delle informazioni del CNMCA e dei servizi meteo regionali; provvede alla diffusione del relativo messaggio meteo ai responsabili protezione civile delle regioni interessate, delle prefetture e del Ministero dell’interno. L’ente Regione - ricevuto il preavviso o l’avviso, oppure d’iniziativa – valuta, anche sulla base delle informazioni avute dai servizi meteo eventualmente operanti nell’ambito regionale, l’impatto delle previste condizioni meteorologiche sul proprio territorio; individua le zone a rischio; dirama tramite i mass-media locali avvisi meteo particolareggiati; informa i prefetti; provvede a preavvisare e/o allertare le proprie strutture. La Prefettura- ricevuto il preavviso o l’avviso dal Dipartimento della protezione civile e/o dalle regioni, oppure d’iniziativa - attiva le varie fasi del piano di emergenza provinciale; dirama, se è il caso, avvertimenti e/o istruzioni alle province, ai comuni, alle comunità montane e alla popolazione. L’ente Provincia - ricevuto il preavviso o l’avviso dalla Prefettura o dall’ente Regione - attiva le proprie strutture di intervento, in particolare quelle preposte alla viabilità; dispone il presidio e/o l’interdizione al traffico dei tratti di viabilità a rischio; attua ogni altra disposizione prevista nell’ambito delle competenze provinciali, con particolare riferimento alla salvaguardia della incolumità delle persone su ponti, strade e altri manufatti di propria competenza. All’approssimarsi di eventi atmosferici che lasciano presagire situazioni di allarme
  • 22. La Prefettura dovrà: attivare il Centro Coordinamento Soccorsi (CCS), se è il caso, uno o più COM e una sala stampa (o almeno un punto di informazione); ricercare un contatto telefonico con tutti i sindaci dell’area interessata dall’evento, (o realizzando collegamenti alternativi con l’invio di un nucleo di radioamatori); disporre l’attivazione di un servizio di emergenza, di osservazione e allarme lungo i corsi d’acqua, predisposto anche con l’impiego di organizzazioni di volontariato, in condizione di trasmettere da monte a valle, di comune in comune, notizie tempestive sulla possibile ondata di piena; individuare le esigenze di intervento, mantenendosi costantemente il contatto con i sindacie con le strutture operative di protezione civile; coordinare gli interventi di Vigili del fuoco, FF.AA, volontari e strutture di servizio (Enel, Telecom, acquedotto, Anas, ecc.); tenere disponibili le aree di emergenza già note sul territorio e utilizzabili per l’afflusso dei soccorsi e/o lo sgombero degli abitanti; impiegare le forze dell’ordine, oltre che per i previsti compiti di istituto, anche per il controllo delle colonne di forze istituzionali (FF.AA. in particolare) istituendo appositi posti di controllo; tenere periodicamente informati il Dipartimento della protezione civile e il Ministero dell’interno. L’ente Comune o la Comunità montana dovrà: predisporre un servizio di osservazione e allarme nei punti a rischio del territorio comunale; ricercare immediatamente il contatto con la prefettura e assicurare un servizio di reperibilità; attivare una sala operativa con i propri funzionari, tecnici, volontari e associazioni comunali; inviare un proprio rappresentante presso l'eventuale COM istituito in zona dalla prefettura; attivare i responsabili nel comune dei servizi essenziali (energia elettrica, gas, acqua, ecc.) e delle strutture a propria disposizione; accertare le esigenze di intervento; disporre l'impiego del personale e dei mezzi a disposizione, richiedendo al COM o al CCS interventi non assolvibili in proprio; valutare la gradualità degli interventi, coordinando gli stessi, (in particolare per quanto riguarda: interdizione del traffico stradale in zone/punti a rischio; evacuazione di aree abitate; interventi di soccorso e/o ripristino di servizi essenziali); organizzare aree di ammassamento e smistamento per eventuali soccorsi esterni. Al verificarsi di gravi eventi di natura idrogeologica
  • 23.
  • 24.
  • 25.
  • 26. Quanto definito dalle predette norme per l’ente Comune dovrebbe essere calibrato con l’elevato numero di fax proclamanti “situazioni di allerta” e “di preallarme” che da un po’ di tempo inondano i comuni (in alcune regioni, quasi settimanalmente) all’approssimarsi di non meglio precisate “avversità atmosferiche”; una situazione questa che rischia di ingenerare una situazione nel "disaster management" viene etichettata come WWS (Wolf Warning Syndrome) o "al lupo, al lupo" e che ci auguriamo possa essere superata con un affinamento delle indagine meteorologiche e idrogeologiche e, quindi, con una più ponderata proclamazione dello “stato di allerta” o dello “stato di allarme”. Oltre a ciò, vi è da considerare un particolare aspetto del rischio idrogeologico: l’inesistenza, quasi dovunque, di una soglia di piovosità superata la quale un “normale” nubifragio si trasforma in un disastro; un aspetto questo che ha delle grandi implicazioni nella gestione dell’emergenza, ad esempio nella diramazione alla popolazione dell’ordine di evacuazione. In altre parole, è opportuno in una situazione di indeterminatezza idrogeologica affidarsi ad un sistema di allarme (ad esempio, sirene o altoparlanti montati su autovetture) per ordinare alle popolazioni residenti in aree a rischio di abbandonare le loro abitazioni? A nostro parere la riposta deve essere negativa in quanto un sistema così strutturato rischia o di generare una lunga serie di falsi allarmi (con tutto quello che ne consegue) o di istituzionalizzare nella popolazione un senso di pericolosa sicurezza in caso di mancato allarme. Meglio, quindi, laddove non è possibile organizzare un valido sistema di allarme, strutturare una campagna di informazione per addestrare le popolazioni, che risiedono in aree ad elevato rischio idrogeologico, a raggiungere (se esse lo ritengono opportuno, in caso di particolari avversità atmosferiche) determinate aree (ad esempio, edifici scolastici) sicure. Compito dell’ente Comune sarà organizzare in queste aree delle strutture di accoglienza per le popolazioni. Alcune considerazioni ?
  • 27.
  • 28. Le trombe d'aria (comunissime sopratutto negli Stati Uniti e in Australia) si formano nel cuore di grosse nuvole temporalesche dove una colonna d'aria molto calda sale velocemente e viene fatta ruotare dalle correnti più fredde che si trovano in alta quota. Ogni tromba d'aria è caratterizzata nella sua parte centrale da una profonda depressione, associata a eventi turbino (superiori in alcuni casi ai 300¸400 Km/h) ed a intense correnti ascensionali e quindi ad un risucchio che può provocare lo sventramento di edifici ed il sollevamento di oggetti anche di notevoli dimensioni come autocarri o automobili. La depressione centrale della tromba d'aria, provocando una violenta espansione dell'aria, determina la condensazione del vapore acqueo: le goccioline d'acqua si mescolano con polveri e detriti, formando la caratteristica proboscide. Essa si muove in maniera irregolare, ad una velocità media di circa 40 Km/h, preceduta da un rumore assordante. La vita di una tromba d'aria, in media di circa 8 minuti, può anche raggiungere i 60 minuti. Un tornado medio ha un diametro di 100¸200 m. La pioggia intensissima e la grandine, che spesso precedono il tornado, tendono ad indebolire il suolo per cui gli alberi vengono facilmente sradicati dal vento e trascinati lungo il percorso del tornado causando molti dei danni maggiori. Che cosa è un tornado
  • 29. Violenti tornado sono frequenti su tutta la Pianura Padana, lungo il Versante Tirrenico e sull'Appennino Centrale; sono scarsi o assenti lungo il medio Versante Adriatico e sulla Sardegna. Su questo fenomeno, che appare e scompare repentinamente, non esistono ancora statistiche attendibili; pare comunque vi sia una certa distribuzione stagionale Distribuzione stagionale nelle varie aree: -Liguria e alta Toscana: da giugno a dicembre con picco a settembre. -Lombardia e Piemonte: da giugno a ottobre con picco ad agosto. -Friuli e Veneto: da giugno a novembre con picco a settembre (in Veneto sono molto probabili anche nel periodo giugno-agosto con un episodio anche ad aprile, in Friuli sono improbabili fino a giugno). -Emilia: spesso primaverili; da aprile a agosto ma con picco ad agosto. -Umbria e Toscana centrale: picco a settembre. -Medio e Basso Tirreno (Lazio, Campania e Calabria): rare in giugno e luglio, picco a ottobre ma probabili fino a dicembre e gennaio. -Abruzzo: registrate solo in agosto. -Puglia: picco a ottobre. -Sicilia: picco a novembre. Dove e quando i tornado in Italia
  • 30. Scala Fujita Grado Danni Velocità vento in miglia/h Velocità vento in Km/h Tipo tornado F-0 leggeri Fino a 72 Fino a 116 debole F-1 moderati 73-112 116-180 debole F-2 considerevoli 113-157 181-253 forte F-3 forti 158-206 254-332 forte F-4 devastanti 207-260 333-418 violento F-5 incredibili Oltre 261 Oltre 418 violento
  • 31.
  • 32. Alluvione: norme di comportamento Prima dell'alluvione... In caso di allarme, le indicazioni ti saranno impartite dalla Protezione Civile attraverso una radio o televisione. Stabilisci un posto dove in caso di emergenza concentrarsi con la famiglia Fornite i vostri bambini di “documenti di identità” fatti da voi riportanti il vostro numero di cellulare Tieniti pronto e prepara uno zainetto di emergenza che ti sarà utile nel caso dovessi abbandonare la tua abitazione.   Lo zainetto conterrà: (tutto avvolto in buste di plastica) Zaino pronto con le etichette dei proprietari e i numeri di cellulari della famiglia (confusione) cordicella per legare tra di loro le borse Cosa portare dipende dai componenti della famiglia: ad esempio latte in polvere e biberon bambini; Medicinali specifici se qualche membro della famiglia è in terapia; oltre a vestiti e cibo (protezione civile); torcia elettrica con batterie di scorta; cellulari con caricabatterie ed, eventualmente, tessere ricaricabili Dispositivo da inserire nell’accendisigari; occhiali di riserva; radio transistor (buone quelle che si vendono sulle bancarelle); borsa contenente oggetti per la pulizia personale; soldi; carta di credito; bancomat; documenti di identità, tessera sanitaria; agenda con numeri di telefono                                                                                
  • 33. Se durante l'alluvione ti trovi in casa... Al piano terra, copri le fessure sotto le porte utilizzando sacchetti di sabbia, stracci, vecchie coperte. Stacca la corrente e chiudi l'interruttore del gas. Metti in salvo eventuali animali (domestici o di allevamento). Metti le cose che ti premono di più (computer, compact disc, ecc.) ai piani superiori o sopra un armadio. Chiudi ermeticamente e riponi in alto le sostanze corrosive o quelle pericolose. Sigillare sotto le porte con stracci Non rifugiarti mai nel sottoscala, in cantina o nel garage Se necessario trasferisciti nei piani alti o sul tetto Alluvione: norme di comportamento Se devi usare l’automobile Accertati che abbia il pieno di benzina Porta nella macchina: candele con chiave per svitare le candele; stracci per asciugare; pinze per batteria; cavo per traino; torcia elettrica; una radiolina. Il rischio è che l'automobile venga trascinata dalla corrente: per questo abbandona subito la vettura appena si configura una situazione di pericolo
  • 34. Se devi abbandonare casa... Affiggi un foglio o scrivi con un pennarello sulla porta di casa il numero di telefono dei cellulari dei componenti della famiglia e, se lo hai, l’indirizzo di posta elettronica   Stare all'aperto durante un alluvione è molto pericoloso. Se non hai alternative: Indossa abiti e calzature pesanti per proteggerti dagli urti e dal freddo. Porta con te un bastone (o il manico di una scopa)o una corda, per aiutarti durante il guado e qualcosa che possa servirti per segnalare una richiesta di aiuto: una torcia elettrica, lenzuola dai colori vivaci, un fischietto, uno specchio...   Se non puoi abbandonare casa e l'alluvione ti circonda... Se la tua casa viene circondata da acque sempre più alte, raggiungi i piani superiori dell'edificio. Dalle finestre o dal tetto attira l'attenzione dei soccorritori agitando un panno colorato o le braccia. Alluvione: norme di comportamento
  • 35.