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Università degli Studi di Cassino
       FACOLTÀ DI ECONOMIA
    Anno Accademico 2006-2007


             Insegnamento:

“PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO”




  Docente: Prof. Avv. Federico BORTOLI




                                         1
IL CONTROLLO DI GESTIONE:
DEFINIZIONI E CONCETTI GENERALI
(PIANIFICAZIONE, PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO) ..... 3

LA PIANIFICAZIONE STRATEGICA .................................... 45

ANALISI DEGLI SCOSTAMENTI NEI COSTI E RICAVI:
REPORTING ECONOMICO – STRUMENTI E METODI........... 47

ANALISI DI CONVENIENZA ECONOMICA: ANALISI COSTI-
VOLUMI-RICAVI ............................................................... 58

LA CONTABILITÀ E L’ANALISI DEI COSTI:
CLASSIFICAZIONE, CONFIGURAZIONE, DETERMINAZIONE
IL CONSOLIDAMENTO DEI BUDGET SETTORIALI .............. 61

BUDGETING ECONOMICO – STRUMENTI E METODI........... 73

CONTROLLO COMMESSE – CARATTERI DISTINTIVI E
METODI ............................................................................ 94

DEFINIZIONE E COSTRUZIONE DI BUDGET ECONOMICO
(CASO PRATICO) ............................................................ 134

ANALISI DIFFERENZIALE: VALUTAZIONE ECONOMICO-
FINANZIARIA DELLE STRATEGIE (MODELLO
CONTABILE E CREAZIONE DEL VALORE)......................... 187

REPORTING ECONOMICO (CASO PRATICO) .................... 195

REVISIONE DEL BUDGET - ANALISI DEGLI
SCOSTAMENTI - ANALISI DI CONVENIENZA
ECONOMICA - AZIONI CORRETTIVE
(CASO PRATICO) ............................................................ 237

COMMESSE ULTRANNUALI (CASO PRATICO) .................. 294

GLI INDICATORI DI PERFORMANCE ............................... 338
IL CONTROLLO DI GESTIONE


1. PIANIFICAZIONE E CONTROLLO DI GESTIONE

1.1 CONTENUTI E LOGICHE




“CONTROLLO    DI   GESTIONE” è sinonimo di “monitoraggio” e quindi
comporta adeguate misurazioni della gestione, rese possibili da
opportune metodologie contabili ed extra contabili.

a. Il Controllo di gestione è un “SISTEMA DIREZIONALE”, cioè un
  insieme di principi, di regole, di strumenti messi a disposizione
  della direzione aziendale per consentirle di prendere decisioni
  corrette, in rapporto agli obiettivi da raggiungere o, meglio, più
  corrette di quelle che prenderebbe in assenza di un vero e proprio
  sistema di monitoraggio. In particolare il sistema di controllo di
  gestione è articolabile in due componenti:
  -   una componente “strutturale”;
  -   una componente di “processo”.
  La componente di struttura, a sua volta, è distinguibile in due
  elementi:
                                                                       3
l’articolazione dell’azienda in sub-sistemi che formano oggetto
      di monitoraggio;
      l’insieme di metodologie di misurazione contabile ed extra-
      contabile mediante le quali vengono quantificati i risultati dei
      sub-sistemi di cui sopra.
  Il processo del controllo riguarda invece l’attività manageriale nelle
  varie fasi del controllo di gestione: ad esempio le modalità e i
  tempi di costruzione del budget, i criteri di discussone e di
  utilizzazione dei report, e così via. Quella di processo è la
  componente “dinamica” del sistema, e riguarda sia le modalità
  tecnico-organizzative del budgeting e del reporting, sia aspetti più
  soft, come lo “stile di controllo” che è il modello di comportamento
  manageriale nelle fasi suddette.

b. Il primo e fondamentale attore del processo di controllo di gestione
   è la “direzione” aziendale, intesa come insieme di manager dotati
   delle   leve   decisionali   (e   delle   responsabilità)   necessarie   e
   sufficienti per gestire risorse, operanti ai vari livelli della struttura
   organizzativa.
   Ciò significa che:
      tutti i manager (non solo l’Alta Direzione) sono attivamente
      coinvolti nel processo di controllo gestionale, fino ai livelli
      inferiori della struttura organizzativa: responsabili di divisione,
      di funzione, di ufficio, ecc.;
      l’Alta Direzione è comunque il primo e principale protagonista
      del controllo di gestione;
      gli specialisti del Controllo di Gestione (i cosiddetti “Controller”)
      esercitano un ruolo fondamentale nella progettazione del
      sistema,      nel   suo   funzionamento      tecnico     e   nella   sua
      manutenzione.
c. Il Controllo di Gestione va inteso innanzitutto come sinonimo di
   monitoraggio dei risultati della gestione. Grazie al sistema di

                                                                                 4
controllo i manager si accertano del grado di “efficienza” e di
  “efficacia”      della   gestione,     cioè   verificano    l’esistenza   di   due
  caratteristiche attitudinali dalla cui combinazione risulteranno le
  performance aziendali.
  È quindi opportuno definire tecnicamente i due termini:
  - l’efficienza     è l’attitudine dell’azienda o di un sub-sistema ad
                 ottimizzare la quantità di risorse (input) occorrenti per
                 ottenere un determinato volume di output (o di
                 “produzione” intesa in senso ampio); il modo più
                 consueto       per      misurare      l’efficienza   consiste   nel
                 calcolare il costo unitario di “prodotto”
  - l’efficacia è     invece     l’attitudine     ad     ottimizzare    i   risultati
                 riguardanti gli output della gestione e può riguardare
                 aspetti come: la quantità di “produzione”, la qualità
                 della stessa, la tempestività di consegna il livello di
                 servizio al cliente, ecc.

d. Il monitoraggio delle condizioni di efficienza e di efficacia della
  gestione, deve essere ancorato a dei parametri. Questi ultimi, in
  definitiva, traggono origine dagli “obiettivi” di fondo della gestione,
  esplicitati in quel processo direzionale che viene comunemente
  denominato “pianificazione strategica”. Gli obiettivi di fondo della
  gestione sono gli obiettivi di lungo periodo a cui mira l’azienda,
  esprimibili in vari modi a seconda del tipo di azienda, di assetto
  proprietario       della     stessa,     di   ambiente        economico-politico
  circostante e di altre importanti variabili. Tra i modi più frequenti
  di esprimere gli obiettivi della gestione, ricordiamo ad esempio la
  redditività del capitale, oppure la creazione di valore economico
  del capitale stesso.
  Occorre precisare che in realtà, per guidare concretamente le
  scelte e monitorarne i risultati, va definito un sistema di obiettivi e
  di sub-obiettivi coerenti. Inoltre vanno esplicitati i vincoli che

                                                                                        5
condizionano le decisioni aziendali e limitano la possibilità di
   ottimizzare i risultati finali.
   Il processo direzionale in cui gli obiettivi in oggetto sono esplicitati
   è la Pianificazione Strategica; con essa si tenta di formulare in
   modo coerente e armonico un insieme di decisioni grazie a cui la
   direzione, dà un volto durevole all’azienda, decidendo cosa
   produrre e per chi (cioè sceglie le strategie di business e di
   “portafoglio”, se si tratta di un’azienda di produzione per il
   mercato) e formula i piani di azione con cui dare attuazione
   concreta alle strategie suddette (quali e quante risorse occorrono,
   quali   sono    i   tempi   di    attuazione   dei   singoli   progetti   di
   investimento). Inoltre esprime in modo chiaro e univoco a quali
   obiettivi le strategie e i piani operativi mirano e in quali tempi essi
   andranno realizzati.




1.2 TIPI DI PIANIFICAZIONE E CONTROLLO

In azienda convivono più forme di controllo, e anche più tipi di
pianificazione. Ciò che comunemente chiamiamo “pianificazione e
controllo” corrisponde ad un particolare sistema direzionale, rivolto
alla corretta formulazione delle decisioni strategiche e operative, al
monitoraggio dei risultati e alla responsabilizzazione dei manager.


La Pianificazione, nel linguaggio economico aziendale, normalmente è
associata all’aggettivo “strategica” e, come tale, comporta processi
decisionali di contenuto rilevante e di ampiezza temporale estesa.
Con ciò s’intende dire che la pianificazione strategica ha per oggetto
decisioni con cui si dà all’azienda un volto durevole e che l’orizzonte
temporale di riferimento, necessario per ottenere i risultati delle
scelte in oggetto, è di regola pluriennale.



                                                                                  6
Il termine PIANIFICAZIONE viene usato quando si proietta la gestione
dell’azienda nel lungo periodo; per ciò che si riferisce alle scelte di
breve    periodo,      tipicamente        annuali,    si        usa     il     termine
PROGRAMMAZIONE.
Quando si parla di programmazione nell’ambito di un sistema di
pianificazione   e     controllo,    di     solito   la    si     qualifica       come
programmazione di esercizio e la si associa al tipico strumento di
programmazione che è il Budget.

Il termine CONTROLLO, ancora più del termine pianificazione, ha una
varietà di significati e può generare non pochi equivoci.
Il CONTROLLO DI GESTIONE va tenuto distinto da altre forme di
controllo esercitate in azienda ed in particolare da tutte quelle forme
di controllo che hanno per oggetto le “azioni” e gli “atti” piuttosto che
i risultati. Intendiamo riferirci a forme di controllo che di volta in volta
vengono denominate così:

- controllo burocratico: tipico      delle      Amministrazioni              Pubbliche,
                       esercitato sugli atti e sulla loro correttezza
                       formale e solitamente attuato da organi esterni
                       all’amministrazione stessa;

- internal auditing:   controllo che verte principalmente sul rispetto
                       delle procedure prescritte dall’azienda;

- ispettorato:         simile al precedente, spesso con enfasi sul
                       controllo    della    “consistenza”        del        patrimonio
                       aziendale.

CONTROLLO DI GESTIONE è invece sinonimo di controllo dei
RISULTATI, cioè trascura il modo in cui questi sono stati raggiunti per
concentrarsi sulla performance finale.

Il termine controllo, pur nell’ambito del sistema direzionale di
Pianificazione e Controllo, viene spesso usato in una pluralità di
significati e di sfumature, che in questi ultimi anni si sono moltiplicati,

                                                                                          7
generando confusione in un campo che di equivoci già abbonda.
Tenteremo di chiarire alcuni termini come:

  Controllo strategico che può essere inteso in due modi:
  - come controllo della validità di una strategia
  - come controllo gestionale sulle variabili ritenute strategiche per il
    successo dell’azienda.
  Nel primo significato è parte integrante della pianificazione
  strategica, perché si risolve in una revisione periodica delle scelte
  di business, di nicchia di mercato, ecc. Nel secondo, controllo
  strategico vuol dire monitoraggio delle variabili critiche di gestione,
  cioè dei fattori più significativi per assicurare all’azienda un
  successo durevole in termini di capacità di reddito, di creazione di
  valore economico o di altri risultati.

  Controllo   operativo   che    tradizionalmente    viene    inteso   come
  controllo su specifiche operazioni di gestione, e spesso è attuato
  nel brevissimo periodo o addirittura in tempo reale: ad esempio è
  operativo in senso stretto il controllo degli ordini ricevuti dai clienti
  o il controllo dei pezzi difettosi prodotti. In questo senso il
  controllo operativo viene distinto dal controllo di gestione che si
  attua con una certa periodicità.

  Controllo organizzativo che da alcuni è inteso come un sistema
  avente implicazioni psico-sociali e culturali, con cui l’azienda cerca
  di influenzare il comportamento degli individui e viene tenuto
  distinto dai sistemi di controllo che tentano di garantire la
  coerenza dei comportamenti individuali rispetto agli obiettivi
  aziendali mediante misurazioni sofisticate, sub-obiettivi coerenti
  con gli obiettivi aziendali, e altri ingredienti tecnici evoluti.




                                                                              8
1.3 GLI OGGETTI DEL CONTROLLO DI GESTIONE
Una domanda che, a prima vista, può sembrare retorica è la
seguente: che cosa bisogna controllare? Ovvero, di quali “oggetti”
occorre monitorare l’efficienza e l’efficacia?

Controllare la gestione significa sempre:

    monitorare i risultati a livello globale di sistema

    monitorare i risultati a livello di sub-sistemi significativi

Per esempio, attraverso il bilancio d’esercizio si apprezzano i risultati
economici e finanziari dell’azienda nel suo insieme, mentre con la
contabilità analitica si determinano i costi e i risultati economici dei
singoli prodotti.

I principali modi di disaggregare il sistema-azienda sono i seguenti:

-   in base all’operatività della gestione;

-   per prodotti;

-   per clienti;

-   per zone geografiche servite;

-   per canali distributivi;

-   per progetti o commesse;

-   per aree funzionali;

-   per processi.




1.4    LE FASI DEL PROCESSO DI CONTROLLO E I RELATIVI
MECCANISMI

Il controllo di gestione, inteso come processo manageriale, si articola
in una pluralità di fasi, cioè si volge in più momenti nel corso della
gestione. Le fasi in oggetto possono così dividersi:

    Controllo ascendente: consiste nell’accertamento dell’idoneità dei
    programmi       operativi   di   gestione,   normalmente        annuali,   a

                                                                                   9
contribuire     positivamente        al    raggiungimento       degli    obiettivi
    esplicitati dal piano strategico.

    Controllo concomitante: è il controllo per antonomasia: esso si
    esercita, di regola, ad intervalli prestabiliti, in corso d’anno (ad
    esempio     mensilmente        o    bimestralmente)        e   si   propone     di
    monitorare     l’andamento         della   gestione   attraverso     i   risultati,
    parziali o intermedi, che via via si manifestano.

    Controllo susseguente: ha luogo a consuntivo, quando i risultati
    finali si sono già manifestati: ad esempio a fine anno o a fine
    progetto.

Le varie fasi del processo di controllo richiedono sempre l’istituzione
di un confronto tra risultati attesi e risultati effettivi. Per essere più
precisi:

-   il controllo antecedente richiede un confronto tra i risultati previsti
    dal piano per l’arco di tempo abbracciato dal budget e i risultati
    conseguibili con il budget da approvare;

-   il controllo concomitante richiede un confronto tra i risultati
    intermedi, riferiti ad un periodo infrannuale ed esplicitati dal
    budget, ed i risultati, sempre intermedi ma effettivi, rilevati
    contabilmente o extra-contabilmente;

-   il controllo susseguente richiede un confronto tra i risultati attesi
    ed i risultati finali effettivi.

Per   operare     tale   confronto       si    ricorre   ad   appropriate     regole,
normalmente denominate “meccanismi di controllo”. Il meccanismo di
controllo per eccellenza si chiama feed-back e consiste nel confronto
tra risultati attesi o obiettivi e risultati effettivi.




                                                                                          10
Meccanismo di feed-back




            Definizione
             obiettivi




                             Confronto obiettivi vs                  Interventi
              Azioni        consuntivi e analisi degli                correttivi
                                 scostamenti



                                                          sugli                     sulle
                                                         obiettivi                 azioni
            Rilevazione
            consuntivi




1.5 LE METODOLOGIE E GLI STRUMENTI DI MISURAZIONE
Parlare di metodi e di strumenti del controllo di gestione significa
rivolgere l’attenzione innanzitutto alle determinazioni economico
quantitative d’azienda, cioè alla misurazione economica dei fatti di
gestione.

Metodi e strumenti del controllo di gestione sono sia contabili, sia
extra-contabili, cioè basati su misurazioni quantitativo fisiche. Nel
primo caso l’unità di misura è monetaria, nel secondo è fisica, e come
tale diversa a seconda del fenomeno da misurare.




                                                                                            11
STRUMENTI CONTABILI ED EXTRA-CONTABILI DEL CONTROLLO DI
                                 GESTIONE



     Contabilità generale e
      bilancio d'esercizio                       Contabilità analitica




                                 Reporting




   Budget e altre misurazioni                        Rilevazioni
         a preventivo                              extra-contabili




- le informazioni riguardanti la gestione passata dell’azienda nel suo
 insieme, espresse in termini contabili, sono individuate sotto la
 denominazione di “contabilità generale e bilancio”;

- le informazioni riguardanti la gestione passata di specifici sub-
 sistemi aziendali (ad es. prodotti), sempre espresse in termini
 contabili, sono individuate come “contabilità analitica”;

- le informazioni riguardanti la gestione futura dell’azienda nel suo
 insieme e i singoli sub-sistemi, sempre espresse in termini contabili,
 corrispondono al “budget”;

- le informazioni sulla gestione passata e futura, a livello d’azienda e
 di sub-sistema, sono indicate come “Rilevazioni extra-contabili”;

- è chiamato “Reporting” l’insieme delle informazioni di vario tipo
 (contabili    ed     extra-contabili)   che   vengono      opportunamente
 selezionate e presentate, sotto forma di “report” o rendiconti
 periodici di controllo, al management, affinché questo possa fare le
 sue analisi, valutazioni e scelte.

                                                                             12
Un report può essere inteso come un documento che mette a
 confronto risultati attesi (ad es. di budget) con risultati effettivi (ad
 es. rilevati dalla contabilità analitica) e ne evidenzia gli scostamenti.

In materia di strumenti di controllo è necessaria una precisazione,
riguardante il ruolo del Sistema Informativo aziendale. Quest’ultimo è
un insieme di elementi per raccogliere, elaborare e archiviare dati allo
scopo di produrre e distribuire informazioni a tutti i soggetti aziendali
che ne hanno bisogno per decidere e operare. Tali elementi sono:

 un patrimonio di dati (e di informazioni);

 le   procedure   per   acquisire   e   trattare   dati   e   così   produrre
 informazioni;

 i mezzi tecnici per trattare, trasferire archiviare dati e informazioni.

Un sistema informativo è automatizzato quando i mezzi tecnici di cui
sopra consistono nel computer; in tal caso le procedure sono
costituite da programmi (o software) funzionanti sul calcolatore.




2. ANALISI ECONOMICHE PER IL CONTROLLO DI GESTIONE
2.1   ANALISI DEI COSTI: CLASSIFICAZIONI RILEVANTI PER IL
      CONTROLLO DI GESTIONE
I costi di produzione, cioè l’espressione monetaria della quantità di
risorse impiegate nello svolgimento di un’attività produttiva, sono
variamente classificabili e analizzabili. Le classificazioni più importanti
ai fini del controllo di gestione sono le seguenti:

 secondo la loro “NATURA”;

 secondo l’”AREA DI GESTIONE” di pertinenza;

 secondo le loro modalità di “IMPUTAZIONE” agli oggetti di calcolo;

 secondo il loro “COMPORTAMENTO” al variare del volume di
 produzione;

                                                                                13
secondo la modalità della loro “PROGRAMMAZIONE”;

 secondo la loro “CONTROLLABILITA’”.

2.2   CLASSIFICAZIONE DEI COSTI PER “NATURA”

La classificazione dei costi per natura è la più immediata e ovvia, in
quanto si basa sulle caratteristiche fisiche ed economiche dei fattori
produttivi impiegati nei processi di gestione. Si parla così di costi del
personale, delle materie prime, di quote di ammortamento dei
macchinari, di oneri finanziari, ecc.




2.3   CLASSIFICAZIONE         DEI     COSTI     SECONDO        L’”AREA     DI
      GESTIONE” DI PERTINENZA

Parlando di “area di gestione” in questo contesto, intendiamo riferirci
alle macro aree seguenti:

- gestione operativa o caratteristica;

- gestione finanziaria;

- gestione straordinaria;

- gestione atipica;

- gestione tributaria;

cioè alle aree in cui è articolabile il conto economico di analisi
reddituale, ai fini delle analisi di bilancio. In particolare, nell’area della
gestione operativa ricadono tutti i principali costi che vengono
analizzati dal controllo gestione: materie, mano d’opera, stipendi,
ammortamenti, ecc., mentre alla gestione finanziaria appartengono
gli oneri finanziari o interessi passivi, cioè i costi sostenuti per
l’acquisizione del capitale di credito.




                                                                                 14
2.4   CLASSIFICAZIONE         DEI   COSTI     SECONDO      MODALITA’       DI
      “IMPUTAZIONE” AI LORO OGGETTI

Sotto questo profilo, i costi possono distinguersi in due categorie:

- Costi diretti

- Costi indiretti

I costi diretti si imputano mediamente misurazione oggettiva della
quantià di risorse da impiegare o effettivamente impiegate per un
certo oggetto (centro, prodotto, ecc) oppure mediante attribuzione
nella sua interezza di un costo che è sostenuto solo per quell’oggetto
e non per altri.

I costi indiretti invece, si imputano mediante una ripartizione sempre
soggettiva, in proporzione ad una grandezza nota assunta come base
di imputazione. Nei confronti dei vari prodotti o famiglie di prodotti
aziendali, sono costi indiretti le spese amministrative, gli affitti o gli
ammortamenti dei fabbricati, gli oneri finanziari e così via.




2.5   CLASSIFICAZIONE         DEI    COSTI       SECONDO        IL     LORO
      “COMPORTAMENTO”

L’analisi del comportamento dei costi presuppone che i costi dei
fattori   produttivi   vengano   messi   in   relazione   con   le   variabili
esplicative o deteminanti che ne causano il sostenimento.

Tradizionalmente l’analisi dell’andamento o della variabilità dei costi è
stata condotta in rapporto alla variabile esplicativa “volume”, cioè alla
quantità di produzione o di vendita di certi beni o servizi. Tale enfasi
sulla variabile volume è determinata da due circostanze principali:

- il volume è una variabile sempre più o meno critica ai fini dei
 risultati economici attesi




                                                                                 15
- le sue relazioni con i costi sono più agevolmente analizzabili e
 “modellizzabili” di quanto non lo siano le relazioni tra costi e altre
 variabili.

Concentrarsi sul volume significa trascurare ogni altra variabile
esplicativa dell’entità del costo delle risorse (ad esempio ipotizzare
come dati un certo livello di efficienza e un certo livello di prezzo
acquisto) e analizzare come (secondo quale “legge”) variano i costi in
ipotesi alternative di livello di attività.

In tale ottica, si è soliti distinguere i costi, nelle analisi economico-
aziendali, così:

- costi variabili;

- costi fissi;

- costi misti.

I costi variabili vengono comunemente intesi come i costi il cui
importo totale varia in proporzione al volume di produzione. Una voce
di costo è variabile se, ipotizzando un aumento di volume del 10%
rispetto ad un certo livello di attività prestabilito, l’ammontare del
costo della risorsa in questione aumenta a sua volta del 10%.

I costi fissi sono quelli che restano invariati. Tra i più significativi costi
aventi andamento costante sono da ricordare gli stipendi del
personale dirigente e impiegatizio (e pure operaio, quando la
retribuzione non sia commisurata ai volumi prodotti), le quote di
ammortamento dei costi pluriennali di immobilizzazioni tecniche o
d’altro genere, nonché parecchie altre cosiddette “spese generali”
(per illuminazione, riscaldamento, servizi postali e telefonici, premi di
assicurazione, ecc.)

I costi misti (o semi-variabili) sono generalmente intesi come i costi
che al variare del volume sono distinguibili in due componenti:




                                                                                 16
quella fissa, che si sostiene comunque, indipendentemente dal
 volume;

 quella variabile, il cui ammontare totale varia in proporzione al
 volume.

Per esempio, i costi di talune utenze di servizi (es. energia elettrica
per forza motrice, gas, acqua, ecc.), comportano il sostenimento di
un costo “fisso” a titolo di canone e di un costo variabile in
proporzione ai consumi (questi ultimi proporzionali ai volumi di
produzione).




2.6   CLASSIFICAZIONE           DEI     COSTI   SECONDO    IL    LORO
      “COMPORTAMENTO”               APPROFONDITI     IN    UN’OTTICA
      MANAGERIALE

L’analisi del comportamento dei costi richiede alcune importanti
precisazioni, al fine di sciogliere possibili equivoci e per poterla
rendere utile ai fini operativi.

Le più rilevanti riflessioni in merito riguardano:

 I limiti di “significatività” dell’analisi;

 Il concetto di risorse “impegnate”;

 Il significato “gestionale” dei parametri.

a. Limiti di significatività
   Il comportamento dei costi al variare del volume rischia di essere
   un problema indeterminato, o comunque ambiguo, se non si fanno
   alcune precisazioni riguardanti l’ottica in cui il manager si pone
   allorché compie la corrispondente analisi. È ragionevole supporre
   che l’ottica in oggetto sia innanzitutto quella del budget, cioè
   dell’azienda che si accinge a formulare i propri programmi di
   gestione per un periodo sufficientemente breve e “dominabile”,
   disponendo già di una struttura o capacità decisa “a monte”, in
                                                                          17
sede di pianificazione strategica, che in questa fase non viene
rimessa in discussione. Tale “capacità” impone una serie di costi
che l’azienda deve sostenere comunque, nel periodo di budget,
quale che sia il suo grado di utilizzo: si tratta di costi di “capacità”,
che restano costanti per un intervallo di produzione solitamente
piuttosto ampio. All’interno di tale intervallo, gli altri costi
presentano un comportamento così classificabile:

- costi variabili in proporzione al volume, o costi “variabili” tout
    court;

- costi variabili in rapporto al volume, ma solo “a scatti”, con un
    andamento     “a      scalini”   (intesi    come    scalini   relativamente
    “larghi”);

- costi la cui variabilità non ha come fattore esplicativo il volume di
    produzione.

I primi sono i costi variabili nel vero senso della parola.

I secondi hanno una variabilità in rapporto al volume, che in
genere viene “bloccata” in sede di budget, cioè con le decisioni sui
cui quest’ultimo si basa.

I    terzi   vengono       decisi    anno      per   anno,   prescindendo   da
considerazioni di volume, e una volta “stanziati” sono assimilabili
agli altri costi fissi.

In definitiva in fase di costruzione del budget annuale:

     si prende atto delle strategie con cui una serie di “capacità” è
     già stata preordinata ed è immodificabile nel breve periodo che
     impongono una serie di costi fissi;

     si decide il grado di utilizzo di tale capacità, e, con esso si
     determina l’entità dei costi il cui andamento è stato dianzi
     definito “variabile a scalini”;

     si decide l’entità di alcuni costi la cui misura è svincolata dalla
     variabile “volume”, ma dipende da decisioni “discrezionali” degli

                                                                                  18
organi direttivi, solitamente finalizzate allo “sviluppo”, senza
      una ricaduta sui risultati di breve periodo e senza la possibilità
      di istituire un rapporto quantitativo significativo tra obiettivi
      perseguiti e risorse occorrenti.

b. Il concetto di risorse impegnate
   La precedente analisi del comportamento dei costi in rapporto al
   volume può essere utilmente approfondita introducendo il concetto
   di “risorse impegnate” e di “flusso potenziale di servizi” ottenibile
   con le medesime. Per la precisione, i vari fattori produttivi
   differiscono per la prontezza di adattamento dei loro consumi
   rispetto al fabbisogno, cioè rispetto alla domanda dei loro servizi
   che la produzione suscita.

   Illustriamo qui di seguito alcuni casi tipici:

   - vi sono risorse come le materie prime il cui costo può essere
    tempestivamente adattato alle esigenze della domanda generata
    dai livelli di produzione; se questa è inferiore alla previsioni, il
    consumo di materie prime può essere agevolmente ridotto;

   - i costi di altre risorse, come la mano d’opera diretta, spesso
    presentano      un    grado       di   adattabilità      minore,    benché
    tradizionalmente siano annoverati tra i costi variabili . Infatti la
    mano d’opera, in ambienti economici dove tale risorsa non è
    facilmente    licenziabile    o    “flessibilizzante”,    viene    acquisita
    dall’azienda e remunerata perché metta a disposizione un flusso
    potenziale di servizi;

   - nell’ambito dei costi comunemente denominati “fissi”, spesso
    coincidenti con le cosiddette “spese generali”, ovvero con tutto
    ciò che non è materia prima, il fenomeno dell’”impegno” di
    risorse in anticipo rispetto al manifestarsi del loro fabbisogno, è
    ancora più evidente.



                                                                                   19
2.7   CLASSIFICAZIONE DEI COSTI SECONDO LE MODALITA’ DELLA
      LORO PROGRAMMAZIONE

Quando si costruisce un programma di gestione e lo si traduce in
termini economici, nasce un problema di grande rilevanza: come si
quantifica a preventivo l’entità dei costi corrispondenti alle risorse da
impiegare?

Si sono individuate le due categorie di costi vincolanti e dei costi
discrezionali . Naturalmente vi sono altri costi che non “piovono”
dall’alto (dal piano strategico) o non sono il frutto di scelte
soggettive, si tratta di costi “parametrici”, cioè di risorse il cui
consumo è misurabile a priori in maniera “oggettiva”, perché esistono
dei parametri tecnici. I costi parametrici includono i costi variabili, ma
accolgono anche costi non di rado trattati come fissi.



2.8   CLASSIFICAZIONE         DEI    COSTI      SECONDO       LA        LORO
      CONTROLLABILITA’

Questa classificazione chiama in causa un particolare momento del
controllo di gestione, vale a dire la valutazione dei risultati e la
responsabilizzazione dei soggetti sui medesimi. Al riguardo si è soliti
distinguere tra:

   costi controllabili;

   costi non controllabili;

In primo luogo si tratta di una distinzione che ha valore relativo: un
costo ha un certo grado di controllabilità a livello di specifico centro di
responsabilità;    cambiando     centro   di   responsabilità,     la    sua
controllabilità cambia.

In secondo luogo “controllabile” va inteso come “influenzabile in
maniera diretta e in misura significativa” con leve decisionali a
disposizione. In quanto tale, comporta la responsabilizzazione del


                                                                               20
soggetto che guida quel dato centro, anche se questi non ha la
“piena” controllabilità del costo.

Infine occorre segnalare che non sempre nelle aziende è pacifico che i
costi “non controllabili” debbano essere esclusi dai risultati di cui un
soggetto è responsabile. Il problema si pone soprattutto per i costi
indiretti o generali aziendali, quote dei quali, dovrebbero essere
attribuite ai centri di responsabilità che compongono la struttura,
anche quando il requisito dell’influenzabilità diretta e significativa sia
assente, ma si pone anche per taluni costi diretti di centro non
influenzabili significativamente dal capo-centro.

Un punto fermo in materia di controllabilità dei costi è che si tratta di
una distinzione di carattere schiettamente organizzativo, piuttosto
che economico o contabile. Pertanto i relativi problemi possono
essere risolti solo alla luce dei principi di organizzazione aziendale e
delle     scelte   organizzative     che    contraddistinguono        l’azienda
considerata. Si tratta di un’ulteriore conferma della rilevanza della
componente “organizzativa” di qualsivoglia sistema di controllo
gestionale, ignorando la quale si producono numeri, ma non si guida,
né si responsabilizza, il management.



2.9     DETERMINAZIONI DEI COSTI DI PRODOTTO E DI ALTRI
        OGGETTI:
        LE CONFIGURAZIONI DI COSTO

Occorre     chiarire   il   concetto   di    “configurazione”    di      costo.
Configurazione di costo significa “contenuto” che si vuol dare al costo
di prodotto in termini di “voci” incluse nel calcolo. In altre parole,
calcolare il costo di prodotto non significa niente, se non si precisa se
si intende ragionare a livello di costi “pieni” o di costi “parziali”.

Nell’ambito dei costi parziali si può distinguere tra queste principali
configurazioni:

                                                                                  21
- costo variabile;

- costo primo o diretto;

- costo industriale.

Il costo variabile è una figura di costo che presuppone la chiara
separazione dei costi variabili.

Il costo primo o diretto deriva dalla somma dei costi diretti, senza
alcuna imputazione di quote di costi indiretti.

Il costo industriale è dato dalla somma del costo delle materie prime
più i costi di trasformazione industriale delle medesime. Tale figura di
costo richiede la ripartizione dei costi indiretti industriali che sono una
parte del costo di trasformazione.

Rispetto al costo variabile, il costo industriale include anche i costi
fissi di natura industriale, mentre non include i costi variabili non
industriali.

Rispetto al costo diretto, il costo industriale include anche i costi
indiretti industriali, mentre non include gli eventuali costi diretti non
industriali.

Il costo complessivo, infine, è una configurazione di costo che, in
teoria, dovrebbe includere tutte le voci di costo dell’azienda, cioè tutti
i costi del conto economico, attribuiti a quell’oggetto di calcolo in
modo diverso a seconda che si tratti di costi diretti o indiretti. Esso
quindi corrisponde al costo industriale più un certo quid, che è dato
da quote di costi commerciali, amministrativi e di altra natura.

Di fatto difficilmente il cosiddetto costo complessivo è veramente tale,
nel senso che spesso si rinuncia alla imputazione di alcune voci di
costo di natura amministrativa, finanziaria, commerciale, di ricerca o
altro   che    potrebbero    essere    imputate    al   prodotto   solo    con
metodologie molto grossolane trattandosi di risorse che vengono
impiegate      per   la   gestione    globale   dell’azienda,   senza     alcun

                                                                                  22
collegamento (nesso causale) con il singolo prodotto o altro oggetto.
Tale è il caso, per fare un esempio, della ricerca e sviluppo di base,
ma anche di non pochi altri costi “generali”.

La scelta della configurazione di costo è legata agli scopi operativi
perseguiti. Per certe finalità è sufficiente ragionare in termini di costi
parziali, ad esempio di costi variabili, per altre è più opportuno
disporre di informazioni sui costi complessivi. Una contabilità a costi
complessivi,       purchè     l’organizzazione     aziendale        ne      consenta
un’adeguata articolazione, può consentire e la conoscenza dei costi
complessivi e quella di date configurazioni parziali. In altre parole,
almeno in linea di principio, se ho determinato il costo complessivo
posso sempre scomporlo nelle sue parti, mentre se ho calcolato un
costo parziale perdo l’informazione sul costo pieno.

In relazione alla configurazione del costo di prodotto prescelta, la
prassi aziendale è solita distinguere due grandi tipologie di contabilità
analitica, rispettivamente denominate:

     direct costing o contabilità a costi variabili;

     full costing o contabilità a costi pieni

Il direct costing imputa ai prodotti i soli costi variabili, mentre
considera i costi fissi , “costi di periodo”; ciò significa tra le altre cose
che tutto l’ammontare dei costi fissi è reputato di competenza del
periodo in esame e che nessuna quota di essi è “rinviata al futuro”
attraverso il “gioco” delle rimanenze. In altre parole, con il direct
costing le rimanenze di magazzino vengono valutate a costi variabili.

Il     conto   economico     di   analisi   reddituale   con   il    full    costing
normalmente nella realtà delle aziende industriali, presuppone una
configurazione di costo industriale piuttosto che di costo pieno
complessivo di prodotto. In altre parole, anche se può sembrare una
contraddizione in termini, la prassi preferisce un “full costing
industriale”. Ciò significa che di ciascun prodotto si determina un

                                                                                       23
risultato economico noto come “utile lordo industriale” (o “gross
margin”),       per   cui   i   soli   costi   non   industriali   (amministrativi,
commerciali, ecc.) vengono esclusi dalla imputazione ai prodotti (e
dalla determinazione del valore delle rimanenze di magazzino).

Sempre a proposito di configurazioni di costo, è opportuno precisare
ancora che non è detto che la scelta relativa si traduca, di fatto, in
un’esplicitazione della struttura economica aziendale sotto forma di
conto economico con le caratteristiche appena descritti. In altre
parole, soprattutto le piccole aziende intendono la contabilità analitica
come uno strumento per determinare il costo unitario di prodotto e
dedicano minore attenzione alla rappresentazione formale della
struttura economica.



2.10 DETERMINAZIONI DEI COSTI DI PRODOTTO: METODOLOGIE A
      CONFRONTO

Il “costo pieno” di prodotto, offre un potenziale di informazioni
superiore a quello di altre configurazioni.

Esistono, in estrema sintesi, tre modi per calcolare il costo di
prodotto:

a. imputando il costo delle singole voci ai prodotti senza la
   “mediazione” di oggetti intermedi (contabilità semplificata);

b. imputando le voci di costo ai prodotti attraverso i “centri di costo”
   (contabilità per centri di costo);

c. imputando le voci di costo ai prodotti previo addebito alle “attività”
   di gestione (Activity Based Costing o ABC o contabilità basata sulle
   attività).

L’addebito ai prodotti dei costi, a cui si accenna sopra, riguarda
soprattutto i costi indiretti; i costi diretti di prodotto, infatti, non
richiedono di norma “passaggi intermedi” del tipo sub b) o sub c).


                                                                                      24
2.11 ASPETTI CONTABILI DI RILEVAZIONE DEI COSTI ; RICAVI E
      RISULTATI ECONOMICI DI OGGETTI PARTICOLARI

In questo paragrafo intendiamo trattare gli aspetti più strettamente
contabili delle determinazioni economico-quantitative rivolte alla
determinazione dei costi, ricavi e risultati economici di particolari
oggetti, cioè delle modalità di tenuta della contabilità analitica in
rapporto e in collegamento con la contabilità generale. Si tratta del
profilo meno “manageriale” della materia, in quanto se un prodotto
assicura un profitto di 100.000 Euro all’azienda, tale risultato non
deve cambiare a seconda del metodo contabile usato, cioè in partita
doppia o senza partita doppia, con un unico sistema atto ad integrare
contabilità generale e contabilità analitica o con due sistemi separati.

I modelli contabili di funzionamento della contabilità analitica e di suo
collegamento con la contabilità generale sono riconducibili ai seguenti
sistemi:

1) sistema duplice misto;

2) sistema duplice contabile;

3) sistema unico “patrimoniale”;

4) sistema unico integrato.

Il sistema duplice misto prevede la tenuta di due contabilità distinte,
di cui quella analitica avviene “extra-contabilmente”, tramite tabelle
di varia forma e struttura. Non sono previsti collegamento formali tra
le due contabilità.

Il sistema duplice contabile prevede la tenuta di due contabilità
distinte, entrambe in partita doppia. Il piano dei conti della contabilità
analitica, che è distinto da quello di contabilità generale, prevede
appositi conti di collegamento con la contabilità generale.




                                                                             25
Il sistema unico “patrimoniale” riflette le logiche di funzionamento del
sistema patrimoniale, diffuso nel mondo anglosassone, che in un
unico sistema accoglie le rilevazioni di contabilità analitica e di
contabilità generale.

Il sistema unico integrato accoglie in un unico sistema le rilevazioni di
contabilità generale e quelle di contabilità analitica o “gestionale”
adottando un piano dei conti articolato in conti:

- civilistici

- gestionali

- comuni




                                                                            26
3. IL BUDGETING

3.1     IL BUDGET: CHE COSA È, CHE COSA NON È, A CHE COSA
        SERVE
Il concetto che più spesso viene associato al termine “budget”, è
quello di “bilancio preventivo”.

Per cogliere la pienezza di significato del budget, è opportuno
evidenziarne fin d’ora i seguenti “ingredienti”:

   la veste di bilancio preventivo viene assunta dal budget come atto
   finale del processo, lungo ed articolato, della sua costruzione: è la
   veste “contabile”, o economico-finanziaria;

   il vero contenuto del budget sono i programmi di gestione relativi
   al successivo esercizio, cioè l’insieme di scelte e di modalità di
   attuazione decise dalla direzione sia nel campo della gestione
   operativa, sia in materia di gestione finanziaria, sia in altre aree di
   gestione, al fine di dare attuazione concreta ai piani strategici;

   non    meno   importante     di   tale   contenuto   “gestionale”,      è   la
   componente      “organizzativa”    che    contraddistingue      il   budget,
   almeno in aziende di dimensioni tali da rendere critica tale
   variabile: in altre parole, il budget, è uno strumento di guida del
   management,      che    impegna     precisi   soggetti      verso    obiettivi
   prestabiliti, responsabilizzandoli altresì sui risultati.

Alla luce di queste prima puntualizzazioni, si può definire il budget
così:




                                                                                    27
Come tale, il budget rappresenta un modello di comportamento per il
successivo esercizio, che si propone di minimizzare uno dei rischi più
frequenti nella gestione di un’azienda: navigare a vista, senza aver
tracciato in anticipo la rotta da seguire, affidandosi all’intuito
imprenditoriale-manageriale e confidando nella buona sorte.

Il budget non è una semplice previsione, anche se per costruirlo
normalmente si fa uso di un gran numero di previsioni e stime.

Il budget, a maggior ragione non è un tentativo di estrapolazione nel
futuro di tendenze storiche o in atto.

Il budget, d’altro canto, non è, o non dovrebbe essere, una sorta di
camicia   di   forza,   che        imprigiona   l’azienda        in   modelli   di
comportamento      prestabiliti,    senza   possibilità     di    modificarli   se
condizioni endogene.

Il budget, così come il sistema di controllo di gestione in generale,
non è la bacchetta magica, per rendere efficiente ed efficace la
gestione di aziende che manchino di ben altri presupposti per
raggiungere l’eccellenza o più semplicemente per “sopravvivere”.

Il budget serve per:

 simulare le conseguenze economico-finanziarie conseguenti a date
 ipotesi di gestione;

 guidare il management nel corso dell’anno di budget ad operare in
 conformità agli obiettivi prestabiliti;

 valutare e responsabilizzare il management sui risultati conseguiti,
 rispetto ai quali il budget rappresenta una sorta di pietra di
 paragone;

 coordinare i responsabili delle varie funzioni (o altre suddivisioni
 organizzative) nelle loro scelte;



                                                                                     28
motivare i manager attraverso il meccanismo della gestione per
     obiettivi;

     educare, cioè formare, il management alle logiche della gestione
     programmata.

Dire che il budget è uno strumento di coordinamento manageriale
significa sottolineare il suo ruolo di integrazione dei vari programmi di
gestione, prima che la gestione stessa abbia svolgimento. E cioè un
meccanismo di coordinamento “ex ante”, vale a dire prima che i
problemi concreti di gestione si manifestino. Come tale riveste
un’importanza particolare, perché evita situazioni che, se affrontate
tardivamente             rischiano      di    rendere   inefficace   qualsiasi    altro
meccanismo di coordinamento.

Il budget è potenzialmente uno strumento di motivazione del
manager, sostanzialmente perché fissa degli obiettivi; è dimostrato
che una gestione “per obiettivi” crea motivazione, in quanto soddisfa
alcune esigenze provate dagli individui. Occorre anche aggiungere
che, come mezzo di motivazione, può rivelarsi un’arma a doppio
taglio, in quanto il meccanismo degli obiettivi perché motivi richiede
alcune condizioni, relative al grado di partecipazione dei soggetti, al
grado di difficoltà degli obiettivi, a quanto il sistema è vincolante, alla
presenza          e    alla   corretta       configurazione   dell’eventuale   sistema
premiante, e così via.

Il     budget         concorre   alla    formazione      manageriale    dei    soggetti
responsabili della gestione di risorse, nel senso che li abitua ad una
gestione programmata e rafforza la loro sensibilità economica.

Il budget si può definire un programma:

      globale;

      articolato per sub-sistemi;

      tempificato;


                                                                                          29
tradotto in termini monetari;

   sufficientemente flessibile

Si tratta di un programma globale in quanto abbraccia la gestione
aziendale nella sua totalità, relativamente al periodo di tempo
considerato.

È un programma articolato in sub-sistemi sotto una molteplicità di
prospettive: innanzitutto dal punto di vista:

- dei “centri di responsabilità”, poiché funge da strumento di
 responsabilizzazione     dei    manager      sull’ottenimento      di    precisi
 risultati;

- degli “output” che l’azienda cede al mercato o all’esterno: beni e
 servizi.
 Inoltre il budget è articolabile secondo altre dimensioni che di volta
 in volta la realtà aziendale suggerisce di evidenziare.

Il budget è un programma tempificato, nel senso che traccia delle
linee di comportamento differenziate a seconda dei periodi inclusi
nell’anno in budget.

La caratteristica della flessibilità viene posta sullo stesso piano delle
precedenti, come elemento strutturale e non come requisito di
efficacia, perché in caso contrario sarebbe forse meglio rinunciare al
budget e risparmiarsi i suoi costosi procedimenti.



3.2   LA COSTRUZIONE DEL BUDGET AZIENDALE: GENERALITA’
Il budgeting, cioè il processo di costruzione del budget, è un
procedimento     che    passa    attraverso    varie   fasi,     aventi    come
presupposto logico l’esistenza di precise strategie e di adeguati piani
di medio-lungo periodo. Di tale processo mettiamo in luce subito
alcuni tratti salienti, idonei a chiarirne la logica di fondo:



                                                                                    30
a. noti i piani d’azione con cui si sono esplicitate le modalità di
  attuazione dei disegni strategici aziendali, il budgeting consiste
  innanzitutto nel formulare dei programmi operativi che coprano
  l’arco dell’anno futuro, per poi verificarne l’impatto economico;

b. nella formulazione di tali programmi si debbono fare spesso
  valutazioni di convenienza economica, tipicamente di “breve
  periodo”,       da        impostare   e   risolvere     con     il   modello      logico
  dell’approccio differenziale illustrato nel capitolo precedente;

c. il punto di partenza logico del processo di budgeting, una volta
  definiti gli obiettivi di gestione di breve periodo (ad esempio un
  certo livello di redditività del capitale), è il programma delle
  vendite;

d. il budgeting ha una sua “logica” nel senso che richiede una
  sequenza di fasi e certi tipi di collegamento tra una fase e l’altra,
  logica che subisce alcuni adattamenti passando da un tipo di
  azienda ad un'altra. Tale logica consente in parte di affrontare il
  budgeting come una sotra di modello matematico. La possibilità di
  assimilare il budgeting ad un modello matematico è però limitata;

e. il budgeting è un processo “iterativo”, nel senso che richiede
  numerosi “ritorni di informazioni”, con il che si intende dire che le
  varie      fasi       “in       sequenza”     possono          facilmente       subire
  inversioni/ripetizioni;

f. una fase delicata, comune a tutti i processi di budgeting, è quella
  riguardante          la     quantificazione   delle     risorse      occorrenti     alla
  realizzazione             dei   programmi     operativi,        con     la     relativa
  monetizzazione in termini di costi;

g. dopo aver consolidato i vari programmi “settoriali” e aver ottenuto
  il   bilancio     preventivo       conseguente        alle    ipotesi   di   gestione
  formulate, nelle aziende dove il budget è concepito come


                                                                                             31
strumento       di     guida   e    di   responsabilizzazione     avviene
  l’approvazione da parte dell’alta direzione;

h. un’ultima considerazione riguarda il ruolo svolto nel budgeting
  dalle rilevazioni contabili ed extra-contabili di natura storica. A
  questo riguardo, due errori di segno opposto vanno evitati. Il
  primo consiste nell’assumere i dati storici come rappresentativi di
  eventi futuri: in tal caso il budget diventa, nella migliore delle
  ipotesi, il risultato di estrapolazioni nel futuro di tendenze storiche.
  Il   secondo,    altrettanto   pericoloso,   si   manifesta   allorché   il
  patrimonio di dati e di esperienze del passato viene ignorato, nella
  presunzione      che     gestione   programmata      significhi   gestione
  sganciata dal passato e che determinati livelli di performance,
  attesi per il futuro, possano ottenersi indipendentemente dalla
  prestazioni storiche.



3.3    LE FASI DI COSTRUZIONE DEL BUDGET
Il processo di costruzione del budget aziendale passa attraverso un
certo numero di fasi, che sostanzialmente si ripetono in ogni tipo di
azienda.




           ITER DI COSTRUZIONE DEL BUDGET AZIENDALE




                                                                                32
Piani d'azione
                                          pluriennali




                                         Programma                 Ricavi vendite e
                                           vendite                costi commerciali
     Fabbisogni di
    capitale fisso e
       circolante

                                         Programma
                                                                   Costi industriali
                                         produzione



        Mezzi di
       copertura
                                     Programma                   Costi amministrativi,
                                   funzioni generali              R&S, vari generali




                                    Budget
                                    - economico
                                    - finanziario
                                    - patrimoniale




Nello schema dell’iter di budgeting la fascia “centrale” di fasi
corrisponde ai programmi operativi: vendite, produzione, acquisti,
ricerca, amministrazione, ecc. Si tratta cioè delle operazioni da
compiere nell’ambito della gestione “operativa” o “caratteristica”, alla
luce dei piani strategici definiti nella pianificazione di lungo periodo.
Tali programmi operativi sono variamente articolati per ciò che
concerne gli oggetti di riferimento (prodotti, progetti, centri di
responsabilità,        ecc.)   e   si      materializzano   in   scelte     riguardanti
tipicamente:

- i volumi di output da ottenere (ad esempio i volumi di produzione);

- i tempi di ottenimento di tali output (ad esempio i vari mesi
 dell’anno);




                                                                                          33
- i fabbisogni di risorse occorrenti (escluse per il momento le risorse
 finanziarie).

Nello    stesso   schema,   la     fascia   di   destra   corrisponde   alla
valorizzazione dei programmi operativi in termini economici: costi
ricavi e risultati economici. In particolare, i costi delle risorse sono la
veste monetaria dei fabbisogni di risorse di cui sopra (fase centrale);
la loro determinazione avviene secondo modalità differenti a seconda
che si tratti di costi parametrici, discrezionali o vincolanti, come si è
anticipato nel capitolo precedente. La sintesi di tale processo di
valorizzazione è il conto economico, che in una prima fase si ferma al
risultato o reddito operativo; solo successivamente, quando si
saranno valutate le conseguenze finanziarie, (e in generale extra-
operative) dei programmi         di gestione, si trasformerà in un conto
economico “completo”, cioè arriverà fino al reddito netto.

Infine, la fascia di sinistra riflette un processo di misurazione
finanziaria (o finanziario-patrimoniale) dei programmi sia operativi
(vedi sopra) che extra-operativi (ad esempio di rimborso di debiti, di
pagamento di dividendi, ecc.). Tale misurazione consiste nella
determinazione dei fabbisogni di capitale e delle relative coperture e
viene sintetizzata in due tipi di preventivo:

   il preventivo finanziario (che accoglie delle grandezze-flusso,
   riferite al periodo di budget);

   il   preventivo   patrimoniale    (che   è    uno   stato   patrimoniale-
   finanziario, che accoglie delle grandezze-fondo, riferite alla data di
   conclusione di tale periodo).

Il grafico, nella sua schematicità, lascia in ombra numerosi “ritorni di
informazione” e rifacimenti resi necessari da una circostanza di
grande momento, vale a dire l’ineliminabile interdipendenza tra
programmi economici e programmi finanziari, o se si vuole, tra
aspetto economico e aspetto finanziario della gestione. Come si

                                                                               34
capirà meglio nella trattazione successiva e soprattutto dagli esempi
di calcolo, per costruire il preventivo economico è necessario
formulare il preventivo finanziario e viceversa.

Qui di seguito illustriamo più analiticamente le varie fasi suddette, ma
è ancora necessaria un’ultima precisazione. Obiettivo del presente
capitolo non è entrare nel merito della programmazione commerciale,
produttiva, finanziaria, ecc., ma coglierne il significato gestionale
generale, senza approfondire temi del tipo: come si fissa il prezzo di
vendita, come si fanno le ricerche di mercato, come si gestiscono le
scorte, come si scelgono i mezzi di finanziamento, ecc. A tale scopo si
rinvia ai manuali e lavori specialistici di marketing, gestione della
produzione, finanza, e così via. Infatti, una cosa è la gestione, che qui
si presuppone, ed una cosa è il controllo di gestione, di cui qui si
studiano logiche, metodi e strumenti. Un corollario di ciò è che, dei
vari programmi di gestione, cercheremo di cogliere soprattutto il
momento della misurazione economica e finanziaria.



3.4     BUDGET ED ALTRI STRUMENTI DI GESTIONE PROGRAMMATA
Il    budget   è   il   più   emblematico   degli   strumenti   di   gestione
programmata, cioè di gestione proiettata nel futuro e rivolta al
raggiungimento di determinati obiettivi. A questo riguardo, occorre
ancora fare due precisazioni, e cioè:

1. accanto al budget vero e proprio, altri strumenti di proiezione nel
     futuro vengono spesso elaborati dalle aziende, per integrare le
     informazioni che il budget contiene;

2. in presenza di condizioni di mercato e d’ambiente continuamente
     in movimento, quali sono ormai quasi sempre le condizioni in cui
     operano le aziende, il budget redatto prima dell’inizio dell’anno si
     rivela spesso uno strumento di guida poco affidabile, perché poco



                                                                                35
allineato all’evolversi del contesto aziendale, in quanto tale può
   richiedere “aggiustamenti” in itinere.

In merito al punto sub 1), sono numerosi i casi di aziende che,
durante l’anno di budget, ad esempio ogni tre mesi, redigono un
documento preventivo che assume varie denominazioni: forecast,
preventivo aggiornato, pre-consuntivo, ecc. Tale strumento può
essere variamente inteso, ma nell’accezione più corretta si tratta di
un tentativo, ad una certa data (ad es. il 30-giu) di prefigurare i
risultati economici e finanziari che si manifesteranno alla fine
dell’anno. Il documento in cui si estrinseca, che per semplicità
chiameremo forecast, tiene conto dei:

- risultati che si sono manifestati, ad es. dall’1-gen al 30-giu;

- risultati che presumibilmente si manifesteranno, ad es. dall’1-lug al
 31-dic.

Mentre i primi “risultati” (ad es. i costi e ricavi già maturati) sono
rilevati dalla contabilità, i “risultati” futuri formano oggetto di
previsione    cioè    di        una   previsione   che   viene   aggiornata
periodicamente. Quest’ultima non dovrebbe riflettere rigidamente
tutte le ipotesi di budget, a meno che queste non risultino ancora
realistiche; dovrebbe invece esprimere il probabile esito futuro della
gestione in corso, in assenza di interventi correttivi. Quest’ultima
condizione significa che nel formulare il forecast non si dovrebbero
dare per scontati esisti di iniziative appena abbozzate o ancora da
intraprendere,   ma        si    dovrebbe   assumere     un   atteggiamento
prudenziale del tipo “se continuo a gestire l’azienda con l’efficienza
attuale, i risultati a fine anno saranno ben al di sotto delle aspettative
di budget”.

La concreta possibilità di costruire i forecast nel modo anzidetto è
spesso limitata dalla difficoltà di distinguere ciò che è un risultato
della gestione “senza interventi correttivi” da ciò che invece è un

                                                                              36
risultato influenzato da interventi correttivi. Tuttavia, riteniamo che
tale tentativo debba essere compiuto, per evitare che il forecast si
risolva nella semplice produzione di numeri, a cui non corrispondono
andamenti gestionali realistici.

In concreto, là dove si redige il forecast, questo non costituisce ma
affianca il budget. Infatti esso funge da preconsuntivo, da confrontare
periodicamente con il budget annuale per evidenziare i probabili
scostamenti da questo a fine anno. La conoscenza di tali scostamenti
prima che si verifichino è un utile accorgimento per intraprendere
azioni correttive in modo tempestivo.

Per ciò che si riferisce al punto sub 2), le aziende più evolute dal
punto di vista dei sistemi direzionali hanno via via adottato strumenti
di “aggiustamento” del budget, quando questo si riveli poco o nulla
efficace     come   strumento   di   guida    e    di   responsabilizzazione.
Inizialmente tali tecniche o espedienti si sono sviluppati per ridare
validità agli strumenti di controllo in ambienti caratterizzati da elevati
tassi   di   inflazione.   Successivamente,       indipendentemente     dalle
variazioni del metro monetario prodotte da processi inflazionistici,
alcuni strumenti di correzione del budget si sono diffusi per consentire
un efficace gestione programmata in ambienti dove l’intensità della
competizione, la sua dimensione “globale”, il progresso tecnologico,
l’esplosione di nuovi business (si pensi il cosiddetto e-business)
hanno raggiunto livelli di dinamismo tali da mettere in crisi i sistemi
di controllo più sofisticati. Tra le varie tecniche adottate ricordiamo le
seguenti:

 il budget revisionato;

 il budget inferiore all’anno e il budget scorrevole;

 il budget flessibilizzato in rapporto a talune variabili critiche;

 i budget alternativi.



                                                                                37
Il “budget revisionato” consiste in una riformulazione del budget,
effettuata   a   scadenze    periodiche,    per   la   parte   rimanente
dell’esercizio. Tuttavia di norma nella pratica aziendale gli obiettivi di
partenza, accolti nel budget originale, restano la pietra di paragone
per il calcolo degli scostamenti. Di conseguenza questi ultimi risultano
scarsamente significativi, anche se la revisione del budget permette
di correggere i piani operativi aziendali, adeguandoli alle nuove
circostanze sopravvenute.

Il “budget di validità inferiore all’anno” (ad esempio da 3 a 6 mesi)
deriva dalla consapevolezza dell’inattendibilità dei programmi anuali
in un contesto fortemente perturbato. Il budget scorrevole (rolling
budget) consiste nel mantenere l’orizzonte temporale del budget
sempre alla medesima durata (ad esempio un anno o meno di un
anno), mediante aggiunta di un “segmento” di anno ad ogni
successiva scadenza in cui si opera il controllo della realizzazione dei
programmi.

Il “budget flessibilizzato”, significa prendere atto che si sono
manifestati alcuni importanti cambiamenti rispetto alle ipotesi accolte
nel budget di partenza, relativamente alle variabili critiche del reddito
d’impresa (ad esempio forti fluttuazioni nel prezzo delle materie
prime o di altri fattori produttivi) e “flessibilizzare” il budget in
rapporto a tali cambiamenti. In questo modo possono confrontarsi i
dati consuntivi con il budget flessibilizzato, aderente alla nuova realtà
d’impresa e d’ambiente, e ottenere informazioni significative sugli
scostamenti avvenuti.

Un particolare modo di applicare il principio della “flessibilizzazione”
consiste nel definire a priori gli obiettivi in termini “relativi” ad
esempio il prezzo standard di una materia prima è un “X” per cento in
meno del tasso medio di aumento del prezzo della risorsa in oggetto
sul mercato, quale che sia l’incremento stesso. In tal modo il


                                                                             38
responsabile degli acquisti ha un valido parametro-guida rispetto al
quale regola il proprio comportamento. In seguito si confrontano i
dati effettivi con tali obiettivi “mobili” o “relativi”, rispetto ai quali il
budget      viene    flessibilizzato,   e   si    possono    trarre      conclusioni
significative sulle deviazioni dal budget e sulle prestazioni dei
manager.

Rispetto     ad     altre   soluzioni   (budget      revisionato,     infrannuale,
scorrevole, ecc.) il metodo in esame ha il pregio di fissare obiettivi
che conservano la propria validità anche in caso di forti perturbazioni
ambientali e di permettere una valutazione significativa sull’efficienza
e sull’efficacia dei risultati raggiunti, cioè su “come l’organizzazione si
posiziona in un ambiente i cui punti di riferimento sono in continuo
movimento”.

I “budget alternativi” sono programmi di gestione formulati in
“alternativa” al budget di partenza, avanzando l’ipotesi che nel corso
dell’anno     di    budget    avvengano          fenomeni   tali    da    cambiare
radicalmente il volto della gestione. In questa maniera si rendono
disponibili già a priori alcuni percorsi alternativi di gestione, da
seguire tempestivamente in caso di necessità.

Un’ultima osservazione è necessaria a questo punto. Il budget e gli
altri strumenti di proiezione nel futuro si concretizzano in documenti
amministrativi aventi la forma di bilancio preventivo. Ciò può fare
erroneamente pensare che gli obiettivi a cui il management deve
tendere siano di natura esclusivamente economico-finanziaria. Si
tratta di una visione riduttiva del controllo di gestione, accompagnata
da un sistema bilanciato di “parametri-obiettivo”. Questi ultimi vano
espressi in vari modi, per guidare efficacemente il management verso
gli obiettivi di breve e lungo periodo. Quindi non solo in unità
monetarie, ma anche in unità extra-monetarie o fisiche. In definitiva,
quando per semplicità si dice “budget” e “gestione budgetaria” si


                                                                                       39
deve di norma sottintendere la presenza non solo dei tipici indicatori
di budget, ma anche di ogni altro indicatore idoneo a monitorare
l’efficienza e l’efficacia della gestione, di breve e di lungo periodo.




4. L’ANALISI DEGLI SCOSTAMENTI DAL BUDGET

4.1   GENERALITA’ SULL’ANALISI DEGLI SCOSTAMENTI
La formazione del budget avviene, come è ovvio, prima del periodo di
cui si vuole programmare la gestione. Durante tale periodo occorre
verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi prestabiliti;
bisogna cioè confrontare il budget con i risultati effettivi della
gestione, man mano che questa si svolge.
La fase del processo di controllo che qui denominiamo “analisi degli
scostamenti” costituisce l’operazione finale con cui si concretizza
l’impiego del meccanismo di “feed-back”, con la “chiusura” del ciclo
corrispondente.
Essa è a sua volta scomponibile nelle seguenti operazioni:
a. confronto    tra   i   valori   di   budget     e   valori     consuntivi   e
   determinazione degli scostamenti globali;

b. scomposizione      degli   scostamenti        “globali”   in    scostamenti
   “elementari”;

c. individuazione delle cause degli scostamenti elementari e delle
   relative responsabilità;

d. definizione dei provvedimenti correttivi da prendere in caso di
   disfunzioni gestionali

Il calcolo e la scomposizione degli scostamenti è solo il supporto
informativo per un’analisi accurata che dia una risposta ai seguenti
quesiti:
 perché si manifesta una differenza tra i risultati attesi e quelli reali;


                                                                                   40
chi è responsabile di tale differenza;
 come è opportuno intervenire.
Per cogliere in termini più operativi l’essenza dell’analisi degli
scostamenti,    sono    opportune       alcune    considerazioni      sulle   sue
caratteristiche e sulle sue finalità:
   1. essa si propone di correggere tempestivamente le disfunzioni
      gestionali, in modo che gli obiettivi dell’azienda per il periodo di
      budget possano essere ancora raggiunti;

   2. con la verifica dei risultati vengono posti in risalto eventuali fatti
      nuovi che si sono manifestati e che possono mettere in dubbio
      la stessa validità del budget iniziale, cioè dei suoi obiettivi e dei
      suoi programmi;

   3. il confronto tra budget e consuntivi riguarda sia gli aspetti
      economici che quelli finanziari della gestione;

   4. dato che il controllo di gestione si             propone tra l’altro di
      responsabilizzare le persone sui risultati, la verifica dei risultati
      deve avvenire per centri di responsabilità e non solo a livello
      globale d’azienda;

   5. pure in questa fase del controllo il ruolo principale viene svolto
      dai manager “operativi” ai vari livelli;

   6. con il confronto tra budget e risultati effettivi si accertano le
      responsabilità    dei   capi-centro;       ciò   prelude   ad    un     loro
      coinvolgimento nelle azioni correttive e ad una valutazione delle
      loro prestazioni;

   7. perché il confronto tra budget e consuntivi risultati efficace,
      occorre che vi sia sufficiente omogeneità tra i rispettivi dati, sia
      dal punto di vista della forma di rappresentazione, sia da quello
      dei valori accolti nei rendiconti periodici di controllo;




                                                                                     41
8. i report, o rendiconti di controllo, con cui si evidenzia il
      confronto tra budget e consuntivi possono assumere una gran
      varietà di forme.



4.2   CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE SULLA RICERCA DELLE CAUSE
      DEGLI SCOSTAMENTI E SUGLI INTERVENTI CORRETTIVI
A conclusione di questo capitolo, sono opportune alcune osservazioni,
circa le cause degli scostamenti, e necessarie per una corretta
impostazione del problema degli interventi correttivi.

Un modo per classificare le cause degli scostamenti è il seguente:

 scostamenti di realizzazione (“implementation”);

 scostamenti di previsione;

 scostamenti di misurazione;

 scostamenti di modello decisionale;

 scostamenti dovuti al caso.

Gli scostamenti di realizzazione sono il caso più tipico di variazione
rispetto ai programmi; essi derivano dal fatto che i soggetti
responsabili del raggiungimento di un certo obiettivo sono stati
materialmente     incapaci      di   raggiungerlo,   per        disattenzione,
disorganizzazione, insufficiente motivazione, ecc.

Gli scostamenti di previsione derivano da errori commessi in sede di
preventivazione dei dati necessari per formulare il budget. Si tratta
sostanzialmente    di   stime    non   corrette   circa    le    modalità   di
manifestazione e la “misura” di fenomeni futuri.

Gli scostamenti di misurazione derivano da errori commessi in sede di
misurazione dei fenomeni realmente avvenuti, cioè da errori di
classificazione, di calcolo o di rilevazione che si traducono in
consuntivi non rispondenti alla realtà.

Gli scostamenti di modello decisionale derivano da una scorretta
formulazione del modello decisionale su cui si basa il budget. Essi si
                                                                                 42
differenziano dagli scostamenti di previsione in quanto questi ultimi
consistono     semplicemente nella            non        corretta   previsione           di   un
parametro,       mentre     gli    scostamenti       di     modelli    presuppongono
un’erronea identificazione della funzione obiettivo, delle variabili in
gioco o dei vincoli esistenti.

Gli scostamenti dovuti al caso consistono in oscillazioni che sempre si
manifestano rispetto alla grandezza attesa di un certo fenomeno,
senza che ciò sia imputabile a qualcuno, in quanto si tratta di
deviazioni insite in quel dato processo. In pratica, ciò significa che se
uno      scostamento      rispetto    allo    standard       rientra       in    dati     limiti
“accettabili”,    la   variazione      è     ritenuta       casuale    e         non      viene
ulteriormente analizzata.

La consapevolezza, da parte dei manager coinvolti nel processo di
controllo, che uno specifico scostamento è dovuto ad un tipo di causa
piuttosto di un’altra, è utile per decidere se è necessario intervenire
oppure no e, nella prima ipotesi, che tipo d’intervento correttivo è più
appropriato. Ad esempio, uno scostamento di realizzazione richiede
un’azione correttiva, mentre una variazione dovuta al caso non la
richiede; inoltre mentre uno scostamento di realizzazione può
condurre a provvedimenti che mirano a migliorare l’efficienza degli
operatori, uno scostamento di errore di previsione o di modello
decisionale può condurre ad una revisione dello stesso budget.

Spesso, in pratica si dedica molta attenzione agli scostamenti di
realizzazione, con i quali si evidenziano le responsabilità dei manager,
si valutano le loro prestazioni, e si pongono le premesse per
ripristinare le condizioni di efficienza e di efficacia inizialmente
prestabilite. Tuttavia l’analisi delle cause di tali scostamenti a volte si
rivela    insoddisfacente,        perché     non    si    spinge    alla        radice    delle
disfunzioni, ma si limita a considerare l’origine più immediata dei
fenomeni.



                                                                                                   43
Così ad esempio una variazione negativa della quantità di mano
d’opera impiegata è attribuita alla mancanza o all’inefficienza delle
macchine o delle attrezzature necessarie, ci si limita ad osservare il
fenomeno in superficie e non si è in grado di fornire indicazioni utili
per le successive azioni correttive.

Infatti, la suddetta mancanza o inefficienza dei macchinari può trarre
origine da carenze di manutenzione, da insufficienze progettuali, da
scoordinamento tra le esigenze dei programmi produttivi e l’idoneità
delle macchine, e così via. Dal momento che l’indagine stessa deve
essere spinta fin dove realmente si trova l’origine della disfunzione,
cioè là dove occorrerà intervenire. L’analisi degli scostamenti e il
reporting tradizionale, rischiano spesso, in pratica, di enfatizzare i
“sintomi” di cattiva gestione, trascurando la componente analitica e
“diagnostica”, che del controllo di gestione è la vera essenza.

Occorre infine rilevare che non necessariamente si deve intraprendere
un’azione correttiva in caso di scostamento sfavorevole. Infatti
l’intervento correttivo ha sempre un costo (di riorganizzazione,
addestramento, riparazione, ecc.), che può risultare superiore ai
vantaggi conseguibili. Inoltre ha un costo lo stesso processo di
indagine sulle cause degli scostamenti, per cui a volte si decide di non
procedere neppure alla fase di analisi. Quindi il processo di controllo
della gestione dovrebbe sempre rispettare un principio di convenienza
economica,    secondo    il   quale    si   interviene   solo   se   il   costo
dell’intervento è inferiore al valore delle conseguenze economiche
positive (minori costi e/o maggiori ricavi) derivanti dall’intervento
stesso.




                                                                                  44
LA PIANIFICAZIONE STRATEGICA

La pianificazione strategica è un sistema direzionale, che si prefigge di
mettere la direzione in condizione di formulare i contenuti delle strategie e
le scelte di implementazione degli stessi, in maniera più razionale ed
efficace di quanto avverrebbe, se un “sistema direzionale” del genere non
esistesse, e quindi l'elaborazione degli orientamenti strategici della
gestione fosse affidata all'intuito, all'estro o ad altre doti personali.


La pianificazione strategica, come sistema direzionale, è idealmente
scomponibile in una struttura e in un processo.


Per struttura si intende l'articolazione dell'azienda in business o aree
strategie d'affari (ASA).
Il processo della pianificazione strategica è invece l’insieme delle fasi
occorrenti affinché si possano tracciare in modo il più possibile razionale
ed efficace le linee guida durevoli della gestione aziendale.
Il processo di pianificazione strategica, con i suoi metodi e i suoi
strumenti, può favorire una corretta valutazione e implementazione della
strategia prescelta e incanalarli in una direzione coerente con gli obiettivi
di generali dell'azienda.
La pianificazione strategica, intesa come processo, è da intendersi come
quell’insieme di attività direzionali con cui:
-   si definiscono gli obiettivi della gestione;
-   si formulano le scelte principali con cui raggiungere gli obiettivi
    (strategie);
-   si formulano i piani d'azione con cui dare attuazione concreta le
    strategie.




                                                                            45
I momenti essenziali della pianificazione strategica sono:
1. la definizione degli obiettivi della gestione;
2. la definizione delle regole generali di comportamento;
3. l'analisi del profilo competitivo di ogni business in cui l'azienda opera;
4. identificazione delle alternative strategiche di ogni business e la
    formulazione delle rispettive scelte;
5. la formulazione di una strategia di portafoglio;
6. la formulazione dei piani d'azione o piani operativi.


Nell'elaborare la pianificazione strategica occorre tener presente che il
processo di pianificazione, inteso come corretto modo di affrontare i
problemi decisionali in una prospettiva globale, sia di lungo che di breve
periodo, fluisce continuamente nel tempo.
Occorre, quindi, partire dal presupposto che l'azienda abbia già formulato
le scelte di fondo, come ad esempio quella relativa al settore in cui
operare e che periodicamente l'azienda si interroghi sui suoi indirizzi
futuri, confermando le scelte precedenti o modificandole più o meno
profondamente.


Inoltre per elaborare una corretta ed efficace pianificazione strategica è
opportuno compiere studi ed analisi aventi per oggetto:
-   l'ambiente di riferimento dell'azienda ( economico, politico, socio
    culturale, tecnologico);
-   gli scenari entro cui l'azienda stessa dovrà operare in futuro.
Tali analisi possono essere riassunte in:
    1. una valutazione attuale e prospettica della situazione economica,
       politica e sociale in campo nazionale e internazionale;
    2. la definizione dei principali indicatori socio economici;
    3. l'identificazione dei più rilevanti vincoli esterni.
Tali analisi perché possano dare indicazioni utili all'azienda non devono
essere riferite a contesti molto generali, ma vanno condotte a livello di
ambiente specifico, devono essere riferite cioè ad ogni business.



                                                                                46
REPORTING ECONOMICO

  STRUMENTI E METODI




                       47
CHIUSURE PERIODICHE INFRANNUALI

     PERIODICITA'

            mensile

            trimestrale

            semestrale

            annuale




                                  48
PROCEDURA DI ELABORAZIONE CONSUNTIVI ECONOMICI

  1   COSTI

      DATI ESSENZIALI AL PROCESSO

 1A   COSTI ESTERNI CONTABILIZZATI NEL PERIODO

      FONTE           CONTABILITA' ANALITICA

      METODOLOGIA     ESTRAZIONE DATI COAN

 1B   COSTI DELLE RISORSE INTERNE IMPIEGATE NELLA "PRODUZIONE"

      FONTE           VALORIZZAZIONE DELLE ORE LAVORATE DAL PERSONALE DIPENDENTE

      METODOLOGIA     COMPILAZIONE DEL TIMEREPORT
                      VALORIZZAZIONE DELLA SINGOLA ORA/DIPENDENTE

 1C   COSTI ESTERNI MATURATI MA NON CONTABILIZZATI

      FONTE           ARCHIVIO CONTRATTI PASSIVI/ORDINI DI ACQUISTO
                      STRUTTURE DI LINEA

      METODOLOGIA     VERIFICA "EVASIONE" CONTRATTI/ORDINI EMESSI (CD.IMPEGNATO)




                                                                                   49
1    COSTI

        DATI ESSENZIALI AL PROCESSO
  1A    COSTI ESTERNI CONTABILIZZATI NEL PERIODO
        FONTE                        CONTABILITA' ANALITICA
        METODOLOGIA                  ESTRAZIONE DATI COAN
                                     (eliminazione registrazioni co.ge.di salari e stipendi)

es. estrazione COAN

                                                centro di costo/wbs
        nature di costo                         alfa    beta    gamma totale
        (k€)
        acquisto materiali di consumo              100         0        60      160
        consulenze specialistiche                    5        40        10       55
        salari e stipendi                                                       180
        contributi su salari e stipendi                                          70
        fornitura di lavoro interinale              70        20         0       90
        energia elettrica                           50         0        20       70
        assicurazioni                               10         3         5       18
        ammortamenti diretti                        30         0        10       40
        ecc.                                                                      0
                                                                                  0
        totale                                     265        63      105       683

        i dati estrapolati dalla COAN devono essere rettificati in funzione della "CHIUSURA DEL PERIODO":

                                          1   calcolo risconti attivi
                                          2   imputazione delle giacenze iniziali di magazzino
                                          3   imputazione delle rimanenze iniziali di lavori in corso
                                          4   calcolo ammortamenti (se non elaborati a livello di sistema)
                                          5   calcolo dei ratei passivi
                                          6   valutazione di accantonamenti per rischi
                                          7   valutazione di svalutazioni di rimanenze
                                                                                                             50
1    COSTI

       DATI ESSENZIALI AL PROCESSO

  1B   COSTI DELLE RISORSE INTERNE IMPIEGATE NELLA "PRODUZIONE"
       FONTE            VALORIZZAZIONE DELLE ORE LAVORATE DAL PERSONALE DIPENDENTE
       METODOLOGIA      COMPILAZIONE DEL TIMEREPORT
                        VALORIZZAZIONE DELLA SINGOLA ORA/DIPENDENTE

PRESUPPOSTO VALORIZZAZIONE

       DETERMINAZIONE COSTO STANDARD

                       COSTO ANNUO TEORICO DEI DIPENDENTI

                                 effettivo

                                 per fascia di reddito/costo

                                 per skill professionale

                       DIVISORE ORARIO

                                 dipende dall'orario lavorativo in vigore nell'azienda

                       es. per orario 40 h settimanali                         1680

                       calcolo divisore:
                                  ore teoriche lavorabili                 40 x 52 settimane = 2.080
                                  ore teoriche di assenza per ferie       2,5 x 8 x 12 = 240
                                  ore teoriche di assenza per malattia    20 x 8 = 160
                                  totale ore teoriche lavorabili nette    +2.080-240-160 = 1.680
                                                                                                      51
1    COSTI

        DATI ESSENZIALI AL PROCESSO

  1B    COSTI DELLE RISORSE INTERNE IMPIEGATE NELLA "PRODUZIONE"
        FONTE           VALORIZZAZIONE DELLE ORE LAVORATE DAL PERSONALE DIPENDENTE
        METODOLOGIA     COMPILAZIONE DEL TIMEREPORT
                        VALORIZZAZIONE DELLA SINGOLA ORA/DIPENDENTE


es. timereport
                                                    mese di gennaio anno 200x
dipendente XY        1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31
CENTRO DI COSTO/WBS M M G V S D L M M G V S D L M M G V S D L M M G V S D L M M G totale

        alfa            8   8   8   8           8   8                                   8   8                                                    4   68
        beta                                                    8           8   8   8                   4   2   8   8   8           2            4   68
        gamma                                           8   8                                           4   6                       6   8   8        48

        totale          8   8   8   8   0   0   8   8   8   8   8   0   0   8   8   8   8   8   0   0   8   8   8   8   8   0   0   8   8   8    8   184




                                                                                                                                            52
1    COSTI

     DATI ESSENZIALI AL PROCESSO

1B   COSTI DELLE RISORSE INTERNE IMPIEGATE NELLA "PRODUZIONE"

     FONTE              VALORIZZAZIONE DELLE ORE LAVORATE DAL PERSONALE DIPENDENTE

     METODOLOGIA        COMPILAZIONE DEL TIMEREPORT
                        VALORIZZAZIONE DELLA SINGOLA ORA/DIPENDENTE


     valorizzazione costo gennaio dipendente XY

     costo effettivo annuo                    € 40.000,00

     costo orario                            € 40.000,00 / 1680 = € 23,81

     riepilogo ore lavorate per cdc/wbs:

     costo cdc/wbs           alfa          68 €     23,81   € 1.619,08
     costo cdc/wbs           beta          68 €     23,81   € 1.619,08
     costo cdc/wbs           gamma         48 €     23,81   € 1.142,88

     costo                   totale    184                  € 4.381,04




                                                                                     53
1      COSTI

          DATI ESSENZIALI AL PROCESSO

   1C     COSTI ESTERNI MATURATI MA NON CONTABILIZZATI

          FONTE               a   ARCHIVIO CONTRATTI PASSIVI/ORDINI DI ACQUISTO
                              b   STRUTTURE DI LINEA

          METODOLOGIA             VERIFICA "EVASIONE" CONTRATTI/ORDINI EMESSI (CD.IMPEGNATO)

          attraverso l'accantonamento di costi aventi manifestazione regolare
          attraverso la richiesta dei maturati passivi sui contratti in essere
          attraverso la verifica con l'ufficio acquisti degli ordini evasi e non fatturati

es. richiesta maturato su contratti
          lista contratti passivi aperti alla data di consuntivazione
                                                                            DATO DA COMUNICARE A CDG




                                                                                         maturato
                                                     maturato alla                         primo
          fornitore/consule        importo base        data del          residuo al      trimestre
                 nte                 contratto      31/12/200(x-1)      31/03/200x          200x

          A Spa                   €   70.000,00     €     10.000,00     € 60.000,00
          B Srl                   €   20.000,00     €      5.000,00     € 15.000,00
          Studio C                €    5.000,00     €           -       € 5.000,00

          totale                  €   95.000,00     €     15.000,00     € 80.000,00     €      -


                                                                                                       54
PROCEDURA DI ELABORAZIONE CONSUNTIVI ECONOMICI

  2   RICAVI

      DATI ESSENZIALI AL PROCESSO

 2A   RICAVI CONTABILIZZATI NEL PERIODO

      FONTE           CONTABILITA' ANALITICA

      METODOLOGIA     ESTRAZIONE DATI COAN

 2B   RICAVI MATURATI MA NON CONTABILIZZATI

      FONTE           ARCHIVIO CONTRATTI ATTIVI/ORDINI DI VENDITA
                      STRUTTURE DI LINEA

      METODOLOGIA     VERIFICA "EVASIONE" CONTRATTI/ORDINI RICEVUTI




                                                                      55
2    RICAVI

        DATI ESSENZIALI AL PROCESSO

  2A    RICAVI CONTABILIZZATI NEL PERIODO

        FONTE                               CONTABILITA' ANALITICA

        METODOLOGIA                         ESTRAZIONE DATI COAN


es. estrazione COAN

                                                    centro di ricavo
        nature di RICAVO                        a          b         c         totale
        (k€)
        ricavi vendita merci                        250       0          190        440
        ricavi servizi di ingegneria                  0     170            0        170
        ricavi consulenze                             0      95            0         95
        ecc.                                                                          0
                                                                                      0
        totale                                      250     265          190        705

        i dati estrapolati dalla COAN devono essere rettificati in funzione della "CHIUSURA DEL PERIODO":

                                        1   calcolo risconti passivi
                                        2   imputazione delle giacenze finali di magazzino
                                        3   imputazione delle rimanenze finali di lavori in corso
                                        4   calcolo dei ratei attivi




                                                                                                            56
2   RICAVI

    DATI ESSENZIALI AL PROCESSO

B   RICAVI MATURATI MA NON CONTABILIZZATI

    FONTE                      ARCHIVIO CONTRATTI ATTIVI/ORDINI DI VENDITA
                               STRUTTURE DI LINEA

    METODOLOGIA                VERIFICA "EVASIONE" CONTRATTI/ORDINI RICEVUTI

    per le aziende industriali: determinazione dei ricavi di competenza del periodo
                               attraverso la valorizzazione del venduto non fatturato

    per le aziende di servizi: determinazione dei ricavi di competenza del periodo
                               attraverso l'analisi delle attività effettivamente svolte
                               acquisendo informazioni circa parametri tecnico/quantitativi
                               e delle previsioni contrattuali

                               nel caso di servizi a "COMMESSA" (AFFIDAMENTI DI NATURA
                               PLURIENNALE) attraverso l'applicazione dei criteri dettati
                               dai principi contabili




                                                                                              57
L'ANALISI COSTI E RICAVI
                         DI VOLUMI

Il reddito d’impresa o il risultato operativo netto della gestione è dato dalla
differenza tra i costi e i ricavi di vendita, quando tali costi e ricavi vengono
messi in relazione non solo tra di loro, ma anche con il volume di
produzione, si effettua l'analisi costi ricavi volumi o l'analisi del punto
di pareggio.


Tale analisi consente di individuare con quali volumi di vendita si è in
grado di raggiungere il pareggio tra costi e ricavi.
Tale volume viene individuato come volume di pareggio o ”Break even
point”.
Se indichiamo con:
bx = costi variabili totali
a = costi fissi totali
px = ricavi totali ( dove p è il prezzo unitario di vendita)
se poniamo i costi uguali ai ricavi totali si ha:
px = a + bx
il volume di pareggio è dato da:
      a
x = ------
     p-b


Dove (p - b) rappresenta il “margine lordo di contribuzione unitario”.
Quindi, il volume di pareggio si ottiene dividendo i costi fissi totali per il
margine di contribuzione unitario.




                                                                              58
L'analisi costi ricavi volumi rappresenta un utile strumento nell'ambito
della costruzione del budget in quanto consente di individuare, prima
dell'inizio effettivo di ogni ciclo di produzione, quanto è necessario
produrre o vendere per chiudere il conto economico in pareggio. Oppure,
in senso più generale, qual è il volume che consente all'azienda di
raggiungere un certo risultato economico prestabilito.
L'analisi costi ricavi volumi consente, non solo di individuare il volume di
pareggio,    ma   anche    di   individuare   come   altre   variabili   gestionali
influenzano il risultato economico atteso, permettendo così di individuare
su quali variabili di gestione è opportuno agire perché si riesca ad ottenere
il risultato economico prefissato in sede di pianificazione.


Le variabili gestionali che possono essere analizzate con una l'analisi costi
volumi ricavi sono:
-   volume di vendita;
-   efficienza interna;
-   efficienza esterna;
-   capacità produttiva;
-   prezzo di vendita.


In definitiva possiamo affermare che l'analisi costi volumi ricavi è che uno
strumento di simulazione dell'impatto sul profitto delle diverse variabili da
cui esso dipende.


Esempi di calcolo


ipotizziamo che un'azienda presenti la seguente struttura economica:
-   costi fissi totali: € 500.000;
-   standard unitario fisico delle materie dirette: kg 0,4 per unità di
    prodotto;
-   prezzo unitario d'acquisto delle materie dirette: € 0,20 al chilo;
-   prezzo unitario di vendita: € 0,18 per unità di prodotto.



                                                                                 59
Applicando la formula indicare in precedenza il volume di pareggio sarà:


       500.000           500.000
X=   -----------------   = -------------- = n. 5.000.000 di unità
     0,18 - 0,08                 0,10


se ipotizziamo che nella stessa azienda i livello di efficienza interna
peggiori del 10% rispetto l'ipotesi di partenza il volume di pareggio sarà
dato da:


       500.000           500.000
X=   -----------------   = -------------- = n. 5.434.000 di unità
     0,18 - 0,088                0,092


Con l'utilizzo della formula indicata è anche possibile, per esempio,
individuare quale deve essere il prezzo di vendita perché l'azienda possa
portare il volume di pareggio a 4.000.000 unità.


               500.000
4.000.000 =   -----------------
                p - 0,80

        820.000
p=   ---------------- = 0,205
       4.000.000




                                                                           60
IL CONSOLIDAMENTO DEI
                  BUDGET SETTORIALI


I vari budget settoriali perché possano dare una visione d'insieme e quindi
fornire indicazioni per il funzionamento dell'azienda devono essere
aggregati, ovvero consolidati, in documenti di sintesi attraverso i quali è
possibile verificare se le scelte effettuate in sede di pianificazione
permetteranno il raggiungimento degli obiettivi del piano strategico.


Ai fini del consolidamento, i budget settoriali vengono aggregati nei
seguenti budget:
1. budget economico;
2. budget finanziario;
3. budget patrimoniale.


-   Il budget economico è un riepilogo dei costi e dei ricavi già
    programmati e formulati nel budget commerciale, nel budget della
    produzione, nel budget dei costi generali;


-   il   budget   finanziario   accerta   la   reperibilità   dei   mezzi    finanziari
    occorrenti per l'acquisto delle risorse produttive richieste dai vari
    programmi operativi;


-   il   budget   patrimoniale    rappresenta     la   situazione    del    patrimonio
    aziendale al termine del periodo di budget.




                                                                                     61
Il budget economico




Il budget economico deriva dal consolidamento dei budget settoriali dei
ricavi e dei costi programmati per l'esercizio di programmazione.


Il budget economico e rappresentato da un conto economico preventivo
che avrà una struttura che varia a seconda delle esigenze di informazione.


Un esempio di budget economico può essere quello riportato di seguito:


Ricavi di vendita
-   costo industriale del venduto
     rimanenze iniziali di magazzino
     manodopera
     stipendi
     acquisto materiali
     ammortamenti industriali
     spese varie industriali
- rimanenze finali di magazzino
= Utile lordo industriale
- spese commerciali
- spese di ricerca
- spese amministrative
- spese varie generali
= Reddito operativo
Δ Oneri e proventi finanziari
Δ Oneri e proventi straordinari
= reddito prima delle imposte
- imposte sul reddito
    reddito netto




                                                                         62
questa struttura del budget economico mette in evidenza:
-   il reddito operativo (che è tra l'altro il numeratore del rapporto con cui
    si calcola il ROI)
-   il reddito netto (che è tra l'altro il numeratore del rapporto con cui si
    calcola il ROE).


Un'altra struttura di conto economico può essere quella basata sulla
suddivisione della gestione tra famiglie o linee di prodotto.


Un esempio di tale struttura è il seguente:

                                  Prodotti   X       Y        Z     Totale
voci
Ricavi di vendita                            *       *        *       *
- costi variabili del venduto                *       *        *       *

Margine lordo di contribuzione               *       *        *       *
- costi fissi diretti                        *       *        *       *

Margine se mi lordo di contribuzione         *       *        *       *
- costi fissi indiretti                                               *

Reddito operativo                                                     *
Δ Oneri e proventi finanziari                                         *
Δ Oneri e proventi straordinari                                       *

Reddito prima delle imposte                                           *
- imposte sul reddito                                                 *

Reddito netto                                                         *



Questa seconda struttura del budget economico è utile perché consente:
1. di valutare la redditività globale della gestione; infatti evidenzia sia
    reddito operativo che reddito netto;


2. di valutare la redditività delle singole linee di prodotti, attraverso il loro
    margine lordo e margine se mi lordo di contribuzione.




                                                                               63
Il budget finanziario




Il budget finanziario analizza l'aspetto finanziario dei programmi di
esercizio, esso può essere suddiviso in due programmi strettamente
collegati tra loro:
    1. budget delle fonti e degli impieghi;
    2. budget di cassa.


Attraverso la costruzione del budget finanziario si verifica la fattibilità dei
programmi      operativi   sotto   il   profilo   finanziario,   è   possibile   cioè
determinare:


1. in che misura azienda sarà in grado di finanziare i fabbisogni di capitale
    collegati ai programmi di esercizio con i mezzi prodotti internamente:
    autofinanziamento;


2. in che misura occorrerà ricercare altre fonti di finanziamento per
    garantire la copertura del fabbisogno finanziario.


Nel budget finanziario le fonti di finanziamento vanno analizzate oltre che
sotto l'aspetto quantitativo anche sotto il profilo:
-   della qualità dei mezzi;
-   del loro costo;
-   del tempo in cui saranno disponibili.


La qualità riguarda la struttura finanziaria dell'impresa, cioè il tipo di
finanziamento più adatto per coprire un certo tipo di fabbisogno (per
esempio per fare investimenti è opportuno disporre di capitali permanenti
quali capitale proprio o finanziamenti a medio-lungo termine).




                                                                                   64
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Programmaz e controllo

  • 1. Università degli Studi di Cassino FACOLTÀ DI ECONOMIA Anno Accademico 2006-2007 Insegnamento: “PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO” Docente: Prof. Avv. Federico BORTOLI 1
  • 2. IL CONTROLLO DI GESTIONE: DEFINIZIONI E CONCETTI GENERALI (PIANIFICAZIONE, PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO) ..... 3 LA PIANIFICAZIONE STRATEGICA .................................... 45 ANALISI DEGLI SCOSTAMENTI NEI COSTI E RICAVI: REPORTING ECONOMICO – STRUMENTI E METODI........... 47 ANALISI DI CONVENIENZA ECONOMICA: ANALISI COSTI- VOLUMI-RICAVI ............................................................... 58 LA CONTABILITÀ E L’ANALISI DEI COSTI: CLASSIFICAZIONE, CONFIGURAZIONE, DETERMINAZIONE IL CONSOLIDAMENTO DEI BUDGET SETTORIALI .............. 61 BUDGETING ECONOMICO – STRUMENTI E METODI........... 73 CONTROLLO COMMESSE – CARATTERI DISTINTIVI E METODI ............................................................................ 94 DEFINIZIONE E COSTRUZIONE DI BUDGET ECONOMICO (CASO PRATICO) ............................................................ 134 ANALISI DIFFERENZIALE: VALUTAZIONE ECONOMICO- FINANZIARIA DELLE STRATEGIE (MODELLO CONTABILE E CREAZIONE DEL VALORE)......................... 187 REPORTING ECONOMICO (CASO PRATICO) .................... 195 REVISIONE DEL BUDGET - ANALISI DEGLI SCOSTAMENTI - ANALISI DI CONVENIENZA ECONOMICA - AZIONI CORRETTIVE (CASO PRATICO) ............................................................ 237 COMMESSE ULTRANNUALI (CASO PRATICO) .................. 294 GLI INDICATORI DI PERFORMANCE ............................... 338
  • 3. IL CONTROLLO DI GESTIONE 1. PIANIFICAZIONE E CONTROLLO DI GESTIONE 1.1 CONTENUTI E LOGICHE “CONTROLLO DI GESTIONE” è sinonimo di “monitoraggio” e quindi comporta adeguate misurazioni della gestione, rese possibili da opportune metodologie contabili ed extra contabili. a. Il Controllo di gestione è un “SISTEMA DIREZIONALE”, cioè un insieme di principi, di regole, di strumenti messi a disposizione della direzione aziendale per consentirle di prendere decisioni corrette, in rapporto agli obiettivi da raggiungere o, meglio, più corrette di quelle che prenderebbe in assenza di un vero e proprio sistema di monitoraggio. In particolare il sistema di controllo di gestione è articolabile in due componenti: - una componente “strutturale”; - una componente di “processo”. La componente di struttura, a sua volta, è distinguibile in due elementi: 3
  • 4. l’articolazione dell’azienda in sub-sistemi che formano oggetto di monitoraggio; l’insieme di metodologie di misurazione contabile ed extra- contabile mediante le quali vengono quantificati i risultati dei sub-sistemi di cui sopra. Il processo del controllo riguarda invece l’attività manageriale nelle varie fasi del controllo di gestione: ad esempio le modalità e i tempi di costruzione del budget, i criteri di discussone e di utilizzazione dei report, e così via. Quella di processo è la componente “dinamica” del sistema, e riguarda sia le modalità tecnico-organizzative del budgeting e del reporting, sia aspetti più soft, come lo “stile di controllo” che è il modello di comportamento manageriale nelle fasi suddette. b. Il primo e fondamentale attore del processo di controllo di gestione è la “direzione” aziendale, intesa come insieme di manager dotati delle leve decisionali (e delle responsabilità) necessarie e sufficienti per gestire risorse, operanti ai vari livelli della struttura organizzativa. Ciò significa che: tutti i manager (non solo l’Alta Direzione) sono attivamente coinvolti nel processo di controllo gestionale, fino ai livelli inferiori della struttura organizzativa: responsabili di divisione, di funzione, di ufficio, ecc.; l’Alta Direzione è comunque il primo e principale protagonista del controllo di gestione; gli specialisti del Controllo di Gestione (i cosiddetti “Controller”) esercitano un ruolo fondamentale nella progettazione del sistema, nel suo funzionamento tecnico e nella sua manutenzione. c. Il Controllo di Gestione va inteso innanzitutto come sinonimo di monitoraggio dei risultati della gestione. Grazie al sistema di 4
  • 5. controllo i manager si accertano del grado di “efficienza” e di “efficacia” della gestione, cioè verificano l’esistenza di due caratteristiche attitudinali dalla cui combinazione risulteranno le performance aziendali. È quindi opportuno definire tecnicamente i due termini: - l’efficienza è l’attitudine dell’azienda o di un sub-sistema ad ottimizzare la quantità di risorse (input) occorrenti per ottenere un determinato volume di output (o di “produzione” intesa in senso ampio); il modo più consueto per misurare l’efficienza consiste nel calcolare il costo unitario di “prodotto” - l’efficacia è invece l’attitudine ad ottimizzare i risultati riguardanti gli output della gestione e può riguardare aspetti come: la quantità di “produzione”, la qualità della stessa, la tempestività di consegna il livello di servizio al cliente, ecc. d. Il monitoraggio delle condizioni di efficienza e di efficacia della gestione, deve essere ancorato a dei parametri. Questi ultimi, in definitiva, traggono origine dagli “obiettivi” di fondo della gestione, esplicitati in quel processo direzionale che viene comunemente denominato “pianificazione strategica”. Gli obiettivi di fondo della gestione sono gli obiettivi di lungo periodo a cui mira l’azienda, esprimibili in vari modi a seconda del tipo di azienda, di assetto proprietario della stessa, di ambiente economico-politico circostante e di altre importanti variabili. Tra i modi più frequenti di esprimere gli obiettivi della gestione, ricordiamo ad esempio la redditività del capitale, oppure la creazione di valore economico del capitale stesso. Occorre precisare che in realtà, per guidare concretamente le scelte e monitorarne i risultati, va definito un sistema di obiettivi e di sub-obiettivi coerenti. Inoltre vanno esplicitati i vincoli che 5
  • 6. condizionano le decisioni aziendali e limitano la possibilità di ottimizzare i risultati finali. Il processo direzionale in cui gli obiettivi in oggetto sono esplicitati è la Pianificazione Strategica; con essa si tenta di formulare in modo coerente e armonico un insieme di decisioni grazie a cui la direzione, dà un volto durevole all’azienda, decidendo cosa produrre e per chi (cioè sceglie le strategie di business e di “portafoglio”, se si tratta di un’azienda di produzione per il mercato) e formula i piani di azione con cui dare attuazione concreta alle strategie suddette (quali e quante risorse occorrono, quali sono i tempi di attuazione dei singoli progetti di investimento). Inoltre esprime in modo chiaro e univoco a quali obiettivi le strategie e i piani operativi mirano e in quali tempi essi andranno realizzati. 1.2 TIPI DI PIANIFICAZIONE E CONTROLLO In azienda convivono più forme di controllo, e anche più tipi di pianificazione. Ciò che comunemente chiamiamo “pianificazione e controllo” corrisponde ad un particolare sistema direzionale, rivolto alla corretta formulazione delle decisioni strategiche e operative, al monitoraggio dei risultati e alla responsabilizzazione dei manager. La Pianificazione, nel linguaggio economico aziendale, normalmente è associata all’aggettivo “strategica” e, come tale, comporta processi decisionali di contenuto rilevante e di ampiezza temporale estesa. Con ciò s’intende dire che la pianificazione strategica ha per oggetto decisioni con cui si dà all’azienda un volto durevole e che l’orizzonte temporale di riferimento, necessario per ottenere i risultati delle scelte in oggetto, è di regola pluriennale. 6
  • 7. Il termine PIANIFICAZIONE viene usato quando si proietta la gestione dell’azienda nel lungo periodo; per ciò che si riferisce alle scelte di breve periodo, tipicamente annuali, si usa il termine PROGRAMMAZIONE. Quando si parla di programmazione nell’ambito di un sistema di pianificazione e controllo, di solito la si qualifica come programmazione di esercizio e la si associa al tipico strumento di programmazione che è il Budget. Il termine CONTROLLO, ancora più del termine pianificazione, ha una varietà di significati e può generare non pochi equivoci. Il CONTROLLO DI GESTIONE va tenuto distinto da altre forme di controllo esercitate in azienda ed in particolare da tutte quelle forme di controllo che hanno per oggetto le “azioni” e gli “atti” piuttosto che i risultati. Intendiamo riferirci a forme di controllo che di volta in volta vengono denominate così: - controllo burocratico: tipico delle Amministrazioni Pubbliche, esercitato sugli atti e sulla loro correttezza formale e solitamente attuato da organi esterni all’amministrazione stessa; - internal auditing: controllo che verte principalmente sul rispetto delle procedure prescritte dall’azienda; - ispettorato: simile al precedente, spesso con enfasi sul controllo della “consistenza” del patrimonio aziendale. CONTROLLO DI GESTIONE è invece sinonimo di controllo dei RISULTATI, cioè trascura il modo in cui questi sono stati raggiunti per concentrarsi sulla performance finale. Il termine controllo, pur nell’ambito del sistema direzionale di Pianificazione e Controllo, viene spesso usato in una pluralità di significati e di sfumature, che in questi ultimi anni si sono moltiplicati, 7
  • 8. generando confusione in un campo che di equivoci già abbonda. Tenteremo di chiarire alcuni termini come: Controllo strategico che può essere inteso in due modi: - come controllo della validità di una strategia - come controllo gestionale sulle variabili ritenute strategiche per il successo dell’azienda. Nel primo significato è parte integrante della pianificazione strategica, perché si risolve in una revisione periodica delle scelte di business, di nicchia di mercato, ecc. Nel secondo, controllo strategico vuol dire monitoraggio delle variabili critiche di gestione, cioè dei fattori più significativi per assicurare all’azienda un successo durevole in termini di capacità di reddito, di creazione di valore economico o di altri risultati. Controllo operativo che tradizionalmente viene inteso come controllo su specifiche operazioni di gestione, e spesso è attuato nel brevissimo periodo o addirittura in tempo reale: ad esempio è operativo in senso stretto il controllo degli ordini ricevuti dai clienti o il controllo dei pezzi difettosi prodotti. In questo senso il controllo operativo viene distinto dal controllo di gestione che si attua con una certa periodicità. Controllo organizzativo che da alcuni è inteso come un sistema avente implicazioni psico-sociali e culturali, con cui l’azienda cerca di influenzare il comportamento degli individui e viene tenuto distinto dai sistemi di controllo che tentano di garantire la coerenza dei comportamenti individuali rispetto agli obiettivi aziendali mediante misurazioni sofisticate, sub-obiettivi coerenti con gli obiettivi aziendali, e altri ingredienti tecnici evoluti. 8
  • 9. 1.3 GLI OGGETTI DEL CONTROLLO DI GESTIONE Una domanda che, a prima vista, può sembrare retorica è la seguente: che cosa bisogna controllare? Ovvero, di quali “oggetti” occorre monitorare l’efficienza e l’efficacia? Controllare la gestione significa sempre: monitorare i risultati a livello globale di sistema monitorare i risultati a livello di sub-sistemi significativi Per esempio, attraverso il bilancio d’esercizio si apprezzano i risultati economici e finanziari dell’azienda nel suo insieme, mentre con la contabilità analitica si determinano i costi e i risultati economici dei singoli prodotti. I principali modi di disaggregare il sistema-azienda sono i seguenti: - in base all’operatività della gestione; - per prodotti; - per clienti; - per zone geografiche servite; - per canali distributivi; - per progetti o commesse; - per aree funzionali; - per processi. 1.4 LE FASI DEL PROCESSO DI CONTROLLO E I RELATIVI MECCANISMI Il controllo di gestione, inteso come processo manageriale, si articola in una pluralità di fasi, cioè si volge in più momenti nel corso della gestione. Le fasi in oggetto possono così dividersi: Controllo ascendente: consiste nell’accertamento dell’idoneità dei programmi operativi di gestione, normalmente annuali, a 9
  • 10. contribuire positivamente al raggiungimento degli obiettivi esplicitati dal piano strategico. Controllo concomitante: è il controllo per antonomasia: esso si esercita, di regola, ad intervalli prestabiliti, in corso d’anno (ad esempio mensilmente o bimestralmente) e si propone di monitorare l’andamento della gestione attraverso i risultati, parziali o intermedi, che via via si manifestano. Controllo susseguente: ha luogo a consuntivo, quando i risultati finali si sono già manifestati: ad esempio a fine anno o a fine progetto. Le varie fasi del processo di controllo richiedono sempre l’istituzione di un confronto tra risultati attesi e risultati effettivi. Per essere più precisi: - il controllo antecedente richiede un confronto tra i risultati previsti dal piano per l’arco di tempo abbracciato dal budget e i risultati conseguibili con il budget da approvare; - il controllo concomitante richiede un confronto tra i risultati intermedi, riferiti ad un periodo infrannuale ed esplicitati dal budget, ed i risultati, sempre intermedi ma effettivi, rilevati contabilmente o extra-contabilmente; - il controllo susseguente richiede un confronto tra i risultati attesi ed i risultati finali effettivi. Per operare tale confronto si ricorre ad appropriate regole, normalmente denominate “meccanismi di controllo”. Il meccanismo di controllo per eccellenza si chiama feed-back e consiste nel confronto tra risultati attesi o obiettivi e risultati effettivi. 10
  • 11. Meccanismo di feed-back Definizione obiettivi Confronto obiettivi vs Interventi Azioni consuntivi e analisi degli correttivi scostamenti sugli sulle obiettivi azioni Rilevazione consuntivi 1.5 LE METODOLOGIE E GLI STRUMENTI DI MISURAZIONE Parlare di metodi e di strumenti del controllo di gestione significa rivolgere l’attenzione innanzitutto alle determinazioni economico quantitative d’azienda, cioè alla misurazione economica dei fatti di gestione. Metodi e strumenti del controllo di gestione sono sia contabili, sia extra-contabili, cioè basati su misurazioni quantitativo fisiche. Nel primo caso l’unità di misura è monetaria, nel secondo è fisica, e come tale diversa a seconda del fenomeno da misurare. 11
  • 12. STRUMENTI CONTABILI ED EXTRA-CONTABILI DEL CONTROLLO DI GESTIONE Contabilità generale e bilancio d'esercizio Contabilità analitica Reporting Budget e altre misurazioni Rilevazioni a preventivo extra-contabili - le informazioni riguardanti la gestione passata dell’azienda nel suo insieme, espresse in termini contabili, sono individuate sotto la denominazione di “contabilità generale e bilancio”; - le informazioni riguardanti la gestione passata di specifici sub- sistemi aziendali (ad es. prodotti), sempre espresse in termini contabili, sono individuate come “contabilità analitica”; - le informazioni riguardanti la gestione futura dell’azienda nel suo insieme e i singoli sub-sistemi, sempre espresse in termini contabili, corrispondono al “budget”; - le informazioni sulla gestione passata e futura, a livello d’azienda e di sub-sistema, sono indicate come “Rilevazioni extra-contabili”; - è chiamato “Reporting” l’insieme delle informazioni di vario tipo (contabili ed extra-contabili) che vengono opportunamente selezionate e presentate, sotto forma di “report” o rendiconti periodici di controllo, al management, affinché questo possa fare le sue analisi, valutazioni e scelte. 12
  • 13. Un report può essere inteso come un documento che mette a confronto risultati attesi (ad es. di budget) con risultati effettivi (ad es. rilevati dalla contabilità analitica) e ne evidenzia gli scostamenti. In materia di strumenti di controllo è necessaria una precisazione, riguardante il ruolo del Sistema Informativo aziendale. Quest’ultimo è un insieme di elementi per raccogliere, elaborare e archiviare dati allo scopo di produrre e distribuire informazioni a tutti i soggetti aziendali che ne hanno bisogno per decidere e operare. Tali elementi sono: un patrimonio di dati (e di informazioni); le procedure per acquisire e trattare dati e così produrre informazioni; i mezzi tecnici per trattare, trasferire archiviare dati e informazioni. Un sistema informativo è automatizzato quando i mezzi tecnici di cui sopra consistono nel computer; in tal caso le procedure sono costituite da programmi (o software) funzionanti sul calcolatore. 2. ANALISI ECONOMICHE PER IL CONTROLLO DI GESTIONE 2.1 ANALISI DEI COSTI: CLASSIFICAZIONI RILEVANTI PER IL CONTROLLO DI GESTIONE I costi di produzione, cioè l’espressione monetaria della quantità di risorse impiegate nello svolgimento di un’attività produttiva, sono variamente classificabili e analizzabili. Le classificazioni più importanti ai fini del controllo di gestione sono le seguenti: secondo la loro “NATURA”; secondo l’”AREA DI GESTIONE” di pertinenza; secondo le loro modalità di “IMPUTAZIONE” agli oggetti di calcolo; secondo il loro “COMPORTAMENTO” al variare del volume di produzione; 13
  • 14. secondo la modalità della loro “PROGRAMMAZIONE”; secondo la loro “CONTROLLABILITA’”. 2.2 CLASSIFICAZIONE DEI COSTI PER “NATURA” La classificazione dei costi per natura è la più immediata e ovvia, in quanto si basa sulle caratteristiche fisiche ed economiche dei fattori produttivi impiegati nei processi di gestione. Si parla così di costi del personale, delle materie prime, di quote di ammortamento dei macchinari, di oneri finanziari, ecc. 2.3 CLASSIFICAZIONE DEI COSTI SECONDO L’”AREA DI GESTIONE” DI PERTINENZA Parlando di “area di gestione” in questo contesto, intendiamo riferirci alle macro aree seguenti: - gestione operativa o caratteristica; - gestione finanziaria; - gestione straordinaria; - gestione atipica; - gestione tributaria; cioè alle aree in cui è articolabile il conto economico di analisi reddituale, ai fini delle analisi di bilancio. In particolare, nell’area della gestione operativa ricadono tutti i principali costi che vengono analizzati dal controllo gestione: materie, mano d’opera, stipendi, ammortamenti, ecc., mentre alla gestione finanziaria appartengono gli oneri finanziari o interessi passivi, cioè i costi sostenuti per l’acquisizione del capitale di credito. 14
  • 15. 2.4 CLASSIFICAZIONE DEI COSTI SECONDO MODALITA’ DI “IMPUTAZIONE” AI LORO OGGETTI Sotto questo profilo, i costi possono distinguersi in due categorie: - Costi diretti - Costi indiretti I costi diretti si imputano mediamente misurazione oggettiva della quantià di risorse da impiegare o effettivamente impiegate per un certo oggetto (centro, prodotto, ecc) oppure mediante attribuzione nella sua interezza di un costo che è sostenuto solo per quell’oggetto e non per altri. I costi indiretti invece, si imputano mediante una ripartizione sempre soggettiva, in proporzione ad una grandezza nota assunta come base di imputazione. Nei confronti dei vari prodotti o famiglie di prodotti aziendali, sono costi indiretti le spese amministrative, gli affitti o gli ammortamenti dei fabbricati, gli oneri finanziari e così via. 2.5 CLASSIFICAZIONE DEI COSTI SECONDO IL LORO “COMPORTAMENTO” L’analisi del comportamento dei costi presuppone che i costi dei fattori produttivi vengano messi in relazione con le variabili esplicative o deteminanti che ne causano il sostenimento. Tradizionalmente l’analisi dell’andamento o della variabilità dei costi è stata condotta in rapporto alla variabile esplicativa “volume”, cioè alla quantità di produzione o di vendita di certi beni o servizi. Tale enfasi sulla variabile volume è determinata da due circostanze principali: - il volume è una variabile sempre più o meno critica ai fini dei risultati economici attesi 15
  • 16. - le sue relazioni con i costi sono più agevolmente analizzabili e “modellizzabili” di quanto non lo siano le relazioni tra costi e altre variabili. Concentrarsi sul volume significa trascurare ogni altra variabile esplicativa dell’entità del costo delle risorse (ad esempio ipotizzare come dati un certo livello di efficienza e un certo livello di prezzo acquisto) e analizzare come (secondo quale “legge”) variano i costi in ipotesi alternative di livello di attività. In tale ottica, si è soliti distinguere i costi, nelle analisi economico- aziendali, così: - costi variabili; - costi fissi; - costi misti. I costi variabili vengono comunemente intesi come i costi il cui importo totale varia in proporzione al volume di produzione. Una voce di costo è variabile se, ipotizzando un aumento di volume del 10% rispetto ad un certo livello di attività prestabilito, l’ammontare del costo della risorsa in questione aumenta a sua volta del 10%. I costi fissi sono quelli che restano invariati. Tra i più significativi costi aventi andamento costante sono da ricordare gli stipendi del personale dirigente e impiegatizio (e pure operaio, quando la retribuzione non sia commisurata ai volumi prodotti), le quote di ammortamento dei costi pluriennali di immobilizzazioni tecniche o d’altro genere, nonché parecchie altre cosiddette “spese generali” (per illuminazione, riscaldamento, servizi postali e telefonici, premi di assicurazione, ecc.) I costi misti (o semi-variabili) sono generalmente intesi come i costi che al variare del volume sono distinguibili in due componenti: 16
  • 17. quella fissa, che si sostiene comunque, indipendentemente dal volume; quella variabile, il cui ammontare totale varia in proporzione al volume. Per esempio, i costi di talune utenze di servizi (es. energia elettrica per forza motrice, gas, acqua, ecc.), comportano il sostenimento di un costo “fisso” a titolo di canone e di un costo variabile in proporzione ai consumi (questi ultimi proporzionali ai volumi di produzione). 2.6 CLASSIFICAZIONE DEI COSTI SECONDO IL LORO “COMPORTAMENTO” APPROFONDITI IN UN’OTTICA MANAGERIALE L’analisi del comportamento dei costi richiede alcune importanti precisazioni, al fine di sciogliere possibili equivoci e per poterla rendere utile ai fini operativi. Le più rilevanti riflessioni in merito riguardano: I limiti di “significatività” dell’analisi; Il concetto di risorse “impegnate”; Il significato “gestionale” dei parametri. a. Limiti di significatività Il comportamento dei costi al variare del volume rischia di essere un problema indeterminato, o comunque ambiguo, se non si fanno alcune precisazioni riguardanti l’ottica in cui il manager si pone allorché compie la corrispondente analisi. È ragionevole supporre che l’ottica in oggetto sia innanzitutto quella del budget, cioè dell’azienda che si accinge a formulare i propri programmi di gestione per un periodo sufficientemente breve e “dominabile”, disponendo già di una struttura o capacità decisa “a monte”, in 17
  • 18. sede di pianificazione strategica, che in questa fase non viene rimessa in discussione. Tale “capacità” impone una serie di costi che l’azienda deve sostenere comunque, nel periodo di budget, quale che sia il suo grado di utilizzo: si tratta di costi di “capacità”, che restano costanti per un intervallo di produzione solitamente piuttosto ampio. All’interno di tale intervallo, gli altri costi presentano un comportamento così classificabile: - costi variabili in proporzione al volume, o costi “variabili” tout court; - costi variabili in rapporto al volume, ma solo “a scatti”, con un andamento “a scalini” (intesi come scalini relativamente “larghi”); - costi la cui variabilità non ha come fattore esplicativo il volume di produzione. I primi sono i costi variabili nel vero senso della parola. I secondi hanno una variabilità in rapporto al volume, che in genere viene “bloccata” in sede di budget, cioè con le decisioni sui cui quest’ultimo si basa. I terzi vengono decisi anno per anno, prescindendo da considerazioni di volume, e una volta “stanziati” sono assimilabili agli altri costi fissi. In definitiva in fase di costruzione del budget annuale: si prende atto delle strategie con cui una serie di “capacità” è già stata preordinata ed è immodificabile nel breve periodo che impongono una serie di costi fissi; si decide il grado di utilizzo di tale capacità, e, con esso si determina l’entità dei costi il cui andamento è stato dianzi definito “variabile a scalini”; si decide l’entità di alcuni costi la cui misura è svincolata dalla variabile “volume”, ma dipende da decisioni “discrezionali” degli 18
  • 19. organi direttivi, solitamente finalizzate allo “sviluppo”, senza una ricaduta sui risultati di breve periodo e senza la possibilità di istituire un rapporto quantitativo significativo tra obiettivi perseguiti e risorse occorrenti. b. Il concetto di risorse impegnate La precedente analisi del comportamento dei costi in rapporto al volume può essere utilmente approfondita introducendo il concetto di “risorse impegnate” e di “flusso potenziale di servizi” ottenibile con le medesime. Per la precisione, i vari fattori produttivi differiscono per la prontezza di adattamento dei loro consumi rispetto al fabbisogno, cioè rispetto alla domanda dei loro servizi che la produzione suscita. Illustriamo qui di seguito alcuni casi tipici: - vi sono risorse come le materie prime il cui costo può essere tempestivamente adattato alle esigenze della domanda generata dai livelli di produzione; se questa è inferiore alla previsioni, il consumo di materie prime può essere agevolmente ridotto; - i costi di altre risorse, come la mano d’opera diretta, spesso presentano un grado di adattabilità minore, benché tradizionalmente siano annoverati tra i costi variabili . Infatti la mano d’opera, in ambienti economici dove tale risorsa non è facilmente licenziabile o “flessibilizzante”, viene acquisita dall’azienda e remunerata perché metta a disposizione un flusso potenziale di servizi; - nell’ambito dei costi comunemente denominati “fissi”, spesso coincidenti con le cosiddette “spese generali”, ovvero con tutto ciò che non è materia prima, il fenomeno dell’”impegno” di risorse in anticipo rispetto al manifestarsi del loro fabbisogno, è ancora più evidente. 19
  • 20. 2.7 CLASSIFICAZIONE DEI COSTI SECONDO LE MODALITA’ DELLA LORO PROGRAMMAZIONE Quando si costruisce un programma di gestione e lo si traduce in termini economici, nasce un problema di grande rilevanza: come si quantifica a preventivo l’entità dei costi corrispondenti alle risorse da impiegare? Si sono individuate le due categorie di costi vincolanti e dei costi discrezionali . Naturalmente vi sono altri costi che non “piovono” dall’alto (dal piano strategico) o non sono il frutto di scelte soggettive, si tratta di costi “parametrici”, cioè di risorse il cui consumo è misurabile a priori in maniera “oggettiva”, perché esistono dei parametri tecnici. I costi parametrici includono i costi variabili, ma accolgono anche costi non di rado trattati come fissi. 2.8 CLASSIFICAZIONE DEI COSTI SECONDO LA LORO CONTROLLABILITA’ Questa classificazione chiama in causa un particolare momento del controllo di gestione, vale a dire la valutazione dei risultati e la responsabilizzazione dei soggetti sui medesimi. Al riguardo si è soliti distinguere tra: costi controllabili; costi non controllabili; In primo luogo si tratta di una distinzione che ha valore relativo: un costo ha un certo grado di controllabilità a livello di specifico centro di responsabilità; cambiando centro di responsabilità, la sua controllabilità cambia. In secondo luogo “controllabile” va inteso come “influenzabile in maniera diretta e in misura significativa” con leve decisionali a disposizione. In quanto tale, comporta la responsabilizzazione del 20
  • 21. soggetto che guida quel dato centro, anche se questi non ha la “piena” controllabilità del costo. Infine occorre segnalare che non sempre nelle aziende è pacifico che i costi “non controllabili” debbano essere esclusi dai risultati di cui un soggetto è responsabile. Il problema si pone soprattutto per i costi indiretti o generali aziendali, quote dei quali, dovrebbero essere attribuite ai centri di responsabilità che compongono la struttura, anche quando il requisito dell’influenzabilità diretta e significativa sia assente, ma si pone anche per taluni costi diretti di centro non influenzabili significativamente dal capo-centro. Un punto fermo in materia di controllabilità dei costi è che si tratta di una distinzione di carattere schiettamente organizzativo, piuttosto che economico o contabile. Pertanto i relativi problemi possono essere risolti solo alla luce dei principi di organizzazione aziendale e delle scelte organizzative che contraddistinguono l’azienda considerata. Si tratta di un’ulteriore conferma della rilevanza della componente “organizzativa” di qualsivoglia sistema di controllo gestionale, ignorando la quale si producono numeri, ma non si guida, né si responsabilizza, il management. 2.9 DETERMINAZIONI DEI COSTI DI PRODOTTO E DI ALTRI OGGETTI: LE CONFIGURAZIONI DI COSTO Occorre chiarire il concetto di “configurazione” di costo. Configurazione di costo significa “contenuto” che si vuol dare al costo di prodotto in termini di “voci” incluse nel calcolo. In altre parole, calcolare il costo di prodotto non significa niente, se non si precisa se si intende ragionare a livello di costi “pieni” o di costi “parziali”. Nell’ambito dei costi parziali si può distinguere tra queste principali configurazioni: 21
  • 22. - costo variabile; - costo primo o diretto; - costo industriale. Il costo variabile è una figura di costo che presuppone la chiara separazione dei costi variabili. Il costo primo o diretto deriva dalla somma dei costi diretti, senza alcuna imputazione di quote di costi indiretti. Il costo industriale è dato dalla somma del costo delle materie prime più i costi di trasformazione industriale delle medesime. Tale figura di costo richiede la ripartizione dei costi indiretti industriali che sono una parte del costo di trasformazione. Rispetto al costo variabile, il costo industriale include anche i costi fissi di natura industriale, mentre non include i costi variabili non industriali. Rispetto al costo diretto, il costo industriale include anche i costi indiretti industriali, mentre non include gli eventuali costi diretti non industriali. Il costo complessivo, infine, è una configurazione di costo che, in teoria, dovrebbe includere tutte le voci di costo dell’azienda, cioè tutti i costi del conto economico, attribuiti a quell’oggetto di calcolo in modo diverso a seconda che si tratti di costi diretti o indiretti. Esso quindi corrisponde al costo industriale più un certo quid, che è dato da quote di costi commerciali, amministrativi e di altra natura. Di fatto difficilmente il cosiddetto costo complessivo è veramente tale, nel senso che spesso si rinuncia alla imputazione di alcune voci di costo di natura amministrativa, finanziaria, commerciale, di ricerca o altro che potrebbero essere imputate al prodotto solo con metodologie molto grossolane trattandosi di risorse che vengono impiegate per la gestione globale dell’azienda, senza alcun 22
  • 23. collegamento (nesso causale) con il singolo prodotto o altro oggetto. Tale è il caso, per fare un esempio, della ricerca e sviluppo di base, ma anche di non pochi altri costi “generali”. La scelta della configurazione di costo è legata agli scopi operativi perseguiti. Per certe finalità è sufficiente ragionare in termini di costi parziali, ad esempio di costi variabili, per altre è più opportuno disporre di informazioni sui costi complessivi. Una contabilità a costi complessivi, purchè l’organizzazione aziendale ne consenta un’adeguata articolazione, può consentire e la conoscenza dei costi complessivi e quella di date configurazioni parziali. In altre parole, almeno in linea di principio, se ho determinato il costo complessivo posso sempre scomporlo nelle sue parti, mentre se ho calcolato un costo parziale perdo l’informazione sul costo pieno. In relazione alla configurazione del costo di prodotto prescelta, la prassi aziendale è solita distinguere due grandi tipologie di contabilità analitica, rispettivamente denominate: direct costing o contabilità a costi variabili; full costing o contabilità a costi pieni Il direct costing imputa ai prodotti i soli costi variabili, mentre considera i costi fissi , “costi di periodo”; ciò significa tra le altre cose che tutto l’ammontare dei costi fissi è reputato di competenza del periodo in esame e che nessuna quota di essi è “rinviata al futuro” attraverso il “gioco” delle rimanenze. In altre parole, con il direct costing le rimanenze di magazzino vengono valutate a costi variabili. Il conto economico di analisi reddituale con il full costing normalmente nella realtà delle aziende industriali, presuppone una configurazione di costo industriale piuttosto che di costo pieno complessivo di prodotto. In altre parole, anche se può sembrare una contraddizione in termini, la prassi preferisce un “full costing industriale”. Ciò significa che di ciascun prodotto si determina un 23
  • 24. risultato economico noto come “utile lordo industriale” (o “gross margin”), per cui i soli costi non industriali (amministrativi, commerciali, ecc.) vengono esclusi dalla imputazione ai prodotti (e dalla determinazione del valore delle rimanenze di magazzino). Sempre a proposito di configurazioni di costo, è opportuno precisare ancora che non è detto che la scelta relativa si traduca, di fatto, in un’esplicitazione della struttura economica aziendale sotto forma di conto economico con le caratteristiche appena descritti. In altre parole, soprattutto le piccole aziende intendono la contabilità analitica come uno strumento per determinare il costo unitario di prodotto e dedicano minore attenzione alla rappresentazione formale della struttura economica. 2.10 DETERMINAZIONI DEI COSTI DI PRODOTTO: METODOLOGIE A CONFRONTO Il “costo pieno” di prodotto, offre un potenziale di informazioni superiore a quello di altre configurazioni. Esistono, in estrema sintesi, tre modi per calcolare il costo di prodotto: a. imputando il costo delle singole voci ai prodotti senza la “mediazione” di oggetti intermedi (contabilità semplificata); b. imputando le voci di costo ai prodotti attraverso i “centri di costo” (contabilità per centri di costo); c. imputando le voci di costo ai prodotti previo addebito alle “attività” di gestione (Activity Based Costing o ABC o contabilità basata sulle attività). L’addebito ai prodotti dei costi, a cui si accenna sopra, riguarda soprattutto i costi indiretti; i costi diretti di prodotto, infatti, non richiedono di norma “passaggi intermedi” del tipo sub b) o sub c). 24
  • 25. 2.11 ASPETTI CONTABILI DI RILEVAZIONE DEI COSTI ; RICAVI E RISULTATI ECONOMICI DI OGGETTI PARTICOLARI In questo paragrafo intendiamo trattare gli aspetti più strettamente contabili delle determinazioni economico-quantitative rivolte alla determinazione dei costi, ricavi e risultati economici di particolari oggetti, cioè delle modalità di tenuta della contabilità analitica in rapporto e in collegamento con la contabilità generale. Si tratta del profilo meno “manageriale” della materia, in quanto se un prodotto assicura un profitto di 100.000 Euro all’azienda, tale risultato non deve cambiare a seconda del metodo contabile usato, cioè in partita doppia o senza partita doppia, con un unico sistema atto ad integrare contabilità generale e contabilità analitica o con due sistemi separati. I modelli contabili di funzionamento della contabilità analitica e di suo collegamento con la contabilità generale sono riconducibili ai seguenti sistemi: 1) sistema duplice misto; 2) sistema duplice contabile; 3) sistema unico “patrimoniale”; 4) sistema unico integrato. Il sistema duplice misto prevede la tenuta di due contabilità distinte, di cui quella analitica avviene “extra-contabilmente”, tramite tabelle di varia forma e struttura. Non sono previsti collegamento formali tra le due contabilità. Il sistema duplice contabile prevede la tenuta di due contabilità distinte, entrambe in partita doppia. Il piano dei conti della contabilità analitica, che è distinto da quello di contabilità generale, prevede appositi conti di collegamento con la contabilità generale. 25
  • 26. Il sistema unico “patrimoniale” riflette le logiche di funzionamento del sistema patrimoniale, diffuso nel mondo anglosassone, che in un unico sistema accoglie le rilevazioni di contabilità analitica e di contabilità generale. Il sistema unico integrato accoglie in un unico sistema le rilevazioni di contabilità generale e quelle di contabilità analitica o “gestionale” adottando un piano dei conti articolato in conti: - civilistici - gestionali - comuni 26
  • 27. 3. IL BUDGETING 3.1 IL BUDGET: CHE COSA È, CHE COSA NON È, A CHE COSA SERVE Il concetto che più spesso viene associato al termine “budget”, è quello di “bilancio preventivo”. Per cogliere la pienezza di significato del budget, è opportuno evidenziarne fin d’ora i seguenti “ingredienti”: la veste di bilancio preventivo viene assunta dal budget come atto finale del processo, lungo ed articolato, della sua costruzione: è la veste “contabile”, o economico-finanziaria; il vero contenuto del budget sono i programmi di gestione relativi al successivo esercizio, cioè l’insieme di scelte e di modalità di attuazione decise dalla direzione sia nel campo della gestione operativa, sia in materia di gestione finanziaria, sia in altre aree di gestione, al fine di dare attuazione concreta ai piani strategici; non meno importante di tale contenuto “gestionale”, è la componente “organizzativa” che contraddistingue il budget, almeno in aziende di dimensioni tali da rendere critica tale variabile: in altre parole, il budget, è uno strumento di guida del management, che impegna precisi soggetti verso obiettivi prestabiliti, responsabilizzandoli altresì sui risultati. Alla luce di queste prima puntualizzazioni, si può definire il budget così: 27
  • 28. Come tale, il budget rappresenta un modello di comportamento per il successivo esercizio, che si propone di minimizzare uno dei rischi più frequenti nella gestione di un’azienda: navigare a vista, senza aver tracciato in anticipo la rotta da seguire, affidandosi all’intuito imprenditoriale-manageriale e confidando nella buona sorte. Il budget non è una semplice previsione, anche se per costruirlo normalmente si fa uso di un gran numero di previsioni e stime. Il budget, a maggior ragione non è un tentativo di estrapolazione nel futuro di tendenze storiche o in atto. Il budget, d’altro canto, non è, o non dovrebbe essere, una sorta di camicia di forza, che imprigiona l’azienda in modelli di comportamento prestabiliti, senza possibilità di modificarli se condizioni endogene. Il budget, così come il sistema di controllo di gestione in generale, non è la bacchetta magica, per rendere efficiente ed efficace la gestione di aziende che manchino di ben altri presupposti per raggiungere l’eccellenza o più semplicemente per “sopravvivere”. Il budget serve per: simulare le conseguenze economico-finanziarie conseguenti a date ipotesi di gestione; guidare il management nel corso dell’anno di budget ad operare in conformità agli obiettivi prestabiliti; valutare e responsabilizzare il management sui risultati conseguiti, rispetto ai quali il budget rappresenta una sorta di pietra di paragone; coordinare i responsabili delle varie funzioni (o altre suddivisioni organizzative) nelle loro scelte; 28
  • 29. motivare i manager attraverso il meccanismo della gestione per obiettivi; educare, cioè formare, il management alle logiche della gestione programmata. Dire che il budget è uno strumento di coordinamento manageriale significa sottolineare il suo ruolo di integrazione dei vari programmi di gestione, prima che la gestione stessa abbia svolgimento. E cioè un meccanismo di coordinamento “ex ante”, vale a dire prima che i problemi concreti di gestione si manifestino. Come tale riveste un’importanza particolare, perché evita situazioni che, se affrontate tardivamente rischiano di rendere inefficace qualsiasi altro meccanismo di coordinamento. Il budget è potenzialmente uno strumento di motivazione del manager, sostanzialmente perché fissa degli obiettivi; è dimostrato che una gestione “per obiettivi” crea motivazione, in quanto soddisfa alcune esigenze provate dagli individui. Occorre anche aggiungere che, come mezzo di motivazione, può rivelarsi un’arma a doppio taglio, in quanto il meccanismo degli obiettivi perché motivi richiede alcune condizioni, relative al grado di partecipazione dei soggetti, al grado di difficoltà degli obiettivi, a quanto il sistema è vincolante, alla presenza e alla corretta configurazione dell’eventuale sistema premiante, e così via. Il budget concorre alla formazione manageriale dei soggetti responsabili della gestione di risorse, nel senso che li abitua ad una gestione programmata e rafforza la loro sensibilità economica. Il budget si può definire un programma: globale; articolato per sub-sistemi; tempificato; 29
  • 30. tradotto in termini monetari; sufficientemente flessibile Si tratta di un programma globale in quanto abbraccia la gestione aziendale nella sua totalità, relativamente al periodo di tempo considerato. È un programma articolato in sub-sistemi sotto una molteplicità di prospettive: innanzitutto dal punto di vista: - dei “centri di responsabilità”, poiché funge da strumento di responsabilizzazione dei manager sull’ottenimento di precisi risultati; - degli “output” che l’azienda cede al mercato o all’esterno: beni e servizi. Inoltre il budget è articolabile secondo altre dimensioni che di volta in volta la realtà aziendale suggerisce di evidenziare. Il budget è un programma tempificato, nel senso che traccia delle linee di comportamento differenziate a seconda dei periodi inclusi nell’anno in budget. La caratteristica della flessibilità viene posta sullo stesso piano delle precedenti, come elemento strutturale e non come requisito di efficacia, perché in caso contrario sarebbe forse meglio rinunciare al budget e risparmiarsi i suoi costosi procedimenti. 3.2 LA COSTRUZIONE DEL BUDGET AZIENDALE: GENERALITA’ Il budgeting, cioè il processo di costruzione del budget, è un procedimento che passa attraverso varie fasi, aventi come presupposto logico l’esistenza di precise strategie e di adeguati piani di medio-lungo periodo. Di tale processo mettiamo in luce subito alcuni tratti salienti, idonei a chiarirne la logica di fondo: 30
  • 31. a. noti i piani d’azione con cui si sono esplicitate le modalità di attuazione dei disegni strategici aziendali, il budgeting consiste innanzitutto nel formulare dei programmi operativi che coprano l’arco dell’anno futuro, per poi verificarne l’impatto economico; b. nella formulazione di tali programmi si debbono fare spesso valutazioni di convenienza economica, tipicamente di “breve periodo”, da impostare e risolvere con il modello logico dell’approccio differenziale illustrato nel capitolo precedente; c. il punto di partenza logico del processo di budgeting, una volta definiti gli obiettivi di gestione di breve periodo (ad esempio un certo livello di redditività del capitale), è il programma delle vendite; d. il budgeting ha una sua “logica” nel senso che richiede una sequenza di fasi e certi tipi di collegamento tra una fase e l’altra, logica che subisce alcuni adattamenti passando da un tipo di azienda ad un'altra. Tale logica consente in parte di affrontare il budgeting come una sotra di modello matematico. La possibilità di assimilare il budgeting ad un modello matematico è però limitata; e. il budgeting è un processo “iterativo”, nel senso che richiede numerosi “ritorni di informazioni”, con il che si intende dire che le varie fasi “in sequenza” possono facilmente subire inversioni/ripetizioni; f. una fase delicata, comune a tutti i processi di budgeting, è quella riguardante la quantificazione delle risorse occorrenti alla realizzazione dei programmi operativi, con la relativa monetizzazione in termini di costi; g. dopo aver consolidato i vari programmi “settoriali” e aver ottenuto il bilancio preventivo conseguente alle ipotesi di gestione formulate, nelle aziende dove il budget è concepito come 31
  • 32. strumento di guida e di responsabilizzazione avviene l’approvazione da parte dell’alta direzione; h. un’ultima considerazione riguarda il ruolo svolto nel budgeting dalle rilevazioni contabili ed extra-contabili di natura storica. A questo riguardo, due errori di segno opposto vanno evitati. Il primo consiste nell’assumere i dati storici come rappresentativi di eventi futuri: in tal caso il budget diventa, nella migliore delle ipotesi, il risultato di estrapolazioni nel futuro di tendenze storiche. Il secondo, altrettanto pericoloso, si manifesta allorché il patrimonio di dati e di esperienze del passato viene ignorato, nella presunzione che gestione programmata significhi gestione sganciata dal passato e che determinati livelli di performance, attesi per il futuro, possano ottenersi indipendentemente dalla prestazioni storiche. 3.3 LE FASI DI COSTRUZIONE DEL BUDGET Il processo di costruzione del budget aziendale passa attraverso un certo numero di fasi, che sostanzialmente si ripetono in ogni tipo di azienda. ITER DI COSTRUZIONE DEL BUDGET AZIENDALE 32
  • 33. Piani d'azione pluriennali Programma Ricavi vendite e vendite costi commerciali Fabbisogni di capitale fisso e circolante Programma Costi industriali produzione Mezzi di copertura Programma Costi amministrativi, funzioni generali R&S, vari generali Budget - economico - finanziario - patrimoniale Nello schema dell’iter di budgeting la fascia “centrale” di fasi corrisponde ai programmi operativi: vendite, produzione, acquisti, ricerca, amministrazione, ecc. Si tratta cioè delle operazioni da compiere nell’ambito della gestione “operativa” o “caratteristica”, alla luce dei piani strategici definiti nella pianificazione di lungo periodo. Tali programmi operativi sono variamente articolati per ciò che concerne gli oggetti di riferimento (prodotti, progetti, centri di responsabilità, ecc.) e si materializzano in scelte riguardanti tipicamente: - i volumi di output da ottenere (ad esempio i volumi di produzione); - i tempi di ottenimento di tali output (ad esempio i vari mesi dell’anno); 33
  • 34. - i fabbisogni di risorse occorrenti (escluse per il momento le risorse finanziarie). Nello stesso schema, la fascia di destra corrisponde alla valorizzazione dei programmi operativi in termini economici: costi ricavi e risultati economici. In particolare, i costi delle risorse sono la veste monetaria dei fabbisogni di risorse di cui sopra (fase centrale); la loro determinazione avviene secondo modalità differenti a seconda che si tratti di costi parametrici, discrezionali o vincolanti, come si è anticipato nel capitolo precedente. La sintesi di tale processo di valorizzazione è il conto economico, che in una prima fase si ferma al risultato o reddito operativo; solo successivamente, quando si saranno valutate le conseguenze finanziarie, (e in generale extra- operative) dei programmi di gestione, si trasformerà in un conto economico “completo”, cioè arriverà fino al reddito netto. Infine, la fascia di sinistra riflette un processo di misurazione finanziaria (o finanziario-patrimoniale) dei programmi sia operativi (vedi sopra) che extra-operativi (ad esempio di rimborso di debiti, di pagamento di dividendi, ecc.). Tale misurazione consiste nella determinazione dei fabbisogni di capitale e delle relative coperture e viene sintetizzata in due tipi di preventivo: il preventivo finanziario (che accoglie delle grandezze-flusso, riferite al periodo di budget); il preventivo patrimoniale (che è uno stato patrimoniale- finanziario, che accoglie delle grandezze-fondo, riferite alla data di conclusione di tale periodo). Il grafico, nella sua schematicità, lascia in ombra numerosi “ritorni di informazione” e rifacimenti resi necessari da una circostanza di grande momento, vale a dire l’ineliminabile interdipendenza tra programmi economici e programmi finanziari, o se si vuole, tra aspetto economico e aspetto finanziario della gestione. Come si 34
  • 35. capirà meglio nella trattazione successiva e soprattutto dagli esempi di calcolo, per costruire il preventivo economico è necessario formulare il preventivo finanziario e viceversa. Qui di seguito illustriamo più analiticamente le varie fasi suddette, ma è ancora necessaria un’ultima precisazione. Obiettivo del presente capitolo non è entrare nel merito della programmazione commerciale, produttiva, finanziaria, ecc., ma coglierne il significato gestionale generale, senza approfondire temi del tipo: come si fissa il prezzo di vendita, come si fanno le ricerche di mercato, come si gestiscono le scorte, come si scelgono i mezzi di finanziamento, ecc. A tale scopo si rinvia ai manuali e lavori specialistici di marketing, gestione della produzione, finanza, e così via. Infatti, una cosa è la gestione, che qui si presuppone, ed una cosa è il controllo di gestione, di cui qui si studiano logiche, metodi e strumenti. Un corollario di ciò è che, dei vari programmi di gestione, cercheremo di cogliere soprattutto il momento della misurazione economica e finanziaria. 3.4 BUDGET ED ALTRI STRUMENTI DI GESTIONE PROGRAMMATA Il budget è il più emblematico degli strumenti di gestione programmata, cioè di gestione proiettata nel futuro e rivolta al raggiungimento di determinati obiettivi. A questo riguardo, occorre ancora fare due precisazioni, e cioè: 1. accanto al budget vero e proprio, altri strumenti di proiezione nel futuro vengono spesso elaborati dalle aziende, per integrare le informazioni che il budget contiene; 2. in presenza di condizioni di mercato e d’ambiente continuamente in movimento, quali sono ormai quasi sempre le condizioni in cui operano le aziende, il budget redatto prima dell’inizio dell’anno si rivela spesso uno strumento di guida poco affidabile, perché poco 35
  • 36. allineato all’evolversi del contesto aziendale, in quanto tale può richiedere “aggiustamenti” in itinere. In merito al punto sub 1), sono numerosi i casi di aziende che, durante l’anno di budget, ad esempio ogni tre mesi, redigono un documento preventivo che assume varie denominazioni: forecast, preventivo aggiornato, pre-consuntivo, ecc. Tale strumento può essere variamente inteso, ma nell’accezione più corretta si tratta di un tentativo, ad una certa data (ad es. il 30-giu) di prefigurare i risultati economici e finanziari che si manifesteranno alla fine dell’anno. Il documento in cui si estrinseca, che per semplicità chiameremo forecast, tiene conto dei: - risultati che si sono manifestati, ad es. dall’1-gen al 30-giu; - risultati che presumibilmente si manifesteranno, ad es. dall’1-lug al 31-dic. Mentre i primi “risultati” (ad es. i costi e ricavi già maturati) sono rilevati dalla contabilità, i “risultati” futuri formano oggetto di previsione cioè di una previsione che viene aggiornata periodicamente. Quest’ultima non dovrebbe riflettere rigidamente tutte le ipotesi di budget, a meno che queste non risultino ancora realistiche; dovrebbe invece esprimere il probabile esito futuro della gestione in corso, in assenza di interventi correttivi. Quest’ultima condizione significa che nel formulare il forecast non si dovrebbero dare per scontati esisti di iniziative appena abbozzate o ancora da intraprendere, ma si dovrebbe assumere un atteggiamento prudenziale del tipo “se continuo a gestire l’azienda con l’efficienza attuale, i risultati a fine anno saranno ben al di sotto delle aspettative di budget”. La concreta possibilità di costruire i forecast nel modo anzidetto è spesso limitata dalla difficoltà di distinguere ciò che è un risultato della gestione “senza interventi correttivi” da ciò che invece è un 36
  • 37. risultato influenzato da interventi correttivi. Tuttavia, riteniamo che tale tentativo debba essere compiuto, per evitare che il forecast si risolva nella semplice produzione di numeri, a cui non corrispondono andamenti gestionali realistici. In concreto, là dove si redige il forecast, questo non costituisce ma affianca il budget. Infatti esso funge da preconsuntivo, da confrontare periodicamente con il budget annuale per evidenziare i probabili scostamenti da questo a fine anno. La conoscenza di tali scostamenti prima che si verifichino è un utile accorgimento per intraprendere azioni correttive in modo tempestivo. Per ciò che si riferisce al punto sub 2), le aziende più evolute dal punto di vista dei sistemi direzionali hanno via via adottato strumenti di “aggiustamento” del budget, quando questo si riveli poco o nulla efficace come strumento di guida e di responsabilizzazione. Inizialmente tali tecniche o espedienti si sono sviluppati per ridare validità agli strumenti di controllo in ambienti caratterizzati da elevati tassi di inflazione. Successivamente, indipendentemente dalle variazioni del metro monetario prodotte da processi inflazionistici, alcuni strumenti di correzione del budget si sono diffusi per consentire un efficace gestione programmata in ambienti dove l’intensità della competizione, la sua dimensione “globale”, il progresso tecnologico, l’esplosione di nuovi business (si pensi il cosiddetto e-business) hanno raggiunto livelli di dinamismo tali da mettere in crisi i sistemi di controllo più sofisticati. Tra le varie tecniche adottate ricordiamo le seguenti: il budget revisionato; il budget inferiore all’anno e il budget scorrevole; il budget flessibilizzato in rapporto a talune variabili critiche; i budget alternativi. 37
  • 38. Il “budget revisionato” consiste in una riformulazione del budget, effettuata a scadenze periodiche, per la parte rimanente dell’esercizio. Tuttavia di norma nella pratica aziendale gli obiettivi di partenza, accolti nel budget originale, restano la pietra di paragone per il calcolo degli scostamenti. Di conseguenza questi ultimi risultano scarsamente significativi, anche se la revisione del budget permette di correggere i piani operativi aziendali, adeguandoli alle nuove circostanze sopravvenute. Il “budget di validità inferiore all’anno” (ad esempio da 3 a 6 mesi) deriva dalla consapevolezza dell’inattendibilità dei programmi anuali in un contesto fortemente perturbato. Il budget scorrevole (rolling budget) consiste nel mantenere l’orizzonte temporale del budget sempre alla medesima durata (ad esempio un anno o meno di un anno), mediante aggiunta di un “segmento” di anno ad ogni successiva scadenza in cui si opera il controllo della realizzazione dei programmi. Il “budget flessibilizzato”, significa prendere atto che si sono manifestati alcuni importanti cambiamenti rispetto alle ipotesi accolte nel budget di partenza, relativamente alle variabili critiche del reddito d’impresa (ad esempio forti fluttuazioni nel prezzo delle materie prime o di altri fattori produttivi) e “flessibilizzare” il budget in rapporto a tali cambiamenti. In questo modo possono confrontarsi i dati consuntivi con il budget flessibilizzato, aderente alla nuova realtà d’impresa e d’ambiente, e ottenere informazioni significative sugli scostamenti avvenuti. Un particolare modo di applicare il principio della “flessibilizzazione” consiste nel definire a priori gli obiettivi in termini “relativi” ad esempio il prezzo standard di una materia prima è un “X” per cento in meno del tasso medio di aumento del prezzo della risorsa in oggetto sul mercato, quale che sia l’incremento stesso. In tal modo il 38
  • 39. responsabile degli acquisti ha un valido parametro-guida rispetto al quale regola il proprio comportamento. In seguito si confrontano i dati effettivi con tali obiettivi “mobili” o “relativi”, rispetto ai quali il budget viene flessibilizzato, e si possono trarre conclusioni significative sulle deviazioni dal budget e sulle prestazioni dei manager. Rispetto ad altre soluzioni (budget revisionato, infrannuale, scorrevole, ecc.) il metodo in esame ha il pregio di fissare obiettivi che conservano la propria validità anche in caso di forti perturbazioni ambientali e di permettere una valutazione significativa sull’efficienza e sull’efficacia dei risultati raggiunti, cioè su “come l’organizzazione si posiziona in un ambiente i cui punti di riferimento sono in continuo movimento”. I “budget alternativi” sono programmi di gestione formulati in “alternativa” al budget di partenza, avanzando l’ipotesi che nel corso dell’anno di budget avvengano fenomeni tali da cambiare radicalmente il volto della gestione. In questa maniera si rendono disponibili già a priori alcuni percorsi alternativi di gestione, da seguire tempestivamente in caso di necessità. Un’ultima osservazione è necessaria a questo punto. Il budget e gli altri strumenti di proiezione nel futuro si concretizzano in documenti amministrativi aventi la forma di bilancio preventivo. Ciò può fare erroneamente pensare che gli obiettivi a cui il management deve tendere siano di natura esclusivamente economico-finanziaria. Si tratta di una visione riduttiva del controllo di gestione, accompagnata da un sistema bilanciato di “parametri-obiettivo”. Questi ultimi vano espressi in vari modi, per guidare efficacemente il management verso gli obiettivi di breve e lungo periodo. Quindi non solo in unità monetarie, ma anche in unità extra-monetarie o fisiche. In definitiva, quando per semplicità si dice “budget” e “gestione budgetaria” si 39
  • 40. deve di norma sottintendere la presenza non solo dei tipici indicatori di budget, ma anche di ogni altro indicatore idoneo a monitorare l’efficienza e l’efficacia della gestione, di breve e di lungo periodo. 4. L’ANALISI DEGLI SCOSTAMENTI DAL BUDGET 4.1 GENERALITA’ SULL’ANALISI DEGLI SCOSTAMENTI La formazione del budget avviene, come è ovvio, prima del periodo di cui si vuole programmare la gestione. Durante tale periodo occorre verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi prestabiliti; bisogna cioè confrontare il budget con i risultati effettivi della gestione, man mano che questa si svolge. La fase del processo di controllo che qui denominiamo “analisi degli scostamenti” costituisce l’operazione finale con cui si concretizza l’impiego del meccanismo di “feed-back”, con la “chiusura” del ciclo corrispondente. Essa è a sua volta scomponibile nelle seguenti operazioni: a. confronto tra i valori di budget e valori consuntivi e determinazione degli scostamenti globali; b. scomposizione degli scostamenti “globali” in scostamenti “elementari”; c. individuazione delle cause degli scostamenti elementari e delle relative responsabilità; d. definizione dei provvedimenti correttivi da prendere in caso di disfunzioni gestionali Il calcolo e la scomposizione degli scostamenti è solo il supporto informativo per un’analisi accurata che dia una risposta ai seguenti quesiti: perché si manifesta una differenza tra i risultati attesi e quelli reali; 40
  • 41. chi è responsabile di tale differenza; come è opportuno intervenire. Per cogliere in termini più operativi l’essenza dell’analisi degli scostamenti, sono opportune alcune considerazioni sulle sue caratteristiche e sulle sue finalità: 1. essa si propone di correggere tempestivamente le disfunzioni gestionali, in modo che gli obiettivi dell’azienda per il periodo di budget possano essere ancora raggiunti; 2. con la verifica dei risultati vengono posti in risalto eventuali fatti nuovi che si sono manifestati e che possono mettere in dubbio la stessa validità del budget iniziale, cioè dei suoi obiettivi e dei suoi programmi; 3. il confronto tra budget e consuntivi riguarda sia gli aspetti economici che quelli finanziari della gestione; 4. dato che il controllo di gestione si propone tra l’altro di responsabilizzare le persone sui risultati, la verifica dei risultati deve avvenire per centri di responsabilità e non solo a livello globale d’azienda; 5. pure in questa fase del controllo il ruolo principale viene svolto dai manager “operativi” ai vari livelli; 6. con il confronto tra budget e risultati effettivi si accertano le responsabilità dei capi-centro; ciò prelude ad un loro coinvolgimento nelle azioni correttive e ad una valutazione delle loro prestazioni; 7. perché il confronto tra budget e consuntivi risultati efficace, occorre che vi sia sufficiente omogeneità tra i rispettivi dati, sia dal punto di vista della forma di rappresentazione, sia da quello dei valori accolti nei rendiconti periodici di controllo; 41
  • 42. 8. i report, o rendiconti di controllo, con cui si evidenzia il confronto tra budget e consuntivi possono assumere una gran varietà di forme. 4.2 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE SULLA RICERCA DELLE CAUSE DEGLI SCOSTAMENTI E SUGLI INTERVENTI CORRETTIVI A conclusione di questo capitolo, sono opportune alcune osservazioni, circa le cause degli scostamenti, e necessarie per una corretta impostazione del problema degli interventi correttivi. Un modo per classificare le cause degli scostamenti è il seguente: scostamenti di realizzazione (“implementation”); scostamenti di previsione; scostamenti di misurazione; scostamenti di modello decisionale; scostamenti dovuti al caso. Gli scostamenti di realizzazione sono il caso più tipico di variazione rispetto ai programmi; essi derivano dal fatto che i soggetti responsabili del raggiungimento di un certo obiettivo sono stati materialmente incapaci di raggiungerlo, per disattenzione, disorganizzazione, insufficiente motivazione, ecc. Gli scostamenti di previsione derivano da errori commessi in sede di preventivazione dei dati necessari per formulare il budget. Si tratta sostanzialmente di stime non corrette circa le modalità di manifestazione e la “misura” di fenomeni futuri. Gli scostamenti di misurazione derivano da errori commessi in sede di misurazione dei fenomeni realmente avvenuti, cioè da errori di classificazione, di calcolo o di rilevazione che si traducono in consuntivi non rispondenti alla realtà. Gli scostamenti di modello decisionale derivano da una scorretta formulazione del modello decisionale su cui si basa il budget. Essi si 42
  • 43. differenziano dagli scostamenti di previsione in quanto questi ultimi consistono semplicemente nella non corretta previsione di un parametro, mentre gli scostamenti di modelli presuppongono un’erronea identificazione della funzione obiettivo, delle variabili in gioco o dei vincoli esistenti. Gli scostamenti dovuti al caso consistono in oscillazioni che sempre si manifestano rispetto alla grandezza attesa di un certo fenomeno, senza che ciò sia imputabile a qualcuno, in quanto si tratta di deviazioni insite in quel dato processo. In pratica, ciò significa che se uno scostamento rispetto allo standard rientra in dati limiti “accettabili”, la variazione è ritenuta casuale e non viene ulteriormente analizzata. La consapevolezza, da parte dei manager coinvolti nel processo di controllo, che uno specifico scostamento è dovuto ad un tipo di causa piuttosto di un’altra, è utile per decidere se è necessario intervenire oppure no e, nella prima ipotesi, che tipo d’intervento correttivo è più appropriato. Ad esempio, uno scostamento di realizzazione richiede un’azione correttiva, mentre una variazione dovuta al caso non la richiede; inoltre mentre uno scostamento di realizzazione può condurre a provvedimenti che mirano a migliorare l’efficienza degli operatori, uno scostamento di errore di previsione o di modello decisionale può condurre ad una revisione dello stesso budget. Spesso, in pratica si dedica molta attenzione agli scostamenti di realizzazione, con i quali si evidenziano le responsabilità dei manager, si valutano le loro prestazioni, e si pongono le premesse per ripristinare le condizioni di efficienza e di efficacia inizialmente prestabilite. Tuttavia l’analisi delle cause di tali scostamenti a volte si rivela insoddisfacente, perché non si spinge alla radice delle disfunzioni, ma si limita a considerare l’origine più immediata dei fenomeni. 43
  • 44. Così ad esempio una variazione negativa della quantità di mano d’opera impiegata è attribuita alla mancanza o all’inefficienza delle macchine o delle attrezzature necessarie, ci si limita ad osservare il fenomeno in superficie e non si è in grado di fornire indicazioni utili per le successive azioni correttive. Infatti, la suddetta mancanza o inefficienza dei macchinari può trarre origine da carenze di manutenzione, da insufficienze progettuali, da scoordinamento tra le esigenze dei programmi produttivi e l’idoneità delle macchine, e così via. Dal momento che l’indagine stessa deve essere spinta fin dove realmente si trova l’origine della disfunzione, cioè là dove occorrerà intervenire. L’analisi degli scostamenti e il reporting tradizionale, rischiano spesso, in pratica, di enfatizzare i “sintomi” di cattiva gestione, trascurando la componente analitica e “diagnostica”, che del controllo di gestione è la vera essenza. Occorre infine rilevare che non necessariamente si deve intraprendere un’azione correttiva in caso di scostamento sfavorevole. Infatti l’intervento correttivo ha sempre un costo (di riorganizzazione, addestramento, riparazione, ecc.), che può risultare superiore ai vantaggi conseguibili. Inoltre ha un costo lo stesso processo di indagine sulle cause degli scostamenti, per cui a volte si decide di non procedere neppure alla fase di analisi. Quindi il processo di controllo della gestione dovrebbe sempre rispettare un principio di convenienza economica, secondo il quale si interviene solo se il costo dell’intervento è inferiore al valore delle conseguenze economiche positive (minori costi e/o maggiori ricavi) derivanti dall’intervento stesso. 44
  • 45. LA PIANIFICAZIONE STRATEGICA La pianificazione strategica è un sistema direzionale, che si prefigge di mettere la direzione in condizione di formulare i contenuti delle strategie e le scelte di implementazione degli stessi, in maniera più razionale ed efficace di quanto avverrebbe, se un “sistema direzionale” del genere non esistesse, e quindi l'elaborazione degli orientamenti strategici della gestione fosse affidata all'intuito, all'estro o ad altre doti personali. La pianificazione strategica, come sistema direzionale, è idealmente scomponibile in una struttura e in un processo. Per struttura si intende l'articolazione dell'azienda in business o aree strategie d'affari (ASA). Il processo della pianificazione strategica è invece l’insieme delle fasi occorrenti affinché si possano tracciare in modo il più possibile razionale ed efficace le linee guida durevoli della gestione aziendale. Il processo di pianificazione strategica, con i suoi metodi e i suoi strumenti, può favorire una corretta valutazione e implementazione della strategia prescelta e incanalarli in una direzione coerente con gli obiettivi di generali dell'azienda. La pianificazione strategica, intesa come processo, è da intendersi come quell’insieme di attività direzionali con cui: - si definiscono gli obiettivi della gestione; - si formulano le scelte principali con cui raggiungere gli obiettivi (strategie); - si formulano i piani d'azione con cui dare attuazione concreta le strategie. 45
  • 46. I momenti essenziali della pianificazione strategica sono: 1. la definizione degli obiettivi della gestione; 2. la definizione delle regole generali di comportamento; 3. l'analisi del profilo competitivo di ogni business in cui l'azienda opera; 4. identificazione delle alternative strategiche di ogni business e la formulazione delle rispettive scelte; 5. la formulazione di una strategia di portafoglio; 6. la formulazione dei piani d'azione o piani operativi. Nell'elaborare la pianificazione strategica occorre tener presente che il processo di pianificazione, inteso come corretto modo di affrontare i problemi decisionali in una prospettiva globale, sia di lungo che di breve periodo, fluisce continuamente nel tempo. Occorre, quindi, partire dal presupposto che l'azienda abbia già formulato le scelte di fondo, come ad esempio quella relativa al settore in cui operare e che periodicamente l'azienda si interroghi sui suoi indirizzi futuri, confermando le scelte precedenti o modificandole più o meno profondamente. Inoltre per elaborare una corretta ed efficace pianificazione strategica è opportuno compiere studi ed analisi aventi per oggetto: - l'ambiente di riferimento dell'azienda ( economico, politico, socio culturale, tecnologico); - gli scenari entro cui l'azienda stessa dovrà operare in futuro. Tali analisi possono essere riassunte in: 1. una valutazione attuale e prospettica della situazione economica, politica e sociale in campo nazionale e internazionale; 2. la definizione dei principali indicatori socio economici; 3. l'identificazione dei più rilevanti vincoli esterni. Tali analisi perché possano dare indicazioni utili all'azienda non devono essere riferite a contesti molto generali, ma vanno condotte a livello di ambiente specifico, devono essere riferite cioè ad ogni business. 46
  • 47. REPORTING ECONOMICO STRUMENTI E METODI 47
  • 48. CHIUSURE PERIODICHE INFRANNUALI PERIODICITA' mensile trimestrale semestrale annuale 48
  • 49. PROCEDURA DI ELABORAZIONE CONSUNTIVI ECONOMICI 1 COSTI DATI ESSENZIALI AL PROCESSO 1A COSTI ESTERNI CONTABILIZZATI NEL PERIODO FONTE CONTABILITA' ANALITICA METODOLOGIA ESTRAZIONE DATI COAN 1B COSTI DELLE RISORSE INTERNE IMPIEGATE NELLA "PRODUZIONE" FONTE VALORIZZAZIONE DELLE ORE LAVORATE DAL PERSONALE DIPENDENTE METODOLOGIA COMPILAZIONE DEL TIMEREPORT VALORIZZAZIONE DELLA SINGOLA ORA/DIPENDENTE 1C COSTI ESTERNI MATURATI MA NON CONTABILIZZATI FONTE ARCHIVIO CONTRATTI PASSIVI/ORDINI DI ACQUISTO STRUTTURE DI LINEA METODOLOGIA VERIFICA "EVASIONE" CONTRATTI/ORDINI EMESSI (CD.IMPEGNATO) 49
  • 50. 1 COSTI DATI ESSENZIALI AL PROCESSO 1A COSTI ESTERNI CONTABILIZZATI NEL PERIODO FONTE CONTABILITA' ANALITICA METODOLOGIA ESTRAZIONE DATI COAN (eliminazione registrazioni co.ge.di salari e stipendi) es. estrazione COAN centro di costo/wbs nature di costo alfa beta gamma totale (k€) acquisto materiali di consumo 100 0 60 160 consulenze specialistiche 5 40 10 55 salari e stipendi 180 contributi su salari e stipendi 70 fornitura di lavoro interinale 70 20 0 90 energia elettrica 50 0 20 70 assicurazioni 10 3 5 18 ammortamenti diretti 30 0 10 40 ecc. 0 0 totale 265 63 105 683 i dati estrapolati dalla COAN devono essere rettificati in funzione della "CHIUSURA DEL PERIODO": 1 calcolo risconti attivi 2 imputazione delle giacenze iniziali di magazzino 3 imputazione delle rimanenze iniziali di lavori in corso 4 calcolo ammortamenti (se non elaborati a livello di sistema) 5 calcolo dei ratei passivi 6 valutazione di accantonamenti per rischi 7 valutazione di svalutazioni di rimanenze 50
  • 51. 1 COSTI DATI ESSENZIALI AL PROCESSO 1B COSTI DELLE RISORSE INTERNE IMPIEGATE NELLA "PRODUZIONE" FONTE VALORIZZAZIONE DELLE ORE LAVORATE DAL PERSONALE DIPENDENTE METODOLOGIA COMPILAZIONE DEL TIMEREPORT VALORIZZAZIONE DELLA SINGOLA ORA/DIPENDENTE PRESUPPOSTO VALORIZZAZIONE DETERMINAZIONE COSTO STANDARD COSTO ANNUO TEORICO DEI DIPENDENTI effettivo per fascia di reddito/costo per skill professionale DIVISORE ORARIO dipende dall'orario lavorativo in vigore nell'azienda es. per orario 40 h settimanali 1680 calcolo divisore: ore teoriche lavorabili 40 x 52 settimane = 2.080 ore teoriche di assenza per ferie 2,5 x 8 x 12 = 240 ore teoriche di assenza per malattia 20 x 8 = 160 totale ore teoriche lavorabili nette +2.080-240-160 = 1.680 51
  • 52. 1 COSTI DATI ESSENZIALI AL PROCESSO 1B COSTI DELLE RISORSE INTERNE IMPIEGATE NELLA "PRODUZIONE" FONTE VALORIZZAZIONE DELLE ORE LAVORATE DAL PERSONALE DIPENDENTE METODOLOGIA COMPILAZIONE DEL TIMEREPORT VALORIZZAZIONE DELLA SINGOLA ORA/DIPENDENTE es. timereport mese di gennaio anno 200x dipendente XY 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 CENTRO DI COSTO/WBS M M G V S D L M M G V S D L M M G V S D L M M G V S D L M M G totale alfa 8 8 8 8 8 8 8 8 4 68 beta 8 8 8 8 4 2 8 8 8 2 4 68 gamma 8 8 4 6 6 8 8 48 totale 8 8 8 8 0 0 8 8 8 8 8 0 0 8 8 8 8 8 0 0 8 8 8 8 8 0 0 8 8 8 8 184 52
  • 53. 1 COSTI DATI ESSENZIALI AL PROCESSO 1B COSTI DELLE RISORSE INTERNE IMPIEGATE NELLA "PRODUZIONE" FONTE VALORIZZAZIONE DELLE ORE LAVORATE DAL PERSONALE DIPENDENTE METODOLOGIA COMPILAZIONE DEL TIMEREPORT VALORIZZAZIONE DELLA SINGOLA ORA/DIPENDENTE valorizzazione costo gennaio dipendente XY costo effettivo annuo € 40.000,00 costo orario € 40.000,00 / 1680 = € 23,81 riepilogo ore lavorate per cdc/wbs: costo cdc/wbs alfa 68 € 23,81 € 1.619,08 costo cdc/wbs beta 68 € 23,81 € 1.619,08 costo cdc/wbs gamma 48 € 23,81 € 1.142,88 costo totale 184 € 4.381,04 53
  • 54. 1 COSTI DATI ESSENZIALI AL PROCESSO 1C COSTI ESTERNI MATURATI MA NON CONTABILIZZATI FONTE a ARCHIVIO CONTRATTI PASSIVI/ORDINI DI ACQUISTO b STRUTTURE DI LINEA METODOLOGIA VERIFICA "EVASIONE" CONTRATTI/ORDINI EMESSI (CD.IMPEGNATO) attraverso l'accantonamento di costi aventi manifestazione regolare attraverso la richiesta dei maturati passivi sui contratti in essere attraverso la verifica con l'ufficio acquisti degli ordini evasi e non fatturati es. richiesta maturato su contratti lista contratti passivi aperti alla data di consuntivazione DATO DA COMUNICARE A CDG maturato maturato alla primo fornitore/consule importo base data del residuo al trimestre nte contratto 31/12/200(x-1) 31/03/200x 200x A Spa € 70.000,00 € 10.000,00 € 60.000,00 B Srl € 20.000,00 € 5.000,00 € 15.000,00 Studio C € 5.000,00 € - € 5.000,00 totale € 95.000,00 € 15.000,00 € 80.000,00 € - 54
  • 55. PROCEDURA DI ELABORAZIONE CONSUNTIVI ECONOMICI 2 RICAVI DATI ESSENZIALI AL PROCESSO 2A RICAVI CONTABILIZZATI NEL PERIODO FONTE CONTABILITA' ANALITICA METODOLOGIA ESTRAZIONE DATI COAN 2B RICAVI MATURATI MA NON CONTABILIZZATI FONTE ARCHIVIO CONTRATTI ATTIVI/ORDINI DI VENDITA STRUTTURE DI LINEA METODOLOGIA VERIFICA "EVASIONE" CONTRATTI/ORDINI RICEVUTI 55
  • 56. 2 RICAVI DATI ESSENZIALI AL PROCESSO 2A RICAVI CONTABILIZZATI NEL PERIODO FONTE CONTABILITA' ANALITICA METODOLOGIA ESTRAZIONE DATI COAN es. estrazione COAN centro di ricavo nature di RICAVO a b c totale (k€) ricavi vendita merci 250 0 190 440 ricavi servizi di ingegneria 0 170 0 170 ricavi consulenze 0 95 0 95 ecc. 0 0 totale 250 265 190 705 i dati estrapolati dalla COAN devono essere rettificati in funzione della "CHIUSURA DEL PERIODO": 1 calcolo risconti passivi 2 imputazione delle giacenze finali di magazzino 3 imputazione delle rimanenze finali di lavori in corso 4 calcolo dei ratei attivi 56
  • 57. 2 RICAVI DATI ESSENZIALI AL PROCESSO B RICAVI MATURATI MA NON CONTABILIZZATI FONTE ARCHIVIO CONTRATTI ATTIVI/ORDINI DI VENDITA STRUTTURE DI LINEA METODOLOGIA VERIFICA "EVASIONE" CONTRATTI/ORDINI RICEVUTI per le aziende industriali: determinazione dei ricavi di competenza del periodo attraverso la valorizzazione del venduto non fatturato per le aziende di servizi: determinazione dei ricavi di competenza del periodo attraverso l'analisi delle attività effettivamente svolte acquisendo informazioni circa parametri tecnico/quantitativi e delle previsioni contrattuali nel caso di servizi a "COMMESSA" (AFFIDAMENTI DI NATURA PLURIENNALE) attraverso l'applicazione dei criteri dettati dai principi contabili 57
  • 58. L'ANALISI COSTI E RICAVI DI VOLUMI Il reddito d’impresa o il risultato operativo netto della gestione è dato dalla differenza tra i costi e i ricavi di vendita, quando tali costi e ricavi vengono messi in relazione non solo tra di loro, ma anche con il volume di produzione, si effettua l'analisi costi ricavi volumi o l'analisi del punto di pareggio. Tale analisi consente di individuare con quali volumi di vendita si è in grado di raggiungere il pareggio tra costi e ricavi. Tale volume viene individuato come volume di pareggio o ”Break even point”. Se indichiamo con: bx = costi variabili totali a = costi fissi totali px = ricavi totali ( dove p è il prezzo unitario di vendita) se poniamo i costi uguali ai ricavi totali si ha: px = a + bx il volume di pareggio è dato da: a x = ------ p-b Dove (p - b) rappresenta il “margine lordo di contribuzione unitario”. Quindi, il volume di pareggio si ottiene dividendo i costi fissi totali per il margine di contribuzione unitario. 58
  • 59. L'analisi costi ricavi volumi rappresenta un utile strumento nell'ambito della costruzione del budget in quanto consente di individuare, prima dell'inizio effettivo di ogni ciclo di produzione, quanto è necessario produrre o vendere per chiudere il conto economico in pareggio. Oppure, in senso più generale, qual è il volume che consente all'azienda di raggiungere un certo risultato economico prestabilito. L'analisi costi ricavi volumi consente, non solo di individuare il volume di pareggio, ma anche di individuare come altre variabili gestionali influenzano il risultato economico atteso, permettendo così di individuare su quali variabili di gestione è opportuno agire perché si riesca ad ottenere il risultato economico prefissato in sede di pianificazione. Le variabili gestionali che possono essere analizzate con una l'analisi costi volumi ricavi sono: - volume di vendita; - efficienza interna; - efficienza esterna; - capacità produttiva; - prezzo di vendita. In definitiva possiamo affermare che l'analisi costi volumi ricavi è che uno strumento di simulazione dell'impatto sul profitto delle diverse variabili da cui esso dipende. Esempi di calcolo ipotizziamo che un'azienda presenti la seguente struttura economica: - costi fissi totali: € 500.000; - standard unitario fisico delle materie dirette: kg 0,4 per unità di prodotto; - prezzo unitario d'acquisto delle materie dirette: € 0,20 al chilo; - prezzo unitario di vendita: € 0,18 per unità di prodotto. 59
  • 60. Applicando la formula indicare in precedenza il volume di pareggio sarà: 500.000 500.000 X= ----------------- = -------------- = n. 5.000.000 di unità 0,18 - 0,08 0,10 se ipotizziamo che nella stessa azienda i livello di efficienza interna peggiori del 10% rispetto l'ipotesi di partenza il volume di pareggio sarà dato da: 500.000 500.000 X= ----------------- = -------------- = n. 5.434.000 di unità 0,18 - 0,088 0,092 Con l'utilizzo della formula indicata è anche possibile, per esempio, individuare quale deve essere il prezzo di vendita perché l'azienda possa portare il volume di pareggio a 4.000.000 unità. 500.000 4.000.000 = ----------------- p - 0,80 820.000 p= ---------------- = 0,205 4.000.000 60
  • 61. IL CONSOLIDAMENTO DEI BUDGET SETTORIALI I vari budget settoriali perché possano dare una visione d'insieme e quindi fornire indicazioni per il funzionamento dell'azienda devono essere aggregati, ovvero consolidati, in documenti di sintesi attraverso i quali è possibile verificare se le scelte effettuate in sede di pianificazione permetteranno il raggiungimento degli obiettivi del piano strategico. Ai fini del consolidamento, i budget settoriali vengono aggregati nei seguenti budget: 1. budget economico; 2. budget finanziario; 3. budget patrimoniale. - Il budget economico è un riepilogo dei costi e dei ricavi già programmati e formulati nel budget commerciale, nel budget della produzione, nel budget dei costi generali; - il budget finanziario accerta la reperibilità dei mezzi finanziari occorrenti per l'acquisto delle risorse produttive richieste dai vari programmi operativi; - il budget patrimoniale rappresenta la situazione del patrimonio aziendale al termine del periodo di budget. 61
  • 62. Il budget economico Il budget economico deriva dal consolidamento dei budget settoriali dei ricavi e dei costi programmati per l'esercizio di programmazione. Il budget economico e rappresentato da un conto economico preventivo che avrà una struttura che varia a seconda delle esigenze di informazione. Un esempio di budget economico può essere quello riportato di seguito: Ricavi di vendita - costo industriale del venduto rimanenze iniziali di magazzino manodopera stipendi acquisto materiali ammortamenti industriali spese varie industriali - rimanenze finali di magazzino = Utile lordo industriale - spese commerciali - spese di ricerca - spese amministrative - spese varie generali = Reddito operativo Δ Oneri e proventi finanziari Δ Oneri e proventi straordinari = reddito prima delle imposte - imposte sul reddito reddito netto 62
  • 63. questa struttura del budget economico mette in evidenza: - il reddito operativo (che è tra l'altro il numeratore del rapporto con cui si calcola il ROI) - il reddito netto (che è tra l'altro il numeratore del rapporto con cui si calcola il ROE). Un'altra struttura di conto economico può essere quella basata sulla suddivisione della gestione tra famiglie o linee di prodotto. Un esempio di tale struttura è il seguente: Prodotti X Y Z Totale voci Ricavi di vendita * * * * - costi variabili del venduto * * * * Margine lordo di contribuzione * * * * - costi fissi diretti * * * * Margine se mi lordo di contribuzione * * * * - costi fissi indiretti * Reddito operativo * Δ Oneri e proventi finanziari * Δ Oneri e proventi straordinari * Reddito prima delle imposte * - imposte sul reddito * Reddito netto * Questa seconda struttura del budget economico è utile perché consente: 1. di valutare la redditività globale della gestione; infatti evidenzia sia reddito operativo che reddito netto; 2. di valutare la redditività delle singole linee di prodotti, attraverso il loro margine lordo e margine se mi lordo di contribuzione. 63
  • 64. Il budget finanziario Il budget finanziario analizza l'aspetto finanziario dei programmi di esercizio, esso può essere suddiviso in due programmi strettamente collegati tra loro: 1. budget delle fonti e degli impieghi; 2. budget di cassa. Attraverso la costruzione del budget finanziario si verifica la fattibilità dei programmi operativi sotto il profilo finanziario, è possibile cioè determinare: 1. in che misura azienda sarà in grado di finanziare i fabbisogni di capitale collegati ai programmi di esercizio con i mezzi prodotti internamente: autofinanziamento; 2. in che misura occorrerà ricercare altre fonti di finanziamento per garantire la copertura del fabbisogno finanziario. Nel budget finanziario le fonti di finanziamento vanno analizzate oltre che sotto l'aspetto quantitativo anche sotto il profilo: - della qualità dei mezzi; - del loro costo; - del tempo in cui saranno disponibili. La qualità riguarda la struttura finanziaria dell'impresa, cioè il tipo di finanziamento più adatto per coprire un certo tipo di fabbisogno (per esempio per fare investimenti è opportuno disporre di capitali permanenti quali capitale proprio o finanziamenti a medio-lungo termine). 64