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Alla scoperta dell’Intelligenza Artificiale,
poco nota, ma diffusa nelle applicazioni e
nelle cose che ci circondano
“Molti nuovi sviluppi dell’AI [Artificial Intelligence] … hanno trovato applicazioni
più generali, perdendo spesso l’etichetta di AI. Validi esempi … sono il data mining,
il riconoscimento vocale e larga parte dell’attività decisionale attualmente svolta
nel settore bancario”, nonché l’”intelligenza collettiva dei nuovi media”..
Report sul libro di Kevin Warwick, Intelligenza Artificiale. Le basi (Dario Flaccovio
Editore, Palermo, 2015), che l’autore ha pensato come corso introduttivo per i
propri studenti e che illustra in modo molto avvincente da dove viene l’intelligenza
artificiale, in quali direzioni sta andando e quali sono le sue principali applicazioni
attuali.
Come forse ormai molti di voi sanno, la mia formazione è di matrice umanistica. Fino a poco tempo fa,
quando sentivo parlare di AI (artificial intelligence, intelligenza artificiale), la mia mente vagava fra robot e
racconti di fantascienza. Ma ora…
Da quasi vent’anni mi occupo di web. Ho seguito l’evoluzione di motori di ricerca, pubblicità online, social
network e applicazioni mobile da semplici “risponditori” a veri e propri “suggeritori”, capaci di anticipare le
nostre esigenze in base a un insieme di dati, di big data e di criteri in rapida espansione: informazioni e
contenuti che comunichiamo deliberatamente; la storia delle nostre azioni online e offline; la rete dei
contatti; gli interessi desumibili; il dispositivo, l’applicazione, il luogo e l’ora in cui ci connettiamo, ecc.
Le applicazioni di data mining e le applicazioni predittive – in grado di prevedere il comportamento di
gruppi e di singole persone – non trovano spazio solo sul web, ma guidano anche e soprattutto il marketing,
il settore finanziario, bancario, assicurativo e sanitario, e più recentemente anche le azioni di contrasto alla
criminalità.
Accanto alle applicazioni predittive – nate per supportare le decisioni e le azioni delle persone –, si
collocano le applicazioni di problem solving, progettate per prendere decisioni in modo perfettamente
autonomo. Ne sono un esempio i navigatori satellitari (che scelgono per noi il percorso ottimale in base a
criteri predefiniti), gli agenti software che operano sui mercati finanziari, nonché i sistemi di machine
translation.
Con l’internet delle cose (IoT, internet of things) l’”intelligenza” esce dalla virtualità del software e si
materializza in macchine e impianti industriali, e in oggetti di uso quotidiano, che recepiscono input
dall’ambiente circostante (voce e gesti, rilevamento di parametri e oggetti, riconoscimento di immagini,
ecc.) e interagiscono con noi, con l’ambiente e con altre cose. Ne sono un esempio le applicazioni di
manutenzione predittiva in ambito industriale (basata sulla capacità della macchina di rilevare e
comunicare parametri personali) oppure il “frigo che fa la spesa da solo”, entrato ormai nel nostro
immaginario collettivo.
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La pervasività dei sistemi automatici, virtuali e reali, e le aspettative che le persone hanno in questo
contesto, è testimoniata anche dall’attenzione che da circa un anno a questa parte la comunicazione
tecnica dedica alla smart documentation, cioè ad applicazioni in grado di erogare contenuti della
documentazione tecnica e di prodotto all’utente giusto, nel momento giusto, attraverso il canale, il
dispositivo e l’applicazione giuste. Contestualizzazione, personalizzazione e proattività dell’informazione
sono temi caldi portati avanti in Italia da COM&TEC e a livello europeo da Tekom, in particolare alla recente
conferenza TCWorld 2015.
Personalmente giudico in modo molto positivo questa evoluzione, poiché fa uscire la comunicazione
tecnica dal suo recinto, agganciandola al dibattito più ampio di come dati e contenuti possano essere
valorizzati come asset aziendali, sfruttati cioè in termini economici per supportare sui canali digitali e
nell’IoT le strategie dell’azienda in fatto di intercettazione della domanda esplicita e latente del pubblico, di
lead generation, di conversione da lead a cliente, di formazione, self-care e assistenza, di elaborazione di
servizi a valore aggiunto, di fidelizzazione e di passaparola, ecc.
Viceversa, questa evoluzione implica un cambiamento nel ruolo dei comunicatori tecnici all’interno
dell’azienda: maggiore centralità, necessità di un’interazione più stretta con le altre funzioni aziendali e con
il pubblico ed espansione delle competenze anche verso aree legate al publishing sui canali digitali e
tramite oggetti dell’IoT.
Da tempo sentivo l’esigenza di individuare un “collante” fra ambiti che mi paiono sempre più convergenti:
l’evoluzione delle applicazioni web e mobile e della smart documentation in direzione predittiva, nonché il
progresso dell’IoT industriale verso una sempre maggiore autonomia decisionale e operativa di macchine e
impianti.
Credo che l’AI possa fornire una chiave di lettura interessante per chi è alla ricerca di un denominatore
comune in grado di aumentare la comprensione dei singoli ambiti e delle connessioni reciproche. Come
afferma Kevin Warwick – professore di Cibernetica all’Università di Reading (UK) – “molti nuovi sviluppi
dell’AI … hanno trovato applicazioni più generali, perdendo spesso l’etichetta di AI. Validi esempi … sono
il data mining, il riconoscimento vocale e larga parte dell’attività decisionale attualmente svolta nel settore
bancario”, nonché l’”intelligenza collettiva dei nuovi media”.
Mappa dell’intelligenza artificiale
Ecco la mappa della AI (Artificial Intelligence) proposta da Warwick:
• AI classica. Peculiarità: approccio psichiatrico, top-down; studio del funzionamento del cervello
dall’esterno; definizione umano-centrica dell’intelligenza (“E’ difficile attribuire valore a ciò che fanno
altre creature, a meno che esse non stiano semplicemente imitando un’attività umana. Abbiamo la
tendenza a mettere tutti in relazione a un insieme di valori umani, compresa l’intelligenza); preminenza
del raziocinio sulle altre facoltà mentali; imitazione del ragionamento umano da parte della macchina
• AI moderna. Peculiarità: approccio biologico, bottom-up; studio del funzionamento del cervello
dall’interno; assumono importanza i concetti di decentramento, interazione e società; definizione non
umano-centrica dell’intelligenza (Warwick definisce intelligenza “la varietà di processi di elaborazione
delle informazioni che, nel loro insieme, consentono a un essere di perseguire in modo autonomo la
propria sopravvivenza” e “la complessità dei processi mentali che agiscono assieme ai processi
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necessari della vita”); constatazione della natura soggettiva e sociale dell’intelligenza (“Astratto dal
contesto sociale, il concetto di intelligenza è relativamente privo di significato … Per ogni creatura
esiste un’intelligenza soggettiva attinente … a un gruppo particolare della sua specie. Lo stesso vale
esattamente per le macchine … in quanto l’intelligenza soggettiva si applica alle particolari competenze
e capacità che un determinato tipo di macchina evidenzia”).
• AI tecnologica. Partendo dallo studio delle unità fondamentali dell’intelligenza (i neuroni) e del loro
funzionamento, la AI ne trae ispirazione per produrre la versione tecnologica delle unità
fondamentali e ideare i modi in cui è possibile connetterle per farle operare come un complesso
collettivo intelligente
• AI virtuale, cioè solo software
• AI reale, che combina software e hardware, per esempio in un robot
• Embodiment come concetto centrale, che mette in relazione input sensoriale e output
motorio: “La percezione del mondo ha un grande impatto sull’intelligenza”, dato che una
“porzione significativa del nostro cervello è dedicata all’elaborazione di informazioni
sensoriali”. Warwick passa rapidamente in rassegna i vari tipi di input sensoriale: visione
(scomposta nelle sue fasi di acquisizione [conversione della luce in segnale elettrico,
conversione del segnale analogico in digitale, correlazione fra valore digitale e pixel], filtraggio
per eliminazione del rumore, identificazione di margini / linee o di regioni, confronto
dell’”immagine” con modelli, comprensioni delle immagini), determinazione della distanza e
del movimento degli oggetti (con tecniche di triangolazione, laser, sonar, radar, sensori e
rivelatori a infrarossi per la visione notturna), determinazione del movimento del robot (con
sensori ottici), tatto, udito (identificazione dell’attività vocalica), olfatto, gusto, sensibilità ai
raggi ultravioletti e raggi X. Queste ultime tipologie di sensi sono finalizzate in primo luogo a
supportare le attività umane tramite la percezione di segnali a cui gli uomini non sono
sensibili
• AI biologica. Ha un approccio radicalmente diverso dalla AI tecnologica, poiché si basa sullo
“sviluppo di neuroni biologici in vitro” con l’obiettivo di formare un cervello biologico artificiale. In
quest’ambito la ricerca si muove nella direzione di “far crescere un cervello in provetta e dotarlo di
un corpo con cui possa percepire il mondo e muoversi in esso”.
AI classica
Warwick sottolinea che la AI classica ricerca un supporto all’intelligenza umana, non un’intelligenza
autonoma, sfruttando alcuni vantaggi delle macchine: “velocità di elaborazione, precisione dei calcoli
matematici, estensione della memoria, comprensione di dati complessi e capacità di funzionare 24 ore al
giorno per 7 giorni alla settimana”.
Anche la filosofia nata a supporto della AI classica è viziata dalla “volontà di considerare l’intelligenza
umana come qualche cosa di speciale, e di tentare di dimostrare che i computer … sono in qualche modo
inferiori”. Dai filosofi dell’epoca questa posizione è giustificata da differenze ineffabili fra uomo e macchina
(comprensione, consapevolezza, coscienza, libero arbitrio), da peculiarità materiche e da specificità nel
rapporto fra mente e corpo (sensi).
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Ecco alcuni fra i principali sistemi che rientrano nella AI classica:
• Sistemi basati su regole, secondo la struttura “if … then”. Forse il sistema più diffuso soprattutto in
ambito industriale grazie soprattutto alla relativa facilità di programmazione, all’idoneità a gestire le
informazioni del mondo reale, alla capacità di gestire le incertezze e alla velocità di risposta. Limiti di
questi sistemi sono riconducibili alla difficoltà di raccogliere le regole, all’esplosione combinatoria
(proliferazione delle regole, che può rendere il sistema molto lento e il debug molto problematico),
nonché alla concentrazione sulla sola funzione raziocinante del cervello umano. Questi sistemi
ragionano su fatti concernenti un singolo campo, sulla base di dati, di regole fondate sulla logica
classica o sulla logica fuzzy (per gestire le incertezze) e di regole per la risoluzione dei conflitti (che
definiscono la priorità fra le varie regole). I sistemi basati su regole possono apprendere tramite
meccanismi di ricompensa delle soluzioni vincenti, facendo sì che a fronte delle stesse condizioni sia più
probabile che la macchina compia la scelta migliore
• Data mining. “I sistemi AI sono perfettamente attrezzati allo scopo, grazie alla loro capacità di
immagazzinare enormi quantità di dati e di estrapolare tutte le relazioni interne ai dati stessi, al fine
di realizzare modelli, connessioni e collegamenti significativi”. Il data mining sta alla base di
applicazioni in campo marketing, finanziario e di contrasto alle attività criminali, finalizzate a
prevedere il comportamento di gruppi o singoli
• Problem solving. Quando non c’è una sola, ma svariate soluzioni servono metodi per individuare la
migliore, come per esempio nel caso dei sistemi di navigazione satellitare. Nell’ambito della AI
classica i principali metodi di problem solving sono la ricerca prima in ampiezza, la ricerca prima in
profondità o a profondità limitata, la ricerca bidirezionale e quella euristica, applicabile se si è già in
possesso di informazioni relative al problema e si hanno quindi aspettative fondate su che cosa ci si
aspetta di trovare
• Sistemi basati su frame. “Un frame rappresenta la conoscenza-tipo richiesta nella vita di tutti i giorni su
una determinata entità”. In questi sistemi la conoscenza è disposta su livelli gerarchici di
approfondimento successivo, mentre le procedure sono eseguite al variare di determinati valori o su
richiesta.
AI moderna
L’approccio classico all’intelligenza artificiale è “particolarmente funzionale quando si ha a che fare con
compiti ben definiti, per i quali è appropriato disporre di un circoscritto insieme di regole”, mentre “non
funziona altrettanto bene … quando si presenta una situazione nuova e leggermente diversa … E’ possibile
affrontare al meglio questo problema osservando il funzionamento del cervello nei suoi aspetti
fondamenti”. Ecco il compito che si prefigge la AI moderna ed è questo il motivo principale del passaggio
dalla AI classica a quella moderna.
A differenza di quella classica, l’AI moderna segue un approccio biologico, dall’interno, bottom-up,
studiando la struttura, il funzionamento e le connessioni delle unità fondamentali dell’intelligenza (i
neuroni) per trarne ispirazione e produrne la versione tecnologica, ideando i metodi di connessione
necessari a farli operare come un complesso collettivo intelligente. Warwick sottolinea l’importanza del
fatto che la struttura delle connessioni fra i neuroni, sia biologici che tecnologici, “si deve in parte al
corredo genetico … e in parte all’esperienza: a mano a mano che l’individua impara, le connessioni … si
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rinforzano (positivamente) o si indeboliscono (negativamente), facendo sì che l’individuo mostri una
maggiore o minore probabilità di comportarsi in un determinato modo”.
I principali metodi di connessione fra neuroni tecnologici sono:
• ANN (artificial neural network, rete neurale artificiale). Si focalizza sul numero di neuroni messi in rete.
Nell’ambito delle ANN sono particolarmente rilevanti:
• Percettroni, particolari tipi di neuroni in grado di classificare le informazioni
• Reti neurali a organizzazione autonoma: permettono di inferire la configurazione di input che ha
determinato un certo output, basandosi sulla regione attiva all’interno della matrice quadrata su cui
sono disposti i neuroni. “Questo tipo di mappa può essere utile per riconoscere un’ampia gamma di
input diversi”, come per esempio nel caso del riconoscimento del parlato
• Reti N-uple: sono costituite da neuroni al cui interno è registrata la connessione 1-1 fra input e
output. Questo tipo di rete è particolarmente utile per il riconoscimento di immagini
• Computazione evolutiva e algoritmi genetici. Si focalizza sull’evoluzione biologica di algoritmi genetici.
Nell’ambito del problem solving “lo studio dell’evoluzione biologica è stato fonte di ispirazione per
l’ideazione di una strategia … nel caso in cui la ricerca della soluzione … parta da una serie di soluzioni
potenziali … o per creare nuove soluzioni … Programmando in un computer alcuni dei processi
fondamentali dell’evoluzione biologica, possiamo ottenere un procedimento in grado di adattare
(migliorare) una soluzione a un problema AI a partire da una popolazione di soluzioni potenziali … Le
diverse soluzioni all’interno di una generazione si mescolano tra loro (geneticamente, tramite
accoppiamento) producendo una nuova, e migliore, generazione)”. Apposite funzioni di fitness
valutano gli algoritmi genetici così generati per stabilire il grado di efficacia delle soluzioni: “Nel caso
degli algoritmi genetici è possibile che una popolazione di geni … migliori attraverso il processo
evolutivo grazie alla presenza di un fattore di valutazione esterno, ovvero la funzione di fitness”
• Architetture ad agenti. Si focalizzano sulla segmentazione / ricomposizione di problemi e soluzioni.
Sono particolarmente utili nell’ambito del problem solving, tant’è che ne sono un esempio gli agenti
software che operano autonomamente sui mercato finanziari.
ANN, computazione evolutiva e più ancora le architetture ad agenti prevedono un approccio per cui
“l’intelligenza generale è distribuita … piuttosto che essere immagazzinata in un deposito centrale”, come
nel caso della AI classica. “Il comportamento intelligente nel suo insieme nasce a partire da un insieme di
entità semplici, che interagiscono tra loro e che sono … semi-autonome”.
In particolare la computazione evolutiva e le architettura ad agenti lasciano trasparire l’importanza che la
AI moderna assegna al concetto di società e in particolare all’aspetto per cui “semplici celle individuali sono
in grado di mostrare un comportamento sociale ed evolutivo complesso semplicemente grazie alla
reciproca interazione”, facendo “emergere un comportamento globale apparentemente intelligente,
potenzialmente sconosciuto ai singoli agenti”, come nel caso di stormi di uccelli, formiche, api. Intelligenza
collettiva dei nuovi media.
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Alla scoperta dell’Intelligenza Artificiale

  • 1. Kea s.r.l. | Via Strà, 102 | 37042 Caldiero (VR) Tel. / Fax: +39 045 6152381 Web: www.keanet.it | E-mail: info@keanet.it Alla scoperta dell’Intelligenza Artificiale, poco nota, ma diffusa nelle applicazioni e nelle cose che ci circondano “Molti nuovi sviluppi dell’AI [Artificial Intelligence] … hanno trovato applicazioni più generali, perdendo spesso l’etichetta di AI. Validi esempi … sono il data mining, il riconoscimento vocale e larga parte dell’attività decisionale attualmente svolta nel settore bancario”, nonché l’”intelligenza collettiva dei nuovi media”.. Report sul libro di Kevin Warwick, Intelligenza Artificiale. Le basi (Dario Flaccovio Editore, Palermo, 2015), che l’autore ha pensato come corso introduttivo per i propri studenti e che illustra in modo molto avvincente da dove viene l’intelligenza artificiale, in quali direzioni sta andando e quali sono le sue principali applicazioni attuali. Come forse ormai molti di voi sanno, la mia formazione è di matrice umanistica. Fino a poco tempo fa, quando sentivo parlare di AI (artificial intelligence, intelligenza artificiale), la mia mente vagava fra robot e racconti di fantascienza. Ma ora… Da quasi vent’anni mi occupo di web. Ho seguito l’evoluzione di motori di ricerca, pubblicità online, social network e applicazioni mobile da semplici “risponditori” a veri e propri “suggeritori”, capaci di anticipare le nostre esigenze in base a un insieme di dati, di big data e di criteri in rapida espansione: informazioni e contenuti che comunichiamo deliberatamente; la storia delle nostre azioni online e offline; la rete dei contatti; gli interessi desumibili; il dispositivo, l’applicazione, il luogo e l’ora in cui ci connettiamo, ecc. Le applicazioni di data mining e le applicazioni predittive – in grado di prevedere il comportamento di gruppi e di singole persone – non trovano spazio solo sul web, ma guidano anche e soprattutto il marketing, il settore finanziario, bancario, assicurativo e sanitario, e più recentemente anche le azioni di contrasto alla criminalità. Accanto alle applicazioni predittive – nate per supportare le decisioni e le azioni delle persone –, si collocano le applicazioni di problem solving, progettate per prendere decisioni in modo perfettamente autonomo. Ne sono un esempio i navigatori satellitari (che scelgono per noi il percorso ottimale in base a criteri predefiniti), gli agenti software che operano sui mercati finanziari, nonché i sistemi di machine translation. Con l’internet delle cose (IoT, internet of things) l’”intelligenza” esce dalla virtualità del software e si materializza in macchine e impianti industriali, e in oggetti di uso quotidiano, che recepiscono input dall’ambiente circostante (voce e gesti, rilevamento di parametri e oggetti, riconoscimento di immagini, ecc.) e interagiscono con noi, con l’ambiente e con altre cose. Ne sono un esempio le applicazioni di manutenzione predittiva in ambito industriale (basata sulla capacità della macchina di rilevare e comunicare parametri personali) oppure il “frigo che fa la spesa da solo”, entrato ormai nel nostro immaginario collettivo. 1 Petra Dal Santo (dalsanto@keanet.it)
  • 2. Kea s.r.l. | Via Strà, 102 | 37042 Caldiero (VR) Tel. / Fax: +39 045 6152381 Web: www.keanet.it | E-mail: info@keanet.it La pervasività dei sistemi automatici, virtuali e reali, e le aspettative che le persone hanno in questo contesto, è testimoniata anche dall’attenzione che da circa un anno a questa parte la comunicazione tecnica dedica alla smart documentation, cioè ad applicazioni in grado di erogare contenuti della documentazione tecnica e di prodotto all’utente giusto, nel momento giusto, attraverso il canale, il dispositivo e l’applicazione giuste. Contestualizzazione, personalizzazione e proattività dell’informazione sono temi caldi portati avanti in Italia da COM&TEC e a livello europeo da Tekom, in particolare alla recente conferenza TCWorld 2015. Personalmente giudico in modo molto positivo questa evoluzione, poiché fa uscire la comunicazione tecnica dal suo recinto, agganciandola al dibattito più ampio di come dati e contenuti possano essere valorizzati come asset aziendali, sfruttati cioè in termini economici per supportare sui canali digitali e nell’IoT le strategie dell’azienda in fatto di intercettazione della domanda esplicita e latente del pubblico, di lead generation, di conversione da lead a cliente, di formazione, self-care e assistenza, di elaborazione di servizi a valore aggiunto, di fidelizzazione e di passaparola, ecc. Viceversa, questa evoluzione implica un cambiamento nel ruolo dei comunicatori tecnici all’interno dell’azienda: maggiore centralità, necessità di un’interazione più stretta con le altre funzioni aziendali e con il pubblico ed espansione delle competenze anche verso aree legate al publishing sui canali digitali e tramite oggetti dell’IoT. Da tempo sentivo l’esigenza di individuare un “collante” fra ambiti che mi paiono sempre più convergenti: l’evoluzione delle applicazioni web e mobile e della smart documentation in direzione predittiva, nonché il progresso dell’IoT industriale verso una sempre maggiore autonomia decisionale e operativa di macchine e impianti. Credo che l’AI possa fornire una chiave di lettura interessante per chi è alla ricerca di un denominatore comune in grado di aumentare la comprensione dei singoli ambiti e delle connessioni reciproche. Come afferma Kevin Warwick – professore di Cibernetica all’Università di Reading (UK) – “molti nuovi sviluppi dell’AI … hanno trovato applicazioni più generali, perdendo spesso l’etichetta di AI. Validi esempi … sono il data mining, il riconoscimento vocale e larga parte dell’attività decisionale attualmente svolta nel settore bancario”, nonché l’”intelligenza collettiva dei nuovi media”. Mappa dell’intelligenza artificiale Ecco la mappa della AI (Artificial Intelligence) proposta da Warwick: • AI classica. Peculiarità: approccio psichiatrico, top-down; studio del funzionamento del cervello dall’esterno; definizione umano-centrica dell’intelligenza (“E’ difficile attribuire valore a ciò che fanno altre creature, a meno che esse non stiano semplicemente imitando un’attività umana. Abbiamo la tendenza a mettere tutti in relazione a un insieme di valori umani, compresa l’intelligenza); preminenza del raziocinio sulle altre facoltà mentali; imitazione del ragionamento umano da parte della macchina • AI moderna. Peculiarità: approccio biologico, bottom-up; studio del funzionamento del cervello dall’interno; assumono importanza i concetti di decentramento, interazione e società; definizione non umano-centrica dell’intelligenza (Warwick definisce intelligenza “la varietà di processi di elaborazione delle informazioni che, nel loro insieme, consentono a un essere di perseguire in modo autonomo la propria sopravvivenza” e “la complessità dei processi mentali che agiscono assieme ai processi 2 Petra Dal Santo (dalsanto@keanet.it)
  • 3. Kea s.r.l. | Via Strà, 102 | 37042 Caldiero (VR) Tel. / Fax: +39 045 6152381 Web: www.keanet.it | E-mail: info@keanet.it necessari della vita”); constatazione della natura soggettiva e sociale dell’intelligenza (“Astratto dal contesto sociale, il concetto di intelligenza è relativamente privo di significato … Per ogni creatura esiste un’intelligenza soggettiva attinente … a un gruppo particolare della sua specie. Lo stesso vale esattamente per le macchine … in quanto l’intelligenza soggettiva si applica alle particolari competenze e capacità che un determinato tipo di macchina evidenzia”). • AI tecnologica. Partendo dallo studio delle unità fondamentali dell’intelligenza (i neuroni) e del loro funzionamento, la AI ne trae ispirazione per produrre la versione tecnologica delle unità fondamentali e ideare i modi in cui è possibile connetterle per farle operare come un complesso collettivo intelligente • AI virtuale, cioè solo software • AI reale, che combina software e hardware, per esempio in un robot • Embodiment come concetto centrale, che mette in relazione input sensoriale e output motorio: “La percezione del mondo ha un grande impatto sull’intelligenza”, dato che una “porzione significativa del nostro cervello è dedicata all’elaborazione di informazioni sensoriali”. Warwick passa rapidamente in rassegna i vari tipi di input sensoriale: visione (scomposta nelle sue fasi di acquisizione [conversione della luce in segnale elettrico, conversione del segnale analogico in digitale, correlazione fra valore digitale e pixel], filtraggio per eliminazione del rumore, identificazione di margini / linee o di regioni, confronto dell’”immagine” con modelli, comprensioni delle immagini), determinazione della distanza e del movimento degli oggetti (con tecniche di triangolazione, laser, sonar, radar, sensori e rivelatori a infrarossi per la visione notturna), determinazione del movimento del robot (con sensori ottici), tatto, udito (identificazione dell’attività vocalica), olfatto, gusto, sensibilità ai raggi ultravioletti e raggi X. Queste ultime tipologie di sensi sono finalizzate in primo luogo a supportare le attività umane tramite la percezione di segnali a cui gli uomini non sono sensibili • AI biologica. Ha un approccio radicalmente diverso dalla AI tecnologica, poiché si basa sullo “sviluppo di neuroni biologici in vitro” con l’obiettivo di formare un cervello biologico artificiale. In quest’ambito la ricerca si muove nella direzione di “far crescere un cervello in provetta e dotarlo di un corpo con cui possa percepire il mondo e muoversi in esso”. AI classica Warwick sottolinea che la AI classica ricerca un supporto all’intelligenza umana, non un’intelligenza autonoma, sfruttando alcuni vantaggi delle macchine: “velocità di elaborazione, precisione dei calcoli matematici, estensione della memoria, comprensione di dati complessi e capacità di funzionare 24 ore al giorno per 7 giorni alla settimana”. Anche la filosofia nata a supporto della AI classica è viziata dalla “volontà di considerare l’intelligenza umana come qualche cosa di speciale, e di tentare di dimostrare che i computer … sono in qualche modo inferiori”. Dai filosofi dell’epoca questa posizione è giustificata da differenze ineffabili fra uomo e macchina (comprensione, consapevolezza, coscienza, libero arbitrio), da peculiarità materiche e da specificità nel rapporto fra mente e corpo (sensi). 3 Petra Dal Santo (dalsanto@keanet.it)
  • 4. Kea s.r.l. | Via Strà, 102 | 37042 Caldiero (VR) Tel. / Fax: +39 045 6152381 Web: www.keanet.it | E-mail: info@keanet.it Ecco alcuni fra i principali sistemi che rientrano nella AI classica: • Sistemi basati su regole, secondo la struttura “if … then”. Forse il sistema più diffuso soprattutto in ambito industriale grazie soprattutto alla relativa facilità di programmazione, all’idoneità a gestire le informazioni del mondo reale, alla capacità di gestire le incertezze e alla velocità di risposta. Limiti di questi sistemi sono riconducibili alla difficoltà di raccogliere le regole, all’esplosione combinatoria (proliferazione delle regole, che può rendere il sistema molto lento e il debug molto problematico), nonché alla concentrazione sulla sola funzione raziocinante del cervello umano. Questi sistemi ragionano su fatti concernenti un singolo campo, sulla base di dati, di regole fondate sulla logica classica o sulla logica fuzzy (per gestire le incertezze) e di regole per la risoluzione dei conflitti (che definiscono la priorità fra le varie regole). I sistemi basati su regole possono apprendere tramite meccanismi di ricompensa delle soluzioni vincenti, facendo sì che a fronte delle stesse condizioni sia più probabile che la macchina compia la scelta migliore • Data mining. “I sistemi AI sono perfettamente attrezzati allo scopo, grazie alla loro capacità di immagazzinare enormi quantità di dati e di estrapolare tutte le relazioni interne ai dati stessi, al fine di realizzare modelli, connessioni e collegamenti significativi”. Il data mining sta alla base di applicazioni in campo marketing, finanziario e di contrasto alle attività criminali, finalizzate a prevedere il comportamento di gruppi o singoli • Problem solving. Quando non c’è una sola, ma svariate soluzioni servono metodi per individuare la migliore, come per esempio nel caso dei sistemi di navigazione satellitare. Nell’ambito della AI classica i principali metodi di problem solving sono la ricerca prima in ampiezza, la ricerca prima in profondità o a profondità limitata, la ricerca bidirezionale e quella euristica, applicabile se si è già in possesso di informazioni relative al problema e si hanno quindi aspettative fondate su che cosa ci si aspetta di trovare • Sistemi basati su frame. “Un frame rappresenta la conoscenza-tipo richiesta nella vita di tutti i giorni su una determinata entità”. In questi sistemi la conoscenza è disposta su livelli gerarchici di approfondimento successivo, mentre le procedure sono eseguite al variare di determinati valori o su richiesta. AI moderna L’approccio classico all’intelligenza artificiale è “particolarmente funzionale quando si ha a che fare con compiti ben definiti, per i quali è appropriato disporre di un circoscritto insieme di regole”, mentre “non funziona altrettanto bene … quando si presenta una situazione nuova e leggermente diversa … E’ possibile affrontare al meglio questo problema osservando il funzionamento del cervello nei suoi aspetti fondamenti”. Ecco il compito che si prefigge la AI moderna ed è questo il motivo principale del passaggio dalla AI classica a quella moderna. A differenza di quella classica, l’AI moderna segue un approccio biologico, dall’interno, bottom-up, studiando la struttura, il funzionamento e le connessioni delle unità fondamentali dell’intelligenza (i neuroni) per trarne ispirazione e produrne la versione tecnologica, ideando i metodi di connessione necessari a farli operare come un complesso collettivo intelligente. Warwick sottolinea l’importanza del fatto che la struttura delle connessioni fra i neuroni, sia biologici che tecnologici, “si deve in parte al corredo genetico … e in parte all’esperienza: a mano a mano che l’individua impara, le connessioni … si 4 Petra Dal Santo (dalsanto@keanet.it)
  • 5. Kea s.r.l. | Via Strà, 102 | 37042 Caldiero (VR) Tel. / Fax: +39 045 6152381 Web: www.keanet.it | E-mail: info@keanet.it rinforzano (positivamente) o si indeboliscono (negativamente), facendo sì che l’individuo mostri una maggiore o minore probabilità di comportarsi in un determinato modo”. I principali metodi di connessione fra neuroni tecnologici sono: • ANN (artificial neural network, rete neurale artificiale). Si focalizza sul numero di neuroni messi in rete. Nell’ambito delle ANN sono particolarmente rilevanti: • Percettroni, particolari tipi di neuroni in grado di classificare le informazioni • Reti neurali a organizzazione autonoma: permettono di inferire la configurazione di input che ha determinato un certo output, basandosi sulla regione attiva all’interno della matrice quadrata su cui sono disposti i neuroni. “Questo tipo di mappa può essere utile per riconoscere un’ampia gamma di input diversi”, come per esempio nel caso del riconoscimento del parlato • Reti N-uple: sono costituite da neuroni al cui interno è registrata la connessione 1-1 fra input e output. Questo tipo di rete è particolarmente utile per il riconoscimento di immagini • Computazione evolutiva e algoritmi genetici. Si focalizza sull’evoluzione biologica di algoritmi genetici. Nell’ambito del problem solving “lo studio dell’evoluzione biologica è stato fonte di ispirazione per l’ideazione di una strategia … nel caso in cui la ricerca della soluzione … parta da una serie di soluzioni potenziali … o per creare nuove soluzioni … Programmando in un computer alcuni dei processi fondamentali dell’evoluzione biologica, possiamo ottenere un procedimento in grado di adattare (migliorare) una soluzione a un problema AI a partire da una popolazione di soluzioni potenziali … Le diverse soluzioni all’interno di una generazione si mescolano tra loro (geneticamente, tramite accoppiamento) producendo una nuova, e migliore, generazione)”. Apposite funzioni di fitness valutano gli algoritmi genetici così generati per stabilire il grado di efficacia delle soluzioni: “Nel caso degli algoritmi genetici è possibile che una popolazione di geni … migliori attraverso il processo evolutivo grazie alla presenza di un fattore di valutazione esterno, ovvero la funzione di fitness” • Architetture ad agenti. Si focalizzano sulla segmentazione / ricomposizione di problemi e soluzioni. Sono particolarmente utili nell’ambito del problem solving, tant’è che ne sono un esempio gli agenti software che operano autonomamente sui mercato finanziari. ANN, computazione evolutiva e più ancora le architetture ad agenti prevedono un approccio per cui “l’intelligenza generale è distribuita … piuttosto che essere immagazzinata in un deposito centrale”, come nel caso della AI classica. “Il comportamento intelligente nel suo insieme nasce a partire da un insieme di entità semplici, che interagiscono tra loro e che sono … semi-autonome”. In particolare la computazione evolutiva e le architettura ad agenti lasciano trasparire l’importanza che la AI moderna assegna al concetto di società e in particolare all’aspetto per cui “semplici celle individuali sono in grado di mostrare un comportamento sociale ed evolutivo complesso semplicemente grazie alla reciproca interazione”, facendo “emergere un comportamento globale apparentemente intelligente, potenzialmente sconosciuto ai singoli agenti”, come nel caso di stormi di uccelli, formiche, api. Intelligenza collettiva dei nuovi media. 5 Petra Dal Santo (dalsanto@keanet.it)