1. Il periodico di informazione sulla Sanità Integrativa
HEALTH
maggio/giugno 2016 - N°13
èun’infiammazionecronicaepuòcolpiretuttoilcanalealimentare:
LamalattiadiCrohn.neabbiamoparlatoconilsignorFerrazza,
associato di Mba, che da sette anni convive con la malattia
salute
innovazione
sanità
integrativa
in evidenza
La fisioterapia per
combattere acidità e
bruciore di stomaco
Apnee notturne, un
disturbo da non
sottovalutare
Tumori: con il Cancer-ID
si valuta l’efficacia della
terapia
Società di mutuo
soccorso: presentata la
prima indagine italiana
speciale
“la voce di mba”
2. Presentano
Diventa un associato e cambia adesso il tuo futuro,
richiedi la consulenza di un promotore!
www.garanziasalute.it garanziasalute@radioradio.it
Il Fondo Garanzia Salute nasce nell’ottica di offrire un servizio in linea con i principi cardine
cui si ispira una Società di Mutuo Soccorso, la solidarietà e la cooperazione, che riconoscono
nella sanità integrativa l’unica forma di assistenza concreta e sostenibile che opera senza
scopo di lucro.
La volontà di diffondere il più possibile il principio di prevenzione ha spinto Mutua MBA
ad affidarsi a Radio Radio, emittente radiofonica romana che sin dalla sua nascita si è
caratterizzata come talk radio, ed elaborare per gli ascoltatori un’offerta di 9 sussidi:
Pop, Rock, Techno e Dance dedicati agli under 65,
Jazz, Classica, Blues, Country e Folk per gli over 65.
La sanità d’eccellenza per le
famiglie di Radio Radio!
3. Health Online
periodico bimestrale di
informazione sulla Sanità
Integrativa
Anno 3°
maggio/giugno 2016 - N°13
Direttore responsabile
Ing. Roberto Anzanello
Comitato di redazione
Alessandro Brigato
Manuela Fabbretti
Mariachiara Manopulo
Nicoletta Mele
Giulia Riganelli
Fabio Vitale
Redazione e produzione
Fabio Vitale
Direzione e Proprietà
Health Italia
Via di Santa Cornelia, 9
00060 - Formello (RM)
info@healthonline.it
Tutti i diritti sono riservati.
Nessuna parte può essere
riprodotta in alcun modo senza
permesso scritto del direttore
editoriale. Articoli, notizie e
recensioni firmati o siglati
esprimono soltanto l’opinione
dell’autore e comportano di
conseguenza esclusivamente la
sua responsabilità diretta.
iscritto presso il Registro
Stampa del Tribunale di Tivoli
n. 2/2016 - diffusione telematica
n.3/2016 - diffusione cartacea
9 maggio 2016
ImPaginazione e grafica
Giulia Riganelli
Tiratura 100.235 copie
Visita anche il sito
www.healthonline.it
potrai scaricare la versione
digitale di questo numero e
di quelli precedenti!
E se non vuoi perderti
neanche una delle prossime
uscite contattaci via email
a info@healthonline.it
e richiedi l’abbonamento
gratuito alla rivista, sarà
nostra premura inviarti via
web ogni uscita!
Per la tua pubblicità su
Health Online contatta
mkt@healthonline.it
HEALTH
4. Ci è sembrata un’ottima idea dedicare un numero
intero agli articoli apparsi sul blog “La Voce di MBA” al
fine di consentire ai nostri lettori di non perdere neanche
un possibile argomento di interesse od un potenziale
approfondimento, quindi questo numero 13 raccoglie
proprio tali articoli.
Abbiamo pensato fosse interessante agire in questo modo
in un tempo in cui, ancora molto spesso, si dibatte in
ogni dove sui problemi dell’assistenza sanitaria, articoli di
giornale, convegni, proposte più o meno scientifiche ove il
dato univoco che ne esce è la necessità di applicare una
soluzione strutturale che consenta allo stato di contenere
il costo della spesa sanitaria nel rispetto dei limiti fissati per
la spesa pubblica ed ai cittadini di ricevere comunque
l’adeguata assistenza dando corso al diritto alla salute
sancito dalla nostra Costituzione.
Sempre più spesso si può notare che la soluzione, peraltro
già in atto, di fornire assistenza sanitaria mutualizzata
tramite Fondi Sanitari e Società di Mutuo Soccorso assume
una significativa rilevanza nelle valutazioni politiche,
economiche, gestionali ed operative.
Già da più di venti anni i governanti del nostro paese
hanno implementato leggi e decreti atti a consentire, agli
enti che forniscono assistenza sanitaria complementare
tramite il principio mutualistico, di attuare soluzioni efficaci
rivolte alle aziende, ai singoli ed alle famiglie ed in questo
ambito, bisogna sottolinearlo, siamo sicuramente un paese
all’avanguardia.
In questi anni se qualcosa è mancato è stata la capacità
di comunicare chiaramente a tutti i cittadini che la
sanità pubblica, per elementi puramente matematici,
non sarebbe più stata in grado di assistere tutti sempre e
comunque e che la soluzione complementare fornita dai
Fondi Sanitari e dalle Società di Mutuo Soccorso era l’unica
alternativa applicabile.
D’altronde le radici della mutualità risalgono a tempi
antichi ed il principio mutualistico è sempre stata l’unica
forma di tutela del singolo.
L’associazione ISNET, che si occupa di promozione e
sviluppo delle imprese sociali, ha pensato bene di realizzare
una ricerca, i cui risultati sono stati presentati l’ultimo 4
luglio, per fotografare l’importante realtà delle Società di
Mutuo Soccorso ed alcuni dati, qui riportati in sintesi, sono
emblematici:
• nel nostro paese ci sono 509 società di mutuo soccorso
attive;
• il 54,5% di queste già svolge attività di tipo socio-sanitario
insieme ad altre attività sociali e culturali;
• il 9% di queste svolge esclusivamente attività di tipo socio-
sanitario;
• è previsto un incremento medio dei soci di queste ultime
per il 2017 pari al 16,7%.
Questi dati certificano alcuni concetti, che questa rivista
specializzata ha sempre sostenuto, e cioè che:
• la mutualità è un concetto insito in ogni individuo,
soprattutto in un paese come l’Italia;
• nel campo dell’assistenza sanitaria l’interesse verso questi
enti sta notevolmente crescendo;
• l’assistenza sanitaria integrativa e complementare
garantita dalle Società di Mutuo Soccorso è già una realtà.
Quindi bene hanno fatto i governi che si sono succeduti
negli ultimi venti anni a favorire da un punto di vista
legislativo e fiscale questi enti.
Quindi bene hanno operato questi enti facendo crescere
i propri modelli organizzativi e la propria base associativa.
Quindi bene hanno fatto i cittadini che si sono rivolti a
questi enti per garantire il proprio diritto alla salute.
Di fatto siamo in presenza di una ulteriore significativa
testimonianza che il problema della sanità pubblica può
essere risolto solo dando sempre maggiore forza ai Fondi
Sanitari ed alle Società di Mutuo Soccorso favorendo un
percorso di tipo mutualistico garantista dell’equità sociale
a soluzioni di tipo speculativo che non farebbero altro che
avvantaggiare i pochi che gestiscono a scapito dei molti
da assistere.
Rimane però da fare qualche ulteriore passo e
precisamente:
• favorire la conoscenza di questo modello in modo tale
che ogni cittadino ne sia informato;
• favorire la diffusione di queste soluzioni di sanità integrativa
in modo tale che ogni singolo individuo possa accedervi;
• favorire l’efficientamento del sistema mutualistico
dandogli la possibilità di applicare modelli di sviluppo
evoluti.
In conclusione non diamo retta a chi per interessi
corporativi e/o di parte sostiene che anche altri soggetti
imprenditoriali abbiano il diritto di fornire ai cittadini forme
di assistenza sanitaria integrativa, non ascoltiamo chi
cerca di ostacolare la diffusione del modello mutualistico
richiamando regole applicate correttamente ad altri ambiti
aventi origine strutturalmente differente, non facciamo
caso a chi critica solo per favorire fenomeni speculativi.
Andiamo dritti per la strada già disegnata e già in parte
percorsa di una sanità integrativa basata su valori sociali,
proseguiamo convinti verso l’obbiettivo finale di consentire
ad ogni individuo di proteggere la propria salute e quella
dei propri cari tramite sistemi di sanità integrativa e
complementare garantiti da Fondo Sanitari e Società di
Mutuo Soccorso, definiamo tutti insieme una volta per tutte
che per la domanda di assistenza sanitaria integrativa dei
cittadini la risposta è solo la mutualità.
A cura di Roberto Anzanello
editoriale
La risposta è unicamente la mutualità
5. ommari
18
10
12
8
24
22
Il cancro della pelle:
le cure per combattere il melanoma metastatico
Prevenzione: alcol e farmaci,
tutto quello che c’è da sapere
Dislessia, con la stimolazione
cerebrale migliora la capacità di lettura nei bambini
Sudamina: l’irritante
eruzione cutanea frequente
nel periodo estivo
Malattia di crohn: che cos’è,
i sintomi, le cause e le cure
Il ruolo delle società di mutuo soccorso
nel nuovo welfare
in evidenza
15
Una sinergia tra sanità digitale, sanità pubblica e
sanità integrativa: il futuro della salute è questo
28
Apnee notturne,
un disturbo da non sottovalutare
6. ommari34
Mal di testa cronico?
Finalmente c’è il “vaccino”
41
50
32
36
Società di Mutuo Soccorso: presentata la
prima indagine italiana
Le ricette
della salute
Tumori: con il Cancer-id
si valuta l’efficacia della terapia
La fisioterapia per combattere
acidità e bruciore di stomaco
44
47
Shopping e salute: quando l’acquisto diventa un
disturbo ossessivo-compulsivo
Parkinson: l’analisi della saliva rivela la
malattia e la possibile evoluzione
7. Health tips
Sapevi che...
L’OCT è un esame diagnostico per immagini: ci dà
informazioni sullo spessore della retina, sulla
sua conformazione e sul rapporto tra i vari strati che
la compongono.
Le zucchine hanno proprietà
anti-infiammatorie e
diuretiche: aiutano a
combattere i problemi di
ipertensione e di infiammazione
delle vie urinarie.
La proteina C-reattiva
(PCR) è una proteina
prodotta dal fegato
la cui quantità può essere
misurata nel sangue;
appare in concentrazioni
elevate quando
c’è una qualche
infiammazione
nell’organismo,
diversamente non si trova,
se non in tracce.
L’anguria contiene moltissima acqua
e sali minerali: è perfetta dopo l’attività
sportiva per reidratare il corpo e
stabilizzare la pressione.
I sintomi del colpo di calore
sono diversi e possono
manifestarsi con più o meno
intensità: nausea, mal di
testa, aumento della
temperatura corporea,
crampi, sincopi (svenimenti)
fino, nei casi più gravi, a
disturbi della coscienza. È
dovuto soprattutto al combinato
disposto di caldo e umidità.
Il calcio contenuto nei semi di
chia è pari a 177 milligrammi
per ogni porzione da 100 grammi,
ovvero il 18% del fabbisogno
giornaliero. Assicurano inoltre un
elevato apporto di vitamina C,
di potassio e ferro.
La prevenzione prima dell’esposizione
al sole è fondamentale: gli esperti
consigliano di applicare uno
schermo solare SPF 50 almeno
30 minuti prima dell’esposizione
come buona abitudine quotidiana.
Per quanto riguarda gli occhi, è
importante indossare sempre gli
occhiali da sole.
La zucca ha grandi
proprietà emollienti e
lenitive e come la carota è
ricca di betacarotene,
utile per fissare
l’abbronzatura e tenere
la pelle elastica.
La vitamina K interviene
in numerose funzioni,
dalla protezione delle
ossa alla prevenzione
contro la calcificazione
delle arterie, dalla
coagulazione del sangue
alla regolazione della
risposta infiammatoria.
La sua funzione, quindi,
è indispensabile
all’interno
dell’organismo.
8. 8
Sudamina: l’irritante
eruzione cutanea frequente
nel periodo estivo
a cura di
Nicoletta Mele
L’estate è ormai entrata nel vivo, ma il caldo torrido di
questi giorni si sta facendo sentire sempre di più, tant’è
che non è facile trovare delle valide soluzioni per evitare
di sudare in maniera eccessiva e permettere al nostro
organismo di refrigerarsi. è ormai risaputo che le elevate
temperature e l’alto tasso di umidità sono dannose per la
salute. In questi giorni siamo più esposti a fonti di calore,
con la conseguenza di un’eccessiva sudorazione che
potrebbe dare origine ad una fastidiosissima eruzione
cutanea: la sudamina o miliaria.
Che cos’è? Come prevenirla e come curarla una volta
che si presenta?
“La miliaria o sudamina, è una reazione alla sudorazione
eccessiva che crea delle
occlusioni alle ghiandole
sudoripare. Può presentarsi in
maniera lieve e superficiale,
sudamina cristallina, con
la comparsa di vescicole
chiare, mentre quando
è più profonda si crea un
fenomeno infiammatorio
dell’epidermide con la
presenza di papule rosse. è
comunque bene ricordare
che è un fenomeno frequente nel periodo estivo a causa
del caldo-umido al quale siamo maggiormente esposti
ed è transitorio perché si risolve in pochi giorni seguendo
determinate accortezze”.
Questo è quanto ha affermato a Mutua MBA la Dottoressa
Patrizia Teofoli, Dirigente I livello Istituto Dermopatico
dell’Immacolata, IRCCS-Roma, che nel corso dell’intervista
ha anche spiegato quali possono essere i rimedi per
combattere questo fastidiosissimo sfogo dell’epidermide.
Dottoressa Teofoli,
come riconoscere la
sudamina? Può essere
confusa con altra
patologie?
“No, la clinica è
abbastanza facile e
la diagnosi è chiara
perché generalmente la
comparsa di vescicole
avviene sul tronco o sul
viso, in rarissimi casi sugli arti.
Chi sono i soggetti più a rischio?
“Sono i bambini, perché hanno una termoregolazione più
delicata e le persone affette da alcune patologie, come
diabete o tiroide perché tendono a sudare di più. Ci sono
anche dei farmaci, come gli antidepressivi che alterano
la sudorazione e questo potrebbe provocare la comparsa
della sudamina”.
In che modo contrastarla e, nel caso in cui compare,
permettere all’epidermide di rigenerarsi?
“Ovviamente dipende dallo stadio dell’eruzione cutanea,
ma in linea generale è
sufficientefaredegliimpacchi
con acqua fresca e amido o
bicarbonato che consentono
alla temperatura corporea
di abbassarsi. La sudamina,
quella cristallina, come
già detto è una patologia
cutanea transitoria, infatti
tende già a regredire quando
si frequentano luoghi freschi”.
é possibile la prevenzione? In che modo?
“è importante frequentare il più possibile ambienti freschi
e indossare indumenti di fibre naturali e non sintetiche che
lasciano traspirare la pelle. Per quanto concerne i bambini,
è utile sempre ricordare di non coprirli troppo, soprattutto
i neonati, che fanno più fatica a rigenerarsi perché hanno
una superficie di evaporazione molto ridotta”.
é necessario seguire un’alimentazione adeguata?
“In linea di massima no, ma è meglio evitare alcuni cibi
speziati, che possono alterare la sudorazione. Limitare
le bibite gassate e idratarsi con acqua, mangiare più
frequentemente frutta e verdura”.
Mutua MBA, Società di Mutuo Soccorso sempre attenta
ad informare “in tempo reale” tutti coloro che seguono
l’attività divulgativa della Mutua, invita tutti gli associati
a seguire con molta attenzione i consigli della dottoressa
Teofoli proprio per evitare quei fastidiosissimi problemi
“stagionali” della pelle e ricorda sempre che… “La salute è
il primo dovere della vita”. Oscar Wilde.
9.
10. 10
Dislessia, con la stimolazione
cerebrale migliora la capacità
di lettura nei bambini
a cura di
Mariachiara Manopulo
Uno studio dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, in
collaborazione con la Fondazione Santa Lucia dimostra
che dopo 6 settimane di trattamento non invasivo, velocità
e accuratezza di lettura aumentano del 60%
Ci sono novità per il trattamento della dislessia. I
ricercatori di Neuropsichiatria
Infantile dell’Ospedale Pediatrico
Bambino Gesù, in collaborazione
con il Laboratorio di Stimolazione
Cerebrale della Fondazione Santa
Lucia hanno infatti sperimentato
una nuova tecnica, dimostrando
che con la stimolazione cerebrale
non invasiva è possibile migliorare
le capacità di lettura dei bambini
dislessici in tempi molto ridotti. I
risultati dello studio, finanziato dal
ministero della Salute, sono stati pubblicati sulla rivista
scientifica Restorative, Neurology and Neuroscience.
La dislessia è un disturbo specifico della lettura, che si
manifesta con una difficoltà nella decodifica del testo. è
legata alla difficoltà di individuare le lettere, le sillabe e le
parole. Nel nostro Paese colpisce circa il 3% dei bambini
in età scolare, e ha ripercussioni sull’apprendimento, sulla
sfera sociale e psicologica. Un bambino dislessico può
leggere e scrivere, ma deve impiegare tutte le proprie
energie. Si stanca presto, si distrae, commette errori e si
sente costantemente in difficoltà. La diagnosi può essere
fatta solo dopo la fine della seconda elementare, ma
alcuni indicatori precoci possono
essere individuati già dai 4 o 5 anni
del bambino, se mostra un’inattesa
difficoltà nell’apprendimento della
lettura e della scrittura.
Per la sperimentazione, coordinata
dalla dott.ssa Deny Menghini,
è stata utilizzata la tecnica di
Stimolazione Transcranica a
Corrente Diretta (tDCS), una
tecnica non invasiva che prevede
il passaggio di corrente a basso voltaggio, impiegata da
tempo per la terapia dell’epilessia focale e di altri disturbi. Il
trattamento, completamente indolore, avviene attraverso
un dispositivo portatile, che eroga una corrente continua
ad intensità molto bassa, 1 milliampere. Nell’esperimento,
durato sei settimane, sono stati coinvolti 19 ragazzi dislessici,
tra i 10 e i 17 anni di età, che hanno seguito un’attività di
11. Direzione
operativa ed
organizzazione
Back Office
Consulenza mirata
per costituzione
o restyling
societario
Assistenza soci
dedicata ad hoc
con numero verde e
personale dedicato
Health Service
Provider con 1560
strutture sanitarie
sul territorio
Marketing
e strategie di
comunicazione
ai soci
Organizzazione
di convegni
nazionali
di settore
Formazione
personale interno
ed incaricati
al contatto
con i soci
Social Media
Strategist per una
comunicazione
al passo con i tempi
Consulenza
per compliance
e policy interna
Consulenza
giuridica
e fiscale
Operation
per la gestione dei
regolamenti
applicativi
Assistenza,
realizzazione
piattaforme,
siti web ed
aree intranet
Dati, studi
e ricerche
sul mondo
della Sanità
Integrativa
Ansi, Associazione Nazionale Sanità Integrativa,
nasce dalla volontà di alcuni primari fondi sanitari
di creare non solo un’associazione di categoria
“indipendente”,maancheuninterlocutorequalificato
che si renda portavoce attivo tra Istituzioni, Sistema
Sanitario Nazionale e Fondi Sanitari Integrativi.
ANSI vuole diventare il soggetto capace di
tutelare, aggregare e sostenere le diverse forme
mutualistiche operanti in Italia, che garantiscono
la salute di circa ¼ della popolazione italiana.
“Auspichiamoilbenessereelasalutepertuttii
cittadini,comedirittofondamentaledell’uomo
epatrimoniosocialedellacollettività”
www.sanitaintegrativa.org
segreteria@sanitaintegrativa.com
tipo logopedico per favorire la correttezza e la velocità di
lettura. Alcuni partecipanti hanno poi effettuato alcune
sedute di stimolazione elettrica cerebrale – in tutto 18, tre
volte alla settimana per 20 minuti alla volta – mentre altri
sono stati sottoposti ad un trattamento “placebo”, cioè
con il dispositivo spento. Né i bambini né i ricercatori erano
a conoscenza di chi fosse stato sottoposto al trattamento
attivo o placebo.
Nei bambini sottoposti alla procedura attiva c’è stato un
miglioramento del 60% nella velocità e nell’accuratezza
di lettura, con un passaggio da 0,5 a 0,8 sillabe lette al
secondo. Può sembrare poco, ma non lo è: 0,3 sillabe
di miglioramento al secondo è quanto di solito un
bambino dislessico ottiene spontaneamente in un anno
intero. Il miglioramento è rimasto stabile anche dopo
un mese dall’ultima seduta e nei prossimi mesi ne sarà
verificata l’efficacia a lungo termine. I bambini sottoposti
al trattamento “finto” non hanno invece mostrato un
miglioramento significativo (incremento di circa 0,04 sillabe
al secondo).
Come ha sottolineato Stefano Vicari, responsabile di
Neuropsichiatria Infantile del Bambino Gesù, “si tratta
di uno studio preliminare i cui dati attendono di essere
supportati da indagini su casistiche ancora più ampie,
ma i risultati ottenuti in questa prima fase sono di grande
importanza dal punto di vista clinico”. “Questa ricerca
può aprire la strada a nuove prospettive di riabilitazione
della dislessia, con una sostanziale riduzione dei tempi, dei
costi della terapia e del disagio per le famiglie nel dover
sostenere lunghi percorsi di cura e di ridotta efficacia
documentata. La tDCS non vuole sostituirsi, ma integrare la
terapia logopedica tradizionale, tanto che i nostri risultati
dimostrano la sua particolare efficacia in combinazione
con la terapia tradizionale”.
Per Giacomo Stella, fondatore dell’Associazione Italiana
Dislessia (AID) e professore ordinario di Psicologia Clinica
all’Università di Modena e Reggio Emilia, “i risultati
confermano quanto evidenziato anche dalle nostre
ricerche. Alcuni dislessici presentano in alcune aree della
corteccia una bassa connettività neuronale, anche
a riposo, come se fosse un motore mal carburato che
gira male al minimo e che non risponde quindi con la
dovuta prontezza alle sollecitazioni quando c’è bisogno
di accelerare (in questo caso alla richiesta di attività
posta dalla lettura). La tDCS interviene proprio su questo
meccanismo inefficiente e quindi può essere molto utile al
recupero. Naturalmente è importante ricordare che, come
ogni terapia, non va applicata a tutti e che vanno ancora
studiati bene gli effetti a distanza”.
Questo è un esempio di come la ricerca scientifica sta
facendo importanti passi avanti per contrastare e prevenire
questi disturbi.
12. 12
Prevenzione: alcol e farmaci,
tutto quello che c’è da sapere
a cura di
Nicoletta Mele
Associare alcol e farmaci può essere molto pericoloso,
perché modifica l’efficacia dei farmaci stessi con effetti
talvolta imprevedibili. Prevenire è meglio che curare e
spetta a noi, attraverso il buon senso, attuare le giuste
misure preventive per evitare di mettere a serio rischio il
benessere del nostro organismo.
“Alcol e farmaci, un cocktail pericoloso” è stato lo
slogan dell’ultima campagna di prevenzione alcologica
dell’Azienda Usl di Modena, che quest’anno ha avuto
l’obiettivo di informare la popolazione sui gravi rischi per
la salute connessi all’utilizzo di sostanze alcoliche associate
ai farmaci.
Diverse sono state le iniziative messe in campo per tutto il
mese di aprile, tradizionalmente legato alla prevenzione
alcologica, questa volta incentrato sul tema “Alcol e
farmaci”.
Dopo il fumo e l’ipertensione,
in Europa, l’alcol può essere
considerato il terzo fattore
di rischio di malattie e morte
prematura.
Stando ai dati, il consumo dei
medicinali in Italia negli ultimi
anni ha subito un costante
aumento. Nel 2014 sono state
dispensate oltre un miliardo di
confezioni di medicinali, corrispondenti a 18.7 confezioni
per ogni abitante e sono state consumate, in media, 1039
dosi di farmaco al giorno per ogni mille abitanti, contro
le 763 registrate nel 2004. Un incremento del 36%. Il 75%
di questi farmaci è stato erogato dal Servizio Sanitario
Nazionale. In generale, le donne consumano più farmaci
degli uomini, in particolare nella fascia di età 15-64 anni
con una differenza tra i due sessi del 9%. I medicinali
più utilizzati sono quelli per il sistema cardiovascolare
seguiti dai farmaci del sangue e da quelli dell’apparato
gastrointestinale (i dati sono dell’Osservatorio Nazionale
sull’impiego dei medicinali).
Per quanto concerne invece il consumo di alcol, a livello
nazionale,nel2014il63%dellapopolazioneitalianaconpiùdi11
anni ha consumato almeno una bevanda alcolica nell’ultimo
anno e i consumatori giornalieri di bevande alcoliche sono
invece il 22%. Secondo i dati Istat del 2015, i comportamenti
“a rischio” riguardano attualmente circa 8 milioni e 265 mila
persone, pari al 15,2% della popolazione nazionale.
“Quando assumi farmaci di qualsiasi tipo, consumare alcol
anche in piccole quantità è sempre un rischio per la tua
salute” questo è stato uno dei messaggi della campagna
2016 di prevenzione alcologica dell’Azienda Usl di Modena.
L’iniziativa, è stata sostenuta dalla Conferenza territoriale
socialeesanitaria(Ctss)erealizzatainsiemeanumerosipartner.
Mutua Mba, società di mutuo soccorso, da sempre
impegnata nel panorama della Sanità Integrativa, per
saperne di più ha intervistato il dott. Claudio Annovi,
Responsabile Unità Operativa Dipendenze Patologiche
Area Sud Ausl Modena, nonché responsabile del progetto.
Dott. Annovi, in Europa l’alcol può essere considerato il terzo
fattore di rischio di malattie e morte prematura, insieme ai
farmaci può provocare dei seri danni per la nostra salute.
Quali sono i maggiori rischi?
“Nella nostra società l’alcol fa parte della cultura e della
vita quotidiana: il consumo di bevande alcoliche è molto
diffuso. Chi assume alcol,
anche in piccole quantità, nel
corso di una qualsiasi terapia
farmacologica, è esposto a
seri rischi per la salute perché
può modificare le proprietà dei
medicinali e di conseguenza
le performance del paziente,
con un aumento di incidenti sul
lavoro, in casa e in strada. Se
una persona è portatrice di una
malattia cronica, il consumo di alcol può produrre delle
possibili riduzioni dell’effetto del farmaco.
I farmaci, inoltre, possono rallentare l’eliminazione dell’alcol
dal corpo, aumentando di conseguenza gli effetti
collaterali come vampate di calore, cefalea, nausea,
palpitazioni e ipotensione. è importante adottare delle
misure di prevenzione per evitare i rischi aggiunti legati al
consumo associato di alcol con farmaci”.
Il consumo di alcol è maggiormente diffuso tra i giovani,
l’identikit, stando agli ultimi dati nazionali, è maschio di età
compresa tra i 18 e i 24 anni, conferma?
“Per quanto riguarda questa
categoria il rischio è elevato
perché i giovani seguono
il fenomeno del “binge
drinking” ovvero bere tanto in
poco tempo (almeno 5 unità
alcoliche o bicchieri di bevande
alcoliche in massimo due ore),
con conseguenze importanti
per la salute e la sicurezza”.
13. 13
Lei è il responsabile del progetto “Alcol e farmaci, un
cocktail pericoloso”, che si è concluso da poco. Da cosa
nasce l’idea di mettere in campo una campagna di
informazione e sensibilizzazione?
“Nasce dalla necessità di informare l’opinione pubblica, di
qualunque età, a prestare attenzione al consumo di alcol.
Il mese di aprile è dedicato alla prevenzione alcologica e
ogni anno, dal 2002, attuiamo interventi grazie alle nostre
campagne informative. Dopo aver affrontato tanti temi,
quest’anno abbiamo voluto evidenziare quello inerente ai
rischi che si possono verificare assumendo insieme alcol e
farmaci. è un tema che meritava di essere approfondito
perché riguarda una moltitudine di persone. Obiettivo della
campagna 2016 è stato modificare i comportamenti legati
al consumo di alcol associato all’assunzione dei farmaci”.
Come sono stati i risultati raggiunti?
“Eccellenti, oltre le aspettative con delle risposte da parte
degli utenti più che positive. Un traguardo che abbiamo
raggiunto grazie anche al coinvolgimento dei farmacisti e
degli operatori sanitari che hanno offerto servizi ai cittadini.
Siamo riusciti anche a interessare pazienti affetti da
patologie croniche, come i diabetici che, usufruendo delle
iniziative, sono stati informati del rapporto tra i loro farmaci
e il consumo di alcol”.
Quali sono i suoi consigli?
“Le raccomandazioni sono quelle di prestare attenzione
perché l’alcol è considerato una bevanda che presenta
fattori di rischio: più il consumo viene incrementato
tanto più il rischio aumenta. Le conseguenze per la
salute aumentano ancor di più se è associato ad altre
sostanze che agiscono sul sistema nervoso centrale. Chi
segue terapie farmacologiche per breve o lungo tempo
deve limitare il consumo di alcol che va assunto lontano
dall’assunzione dei farmaci”.
Come ha spiegato il dott. Annovi, associare alcol e
farmaci può essere altamente pericoloso perché modifica
l’efficaciadeifarmacistessiconeffettitalvoltaimprevedibili.
Prevenire è meglio che curare e spetta a noi attraverso il
buon senso attuare le giuste misure preventive per evitare
di mettere a serio rischio il benessere del nostro organismo.
13
14. L’allestimento museale è stato
progettato per offrire al visitatore un
quadro completo ed esaustivo sulla
storia delle società di mutuo soccorso.
Il percorso si apre con dei pannelli
informativi che raccontano, in una
sequenza cronologica, il fenomeno del
mutualismo e continua con delle grandi
teche espositive in cui è racchiusa
una notevole varietà di materiale
documentario, nonché un ragguardevole
insieme di medaglie, spille, distintivi ed
alcuni cimeli di notevole rarità, riconducibilli
ad oltre duecentro tra enti e società
di mutuo soccorso, con sedi in Italia e
all’estero.
All’interno del museo è presente
uno spazio multifunzionale nel
quale coesistono un archivio
storico, una biblioteca e un centro
studi. Inoltre, è stato riservato uno
spazio per ospitare ogni forma
d’arte: mostre, concerti di musica e
rappresentazioni teatrali.
Previa prenotazione, ogni
artista potrà esporre o esibirsi
gratuitamente all’interno dello
spazio dedicato.
Il Museo del Mutuo Soccorso, nato dalla volontà di valorizzare la storia delle società di mutuo
soccorso, si prefigge di salvaguardare e rendere fruibile al pubblico i beni attualmente in
dotazione e di promuovere la conoscenza e la ricerca sul tema della mutualità. Visitando
il museo si ha la possibilità di conoscere da vicino le società di mutuo soccorso, le loro tradizioni
e l’importanza sociale che hanno ricoperto nelle varie vicende storiche del nostro Paese.
La struttura accoglie i visitatori anche con visite guidate e per le scuole sono pensati percorsi e laboratori didattici tematici.
Sono, inoltre, previste aperture straordinarie nelle quali sarà possibile visitare le mostre in corso, assistere agli spettacoli e partecipare ad eventi e attività didattiche
Apertura:
Dal lunedì al venerdì previa prenotazione
11.00 - 13.00 | 15.00 - 18.00
Ultimo ingresso 17.30 (ingresso libero)
Info e prenotazioni:
+39 337 1590905
info@fondazionebasis.org
www.museomutuosoccorso.it
Indirizzo:
Palasalute
via di Santa Cornelia, 9
00060 - Formello (RM)
15. 15
Meno giorni in ospedale, cura dei pazienti da remoto,
monitoraggio continuo, analisi delle cartelle cliniche dei
pazienti: benvenuta sanità digitale. Ma serve anche il
contributo della sanità integrativa.
Telemedicina: è una parola che fa pensare al futuro, a
servizi veloci, efficienti, ad una connessione in tempo
reale tra medico e paziente. In effetti è proprio così. Per
definizione, la Telemedicina è una modalità di erogazione
di servizi di assistenza sanitaria, attraverso tecnologie
innovative, in particolare Information and Communication
Technologies (ICT), in situazioni in cui il professionista della
salute e il paziente (o due professionisti) non si trovano
nella stessa località. Consente sia di trovare nuove risposte
ai problemi tradizionali della medicina, sia di creare nuove
opportunità per il miglioramento del servizio sanitario, grazie
ad una maggiore collaborazione tra i vari professionisti
sanitari coinvolti e i pazienti. È nata proprio per rispondere
a cura di
Andrea Mazzola Una sinergia tra sanità digitale,
sanità pubblica e sanità integrativa:
il futuro della salute è questo
ai crescenti bisogni di salute della popolazione che, con
l’aumento dell’aspettativa di vita e di conseguenza con
una quota sempre maggiore di anziani e di affetti da
patologie croniche, necessita di una rete di servizi e di
assistenza sempre più efficiente e capillare.
L’innovazione tecnologica può e deve contribuire a
una riorganizzazione della assistenza sanitaria, anche
spostandone il fulcro dalle strutture al territorio, proponendo
modelli innovativi incentrati sul cittadino e facilitando
l’accesso alle prestazioni.
Ecco perché l’erogazione di prestazioni sanitarie e
socio sanitarie tramite telemedicina sono fondamentali:
contribuiscono ad assicurare equità nell’accesso
all’assistenza, anche nei territori più isolati e difficili da
raggiungere, offrono un supporto per gestire le emergenze
e garantiscono la continuità delle cure. Non trascuriamo
poi il lato economico: la razionalizzazione dei processi
15
16. 16
socio-sanitari può portare ad un contenimento della
spesa sanitaria. La Telemedicina può infatti anche essere
di supporto alla dimissione protetta ospedaliera, alla
riduzione delle ospedalizzazioni dei malati cronici, al minor
ricorso ai ricoveri in casa di cura e di riposo degli anziani,
alla riduzione della mobilità dei pazienti alla ricerca di cure
migliori.
Il panorama dell’e-health è molto vario. Ma in concreto
parliamo soprattutto di m-health (mobile health) e
tecno-assistenza, cioè di tecnologie che consentono
il monitoraggio e il controllo a distanza dei pazienti,
permettendo anche agli anziani e ai malati cronici di
rimanere a vivere nelle loro case, anche da soli: programmi
che ricordano quali sono le compresse da prendere, sensori
che misurano la glicemia, software che fanno check up
continui e danno l’allarme se c’è qualcosa che non va.
In molti paesi Europei la Telemedicina
è molto diffusa, spesso sostenuta da
interventi normativi, da documenti
strategici, da progetti a livello
nazionale. Il nostro Paese ha assunto
diverse iniziative, che però spesso
sono rimasti progetti, sperimentazioni,
limitate a pochi casi e terminate
troppo in fretta. Nel 2012, il ministero
della Salute ha pubblicato le Linee
Guida sulla Telemedicina: un passo
avanti, ma ancora c’è molto da
fare per incentivare l’utilizzo delle
nuove tecnologie nel mondo sanitario italiano. Sono
ancora pochi gli italiani che si affidano al teleconsulto
che, secondo i più tenaci sostenitori della Telemedicina,
permetterebbe ai pazienti di risparmiare tempo, limitando
il numero delle visite a quelle davvero necessarie.
Secondo i dati dell’Osservatorio Innovazione Digitale in
Sanità del Politecnico di Milano, diffusi recentemente, solo
il 14% delle strutture sanitarie italiane offre questi servizi. In
alcune realtà la telemedicina è ormai consolidata, come
all’ospedale Maria Vittoria di Torino, dove sono seguiti e
monitorati a distanza 350 persone; a 52 di loro l’anno scorso
è stato impiantato un dispositivo sotto la pelle del torace,
che monitora il ritmo cardiaco per riconoscere la presenza
di fibrillazione atriale, spesso causa di ictus cerebrale
ischemico.
Soprattutto, i cittadini utilizzano le nuove tecnologie per
cercare informazioni sui medici e sulle strutture sanitarie,
prenotare prestazioni, consultare i proprio documenti clinici.
E che dire di tutte le app disponibili per i nostri smartphone,
dedicate alla salute e al benessere? Ce ne sono circa
165.000, ma il loro numero aumenta di giorno in giorno. È
vero che spesso non sono applicazioni professionali, ma
questi grandi numeri fanno capire l’enorme potenziale che
c’è dietro alla “salute digitale”.
E poi ancora, cartelle digitali cliniche, su cui ad esempio gli
Stati Uniti stanno puntando moltissimo: il presidente Obama
ha fatto grandi investimenti sulla digitalizzazione dei dati di
milioni di pazienti americani. Le potenzialità sono enormi:
l’analisi di tutti i dati può aiutare la ricerca, contribuendo
a identificare nuove patologie e di conseguenza a trovare
nuove cure.
Come Mutua MBA, siamo attenti da sempre a tutto ciò
che è innovazione. La nostra mission è portare la salute
nelle case dei nostri associati, e rispondere ai loro crescenti
bisogni di cure e di assistenza, garantendo un veloce e
corretto accesso alla diagnosi e alle informazioni. Le nuove
tecnologie possono giocare un ruolo
fondamentale per aiutare il cittadino
ad esercitare il diritto alla salute.
Ripensare in digitale tutto il sistema
socio-sanitario vuol dire puntare su
servizi più efficienti, su nuovi modelli
di assistenza vicini al malato, e su
risparmi di lungo periodo; allo stesso
tempo, significa investire in un settore
in grande crescita, importantissimo
per lo sviluppo economico del nostro
Paese. La rivoluzione è alle porte,
e anche l’Italia piano piano si sta
adeguando, ma deve fare di più.
Il Servizio Sanitario Nazionale, però, in questi anni ha
dimostrato tutte le sue pecche, lacune, inefficienze. Sono
sempre di più i cittadini che pagano di tasca propria le
prestazioni che lo Stato non riesce più a garantire. E come se
non bastasse, l’amministrazione pubblica si sta dimostrando
anche in questo campo restia ai cambiamenti. Per questo
la sanità integrativa, il cosiddetto secondo pilastro,
rappresenta una opportunità e una risorsa straordinaria:
può affiancare e integrare il Servizio Sanitario Nazionale,
garantendo omogeneità delle cure e attenuando così
le disuguaglianze nell’assistenza che esistono nel nostro
Paese tra le varie regioni, o più semplicemente tra Nord e
Sud. E soprattutto, può aiutare la Telemedicina a rompere
quelle barriere, quei vincoli ancora imposti da una visione
“tradizionale” del sistema sanitario.
Sanità pubblica e sanità integrativa potrebbero e
dovrebbero quindi lavorare insieme per diffondere sempre
di più il concetto di sanità digitale, per creare modelli di
assistenza e cura innovativi, meno costosi e più efficienti.
18. 18
a cura di
Nicoletta MeleIl cancro della pelle: le cure
per combattere il melanoma
metastatico
Il cancro è una brutta malattia che colpisce, purtroppo,
tante, troppe persone. Solo pronunciare la parola
“tumore” fa salire i brividi. Le neoplasie sono ancora
la seconda causa di morte, il 30% dei decessi, dopo le
malattie cardiovascolari. Oggi però grazie alla ricerca,
all’informazione e ad una maggiore partecipazione alle
campagne di screening, che permettono di individuare
la malattia in tempo, la situazione sta migliorando per
sconfiggere questo male subdolo.
Secondo la recente pubblicazione dell’Associazione
Italiana registro dei tumori (AIRTUM), ogni anno in Italia si
scoprono 366.000 casi di nuovi tumori, esclusi quelli della
pelle, circa 196.000 (54%) fra gli uomini e circa 169.000
(46%) fra le donne.
Se si analizza l’incidenza di questo male, facendo una
differenziazione per sesso, si evince che i cinque tumori
più frequentemente diagnosticati fra gli uomini sono il
tumore della prostata (20%), il tumore del polmone (15%), il
tumore del colon-retto (14%), il tumore della vescica (10%)
e quello dello stomaco (5%); tra le donne, il tumore della
mammella (29%), il tumore del colon-retto (14%), il tumore
del polmone (6%), il tumore del corpo dell’utero (5%) e
quello della tiroide (5%).
Dal punto di vista territoriale e a paragone con il resto del
mondo, il nostro Paese ha una frequenza di neoplasie sia
per gli uomini sia per le donne simile o anche più elevata
rispetto ai Paesi Nord-europei e agli Stati Uniti.
Negli ultimi anni le percentuali di guarigione sono migliorate
e fanno ben sperare, il 63% delle donne e il 55% degli uomini
è vivo a cinque anni dalla diagnosi, grazie appunto alle
nuove frontiere scientifiche e alla maggiore efficacia delle
terapie.
19. 19
Discorso a parte per i tumori della pelle: i melanomi.
Il melanoma metastatico ogni anno colpisce quasi 200
mila persone in tutto il mondo e più di 7 mila italiani, con un
incremento dell’incidenza del 30% negli ultimi 10 anni e con
una media di sopravvivenza per la malattia metastatica di
6-9 mesi.
Dall’indagine “Gli italiani, l’ossessione abbronzatura e il
melanoma” emerge che più del 20% della popolazione
non conosce il melanoma o lo confonde con altre malattie
della pelle e il 64% non ha mai fatto il controllo dei nei.
Le abitudini sbagliate sono tra le cause che possono far
insorgere il tumore: 1 italiano su 3 si spaventa quando vede
l’insorgere di un nuovo neo, ma non rinuncia all’esposizione
solare prolungata e in orari sbagliati;
3 persone su 4 sottovalutano la pericolosità delle lampade
abbronzanti che, secondo gli esperti, fanno gli stessi danni
del fumo delle sigarette per il tumore al polmone.
Negli ultimi anni la terapia del melanoma metastatico ha
fatto passi avanti con la diminuzione
del rischio del decesso sceso al 63%.
Con la ricerca è stato scoperto un
nuovo farmaco, ad opera di un
gruppo internazionale, all’interno
del quale un team di ricercatori,
guidato dal professor Alberto
Bardelli, Direttore del Laboratorio
di Genetica Molecolare dell’Istituto
di Candiolo e Federico Bussolino,
DirettorescientificodellaFondazione
piemontese per la ricerca sul cancro
onlus, ha assunto un ruolo di primaria
importanza. Originariamente con
la sigla PLX472O per identificare
il principio attivo e da un paio di
anni disponibile in commercio in
Italia con il nome Vemurafenib e con il nome Zelboraf,
questo farmaco combatte il tumore della pelle, non
solo bloccando la crescita della cellula tumorale, ma
aggredendo anche il micro-ambiente che la circonda.
Noi di Mba, abbiamo contattato il professor Alberto Bardelli
che ci ha spiegato come nasce e le caratteristiche del
farmaco.
Come nasce la scoperta del farmaco PLX472O? Oggetto
dello studio è stata la mutazione dell’oncogene BRAF?
“Sì, la scoperta nasce da un gran lavoro di squadra iniziato
diversi anni fa. Il farmaco, non solo blocca la crescita della
cellula tumorale, ma agisce anche sul sistema vascolare
del tumore. È in grado di agire in modo specifico sulla
mutazione del gene BRAF e inibisce la proteina mutata, che
è responsabile della proliferazione cellulare nel 50% dei casi
di melanoma metastatico. È indicato per i pazienti dove i
geni delle cellule del tumore mostrano una mutazione del
BRAF, la proteina che partecipa alla stimolazione della
divisione cellulare.”
Professor Bardelli, il farmaco è rivolto a determinati tipi di
cancro?
“Principalmente per i melanomi, ma la mutazione del gene
BRAF è importante anche per i tumori del colon, della
tiroide e dell’ovaio”.
Quasi il 70% dei tumori potrebbe, infatti, essere prevenuto
o diagnosticato in tempo, se tutti adottassero stili di vita
corretti e aderissero ai protocolli di screening e di diagnosi
precoce. Per il Prof. Bardelli alcune forme tumorali, come
quello all’intestino e alla mammella, potrebbero essere
prevenuti con una buona prevenzione di screening.
La sigla PLX472O, è un’altra conquista del mondo della
ricerca per la lotta contro il cancro.
Professor Bardelli, qual è il suo messaggio?
“Che la scienza di oggi sia la
medicina di domani, in questo la
ricerca è fondamentale. Bisogna
sempre essere ottimisti e l’ho
imparato negli anni che mi hanno
visto impegnato sia nel nostro
Paese che all’estero.”
Mba, dopo aver ascoltato la voce
della ricerca, grazie all’AIRC è
riuscita a intervistare il Prof. Michele
Maio, Direttore del reparto di
Immunoterapia Oncologica del
Policlinico Santa Maria alla Scotte
di Siena, considerato tra i migliori
al mondo nello studio dei tumori, il
quale ha spiegato quali sono stati
gli effetti del farmaco Zelboraf/Vemurafenib a distanza di
due anni dalla presentazione e commercializzazione del
prodotto.
Secondo quanto riportato da ARTOI, Associazione Ricerca
Terapie Oncologiche Integrate, è stato constatato che il
rischio di decesso è diminuito del 63% per le persone a
cui è stato somministrato Zelboraf -vemurafenib. Inoltre,
Zelboraf ha ridotto in modo significativo, fino al 9%, il
rischio di peggioramento della malattia. I risultati sono
estremamente incoraggianti, in quanto hanno dimostrato
un miglioramento significativo sia della sopravvivenza
complessiva sia della sopravvivenza libera da progressione
rispetto ai pazienti che hanno ricevuto la terapia con
dacarbazina.
Professor Maio, che ne pensa di questi dati? Può raccontare
la sua esperienza da quanto cura pazienti con questo
farmaco?
“Siamo soddisfatti dei risultati ottenuti negli ultimi anni, ma
vogliamo di più. Zelboraf, per il trattamento del melanoma
20. 20
avanzato positivo alla mutazione di BRAF, che è presente
in poco meno del 50% dei malati, ha la caratteristica
di bloccare, già in poche settimane, il diffondersi ed il
progredire della malattia in una percentuale molto alta di
ammalati.
Per il trattamento della malattia avanzata, Zelboraf
-Vemurafenib si sostituisce completamente alla
chemioterapia tradizionale perché, rispetto ad essa, ha
dimostrato di incrementare significativamente non solo
la percentuale di pazienti in cui la malattia si arresta o
regredisce, ma anche la sopravvivenza complessiva dei
pazienti affetti da melanoma. Abbiamo quindi speranza,
come già dimostrato per l’immunoterapia che rende
sopravviventi oltre i 5 anni almeno il 20% dei pazienti trattati
con questa strategia innovativa, che si possa rendere
lungo-sopravviventi anche i soggetti affetti da melanoma
trattati con Zelboraf-Vemurafenib. Circa il 40% dei pazienti
affetti da melanoma metastatico che vediamo presso il
nostro Centro di Siena viene trattato con questo farmaco.”
Zelboraf -Vemurafenib, è in grado di agire rapidamente
anche in presenza di un volume tumorale importante?
“Sì, proprio per la sua capacità di agire molto velocemente
nel controllare la malattia, anche in poche settimane in
alcuni casi, rappresenta il trattamento ideale da utilizzare
quando il melanoma avanza molto rapidamente ed il
paziente è sintomatico”.
La somministrazione ha una tempistica? E quali sono gli
effetti collaterali?
“Al contrario della chemioterapia, può essere utilizzato
per periodi lunghi e senza interruzione. Dal punto di vista
sia psicologico che pratico, ha il vantaggio di essere
un farmaco in compresse che non necessita, quindi, di
frequenti terapie endovenose come accade per molti
farmaci chemioterapici convenzionali. Il farmaco è in
genere abbastanza ben tollerato, ci sono alcuni effetti
collaterali, quali ad esempio la fotosensibilizzazione, per cui
i pazienti devono evitare esposizioni anche brevi alla luce
solare diretta, eruzioni cutanee e, molto più raramente,
l’insorgenza di nuovi melanomi primitivi o di altri tumori
cutanei. Proprio per questo, è buona norma che i pazienti
che assumono il farmaco siano seguiti in modo sistematico
anche da un dermatologo”.
Qual è la reazione del paziente?
“Grazie all’informazione, in molti casi i pazienti arrivano
al nostro Centro consapevoli di essere in una struttura
all’avanguardia in cui sono disponibili sperimentazioni
cliniche con nuovi farmaci, potenzialmente più efficaci di
quelli già in commercio, non solo nel melanoma ma anche
in molti altri tipi di tumori solidi”.
Grazie alla ricerca e alla prevenzione, con maggiori
campagne di screening si sta riuscendo a sconfiggere
questo brutto male?
“La prevenzione è importante e deve essere fatta anche
attraverso un corretto stile di vita, ma l’altro aspetto
fondamentale è avere a disposizione farmaci che ci
consentano un trattamento sempre più efficace quando
la malattia non è più aggredibile con la sola chirurgia.
Questo può avvenire esclusivamente attraverso la
ricerca, che ci fornisce sempre una maggiore frequenza
tali strumenti. Siamo peraltro orgogliosi che l’Italia abbia
partecipato molto attivamente alle sperimentazioni
cliniche internazionali su questo farmaco, ma anche
su molti altri che abbiamo oggi disponibili per i nostri
pazienti oncologici. Nel nostro Centro di Siena abbiamo
ogni anno circa 300 nuovi pazienti con diagnosi da
melanoma e ci sono in atto sperimentazioni, tutte italiane,
che ci permetteranno di raggiungere nuovi traguardi,
con particolare riguardo all’aumento dei pazienti che
diventano lungo-sopravviventi e con una qualità di vita
molto buona”.
Vemurafenib sta dando grandi risultati grazie appunto ad
un’altra conquista del mondo della ricerca per la lotta
contro il cancro, che ha visto l’Italia parte attiva della
scoperta. Lo scorso anno in nostro Paese ha anche aderito
al Piano di Azione Globale contro le malattie croniche
dell’OMS che ha, tra gli altri obiettivi, quello di ridurre del
25% il tasso di mortalità precoce dovuta a tumori, diabete,
malattie cardiovascolari e respiratorie croniche.
Mutua MBA, ricorda inoltre che ogni anno, il 4 febbraio si
celebra la giornata alla lotta contro il cancro organizzata
dalla UNION INTERNATIONAL CANCER CONTROL, con
l’obiettivo di focalizzare gli interventi necessari per
prevenire, curare e gestire le neoplasie.
Per il trattamento della
malattia avanzata, Zelboraf
-Vemurafenib si sostituisce
completamente alla
chemioterapia tradizionale
perché, rispetto ad essa, ha
dimostrato di incrementare
significativamente non solo
la percentuale di pazienti in
cui la malattia si arresta o
regredisce, ma anche la
sopravvivenza complessiva
dei pazienti affetti da
melanoma
21. 21
La Selvotta Suite è un’elegante Guest
House nel cuore del Parco di Vejo, a
pochi chilometri dallo storico comune di
Formello ed a soli 17 Km a nord della città
di Roma.
La bellezza del bosco di querce e la
vicinanza al Parco della Selvotta rendono
questa location unica nel suo genere,
offrendo un’oasi di pace per varie specie
di animali la cui compagnia sorprenderà
piacevolmente i propri ospiti.
La camere, curate nei dettagli in forme e
colori,dispongonotuttediserviziprivaticon
doccia, asciugacapelli, TV, riscaldamento
autonomo, aria condizionata, frigobar,
cassaforte e Wi-Fi free. Su richiesta inoltre,
è possibile usufruire del servizio lavanderia.
www.laselvottasuite.it | info@laselvottasuite.it
Via della Selvotta, 23 | 00060 | Formello (RM)
22. 22
a cura di
Mariachiara ManopuloIl ruolo delle società
di mutuo soccorso nel
nuovo welfare
Lunghe liste d’attesa e ticket cari, gli italiani non si curano
più, dal Censis arriva l’ennesima conferma che il SSN non
riesce a soddisfare la sempre crescente domanda di
salute degli italiani: le società di mutuo soccorso possono
essere una risposta.
I dati dell’ultima ricerca del Censis sullo stato della sanità
in Italia, presentata lo scorso 8 giugno, non fanno altro
che confermare quello che già è chiaro ormai da tempo:
la crisi del Servizio Sanitario Nazionale. Forse anche per i
continui tagli, la qualità e l’efficacia della sanità pubblica
peggiora di giorno in giorno, e sta progressivamente
diventando inadeguata da tutti i punti di vista: strutture,
assistenza, tempi di attesa. I ticket, poi, oramai sono
arrivati ad essere equiparabili con le tariffe del privato.
Tutto questo si accompagna ad un’ascesa della sanità
privata, oltre che ad una quota
sempre più vasta di cittadini che, non
avendo una disponibilità economica
adeguata, rinunciano o rinviano le
visite o le terapie. E ciò avviene in
un Paese sempre più anziano, in cui
la domanda di assistenza e di sanità
cresce sempre più. Ma lo Stato, da
solo, non è in grado di rispondere.
In questo quadro, cresce la
legittimazione sociale della sanità
integrativa, sempre più considerata
come un’opportunità, utile per colmare le lacune del
servizio pubblico e per rispondere alla domanda di salute
dei cittadini.
Veniamo ai dati del Censis: per la maggioranza degli
italiani il Servizio sanitario della propria regione è
peggiorato negli ultimi due anni (lo pensa il 45,1% degli
italiani, +2,4% rispetto al 2015). Nelle regioni del Sud Italia
il peggioramento riguarda strutture e servizi che erano già
consideratiscarsieinadeguatirispettoaifabbisognisanitari
locali. Sono 10,2 milioni gli italiani che dichiarano di aver
fatto ricorso al privato negli ultimi anni. Il motivo principale
è la lunghezza delle liste di attesa, in certi posti davvero
insostenibile, ma ci sono anche ragioni più di comodità,
legate agli orari lunghi o all’apertura nel weekend o alla
contrazione della matrice di prestazioni offerte nel servizio
sanitario pubblico. Liste di attesa lunghissime hanno spinto
7 milioni di italiani in un anno a fare ricorso all’intramoenia.
A volte (22,9%) è stato proprio il medico a consigliare la
sanità a pagamento all’interno delle strutture pubbliche.
Per usufruire del sistema sanitario pubblico devi aspettare
tanto, troppo. E una volta ottenuto il tanto desiderato e
atteso appuntamento, si affrontano costi che non sono
molto lontani da quello proposti dal privato.
Ma il dato che più di tutti colpisce ancora è che continua
ad aumentare il numero di italiani che rinuncia o rinvia
cure o prestazioni sanitarie: nel 2012 erano 9 milioni, ora
sono oltre 11. Anziani ma anche giovani, nati tra gli anni
’80 e il 2000. Quindi: meno sanità pubblica, più sanità
privata, ma anche meno sanità – e meno salute – per chi
ha difficoltà economiche.
La spesa sanitaria privata nel 2015 è salita a 34,5 miliardi
di euro, con un aumento reale di +3,2% rispetto al 2013:
un vero e proprio boom. Tra il 2012 e il 2016, la sanità
pubblica ha perso 6,79 miliardi di
euro. E il futuro non fa ben sperare:
il Def per il 2016 prevede una
progressiva diminuzione della quota
di Pil destinata al finanziamento
del Servizio Sanitario Nazionale,
portando a servizi più cari e di
minore qualità. Qui si inserisce la
sanità integrativa. Secondo il Censis,
il 57,1% degli italiani è a favore del
cosiddetto “secondo pilastro”, e
sono 26,5 milioni gli italiani che si
dicono propensi ad aderirvi.
Se utilizzassero risorse annuali pari alla spesa sanitaria
privata procapite potrebbero mettere in moto risorse pari
a 15 miliardi di euro l’anno. Grazie al meccanismo della
mutualità, con le stesse risorse si potrebbero acquistare
quantità più elevate di prestazioni rispetto a quanto si fa
oggi sui mercati molecolari privati.
Sta quindi crescendo l’attenzione per la sanità integrativa.
All’interno del settore, le società di mutuo soccorso
devono giocare un ruolo di primissimo piano.
Si potrà pensare: perché una società di mutuo soccorso
e non una assicurazione? Innanzitutto, le mutue, a
differenza delle assicurazioni, non hanno scopo di
lucro, regolamentate dalla normativa che si fonda sulla
legge del 15 Aprile 1886 n. 3818, e offrono agli associati
diversi vantaggi: in primis, non fanno discriminazione
alle persone assistite; in secondo luogo, non esercitano
il diritto di recesso, garantendo così l’assistenza per
23. 23
tutta la vita. Il perseguimento dell’interesse generale, la
centralità del socio, il rispetto della dignità umana, la
durata dell’assistenza per tutta la vita, la partecipazione
e la trasparenza, la difesa del diritto alla salute, garantito
dalla Costituzione, attraverso l’integrazione con il servizio
pubblico e la collaborazione con le istituzioni, sono alcuni
dei principi su cui si regge ogni società di mutuo soccorso,
che ha come obiettivo principale garantire una buona
qualità di vita e una buona salute ai cittadini.
La più grande società di mutuo soccorso per numero
di soci è Mutua Mba: la sua mission è salvaguardare la
salute e la qualità di vita dei propri associati. Per questo,
cerca sempre di sviluppare nuove coperture sanitarie che
soddisfino le aspettative di tutti e di ottenere convenzioni
mediche strategiche e il coinvolgimento delle migliori
strutture private.
L’offerta mutualistica comprende diverse prestazioni,
dal ricovero con o senza intervento anche in regime di
Day-Hospital, a grandi interventi chirurgici, dalle visite
specialistiche e l’alta diagnostica, al check up oncologico
e cardiovascolare. I sussidi proposti sono all’avanguardia
in tema di prevenzione, salute, assistenza e sostegno. E
ancora, grazie ad un sistema di gestione moderno e ben
sperimentato, ai tutti i soci viene assicurato un corretto
e veloce accesso alle informazioni ed alla diagnosi
precoce.
Il ruolo delle società di mutuo soccorso si può agganciare
a quella che sta diventando un’altra grande realtà nel
nostro Paese: il welfare aziendale. Forti della convinzione
che esiste uno stretto legame tra benessere dei
dipendenti, produttività ed engagement, sempre più
aziende mettono a punto “pacchetti” di benefit per
i propri dipendenti. Tra i servizi più richiesti vi è proprio il
sussidio sanitario.
Una buona opportunità per le aziende e per i dipendenti,
che porterebbe a vantaggi fiscali, sociali, e reputazionali,
oltre che a un “decollo” per la sanità integrativa, potrebbe
essere quella di agganciare le tutele di welfare al premio
di produttività. Si parte dalla legge di Stabilità 2016: un
decreto attuativo prevede una tassazione agevolata,
con imposta sostitutiva del 10%, per i premi di risultato e per
le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili
dell’impresa. Il beneficio fiscale potrebbe essere esteso
anche alle forme di sanità integrativa verso professionisti
e lavoratori autonomi.
23
24. 24
a cura di
Nicoletta Mele
La malattia di Crohn è un’infiammazione cronica che
può colpire teoricamente tutto il canale alimentare, dalla
bocca all’ano, ma che si localizza prevalentemente
nell’ultima parte dell’intestino tenue chiamato ileo (ileite)
e/o nel colon destro/cieco (ileocolite), oppure solo nel
colon in una sua qualsiasi parte (colite).
Pur non essendoci attualmente un Registro Nazionale,
si calcola che in Italia ci siano almeno 100.000 persone
affette da malattie infiammatorie intestinali, di cui un circa
30-40% colpite dalla malattia di Crohn. Questa patologia
colpisce generalmente in giovane età, 25-35 anni, o in terza
età. I sintomi più comuni, anche se sono variabili da caso
a caso, sono i dolori addominali (talvolta, se acutissimi,
possono simulare un attacco d’appendicite) associati a
diarrea e, talora, a febbre. Il dolore si localizza nella sede
dell’ombelico o nella parte destra dell’addome e spesso si
presenta dopo i pasti.
Ad oggi le cause sono ignote, ma sulla base delle
conoscenze scientifiche non è una malattia contagiosa,
non è causata dagli alimenti, non è psicosomatica e non
è una patologia ereditaria. Le complicanze della MC,
che colpiscono circa il 10-20% dei pazienti, sono di tipo
intestinale (stenosi) e extra-intestinale, queste ultime simili a
quelle della colite ulcerosa.
Alcune complicanze sono correlate all’attività della
malattia, mentre altre sembrano seguire un decorso
indipendente: quelle correlate all’attività della malattia
possono interessare la cute, la bocca e gli occhi, così come
le grosse articolazioni, mentre le affezioni sistematiche
sono: infiammazioni delle articolazioni, come ad esempio
Malattia di Crohn: che cos’è,
i sintomi, le cause e le cure
La testimonianza del signor Antonio Ferrazza, associato di Mba
Colite ulcerosaMalattia di Crohn
25. 25
spondilite anchilosante, sacroileite, dolore lombare, calcoli
nella cistifellea e calcoli renali.
La terapia medica che viene seguita a seconda dei casi,
è di tipo chirurgico e/o di tipo farmacologico, attraverso la
somministrazione di cortisonici e antibiotici.
È stata definita una malattia cronica perché, purtroppo,
non è ancora stata scoperta una terapia in grado di
dare una guarigione definitiva, e il suo decorso, quindi,è
caratterizzato da periodi di benessere alternati ad altri in
cui si ripresentano i sintomi.
Mutua MBA, Società di Mutuo Soccorso, ha intervistato
un associato, il signor Antonio Ferrazza, che da 6 anni
combatte e convive con la malattia di Crohn.
Come ha scoperto di essere malato di Crohn? E quali sono
stati i sintomi?
“Era aprile del 2009. a causa di
una sub occlusione intestinale
sono andato al pronto soccorso di
uno degli ospedali della Capitale,
e proprio in quell’occasione mi è
stata diagnosticata la malattia.
Prima di quel momento non
avevo mai avvertito nessun tipo
di sintomo, anche se la malattia
si è presentata sin da subito molto
aggressiva e fuori dagli schemi.
Sono stato affetto dalla patologia
a 40 anni e non ho mai avuto una
fase di regressione (nella maggior
parte dei casi la malattia va in fase di regressione anche
per 5 anni), dopo 6 mesi dall’intervento mi ritrovavo a
combattere nuovamente con la malattia”.
Una volta diagnosticata la malattia, quali sono state le
terapie e come ha reagito?
Ho subito 3 interventi nel giro di 4 anni, e sin dall’inizio
ho dovuto eseguire delle terapie con farmaci biologici
e cortisonici. La malattia provoca delle ulcere nella
mucosa intestinale che stringono il lume dell’intestino
e creano problemi di transito, questo genera delle
subocclusioni intestinali e quando raggiungono un certo
livello è necessario eliminare una parte dell’intestino.
Nello stesso anno della diagnosi della malattia ho subito
il primo intervento chirurgico dove sono stati resecati 35
cm dell’intestino. Dopo un paio di anni, nel 2011, mi sono
sottoposto al secondo intervento, attraverso il quale mi
sono stati tolti altri 25 cm di intestino e nel 2013, durante
l’ultimo intervento chirurgico, mi hanno tolto altri 10 cm.
Questi anni non sono stati facili perché all’improvviso mi
sono trovato a vivere con un “ospite fisso”, ma grazie anche
a delle sedute di psicoterapia sono riuscito ad elaborare
l’accettazione. Secondo me è fondamentale farsi aiutare
e supportare nella fase iniziale da psicologi, perché sono
delle figure importanti in grado di aiutarti a non cadere in
depressione e accettare la convivenza con la malattia”.
Lei fa parte di quella percentuale che ha avuto
complicanze extraintestinali. Dopo quanto tempo e quali
sono state le terapie?
“Esatto. Le complicanze più importanti sono state a
carico del sistema scheletrico, ho una spondiloartrite
enteropatica e i dolori alle articolazioni si sono presentati
dopo circa 8 mesi dalla diagnosi della malattia. Anche
prima dell’evento avvertivo dei dolori articolari ma è stata
accertata una correlazione con la
malattia”.
Recentemente ha subito anche un
intervento alle ginocchia. Perchè?
“Sì, un paio di settimane fa, perché
probabilmente a causa della
malattia non riuscivo ad assorbire
la vitamina D3 e il calcio. Questo
ha provocato una mancanza
sistemica di vitamina D3, e quindi
il fisico assorbiva calcio dalle
ossa con la conseguenza di
un’osteocondrite dissecante alle
ossa delle ginocchia, cioè una necrosi dell’osseo e una
sofferenza della cartilagine delle ginocchia. Ho effettuato
un intervento nel quale sono state inserite delle cellule
staminali autologhe, prese dallo stato adiposo della
pancia, al fine di favorire la ricrescita dell’osso e della
cartilagine”.
Cosa ha comportato nella sua vita la malattia?
“La mia vita si è trasformata completamente, tutto in
funzione delle varie fasi della malattia. Non è stato facile
arrivare alla consapevolezza di essere un malato cronico
e di dover combattere e convivere con la patologia per
tutta la vita. Oggi vivo in maniera serena e sono tranquillo
anche sotto il profilo assistenziale perché mi sono rivolto
ad una società di mutuo soccorso, Mutua MBA, la quale
è in grado di sopportarmi laddove non riesce il Sistema
Sanitario Nazionale. Grazie alla sottoscrizione del piano
assistenziale ho potuto usufruire di una serie di servizi come,
ad esempio, colonscopia, risonanze al bacino e alla
colonna vertebrale, alle ginocchia e visite ortopediche. Al
in evidenza
26. 26
mattino mi dedico al lavoro di impiegato e al pomeriggio
mi sottopongo alle terapie che dovrò eseguire per il resto
della vita. Attualmente eseguo a ciclo continuo terapie
con farmaci biologici, perché al momento è l’unico modo
di mantenere sotto controllo la malattia. Tutte le patologie
autoimmuni, purtroppo, non hanno protocolli specifici di
cura, ma vengono tenute sotto controllo, nella maggior
parte dei casi, con farmaci molto potenti e debilitanti”.
Oggi il sistema sanitario nazionale non riesce più ad erogare
e garantire i servizi e lei per tutelare la propria salute si è
affidato a Mutua MBA. Secondo lei la Sanità integrativa
potrebbe essere una valida alternativa alle lacune del
SSN e dare la possibilità di usufruire di assistenza sanitaria
in tempi rapidi?
“Sulla base della mia esperienza, la sanità integrativa
è sicuramente un valido aiuto per la diagnosi precoce
di alcune patologie. Allo stato attuale è fondamentale
avere un’integrazione sanitaria per una maggiore tutela
della propria salute anche perché per le patologie come
la mia occorre agire in tempi strettissimi e oggi questo è
possibile solo attraverso la sottoscrizione di piani assistenziali
integrativi. Sono associato a Mutua MBA e la mia esperienza
è positiva: è una Società di Mutuo soccorso che agisce
nell’immediato ed è presente in molte strutture ospedaliere
pubbliche, convenzionate e private. Faccio un esempio:
recentemente ho dovuto effettuare una colonscopia
e solitamente mi rivolgo all’ospedale Sandro Pertini di
Roma, ma questa volta, per cause della struttura, in tempi
rapidi mi sono dovuto rivolgere ad una clinica privata
convenzionata con Mutua MBA. Ho effettuato l’esame nel
giro di qualche giorno e senza nessun problema.”
La testimonianza del signor Ferrazza è un messaggio di
speranza per tutti coloro che sono affetti da malattie
croniche dalle quali purtroppo ad oggi non è ancora
possibile guarire, ma grazie al sostengo dei familiari e
all’assistenza medica, attraverso l’utilizzo di tecnologie
all’avanguardia e alla sottoscrizione di piani assistenziali
integrativi è possibile convivere con la patologia in maniera
serena.
26
27. 27
Caritas della Parrocchia di
San Lorenzo Martire
La Fondazione ha elaborato un
sussidio sanitario che consente la
copertura di spese per medicinali
e spese mediche che il Servizio
Sanitario nazionale non copre
adeguatamente. In questo modo
i costi medici sostenuti dalle
famiglie sono alleggeriti e le stesse
famiglie sono stimolate a curare e
preservare la loro salute!
museo del mutuo soccorso
La Fondazione ha ereditato da MBA
la collezione del Museo del Mutuo
Soccorso; il museo, nato con la volontà
di raccogliere significative testimonianze
sulla storia del movimento mutualistico
dal 1886 ad oggi, si prefigge da un lato
di salvaguardare e rendere fruibile al
pubblico i beni attualmente in dotazione e
dall’altro di promuovere la conoscenza e
la ricerca sul tema della Mutualità.
La Fondazione Basis, costituita per iniziativa congiunta di Mutua MBA, Health Italia e
Coopsalute, insieme di realtà impegnate nel sociale e operanti primariamente nel settore della
Sanità Integrativa, si propone di svolgere le proprie attività nei settori dell’assistenza socio-
sanitaria, nella promozione e nella gestione di servizi educativi, culturali, sportivi e ricreativi,
nella istituzione di borse di studio ed iniziative volte a migliorare e gratificare l’esperienza
didattica, avvalendosi di strutture ricettive e servizi di accoglienza per giovani e per studenti.
Fondazione Basis | Via di Santa Cornelia, 9 | 00060 | Formello (RM) | www.fondazionebasis.org | info@fondazionebasis.org
supportare
favorire
promuovere
Un servizio dedicato alle realtà che costituiscono espressione della Società Civile!
Tra le varie attività, la Fondazione Basis si è dedicata a:
28. 28
Apnee notturne, un disturbo
da non sottovalutare
a cura di
Mariachiara Manopulo
La sindrome delle Apnee notturne è una vera e propria
patologia, che può avere delle gravissime conseguenze
sulla salute del paziente.
I disturbi respiratori del sonno, come il russamento e le
apnee notturne, sono un problema sempre più diffuso
nella popolazione. Secondo le statistiche ufficiali, il
problema del russamento interessa il 40-45% degli uomini
e il 25-30% delle donne con percentuali fino all’80% sopra i
40 anni. È dovuto alla vibrazione dei tessuti molli orofaringei
al passaggio dell’aria durante la respirazione, e di solito
non ha conseguenze negative sulla salute del paziente;
spesso infatti è solo causa di problemi di natura sociale e
relazionale per il disturbo che può arrecare al partner. Per
questo da molti viene sottovalutato.
Altre volte può essere però sintomo di altri problemi,
anche estremi. A una complicanza
respiratoria nasale, ad esempio, può
seguire un problema cardiologico, o
neurologico, o di ipertensione. O può
evolversi in sindrome delle Apnee
Ostruttive del Sonno (OSAS), una vera
e propria patologia medica che può
avere delle gravissime conseguenze
sulla salute del paziente. È causata
da un’ostruzione parziale delle vie
aeree superiori, che spesso provoca
una cessazione completa o parziale
del flusso respiratorio. Sono due milioni gli italiani che
soffrono di questo disturbo.
Chiunque occasionalmente, può trattenere il respiro
durante la notte. Ma se la pausa dura più di dieci secondi,
il fenomeno diventa preoccupante, e se si ripete più
volte può avere ripercussioni anche quando si è svegli,
durante la giornata. I ‘micro risvegli’ di notte a causa delle
apnee, infatti, portano eccessiva sonnolenza diurna, facile
irritabilità, perdita di energia. Il problema riguarda anche
i bambini: il 10% soffre di questo disturbo. Al contrario
dell’adulto, il bambino di giorno è iperattivo ed è una
condizione pericolosa, che può causare deficit cognitivi e
nel rendimento scolastico. La sindrome delle Apnee quindi
non è solo semplicemente causa di eccessiva sonnolenza,
ma può anche essere legata a patologie come obesità,
sindrome metabolica e diabete, infarto del miocardio,
ictus, fibrillazione atriale, scompenso cardiaco, disturbi
cognitivi ed insufficienza respiratoria.
La Casa di Cura Villa Maria di Rimini l’anno scorso ha
inaugurato un servizio di cura e prevenzione per chi soffre
di problemi di russamento e apnee notturne, con un team
di lavoro dedicato. Come ha sottolineato il dott. Paolo
Canzi, otorinolaringoiatra e coordinatore del team, “le
apnee notturne sono una patologia complessa che può
coinvolgere diverse branche della medicina. Proprio
per questo Villa Maria ha messo a punto un approccio
multidisciplinare che prevede in prima analisi una visita
otorinolaringoiatrica e l’intervento, quando necessario, di
altri specialisti quali il cardiologo, il neurologo, il pneumologo
e il nutrizionista”.
Mutua MBA, prima società di Mutuo Soccorso per numero
di soci, ha sentito sulle complicanze della sindrome delle
apnee notturne il dottor Roberto Manopulo, cardiologo di
Villa Maria e membro del team.
Dottore, perché c’è una stretta
correlazione tra la sindrome delle
apnee ostruttive e i problemi cardiaci?
“Perché quando il paziente durante il
sonno interrompe per alcuni secondi
la respirazione si crea una condizione
di ipossia cerebrale: una minore
ossigenazione del cervello, che si
accompagna a una riduzione della
negatività, della pressione intra-
toracica. Questo comporta un ritorno maggiore di sangue
venoso al cuore. Il sangue, proprio per questa condizione
di ipossia, diventa più denso. Tutto questo può favorire
l’insorgenza di disturbi del ritmo cardiaco. Si è visto che la
sindrome delle apnee ostruttive interessa il 30% dei pazienti
coronaropatici e il 25% dei pazienti con scompenso
cardiaco. Non solo: una correlazione con questo disturbo
è stata evidenziata anche nel 40% dei casi di ictus. Quindi
si innesta una sorta di circolo vizioso: il russamento può
complicarsi con questa condizione di arresto parziale
respiratorio transitorio, e ancora con una serie importante
di disturbi del ritmo cardiaco.
La sindrome delle apnee ostruttive è correlata anche
all’ipertensione?
Sì, il 50% dei soggetti con ipertensione arteriosa soffre di
sindrome delle apnee ostruttive. Durante l’apnea che si
verifica nel sonno, i valori di pressione arteriosa si innalzano
notevolmente. Si può arrivare anche a 220-230 mmHg di
pressione massima e 120-130 mmHg di pressione minima.
29. 29
È una pressione che varia in continuazione, si innalza e si
riduce a seconda delle varie fasi della respirazione durante
il sonno. Questo comporta un sovraccarico del cuore,
in particolar modo del ventricolo sinistro, la fibrocellula
muscolare che compone il cuore viene sottoposta a
una serie di stimoli che provocano una condizione di
ipertensione e di ipertrofia del cuore, predisponendo a
scompensi cardiaci. Questo si accompagna anche, molto
spesso, a dei disturbi del ritmo cardiaco. Possono essere dei
disturbi di tipo ipercinetico, con una frequenza cardiaca
molto elevata, con battiti irregolari. Quindi una fibrillazione
atriale. Possono esserci però anche condizioni di blocco,
cioè un rallentamento del battito cardiaco con blocchi seno
atriali ed atrioventricolari. Questo si verifica soprattutto nei
pazienti tra i 40 e i 50 anni che durante il sonno presentano
episodi di transitori blocchi atrio ventricolari.
Come si fa a capire se questo avviene, se si verifica solo
durante la notte?
Si può vedere con l’elettrocardiografia dinamica, cioè con
una registrazione di 24 ore dell’elettrocardiogramma. Se si
cura la sindrome delle apnee ostruttive, si può addirittura
evitare di impiantare un peacemaker. Per quanto riguarda
i pazienti che hanno uno scompenso cardiaco molto
avanzato e importante, che richiede una terapia di
resincronizzazione del cuore, se vengono trattati anche
per la sindrome delle apnee ostruttive attraverso una
CPAP, cioè una ventilazione a pressioni positive, ne risente
favorevolmente tutta la funzione cardiaca. Questi pazienti
hanno un profilo pressorio caratteristico: di giorno possono
essere normotesi, ma di notte sono ipertesi e questo si può
capire soltanto attraverso una pressurometria dinamica
che misura la pressione durante la notte oltre che durante
il giorno”.
Lo scorso 12 maggio, la Conferenza Stato-Regioni ha
dato il via libera al documento “La Sindrome delle Apnee
Ostruttive nel sonno (OSAS)”, elaborato tenendo presenti le
linee guida e le raccomandazioni nazionali e internazionali
disponibili, oltre alle competenze delle Regioni in materia
di organizzazione dei servizi, la diversità e variabilità degli
assetti regionali.
Obiettivo del documento approvato è quello proporre
una strategia organizzativa sostenibile, finalizzata
all’individuazione di casi di OSAS misconosciuti nella
popolazione, attraverso fasi di interventi differenziate
per assicurare una soddisfacente risposta ai bisogni
di prevenzione ed assistenza delle persone affette da
OSAS. L’OSAS è oggi riconosciuta come una delle cause
30. 30
più frequenti di eccessiva sonnolenza diurna (Excessive
Daytime Sleepiness – EDS), e come tale individuata quale
fattore o cofattore determinante o favorente in un rilevante
numero di incidenti stradali e lavorativi.
Si stima infatti che solo 2014 sia stata la causa di oltre 7mila
incidenti stradali, con un bilancio di 231 morti. L’Italia, con
il decreto legge 22 dicembre 2015, pubblicato in Gazzetta
ufficiale il 13 gennaio 2016, ha recepito una direttiva Ue sulla
patente di guida, per la quale i decreti del ministero dei
Trasporti e della Salute impongono di inserire l’informazione
sul documento e di subirne il ritiro se la sindrome non viene
curata adeguatamente. Secondo il decreto, infatti, le
apnee notturne “determinano una grave ed incoercibile
sonnolenza diurna, con accentuata riduzione delle
capacità dell’attenzione”: questa stanchezza cronica,
che aumenta il rischio di incorrere in incidenti, è la causa
principale dei famosi “colpi di sonno” al volante e di una
minore ricettività verso gli stimoli esterni. Il medico che
effettua la visita della patente, se sospetta una sindrome
da apnee notturne, dovrà quindi indirizzare il soggetto
verso la commissione medica locale, che autorizzerà il
rilascio della patente solo nel caso in cui il soggetto dimostri
un “adeguato controllo della sintomatologia presentata,
con relativo miglioramento della sonnolenza diurna”.
Chi soffre di OSAS di grado moderato o grave dovrà quindi
sottoporsi ad esami specifici e ad un percorso di cura
adeguato, che gli permetta non solo di continuare ad
avere la patente, ma soprattutto di migliorare la qualità di
vita. La validità della patente sarà comunque ridotta a un
anno (per i conducenti del gruppo 2 – veicoli di categorie
C e D) o a tre anni (per i conducenti del gruppo 1 – veicoli
di categorie A e B), per favorire un monitoraggio continuo
sul rispetto delle cure.
Non bisogna quindi sottovalutare questo disturbo, perché
una mancata diagnosi e una mancata cura, hanno
diverse serie ripercussioni sul piano sanitario e sociale. Uno
stile di vita sano è importante: l’alimentazione riveste un
ruolo cruciale nella prevenzione di questi disturbi. Un ruolo
fondamentale è svolto anche dal fumo, o dall’assunzione
di altre sostanze eccitanti come l’alcol. Il sonno è un’attività
vitale, ma dormire non basta: occorre dormire bene.
31. ITALIA
“La salute è la più grande forza
di un popolo civile”
Siamo una delle più grandi realtà nel panorama della Sanità Integrativa e lo dobbiamo al lavoro, alla passione
e alla professionalità che mettiamo in ogni sfida che dobbiamo affrontare.
Siamo impegnati nella ricerca costante di nuovi traguardi da raggiungere, forti di un credo che vede la Salute e il
Benessere della persona al centro di ogni nostra attività, diritti fondamentali da tutelare e promuovere.
In questi anni abbiamo formato professionisti della Salute, sposando i principi di una Società moderna e
collaborativa in cui tutti possano contribuire alla costruzione di un sistema socio-assistenziale solido, orientato
sulla Cura Totale della persona.
Insieme abbiamo creato una rete efficiente e ben organizzata sul territorio credendo nei nostri progetti, ma soprattutto
nelle persone che ci hanno dimostrato, nel tempo, dedizione e disponibilità a formarsi. Persone che, ogni giorno, ci
consentono di scrutare l’orizzonte con serenità e voglia di fare e alle quali vorremmo dire il nostro grazie.
32. 32
Tumori: con il Cancer-id
si valuta l’efficacia della terapia
a cura di
Nicoletta Mele
Una sola goccia di saliva può accertare la presenza di
un tumore ai polmoni, questo è il nuovo test sviluppato
dall’Università della California ed è risultato efficace al
100% per la diagnosi precoce. La prevenzione e la diagnosi
tempestiva sono le armi che abbiamo a disposizione per
la lotta contro le neoplasie. L’innovativo test, a differenza
degli esami del sangue che prevedono tempi più lunghi
(almeno una settimana per la risposta), in soli 10 minuti si
può effettuare anche presso uno studio medico, al costo di
20 euro. L’obiettivo futuro è quello di sperimentare un test
che possa rilevare contemporaneamente più tumori.
Sempre dagli Usa arriva anche il test del National Cancer
Institute degli Stati Uniti che, dal sangue, è in grado di
prevedere la ricomparsa del tumore con oltre tre mesi
di anticipo rispetto alla tac e identificare i pazienti che
probabilmente non hanno
risposto alla terapia.
Anche l’Italia è uno dei Paesi
al mondo che si pone in prima
linea nella ricerca. Tra le biopsie
liquide in grado di diagnosticare
in tempo una neoplasia ci sono
quelle relative al progetto
Europeo CANCER-ID, iniziato da
un consorzio internazionale, cui
partecipa l’Istituto Oncologico
Veneto, attraverso il quale con
l’esame del sangue è possibile
individuare nuovi marker,
permettendo di monitorare la riduzione o meno dei tumori
e l’efficacia delle cure nei pazienti sotto terapia.
Niente più biopsia quindi, ma metodi non invasivi per la
lotta ai tumori.
Mutua Mba, Società di Mutuo Soccorso, che agisce
nell’ottica cooperativistica e mira a salvaguardare la
salute dei propri associati, si pone sempre in prima linea
nella divulgazione delle notizie che riportano i progressi
della ricerca.
Mba ha intervistato il Professor Giuseppe Opocher,
Direttore Scientifico dell’IRCCS, Istituto Oncologico Veneto,
il primo Istituto della Regione specificatamente destinato
alla prevenzione, alla diagnosi, alla cura dei tumori e alla
ricerca sul cancro. Obiettivo dell’Istituto è quello di fornire
l’assistenza più avanzata ai malati neoplastici e svolgere
allo stesso tempo ricerca biomedica, essenziale per il
progresso delle conoscenze e il trasferimento ai pazienti
delle cure più innovative.
Professor Opocher da cosa nasce l’idea di mettere in
campo un esame non invasivo in grado di individuare
nuovi marker per monitorare i tumori e verificare l’efficacia
delle terapie?
“Sostanzialmente dalla necessità di disporre di indicatori
delle trasformazioni che avvengono nel tessuto tumorale
dopo la sua comparsa. In qualche modo abbiamo
bisogno di marcatori molecolari della “vita biologica”
del tumore che ci facciano sapere in tempo come si sta
modificando dal punto di vista genetico e che ci forniscano
le informazioni necessarie per un’eventuale modifica
della terapia, possibilmente prima che compaiano delle
metastasi”.
I marker sono in grado di
monitorare più facilmente
l’efficacia delle terapie nei pazienti
sotto trattamento e apportarvi
rapidamente le opportune
correzioni?
“Ci aspettiamo molte informazioni
da questi nuovi marcatori, in
questa fase è importante che i
marker ci aiutino a modificare in
tempo il trattamento del tumore,
prima che sviluppi una metastasi”.
Il test della saliva realizzato
in California è per individuare un tumore ai polmoni,
Cancer-ID invece monitora come il paziente oncologico
sta rispondendo alle cure, è esatto? è rivolto a tutti i tipi di
tumore?
“Il programma di ricerca CANCER-ID, di cui per l’Istituto
Oncologico Veneto (OIV) è responsabile la Dott.ssa
Rita Zamarchi, mira a individuare e rendere utilizzabili
nuovi marcatori basati su elementi circolanti nel sangue
periferico quali le cellule tumorali (CTC), il DNA libero
tumorale (cfDNA) e microRNA (miRNA). Questi marker
dovrebbero principalmente permettere di sostituire la
biopsia, quando la massa tumorale non è accessibile
e di monitorare più facilmente l’efficacia delle terapie
nei pazienti in trattamento, consentendo al clinico di
apportare rapidamente le opportune correzioni. Il progetto
è potenzialmente rivolto a diversi tipi di tumore”.
Qual è il protocollo da seguire?
33. 33
“I test basati sulla ricerca nel sangue periferico di cellule
tumorali e acidi nucleici sono una sorta di ‘biopsia liquida’,
che consentirà di avere in tempo reale informazioni
rilevanti per la diagnosi e la terapia del cancro. Il progetto
CANCER-ID vuole colmare il divario tra la ricerca di base
sui metodi per rilevare e caratterizzare le cellule tumorali
e gli acidi nucleici circolanti, e lo sviluppo di test affidabili
in grado di introdurre questa biopsia liquida nella pratica
clinica”.
Quali sono gli obiettivi per il futuro?
“Accorciare sempre più il divario tra ricerca e applicazione
clinica. Portare in tempi rapidi i benefici della conoscenza
all’ammalato oncologico, è una sfida che accomuna
l’Istituto Oncologico Veneto a tanti altri centri oncologici”.
Accorciare il divario tra ricerca e applicazione clinica è
un obiettivo che si spera possa essere raggiunto quanto
prima. La diagnosi precoce e la prevenzione sono aspetti
fondamentali per la tutela della nostra salute. È proprio
in questo contesto che si contraddistingue l’operato di
Questi marker dovrebbero
principalmente permettere di
sostituire la biopsia, quando la
massa tumorale non è accessibile
e di monitorare più facilmente
l’efficacia delle terapie nei
pazienti in trattamento
Mba che offre piani assistenziali innovativi in grado di
rispondere alle esigenze dei singoli e delle famiglie, con
una particolare attenzione nei confronti della prevenzione.
Il check up personalizzato e l’Home Test (sistema di micro
e auto-diagnosi che comprende un kit completo e pronto
all’uso in grado di rilevare alcuni specifici valori nel sangue)
sono alcuni servizi che hanno permesso a Mba di collocarsi
nel panorama della Sanità integrativa come unica forma
di assistenza concreta e sostenibile.
34. 34
Mal di testa cronico?
Finalmente c’è il “vaccino”
a cura di
Mariachiara Manopulo
Mal di testa cronico? “Per la prima volta abbiamo una
cura specifica, una terapia biologica, come quelle che
vengono impiegate nella cura dei tumori che agisce in
modo specifico”. L’annuncio arriva dal San Raffaele Pisana
di Roma: si tratta di “una cura rivoluzionaria per prevenire
l’emicrania cronica di tipo specifico e selettivo”.
Alzi la mano chi non ha mai sofferto di mal di testa. Ognuno
di noi ha sicuramente avuto occasione di sperimentare
una crisi, almeno una volta nella vita, per ragioni diverse.
Nel nostro Paese colpisce quasi cinque milioni di persone,
e ogni anno almeno 12 milioni di giornate lavorative
sono perse a causa del mal di testa, il che comporta un
costo sociale pari a oltre 6000 miliardi solo per la perdita
di produttività. È uno dei disturbi in assoluto più diffusi: una
percentuale variabile tra il 70 ed il 90% della popolazione
generale soffre di almeno un attacco di cefalea l’anno
e solo il 10% delle persone può riferire di non averne
mai sofferto nel corso della propria vita. Molti soffrono di
emicrania cronica, hanno cioè almeno 15 giorni di mal
di testa al mese da almeno 3 mesi consecutivi. In Italia
si calcola che ogni anno vengano effettuate almeno
4 milioni di visite proprio a causa delle cefalee, e che
per la maggioranza dei pazienti questo disturbo sia così
debilitante da influire pesantemente sui normali ritmi di vita,
di relazione e di lavoro. Spesso le crisi sono così intense da
impedire qualsiasi attività. Proprio per questo, la cefalea
viene definita come una vera e propria malattia sociale; chi
35. 35
CARDEA
CASSA MUTUA
La forza di un sistema mutualistico è determinata dalla consapevolezza che la
contribuzione di ogni singolo Socio produrrà un vantaggio comune a tutti, senza
arricchire soggetti terzi che si limitano a calcolare il rischio e, di fatto, a scommettere
sulla nostra salute, peraltro a fine di lucro.
Una mutua che tutela,
una mutua che previene,
una mutua che unisce!
www.cassamutuacardea.org
info@cassamutuacardea.org
ne soffre viene a volte fortemente limitato anche quando
sta bene, poiché vive il timore che possa presentarsi una
nuova crisi come un vero e proprio incubo.
Ed ecco quindi che pastiglie, pastigliette, bustine di
granulato effervescente non mancano mai nelle nostre
case e nelle borse di moltissime donne. Ma finalmente
ora, grazie ad un “vaccino”, o meglio, ad un anticorpo,
l’emicrania cronica si potrà
prevenire. Lo ha annunciato l’Istituto
di Ricovero e Cura a Carattere
Scientifico San Raffaele Pisana di
Roma, che in laboratorio ha messo
a punto un anticorpo intelligente
che scova e neutralizza una
sostanza fisiologica chiamata
CGRP (Calcitonin gene related
peptide), il cui eccesso è implicato
nell’emicrania.
Mutua Mba, la più grande mutua
sanitaria italiana per numero di
soci, ha tra i suoi obiettivi quello di garantire una corretta
informazione e guarda con estremo interesse a tutte le
scoperte volte a migliorare la salute e la vita delle persone.
Vediamo quindi di cosa si tratta.
Il San Raffaele Pisana è stato il primo istituto in Europa, e
tra i primi al mondo, a raggiungere questo obiettivo con
anticorpi monoclonali anti-CGRP; il “vaccino” è stato
testato su una giovane ragazza italiana che soffre di
emicrania cronica. Come ha spiegato Piero Barbanti,
responsabile del Centro per la diagnosi e terapia delle
cefalee e del dolore dell’Irccs San Raffaele Pisana di
Roma, sostanzialmente l’anticorpo monoclonale agisce
come un vero e proprio “cecchino”, perché riesce a
individuare con estrema precisione il colpevole prima che
inneschi il meccanismo che provoca l’emicrania. “I risultati
sperimentali pubblicati finora sono molto promettenti e
indicano una riduzione degli attacchi superiore al 62%
dopo 3 mesi e un’alta percentuale di responder (74%)”.
Il trattamento dura nove mesi, l’anticorpo deve essere
iniettato sottocute una volta al mese e la tollerabilità
sembra essere al momento buona e senza effetti
collaterali, a differenza dei farmaci, che possono invece
indurre sonnolenza, astenia e aumento di peso. Farmaci,
tra l’altro, che non sono nemmeno una cura specifica, ma
terapie “riciclate”, cioè nate con
l’obiettivo di curare altre malattie,
come l’epilessia, l’ipertensione, la
tachicardia, e con una valenza
anti-emicrania scoperta quasi per
caso. “Per la prima volta abbiamo
una cura specifica, una terapia
biologica, come quelle che
vengono impiegate nella cura
dei tumori che agisce in modo
specifico”, ha precisato Barbanti.
Sicuramente, per chi soffre di
emicrania cronica, rappresenta
una vera e propria rivoluzione, anche perché si tratta di
una terapia facile da seguire che potrà certamente avere
conseguenze positive anche dal punto di vista psicologico.
Non si dovrà più subire il mal di testa, correre in farmacia, o
cercare pastiglie di Moment nella borsa.
Attenzione, però: “Curare un mal di testa complesso – ha
sottolineato Barbanti -non può mai tradursi in un ‘mi dia una
cura’: al paziente è richiesto un attento monitoraggio degli
attacchi, un contenimento dell’uso improprio di analgesici
e un trattamento delle eventuali situazioni (vedi stress,
depressione, ansia) che alimentano la sua patologia”.
Per adesso, il trattamento sperimentale è destinato
solamente ai soggetti che soffrono di emicrania cronica,
ma dalla seconda metà del 2016, al San Raffaele sarà
accolto anche chi ne soffre sporadicamente.
36. 36
La fisioterapia per combattere
acidità e bruciore di stomaco
a cura di
Nicoletta Mele
Acidità e bruciore di stomaco, questi sono i sintomi “tipici”
del reflusso gastroesofageo, una malattia che, stando alle
stime, colpisce circa il 20% della popolazione europea e
che in Italia interessa circa il 30% della popolazione.
è una patologia, seppur molto diffusa, spesso sottovalutata,
tant’è che ci sono persone che ne soffrono senza esserne a
conoscenza e altre, invece, che tendono a sottovalutarne i
sintomi affrontando il disturbo con il “fai da te”, assumendo
dei farmaci antiacido senza nessuna prescrizione medica.
La malattia da reflusso gastroesofageo, invece, merita
attenzione e approfondimento.
Il reflusso consiste nella risalita del contenuto gastrico
(succhi gastrici, alimenti, bile) dallo stomaco all’esofago.
Quali sono le cause di questa malattia? In generale, si
verifica un’alterazione della funzionalità dello sfintere
(muscolo circola) che funge da valvola tra esofago e
stomaco. L’alterazione può avere origine da tantissimi
fattori, quali: congeniti, anatomici, funzionali, meccanici,
tensivi, etc. Ansia e stress, anche se difficilmente sono i veri
responsabili della malattia da reflusso, possono sicuramente
aggravare la sintomatologia.
Le cause determinano un passaggio di materiale acido
dallo stomaco all’esofago (nel semplice reflusso) o
addirittura di un porzione dello stomaco stesso al di sopra
del piano diaframmatico verso l’esofago (ernia iatale).
La presenza di un’ernia iatale potrebbe da sola giustificare
il reflusso gastroesofageo, tant’è che da alcuni viene
considerata la stessa cosa. In realtà, può essere presente
il reflusso gastroesofageo patologico anche in assenza
di ernia iatale. è importante ricordare che ci sono anche
alcune specifiche condizioni che possono favorire il reflusso
gastroesofageo come la gravidanza,
il diabete e l’obesità.
Oltreaisintomitipicisipossonoverificare
anche altre situazioni “atipiche” quali:
sensazione di nodo alla gola con
difficoltà nella deglutizione, difficoltà
digestive, nausea, laringite cronica,
tosse, raucedine, abbassamento
della voce, singhiozzo, asma, dolore
toracico e insonnia.
I sintomi tipici sono già sufficienti per
fare una diagnosi.
Se dopo un breve periodo di terapia
con gastroprotettori non si ottengono
risultati, è necessario eseguire alcuni
test diagnostici come l’esame
radiologico del tubo digerente, attraverso il quale al
paziente viene fatta bere una piccola quantità di liquido di
contrasto biancastro, che consente di vedere l’anatomia
e la funzione dell’esofago, dello stomaco e delle prime
parti dell’intestino tenue; la gastroscopia (EGDS) che
consente di esaminare l’esofago, lo stomaco e il duodeno,
attraverso l’introduzione di uno strumento flessibile nel
quale è incorporata una telecamera e un sottile canale,
attraverso il quale è possibile far passare la pinza bioptica
per eseguire piccoli prelievi di mucosa (biopsie). Un altro
strumento utile per la diagnosi è la manometria esofagea:
consiste nell’introduzione di una sonda attraverso il naso
e la somministrazione di acqua a piccoli sorsi. Può essere
utile per valutare se ci sono anomalie della mobilità
dell’esofago (peristalsi). La pH-impedenziometria delle
24 ore, invece, è un test in cui un sondino piccolo sottile,
passando attraverso il naso, arriva fino all’esofago ed è
connesso a un palmare. L’esame dura 24 ore e consente il
monitoraggio della quantità di materiale refluito (sia acido
che non acido) nell’esofago.
Dopo aver effettuato gli esami e stabilita la diagnosi,
la terapia iniziale si basa innanzitutto su un’adeguata
educazione alimentare e su un corretto stile di vita, volta
a ridurre il peso corporeo (soprattutto la circonferenza
addominale), evitare il fumo e gli alimenti che potrebbero
peggiorare l’acidità come cioccolata, menta, caffè,
alcolici, pomodoro, agrumi. Gli specialisti consigliano di non
coricarsi subito dopo i pasti, (sarebbe necessario attendere
almeno 3 ore) e di consumare un pasto leggero alla sera.
Solo nel caso in cui, nonostante questi accorgimenti, i
disturbi persistono, è il caso di intervenire anche con dei
farmaci antiacidi.
La chirurgia per il trattamento del
reflusso gastroesofageo è considerata
una misura “estrema” ed è riservata a
pazientichenonrispondonoaifarmaci
e che presentano contemporanei
problemi anatomici, come ernie iatali
di grandi dimensioni.
La cura, quindi, del reflusso
gastroesofageo si basa
essenzialmente sulla correzione dello
stile di vita e, nel caso in cui non si
trovi nessun giovamento, sulla terapia
farmacologica. Negli ultimi anni è
stato riscontrato che la fisioterapia è
un buon trattamento per combattere
38. 38
la malattia da reflusso. è un tipo di trattamento poco
conosciuto, ragion per cui, Mutua MBA, che tra gli obiettivi
ha quello di garantire una corretta informazione, ha
intervistato la dottoressa Daniela Saccà, Fisioterapista,
Responsabile direttiva del Centro di Fisioterapia FisioClinic
di Roma, la quale da diversi anni tratta con la fisioterapia
pazienti affetti dalla malattia del reflusso gastroesofageo,
riscontrando ottimi risultati.
Dottoressa Saccà, il vostro centro è stato tra i primi in Italia
ad approfondire le relazioni tra le patologie gastroesofagee
(reflusso, ernia natale), biomeccanica e postura. Com’è
nata la collaborazione con il gastroenterologo e in che
modo è possibile curare un paziente affetto da alterazioni
gastroesofagee con la fisioterapia?
“In questi ultimi 15 anni abbiamo avuto la fortuna di lavorare
a stretto contatto con primari gastroenterologi di altissimo
livello. Tra questi voglio citare il Prof. Giovanni Gasbarrini
ed il Prof. Guido Costamagna che rappresentano
l’eccellenza italiana in questo campo e hanno creduto
nella nostra proposta terapeutica, valutandone i risultati
e le potenzialità. Questa preziosa collaborazione ci ha
permesso di mettere a punto un trattamento specifico
per queste alterazioni partendo dai fondamenti di
trattamento della metodica RPG Souchard, di cui il nostro
centro è un riferimento. Attraverso manovre specifiche
possiamo individuare e quindi trattare la maggior parte
delle disfunzioni meccaniche gastroesofagee. Uno dei
grandi protagonisti di queste patologie è un muscolo,
il diaframma, che come suggerisce il nome, è una
valvola tra esofago e stomaco. Un’alterata funzionalità
diaframmatica può determinare una non perfetta
coordinazione nel passaggio gastroesofageo con
conseguente reflusso. Ancor prima di questo malessere, si
può avere semplicemente la sensazione di avere la pancia
gonfia di aria, essere immediatamente sazi pur avendo
mangiato solo un piccolo pasto o addirittura un piccolo
boccone etc. Il muscolo diaframma è molto particolare
perché ha sia funzioni respiratorie, digestive, è di aiuto sia
alla circolazione vascolare che linfatica, ma incide anche
sulle funzioni meccaniche della colonna. Detto ciò, se il
suo funzionamento viene alterato è necessario un attento
studio almeno di queste 4 funzioni.
Quello che possiamo fare noi in collaborazione con il
gastroenterologo è analizzare se effettivamente ci sono gli
elementi di alterazione in una delle zone su cui possiamo
poi agire. Ad esempio, se una problematica vertebrale ha
o meno alterato la funzionalità diaframmatica e quindi la
funzionalità gastroesofagea, potremo agire direttamente
alla base del problema. Il quadro è più semplice se
l’alterazione è primaria, a livello del diaframma ovviamente,
e si complica enormemente se la storia clinica del paziente
e la ‘strada’ di queste alterazioni ha coinvolto più di uno
di quei sistemi interconnessi che abbiamo citato. A volte
può capitare che, lavorando su una di queste alterazioni,
questa si riequilibra a discapito di un’altra. è il motivo
per cui tutte le correzioni che vengono fatte saranno in
globalità (cioè mettendo in relazione ciò che si è alterato
in rapporto al problema gastroesofageo), concetto alla
base della metodica RPG Souchard, che rappresenta
lo strumento perfetto per essere sicuri di riequilibrare
contemporaneamente e in maniera coordinata tutto ciò
che ha a che vedere con la patologia di quello specifico
paziente, senza rischiare, con un trattamento analitico di
‘spostare’ il problema altrove”.
In che modo viene trattato il paziente?
“Per il trattamento, il paziente deve necessariamente
essere sottoposto a un esame biomeccanico/posturale,
che evidenzi alterazioni strutturali ed eventualmente li
metta in relazione con il problema gastroesofageo. Dopo
questo esame, lo specialista saprà elaborare il piano di
trattamento specifico per la persona che ha di fronte, sia
inteso come trattamento globale e scelta delle posture
attive di correzione, sia come trattamento locale per
mezzo di manovre manuali specifiche.”
La fisioterapia è un trattamento risolutivo? Deve essere
associata alle terapie farmacologiche?
“Sicuramente il processo di cura di un paziente ha sempre
una base soggettiva, ma in generale i risultati ottenuti con
un percorso di correzione delle alterazioni alla base del
reflusso, sono ben mantenuti nel tempo proprio perché
vanno ad affrontare la causa del problema. In questi 15 anni
è capitato più spesso di rivedere lo stesso paziente per altre
problematiche non legate al reflusso curato inizialmente,
piuttosto che avere delle recidive che comunque possono
esserci, ma in generale basta un piccolo richiamo di
terapia o a volte anche esercizi che il paziente può fare
da solo a casa”.
In media, dopo quante sedute si raggiungono i primi
benefici?
“Anche qui non c’è una regola, in alcuni pazienti già dopo
la prima seduta i risultati sono evidenti, in altri il percorso è
molto più lungo e bisogna attendere anche 10 sedute, tutto
dipende da tantissimi fattori e dalla loro interconnessione”.
Ci può fare un esempio?
“Di esempi potremmo farne tanti legati al passato, ma
senza andare troppo in là nel tempo mi viene in mente un
paziente che stiamo seguendo ora, tutt’ora in trattamento,
siamo alla quinta seduta. Un ragazzo giovane che soffriva